Tankard – Schwarz-Weiß wie Schnee (Eagles & Tankards)

Dichiarazione d’amore per il football ed in particolare per l’Eintracht Frankfurt Club da parte degli storici Tankard, qui in veste di super tifosi.

Football e metal: due passioni molte volte comuni nella vita di una persona, completamente rapita dalla musica per tutta la settimana per poi trasformarsi in un tifoso sfegatato nel fine settimana.

In Italia, Regno Unito, Spagna e Germania, ma ormai in tutta la vecchia Europa, la passione per il calcio, grazie anche ai canali satellitari e alle nuove regole delle coppe europee, hanno avvicinato i tifosi anche ai campionati fuori dai confini nazionali, con i nomi delle squadre e le loro vicissitudini che sono diventate famigliari, tanto da parlarne in egual misura alle vicende del proprio campionato.
Con gli storici thrashers tedeschi Tankard, freschi di uscita del nuovo album da noi puntualmente recensito e con la title track (One Foot In The Grave) che fa bella mostra di sé anche in questo ep, si diventa tifosi dell’Eintracht Frankfurt Club, storica compagine da sempre protagonista dei campionati professionistici tedeschi e delle coppe europee.
Schwarz-Weiß wie Schnee è una nuova versione dell’ep uscito nel 2006 ed inno della squadra che Gerre e compagni hanno avuto l’onore di suonare prima del calcio d’inizio della finale di coppa contro il Borussia Dortmund, all’Olympic Stadium di Berlino.
Un inno che profuma di pub prima e dopo la partita il sabato pomeriggio, epica dichiarazione d’amore metallica alla squadra del cuore.
Nell’ep è inserita la vecchia versione oltre alla title track del nuovo lavoro, lasciando che (Empty) Tankard, nella versione live del 2016, ci dia l’appuntamento per una nuova release targata Tankard.
Un ep simpatico, ma chiaramente dedicato ai fans della band e della loro squadra del cuore, anche se il video è da pelle d’oca e consigliato a tutti gli appassionati che nel weekend riempono le gradinate degli stadi di tutto il vecchio continente.

Tracklist
1. Schwarz-weiß wie Schnee (Studioversion 2017)
2. Forza SGE
3. Schwarz-weiß wie Schnee (1999er Version)
4. One Foot in The Grave
5. A Girl Called Cerveza
6. (Empty) Tankard (live, 2016)

Line-up
Gerre – Vocals
Andy Gutjahr – Guitars
Frank Thorwarth – Bass
Olaf Zissel – Drums

TANKARD – Facebook

I, Forlorn – My Kingdom Eclipsed

Il death doom offerto in My Kingdom Eclipsed è focalizzato al 100% al richiamo di impulsi emotivi ammantati di malinconia ma non di drammaticità o disperazione, il tutto grazie ad un sempre solido impianto esecutivo che demanda soprattutto alla chitarra solista il compito di delineare le migliori melodie.

Il primo full length del progetto solista denominato I, Forlorn, dietro al quale troviamo il musicista olandese Jurre Timmer, si propone come uno dei debutti su lunga distanza più riusciti in ambito death doom melodico negli ultimi tempi.

My Kingdom Eclipsed è un album nel quale viene sviluppato al meglio il potenziale atmosferico ed evocativo del genere, e ciò avviene attraverso un’interpretazione magistrale sia a livello vocale che strumentale, in aggiunta a doti compositive di primo livello.
Timmer, che in quest’occasione si firma con il nickname I, non è uno sconosciuto nell’ambiente, in quanto attivo già da qualche anno con un altro progetto solista denominato Algos, mentre dalle nostri parti ha collaborato in veste di vocalist alla riuscita del primo album de Il Vuoto, ma non c’è dubbio che quanto fatto con il monicker I, Forlorn lo ponga ancor di più all’attenzione generale.
Il death doom offerto in My Kingdom Eclipsed, pur con qualche sconfinamento nel funeral, è focalizzato al 100% al richiamo di impulsi emotivi ammantati di malinconia ma non di drammaticità o disperazione, il tutto grazie ad un sempre solido impianto esecutivo che demanda soprattutto alla chitarra solista il compito di delineare le migliori melodie.
Chiaramente I, Forlorn non apre un nuovo fronte nel genere ma raccoglie il meglio delle istanze già espresse in passato da Saturnus, Officium Triste, Doom Vs. e When Nothing Remains, mettendo sul piatto un’ora abbondante di musica dolente e coinvolgente che trova il suo picco, come è giusto che sia, nella title track, un monumento di depressiva bellezza che si sublima in un finale davvero toccante.
My Kingdom Eclipsed è un album inattaccabile per qualità e potenziale evocativo, composto da una musicista come Jurre Timmer dotato di quella innata sensibilità che è poi la dote in comune con la fascia di ascoltatori ai quali la sua opera è rivolta.

Tracklist:
1. Behind the Sun
2. House of Glass
3. My Kingdom Eclipsed
4. Hysteria
5. Spiral’s End
6. Through Her Eyes
7. The Fragile Beast
8. Embers

Line up:
I – All instruments, Vocals

I, FORLORN – Facebook

Ariadna Project – Novus Mundus

Un album che conferma come le terre del Sudamerica siano ricche di talenti ed ottima musica metal, continuando una tradizione nei suoni classici che dura e prosegue nel regalare enormi soddisfazioni a chi ama il metal più melodico ed elegante.

Grande musica metal si è suonata e si continua a suonare in Sudamerica, ma questa volta invece del quasi scontato Brasile (specialmente per quanto riguarda i suoni classici) si vola in Argentina, dove sono tornati a produrre musica dopo dieci anni dall’ultimo lavoro gli immensi Ariadna Project, gruppo magari poco conosciuto se non si è cultori attenti del power metal melodico.

La band ha ampiamente dimostrato in passato il proprio talento con la versione internazionale del primo album Mundos Paralelos, uscito nel 2005 e poi trasformato in Parallel Worlds due anni dopo.
Il quintetto argentino torna tramite la sempre più efficace label greca Sleaszy Rider, con questa monumentale opera dal titolo Novus Mundus, un arcobaleno di note heavy power sinfoniche dalle gustose melodie aor mixato da Timo Tolkki (Stratovarius) e Santtu Lehtiniemi (Revolution Renaissance) ai Tolkki Studio in quel di Helsinki e masterizzato da Svante Forsbäck (Rammstein, Apocalyptica, Stratovarius, Sonata Arctica) ai Chartmakers Studios, sempre nella capitale finlandese.
L’album vive di una naturale predisposizione per la melodia, dimostrandosi vincente in ogni frangente, con un’alternanza di brani power/prog eccezionali ed altri in cui l’hard rock melodico prende la mano ai musicisti, con il vocalist Emanuel Gerban che ci delizia con parentesi da arena rock a dir poco entusiasmanti.
Un piccolo capolavoro questo Novus Mundus, molto più Royal Hunt che Stratovarius (tanto per intenderci) ma dove non mancano neppure la grinta, i solos graffianti e le ritmiche che risultano cavalcate in cui le tastiere ricamano sinfonie eleganti ed il singer intona chorus che si stampano in testa al primo ascolto.
Anche se riesce davvero difficile lasciare indietro qualche brano, sicuramente vanno citate la spettacolare ed oscura title track (l’unica traccia atmosfericamente ombrosa del lotto), e poi la cavalcata power sinfonica Unleash Your Fire che apre l’album, le melodie aor di Run Like The Wind e la spettacolare The End Of The Dark, ottimi esempi del fastoso sound del gruppo di Buenos Aires, ma sono sicuro che tra un paio di giorni ne nominerei un altra manciata, talmente alta è la qualità di questo lavoro.
Un album che conferma come le terre del Sudamerica siano ricche di talenti ed ottima musica metal, continuando una tradizione nei suoni classici che dura e prosegue nel regalare enormi soddisfazioni a chi ama il metal più melodico ed elegante.

TRACKLIST
1.Apocalypse 050
2. Unleash Your Fire
3. Run Like The Wind
4. Face My Destiny
5. The End Of The Dark
6. Shining Through Eternity
7. Age Gone Wild
8. Always With Me
9. As I Close My Eyes
10. The Fury Of Your Hate
11. Novus Mundus
12. Dreams Never Die (bonus track)

LINE-UP
Emanuel Gerbam – Vocals
Rodrigo Gudina – Guitars
Alexis Espinosa – Bass
Jorge Perini – Drums
Hernan Vasallo – Keyboards

ARIADNA PROJECT – Facebook

Waterdrop – Waterdrop ep

I brani sono piacevoli e hanno un tocco raffinato che induce a pensare di essere al cospetto di musicisti giovani ma attenti a quello che è successo nel rock da un trentina d’anni a questa parte.

Partiamo da un considerazione importante, che poi è il fulcro e giudizio di questo articolo: il primo ep omonimo dei Waterdrop è un bel lavoro, curato nei minimi dettagli, con un copertina bellissima e composto da sei brani alternative rock che guardano al passato ma rappresentano il presente con uno sguardo al futuro per questi giovani musicisti in arrivo dalla provincia di Brescia.

Il quartetto lombardo, che nel frattempo ha sostituito il cantante Nicola Bergamo con Claudio Trinca, si diletta in un rock alternativo smosso da fremiti elettrici e da liquidi tappeti elettronici, due facce della stessa medaglia o per meglio dire della stessa anima, oscura ma aperta alla speranza, elegantemente tragica nel suo alternare chitarre pregne di sofferte sfumature moderne ed appunto alternative, senza mai dare l’impressione di andare oltre, mantenendo la parte elettronica e l’aspetto melodico in bella mostra.
I brani sono piacevoli e hanno un tocco raffinato che induce a pensare di essere al cospetto di musicisti giovani ma attenti a quello che è successo nel rock da un trentina d’anni a questa parte, con la new wave parte integrante del sound di Triumph e Insane (i primi due singoli) ma soprattutto delle notevoli My Addiction e Chemistry, appunto un buon mix di new wave e alternative rock alla Linkin Park.
Un buon inizio per il gruppo bresciano, è presto per dire dove potranno arrivare ma la strada è quella giusta anche se impervia.

Tracklist
1. Drift Away
2. My Addiction
3. Triumph
4. What’s Meant To Be
5. Chemistry
6. Insane

Line-up
Nicola Bergamo – Vocals
Alessandro Bussi – Guitar
Nicolas Pelleri – Bass
Francesco Bassi – Drums

WATERDROP – Facebook

The Quartet OF Woah! – The Quartet Of Woah!

Un album intenso e affascinante, un viaggio psichedelico attraverso i generi che più hanno valorizzato il rock degli ultimi decenni concentrato in quattro lunghe jam.

Ecco un altro album per cui vale la pena spendere gran parte del proprio tempo libero per una webzine come la nostra: il classico lavoro della band sconosciuta, in arrivo da un paese ai confini delle mappe del music business eppure talmente affascinante da non passare inosservato, almeno per chi della musica underground ne fa una questione di stimoli.

Perché è chiaro che in queste quattro jam stoner/psichedeliche targate The Quartet Of Woah! c’è tanta musica da riempire un’enciclopedia: stonata, psichedelica, alternativa e profonda come un trip con il quale veniamo scaraventati in un deserto pinkfloydiano dove David Gilmour presta il suo talento ai Kyuss per poi darsi appuntamento al calar delle tenebre con mezza Seattle, oppure scagliati nella metà degli anni novanta quando i Trouble arricchivano il loro doom metal di hard rock e i Tea Party ci avvolgevano nelle trame del loro capolavoro The Edges Of Twilight.
Attiva dal 2010 e con il debutto Ultrabomb uscito ormai cinque anni fa, la band di Lisbona porta lo stoner rock ad un livello altissimo, adulto, maturo e dannatamente drogato di psichedelia progressiva molto anni settanta, mentre il poker di brani ci avvicina ai confini di un abisso che comunica direttamente con il centro della Terra.
In fondo The Quartet Of Woah! è un album assolutamente terrestre, con la sabbia calda del deserto che arroventa i piedi, con i passi che si fanno lenti e strascicati seguendo il lento incedere, prima che il sound esploda in fuochi stoner/alternative come in Forth By Light o A Flock Of Leaves.
Le ritmiche funky rock di Days Of Wrath farebbero impallidire il Flea di turno, in un delirio di hard rock progressivo e stonerizzato, lungo tredici minuti: un mezzo capolavoro.
Un album intenso e affascinante, un viaggio psichedelico attraverso i generi che più hanno valorizzato il rock degli ultimi decenni concentrati in queste quattro lunghe e dopate jam.

Tracklist
1.As In Life
2.Forth By Light
3.A Flock Of Leaves
4.Days Of Wrath

Line-up
Gonçalo Kotowicz – vocals, guitars
Rui Guerra – vocals, keyboards
Miguel Costa – vocals, drums
André Gonçalves – vocals, bass

THE QUARTET OF WOAH – Facebook

Caligula’s Horse – In Contact

Licenziato da Inside Out, una garanzia nei suoni progressivi, In Contact risulta un album con più luci che ombre ma con diversi dettagli da registrare per la band australiana, che a mio parere ha da fare ancora un po’ di strada prima di arrivare ad ambire ad un posto al sole nel panorama progressivo odierno.

Questa volta non posso esimermi da fare una considerazione per alcuni antipatica: il progressive moderno, che poi in molti casi non è altro che rock/metal alternativo dilatato e con soluzioni ritmiche prese in prestito dal tanto vituperato prog metal (alla Dream Theater, per intenderci) che ormai si può tranquillamente definire classico, sta arrivando ad un punto di non ritorno.

Mentre viene sempre più accettato nell’ambiente del prog che conta, le band che veramente fanno la differenza si contano sulle dita di una mano: il resto è buona musica, a tratti intimista e lasciata in balia delle tempeste alternative.
Gli australiani Caligula’s Horse si posizionano perfettamente tra le realtà che ambiscono ad un posto di primo piano nel nuovo progressive mondiale e quelle che rischiano inevitabilmente di cadere in uno stagno da dove rimane difficile riemergere, musicalmente e concettualmente parlando.
Attivi da ormai sette anni, i nostri arrivano al traguardo del quarto album con In Contact, un lavoro che come si diceva rimane incastrato tra il progressive moderno ed il metal, un palazzo di note che crolla ed imprigiona il sound in schemi ormai abusati da gruppi più o meno noti e giunti alla ribalta negli ultimi tempi.
Grande preparazione strumentale, ghirigori ritmici, qualche buona idea ma un sentore di già sentito pervade l’ascolto già dalle prime note dell’opener Dream the Dead.
Non fraintendetemi, In Contact è un buon lavoro e non mancherà di trovare estimatori negli amanti del rock progressivo e di band come Karnivool e Tesseract, però manca l’ispirazione vincente, quella che porterebbe a giudicare con più entusiasmo brani già di per sé buoni come Songs For No One, Fill My Heart o la conclusiva suite Graves.
Licenziato da Inside Out, una garanzia nei suoni progressivi, In Contact risulta un album con più luci che ombre ma con diversi dettagli da registrare per la band australiana, che a mio parere ha da fare ancora un po’ di strada prima di arrivare ad ambire ad un posto al sole nel panorama progressivo odierno.

Tracklist
01. Dream the Dead
02. Will’s Song (Let the Colours Run)
03. The Hands are the Hardest
04. Love Conquers All
05. Songs for No One
06. Capulet
07. Fill My Heart
08. Inertia and the Weapon of the Wall
09. The Cannon’s Mouth
10. Graves

Line-up
Jim Grey – lead vocals
Sam Vallen – lead guitar
Adrian Goleby – guitar
Dave Couper – bass & vocals
Josh Griffin – drums

CALIGULA’S HORSE – Facebook

Wormwood – Ghostlands: Wounds from a Bleeding Earth

La band di Stoccolma ci trasporta nel proprio mondo, molto meno oscuro e misantropico rispetto alle abitudini del genere, privilegiando invece un impatto più diretto e ricco di ampie aperture epiche e melodiche.

Dalla Svezia ecco arrivare i Wormwood, portatori di un black metal melodico e dalle sfumature viking/folk.

Come sempre, in questi casi l’attenzione va posta sulla bontà compositiva ed esecutiva della proposta piuttosto che sulla sua originalità e, in tal senso, Ghostlands: Wounds from a Bleeding Earth non delude affatto: in circa un’ora la band di Stoccolma ci trasporta nel proprio mondo, molto meno oscuro e misantropico rispetto alle abitudini del genere, privilegiando invece un impatto più diretto e come detto ricco di ampie aperture melodiche.
L’album si snoda con grande efficacia, specialmente nei più efficaci ed incalzanti brani iniziali, lasciando sfogare al meglio una magnifica vena epica che, dopo una parte centrale pervasa maggiormente da una componente folk, con la comunque bella accoppiata Silverdimmans återsken / Tidh ok ödhe, per poi riprendere nuovamente con un incedere dai tratti più marcatamente viking.
Il fatto stesso che Rydsheim, chitarrista e fondatore della band assieme alla copia ritmica Borka/Jothun, suoni stabilmente dal vivo negli storici Månegarm non è certo un caso, e il risultato fa capire come l’influsso dei nomi più importanti sia stato sicuramente ben assimilato, perché non accade così frequentemente che un full length d’esordio si dimostri così maturo e ben focalizzato a livello compositivo.
Peccato solo che il posizionamento in scaletta, subito dopo l’intro, di un brano perfetto e di sfolgorante bellezza come The Universe Is Dying finisca leggermente per offuscare con la sua luce il resto di un lavoro che si mantiene, costantemente, su una soglia d’eccellenza senza denotare particoloari cali di tensione.
I Wormwood, con Ghostlands:Wounds from a Bleeding Earth, si propongono come nuovi potenziali protagonisti della fertile scena viking/folk black scandinava.

Tracklist:
1. Gjallarhornet
2. The Universe Is Dying
3. Under hennes vingslag
4. Godless Serenade
5. Oceans
6. Silverdimmans återsken
7. Tidh ok ödhe
8. Beneath Ravens and Bones
9. The Windmill
10. What We Lost in the Mist
11. The Boneless One
12. To Worship

Line up:
Borka – Bass
Johtun – Drums
Nox – Guitars
Rydsheim – Guitars
Nine – Vocals

WORMWOOD – Facebook

Caronte – Yoni

Yoni è musicalmente molto ricco e avrà una lunga durata nei vostri stereo, perché ha tante stanze e passaggi segreti come il castello di un alchimista, anche perché questa è alchimia in musica, così su disco come nel vostro cervello, e viceversa.

Terzo album per la band parmense dei Caronte, uno dei nomi di punta italiano non solo del panorama sludge stoner: Yoni è il terzo capitolo della trilogia dedicata alla sciamanesimo e a Crowley e la sua legge di Thelema.

I Caronte sono uno dei pochi gruppi realmente interessati e competenti dell’occulto nelle sue accezioni più vere. Il gruppo suona uno sludge stoner in continuo mutamento, compatto e molto influenzato dalla psichedelia pesante degli anni settanta. L’atmosfera creata dalla band è una felice e tenebrosa aura nera che si espande come un funghetto allucinogeno nel nostro cervello, e ci fa rivolgere l’attenzione verso le cose nascoste che stanno fuori e dentro di noi. Rispetto ai dischi precedenti Yoni è musicalmente più psichedelico e stoner, con uno svolgimento strutturato in maniera simile alle altre opere, ma risultando ugualmente un importante capitolo a sé. In netta controtendenza rispetto a ciò che ci offre la nostra società, i Caronte ci offrono gli elementi che riportano la musica alle sue originarie funzioni catartiche e di coadiuvatrice dei misteri. In Yoni c’è un mondo che si trova alla nostra portata, dobbiamo solo cambiare il nostro cervello e la visione davvero ristretta che abbiamo del mondo, ricercando archetipi soffocati per troppo tempo. Per ottenere ciò i Caronte fanno un disco che colpisce al cuore chi ama la musica fatta con totale immedesimazione e competenza: qui ogni canzone è da esplorare con profondità e il gruppo dà alle stampe il proprio album migliore e più accessibile. In realtà tutta la produzione dei Caronte è ottima, e questo è un ulteriore passo in avanti. Si rimane colpiti da queste visioni e dalla profondità della loro musica, che ha molteplici livelli di fruizione e di lettura. Yoni è molto ricco e avrà una lunga durata nei vostri stereo, perché ha tante stanze e passaggi segreti come un castello di un alchimista, anche perché questa è alchimia in musica, così su disco come nel vostro cervello, e viceversa.

Tracklist
01. ABRAXAS
02. Ecstasy Of Hecate
03. Promethean Cult
04. Shamanic Meditation Of The Bright Star
05. TOTEM
06. The Moonchild
07. V.I.T.R.I.O.L

Line-up
Dorian Bones – Voice
Tony Bones – Guitars & Chorus
Henry Bones – Desecrator Bass
Mike De Chirico – Drums

CARONTE – Facebook

Wait Hell In Pain – Wrong Desire

Un lavoro riuscito e personale, che prende forza da più generi per trovare il suo equilibrio in un metal moderno e progressivo, senza rinunciare a sfumature estreme come il tema trattato: Wrong Desire è tutto questo, e non è poco.

Torniamo a parlare della Revalve Records, label sempre attenta alle realtà rock e metal che si aggirano sul nostro territorio, in occasione dell’uscita del debutto sulla lunga distanza dei Wait Hell In Pain, quintetto proveniente dalla capitale attivo da una manciata d’anni.

E’ infatti il 2011 l’anno di nascita del gruppo da un’idea della coppia di musicisti formata dal chitarrista Stefano Prejanò e della cantante Kate Sale.
I soliti avvicendamenti nella line up, che attanagliano molte band agli inizi, portano all’attuale formazione ed alla creazione di Wrong Desire, album scritto nel 2016 ed ora sul mercato a portare un po’ di freschezza a quello che di fatto è un buon esempio di metallo progressivo, moderno e contaminato da sfumature alternative e hard & heavy.
Incentrato su tematiche forti come l’abuso e la violenza sulle donne (anche dal lato psicologico), Wrong Desire risulta un album duro, pressante ma splendidamente melodico, dove hard rock, dark e prog metal si uniscono per donare alla protagonista May la forza di liberarsi dal suo aguzzino, mentre le chitarre sono corde che si strappano dai polsi, le tastiere tessono ricami progressivi o tappeti elettronici (la parte più moderna del sound) e la sezione ritmica lavora di potenza mantenendo il lavoro, nel suo complesso, entro i confini del metal.
Kate Sale, senza prendere strade liriche, interpreta i brani con trasporto, graffia quandoi testi descrivono scenari di ribellione, tragici momenti di un’anima tormentata, mentre la musica racconta a modo suo le vicende (anche interiori) della protagonista.
Metal che si fa alternativo e melodico per poi esplodere in rabbiose ripartenze dove i tasti d’avorio fanno da struttura moderna al gran lavoro di chitarra, basso e batteria: questo è  il sound di cui è composto Wrong Desire e le sue nove tracce, tra le quali l’opener Behind The Mask è il singolo in cui le caratteristiche peculiari della musica dei Wait Hell In Pain sono in bella mostra, mentre New Moon è il momento più intenso e She Wolf quello della consapevolezza di non essere più preda, ma splendida predatrice.
Un lavoro riuscito e personale, che prende forza da più generi per trovare il suo equilibrio in un metal moderno e progressivo, senza rinunciare a sfumature estreme come il tema trattato: Wrong Desire è tutto questo, e non è poco.
Tracklist
1.Behind The Mask
2.Castaway
3.Get It Out
4.Lost In Silence
5.New Moon
6.Rain Of May
7.She Wolf
8.The Confession
9.The Last Trip

Line-up
Kate Sale – vocals
Stefano Prejano’ – guitar
Marco “Vonkreutz” Novello – keyboards
Alfonso Pascarella – bass
Stefano “Black” Rossi – drums

WAIT HELL IN PAIN – Facebook

Belphegor – Totenritual

Il gruppo austriaco firma una delle sue opere più nere e potenti, con una produzione davvero magistrale, e perfettamente centrata nel renderne il suono il migliore possibile, addirittura sopra il livello di Black Magick Necromance.

Dopo tre anni di astinenza da Conjuring The Dead ritorna la congrega austro satanica nota nei grimori come Belphegor.

Dal lontano 1995, se si vogliono considerare solo i dischi completi, i Belphegor massacrano le nostre orecchie e il nostro cervello, cercando di aprire i cancelli dell’inferno. Con molta onestà ci si poteva aspettare una prova certamente dignitosa e magari un po’ molle, invece gli austriaci firmano uno dei loro album più belli e complessi dal punto di vista compositivo. La potenza è la stessa se non addirittura di più, ma è distribuita in maniera diversa. I Belphegor hanno costruito una carriera sulla potenza sonora nel tentativo di saturare ogni possibile stilla di spazio con un suono nero e marcio. Oltre a tutto ciò ora, gli austriaci hanno portato a compimento ciò che avevano cominciato a far intravedere con i due album precedenti, e in particolare con l’ultimo Conjuring The Dead, ovvero composizioni con molti sviluppi sonori, dove la potenza black metal si sposa con quella del death come sempre, ma con un respiro più ampio. I Belphegor sono entrati in una fase differente della loro maniera di comporre, e hanno reso il loro suono più ricco e variegato rendendolo ancora più possente e magnifico. Totenritual è una danza sull’abisso e a volte ben oltre, non ci si ferma nemmeno davanti alla morte e tutto parla di Satana e delle ribellione primigenia dell’uomo. La musica del disco ci proietta in una nera cava fatta di dolore e molto vicina al sud del paradiso, dove ci sono demoni che ci faranno soffrire molto. Piovono membra sanguinolente, e noi persi sulla spiaggia mentre aspettiamo Caronte non possiamo fare altro che resistere, ma non possiamo vincere. Il gruppo austriaco firma una delle sue opere più nere e potenti, con una produzione davvero magistrale, e perfettamente centrata nel renderne il suono il migliore possibile, addirittura sopra il livello di Black Magick Necromance. Si sale e si scende in continuazione, non c’è tregua, anche se sono notevoli gli intarsi melodici in mezzo alla lava. I Belphegor si amano o si odiano, e c’è chi adora solo i primi album, ma qui c’è un’opera di valore assoluto, un massacro senza se e senza ma, fatto alla loro maniera.
Venite, manca il vostro sangue in calce al contratto.

Tracklist
1. Baphomet
2. The Devil’s Son
3. Swinefever – Regent of Pigs
4. Apophis – Black Dragon
5. Totenkult – Exegesis of Deterioration
6. Totenbeschwörer instrumental
7. Spell of Reflection
8. Embracing a Star

Line-up
Helmuth: Heretic Grunts/ Chainsaw
Serpenth: Bass Devastator/ Vokills
Bloodhammer: Drums
Impaler: 6-String Storm [Live]

BELPHEGOR – Facebook

Sarkrista – Summoners of the Serpents Wrath

Ottima produzione, belle canzoni, intensità e padronanza assoluta del genere: in sintesi, il black metal in una delle sue vesti migliori.

Quattro anni dopo il debutto The Acheronian Worship, i tedeschi Sarkrista si riaffacciano con un nuovo full length dopo alcune uscite di minutaggio ridotto.

Nel frattempo, il loro black di matrice decisamente il old school, pur senza evidenziare uno snaturamento eccessivo, si è evoluto in una forma senz’altro più melodica ed accattivante, andando un po’ in controtendenza rispetto alla scena germanica ma trovando, in ogni caso, una propria identità definita.
Il tremolo picking guida decisamente il sound verso un’interpretazione del black piuttosto atmosferica senza far venire meno le caratteristiche essenziali del genere; è cosi, quindi, che l’album si snoda lungo un serie di brani di grande impatto, spesso trascinanti (The Gathering of Blackest Shadows, He, Who Liveth and Reigneth Forevermore, Rituals of Flames and Skulls) con il solo lievissimo difetto di mantenere un andamento ritmico pressoché costante dall’inizio alla fine.
Detto ciò, non è affatto banale imbattersi in lavori che coniughino in maniera così efficace la tradizione di un genere con elementi in grado di tenere costantemente viva l’attenzione dell’ascoltatore: gli ottimi Sarkrista ci riescono nel migliore dei modi senza particolari sbavature e alla loro adesione piuttosto netta alla tradizione del genere non credo sia estranea la collocazione geografica all’estremo nord della Germania, che li vede così molto più vicini ai modelli scandinavi rispetto a quelli dei länder meridionali.
Ottima produzione, belle canzoni, intensità e padronanza assoluta del genere: in sintesi, il black metal in una delle sue vesti migliori.

Tracklist:
1. Intro
2. The Lurking Giant
3. The Gathering of Blackest Shadows
4. Summoners of the Serpents Wrath
5. Ascending from the Deep
6. He, Who Liveth and Reigneth Forevermore
7. The Sea Pt. 2 (My Cold Grave)
8. Black Devouring Flames
9. Rituals of Flames and Skulls

Line up:
Exesor – Drums, Bass
Farbauti – Guitars
Revenant – Vocals, Guitars

SARKRISTA – Facebook

Air Raid – Across The Line

La produzione rende giustizia alla musica creata dal gruppo ed Across The Line può sicuramente trovare il suo spazio nelle discografie dei metallari dai gusti classici e tradizionali.

Heavy metal classico di scuola scandinava è quello che ci propongono gli Air Raid, quintetto svedese proveniente dalla capitale e attivo dal 2009.

Across The Line è il terzo lavoro sulla lunga distanza licenziato dal gruppo capitanato dal chitarrista Andreas Johansson, dopo un primo ep e due album, usciti rispettivamente nel 2012 e nel 2014, che confermano la bravura degli Air Raid nel riproporre una formula collaudatissima in auge negli anni ottanta e poi vissuta nell’ombra negli anni successivi, cullata e valorizzata nelle terre scandinave ed in Giappone.
Hard & heavy quindi, ritmicamente graffiante, sostenuto da chitarre affilate come rasoi, in poche parole la glorificazione del semplice ma sempre piacevole genere nella sua veste old school, tra tradizione britannica e statunitense che in Svezia hanno fatto loro accentuando quel tocco neoclassico apparentemente nascosto tra riff e solos.
Il songwriting di Across The Line, pur non toccando vette clamorose, risulta di ottima qualità, così che l’album vola spedito tra i cieli in tempesta, alternando buone ritmiche e canzoni dai chorus accattivanti a forme metalliche più vicine all’heavy epico e neoclassicom come la doppietta Entering The Zone Zero, strumentale dai rimandi malmsteeniani, e Hell And Back, canzone dura come l’acciaio ed inno metallico di questo lavoro.
Il gruppo convince e consegna agli amanti del genere un piccolo gioiellino, magari fuori dai normali ascolti anche in campo classico, ma sicuramente appagante per chi ha un minimo di confidenza con queste sonorità.
La produzione rende giustizia alla musica creata dal gruppo ed Across The Line può sicuramente trovare il suo spazio nelle discografie dei metallari dai gusti classici e tradizionali.

Tracklist
1. Hold The Flame
2. Line Of Danger
3. Aiming For The Sky
4. Cold As Ice
5. Entering The Zone Zero
6. Hell And Back
7. Northern Light
8. Raid Or Die
9. Black Dawn

Line-up
Fredrik Werner – vocals
Andreas Johansson – guitars
Magnus Mild – guitars
Robin Utbult – bass
David Hermansson – drums

AIR RAID – Facebook

Comeback Kid – Outsider

Outsider è ciò che dovrebbe essere un disco di hardcore melodico ben fatto e sudato che non delude in nessun momento e ha anche deflagrazioni vicine al metal, il tutto di alta qualità.

I Comeback Kid non hanno mai tradito le attese, e non lo hanno fatto nemmeno questa volta, anzi Outsider è una delle cose migliori pubblicate dal gruppo canadese.

La produzione è ottima e mette in risalto la loro grande furia, preservando le loro peculiarità maggiori, ovvero quelle d’essere un gruppo veloce ma molto melodico, senza mai scadere nelle ridicole melodie che contraddistinguono diversi gruppi odierni di hardcore melodico. Spesso in passato è successo che band hardcore pubblicassero senza grande successo dischi per etichette prevalentemente metal come la Nuclear Blast, ma qui c’è la smentita sonora a quanto sopra. I Comeback Kid incendiano nuovamente i nostri stereo senza lasciar scampo a nessuno, con un disco potente e bilanciato. Nati alla fine del 2000 a Winnipeg sono diventati con il passare degli anni e degli album uno dei gruppi più seguiti e amati del melodic hardcore, e hanno sempre provato a fare musica meno convenzionale, non rinunciando però alla melodia. Nonostante siano nati in leggero ritardo rispetto al boom di questo genere, sono tra le poche band veramente valide a portare avanti questo discorso, e molti gruppi giovani avrebbero molto da imparare dai Comeback Kid, a partire da questo disco potente e melodico. Con notevoli passaggi da pezzi più duri a momenti maggiormente melodici nella stessa canzone, Outsider è ciò che dovrebbe essere un album di hardcore melodico ben fatto e sudato che non delude in nessun momento e ha anche deflagrazioni vicine al metal, il tutto di alta qualità.
Inoltre il disco è palesemente fatto per scatenare l’inferno dal vivo, sappiatelo.

Tracklist
01. Outsider
02. Surrender Control
03. Absolute feat. Devin Townsend
04. Hell Of A Scene
05. Somewhere, Somehow
06. Consumed The Vision feat. Chris Cresswell
07. I’ll Be That
08. Outrage (Fresch Face, Stale Cause)
09. Blindspot
10. Livid, I’m Prime
11. Recover
12. Throw That Stone
13. Moment In Time feat. Northcote

Line-up
Andrew Neufeld aka GOOSE
Jeremy Hiebert
Stu Ross aka TOAD
Ron Friesen
Jesse Labovitz

COMEBACK KID – Facebook

Drastic Solution – Thrash ‘Till Death

Questi sono i Drastic Solution e questo è Thrash ‘Till Death, un concentrato di thrash old school da barricate, una violenta raffica di brani che dal vivo attaccano al muro o spezzano ossa in mosh sfrenati.

Eccoci ancora una volta a parlare di thrash metal, oggi più che mai suonato come se non ci fosse un domani sul suolo nazionale e precisamente in Puglia, terra di provenienza dei Drastic Solution.

Siamo alla seconda prova del trio che si aggira a far danni nella provincia di Taranto da cinque anni e che da almeno tre non dava più notizie. discograficamente parlando, all’indomani dell’uscita del loro debutto Thrashers.
L’album aveva ottenuto ottimi riscontri tra le webzine di settore e gli appassionati per il sound che contraddistingueva mezzora di musica veloce, dall’impatto devastante e senza compromessi, con cui la band aveva dato il via alla sua carriera discografica, ora confermata da questo ritorno dal titolo Thrash ‘Till Death.
Thrash metal che si potenzia con accenni hardcore, una buona padronanza dei mezzi e un’attitudine che si avvicina all’urgenza musicale e all’attacco frontale di gruppi come S.O.D. e Municipal Waste, il tutto concentrato in un minutaggio appena più ampio ma sempre da ingurgitare in un sol boccone, o da buttare giù come un bicchierino di acquavite dai gradi vicini alla terza cifra.
Questi sono i Drastic Solution e questo è Thrash ‘Till Death, un concentrato di thrash old school da barricate, una violenta raffica di brani che dal vivo attaccano al muro o spezzano ossa in mosh sfrenati.
L’album corre veloce e inarrestabile, non ci sono pause di sorta e i brani passano davanti a noi come treni impazziti, mentre Marco “Big Jerk” Lecce (voce e basso), Piero Greco (chitarra) e Patrizio Panariti (batteria), sbattono sul tavolo tutte le carte in loro possesso (immancabile qualche riferimento agli Slayer) per non lasciarci vie di scampo- Thrash metal rules!

Tracklist
1.Fucked By….
2.Extreme Probleme Extreme Solution
3.Taste Of Blood
4.Full Metal Cock
5.Thrash ‘Till death
6.Killing
7.T.O.J.I.F.Y.M.A.
8.Adelphiliac
9.Infamous Bastrd
10.Stronger

Line-up
Marco ” Big Jerk ” Lecce – Vocals and Bass
Piero Greco – Guitars
Patrizio Panariti – Drums

DRASTIC SOLUTION – Facebook

TETHRA

Il video di ‘Like Crows For The Earth’, tratto dall’album omonimo (Sliptrick Records)

Il video di ‘Like Crows For The Earth’, tratto dall’album omonimo (Sliptrick Records)

Gutslit – Amputheatre

Amputheatre sta tutto qui, nel suo essere un buon esempio di musica brutale e senza compromessi, un massacro che non concede tregua con il growl malvagio di un boia che tortura sadicamente le proprie vittime fino alla morte.

Che una società come quella indiana lasci spazio alla brutalità è un dato di fatto, con milioni di persone racchiuse in gigantesche metropoli dove la vita vale meno di zero, le malattie decimano gran parte della popolazione e la violenza molte volte degenera.

Film e musica spesso raccontano fantasie mentre la realtà è ancora più terrificante e a noi amanti dell’horror e del gore non rimane che ignorare le solite prese di posizione del benpensanti, infastiditi da una copertina o dalla brutalità della musica, ma totalmente indifferenti a quello che accade ai propri simili in molti luoghi del mondo.
Questo brutal death metal proveniente da Mumbai, la metropoli più pericolosa del mondo, non può che convincere gli amanti del genere, rivelandosi dannatamente coinvolgente, devastante e deliziosamente gore.
Loro sono i Gutslit, quartetto nato una decina di anni fa e arrivato al secondo album, licenziato dalla Transcending Obscurity dopo uno split ed un primo lavoro intitolato Skewered in the Sewer.
Impatto a iosa, blast beat e velocità a manetta per un sound che poggia le sue radici nella storia del genere, non rinunciando alle caratteristiche peculiari tanto amate dai fans del death metal più estremo.
Amputheatre sta tutto qui, nel suo essere un buon esempio di musica brutale e senza compromessi, un massacro che non concede tregua con il growl malvagio di un boia che tortura sadicamente le proprie vittime fino alla morte, che per i poveri malcapitati risulta una liberazione.
Mezz’ora scarsa che non conosce il minimo cedimento, consigliato senza riserve a chi fa del brutal e delle sue band un ascolto abituale.

Tracklist
1.Amputheatre
2.Brazen Bull
3.From One Ear to Another
4.Necktie Party
5.Blood Eagle
6.Brodequin
7.Maraschino Eyeballs
8.Scaphism
9.Death Hammer

Line-up
Gurdip Singh Narang – Bass
Aaron Pinto – Drums
Prateek Rajagopal – Guitars
Kaushal LS – Vocals

GUTSLIT – Facebook

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