Struttura e Forma – One Of Us

One Of Us è un album elegante, raffinato e dall’ascolto piacevole, nel quale la tecnica dei musicisti è messa al servizio delle composizioni, lasciando che la musica scorra come acqua in un cristallino torrente di note,

Genova ed il progressive rock, un amore che dura da oltre quarant’anni e che può sicuramente essere considerata una tradizione per la Superba, città dalle mille contraddizioni e che, come una bellissima donna, ti ammalia per poi lasciarti solo con al tuo desiderio.

Gruppi storici più o meno famosi, cantautori e poeti divenuti leggenda, etichette importanti e divenute di riferimento nell’ambiente, vanno di pari passo con una svogliata attitudine a lasciare che le cose accadano, mentre il brusio del mugugno non accenna a smettere da tempo immemore.
Gli Struttura e Forma sono un progetto progressivo nato addirittura nei primi anni settanta, tempi di grande musica rock, quando la città era testimone di una scena rock forse irripetibile.
Tra i vicoli della città vecchia Franco Frassinetti e Giacomo Caliolo decidono di formare il gruppo che vede, oltre alle loro sei corde, Toni Pomara alla batteria e il cantante-chitarrista Alex Diambrini.
Tra molte vicissitudini fatte di reunion e split, gli anni passano ed arriviamo ad oggi, quando finalmente il primo album, One Of Us, vede la luce  con una formazione che comprende, oltre ai due membri storici, Claudio Sisto al microfono, Marco Porritiello alla batteria e Stefano Gatti al basso.
Beppe Crovella, membro originale degli Arti & Mestieri, è il gradito ospite che dà il suo contributo con il mellotron, mentre fa ben mostra di sé la bellissima cover di Lucky Man, brano tributo al grande Greg Lake e classico fuori dal tempo degli ELP.
Il resto del lavoro alterna brani originariamente concepiti negli anni settanta a nuove composizioni: il progressive rock del gruppo si sviluppa così tra brani ariosi ed altri più articolati, alcuni più legati al progressive nostrano, altri invece dal taglio internazionale.
One Of Us rimane comunque un album elegante, raffinato e dall’ascolto piacevole, nel quale la tecnica dei musicisti è messa al servizio delle composizioni, lasciando che la musica scorra come acqua in un cristallino torrente di note, spaziando per un ventennio di musica progressiva venata da un leggero tocco cantautorale tutto ligure.
In conclusione, un lavoro consigliato agli ascoltatori del genere e dai gusti (se mi si passa il termine molto di moda oggigiorno) “old school”.

TRACKLIST
1.Worms
2.Symphony
3.Lucky Man
4.Kepler
5.One Of Us
6.Kyoko’s Groove
7.Indios Dream
8.Fasting Soul
9.Amsterdam
10.Acoustic Waves
11.Il Digiuno Dell’anima

LINE-UP
Franco Frassinetti – Guitars
Giacomo Caliolo – Guitars
Marco Porritiello – Drums
Stefano Gatti – Bass
Klaudio Sisto – Vocals

STRUTTURA E FORMA – Facebook

Invidia – As The Sun Sleeps

Un lavoro curato nei minimi dettagli, duro ma dall’appeal elevato e che, senza abbassare la guardia, convince in ogni passaggio.

Come giudicare un album creato, strutturato e scritto per sfondare, con una nuova band al debutto, che tra le sue fila annovera musicisti che vannoa formare il classico super gruppo?

Intanto la firma per SPV sembra che abbia soddisfatto non poco gli Invidia che. con una formazione che andrò a presentare, ed un sound che risulta una serie di dritti e ganci metalcore da infarto. si candida come band autrice dell’album sorpresa dell’anno, almeno per chi del genere è abituale fruitore.
Matt Snell (Five Fnger Death Punch) al basso, Darren Badorine alle pelli, Travis Johnson (In This Moment) al microfono e poi le due chitarre dei devastanti Skinlab ( se non li conoscete siete da radiazione immediata da lettori della nostra ‘zine), ala estrema di questa combriccola di talenti, Brian Jackson e Marcos Medina.
Dimenticatevi gli Skinlab e concentratevi sul metalcore dal taglio melodico tanto di moda di questi tempi, aggiungete una parte molto importante di elettronica, una voce che insegna come si canta il genere senza diventare dei patetici interpreti melodici da Festivalbar, una componente dark industrial che regala i momenti migliori (Rotten) ed avrete un lavoro dalle potenzialità enormi, melodico quanto basta per piacere ai giovani fans del genere, ma aggressivo il giusto per raccogliere pareri lusinghieri anche dai nu metallers con il death davanti al core come prima scelta nel metal estremo moderno.
Aggiungiamo che As The Sun Sleeps è stato prodotto e scritto in collaborazione con Logan Mader (Once Human, Machine Head), ed avrete un’idea dell’ aspettativa creata dall’ingresso sulla scena di band e album.
Un lavoro curato nei minimi dettagli, duro ma dall’appeal elevato (Smell The Kill, il singolo Feed The Fire, Step Up) e che senza abbassare la guardia convince in ogni passaggio, da quello più vicino al metal a quello che fa il verso al dark industrial.
A tratti ci avviciniamo al Marylin Manson più estremo, mentre gli ultimi anni non sono passati invano e i musicisti, con tutta l’esperienza accumulata, hanno saputo dove prendere ispirazioni e spunti, mentre il loro talento ha fatto il resto.
Se vi piace il genere, As The Sun Sleeps lo troverete irresistibile … punto.

TRACKLIST
1.Now Or Never
2. Making My Amends
3. Feed The Fire
4. Rotten
5. Marching Dead
6. Smell The Kill
7. Till Death
8. Step Up
9. Truth In The Sky
10. The Other Side
11. As The Sun Sleeps

LINE-UP
Matt Snell – Bass
Travis Johnson – Vocals
Brian Jackson – Guitars
Darren Badorine – Drums
Marcos Medina – Guitars

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Deez Nuts – Binge & Purgatory

Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro disco notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti.

Altra puntata della saga hardcore metal australiana, sempre con un flow rap.

I Deez Nuts rappresentano uno sviluppo di un certo hardcore, quello maggiormente legato al lato festaiolo e tamarro della scena. Ma se credete che non ci sia introspezione vi sbagliate, ci sono più descrizioni accurate di cosa sia la vita che in tanti altri posti in apparenza più adeguati. La formula musicale è quasi sempre la stessa, hardcore sporco e veloce, continuando la tendenza che si era già manifestata nei dischi precedenti, e qui crescono i mid tempo, dando al disco meno impeto ma più struttura. Chi ama i Deez Nuts sa che in qualche modo non rimarrà mai deluso e Binge & Purgatory ne è la conferma. Andando avanti con gli anni l’ oscurità sta crescendo nelle canzoni dei Deez Nuts e l’ attitudine casinara rimane ma divide il palcoscenico con un’ inquietudine sempre maggiore, con ragione. Il divertimento è grande parte di questo tipo di musica ma fortunatamente i Deez Nuts non sono rassicuranti e non prospettano un luminoso futuro, ma anzi offrono un nel viaggio tra asfalto, pugni ed alcool, senza avere però il machismo di certi gruppi hardcore. Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro lavoro notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti. I tempi fanno schifo ma la lotta continua.

TRACKLIST
01. Binge
02. Purgatory
03. Antidote
04. Commas & Zeros
05. Break Out
06. Discord
07. Lessons Learned
08. Carried By Six
09. Cakewalk
10. For What It’s Worth
11. Hedonistic Wasteland
12. Remedy
13. Do Not As I Do

DEEZ NUTS – Facebook

Steve Hackett – The Night Siren

The Night Siren si va a collocare molto vicino ai picchi solisti di Hackett, trattandosi di un album davvero ricco di intuizioni brillanti e rivelandosi vario ma non dispersivo, tra pulsioni etniche e rimandi al rock e al pop più colto.

Per chi è cresciuto con le musicassette dei Genesis, prezioso cimelio che all’inizio degli anni ’70 costituivano una sorta di Sacro Graal per noi adolescenti folgorati dall’epopea progressive, non è facile ritrovarsi a dover scrivere, dopo una quarantina d’anni, dell’ennesimo (il venticinquesimo) album solista di uno dei propri miti, con il rischio di apparire obiettivo come un qualsiasi genitore che assiste alle gesta sportive della propria prole …

Del resto un simile status non pare certo usurpato da Steve Hackett, uno tra i pochi reduci di quei bei tempi andati (assieme a lui mi viene in mente il solo Peter Hammill) che abbiano continuato a produrre instancabilmente musica inedita, senza tralasciare comunque di rinverdirla e riproporre sui palchi di mezzo modo le note che hanno reso immortale il nome dei Genesis.
Se è vero che, dell’Hackett solista, gli album che hanno lasciato davvero il segno sono i primi tre, con un capolavoro assoluto come Voyage Of The Acolyte e gli ottimi Please Don’t Touch e Spectral Mornings, ciò non significa che tutto il resto della produzione sia da trascurare, anche perché ogni disco del chitarrista inglese, anche il meno brillante, è ammantato da tale e tanta classe da renderlo comunque meritevole di attenzione.
The Night Siren si va a collocare però molto vicino ai picchi solisti di Hackett, trattandosi di un album davvero ricco di intuizioni brillanti e rivelandosi vario ma non dispersivo, tra pulsioni etniche e rimandi al rock e al pop più colto e, nel contempo, immediato; in tutto questo balenano lampi che fanno riferimento alle diverse culture musicali ben rappresentate da ospiti provenienti da diverse parti del pianeta, ognuno portatore del proprio background artistico-musicale.
A partire dalla magnifica Behind the Smoke, traccia che fa capire anche quanto stavolta Steve abbia deciso di non lesinare riguardo ai suo leggendari ed unici assoli chitarristici, il disco si dipana senza fornire punti di riferimento precisi, tenendo fede in senso letterale a quella che dovrebbe essere realmente la musica progressive, ovvero non una serie interminabile di cambi di tempo fine a sé stessi, bensì il naturale sfogo della curiosità musicale di un artista di livello superiore.
Prendiamo ad esempio due brani differenti ma resi contigui dalla sola idea di collocarli sullo stesso album: El Nino è uno strumentale che porta a scuola intere generazioni di musicisti prog, con le sue orchestrazioni che vanno ad esaltare un sound nervoso sul quale si stagliano tonalità che riportano ai migliori momenti di Spectral Mornings, e Anything But Love, traccia solare con coralità in stile Kansas che, nella seconda metà, lasciano spazio a quasi due minuti di maestria chitarristica offerta ai posteri.
Insomma, non c’è un solo brano che annoi o che non sorprenda con soluzioni sempre brillanti, ovviamente esaltati da un consesso di musicisti del quale appare superfluo decantare le doti.
West To East, oltre ad essere un brano magnifico, dai tratti sognanti e suadenti che riportano ai passaggi più soft di Wind And Wuthering e comprendente uno stacco orientaleggiante da far impallidire gli stessi Myrath, è soprattutto anche il manifesto concettuale di un lavoro composto all’insegna di sentimenti positivi, con l’idea tutt’altro che peregrina che la musica sia forse ancora l’unico collante capace di unire i popoli racchiudendo nel suo abbraccio l’intero pianeta.
The Gift, struggente strumentale che chiude il lavoro, è appunto il dono che Steve Hackett fa a tutti gli amanti della buona musica: The Night Siren è l’ennesima prova maiuscola di chi ha messo classe, talento e umanità al servizio di tutti gli appassionati di musica, nessuno escluso …

Tracklist:
1. Behind the Smoke
2. Martian Sea
3. Fifty Miles from the North Pole
4. El Niño
5. Other Side of the Wall
6. Anything but Love
7. Inca Terra
8. In Another Life
9. In the Skeleton Gallery
10. West to East
11. The Gift

Line-up:
Steve Hackett – electric & acoustic guitars, oud, charango, sitar guitar, harmonica, vocals (1 – 11)

Roger King – keyboards and programming (1 – 10)
Amanda Lehmann – vocals (1,2,3,6,7,8,9,10)
Christine Townsend – violin, viola (3, 4, 5, 7, 9, 10)
Rob Townsend – baritone & soprano sax, flute, flageolet, quena, duduk, bass clarinet (1, 4, 7, 9)
Gary O’Toole – drums (3, 4, 10)
Nick D’Virgilio – drums (2)
Gulli Briem – drums, cajon, percussion (7,9)
Mira Awad – vocals (10)
Leslie-Miriam Bennett – keyboards (11)
Troy Donockley – Uilleann pipes (8)
Dick Driver – Double bass (3,4,5,7)
Nad Sylvan – vocals (7)
Kobi Farhi – vocals (10)
Benedict Fenner – keyboards and programming (11)
Jo Hackett – vocals (10)
John Hackett – flute (2,10)
Ferenc Kovács – trumpet (3)
Sara Kovács – didgeridoo (3)
Malik Mansurov – tar (1)

STEVE HACKETT – Facebook

HATEBREED

Il video di Looking Down the Barrel of Today

Il video di Looking Down the Barrel of Today

HATEBREED annunciano il loro tour europeo
I giganti dell’hardcore di New Haven, CT, HATEBREED, hanno annunciato il primo tour da headliner in supporto al loro album »The Concrete Confessional«.

Il cantante Jamey Jasta commenta: “Finalmente torniamo in Europa per un tour da headliner in supporto a »The Concrete Confessional«! Sarà bellissimo condividere il palco con i nostri amici Dying Fetus per la prima parte del tour! Ci vediamo nel pit!”

The Concrete Confessional è entrato nelle chart mondiali subito dopo la sua pubblicazione nel 2016 e sarà disponibile a breve su www.nuclearblast.de anche come picture disc in versione limitata!

Worldwide chart entries:

#2 Canada (Hard Charts)
#3 UK (Rock Charts)
#6 UK (Indie Charts)
#17 Germania
#17 Svezia (Rock/Metal Charts)
#22 Belgio
#23 Austria
#25 USA
#33 Australia
#43 Canada
#43 Finlandia
#78 UK
#85 Belgio (Wallonia)
#92 Olanda
#138 Francia
#145 Belgio (Flanders)

Il tour toccherà l’Italia per un’unica data il 21 Aprile a Bologna.

SOLDIERS OF A WRONG WAR

Il video del singolo “Yeah!”

SOLDIERS OF A WRONG WAR
Tutte le date del “Countdowns Italian Tour 2017”

Annunciate oggi tutte le date del “Countdowns Italian Tour 2017” dei SOLDIERS OF A WRONG WAR. Alle porte dell’uscita del nuovo album “Countdowns”, il quartetto alternative rock piemontese ha pubblicato il singolo “Yeah!” venerdì 31 marzo scorso, in premiere su purevolume.com.

Il brano rappresenta un’interessante anteprima del secondo lavoro in studio in uscita il 18 aprile:
Link “Yeah!” (Official Video)

I Soldiers Of A Wrong War saranno impegnati in un fitto calendario live, che partirà da Modena il prossimo 22 aprile fino a tutta la prossima stagione. Le altre città protagoniste saranno Torino, Bologna, Milano, Trieste, Piacenza, Brescia, Vercelli e Catanzaro. Non mancheranno di certo ulteriori novità e sorprese.

Queste le date, location e venues del “Countdowns Italian Tour 2017”

22.04 LA TENDA – MODENA > https://goo.gl/BOjR2l
24.04 LAVANDERIE RAMONE – TORINO > https://goo.gl/N3SVrd
12.05 BEER FESTIVAL – CASTEL MAGGIORE (BO) > https://goo.gl/yre774
13.05 LEGEND CLUB – MILANO > https://goo.gl/cWjZe9
20.05 FALLOUT MUSIC BAR – TRIESTE > https://goo.gl/ImgwO3
02.06 DANNY SAYS – PIACENZA > https://goo.gl/evZoJO
03.06 VECCHIA SCUOLA – PALAZZOLO (BS) > https://goo.gl/qq2f1X
07.07 OFFICINE SONORE – VERCELLI > https://goo.gl/EaZDYD
28.07 MOON BEACH – CATANZARO LIDO (CZ) > https://goo.gl/scfxT0
29.07 TIRABUSCIO’ – SOVERIA MANNELLI (CZ) > https://goo.gl/kwmIq7

Presto ulteriori su
www.soldiersofawrongwar.com
www.facebook.com/soldiersofawrongwar

BIO
2009 – La band registra un EP di tre tracce. Due i video estratti: “The Fall Of Your Beauty” e “Shape Of Our Lives” che permettono alla band di vincere il premio MTV Best New Generation dell’anno, riuscendo inoltre a suonare in esclusiva tv agli MTV Days.

Dopo aver suonato nei più prestigiosi stage della penisola la band torna in studio per la registrazione del primo full-length “Lights & Karma” pubblicato nel 2011. Due singoli e video sono stati rilasciati “Save Me” e “Dreamers” che ottengono ottenendo più di 300.000 visualizzazioni su Youtube. Entrambi i brani entrano in heavy rotation sulla più grande radio nazionale italiana, Virgin Radio.
Il singolo “Dreamers” è stato inserito in due compilation Virgin Radio: “Stile rock vol.5” e “Virgin Radio Revolver”, entrambi pubblicati da EMI Music.
La stessa “Save Me” e il brano “Believe This” fanno parte della colonna sonora del videogioco globale Starcraft II.
L’album “Lights & Karma” è stato pubblicato anche in Giappone nel maggio 2012 da Bullion Records, una delle più grosse etichette discografiche giapponesi. La band suona in un numero incredibile di eventi nel corso del 2011 e del 2012, da menzionare gli show come opening act per alcuni gruppi internazionali come Panic At The Disco e The Get Up Kids.

Nell’ottobre 2014, la band rinnova la line-up e pubblica un nuovo EP “Slow” composto da tre tracce. Nel giugno 2016 esce un nuovo singolo “We Will Never Fall”, un’anteprima del secondo album in studio.
Nel marzo 2017 esce “Yeah!” in premiere su Purevolume.com e la band rivela che il prossimo album ”Countdowns” vedrà luce il prossimo 18 Aprile 2017.

Soldiers Of A Wrong War sono al momento seguiti da Jordan Washam (Manager di spessore internazionale di band come Architects, Escape The Fate etc), che seguirà la parte promozionale del nuovo lavoro in uscita.

Dethonator – Dethonator

Dethonator è un lavoro che troverà qualche orecchio ben disposto ma anche tanto ostracismo da parte dei fans del metal classico ed estremo, difficili da convincere per una band che deve ancora decidere da quale parte stare.

La Killer Metal ci fa partecipi della proposta di questa band proveniente da Londra, attiva per qualche anno sotto il monicker Kaleb e dal 2009, dopo il cambio di nome in Dethonator , autrice di due full length ed un ep.

Questo album omonimo uscì come debutto del quartetto nel 2010 e viene rimasterizzato ed in parte nuovamente registrato a sei anni dalla sua pubblicazione.
Il sound del gruppo londinese è un heavy metal che accoglie nel proprio spartito elementi all’apparenza lontani tra loro, come qualche spunto estremo di taglio death (a tratti spunta un controcanto in growl), ritmiche thrash metal e clean vocals melodiche e molto moderne, troppo per una proposta che, di fatto, mantiene una sua forte connotazione classica.
Così succede che, tra solos maideniani, atmosfere old school di matrice NWOBHM e veloci ripartenze estreme, i cori alternative metal made in U.S.A. spezzano il cordone ombelicale che tiene legato il sound del gruppo al metal duro e puro.
Non che dispiacciano, ma se non si ha l’orecchio abituato a più di un genere si finisce con arricciare il naso al cospetto di chorus patinati in contrasto con l’energia che i Dethonator non risparmiano, per un impatto ritmico che rimane aggressivo e di matrice thrash per tutto il lavoro.
I Am Thunder God, uscito come singolo, e Shadows sono i brani più diretti e riusciti di un album che troverà qualche orecchio ben disposto ma anche tanto ostracismo da parte dei fans del metal classico ed estremo, difficili da convincere per una band che deve ancora decidere da che parte stare.

TRACKLIST
1. Wreckers
2. Harbringer
3. I Am Thunder God
4. Many Have Fallen
5. Shadows
6. Dethonator
7. Morbid Skies
8. Massive Demonic Killing Spree
9. In the Place of the Skull

LINE-UP
Tris Lineker – Vocals, Guitars
Henry Brooks – Guitars
Adz Lineker – Bass, Vocals
Johnny Mo – Drums

DETHONATOR

Kaunis Kuolematon – Vapaus

Quello che fino a qualche anno fa era una gruppo in chiara ascesa può essere considerato, fin da oggi, una realtà tangibile ed affermata, perché comporre due album di siffatto valore è prerogativa solo delle band di levatura superiore alla media.

I Kaunis Kuolematon nel 2014 erano stati autori dell’ottimo Kylmä kaunis maailma, mirabile esempio di death doom melodico, cantato interamente in finlandese.

Dopo circa tre anni, la band di Hamina, cittadina sul Golfo di Finlandia ad est della capitale, ritorna con Vapaus (libertà) con la fondata ambizione di dare la scalata alle vette del genere, in patria e di conseguenza anche in Europa.
Il risultato non poteva essere migliore: i Kaunis Kuolematon affinano il sound proposto nel precedente album senza perdere nulla in carica emotiva e ricerca melodica.
Come in Kylmä kaunis maailma, l’uso della doppia voce è esemplare, e l’arcigno growl di Olli Suvanto è il contraltare perfetto delle evocative clean vocals del chitarrista Mikko Heikkilä: proprio questa alternanza, unita ad un sound molto più malinconico che drammatico, rende l’ascolto coinvolgente ed accattivante dalla prima all’ultima nota.
La stupenda intro Alkunasat è già sufficiente per dimostrare lo doti tecniche e compositive della band fininica, che poi con Eloton si lanciano in un brano di intensità spasmodica arricchito da appropriati innesti di voce femminile; complessivamente più d’impatto che d’atmosfera è invece Hurskas, ideale preparazione del terreno al capolavoro dell’album, Yksin.
In questi cinque minuti e mezzo esplode letteralmente il talento tecnico e compositivo del quintetto, capace di andare a sfidare con argomenti importanti le massime band del settore: la voce pulita racconta di quella solitudine evocata dal titolo, prima che uno dei chorus più struggenti ascoltati negli ultimi anni si schiuda in tutta la sua fragorosa bellezza.
Il livello non scende, se non impercettibilmente, con la più robusta Tuhottu elämä, uscita come singolo a febbraio e per la quale è stato girato un video che è l’ideale seguito di quello toccante che accompagnava En Ole Mitään nel precedente full length; Ikuinen ikävä e Ikaros forse risentono più del confronto, pur essendo ottime canzoni che riescono a non far scemare la tensione dell’album, prima che Arvet ne riporti nuovamente i toni ai massimi livelli, mantenuti dalla chiusura più rarefatta ed intimista di Sanat jotka jäivät sanomatta.
Se per l’album precedente avevo scomodato quale ovvio riferimento i connazionali Swallow The Sun, in Vapaus la band alla quale i Kaunis Kuolematon maggiormente si avvicinano sono gli Hamferð, sia per l’abbinamento vocale (che però nei faroeriani è tutta opera di un solo cantante, lo stupefacente Jón Aldará), sia per l’uso di un idioma peculiare che forse fa perdere nell’immediato la comprensione dei testi ma che, nel contempo, ammanta di ulteriore fascino la proposta della band.
Comunque sia, quella dei Kaunis Kuolematon è una cifra stilistica piuttosto personale e, soprattutto, pregevole e matura in ogni suo frangente: quello che fino a qualche anno fa era una gruppo in chiara ascesa può essere considerato, fin da oggi, una realtà tangibile ed affermata, perché comporre due album di siffatto valore è prerogativa solo delle band di levatura superiore alla media.

Tracklist:
1. Alkusanat
2. Eloton
3. Hurskas
4. Yksin
5. Tuhottu elämä
6. Ikuinen ikävä
7. Ikaros
8. Arvet
9. Sanat jotka jäivät sanomatta

Line up:
Jarno Uski – Bass
Miika Hostikka – Drums
Ville Mussalo – Guitars
Olli Suvanto – Vocals (lead)
Mikko Heikkilä – Guitars, Vocals (clean)

KAUNIS KUOLEMATON – Facebook

Entropia Invictus – Human Pantocrator (Opus Humani)

Tra Septic Flesh, Bal Sagoth e melodic death metal, Human Pantocrator ha le virtù per porsi all’attenzione non solo dei fans del metal sinfonico, ma anche di quello estremo in generale.

Metal estremo di ottima fattura, sinfonico e gotico, oscuro, a tratti magniloquente e vario nel proporre sfuriate di stampo black al più melodico death metal dai rimandi scandinavi.

I protagonisti di questa opera oscura e melodica sono i francesi Entropia Invictus, quartetto attivo da soli due anni ma con le idee chiare sul proprio sound.
Human Pantocrator (Opus Humani) risulta un’opera oscura dove le melodie hanno in mano il sound, anche se growl teatrale e ritmiche violente e veloci irrobustiscono un metal gotico che vive di orchestrazioni cinematografiche, repentini cambi di tempo ed umori, in un contesto che varia tra il black metal sinfonico ed il death metal melodico.
Prodotto benissimo, così da poter godere appieno sia della parte metallica che delle sinfonie classiche, l’album a tratti prende davvero il volo, con sfumature epiche che avvicinano il sound a quanto proposto dai Bal Sagoth (Cosmogenic Pandemonium) con una forte connotazione battagliera che si scontra con quella oscura e gotica dei brani precedenti.
Album curato nei minimi dettagli e che farà la gioia degli amanti del metal estremo sinfonico, Human Pantocrator si fa ascoltare che è un piacere, tra lievi accordi pianistici a smorzare la mastodontica pienezza della musica orchestrale che, con il metal estremo, forma oscure trame epiche ed atmosferici intermezzi dark gotici, dove cori lirici aumentano l’aura di sacrale epicità del sound (Singularity).
In conclusione un album riuscito: tra Septic Flesh, Bal Sagoth e melodic death metal, Human Pantocrator ha le virtù per porsi all’attenzione non solo dei fans del metal sinfonico, ma anche di quello estremo in generale.

TRACKLIST
01. I Will Overcome
02. Euphoria’s End
03. The Builder / The Destroyer
04. In the Attic
05. Cosmogenic Pandemonium
06. Kurzweil’s Dream
07. Singularity
08. Tree of Creation
09. Reflection
10. Imperfect God
11. Among Us

LINE-UP
Jérome Bougaret – Guitars
Jordan Chevreton – Guitars
Laurent Tort: bass
Pierjan Vadeboin – Drums

ENTROPIA INVICTUS – Facebook

Andrea Salini – Lampo Gamma

Terzo album per il chitarrista romano Andrea Salini, il cui Lampo Gamma risulta un lavoro curato e dal buon tiro rock.

Terzo album per il chitarrista romano Andrea Salini, rocker che regala un lavoro intenso, con la sei corde in evidenza ed una voce che lascia trasparire passione e attitudine: un musicista e compositore completo che non affida solo alla sua sei corde il compito di descrivere il proprio mondo musicale, ma attribuisce la dovuta importanza alla forma canzone.

Una voce alla Mark Knopfler ci accompagna lungo questo ottimo lavoro che sa tanto di rock settantiano, mentre la chitarra di Salini ci racconta di musica ribelle e di una passione per Jimi Hendrix che sfocia nella funky rock Hendrix Funk (The Comet), mentre l’opener Strange Days ci aveva già dato il benvenuto con il suo hard rock lineare e dal buon refrain.
Bad Moon Rising è la bellissima cover del classico dei Creedence Clearwater Revival, ma il piccolo capolavoro Salini lo compone con The Moon, una semi ballad rock, introspettiva e dal retrogusto pinkfloydiano, che ci prende per mano e ci porta al cospetto dei ritmi hard rock della conclusiva The Martian, strumentale che accompagna i titoli di coda di un lavoro ben fatto e molto curato.
Poche informazioni su chi ha abbia fornito il suo contributo alla riuscita del disco del chitarrista capitolino, non inficiano un giudizio più che positivo per un lavoro che merita sicuramente un ascolto.

TRACKLIST
1.Strange Days
2.Distant Planets
3.Hendrix Funk (The Comet)
4.Space anthem
5.Bad Moon Rising
6.The Moon
7.The martian

LINE-UP
Andrea Salini – Guitars Vocals

ANDREA SALINI – Facebook

SIKTH

Il lyric video di “Vivid”

I SIKTH PRESENTANO I DETTAGLI DEL LORO NUOVO ALBUM THE FUTURE IN WHOSE EYES?

I Re sono tornati! I Sikth, sestetto di Watford che ha portato alla creazione del djent metal, e che ha ispirato band come i Protest The Hero, TesseracT, Animals As Leaders e Periphery, è tornato con quello che sarà uno dei migliori album del 2017 – The Future In Whose Eyes?

L’uscita del disco è prevista per il 2 Giugno 2017 su Millennium Night, la nuova etichetta di proprietà di Snapper Music, già creatrice di Peaceville Records & Kscope, distribuita in Italia da Audioglobe.

Le voci sono state registrate nello studio del cantante Mikee W Goodman e nei R&R Studios (www.rnrstudios.co.uk) di Adrian Smith (Iron Maiden). Il disco segna anche il debutto del nuovo co-vocalist Joe Rosser, “Joe ha fatto un grande lavoro sul disco, ha una voce davvero potente e versatile” dice di lui Mikee. Chitarre e batteria sono stati registrati ai Monkey Puzzle House studios (www.monkeypuzzlehouse.com ). Dan Weller ha prodotto il disco e Adam “Nolly” Getgood (Periphery) lo ha mixato.

La copertina è spettacolare ed è stata creata da Meats Meier (www.3dartspace.com ), che conosce la band da molti anni, ed è considerato un genio assoluto e un visionario. Meats Meier racconta che “Questa immagine rappresenta il futuro e la dannazione della razza umana, che viene rovinata nella sua perfezione dalla sua necessità di continue innovazioni. Ma un piccolo errore rompe il macchinario e veniamo rispediti agli inizi.”

Il primo singolo “Vivid” è ora in vendita in digitale e in Instant download al pre-ordine dell’album. Guarda qui il lyric video di “Vivid”

L’album sarà disponibile in differenti versioni:

Deluxe 12” hardbook:
Libro di di 44 pagine, e contiene altri lavori di Meats Meier e i testi di Mikee Goodman
CD The Future In Whose Eyes? 12 Canzoni originali
CD The Future In Whose Eyes? 5 rivisitazioni delle canzoni realizzate da Dan Weller – “Ride The Illusion”, “Golden Cufflinks”, “Cracks Of Light”, “Century Of The Narcissist” e “Vivid”
CD The Future In Whose Eyes? 12 canzoni versioni strumentali.
10 copie della edizione deluxe scelte a caso che conterranno una canzone scritta a mano e firmata da Mikee W Goodman

CD:
The Future In Whose Eyes? 12 Canzoni originali

Gatefold LP di 180g
The Future In Whose Eyes? 12 Canzoni originali su vinile nero (con MP3 download code)
Edizione limitata su vinile color Viola Splatter e Arancione Splatter (con MP3 download code)

Digital download featuring:
The Future In Whose Eyes? 12 canzoni originali e download code di “Vivid” e “No Wishbones” scaricabili immediatamente per chi effettua il pre-ordine.
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(Photo credit: Gobinder Jhitta www.gobinderjhitta.co.uk )

SikTh are:
Mikee W Goodman – Voci
Dan Weller – Chitarra
Dan Foord – Batteria
James Leach – Bassi
Pin – Chitarra
Joe Rosser – Voci

www.sikth.band

WORDS THAT BURN

Il secondo video ufficiale degli irlandesi Words That Burn!

Il secondo video ufficiale degli irlandesi Words That Burn!

Il video ufficiale dei Words That Burn per la canzone “Mirror Perfect Mannequin”, tratta dall’album “Regret is for the Dead”, esce oggi sul canale Youtube/Vevo della band.

Choreography By: Amy Ford
Performed By: Amy Ford & Emma Larney
Director: Andrew Browne

WORDS THAT BURN
www.facebook.com/wordsthatburn
twitter.com/words_that_burn

Infernäl Mäjesty – No God

No God si presenta a noi come un mastodontico lavoro dalla durata di un’ora in cui il gruppo di Toronto ci travolge con il suo thrash/death violentissimo.

Qui si ripercorre la storia del thrash più estremo e senza compromessi sviluppatosi nella scena underground Canadese.

Gli Infernäl Mäjesty possono essere sicuramente considerati un gruppo storico nella fredda terra a nord degli Stati Uniti, il loro metal estremo distruttivo e maligno porta morte e pestilenze dalla metà degli anni ottanta, dunque la band si porta dietro un’aura leggendaria, ha attraversato trent’anni di musica metallica ed arriva più in forma che mai al traguardo del quarto album di una discografia che ha visto lunghe pause ma anche molti lavori minori.
No God si presenta a noi come un mastodontico lavoro dalla durata di un’ora dove senza compromessi il gruppo di Toronto ci travolge con il suo thrash/death violentissimo, pregno di attitudine evil e valorizzato da un lotto di brani dall’impatto devastante.
Il thrash metal degli Infernäl Mäjesty strizza l’occhio alla scena europea (Kreator), arricchito da molti elementi death e qualche spunto black, tra ritmiche furiose e cattiveria dispensata senza freni.
Licenziato dalla High Roller, l’album è curato nei minimi dettagli, prodotto e registrato benissimo, deflagrando in tutta la sua carica sin dall’opener Enter The World Of The Undead.
La produzione secca e metallica gli conferisce un tocco moderno, così pur vivendo di attitudine old school, il sound risulta una bomba nera scagliata sul mondo, mentre la violenza tout court di In God You Trust ci investe micidiale e senza pietà.
La title track ci ricorda di un mondo senza Dio, mentre la band di Mille Petrozza danza sui cadaveri con gli Slayer, e i fratelli death e black metal intonano canti di morte.
Questo ricorda la musica contenuta in un album in cui Nation Of Assassins é un inferno ritmico, e la coppia conclusiva formata da Systematical Extermination e Extinction Level Event produce una devastante propulsione atta alla più fantomatica distruzione.
Ottime le prove dei musicisti e perfetto l’inserimento di importantissimi elementi melodici che offrono riusciti spunti classici con l’egregio lavoro negli assoli e nei rari momenti atmosferici.
Uun lavoro curatissimo e sorprendete da un gruppo magari poco conosciuto dalle nostre parti ma che, nell’underground, può vantare un prezioso curriculum.

TRACKLIST
1.Enter The World Of The Undead
2. In God You Trust
3. Signs Of Evil
4. Another Day In Hell
5. Kingdom Of Heaven
6. No God
7. False Flag
8. Nation Of Assassins
9. House Of War
10. Systematical Extermination
11. Extinction Level Event

LINE-UP
Christopher Bailey – vocals
Kenny Hallman – guitar
Steve Terror – guitar
Daniel Nargang – bass
Kiel Wilson – drums

INFERNAL MAJESTY – Facebook

AlNamrood – Enkar

Enkar si mantiene sulla linea dei lavori precedenti degli AlNamrood, lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le buone impressioni che ne derivano.

A chi è convinto (un gran numero di persone, purtroppo) che tutti gli arabi, indistintamente, siano dei fanatici devoti ad Allah e pronti a farsi saltare per aria accecati dalla fede per il proprio dio, consiglierei, se non di ascoltare questo disco, quanto meno di prendere atto che esiste chi alla tirannia religiosa prova a ribellarsi anche nei paesi più strettamente connessi con la jihad islamica, quale è appunto l’Arabia Saudita.

Uno strumento di dissenso magari non consueto, e forse anche per questo più efficace, può essere suonare musica metal, un genere che sappiamo non essere visto di buon occhio neppure in paesi teoricamente a minore rischio di integralismo; se poi il tutto si trasforma in un black death dai testi chiaramente antireligiosi, si può ben capire come mai degli AlNamrood si conoscano solo gli pseudonimi, vista la necessità di mantenere l’anonimato per salvare essenzialmente la pelle (pur avendo base i nostri, probabilmente, nel ben più accogliente Canada).
Non si creda peraltro che questo sia un problema esclusivamente islamico: in India, per esempio, gli Heathen Beast, con la loro feroce critica nei confronti della tirannia di matrice induista, corrono esattamente gli stessi rischi. Alla fine il messaggio di tutti questi musicisti coraggiosi è finalizzato a far capire, anche a chi segue culti oggi un po’ più “annacquati” e di convenienza, quanto la religione sia in assoluto il vero cancro del pianeta, il male capace di obnubilare le menti costituendo una delle leve principali manovrate dai dai potenti per controllare le masse.
Venendo all’aspetto prettamente musicale, degli AlNamrood avevamo già parlato in occasione del loro precedente lavoro, apprezzandone il tentativo di fondere le sonorità estreme con quelle tradizionali della propria terra; Enkar si mantiene su questa linea lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le impressioni derivanti dall’ascolto: la musica degli AlNamrood gode di una notevole intensità, è suonata e prodotta in maniera soddisfacente e risulta coinvolgente il giusto, anche se proprio per come è strutturata non sempre scorre in maniera fluida come dovrebbe.
In effetti, il black proposto dal trio arabo ha un andamento piuttosto simile per tutta la durata del lavoro, con rade accelerazioni rispetto alle quali viene privilegiato un mid tempo la cui ritmica si adegua, necessariamente alla particolare metrica della lingua araba: in definitiva, la condizione essenziale per apprezzare Enkar e tutta la precedente produzione degli AlNamrood è quella d’essere appassionati non solo di metal estremo ma anche di sonorità etniche, e mediorientali in particolare.
Non so quante persone rispondano effettivamente a tali requisiti, per cui l’album potrebbe essere anche un buon pretesto, da parte di chi predilige uno dei due aspetti, per fare un full immersion nell’altro. Per quanto mi riguarda, ascolto sempre con piacere soluzioni sonore di questo genere, provando a non farmi influenzare dalla naturale empatia nei confronti di questi ragazzi, anche se mi rendo conto di quanto questi quaranta minuti possano rivelarsi di complessa digestione per molti.
A tutti consiglio di ascoltare una traccia come Ensaf, quella in cui la commistione tra gli strumenti tradizionali ed il metal estremo funziona decisamente meglio: fatto questo passo e presa familiarità con il sound degli AlNamrood, Enkar  potrebbe rivelarsi molto più di una semplice anomalia geo-musicale.

Tracklist:
1. Nabth
2. Halak
3. Xenophobia
4. Estibdad
5. Efsad
6. Estinzaf
7. Ensaf
8. Egwaa
9. Ezdraa
10. Entiqam

Line-up:
Mephisto: Guitars/Bass
Ostron: Middle Eastern Instruments
Humbaba: Vocal

ALNAMROOD – Facebook

Valgrind – Seal Of Phobos

Un ep che riprende la storia del death e la trasporta nel nuovo millennio, un modo per conoscere questa ennesima ottima realtà nostrana ed andarsi a cercare i due precedenti lavori sulla lunga distanza.

All’interno del death metal dalle sembianze più pure ed old school, i Valgrind li possiamo sicuramente definire una band storica, visto che l’anno di inizio delle ostilità segna il 1993; dopo una lunga serie di demo ed un silenzio di una decina d’anni tra il 2002 ed il 2012, il gruppo ha sfornato due full length, Morning Will Come No More e Speech of the Flame, uscito lo scorso anno.

La band emiliana torna a distanza di pochissimo tempo con questo nuovo ep di cinque brani, intitolato Seal Of Phobos, che ribadisce la totale radice old school del sound del gruppo dell’ex Raw Power Gianmarco Agosti e la sua devozione per i Morbid Angel e il death metal floridiano.
Un terremoto sonoro di soffocante bellezza estrema lo sono anche questi cinque brani, che riportano al death suonato nei primi anni novanta, un’infernale parentesi musicale dove lo storico gruppo floridiano viene tributato, non andando oltre all’era Altar Of Madness/Blessed Are The Sick.
In questi tempi di rivalutazione delle sonorità del passato, i Valgrind non mancheranno di stupire chi ancora non li conoscesse, e fin dall’opener The Endless Circle ci investono con la loro diabolica furia estrema senza compromessi.
Seal Of Phobos è un ep che riprende la storia del genere e la trasporta nel nuovo millennio, un modo per conoscere questa ennesima ottima realtà nostrana ed andarsi a cercare i due precedenti lavori sulla lunga distanza, almeno per chi si ritiene amante del genere.

TRACKLIST
01. The Endless Circle
02. New Born Deceit
03. Prelude To Downfall (Interlude)
04. Traitors Will Bleed
05. Ekphora’s Day

LINE-UP
Daniele Lupidi – Vocals, bass
Massimiliano Elia – Guitas, keys
Umberto Poncina – Guitars, keys
Gianmarco Agosti – Drums

VALGRIND – Facebook

Jesters Of Destiny – The Sorrows That Refuse to Drown

I Jester Of Destiny hanno preso un contenitore e lo hanno riempito della musica rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, agitandolo per bene e creando un mix delle scene musicali che sono diventate storia.

Se si parla di rock vintage penso che un album come The Sorrows That Refuse to Drown sia un manifesto più che esauriente del ritorno dei suoni old school, anche se in questo lavoro non si può certamente parlare di hard rock o heavy metal, ma appunto rock come si faceva tra gli anni sessanta e settanta.

I Jesters Of Destiny sono un gruppo nato a Los Angeles nella prima metà degli anni ottanta, anche se dell’air metal suonato nel Sunset Boulevard nella loro musica non se ne trova neanche un po’.
Il loro sound si è sviluppato (purtroppo) in soli due lavori; il primo album uscito nel 1986, intitolato Fun At The Funeral e l’ep dell’anno dopo, In A Nostalgic Mood, poi un silenzio lungo trent’anni, ed il ritorno assolutamente inaspettato, tramite Ektro Records, con The Sorrows That Refuse to Drown, ovvero un album di rock psichedelico, glam, punk e progressive nato sul finire degli anni sessanta ed uscito nel 2017.
Ovviamente la loro proposta non mancherà di far storcere il naso a più di un purista, vista l’alternanza di atmosfere e sfumature che vanno dal glam patinato dei T.Rex e David Bowie a quello proto punk di Iggy Pop, dagli MC5 alla psichedelia dei Beatles, dal blues sporco e drogato degli Stones ad accenni progressivi dove un sax allucinato porta il sound verso corti dove regnano i King Crimson, mentre un sentore di Rocky Horror Picture Show si fa spazio tra lo spartito dell’opera.
Tra i brani, Sunset Boulevard, dedicata alla famosa strada del rock’ n’ roll, inaspettatamente risulta un brano elettro glam, mentre si continua a viaggiare nel tempo, salti anche rischiosi tra un genere e l’altro che potrebbero portare molte critiche alla proposta del gruppo, specialmente se non si ha dimestichezza con la musica rock di qualche decennio fa.
I Jesters Of Destiny hanno preso un contenitore e lo hanno riempito della musica rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, agitandolo per bene e creando un mix delle scene musicali che sono diventate storia, così che l’album risulta un oldies but goldies, ed ogni brano è una sorpresa.

TRACKLIST
1.Fire in the Six Foot Hole
2.The Flesh Parade
3.Ladies of Runyon Canyon
4.My Card, Sir
5.Chalk Outline
6.The Misunderstood
7.’Til the Following Night
8.Sunset Boulevard
9.Peace, Blood and Charlie Cocaine
10.Another Fire Six Feet Deep
11.Happy Ending

LINE-UP
Bruce Duff ~ Bass, Vocals
Dave Kuzma ~ Drums
Michael Montano ~ Guitars
Ray Violet ~ Guitars, Keyboards

JESTERS OF DESTINY – Facebook

Diĝir Gidim – I Thought There Was the Sun Awaiting My Awakening

Da un luogo “sconosciuto” notevole esordio di incompromissorio e magmatico black metal.

Entità aliene provenienti da lontani mondi, demoni sputati fuori da innominabili profondità, questo il quesito che mi sono posto ascoltando i Diĝir Gidim, duo proveniente da un luogo ignoto, che esordisce dal nulla con un opus misterioso, affascinante, per nulla di facile ascolto.

L’unica notizia è che uno dei due musicisti, Lalartu, ha esordito nel 2016 con il suo progetto black ambient Titaan, mentre Utanapistim Ziusudra, che suona tutti gli strumenti, è del tutto sconosciuto. La label italiana ATMF, sempre attenta nella ricerca di nuove emozioni black metal, li fa esordire con un full di quattro lunghe composizioni all’insegna di un black metal intenso, magmatico, cangiante, ritualistico, devoto al fascino di antichi mondi, in questo caso la Mesopotamia; il Diĝir è un simbolo cuneiforme che rappresenta la suprema divinità Anu deus otiosus, mentre Gidim rappresenta l’ombra o lo spirito della persone morte; già altre band hanno subito il fascino delle Civiltà Egizie, vedi Nile e Melechesch, ma con i Diĝir Gidim il tutto, sia a livello concettuale che a livello musicale, si spinge maggiormente in profondità scavando a fondo e generando gelide emozioni in chi si vorrà far trasportare in questo flusso infinito di note e vocals straziate.
I quattro lunghi brani costituiscono un flusso costante e continuo in cui ritualistici cori, scream feroci e incompromissori, note dissonanti di chitarre si inseguono, si confondono per creare un massa incandescente dove alcune linee melodiche sono talmente oscure da atterrire l’ascoltatore; il termine estremo in questo caso assume, per chi vi si avventura, un effetto assolutamente catartico. Le spire gelide di vortici impazziti nell’oscurità infernale del primo magnifico brano si collegano, si amalgamano con cori di dei ancestrali, adorati ma non capiti, in un continuum senza luce né speranza, in abissi infiniti dove non vi è alcun filtro ma solo nichilismo assoluto: la presenza di un dio autoritario e vendicativo nega a menti schiave qualunque forma di ribellione e affrancamento. Il sound, che trova la sua genesi nei Deathspell Omega, nei Blut Aus Nord, è ribollente, non conosce pause liberatorie, tutto si stratifica, si attorciglia, si fonde e lascia alla fine dell’ascolto una sensazione di spossante purificazione. Da assimilare a piccole dosi, ma assolutamente da sentire!

TRACKLIST
1. The Revelation of the Wandering
2. Conversing with the Ethereal
3. The Glow Inside the Shell
4. The Eye Looks Through the Veils of Unconsciousness

LINE-UP
Utanapištim Ziusudra – All instruments and Music
Lalartu – Vocals and lyrics

DIGIR GIDIM – Facebook

src=”https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2322564852/size=small/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/transparent=true/” seamless>I Thought There Was the Sun Awaiting My Awakening by DIGIR GIDIM

LANCER

Esce il live video di ‘Dead Raising Towers’!

Esce il live video di ‘Dead Raising Towers’!

Gli heavy metallers LANCER hanno pubblicato il loro album “Mastery”, il 13 Gennaio su Nuclear Blast. Dopo la sua uscita, gli Svedesi hanno portato i loro nuovi pezzi sui palchi di tutta Europa con un lungo tour insieme a HAMMERFALL e GLORYHAMMER. Un team di videomakers della Ward Records Japan ha filmato lo show della band al Große Freiheit 36 di Amburgo, Germania il 7 Febbraio. Da quelle riprese, i LANCER sono orgogliosi di presentare oggi il live clip di ‘Dead Raising Towers’. Guardalo subito qui:

Il chitarrista Fredrik Kelemen commenta:

“Dal concerto di Amburgo, ultima data in Germania del tour europeo di inizio anno, arrivano le riprese di questo clip di ‘Dead Raising Towers’, la opening track tratta dal nostro ultimo album »Mastery«. Non perdetevela!”

Ordina »Mastery« ora: http://nblast.de/LancerMasteryNB
Ordina »Mastery« in versione digitale o in streaming: http://nblast.de/LancerDownloads

Altro su »Mastery«:
‘Follow Azrael’ OFFICIAL MUSIC VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=2Hm7mN7NPjM
‘Mastery’ OFFICIAL MUSIC VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=k9B_SS8WNDw
‘Future Millenia’ OFFICIAL TRACK:
https://www.youtube.com/watch?v=KXdqzWfb4P8
‘Iscariot’ OFFICIAL TRACK & LYRICS:
https://www.youtube.com/watch?v=waQweOfrv8Y

LANCER live:

19.08. S Falun – Sabaton Open Air

I LANCER sono:
Isak Stenvall | voce
Ewo Solvelius | chitarra
Fredrik Kelemen | chitarra
Emil Öberg | basso
Sebastian Pedernera | batteria


Maggiori info:
www.lancermetal.com
www.facebook.com/lancermetal
www.nuclearblast.de/lancer

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