Adrenaline Mob – We The People

We The People è uno dei migliori prodotti dell’hard rock attuale, potente, melodico e coinvolgente, il tutto valorizzato da un’ottima produzione.

Torna la macchina da guerra hard rock chiamata Adrenaline Mob, con il nuovo disco We The People.

Negli ultimi tempi non ci sono stati momenti facili per il gruppo, specialmente dopo la morte per infarto del loro batterista Aj Pero mentre era in tour con i Drowning Pool. A quel punto i due fondatori Mike Orlando e Russell Allen hanno deciso di prendere tempo e hanno suonato in altri progetti. Gli Adrenaline Mob, dalla loro comparsa nel 2012, sono uno dei gruppi di maggior successo in ambito hard rock, e hanno conquistato grosse fette di pubblico grazie al loro vitaminico sound a stelle e strisce, debitore della migliore tradizione, ma anche capace di dare esprimere maggiore energia e nel contempo melodia al suono. Gli Adrenaline Mob confermano come l’hard rock di successo in America sia fatto da molti italo americani, forse sarà per il maggior senso della melodia dovuto alle radici mediterranee. Dopo questa pausa è bastato un messaggio tra Allen ed Orlando per riprendere come sempre al Sonic Stomp Studios, teatro di tutte le loro produzioni, facendone scaturire dopo sei mesi questo disco, We The People, che è la cosa migliore della loro già buona discografia. Il lavoro è molto potente e suonato a mille all’ora, con un notevole apporto fornito dal nuovo batterista di Long Island Jordan Cannata, davvero molto preciso e possente. We The People porta il marchio di fabbrica della band, ovvero un ottimo hard rock melodico che porta l’ascoltatore a godersi davvero tutte le tracce. Come si può notare dal titolo, il disco è anche figlio dell’attuale situazione politica americana, dove il popolo è spesso preso a calci nel culo (come in ogni altra parte del mondo) e logicamente la rabbia sale: qui non troverete prese di posizione politiche, ma solo giuste constatazioni di come stiano andando le cose.
We The People è uno dei migliori prodotti dell’hard rock attuale, potente, melodico e coinvolgente, il tutto valorizzato da un’ottima produzione.

TRACKLIST
01. King Of The Ring
02. We The People
03. The Killer’s Inside
04. Bleeding Hands
05. Chasing Dragons
06. Til The Head Explodes
07. What You’re Made Of
08. Raise ‘Em Up
09. Ignorance & Greed
10. Blind Leading The Blind
11. Violent State Of Mind
12. Lords Of Thunder
13. Rebel Yell

LINE-UP
Russell Allen – Lead Vocals
Mike Orlando – Guitar, Vocals
Jordan Cannata – Drums
David Z – Bass

ADRENALINE MOB – Facebook

Raging Dead – When The Night Falls

Una conferma o una nuova realtà, fate voi, rimane il fatto che l’album risulta un ottimo lavoro e i Raging Dead hanno sempre più fame e si nutriranno di voi dopo avervi investito con When The Night Falls.

Vi avevamo parlato dei Raging Dead un paio di anni fa, in occasione dell’uscita del primo ep, Born In Rage.

Due anni dopo ritroviamo il quartetto nostrano con un nuovo lavoro (questa volta sulla lunga distanza) ed un contratto con la label americana Pavement Entertainment.
L’horror/sleazy/punk metal della band continua la sua decadente marcia tra le tombe scalfite dal tempo in un cimitero dimenticato nel mezzo della pianura padana, un rock’n’roll sinistro e marcio come i cadaveri che, uno ad uno escono dai buchi brulicanti di vermi in una serata di luna rosso sangue, mentre i quattro non-morti imbracciano i propri strumenti dando inizio allo zombie tsunami intitolato When The Night Falls.
Un sound diretto, sporco e cattivissimo, dieci tracce aggressive come un’ orda famelica che investe il Nord Italia ed infetta il mondo intero, questo risulta l’esordio sulla lunga distanza dei Raging Dead, i quali portano all’attenzione degli ascoltatori il loro rock ricco di sfumature ed atmosfere che si rifanno alle leggende del genere, senza dimenticare l’aggressività stradaiola del metal ottantiano e alle più giovani, ma ancora più maligne, forme di rock estremizzato come quelli di Murderdolls e Rob Zombie.
Un album tirato dall’inizio alla fine, un morso famelico che amputa arti a colpi di punk/rock/metal senza soluzione di continuità, mentre gli zombie continuano il loro massacro, la notte si fa giorno e la title track, Nightstalker e Bloodlust trascinano i resti delle vittime nel buio della tomba per terminare il banchetto.
Una conferma o una nuova realtà, fate voi, rimane il fatto che l’album risulta un ottimo lavoro e Cloud Shade, Matt Void, Simon Nightmare e Tracii Decadence hanno sempre più fame e si nutriranno di voi dopo avervi investito con When The Night Falls.

TRACKLIST
1. Streets Of Rage
2. When The Night Falls
3. Within Shadow
4. Army Of The Restless
5. Nightstalker
6. Bloodlust
7. Crimson Garden
8. Scratch Me
9. Doomsday
10. Ballad Of The Storm

LINE-UP
Cloud Shade – Vocals, Guitars
Matt Void – Guitars
Simon Nightmare – Bass
Tracii Decadence – Drums

RAGING DEAD – Facebook

Valborg – Endstrand

Ficcante e corrosivo, Endstrand è un lavoro perfetto per chi voglia immergersi in una realtà claustrofobica e ossessiva

I Valborg sono tra gli esponenti più in vista, oltre che più prolifici, della scena industrial metal tedesca, con i loro sei full length pubblicati negli ultimi 8 anni, incluso questo ultimo Endstrand.

Ovviamente la provenienza geografica ed il genere d’elezione sono indizi che portano ad un sound squadrato e marziale che, forse, alla lunga potrà anche apparire monocorde, ma che sarà apprezzato non poco da chi ama queste sonorità.
Va dato atto al trio di Bonn d’aver in buona parte rifuggito la tentazione di accodarsi didascalicamente alle linee guida rammsteinane, conferendo anche ai brani più rallentati un’asprezza ed una ferocia che depone a favore della sincerità compositiva, unita ad una conoscenza della materia che ne mantiene anche le scelte più azzardate al di qua della pericolosa china del kitsch.
Del resto, lo screaming è tutt’altro che accattivante e le ritmiche a tratti assecondano una tendenza tamarra che affiora nei brani più estremi anche dal punto vista lirico, come le invocazioni a Satana (Orbitalwaffe) e quella alla Madonna in una tutt’altro che “religiosamente corretta” Ave Maria.
Ficcante e corrosivo, Endstrand è un lavoro perfetto per chi voglia immergersi in una realtà claustrofobica e ossessiva, un po’ meno per chi associa tali caratteristiche ad una certa ripetitività. In effetti non è sempre così, visto che i Valborg provano qualche variazione sul tema anche se, alla fine, tra i pezzi che più colpiscono troviamo quelli martellanti e ritmati, come la micidiale Blut Am Eisen, Beerdigungsmaschine e Stossfront, poste tutte nella prima metà di un lavoro che, nel suo dipanarsi, assume tratti via via più più sperimentali e meno orecchiabili, raggiungendo punte notevoli con la disturbata ma meno feroce Geisterwürde.

Tracklist:
1.Jagen
2.Blut am Eisen
3.Orbitalwaffe
4.Beerdigungsmaschine
5.Stossfront
6.Bunkerluft
7.Geisterwürde
8.Alter
9.Plasmabrand
10.Ave Maria
11.Atompetze
12.Strahlung
13.Exodus

Line up:
Jan Buckard – Vocals, Bass
Christian Kolf – Vocals, Guitars
Florian Toyka – Drums

VALBORG – Facebook

Divinity – Immortalist

Un ottima idea quella di unire le tre parti di Immortalist, così da formare un unico e devastante pezzo di granito metallico che, tra potenza estrema e melodie, soddisferà sicuramente la fame dei fans del metal estremo moderno di estrazione thrash.

I Divinity sono un gruppo dedito ad una forma che è una buona via di mezzo tra il thrash metal moderno ed il melodic death metal scandinavo.

Nata in Canada (Calgary) a cavallo dei due millenni, la band ha dato alle stampe due full lenght e tre ep, che formano un concept intitolato Immortalist, usciti tra il 2013 e quest’anno.
Ora le tre parti (Awestruck, Momentum e Conqueror) vengono unite dal gruppo in un’unica compilation intitolata appunto Immortalist, trasformandosi così in un monumentale album che trasuda metallo e che nei suoi settanta minuti di durata regala momenti di altissimo livello, come D.M.T., brano thrash metal progressivo e melodico che vede la partecipazione dietro al microfono di Björn “Speed” Strid, vocalist dei Soilwork. E proprio dalla band svedese il sound dei Divinity è ispirato nella sua parte europea, mentre il resto del lavoro lo fanno le influenze di marca statunitense, tra Testament, Strapping Young Load e Machine Head.
Sempre in bilico tra la potenza del thrash/groove metal in uso aldilà dell’ Atlantico e la velocità e la melodia death metal scandinavo dal piglio melodico, Immortalist, pur nella sua durata, ovviamente diventata notevole, non annoia.
Il songwriting dunque è sicuramente efficace, così come il livello tecnico dei musicisti coinvolti, in particolare una sezione ritmica modello carro armato.
Oltre alla già citata D.M.T., l‘ album nel suo insieme non mostra cali di tensione e si avvale della buona qualità di brani come The Dead Speak From Beyond, Lucid Creator e Conqueror.
Un ottima idea quella di unire le tre parti di Immortalist, così da formare un unico e devastante pezzo di granito metallico che, tra potenza estrema e melodie, soddisferà sicuramente la fame dei fans del metal estremo moderno di estrazione thrash.

TRACKLIST
1.Manhunt
2.Atlas
3.Hallowed Earth
4.D.M.T.
5.PsyWar
6.Distorted Mesh
7.The Dead Speak from Beyond
8.Lucid Creator
9.The Reckoning
10.All Seeing Eyes
11.Momentum
12.Conqueror

LINE-UP
Sean Jenkins – Vocals
Jeff Waite – Vocals
James Duncan – Guitars
Brett Duncan – Drums
Keith Branston – Bass

DIVINITY – Facebook

PROLOGUE OF A NEW GENERATION

Il video ufficiale del brano ”Mindtrip”

http://bit.ly/2rq4cLC

ANTIGONY RECORDS è felice di dare il benvenuto in famiglia ai PROLOGUE OF A NEW GENERATION

I 5 ragazzi di Trento rappresentano una delle novità italiane più interessanti in ambito Djent/Metalcore di nuova generazione e sono pronti, dopo un anno e mezzo di sperimentazione e lavoro sonoro, a presentare il loro primo album “MINDTRIP” in uscita Venerdì 23 Giugno.

Il loro stile spazia dalle parti più aggressive, distorte e cervellotiche fino alle sfumature più tranquille e melodiche, rappresentando un giusto mix tra Meshuggah, Northlane e Monuments.

La tracklist è la seguente:
1 – Roots And Bones
2 – Black Hands
3 – Introspective
4 – Mindtrip
5 – Karmic Law
6 – The Perfection Exists
7 – Neverbloom
8 – Shiva
9 – Skyburial / Jhator

ANTIGONY AGENCY si occuperà di curare i prossimi live della band.

Death Of Kings – Kneel Before None

Kneel Before None è una bomba sonora, un concentrato di metallo old school violentissimo, suonato ad altissime velocità, atmosfericamente perfetto nel risvegliare streghe come in una notte in quel di Salem.

Se siete dei metallari convinti che la parola old school porti con sé solo sonorità pregne di nostalgica passione ma obsolete, molte volte non supportate da una registrazione almeno dignitosa, fate un passo indietro ed ascoltatevi questo pezzo di meteorite speed/thrash in arrivo dagli Stati Uniti.

Tornando indietro agli anni ottanta, tra heavy metal tripallico reso estremo da dosi fatali di thrash metal, il nuovo lavoro dei Death Of Kings scende dallo spazio a pazza velocità in rotta di collisione con la Terra, produce un buco nero spazio temporale,  e come un serial killer vi rincorre, vi scova e vi fa a pezzi a colpi di metal vecchia scuola.
Kneel Before None è l’esordio sulla lunga distanza, preceduto da un singolo (Hell Comes to Life) e licenziato dalla Boris Records: la band, attiva dal 2010, porta in dote una manciata di lavori minori, così come migliaia di altre realtà che si affacciano sul panorama metallico mondiale, solo che i Death Of Kings non sono una band normale.
L’album, infatti, è una bomba sonora, un concentrato di metallo old school violentissimo, suonato ad altissime velocità, atmosfericamente perfetto nel risvegliare streghe come in una notte in quel di Salem, valorizzato da un lotto di brani esaltanti, tra ritmiche infernali di scuola speed metal, solos graffianti ed al limite dell’umano e voci possedute da demoni evocati dall’ennesimo lungo sabba.
Shadow Of The Ripper, Regicidal e l’atomica Knifehammer sono solo alcune delle violente raffiche di vento atomico che spazzerà via tutto dopo l’impatto del meteorite, lasciando solo morte, distruzione e i servi del demonio a girare tra i cadaveri come iene affamate.
Bellissimo lavoro, consigliato agli amanti del genere, anche se un ascolto non farebbe male neppure a chi pensa che certe sonorità in uso negli anni ottanta non fossero abbastanza cattive.

TRACKLIST
1.Shadow Of The Reaper
2.Sojourn
3.Regicidal
4.Descent Into Madness
5.Hell Comes To Life
6.Knifehammer
7.Plague (Upon the World)
8.Too Fast For Blood
9.Revel In Blasphemy

LINE-UP
Matt Matson- lead vocals, guitar
Scott Price – bass, vocals
Matt Kilpatrick – guitar, vocals
Amos Rifkin – drums, vocals

DEATH OF KINGS – Facebook

My Silent Wake – Damnatio Memoriae

Una riedizione utile e curata di Damnatio Memoriae, album che con la sua uscita ha sicuramente consolidato lo status acquisito dai My Silent Wake in virtù di una carriera lunga, produttiva e, a tratti, piacevolmente imprevedibile.

Non essendoci stata l’occasione di parlare di Damnatio Memoriae, ottavo album in studio degli inglesi My Silent Wake, all’epoca della sua uscita nel 2015, ne approfittiamo per farlo brevemente grazie alla riedizione in vinile appena licenziata dalla Minotauro Records.

La band fondata da Ian Arkley nel 2005 è una tra le più prolifiche in assoluto tra quelle dedite al death doom, genere dal quale hanno anche derogato più volte, andando ad esplorare lidi acustici o ambient, così come è avvenuto, del resto, nella loro recente release Invitation To Imperfection.
Damnatio Memoriae resta, quindi, in ordine temporale, l’ultima testimonianza del genere principalmente trattato con buoni risultati dai My Silent Wake; rispetto ai lavori del passato, l’album esibisce partiture più robuste e diversi brani nei quali, specie nella parte iniziale, il sound appare decisamente pesante e meno votato alla ricerca di melodie malinconiche e dolenti: quando ciò avviene, ne scaturisce una traccia magnifica come And So It Comes To An End, ma non è che le cose vadano male neppure allorché la spinta propulsiva pare giungere dai primi Paradise Lost e Anathema (con The Innocent a lambire gli suoni che furono di The Silent Enigma).
Ottima anche la lunga The Empty Unknown, che mostra coordinate più canonicamente doom, mentre si vira nuovamente su un gothic piuttosto andante con Chaos Enfolds Me, traccia che chiudeva la prima stesura del disco e che, invece, nella nuova, è seguita dalla riproposizione di And So It Comes To An End, Now It Destroys e Of Fury arricchite dalle tastiere di Simon Bibby: i brani in questione non cambiano volto più di tanto ma, specialmente gli ultimi due, vengono gradevolmente ammorbiditi in questa versione.
Una riedizione utile e curata di Damnatio Memoriae, album che con la sua uscita ha sicuramente consolidato lo status acquisito dai My Silent Wake in virtù di una carriera lunga, produttiva e, a tratti, piacevolmente imprevedibile.

Tracklist:
1. Of Fury
2. Highwire
3. Now it Destroys
4. Black Oil
5. And so it Comes to an End
6. The Innocent
7. The Empty Unknown
8. Chaos Enfolds Me
Bonus tracks on 2017 release:
9. And so it Comes to an End (with keys)
10. Of Fury (with keys)
11. Now it Destroys (with keys)

Line up:
Ian Arkley – vocals and guitar
Addam Westlake – bass
Gareth Arlett – drums
Mike Hitchen – live rhythm guitar

Guests:
Simon Bibby – keys
Greg Chandler – additional keys, vocals
Martin Bowes – synth

MY SILENT WAKE – Facebook

Bullet-Proof – Forsaken One

Il sound racchiuso in Forsaken One è 100% thrash metal, legato alla tradizione statunitense ma senza disdegnare sfumature moderne

I Bullet Proof sono un gruppo italo/slovacco, nato a Bolzano tre anni fa ma, di fatto, band internazionale già sul mercato con l’esordio De-Generation, uscito due anni, ideale preludio a questo ottimo secondo lavoro.

Il sound racchiuso in Forsaken One, infatti, è 100% thrash metal legato alla tradizione statunitense ma senza disdegnare sfumature moderne (specialmente per quanto riguarda arrangiamenti e produzione) ed un gusto melodico nei solos di matrice heavy metal.
Il quartetto formato da Richard Hupka (chitarra e voce) e suo figlio Lukas (batteria), a cui si aggiungono Max Pinkle (chitarra) e Federico Fontanari (basso), ci consegna un lavoro roccioso, agguerrito, ma straordinariamente melodico, laddove le sfuriate thrash lasciano il posto a lunghe e spettacolari parti heavy, con le chitarre che si vestono di un metal elegante per poi trasformare il sound da una sorta di un rassicurante Dottor Jekyll ad un cattivo ed indomabile mister Hyde.
Così, una volta che il lato oscuro prende il sopravvento, la band alza l’asticella e Forsaken One vola, con la sezione ritmica che è un rullo compressore grazie ad un Lukas Hupka straordinario picchiatore, mentre le due asce sfornano riff e solos che sono vangelo per ogni thrasher che si rispetti.
L’opener Might Makes Right, la title track, la splendida e melodica No One Ever e le devastanti Abandon e Revolution ci consegnano un lavoro che non lascia scampo, perciò bando all’esterofilia (e anche se fosse qui parliamo di una band italiana soprattutto per sede operativa) e buttatevi in un headbanging sfrenato in compagnia dei Bullet Proof: gli eroi della Bay Area sono tutti lì ad applaudire.

TRACKLIST
01 – Might Makes Right
02 – Forsaken One
03 – Portrait Of The Faceless King
04 – No One Ever
05 – I Was Wrong
06 – Abandon
07 – Lust
08 – Revolution
09 – Little Boy

LINE-UP
Richard Hupka – Lead Vocals, Guitar
Max Pinkle – Guitars
Federico Fontanari – Bass Guitar
Lukas Hupka – Drums

BULLET PROOF – Facebook

LACUNA COIL

Il video di “You Love Me ‘Cause I Hate You”

LACUNA COIL – Il video di “You Love Me ‘Cause I Hate You”

Dopo aver pubblicato il video di “Blood, Tears, Dust” i LACUNA COIL sono lieti di presentarci il nuovo video per “You Love Me ‘Cause I Hate You”. Come “Blood, Tears, Dust” il video è stato diretto ed editato da Cosimo Alemà e prodotto dalla compagnia Borotalco.

Entrambe le canzoni sono tratte dall’ultimo album dei Lacuna Coil, ‘Delirium’, pubblicato lo scorso anno su Century Media Records. La band sarà in tour in Europa e negli Stati Uniti (assieme ad Epica ed Insomnium) nei prossimi mesi. Previste cinque date per l’Italia, di seguito tutte le date dei tour:

19.05.17 (CH) Solothurn – Kulturfabrik Kofmel
20.05.17 (CH) Monthey – Irreversible Festival
22.05.17 (IS) Tel Aviv – Hateatron Club
24.05.17 (FI) Tampere – Yo Talo
26.05.17 (RUS) St. Petersburg – Aurora Club
27.05.17 (RUS) Moscow – Volta Club
01.07.17 (IT) Cagliari – Arena Sant’Elia (+ CJ Ramone)
05.-08.07.17 (DE) Ballenstedt – Rock Harz Festival
08.07.17 (IT) Sabbioneta (MN) – Sabbio Summer Fest
13.-16.07.17 (CZ) Vizovice – Masters OF Rock
22.07.17 (DE) Esslingen – Riverside Festival
28.07.17 (RO) Sibiu – Art Mania Festival
01.08.17 (IT) Treviso – Suoni di Marca Festival
02.08.17 (IT) Filago – Filagosto Festival
03.-05.08.17 (DE) Wacken – Wacken Open Air
06.08.17 (IT) Manduria (TA) – South’s Cheyenne International Bike Show & Rock Metal Festival

LACUNA COIL North America tour con Epica, INSOMNIUM & Elantris
31.08.17 (USA) Boston, MA – Royale
01.09.17 (CAN) Montreal, QC – Metropolis
02.09.17 (CAN) Quebec City, QC – Imperial Theater
03.09.17 (CAN) Toronto, ON – Opera House
05.09.17 (USA) Cleveland, OH – Agora Theatre
06.09.17 (USA) Joliet, IL – The Forge
08.09.17 (USA) Denver, CO – Ogden Theatre
09.09.17 (USA) The Complex Salt Lake City, UT
11.09.17 (USA) Seattle, WA – The Showbox
12.09.17 (USA) Portland, OR – The Hawthorne Theater
14.09.17 (USA) Berkeley, CA – The UC Theater
15.09.17 (USA) Los Angeles, CA – The Novo
16.09.17 (USA) Santa Ana, CA – The Observatory
17.09.17 (USA) Phoenix, AZ Marquee Theatre
19.09.17 (USA) San Antonio, TX – Alamo Music Hall
20.09.17 (USA) Dallas, TX – Gas Monkey Live!
21.09.17 (USA) Houston, TX – Warehouse Live
23.09.17 (USA) Ft. Lauderdale, FL – Revolution Live
24.09.17 (USA) Orlando, FL – The Plaza Live
25.09.17 (USA) Atlanta, GA – Masquerade
27.09.17 (USA) Baltimore, MD – Ram’s Head Live!
28.09.17 (USA) Philadelphia, PA – Trocadero Theatre
29.09.17 (USA) New York, NY – Playstation Theater

LACUNA COIL online:
http://www.lacunacoil.it
https://www.facebook.com/lacunacoil
http://www.twitter.com/lacuna_coil
http://www.emptyspiral.net

Norse – The Divine Light of a New Sun

Quaranta minuti di black metal fuori dai canoni, non fosse per qualche parte più marziale che può avvicinare brani come Exitus al sound dei nuovi Satyricon: una proposta estrema da maneggiare con le dovute cautele, ma a suo modo affascinante.

Black metal disarmonico e per questo ancora più estremo, misantropico nel concept che si riflette sulla musica, a tratti progressiva nel suo cercare soluzioni ritmiche fuori dagli schemi.

La band colpevole dei danni procurati dai padiglioni auricolari si chiama Norse e proviene dall’Australia, paese fuori dai circuiti metallici, perciò foriera (come i paesi asiatici) di metal che va oltre ai soliti cliché (infatti anche in questo album c’è lo zampino della Transcending Obscurity, label che da anni ci delizia con le opere estreme provenienti dai paesi dell’ immenso territorio asiatico.
Attivo da più di dieci anni, il duo composto da Forge (batteria e chitarra) e ADR (vocals, bass) arriva con questo destabilizzante lavoro al terzo full length della carriera che vede in The Divine Light of a New Sun l’intensificarsi delle parti dissonanti, per un approccio estremo che si discosta dalle proposte del genere.
Sfuriate black ed atmosfere in cui il duo gioca con le note in un’atmosfera che rimane oscura e diabolica, mentre il gran lavoro della sezione ritmica va di passo con la sei corde, molte volte portata al limite di saturazione in un delirio musicale che non lascia scampo.
Quaranta minuti di black metal fuori dai canoni, non fosse per qualche parte più marziale che può avvicinare brani come Exitus al sound dei nuovi Satyricon: una proposta estrema da maneggiare con le dovute cautele, ma a suo modo affascinante.

TRACKLIST
1.Supreme Vertical Ascent
2.Drowned by Hope
3.Telum Vitae
4.The Divine Light of a New Sun
5.Exitus
6.Synapses Spun as Silk
7.Sandarkan
8.Arriving in Peace, Pregnant with War
9.Cyclic

LINE-UP
Forge – Drums, Guitars
ADR – Vocals, Bass

NORSE – Facebook

L’Ira Del Baccano – Paradox Hourglass

La psichedelia pesante raggiunge qui uno dei suoi apici, arrivando a toccare vette molto alte, sempre imprevedibile e con l’avvertenza che questo è solo uno delle possibili versioni de L’Ira Del Baccano.

Torna uno dei migliori gruppi di improvvisazione psichedelica pesante. Il viaggio de L’Ira Del Baccano continua potentissimo senza scendere mai, come una psichedelia di soglia inconscia.

I suoni questa volta sono maggiormente melodici, mentre lo schema di composizione rimane invariato, ovvero non c’è, essendo un flusso di coscienza musicale che diventa una magnifica e lunga jam, passibile di mutazioni ad ogni atto de L’Ira del Baccano. Il disco è quindi la fotografia del momento, uno splendido bassorilievo magico che può variare, increspandosi come le onde di un mare capriccioso, o seguendo il disegno di muse capricciose, ma è sempre una musica magnifica. Paradox Hourglass è una nuova terra inesplorata in un mappamondo bellissimo come quello della musica di questo gruppo, che lascia sempre un bellissimo gusto nel padiglione auricolare dell’ascoltatore. La psichedelia pesante raggiunge qui uno dei suoi apici, arrivando a toccare vette molto alte, sempre imprevedibile e con l’avvertenza che questo è solo una delle possibili versioni de L’Ira Del Baccano, perché ve ne possono essere altre in molti multiversi.

TRACKLIST
1. PARADOX HOURGLASS – Part 1(L’Ira Del Baccano)
2. PARADOX HOURGLASS – Part 2 (No Razor for Occam)
3. ABILENE
4. THE BLIND PHOENIX RISES

LINE-UP
Alessandro “Drughito” Santori – guitar/direction and architecture of Baccano
Roberto Malerba – guitar/synth
Sandro “fred” Salvi – drums
Ivan Contini Bacchisio – bass

L’IRA DEL BACCANO – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Dead Man’s Blues Fucker – Phase II

Un sound grezzo, una produzione volutamente sporca come un carburatore insabbiato ed un’attitudine stoner/psichedelica pervadono dieci brani bellissimi.

E’ tempo di lasciare i facili sentieri di una vita casa – lavoro – famiglia, e rispolverare il vecchio giubbotto di pelle e la bandana di ordinanza, buttare in una scarpata lo scooter e lucidare la vecchia moto, perché quello che promette questo album non vorrete solo sognarlo tramite la musica, ma viverlo ancora una volta sulla vostra pelle troppo profumata per essere quella di un vecchio rockers.

E Phase II, primo lavoro dei Dead Man’s Blues Fucker, è l’album giusto per ritrovare il vecchio spirito, soffocato da una pila di scartoffie che vi aspettano in ufficio tutte le mattine.
Se poi non avete mai smesso di vivere la vostra vita come un’avventura sperduti nella frontiera, allora la nuova band del polistrumentista Diego Potron è quanto di meglio possiate ascoltare tra la polvere del deserto in questa prima metà dell’anno.
Dieci anni di solo project, prima di unire le forze con il batterista Christian Amen Amendolara, in questa nuova realtà che lascia senza fiato per intensità ed impatto, un muro sonoro, stonerizzato, psichedelico e spettacolarmente southern.
Dimenticatevi dunque i facili viaggetti coast to coast, qui si cerca l’estremo in una lunga jam stonata, tra il bruciore dell’asfalto, il caldo delle marmitte sollecitate dal motore a pieni giri, persi in un deserto sconfinato dove i miraggi sono tenuti lontani dagli incubi.
Un sound grezzo, una produzione volutamente sporca come un carburatore insabbiato ed un’attitudine stoner/psichedelica pervadono dieci brani bellissimi, in un’atmosfera opprimente come la testa che scoppia tra il caldo e i postumi di una sbornia nel locale della frontiera americana, che esce prepotentemente diabolica dal blues violento di The Power Of Your Love, dallo stoner/southern di Birthday Cake, o dalla più rilassata The Cornfields Queen Brotherhood.
Un album affascinante, ricco di sfumature, vario e dannatamente coinvolgente, pur rimando fortemente ancorato all’underground, in una parola … bellissimo.

TRACKLIST
01. Blind Sister’s Home
02. The Power Of Your Love
03. Black Woman
04. Birthday Cake
05. The Cornfields Queen Brotherhood
06. One Kind Favor
07. Bad Awakening
08. Crow Jane
09. Song For Mr. Occhio
10. The Place For You

LINE-UP
Diego DeadMan Potron – guitar, bass, organ,vocals
Christian Amen Amendolara – drums

DEAD MAN’S BLUES FUCKERS – Facebook

Lucidreams – Ballox

Il quintetto indiano si impegna a far risultare vario ed intrigante il suo heavy metal e, parlando di un ep, i venticinque minuti a disposizione sono sfruttati benissimo, con la qualità delle composizioni che si mantiene medio alta

Di questa heavy metal band indiana si sa poco, a parte che risulta attiva dalla prima metà degli anni novanta e che proviene da Bangalore, nel distretto di Karnataka.

I Lucidreams suonano un heavy metal old school che rispecchia in toto il sound classico, con qualche soluzione al limite del progressive e buone trame ritmiche, specialmente quando la velocità si fa sostenuta e ci si avvicina al thrash più tecnico.
Ballox è composto da cinque brani di buon livello nei quali spicca la voce personale ed interpretativa di Vineesh Venugopal, classico singer di genere.
Il quintetto indiano si impegna a far risultare vario ed intrigante il suo heavy metal e, parlando di un ep, i venticinque minuti a disposizione sono sfruttati benissimo, con la qualità delle composizioni che si mantiene medio alta, anche per la buon produzione.
Il gruoppo, senza strafare, ha dalla sua ottime canzoni ed una discreta tecnica che gli consente di svariare, pescando dalle sue ispirazioni, fonti inesauribili di musica dura come l’Ozzy Osbourne solista (in qualche passaggio il tono del vocalist, ricorda quello del Madman), Megadeth per quanto riguarda il versante thrash e i Judas Priest, per quello più tagliente ed heavy.
Un buon ep, peccato che solo un gruppo attivo da così tanti anni non metta a disposizione qualche informazione in più, il che è in sintonia con anche con una discografia piuttosto povera numericamente.

TRACKLIST
1.Father Forgive Them – Prologue
2.Brains Collide
3.Mighty Stripes
4.Father Forgive Them – Epilogue
5.Ballox

LINE-UP
Vineesh Venugopal -Vocals
Steve Jaby (Stephen Anthony) – Drums
Deepak Vijaykumar – Guitars
Narayan Shrouthy – Bass
Jayanth Sridhar – Guitars

LUCIDREAMS – Facebook

Dirty Machine – Discord

Questi ragazzi americani hanno trovato la propria via per fare un genere fin troppo bistrattato e che invece riesce ancora a regalare buoni dischi come questo.

Fare nu metal è una missione difficile al giorno d’oggi, e farlo bene è sempre stato difficoltoso, ma i californiani Dirty Machine riescono a centrare il bersaglio al primo tentativo.

Questi ragazzi americani hanno trovato la propria via per fare un genere fin troppo bistrattato e che invece riesce ancora a regalare buoni dischi come questo. Il nu metal è un linguaggio che dovrebbe portare far buttare fuori il disagio, usando codici solo all’apparenza diversi fra loro, come il metal e qualcosa vicino al rap. Nel caso specifico dei Dirty Machine ci troviamo di fronte ad un disco molto ben prodotto, dove le chitarre graffiano belle ribassate, con molti riferimenti ai grandi classici attraverso rielaborazioni personali e ben riuscite. Discord non ha un incedere velocissimo, ma scava molto bene i suoi solchi sul terreno, alternando melodia e pezzi più pesanti. Le parti vocali sono incastonate tutte molto bene, con molte aperture melodiche che funzioneranno egregiamente nelle radio americane che magari le avessimo qui, avremmo una migliore cultura rock. Discord è la rumorosa testimonianza che un certo modo di fare nu metal non è ancora (o mai) morto, e se si prende la band giusta con dj annesso si riescono ancora a sentire cose egregie; certo ora che, ormai da anni e anni, è passata la grande marea bisogna avere idee chiare e capacità di produrre dischi più che buoni. Discord è tutto ciò, ed è soprattutto un disco molto divertente, che fa saltare e che garantisce molti ascolti senza morire dentro allo stereo, e alla fine questa è la cosa più importante, qualunque sia il genere.

TRACKLIST
1. Seeds
2. Discord
3. Self Made Hero
4. Social Recoil
5. Ecusa’s Nightmare
6. Built
7. C4
8. Wonka

LINE-UP
Dave Leach – Vocals
Darren Davis – Vocals/Guitar
Arnold Quezada – Guitar
NIGHTMARE – Drums
DJ Ecusa – Turntable
Youngblood – Bass

DIRTY MACHINE – Facebook

03 mag 2017 – Caricato da Zombie Shark Records

For My Demons – Close To The Shade

Un ascolto obbligato per le anime tormentate che vagano in questo tragico inizio millennio.

For My Demons è un brano dei Katatonia tratto dal bellissimo Tonight Decision, album licenziato dal gruppo svedese nel 1999, ma è anche il modo con il quale Gabriele Palmieri ha provato ad esorcizzare i suoi demoni attraverso la musica.

Musica che ovviamente penetra nell’anima, essendo dark e melanconica, melodica e a tratti rabbiosa, ma sempre attraversata da un mood di eleganza estetica sopra la media.
Sarà la bellissima voce del leader (ex Neverdream), sarà l’atmosfera dark che mantiene una raffinatezza d’autore, sarà per quel velo di elettronica che fa da tappeto melodico a strutture ritmiche notevoli e mai banali, ma Close To The Shade risulta un esordio eccellente, un album maturo, sentito e profondo.
Non è cosa da poco riuscire a trasmettere emozioni del genere, ma i For My Demons ci riescono con questo intensa opera prima.
La title track ci da il benvenuto con il suo assolo che scava nella nostra anima, tirando fuori gli incubi a mani nude: un brano splendido che viene seguito da una meno disperata Directions.
Reborn si avvia su un tappeto orchestrale, la chitarra acustica sanguina accordi classici mentre le ritmiche tutt’altro che semplici mantengono alta la tensione, per tornare al dark metallico dell’opener, tragico ed intimista nei perfetti interventi delle sei corde (Emanuela Marino, Luca Gagnoni) e versatile a livello ritmico (Andrea Terzulli al basso e Valerio Primo alle pelli).
La Fleur Du Mal, altro ottimo brano dall’andamento lineare, lascia spazio alla conclusiva Burning Rain, che gode di un riff pesante e dalle reminiscenze riconducibili ai primi Anathema, seguito da un giro pianistico melanconicamente dark con la splendida voce di Palmieri che, quando prende il comando, fa decollare il sound mantenendo altissima la qualità della musica prodotta e portandoci ai titoli di coda che scorrono su un fiume in piena di emozioni.
Non una nota fuori posto in un lavoro in cui è normale essere spinti a confrontare tra i For My Demons con le band storiche del genere, senza però che questo vada a sminuire la personalità e la capacità di emozionare del gruppo nostrano.
Un ascolto obbligato per le anime tormentate che vagano in questo tragico inizio millennio.

TRACKLIST
01 – Close to the Shade
02 – Directions
03 – Scars
04 – Reborn
05 – When Death Hurts
06 – La fleur du mal
07 – Burning Rain

LINE-UP
Gabriele Palmieri – Vocals
Luca Gagnoni – Guitar
Emanuela Marino – Guitar
Andrea Terzulli – Bass
Valerio Primo – Drums

FOR MY DEMONS – Facebook

DEVOTION

Il video di “Charlie Big Potato”, cover degli Skunk Anansie

Il video di “Charlie Big Potato”, cover degli Skunk Anansie

A poco più di un anno di distanza dalla pubblicazione del loro ultimo album “Words And Crystals”, i Devotion pubblicano un’inedita versione del famoso brano degli Skunk Anansie “Charlie Big Potato”, un regalo per i propri fan in attesa di saperne di più sui prossimi passi della band.

I Devotion hanno anche girato un video dedicato al brano diretto da Matteo Aiello che potete vedere a questo link

Il brano è stato prodotto e mixato da Maurizio Baggio, registrato a La Distilleria – Produzioni Musicali e infine masterizzato da Jack Shirley ai The Atomic Garden Studio di San Francisco.

Le parole della band:

“L’idea di registrare la cover di questo pezzo è nata dal nostro amore per questo pezzo degli Skunk Anansie ma solo dopo abbiamo pensato di farne anche un videoclip.
Il messaggio che vogliamo trasmettere tramite il video è il nostro sentimento di lontananza ed estraneità dalla tendenza nel dare priorità all’immagine rispetto al contenuto, alla visibilità ad ogni costo rispetto alla sostanza. E’ un fenomeno, questo, tipicamente legato al diffondersi del cosiddetto “essere social” a tutti i costi, qualcosa in cui noi non ci riconosciamo o perlomeno non in maniera così forte.

Da lì è partito lo spunto per la scena in cui i nostri “fantasmi” risalgono la collina, a rappresentare il distacco che proviamo da quel prevalere dell’apparenza rispetto alla realtà delle cose.”

Next Shows:
28.05 @ BIRRERIA 78 – SARCEDO (VI)
01.06 @ LEGEND – ROCK IN PARK – MILANO (MI) – http://bit.ly/2qvy0sM
02.06 @ OFFICINE SONORE – VERCELLI (VC)
09.06 @ PREVIEW LINE FESTIVAL – SCHIO (VI) – http://bit.ly/2riTgmA

Hadal Maw – Olm

Ottimo lavoro estremo questo secondo album degli australiani Hadal Maw, con il loro sound che risulta una fatale miscela di death metal tecnico e black.

Gran bella mazzata estrema questo nuovo album dei deathsters australiani Hadal Maw, ma in effetti quelle terre posizionate all’altro capo del mondo offrono spesso ottima musica, in tutti i campi dell’universo metallico.

Il quintetto di Melbourne arriva al secondo full length con un sound che risulta una fatale miscela di death metal tecnico e black/death riconducibile al modus operandi dei Behemoth, maestri europei del genere.
Una proposta interessante, dunque, pesantissima ed estrema, curata in ogni dettaglio e suonata molto bene dai musicisti coinvolti, tanto da avvicinarsi a tratti al technical death metal.
La differenza la fa il songwriting che sposta le coordinate del sound sull’impatto, lasciando la mera tecnica al servizio di devastanti brani neri come la pece, su cui si staglia il vocione di Sam Dillon, una vera miniera di tonalità cupe ed efferate.
Grande è il lavoro della sezione ritmica (Jim Luxford al basso e Rob Brens alle pelli) e delle due chitarre (Ben Boyle e Nick Rackham) che tagliano l’aria irrespirabile con fendenti metallici, lasciando la melodia alle parti più rallentate di rabbioso doom/death (False King) che, con l’altra perla del disco, la lunga ed emozionante Simian Plague, una cavalcata death/black tra mid tempo e terremoti ritmici, rendono Olm un acquisto consigliato agli amanti del metal estremo.
Un’altra ottima prova proveniente dall’Australia, dove ferve una scena per certi versi ancora tutta da scoprire.

TRACKLIST
1.Leviathan
2.Affluenza
3.Failed Harvest
4.Witch Doctor
5.False King
6.The Olm
7.Simian Plague
8.Germinate
9.Hyena
10.Circus of Flesh

LINE-UP
Sam Dillon – Vocals
Nick Rackham – Guitar
Ben Boyle – Guitar:
Jim Luxford – Bass
Rob Brens – Drums

HADAL MAW – Facebook

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