Elegy Of Madness – New Era

Terzo e nuovo centro per gli Elegy Of Madness, che con il nuovo New Era si confermano come una delle migliori realtà nazionali del symphonic metal.

Quattro anni fa rimasi letteralmente folgorato dal secondo lavoro degli Elegy Of Madness, band pugliese che con Brave Dreams portava una ventata di oscura e sinfonica freschezza nella scena gothic metal.

Non è un caso se il quintetto è saldamente legato alla Wormholedeath, label nostrana con un fiuto eccezionale per band assolutamente non scontate, che siano estreme, dall’approccio classico o come in questo caso piacevolmente orchestrali.
Brave Dreams era piaciuto per un songwriting sopra la media, chitarre che esploravano la scena death melodica scandinava (Amorphis) e quella gotica proveniente dalle strade umide e nebbiose del Regno Unito (Paradise Lost), unite ad atmosfere orchestrali e valorizzate da una singer straordinaria come Anja Irullo .
Gli Elegy Of Madness, al trio storico formato, oltre che dalla cantante, dal chitarrista Tony Tomasicchio e dal violoncellista Luca Basile, si ripresentano con una sezione ritmica nuova di zecca per l’entrata in formazione di Larry Ozen al basso e Francesco Caputo alle pelli, e con un sound che porta con sé qualche importante novità.
New Era entra subito nel vivo, l’opener Apokalypsis risulta un brano perfetto per presentare il nuovo lavoro, un singolo orchestrato a meraviglia, dall’appeal irresistibile e con una prova della Irullo che conferma la spiccata personalità espressa in passato: una conferma, dunque, e la consapevolezza di trovarci al cospetto di una delle migliori interpreti del genere in circolazione.
Dicevamo del sound: New Era sposta il tiro su un metal sinfonico ed orchestrale più moderno, perdendo di fatto quelle sfumature che riconducevano al death/gothic dei primi anni novanta ed affascinando non solo con atmosfere apocalittiche, ma con l’uso più presente di una parte elettronica e soprattutto di tanta melodia, così da risultare appetibile agli amanti del genere con i piedi ben saldi nel nuovo millennio.
Diciamo che brani straordinariamente melodici come Fairytale, la title track, song da primo posto nelle classifiche rock se non fosse purtroppo per la carta d’identità tricolore del gruppo, la power ballad Memories River e l’ elegante Reset, avvicinano la musica degli Elegy Of Madness alle splendide trame degli ultimi Epica, più moderni come approccio al genere, finemente orchestrali e meno gotici.
Quando si parla del gruppo pugliese non si può non nominare la Turunen, sempre ispiratrice del magnifico canto della singer nostrana, mentre le orchestrazioni operistiche e cinematografiche della conclusiva Day Zero ci invitano a ricominciare in questa nuova era, dove verremo presi per mano dalla musica di questa straordinaria band: sicuramente il modo migliore per ripartire …

Tracklist
1.Apokalypsis
2.Answer
3.Fairytale
4.Lunacy
5.New Era
6.Divine Obsession
7.Memories River
8.Endless
9.Illuminated
10.Nobody Cares
11.Reset
12.Day Zero

Line-up
Anja Irullo – Voice
Tony Tomasicchio – Guitars and Backing Vocals
Luca Basile – Cello, Orchestra

Larry Ozen – Bass
Francesco Caputo – Drums

ELEGY OF MADNESS – Facebook

CURRENTS

Il video del nuovo brano ‘Night Terrors’, tratto da The Place I Feel Safest, in uscita a giugno (Sharptone).

I CURRENTS pubblicano il nuovo singolo di ‘Withered’!

I ragazzi del Connecticut, CURRENTS, faranno uscire il loro album debutto “The Place I Feel Safest” il 16 Giugno 2017 su SharpTone Records. La band svela il nuovo singolo di ‘Withered’.

In digitale:
iTunes: http://geni.us/CurrentsTPIFSIT
Apple Music: http://geni.us/CurrentsTPIFSAM
Amazon MP3: http://geni.us/CurrentsWitheredAMZ
Google Play: http://geni.us/CurrentsWitheredGP
HQ Download: http://geni.us/CurrentsWitheredFLAC
Spotify: http://geni.us/CurrentsWitheredSP

Insieme all’annuncio della firma con SharpTone Records , i CURRENTS hanno anche lanciato il video del nuovo brano ‘Night Terrors’

Pre-ordina “The Place I Feel Safest” in formato fisico qui: http://geni.us/CurrentsTPIFS

In digitale:
http://www.sharptonerecords.co/shoplanding/2017/Currents/the-place-i-feel-safest.html

Per ufficializzare l’uscita dell’album, la band è ora in tour negli Stati Uniti con i compagni di etichetta MISS MAY I nel loro headline tour “The Shadows Inside Tour”.

I CURRENTS formatisi nel 2011 hanno consolidato la loro line-up negli ultimi anni con Brian Wille (voce), Jeff Brown (batteria), Chris Wiseman (chitarra), Ryan Castaldi (chitarra) e Dee Cronkite (basso).

—-

Maggiori info:
https://www.facebook.com/CurrentsCT
http://sharptonerecords.co/
https://www.facebook.com/sharptonerecs/
https://twitter.com/sharptonerecs
https://www.instagram.com/sharptonerecs/

The Tangent – The Slow Rust Of Forgotten Machinery

Quest’ultimo lavoro dei The Tangent è stato scritto e suonato per progsters d’annata, su questo non c’è il minimo dubbio ed è a loro che è consigliato.

I The Tangent sono uno dei gruppi più importanti della generazione nata con l’arrivo del nuovo millennio, agli inizi di fatto un super gruppo che vedeva all’opera tre Flower Kings e due musicisti provenienti dai Parallel or 90 Degrees.

Il gruppo, capitanato di fatto da Andy Tillson, arriva al traguardo del tredicesimo album , tra full length e live in quindici anni di attività e tanti cambi di formazione che vedono, oltre al mastermind impegnato con le tastiere, il canto e per la prima volta su un album targato The Tangent, la batteria, Jonas Reingold (Karmakanic, The Flower Kings) al basso, Luke Machin alle chitarre e voci, Theo Travis al sax e al flauto e Marie-Eve de Gaultier alle tastiere e voci.
Una formazione che ancora una volta impegna musicisti di prim’ordine del progressive rock odierno e un’opera che riesce a risvegliare emozioni ormai sopite, almeno per quanto riguarda il progressive classico, senza esagerazioni metalliche e con tutta la classe che Andy Tillson e compari possiedono.
Cinque brani per settantacinque minuti di musica, salendo e scendendo per le scale progressive create dal gruppo, magari leggermente prolisse per gli ascoltatori del nuovo millennio, ma a tratti splendidamente eleganti e raffinate, mai troppo elettriche e forse questa caratteristica risulta l’unico tallone d’ Achille di The Slow Rust Of Forgotten Machinery.
L’album infatti alterna momenti di altissima arte musicale ad altri che cedono il passo, travolti dal fiume di note della notevole suite Slow Rust, cuore musicale di un album che a tratti fatica a decollare perdendosi in troppi e dilatati momenti soft al limite del jazz .
E’ un viaggio che l’ascoltatore vive alternando momenti di euforia musicale (Dr. Livingstone) a qualche sbadiglio, specialmente se non si è amanti conservatori del progressive rock classico.
Quest’ultimo lavoro dei The Tangent è stato scritto e suonato per progsters d’annata, su questo non c’è il minimo dubbio ed è a loro che è consigliato, mentre la conclusiva A Few Steps Down The Wrong Road regala piacevoli accordi frippiani e ritorna a disegnare sorrisi sul viso del sottoscritto.
In conclusione tra tante luci e poche ombre, un’ opera in grado di soddisfare gli amanti del genere e quindi i fans del gruppo di Andy Tillson.

Tracklist
1. Two Rope Swings
2. Dr. Livingstone (I Presume)
3. Slow Rust
4. The Sad Story Of Lead and Astatine
5. A Few Steps Down The Wrong Road

Line-up
Andy Tillison – Keyboards, vocals, drums
Jonas Reingold – Bass
Luke Machin – Guitars and vocals
Theo Travis – Saxes and flutes
Marie-Eve de Gaultier – Keyboards and vocals

THE TANGENT . Facebook

Vin de Mia Trix – Palimpsests

Inattesa, ma di gran valore, seconda opera della band ucraina… un blend di doom, funeral e death doom ricco di intuizioni e magnifiche emozioni.

Una buona annata, il 2017, per le sonorità doom e funeral doom!

Dopo l’opera molto valida dei Funeralium e quella eccellente dei Fuoco Fatuo, senza dimenticare altre belle cose (Facade, Mourning Dawn, etc), arriva del tutto inatteso il secondo full dei Vin de Mia Trix, quartetto ucraino attivo dal 2009, autore di una buona prima prova nel 2013 per Solitude Productions; ora la band realmente esplode con un enorme opus doppio, di soli quattro brani per la canadese Hypnotic Dirge; stupisce che l’etichetta russa Solitude Production si sia lasciata sfuggire questa gemma di grande musica dove si fondono in modo naturale e fluido derive funeral, aromi death doom, meraviglie doom adagiate su partiture ambient e post metal. Mettetevi comodi perché le tracce sono lunghissime, come deve essere un suono funeral che si rispetti, ma come dicevo sono anche molto naturali e non ci sono forzature e difficoltà nell’ascolto.
La band ha grandi capacità di songwriting e riesce ad amalgamare in modo sopraffino tante influenze creando qualcosa di abbastanza unico; l’ascolto è stimolante, ci sono sempre idee che mantengono vivo l’ interesse e in pezzi della durata media di oltre 20′ non è per niente facile.
Il suono elaborato dalle due chitarre è semplicemente maestoso, deciso, possente ma anche fortemente dolente e melanconico, sempre alla ricerca della atmosfera particolare; la band con questo concept intende tramandare, riscrivendole, le storie e gli archetipi che sono presenti nell’inconscio collettivo e nelle varie culture e mitologie di molti popoli.
Anche i titoli dei quattro brani hanno un sapore misterioso (Matarisvan, Pharmakos, Fuimus e Noe) e gli inizi ambient dei primi due brani non fanno che offrire un substrato particolare al tutto e la buonissima produzione con tutti gli strumenti ben equilibrati confeziona un “lavoro” veramente notevole; tutti i brani sono un lungo viaggio in cui  tutti gli ingredienti sono magicamente fusi:  ad esempio in Matarisvan, il primo brano, l’introspettivo incipit ambient si modula in atmosfere death doom e post rock debitrici del suono delle migliori band in questo settore.
Non vi è nulla di opprimente nel suono dei Vin De Mia Trix, e l’alternarsi di clean e harsh vocal (black e death) daà un ulteriore quid al tutto: questa forma d’arte, che sia doom, funeral o death doom ha sempre la capacità, quando viene manipolata da band dotate di sensibilità fuori dal comune, di scrivere pagine incommensurabili ed emozionanti.

Tracklist
1. Matarisvan
2. Pharmakos
3. Fuimus
4. Noe

Line-up
Serge Pokhvala – Guitars
Andrew Tkachenko – Vocals
Alex Vynogradoff – Bass, Vocals, Guitars, Piano
Igor Babaev – Drums

VIN DE MIA TRIX – Facebook


Descrizione Breve

Onryō – Oni

Di Oni rimane la voglia di ascoltarlo ancora per essere nuovamente catturati e tritati dentro la potenza e la follia di chitarre affilatissime e velocissime, di un batteria che insegue il caos, di una voce bellissima e di un basso che ammazza i gaijin.

Ep di quattro pezzi devastanti, quattro killer di silicio incandescente, tra Dillinger Escape Plan, Meshuggah e un massacro giapponese di samurai.

Onryō nel folclore giapponese è uno spirito solitamente di sesso femminile, che dopo aver sofferto in vita o essere stata uccisa dal proprio uomo o da un uomo in generale, torna dall’aldilà per perseguitare il carnefice. Ecco, questa descrizione copre in parte l’assalto sonoro di questo gruppo romano, demone inquieto tra John Zorn, futurismo sonoro e immane potenza controllata attraverso la matematica. La lunghezza dell’ep è perfetta per poter godere appieno della bellezza perversa di questo disco, dove non c’è mai un ritornello, o una cosa scontata in un continuo rimescolamento di carte, in un vortice di vera potenza, per potere scoprire fino a che punto si possa spingere il nostro orecchio. Oni è la testimonianza di come sia davvero alta la qualità del nostro sottobosco estremo, perché questo disco non è un’eccezione ma un’altra perla in una strada disseminata di ottimi dischi, che magari non sono sotto gli occhi di tutti ma dobbiamo giusto guardare più a fondo nell’occhio del male. Di Oni rimane la voglia di ascoltarlo ancora per essere nuovamente catturati e tritati dentro la potenza e la follia di chitarre affilatissime e velocissime, di un batteria che insegue il caos, di una voce bellissima e di un basso che ammazza i gaijin.

Tracklist :
1 Oni
2 The Pyromaniac -Anarchogrind
3 Humanphobia
4 Sickness And Aluminium Foil Helmets

ONRYO – Facebook

Breaking Larsen Theory – Wasted Words

La cura per le melodie va di pari passo con sfumature metalliche ed atmosfere dark rock, ritmiche groovy e quel senso di tragico vivere che porta il sound del gruppo a scendere nell’ombra, senza perdere in tensione e mantenendo un approccio forte, mai mieloso, eppure dall’ottimo appeal radiofonico.

Le vie dell’alternative metal/rock sono infinite, molte portano a successi effimeri e dischi piatti e già sentiti, con formule trite e ritrite dal almeno venticinque anni, altre invece prendono la strada della personalità e di un buon songwriting e riescono a risultare freschi pur rivendicando le proprie ispirazioni e d influenze.

Wasted Words per esempio, debutto dei giovani Breaking Larsen Theory, non mancherà di allertare non solo gli ormoni delle pulzelle in giro per concerti in questa estate metallica, ma soddisferà pure i rocker con magari qualche anno in più sul groppone ed un passato a smuovere natiche con il rock intimista e perdente della piovosa Seattle, qualche altro tra l’hard rock moderno e un presente a tutta birra con le nuove leve alternative delle quali il gruppo milanese è un buon esempio.
Grinta metal e melodie intimiste, rock ed alternative, qualche spunto dark, e più di una atmosfera tooliana, danno all’album tutte le caratteristiche per non passare inosservato in una scena in cui la fatica a convincere non è neppure l’infinitesimale parte della velocità con cui si sparisce nel dimenticatoio della generazione iPod.
Un click e via si viene cancellati dalla play list, a meno che non si abbia qualcosa da dire e lo si faccia con la fermezza e la voglia dei Breaking Larsen Theory con le loro undici tracce più intro a formare un lavoro fresco, intenso, dark e drammatico, sempre in bilico tra la potenza del metal e il più ragionato impatto rock.
La cura per le melodie va di pari passo con sfumature metalliche ed atmosfere dark rock, ritmiche groovy e quel senso di tragico vivere che porta il sound del gruppo a scendere nell’ombra, senza perdere in tensione e mantenendo un approccio forte, mai mieloso, eppure dall’ottimo appeal radiofonico.
Visions, l’ elettronica che attraversa brani d’impatto come B.L.T., il groove che lascia spazio alle melodie in On The Cruel Real sono solo una parte del sound che Phil, Aiden, Teo e Jody hanno preparato come ingredienti di un piatto d’alta cucina, buono, ma allo stesso tempo elegante e presentato con tutti i crismi: assaggiatelo e non smetterete più di gustarlo.

Tracklist
1. Metastasis (intro)
2. Every Road I’ve Kept Alone
3. Visions
4. Wasted Words
5. On The Cruel Real
6. Wake Up! (reprise)
7. B.L.T.
8. Severing Ties
9. Picture Of You
10. Beyond This Hole
11. Dream In Colour

Line-up
Phil – Vocal, Guitar
Aiden – Bass Guitar, Backing Vocals, FX Producer
Teo – Lead Guitar
Jody – Drums

BREAKING LARSEN THEORY – Facebook

THE HAUNTED

Il video di “Brute Force”, dall’album Strength In Numbers in uscita ad agosto (Century Media).

THE HAUNTED – “Strength In Numbers”, i dettagli dell’album e il video di “Brute Force”

Stanno per tornare i thrasher svedesi THE HAUNTED con il nono e nuovo album “Strength In Numbers”. Il disco è stato registrato ai Parlour Studios inglesi in collaborazione con il produttore Russ Russell (Napalm Death, Dimmu Borgir, The Exploited) e sarà pubblicato su Century Media Records il 25 agosto 2017.

Per anticipare l’uscita i THE HAUNTED hanno reso disponibile il granitico singolo “Brute Force” accompagnato da un video prodotto da Oscar Dziedziela / OD Visual:

“Brute Force” è disponibile anche su Spotify: http://bit.ly/BRUTEFORCE

Il commento della band:
“Siamo orgogliosi di poter finalmente condividere il primo singolo del nuovo ‘Strength In Numbers’ e di mettere subito in chiaro di come sarà brutale il nuovo album. ‘Brute Force’ è stata una delle prime canzoni composte per il nuovo album. NO COMPROMISE!”

L’artwork è stato creato dal collaboratore di lunga data Andreas Pettersson. Di seguito la tracklist:

THE HAUNTED – “Strength In Numbers”:
1. Fill The Darkness With Black
2. Brute Force
3. Spark
4. Preachers Of Death
5. Strength In Numbers
6. Tighten The Noose
7. This Is The End
8. The Fall
9. Means To An End
10. Monuments

La limited edition Mediabook CD includerà le bonus tracks “Illusions” e “Sinister”, un packaging espanso e 3 adesivi. L’album è disponibile anche in LP 180gr. e in altre versioni:
Silver LP (200x copies / Sweden) e Clear LP (300x Copies / USA).
Inoltre per CM Distro / CM Webshop Europa è disponibile una versione limitatissima a 500 copie Deluxe LP rosso trasparente, un libro di partiture di chitarra, un poster, 3 plettri e l’intero disco su CD.

Preorder per i formati fisici: https://smarturl.it/BruteForceCMDistro
E digitali: https://smarturl.it/TheHauntedBruteForce

Disponibile anche un video teaser delle registrazioni di “Strenght In Number”:

A list of the upcoming live dates announced so far for THE HAUNTED in support of “Strength In Numbers” can be found here:

THE HAUNTED – Live 2017:
31.08.2017 Oslo (Norway) – Blå
01.09.2017 Stavanger (Norway) – Folken
02.09.2017 Bergen (Norway) – Hulen
08.09.2017 Örebro (Sweden) – Frimis Salonger + Witchery
09.09.2017 Linköping (Sweden) – Backstage + Witchery
15.09.2017 Borlänge (Sweden) – Liljan
16.09.2017 Sundsvall (Sweden) – Club Destroyer
21.09.2017 Göteborg (Sweden) – Pustervik + Witchery
22.09.2017 Stockholm (Sweden) – Debaser Strand + Witchery
23.09.2017 Malmö (Sweden) – KB + Witchery
29.09.2017 Hultsfred (Sweden) – Mörkaste Småland Festival
30.09.2017 Eskilstuna (Sweden) – Loket
07.10.2017 Hoogeveen (The Netherlands) – Graveland Fest
More dates coming soon…

THE HAUNTED’s latest album “Exit Wounds” (2015) was highly praised as a return to form and managed to enter international sales charts upon release as follows: Germany # 64, Finland # 15, Switzerland # 100, Sweden # 32, USA # 151 Top Current Albums, USA # 5 Heatseekers.

THE HAUNTED line-up:
Marco Aro – Vocals
Jensen – Guitars
Ola Englund – Guitars
Jonas Björler – Bass
Adrian Erlandsson – Drums

More details about THE HAUNTED and “Strength In Numbers” will be revealed soon…

THE HAUNTED online:
http://www.the-haunted.com
http://www.facebook.com/hauntedofficial

Lorenzo

Pathology – Pathology

Nono album per i brutal death metallers californiani Pathology, ormai punto fermo della scena estrema statunitense.

Con più di dieci anni di attività e ben nove album pubblicati, i californiani Pathology possono essere considerati come un punto fermo della scena brutal statunitense.

Il trio torna sul mercato con un nuovo lavoro omonimo che presenta mezzora di devastante death tra brutal e grind, con un estremismo sonoro senza compromessi e un livello tecnico invidiabile, che fanno del gruppo una realtà da seguire nel panorama del genere.
Anche questo nuovo lavoro , che segue di tre anni il precedente Throne Of Reign, percorre la linea tracciata dai maestri del death: una bestiale furia omicida si abbatte sull’ascoltatore, un massacro senza compromessi con il growl animalesco a maciullare teste e un riffing chirurgico per una raccolta di brani che non concedono tregua.
Dave Astor (batteria) e Tim Tiszczenko (chitarra) costruiscono un muro sonoro invalicabile, su cui Matti Way vomita bestialità in un condensato di violenza e ferocia che esprime nei titoli la sua dichiarazione d’ intenti (Lamentation, Dolorous, Putrescent).
Consigliato agli amanti del genere e ai fans devoti al verbo dei Cannibal Corpse e dei gruppi che formano le truppe d’assalto del brutal death metal.

Tracklist
1.Lamentation
2.Dolorous
3.Litany
4.Servitors
5.Dissevered
6.Putrescent
7.Doth
8.Shudder
9.Opprobrium
10.Vermilion

Line-up
Dave Astor – Drums
Matti Way – Vocals
Tim Tiszczenko – Guitar

PATHOLOGY – Facebook

A Total Wall – Delivery

In un’epoca di notevole appiattimento musicale e non solo, anche e soprattutto in ambito metal, dischi come questo dei milanesi A Total Wall sono come una birra fresca in mezzo al deserto d’asfalto.

In un’epoca di notevole appiattimento musicale e non solo, anche e soprattutto in ambito metal, dischi come questo dei milanesi A Total Wall sono come una birra fresca in mezzo al deserto d’asfalto.

Nati nel 2009 hanno avuto una lenta e costante maturazione, dovendo gestire al loro interno molte e notevoli forze. Il suono degli A Total Wall è un prog metal potente, molto vicino al djent e con un grande groove. Per orientarsi meglio si potrebbe dire Meshuggah con più melodie e anche più idee differenti. In questo disco, il primo su lunga distanza, il gruppo milanese fa tutto bene, facendo risaltare la sua meticolosità compositiva e la particolare idea di potenza, ovvero di sfogo di energia con un controllo notevole, in maniera da trasformarsi dentro le orecchie dell’ascoltatore. La loro padronanza tecnica è notevole, viene supportata anche da una grande capacità compositiva e tutte le canzoni sono costruite in maniera da non annoiare mai l’ascoltatore. Come detto sopra si spazia in vari generi, e si arriva a costruire un qualcosa che può essere definito new progressive metal, sia per un potenza notevole, sia perché figli di gruppi che vanno oltre il prog metal classico. Le chitarre qui hanno molte più corde del normale, si esprimono in una dimensione difficilmente definibile ma che suona benissimo, e colpisce la tenacia e la coerenza del disegno musicale che hanno tracciato gli A Total Wall, per un disco che è molto strutturato e potente, un moderno labirinto dal quale uscire migliori.

Tracklist :
1. Reproaching methodologies
2. Evolve
3. Sudden
4. Maintenance
5. Lossy
6. The right question
7. Delivery
8. Pure band

Line Up :
Davide Bertolini – drums
Umberto Chiroli – guitars
Riccardo Maffioli – bass
Gabriele Giacosa – vocals

A TOTAL WALL – Facebook

Hitwood – As A Season Bloom

Boccellari non concede neppure un secondo al proprio ego, creando un piccolo gioiello dove la parole d’ordine è emozione e consegnandoci un lavoro strumentale bellissimo.

Potremmo stare giorni, mesi o anni a discutere su quanto importante possano essere gli eventi di massa, lontano dal concerto in senso lato e più vicino proprio alla definizione evento e a quella frase (io c’ero) che diventa sempre più importante della musica stessa.

Poi, dopo avere discusso e litigato, chi dalla parte del fenomeno che unisce un intero popolo, chi invece dà ancora un valore quasi sacrale alla musica, anche e soprattutto al rock’n’roll o al metal estremo, si finisce al cospetto di un lavoro come As A Season Bloom, ep di quattro brani del polistrumentista lombardo Antonio Boccellari, alias Hitwood, reduce da un full lenght uscito lo scorso anno, intitolato When Youngness… Flies Away….
Un amore sconfinato per gli In Flames e il death metal melodico, un talento compositivo di sicuro valore ed il gioco è fatto: la sua musica può scorrere come un fiume di note, tra l’alternativo e l’estremo, piacevolmente strumentale, a tratti sognante, in certi passaggi quasi meditativa, in altri esplosiva e metallica.
Sembra facile a dirsi, ma non è così, i brani che compongono As A Season Bloom hanno una loro vita, anche se il tutto è perfettamente assemblato in un’unica opera musicale per la quale non servono le parole, persi nello spartito di A Spring Glare Where Green Shine the Brightest, piacevolmente progressiva, o nelle trame semiacustiche dell’alternativa Memories from a Gentle Summer Evening.
Tranquilli, il metal estremo è li che aspetta il suo momento, prima melodico e classico in Catch the Autumn Scent, brano a cui manca il canto di Anders Fridén per essere una canzone degli In Flames del periodo Whoracle, mentre il gioco si fa duro con la furia estrema della conclusiva Awaked By A Winter Blast, gioiellino swedish death da applausi.
Boccellari non concede neppure un secondo al proprio ego, creando un piccolo gioiello dove la parole d’ordine è emozione e consegnandoci un lavoro strumentale bellissimo, con una prima parte molto progressiva ed atmosferica che cresce d’intensità col passare dei minuti, per esplodere nell’ultimo brano: da avere e consumare.

Tracklist
1.A Spring Glare Where Green Shine the Brightest
2.Memories from a Gentle Summer Evening
3.Catch the Autumn Scent
4.Awaked by a Winter Blast

Line-up
Antonio Boccellari – Guitars, Bass, Drums

HITWOOD – Facebook

DECAPITATED

Il video di ‘Earth Scar’, dall’album Anticult in uscita a luglio (Nuclear Blast).

La band extreme metal polacca DECAPITATED uscirà con il settimo album, “Anticult”, il 7 Luglio su Nuclear Blast. La band offre un nuovo assaggio dell’album pubblicando il video di ‘Earth Scar’.
Guardalo qui:

“Siamo molto eccitati all’idea di pubblicare il secondo singolo ‘Earth Scar’, tratto dal nuovo album ‘Anticult'” dice Vogg, “Sono sempre stato influenzato da tutti i generi del metal, e questo brano e il nuovo album riflettono davvero queste influenze.”

“Come per ‘Never’, questa canzone è stata pensata per spaccare sul palco, non vediamo l’ora di aggiungerla nella nostra set list. Rasta ha scritto i testi con diversi contenuti metaforici relativi alla vita in tour, l’opposizione tra la ‘normale’ quotidianità di casa e l’essere on the road e vedere la tua ‘tribù’ interagire con la musica! Speriamo vi possa piacere e speriamo di verderci molto presto!”

Pre-ordina “Anticult” ora: http://nblast.de/DecapitatedAnticultNB

Pre-ordina “Anticult” in digitale e ricevi subito ‘Never’ e ‘Earth Scar’: http://nblast.de/DecapitatedDigital

Ascoltala sulla NB Novelties Playlist: http://sptfy.com/2zZF

Altro su “Anticult”:

‘Never’ OFFICIAL VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=Dzsnunj-5gg

‘Never’ GUITAR PLAYTHROUGH: https://www.youtube.com/watch?v=KgFLomLApWU

‘Never’ DRUM PLAYTHROUGH: https://www.youtube.com/watch?v=X24bcfTLD7k

“Anticult” – Track Listing:
01. Impulse
02. Deathvaluation
03. Kill The Cult
04. One Eyed Nation
05. Anger Line
06. Earth Scar
07. Never
08. Amen

I DECAPITATED sono:

Rafał Piotrowski | voce
Waclaw “Vogg” Kieltyka | chitarra
Hubert Wiecek | basso
Michal Lysejko | batteria

Essenza – Blind Gods And Revolution

Ennesimo ottimo lavoro per la band pugliese che, fuori dai comuni schemi, regala musica per chi sa ascoltare.

Tornano con un nuovo lavoro (il quarto di una storia nata nel lontano 1993) i leccesi Essenza dei fratelli fratelli Rizzello (Carlo, voce e chitarra, ed Alessandro, basso, accompagnati da Paolo Colazzo alla batteria), che danno un seguito al precedente “Devil’s Breath” del 2009.

Il nuovo album propone una mezzora abbondante di hard rock adulto, oscillante tra l’heavy ottantiano, uno spirito rock anni settanta, squisite divagazioni prog ed ottime parti ritmiche: tecnicamente impeccabile, mai ordinario, Blind Gods And Revolution accentua la peculiarità del trio nel non fornire all’ascoltatore troppi punti di riferimento, grazie a suoni ed atmosfere che mutano ad ogni passaggio inglobando il meglio di questi generi in un unico lavoro.
Rimane preponderante, a mio parere, una forte impronta settantiana, iniziando dalla produzione e dal cantato di Carlo Rizzello, il che ne fa un album imperdibile per gli amanti del rock più attempati; originale ed imprevedibile, il sound della band acquista valore col passare degli ascolti, permettendo all’ascoltatore di assimilarne le mille sfaccettature.
Album di non facilissimo ascolto, dunque, e sicuramente non un lavoro usa e getta come ormai siamo abituati a consumare in questi anni in cui tutto corre, bensì ottima musica che va curata, lavorata e fatta propria, lasciando che la moltitudine di note racchiuse nei brani del cd entrino dentro di noi, assaporandone ogni sfumatura, che sia essa rivolta all’heavy o al prog, o addirittura al folk come nella meravigliosa Seagulls In The Night.
I brani si susseguono tra ritmiche martellanti e trame complicate e avvincenti, i generi che di volta in volta ci appaiono tra le pieghe del disco rendono l’ascolto vario, anche se la concentrazione è d’uopo per seguire le molteplici strade prese dalla band e non perdersi all’ennesimo incrocio: i tre musicisti ci stupiscono per la scelta di vie talvolta a noi sconosciute ma affascinanti, giocando pericolosamente con la musica, come un incantatore di serpenti davanti ad un velenosissimo rettile.
Ennesimo ottimo lavoro per la band pugliese che, fuori dai comuni schemi, regala musica per chi sa ascoltare, confermandosi come realtà rock di altissima qualità.

Tracklist:
1. Plastic God (An Autumn Dream)
2. Bloody Spring
3. The Song Inside
4. The Fury of the Ancient Witch
5. Lost and Blind
6. Fight for Change
7. Seagulls in the Night
8. Time (Keep My Memories Alive)

Line-up:
Alessandro S. Rizzello – Bass
Paolo Colazzo – Drums
Carlo G. Rizzello – Vocals, Guitars

ESSENZA – Facebook

Evadne – A Mother Named Death

Una delle espressioni più alte del death doom melodico, collocabile alla pari delle migliori produzioni di Saturnus e Swallow The Sun.

Le doom band, salvo rare eccezioni, hanno dei tempi compositivi lenti e diluiti che corrispondono in fondo ai ritmi del genere suonato.

L’ultimo full length degli Evadne risale ormai al 2012, quando con The Shortest Way si segnalarono come una delle migliori band in circolazione dedite al death doom melodico; il successivo ep Dethroned Of Light, uscito due anni dopo, pareva essere propedeutico ad un’imminente replica di quel lavoro, mentre invece abbiamo dovuto attendere fino ad oggi prima di tornare a godere di nuova musica composta dal gruppo spagnolo.
Per fortuna, come molto spesso accade, la lunga attesa è stata ampiamente ripagata dal livello stupefacente di un album come A Mother Named Death, che non è solo una conferma bensì la vera e propria consacrazione degli Evadne ai vertici della scena.
In poco più di un’ora il gruppo valenciano regala brividi senza soluzione di continuità, mantenendo lo stesso elevato livello di tensione dalla prima all’ultima nota, lasciandolo scemare solo per dare il tempo all’ascoltatore di riprendere il controllo delle proprie emozioni con il breve strumentale 88.6, prima di rituffarsi senza possibilità di riemergere dalle acque plumbee che, metaforicamente, giacciono nel fondo del nostro animo.
La voce di Albert ci scaraventa in abissi di disperazione che solo la bellezza delle melodie riesce a stemperare, assieme a clean vocals, talvolta accompagnate da voci femminili, che paiono offrire un’illusoria ancora di salvezza prima che sia nuovamente l’incedere tragico dei brani a riprendere il sopravvento.
Già detto della traccia strumentale, una leggiadra pennellata di atmosferica malinconia, l’album consta di altre sette autentiche gemme sonore, capaci di sconvolgere emotivamente le menti più sensibili, tra le quali si fatica non poco a scegliere quali ergere ad emblemi dell’opera, anche se Abode Of Distress, Heirs Of Sorrow e Colossal riescono a stupirmi e commuovermi ogni volta, più dei restanti e ugualmente magnifici episodi; in particolare, la seconda delle due beneficia di un afflato melodico che eleva all’ennesima potenza la percezione del valore dell’album, mentre la terza già la si conosceva, trattandosi dell’opener di Dethroned Of Light, eppure in tale contesto il suo cristallino splendore finisce ancor più per risplendere.
In definitiva, qui ci si trova al cospetto di una delle espressioni più alte del death doom melodico, collocabile alla pari delle migliori produzioni di Saturnus e Swallow The Sun.
E proprio a questi ultimi pare ricondurre più di una volta il sound degli Evadne, che già in passato avevano dimostrato di prendere come ideale punto di riferimento, per poi sviluppare una cifra stilistica propria, una delle pietre miliari del genere quale è The Morning Never Came.
Detto questo, a chi avesse da obiettare sull’originalità dell’operato della band iberica, rispondo solo che l’appassionato di doom è diverso da tutti gli altri, in quanto necessita di vedere gratificata la propria sensibilità da una forma d’arte che narri il male di vivere, più o meno latente, presente in ogni essere umano, trovando requie, infine, nel suo smisurato potenziale catartico e lasciando ad altri l’eterna (e per lo più vana) ricerca della pietra filosofale costituita da un qualcosa di totalmente innovativo.
Quindi, il fatto di rinvenire collegamenti più o meno espliciti con la produzione passata di Raivio e soci appare semmai un valore aggiunto (raggiungere quelle stesse vette evocative non può che essere un merito) piuttosto che un aspetto in grado di offuscare il valore di un lavoro che, salvo auspicabili sorprese, difficilmente a fine anno non si troverà sul podio della mia personale classifica.
Per una volta faccio mia una frase contenuta nelle note di presentazione dell’album a cura della Solitude Productions: “l’ascolto di A Mother Named Death vi costringe ogni volta a mostrare le vostre emozioni” e, aggiungo io, non abbiate paura di commuovervi fino alle lacrime, compenetrati dalla musica degli Evadne.

Tracklist:
1. Abode Of Distress
2. Scars That Bleed Again
3. Morningstar Song
4. Heirs Of Sorrow
5. Colossal
6. 88.6
7. Black Womb Of Light
8. The Mourn Of The Oceans

Line up:
Albert Conejero – vocals
Josan Martin – guitars
Jose Quilis – bass
Juan Esmel – drums, vocals
Marc Chulia – guitars

EVADNE – Facebook

Broken Hope – Mutilated and Assimilated

I Broken Hope tornano in un momento prolifico e di ottimo livello per il genere, e un altro pezzo di storia si riprende il suo posto nella scena estrema attuale.

Mancavano i Broken Hope in questo inizio estate all’insegna del death metal, magari non una band di prima fascia, ma comunque una presenza storica nei primi anni del decennio d’oro per il metal estremo dai rimandi classici, gli anni novanta.

Swamped In Gore, il debutto licenziato nel 1991 e poi i quattro monoliti death metal usciti tra il 1993 ed il 1999, avevano consegnato la band alla storia del death metal statunitense, pregno di un’attitudine brutal che li poneva perfettamente a metà strada  tra l’accoppiata Obituary/ Macabre e Cannibal Corpse.
Poi come spesso accade, è arrivato un lungo stop durato tredici anni, durante il quale i Broken Hope hanno perso quel briciolo di notorietà nonché il singer Joe Ptacek, venuto a mancare nel 2010.
Il ritorno nel 2013 con il buon Omen of Disease segnava la riscoperta da parte dei fans del combo di Chicago, confermato da questo nuovo lavoro, che vede saldamente dietro al microfono Damian “Tom” Leski, già a ruggire sul precedente lavoro.
Mutilated and Assimilated esce per Century Media, sarà distribuito in diverse versioni ed inizierà la sua opera di distruzione nella seconda metà di giugno dell’anno di grazia 2017.
Non ci vuole molto per capire di che pasta è fatto il sound del gruppo americano, semplicemente perfetto nell’assecondare tutti i cliché della scuola d’oltreoceano: death e brutal si rincorrono per conquistare il trono su cui verrà sacrificato quest’opera, un vero massacro old school, puro e devastante metal estremo, oscuro, maligno e cattivo come un serial killer in pieno trip da tortura.
I Broken Hope sono musicisti tripallici e lo dimostrano con una forza ed un impeto fuori misura, il muro sonoro innalzato con The Bunker, o la terrificante title track viene abbattuto da una serie di blast beat ed esplosioni ritmiche terribili e poi subito dopo ricostruito con l’arrivo di potente metallo brutale (The Necropants).
Si chiude alla grande con i cambi di ritmo e la varietà di Swamped In Gorehog, mix letale di due brani presi da Swamped In Gore, progressivo e brutale death metal ed ottima conclusione di un album fiero e potente.
I Broken Hope tornano in un momento prolifico e di ottimo livello per il genere, e un altro pezzo di storia si riprende il suo posto nella scena estrema attuale.

TRACKLIST
1. The Meek Shall Inherit Shit
2. The Bunker
3. Mutilated and Assimilated
4. Outback Incest Clan
5. Malicious Meatholes
6. Blast Frozen
7. The Necropants
8. The Carrion Eaters
9. Russian Sleep Experiment
10. Hell’s Handpuppets
11. Beneath Antarctic Ice
12. Swamped-In Gorehog

LINE UP
Jeremy Wagner – guitars
Mike Miczek – drums
Damian Leski – vocals
Diego Soria – bass
Matt Szlachta – guitars

BROKEN HOPE – Facebook

Sektarism – La Mort de l’Infidèle

Pur non essendo e non volendo essere facile, La Mort De L’Infidele è un disco che colpirà al cuore gli amanti del funeral doom e della musica rituale, quindi chi segue i Dark Buddha Rising, i nostri Nibiru, perché la linea è quella, usare la musica come era utilizzata nell’antichità, ad esempio nei riti orfici.

I Sektarism non sono solo un gruppo musicale, ma usano la musica come tramite per celebrare il Signore, facendo dei veri e propri riti sia su disco che dal vivo.

Questi estremisti francesi provengono dalle fila della fratellanza chiamata Apostles of Ignominy, una setta assai misteriosa. Nel 2012 dopo tre ep demo arriva il primo disco Le Son Des Stigmates, che è paradigmatico di cosa vogliono fare. La loto intenzione è di indurre il pubblico e loro stessi in una trance, per portare ad un livello ancora più alto il loro messaggio. Per fare ciò usano un doom molto funeral, ma questa è soprattutto musica rituale, poiché sono molti i passaggi che sono declamati con una jam sotto a spaziare. Come detto poc’anzi qui la musica è un mezzo per produrre qualcosa di superiore ad essa, e in maniera ancora più importante i Sektarism non fanno intrattenimento ma anzi vogliono dare una vera esperienza a chi li si avvicina. Il disco quindi è molto particolare ed affascinante, ed è di per stesso un rito, come lo sarà il concerto, dato che la produzione fonografica è appunto il punto di partenza del rito. Pur non essendo e non volendo essere facile, La Mort de l’Infidèle è un disco che colpirà al cuore gli amanti del funeral doom e della musica rituale, quindi chi segue i Dark Buddha Rising, i nostri Nibiru, perché la linea è quella, usare la musica come era utilizzata nell’antichità, ad esempio nei riti orfici. I pezzi sono lunghissimi e ci si deve immergere dentro e ovviamente non è musica per tutti, ma chi riconosce cosa è questo lavoro lo apprezzerà moltissimo.

TRACKLIST
1.Ô Seigneur
2.Brûle L’Hérétique
3.Conscience, Révolte, Perte de Moi

SEKTARISM – Facebook

Oranjeboom – Here Comes The Boom

Cinque musicisti con il rock americano nel sangue, che loro trasformano in un hard groove moderno, devastante quando vuole far male, sognante e ricco di quella poesia sudista che non lascia scampo.

L’hard rock si impregna di sudore e polvere, la strada brucia sotto le gomme della propria amante a due ruote: Sidewalk, con il suo sound  ci schiaccia la testa ormai spappolata dal sole e lacerata dal groove irresistibile di T.K.O. e delle altre tracce che compongono questo debutto tutto impatto ed attitudine dal titolo Here Comes The Boom.

Colpevoli di tante rotture di crani e ritiri di patente (se provate ad ascoltare l’album mentre guidate) sono gli umbri Oranjeboom, attivi dal 2015 come trio southern acustico ma trasformati in una hard rock band dopo l’entrata degli ultimi due elementi.
La firma con la label napoletana Volcano Records & Promotions e l’uscita dell’album in questa infuocata estate 2017, sono per la band lo scatto bruciante, la partenza a razzo, il diretto nello stomaco che ci voleva per iniziare al meglio la propria storia discografica.
E Here Comes The Boom è quello che gli amanti dell’hard rock moderno, dal groove micidiale, dalle atmosfere e dalle sfumature alternative stoner vogliono sentire, mentre la tradizione sudista è sempre li a farci godere di rimandi ai Lynyrd Skynyrd (Once Again), ai Black Label Society e ai Black Stone Cherry (Stolen Goods) e ai nostri Hangarvain (Bleeding Out).
Cinque musicisti con il rock americano nel sangue, che loro trasformano in un hard groove moderno, devastante quando vuole far male, sognante e ricco di quella poesia sudista che non lascia scampo e ci fa accostare la moto al lato della strada,  ad assaporare l’odore dell’asfalto bollente, segno di un viaggio che è lungi dal terminare.
Detto di una bellissima cover del classico di Stevie Wonder, Higher Ground, in versione stoner, vi consiglio di non perdervi questo bellissimo debutto, stando attenti agli effetti collaterali: un bisogno irrefrenabile di spingere sull’acceleratore e la voglia di mollare tutto ed avventurarsi per un viaggio ai margini della frontiera, accompagnati dalla musica degli Oranjeboom.

TRACKLIST
1. Sidewalk
2. T.K.O.
3. Stolen goods
4. Bleeding out
5. Higher ground
6. Once again
7. Anechoic chamber

LINE UP
Alessio (Smoke) Covarelli – Voice-Guitar
Mauro (Sgrat) Alocchi – Bass Guitar
Claudio (Pit) Patalini – Guitar
Riccardo (Rikki) Baldassarri – Guitar
Francesco (Kendy) Montalto – Drums

ORANJEBOOM – Facebook

THY ART IS MURDER

Il video del primo singolo “Slaves Beyond Death”

La band australiana, THY ART IS MURDER, pubblicherà il nuovo album “Dear Desolation” il 18 Agosto su Nuclear Blast. Guarda il video del primo singolo “Slaves Beyond Death”

“Dear Desolation” è stato prodotto, registrato, mixato e masterizzato da Will Putney ai Graphic Nature Audio a Belleville, NJ. L’artwork è stato creato da Eliran Kantor (HATEBREED, TESTAMENT, ICED EARTH, SODOM).

Il cantante C.J. McMahon commenta: “Non mi sono mai sentito così forte nel creare un disco. Tornare con la band mi ha rinvigorito. Mi mancavano i miei fratelli, andare in tour, e ovviamente tutti i nostri carissimi fan che ci hanno sempre dato il massimo.

Questo nuovo disco delineerà il nostro futuro; ci abbiamo messo tutto quello che potevamo. In passato ero l’anello debole e ora che ho ricostruito me stesso, siamo più forti che mai e nulla ci può fermare.”

Il chitarrista Andy Marsh aggiunge: “Siamo molto orgogliosi del lavoro svolto su questo disco. Il molto tempo, la pianificazione, la creatività e il lavoro di squadra hanno dato vita a quello che pensiamo essere la nostra più completa visione, Dear Desolation.”

Pre-ordina “Dear Desolation” in vari formati e bundle su https://www.thyartismurder.net. Pre-ordina l’album in digitale da iTunes e Amazon e ricevi subito la traccia ‘Slaves Beyond Death’.

THY ART IS MURDER
AFTER THE BURIAL
OCEANO
JUSTICE FOR THE DAMNED
presentato da Metal Hammer

15.10.17 Italy Brescia @ Circolo Colony

www.facebook.com/thyartismurder
www.nuclearblast.de/thyartismurder

Selcouth – Heart Is The Star Of Chaos

Un lavoro ambizioso che ha bisogno di essere apprezzato con la dovuta calma degli ascoltatori più attenti, un’opera che potrà piacere o meno ma indubbiamente di grande originalità.

Album affascinante e di difficilissima interpretazione, Heart Is The Star Of Chaos, debutto dei Selcouth licenziato dalla I, Voidhanger Records, si presenta come un caleidoscopio di influenze e generi musicali assemblati in un unico sound dalle mille sfumature, atmosfere e suoni,

Dietro al monicker si nasconde una multinazionale di musicisti, provenienti da vari paesi del mondo come la Finlandia, la Francia, la Spagna, la Russia e l’Argentina; infatti membri di Khanus, Smohalla, Stagnant Waters, Pryapisme, Fixions, As Light Dies, Aegri Somnia e Monje de Fuego fanno parte di questa colonia di talenti che vanno a comporre una line up interminabile.
Tutta questa abbondanza porta ad un unico risultato, sorprendere l’ascoltatore con sfumature e linee melodiche cangianti, in un’alternanza di musica senza confini , continuamente in movimento tra il bianco ed il nero, l’estremo e la melodia, ma sempre difficilmente catalogabile.
I nove brani formano una lunga jam di musica senza barriere tra l’eleganza del jazz e della fusion, l’intricata melodia del progressive più evoluto e l’irruenza del metal, con voci delle più disparate che si danno il cambio al microfono, per nulla scontate ma perfettamente inserite nelle varie atmosfere dei capitoli che formano Heart Is The Star Of Chaos.
La parola d’ordine è sorprendere e l’album è un viaggio visionario  e pieno di sorprese, dentro un vortice di musica che accoglie in sé lo spirito della musica moderna, progressivamente fuori dagli schemi.
Heart Is The Star Of Chaos è un lavoro ambizioso che ha bisogno di essere apprezzato con la dovuta calma degli ascoltatori più attenti, ed un’opera che potrà piacere o meno ma indubbiamente di grande originalità, posizionandosi a tratti tra le visionarie partiture degli Arcturus e Solefald.

TRACKLIST
1. Strange Before The Calm
2. Nightspirit
3. Gaia
4. Querencia
5. Hopes And Lost Treasures
6. Below Hope
7. Sunless Weather
8. Flying Canopies
9. Rusticus

LINE-UP
Joonas “Sovereign” Juntunen
Markus Liimatainen
Aymeric Thomas
Meltiis
Juuso Juntunen
Mikko Nuorala
Vincent “Slo” Cassar
Andres Ruiz
Oscar “Nightmarer” Martin
Ai Vihervaara
Milja Juntunen
Tuukka Myllymäki

SELCOUTH – Facebook

The Committee – Memorandum Occultus

Dietro alle identità celate c’è una band che maneggia a suo piacimento una materia sempre delicata come il black metal, plasmandolo e trasformandolo in un venefico ed annichilente flusso.

Sono passati circa tre anni dall’uscita di Power Through Unity, primo full length del misterioso combo denominato The Committee, composto da musicisti della scena black metal provenienti da diverse nazioni.

La band, nata come solo project del vocalist igor Mortis, ha la sua base in Belgio, ma al di là della collocazione geografica, ciò che importa è, in effetti, la qualità enorme del black metal prodotto da questo gruppo capace di unire tematiche poco rassicuranti dal punto di vista sociale ad un sound cupo e allo stesso tempo melodico, con più di un momento che va a lambire i confini più epici del genere.
Memorandum Occultus, rispetto al suo predecessore che presentava un contenuto lirico pervaso dall’ossessione per la guerra, riporta la barra sulla contemporaneità mettendo in luce senza falsi moralismi il lato più cinico ed oscuro dei potenti ed i diversi strumenti da costoro utilizzati per soggiogare le masse, mentre lo stile musicale si mantiene saldamente ancorato ad un black strutturato su mid tempo avvolgenti, dall’ampio impatto atmosferico ed evocativo, sicuramente tutt’altro che asettico come il concept potrebbe invece indurre a pensare.
Sei ottimi brani si susseguono così nel raccontare una realtà dalla quale siamo più portati a distogliere lo sguardo per il nostro quieto vivere, risultando piuttosto uniformi nel loro incedere ritmico e, tutto sommato, anche melodico, ma terribilmente convincenti e alo stesso tempo ammantati di un oscura inquietudine.
Se è magnifica Treacherour Teachings – Weapons Of Religion, con tanto di vocalizzi femminili arabeggianti, non sono da meno le altre tracce, nel corso delle quali questi ottimi interpreti del genere non mollano mai la presa, offendo fino alla fine momenti di sicuro impatto emotivo.
I The Committee si confermano molto più di un progetto estemporaneo, capace di colpire soprattutto per l’identità dei suoi membri che si celano anche in versione live presentandosi al pubblico incappucciati: in realtà, dietro ai paraventi c’è una band che maneggia a suo piacimento una materia sempre delicata come il black metal, plasmandolo e trasformandolo in un venefico ed annichilente flusso.

Tracklist:
1. Dead Diplomacy – Weapons Of War
2. Synthetic, Organic Gods – Weapons Of Genocide
3. Golden Chains – Weapons Of Finance
4. Treacherour Teachings – Weapons Of Religion
5. Flexible Facts – Weapons Of History and Chronology
6. Intelligent Insanity – Weapons Methodology And Duality

Line-up:
Igor Mortis – Guitar – Vocals
William Auruman – Drums – Percussion
Aristo Crassade – Guitar – Vocals
Marc Abre – Bass
Urok – Keyboards
Navigator – Guest Vocals

THE COMMITEE – Facebook

childthemewp.com