Inquiring Blood – Morbid Creation

Un album di buon vecchio death metal oscuro e battagliero, ringalluzzito da ritmiche dai potenti innesti groove che lo rendono appetibile ai fans più giovani e abituati alle sonorità estreme del nuovo millennio.

Un album di buon vecchio death metal oscuro e battagliero, ringalluzzito da ritmiche dai potenti innesti groove che lo rendono appetibile ai fans più giovani e abituati alle sonorità estreme del nuovo millennio, e brutalizzato da un growl di stampo brutal in alternanza a quello classico.

Morbid Creation è il secondo lavoro sulla lunga distanza dei tedeschi Inquiring Blood, gruppo attivo da più di dieci anni e con un primo lavoro sulla lunga distanza (oltre ad un demo ed un ep) uscito ormai sei anni fa.
Non male nel suo insieme questo devastante lavoro, improntato per quasi la sua interezza in mid tempo che risultano muri di musica estrema potentissima, con il gioco tra le due voci che si rivela  uno dei punti di forza del sound e fa coppia con l’ottimo lavoro di tutta la parte ritmica, chitarra compresa.
Pochi ed affilati solos rallentano l’avanzata del muro sonoro che travolge e distrugge senza pietà, il gruppo sassone poi, quando decide di accelerare fa davvero male ed il sound si avvicina sempre di più alla sfera più brutale del genere (enormi in questo senso Death And Decay e il massacro sonoro della violentissima Horsekiller).
Una versione modernizzata e brutale dei Bolt Thrower, questo è il modo più semplice per descrivere gli ed il sound presente in Morbid Creation, album da non perdere se siete amanti di queste sonorità.

TRACKLIST
01. Japanese Knife Assassin
02. Hell Commander
03. Death Row
04. Three feet to Carnage
05. Death and Decay
06. Voices
07. Suffocation
08. Horsekiller
09. The Swarm
10. Stabbed by Mirror Shards
11. Nuclear Massacre
12. Faceless

LINE-UP
Lars Robrecht – Bass
Florian Otten – Drums
Marco Gronwald – Guitars
Daniel Siebert – Vocals

INQUIRING BLOOD – Facebook

ANEWRAGE

Il lyric video di Outside, tratto dall’album Life-Related Symptoms, in uscita ad aprile (Scarlet Records)

Il lyric video di Outside, tratto dall’album Life-Related Symptoms, in uscita ad aprile (Scarlet Records)

“Outside” è la nona traccia di “Life-Related Symptoms” e descrive un lato della band che desideravamo esprimere da molto tempo. Il nostro obbiettivo era tradurre in musica un’immagine ben precisa che accompagnasse perfettamente la storia narrata nel testo. La scelta di dedicare a questa canzone un lyric video ci sembrava il modo più efficace di far coesistere il tutto in modo organico. Il testo racconta di un mondo in cui le persone non riescono a trovare la propria via e lottano per dare un senso alla loro esistenza.

Il nuovo lavoro “Life-Related Symptoms” uscirà il prossimo il 7 aprile per Scarlet Records. Già più volte descritto come un album stilisticamente variegato, complesso, come il più emozionale, oscuro e misterioso di sempre, con alcune tra le più belle canzoni mai scritte da parte della band. Tredici brani, canzoni catchy e capaci di offrire molteplici chiavi di lettura.

La band presenterà il nuovo disco il prossimo 8 aprile al Legend Club di Milano con un imperdibile live show, che vanterà special guests e interessanti sorprese e sarà poi on the road per tutta la prossima stagione. Torino, Frosinone, Roma, Modena, Cremona, Bari, Brescia e Vercelli sono le prime città ad oggi annunciate, ma in arrivo c’è tanto tanto altro > http://bit.ly/2kMXigv

BIO
Formati nel 2009 nel Nord Italia, Anewrage propongono un potente mix di alternative metal e post-grunge, con una micidiale ed esplosiva attitudine live.
Dopo la release dell’album di debutto “ANR” nel 2014, la band ha raggiunto diversi traguardi importanti, condividendo palchi con artisti internazionali del calibro di Gamma Ray, Freak Kitchen, UFO, Dreamshade e Destrage, tra gli altri.
Il teaser del disco è stato uno dei finalisti al SXSW Design Award in Austin (Texas), in mezzo ad importanti nomi e pezzi grossi quali Pacific Rim, The Lego Movie, The Last of Us e altri grandi progetti. Il singolo “ Ape’s Legacy” è stato in heavy rotation su Rock TV Italy e A One (Ucraina).
Nel 2016 Anewrage firma con Scarlet Records e rilascia “Nina”, traccia inedita contenuta nella ristampa “ANR – Deluxe Edition” che conquista da subito alta rotazione all’interno dei canali appena citati.
‘Life-Related Symptoms’, il nuovo album, uscirà il prossimo 7 aprile per Scarlet Records.

Selfmachine – Societal Arcade

Societal Arcade è un album interessante, sempre in bilico tra l’irruenza del metal moderno ed il post grunge, a mio parere ancora più accentuato che sul primo album e con qualche ideuccia niente male per attirare sempre più fans.

Tempo di ritorni discografici in casa Wormholedeath, con Societal Arcade, secondo lavoro del quintetto olandese dei Selfmachine,  seguito del debutto Broadcast Your Identity uscito tre anni fa.

E la band orange conferma i buoni riscontri del primo lavoro, aggiungendo quei tre anni in più di esperienza che male non fanno, specialmente se si ha avuto la possibilità di suonare in giro ed accompagnare band del calibro dei The Agonist.
E così, mentre il genere arranca inflazionato da centinaia di uscite, la band olandese raggiunge il nostro paese e con la benedizione della WormHoleDeath si chiude nei Realsound Studios per dare un seguito al proprio debutto, con un aiutino niente male in fatto di mix e mastering (Waldemar Sorychta e Dennis Koehne) e tanto entusiasmo.
Ne esce un album interessante, sempre in bilico tra l’irruenza del metal moderno ed il post grunge, a mio parere ancora più accentuato che sul primo album e con qualche ideuccia niente male per attirare sempre più fans.
Il quintetto quando spara non si fa problemi e mira ad altezza uomo, le violenti sfuriate tra nu metal e core sono presenti, così come il growl che accompagna le parti metalliche con autorevolezza, anche se il meglio i Selfmachine lo lasciano quando l’alternative rock ed il post grunge prendono il comando delle operazioni in un’orgia di note melodiche e di derivazione statunitense.
Against The Flow è la classica intro che funge da presentazione al disco e di ciò che l’ascoltatore troverà tra i solchi di Join The Hatetrain e Giddy Up!, alternative metal dall’appeal melodico migliorato esponenzialmente rispetto a qualche anno fa e perciò in grado di fare la differenza nel genere.
Due parole su No Cliché, ballad semiacustica che per molti sarà solo il solito brano post grunge ma che, al sottoscritto, ha fatto balenare in testa un nome storico e scomodo come quello dei Metallica.
Si torna a far male tra metal estremo e rock americano, l’oscura Superior, Avenge The Moment e la conclusiva varia e cangiante Luminous Beings accompagnano verso i titoli di coda questo ottimo Societal Arcade.

TRACKLIST
1.Against The Flow
2. Join The Hatetrain
3. Giddy-Up!
4.‘Normal’ People
5.Universe
6.No Cliché
7.Nothing’s Worth
8.Lifeblind
9.The Great Deception
10. The Valeyard
11. Superior
12. Avenge The Moment
13. Luminous Beings

LINE-UP
Steven Leijen – Lead Vocals
Mark Brekelmans – Bass, Vocals
Michael Hansen – Guitars, Vocals
John Brok – Lead Guitar, Vocals
Ben Schepers – Drums (On album)
Robin Boogaard – Drums

SELFMACHINE – Facebook

Carne – Modern Rituals

Le urla vibranti di Pierre Bozonet simboleggiano un’urgenza espressiva in grado di fare la differenza nei confronti di molte proposte, specialmente quelle in cui il fragore strumentale è volto esclusivamente a coprire un vuoto di ispirazione.

I francesi Carne sono l’emblema dell’essenzialità che non va a mai a discapito dell’intensità della musica proposta.

I due ragazzi di Lione propongono uno sludge/noise/post hardcore nel quale è presente una spiccata connotazione punk: non a caso la gran parte dei brani è intrisa di una furia che travalica ogni considerazione di carattere tecnico o stilistico, mentre gli accenni a rallentamenti più confacenti al doom vengono confinati alle due tracce (The End Of Us e Lord Less) nelle quali la voce viene affidata alla brava Marion Leclercq.
Per il resto, sono le urla vibranti di Pierre Bozonet a simboleggiare un’urgenza espressiva in grado di fare la differenza nei confronti di molte proposte, specialmente quelle in cui il fragore strumentale è volto esclusivamente a coprire un vuoto di ispirazione.
Se per mia indole ritengo comunque i brani più riflessivi i picchi di Modern Rituals (oltre ai due citati, anche Cloak) non posso fare a meno di godere dell’approccio ruvidamente diretto del resto del lavoro, con la convinzione che i due, specie dal vivo, riescano ad estrarre da sé stessi ogni residua stilla di energia da riversare sul pubblico.
E il segreto dei Carne, alla fine, sta proprio nella capacità di esibire uno stile che, nonostante appaia più che mai diretto e privo di mediazioni, in realtà sa scavare in profondità fino a fare breccia in maniera definitiva in chi abbia la pazienza e la voglia di farsi attraversare dalle note scagliate come dardi velenosi da Pierre Bozonet (voce e chitarra) e Thibaut Claisse (batteria).
Come sempre più spesso accade, l’album viene edito da un pool di etichette transnazionale, delle quali fanno parte anche le nostre Shove Records e Drown Within, con quest’ultima costantemente sul pezzo quando si tratta di diffondere suoni disturbanti che veleggiano tra sludge, postmetal, noise e doom.

Tracklist:
1. White Flag
2. Inked Mask
3. Bad Tooth
4. The End Of Us
5. Cloak
6. Collective Dictatorship
7. Northern Light
8. Lord Less

Line-up:
Thibaut Claisse – drums
Pierre Bozonet – guitars, vocals

Marion Leclercq – vocals on 4. And 8.

CARNE – Facebook

The Big South Market – Muzak

Sfuggendo ai facili stereotipi ai quali la lineup ridotta potrebbe portare, i TBSM propongono una miscela moderna di hard rock e post grunge con un buon tiro.

Il termine “Muzak” definisce quella musica piuttosto informe che viene diffusa in ambienti quali aeroporti, centri commerciali, sale d’attesa e simili.

Non è dispregiativo, ma sottolinea che è un tipo di musica a cui si può anche non prestare attenzione, perché è di puro sottofondo, riempitivo.
Questo non si può certo dire dell’EP che porta questo titolo, prima prova autoprodotta del nuovo combo a nome The Big South Market. I due, già musicisti con esperienze invidiabili, si lanciano qua in bordate chitarra e batteria di buon gusto e bel tiro. Sfuggendo ai facili stereotipi ai quali la line -up ridotta potrebbe portare, i due propongono una miscela moderna di hard rock e post grunge ben amalgamata, con ritmiche serrate e suoni moderni e accattivanti.
L’esordio fa ben sperare, e le prove dei live e soprattutto della maturità su disco lungo ci potranno confermare se saranno speranze ben riposte.

TRACKLIST
1 – Big Deal
2 – Before (You Make It Deeper)
3 – Moodrink
4 – Red Carpet
5 – Desert Motel

LINE-UP
Giuseppe Chiumeo – Chitarra, Voce
Ruggiero Ricco – Batteria

THE BIG SOUTH MARKET – Facebook

www.youtube.com/channel/UCuiu4-pLEzhY5TJvjY5p02w

Scuorn – Parthenope

Personalmente sono rimasto folgorato dalla potenza e dalla bellezza di un disco come questo, che aspettavo da una vita e che potrebbe diventare una pietra miliare del metal in Italia.

Personalmente ritengo Parthenope un disco epocale per molti motivi. Prima di tutto per la musica che, d’accordo non è nulla di nuovo, ma viene eseguita come nel marmo dell’inferno. Poi per ciò che esprime: è il primo disco in metal che, utilizzando il dialetto, tratta di Napoli e della partenopeità, un concetto davvero affascinante ed ampio.

Partiamo dall’inizio.
Scuorn nasce nel 2008 per opera di Giulian, che qui nel disco compone e suona tutto, con validi aiuti che vedremo di seguito. Questo è il suo debutto discografico, ed è qualcosa di strabiliante. Innanzitutto il nome: Scuorn letteralmente vuol dire vergogna, ma è un concetto diverso da quello italiano, anzi quando ascolterete questo disco dimenticatevi dell’italiano, è solo un intralcio, calatevi nella lingua napoletana, poiché ha maggiori livelli di pensiero dell’italiano.
Parthenope è un concept album sulle storie e soprattutto sulle leggende greco romane di Napoli e dintorni, ogni canzone una leggenda. Le origini sono interessantissime e ancora misteriose, perché Napoli non mostra mai il suo vero volto, nemmeno oggi. Di Napoli abbiamo un’immagine comune, dei pregiudizi, ma Napoli è altro. Ogni volta che ci vai vedi un lato diverso, perché era una città cara agli dei, e questo disco ce lo fa capire molto bene. Scuorn narra di epicità perduta con un suono incredibile, che parte dal black metal sinfonico per andare ben oltre. Come coordinate sonore prendete dei Fleshgod Apocalypse più black, con un incedere però diverso, ma ugualmente magnifico, e questa è una delle forze del disco. Con loro Scuorn ha in comune il produttore, quello Stefano Morabito che si è occupato anche degli Hour Of Penance, ed è uno dei più bravi in giro, infatti la produzione di Parthenope è pressoché perfetta. Per le parti orchestrali Giulian si è avvalso della preziosa collaborazione di Riccardo Studer dei Stormlord, e il suo grandissimo lavoro si può ascoltare nel secondo disco dell’edizione speciale, che contiene le bellissime versioni orchestrali di ciascun brano. Dentro a questo immaginifico suono ci stanno le narrazioni di Giulian, che ci riporta indietro nel tempo, alla parte greca e romana della storia di questa città, che più che una città è una civiltà vera e propria. Notevolissimi sono i pezzi suonati con gli strumenti tipici di Napoli, uno su tutti il mandolino, che è anche nel simbolo del gruppo. Questi strumenti sono usati molto bene, inserendoli con gran cura nella narrazione: infatti, Averno è un pezzo strumentale che diventerà uno spartiacque, come Kaiowas per i Sepultura. Parthenope è un capolavoro assoluto, un atto d’amore e di odio entrambi incondizionati per una città che è uno stato d’essere, con radici occulte ed antichissime che nessuno mai prima d’ora aveva narrato in questa maniera. Qui dentro troverete quel sentire che solo a Napoli è possibile, il tutto usando il metal come codice e linguaggio per raccontare. Il metal, ed in particolare il black metal, è uno dei mezzi migliori per narrare storie epiche e sopratutto per raccontare le diversità e le peculiarità delle varie terre. E’ incredibile l’evoluzione di un genere che è nato per isolare ed invece è uno strumento formidabile di conoscenza e scambio, straordinario veicolo di storie e popoli. Personalmente sono rimasto folgorato dalla potenza e dalla bellezza di un disco come questo, che aspettavo da una vita e che potrebbe diventare una pietra miliare del metal in Italia.

TRACKLIST
1.Cenner e Fummo
2.Fra Ciel’ e Terr’
3.Virgilio Mago
4.Tarantella Nera
5.Sanghe Amaro
6.Averno
7.Sibilla Cumana
8.Sepeithos
9.Parthenope
10.Megaride
11.Cenner’ e Fummo (ORCHESTRAL VERSION)
12.Fra Ciel’ e Terr’ (ORCHESTRAL VERSION)
13.Virgilio Mago (ORCHESTRAL VERSION)
14.Tarantella Nera (ORCHESTRAL VERSION)
15.Sanghe Amaro (ORCHESTRAL VERSION)
16.Averno (ORCHESTRAL VERSION)
17.Sibilla Cumana (ORCHESTRAL VERSION)
18.Sepeithos (ORCHESTRAL VERSION)
19.Parthenope (ORCHESTRAL VERSION)
20.Megaride (ORCHESTRAL VERSION)

LINE-UP
Giulian

SCUORN – Facebook

Lung Flower – Effigy

Gruppo di culto, musica per pochi, ma esperienza da vivere chiudendo gli occhi e ritrovandoci legati ad un totem con stregoni che agitano feticci davanti ai nostri occhi prima di darci la morte.

Si sa poco di questo quartetto canadese, quanto basta però per farvi conoscere la sua musica, di ottima qualità e che raccoglie in se un po’ di quel metal rock americano che ha imperversato negli ultimi venticinque anni.

Loro sono i Lung Flower, si destreggiano da qualche anno nei locali di Vancouver con una musica che, personalmente, mi ricorda non poco quella della piovosa Seattle.
Attenzione però, non si parla di facili melodie post grunge o alternative rock, i Lung Flower sono una creatura psichedelica che attinge tanto dal grunge più nervoso e metallico dei primi Soundgarden e Alice in Chains, quanto dallo stoner/doom, facendolo rimbalzare come una pallina magica tra gli anni novanta e indietro fino al periodo settantiano.
I ritmi sono a tratti lentissimi e claustrofobici, le chitarre sature, ed il canto richiama lo spirito di Layne Staley, tornato per raccontarci la propria disperazione nell’affrontare l’aldilà.
I Black Sabbath aleggiano con il loro sound che rallenta gli energici strappi alternative metal, mentre la sensazione di viaggio lisergico e jam session fa di questo lavoro una chicca per gli amanti dell’alternative doom metal.
Il gruppo canadese arriva così al secondo album, successore di Under A Dying Sun, debutto sulla lunga distanza del 2012, seguito dall’ep Death On The Crowsnest, uscito tre anni fa, continuando imperterrito a stordire con questo notevole esempio di musica del destino drogata di hard rock ed alternative metal, tutto made in U.S.A.
Gruppo di culto, musica per pochi, ma esperienza da vivere chiudendo gli occhi e ritrovandoci legati ad un totem con stregoni che agitano feticci davanti ai nostri occhi prima di darci la morte.

TRACKLIST
1. Ascend
2. Death On The Crowsnest (Hwy 3)
3. Beyond Burnt Out
4. Stoned & Alone
5. Bottomfeeders
6. Effigy (…of Man)
7. (Bonus Track) Everything I Burn

LINE-UP
Marcus Salem – Rhythm Guitar
Kyle Arellano – Bass
Tyler Mayfield – Vocals
Jimmy Lanz- Drums

LUNG FLOWER – Facebook

NOVERIA

Il lyric video di Denial, tratto dall’album Forsaken (Scarlet Records).

Il lyric video di Denial, tratto dall’album Forsaken (Scarlet Records).

I progressive metallers Noveria hanno pubblicato il lyric video del nuovo singolo ‘Denial’, tratto dal nuovo album ‘Forsaken’, disponibile su Scarlet Records. Il brano vede la partecipazione speciale di Kelly Sundown Carpenter (Adagio, Beyond Twilight, Darkology, Firewind, Outworld, Zierler).

Il disco é un concept basato sui cinque stadi di reazione alla prognosi mortale di Elisabeth Kübler-Ross, scritto in memoria di una giovane donna che é stata strappata all’affetto dei suoi cari da una forma molto aggressiva di cancro. Ognuno dei brani del disco descrive i diversi stati d’animo di una persona che affronta una malattia terminale, provando sentimenti come diniego, rabbia, depressione accettazione del proprio destino.

Su ‘Denial’ la speranza di farcela comincia a vacillare davanti all’evidenza, e si prepara a combattere la malattia con tutte le proprie forze.

I Noveria annoverano fra le proprie fila il bassista Andrea Arcangeli dei DGM e per questo album hanno collaborato con una serie di ospiti speciali come Kelly Sundown Carpenter, Claudio Pietronik (Ancient Bards) e Kate Nord.

I Noveria saranno di scena alla Locanda Blues di Roma il 9 marzo, dove condivideranno il palco con una consolidata realtà del panorama progressive Metal internazionale, ovvero gli Astra, che stanno attualmente promuovendo il loro ultimo lavoro ‘Broken Balance’. Maggiori info qui: https://www.facebook.com/events/880481818721487/

DEEP PURPLE

Il video di All I Got Is You, tratto dall’album inFinite, in uscita il 7 aprile per earMUSIC.

Il video di All I Got Is You, tratto dall’album inFinite, in uscita il 7 aprile per earMUSIC.

Ad un mese dall’uscita del nuovo album dei Deep Purple dal titolo “inFinite” la cui uscita è prevista il 7 aprile 2016, la band leggendaria presenta il video ufficiale del singolo
“All I Got Is You”.
Il video comprende degli estratti del documentario esclusivo “From Here To inFinite” che si avvicina al gruppo più che mai: i Deep Purple, notoriamente più concentrati sulla musica che sulle frivolezze della celebrità, raramente si sono aperti in maniera così diretta e senza filtri. From Here to Infinite esplora l’alchimia del gruppo (e degli ospiti Joe Satriani e Bob Ezrin) durante le registrazioni di quest’ultimo album, a Nashville. Un film sul potere della musica e sulla forza dell’amicizia, prima di salutare la carriera di un pezzo di storia della musica dell’ultimo mezzo secolo. Il documentario sarà disponibile nell’edizione limitata CD+DVD

“All I Got Is You” sono 4’30 minuti di magia e ci trovate il suono più classic e puro dei Deep Purple.

Questo singolo esce venerdì 10 marzo in limited edition CD digipak, limited 12” Maxi Vinyl Digital.

TRACKLIST

1. All I Got Is You (album version)
2. Simple Folk (a solo guitar improvisation by Steve Morse)
3. Above And Beyond (previously unreleased instrumental version)
4. Time For Bedlam (first take from the album recording)
5. Highway Star (previously unreleased live version)

Downtown Association – City Guide

Una bella sorpresa questo quartetto greco, con un album che sprigiona rock, blues ed atmosfere settantiane senza rinunciare alla modernità, insomma tutto quello che serve ad un lavoro del genere.

Avari di informazioni ma non di buona musica, arrivano dalla penisola ellenica gli hard rockers Downtown Association presentando il loro album d’esordio, City Guide.

Uscito negli ultimi giorni del 2016, l’album, licenziato dalla New Dream, convince non poco, specialmente se siete amanti dell’hard rock americano che come unisce tradizione a soluzioni moderne, tradotte in ritmiche ricche di groove, solos zeppeliniani ed una marcata predisposizione metallica.
Blues elettrico, sporco e violentato da ritmiche potenti, chitarre che passano da riff settantiani e solos che si vestono di pelle e borchie, ma come d’incanto in City Guide si torna tornano a fare rock, con il blues che accompagna ogni passo affrontato da Dean Mess, cantante con gli attributi al posto giusto e capitano di questa squadra che si compone di George Matikas (chitarra), Tasos D. (batteria) e Nick Danielos (basso).
City Guide di fatto ci fa da Caronte nella città degli angeli, ma lascia fuori dalla gita lustrini e pailettes del Sunset Boulevard per inoltrarsi nei vicoli, sporchi di urina e vomito, dei locali dove i perdenti sono più di quelli hanno trovato un posto al sole.
E chi meglio del blues può accompagnare sconfitte e delusioni?
Se poi, come fanno i Downtown Association, si aggiunge un tocco di post grunge ad alternare il metallo fuso che si sprigiona dalla sei corde, allora davanti a noi abbiamo un album vario, duro, poco incline alle facili melodie, aggressivo e vero.
Molto belle King Of The Hole, dall’assolo metallico che strizza l’occhio al classic metal, l’hard blues ricco di groove di Media Dope, il crescendo atmosferico di Dynamo ed il rock dalle ritmiche funkizzate della trascinante Braindead.
Una bella sorpresa questo quartetto greco, con un album che sprigiona rock, blues ed atmosfere settantiane senza rinunciare alla modernità, insomma tutto quello che serve ad un lavoro del genere.

TRACKLIST
01. Obedient Girl
02. King of the Hole
03. Media Dope
04. Dynamo
05. Deep Cut
06. Braindead
07. Lover’s Shadow
08. Downfall
09. Predictable Chaos

LINE-UP
Dean Mess – Vocals
George Matikas – Guitars
Tasos D. – Drums
Nik Danielos – Bass

DOWNTOWN ASSOCIATION – Facebook

Entity Of Hate – Cursed for Eternity

Un lavoro breve ma davvero notevole, alla luce di una freschezza impronosticabile quando ci si cimenta con sonorità in voga circa un ventennio fa.

I Diabolus Arcanium, gruppo di Chennai dedito ad un atmospheric black metal, sono stati protagonisti di un’evoluzione invero particolare: infatti, al posto della band originaria ne esistono oggi due, che si muovono però in due direzioni ben distinte.

La prima di queste si chiama Cybernation e, come da monicker, i suoi primi passi saranno improntati a sonorità industriali, mente la seconda, denominata Entity Of Hate, ha appena pubblicato sotto l’egida della Transcending Obscurity il proprio esordio, l’ep Cursed For Eternity.
Tra le due è quest’ultima a dare in qualche modo continuità a quando già fatto dalla band madre, visto che le pulsioni symphonic black vengono ancor più esasperate per approdare su un territorio a metà strada tra il melodic black/death di scuola finlandese (Norther, Kalmah e primi Children Of Bodom) e, ovviamente, i Dimmu Borgir, imprescindibili per chi si approccia a questo genere.
Più che alla maestosità del sound però, Hex, responsabile di questi tutti i suoni ad eccezione della chitarra ritmica a cura di Virgil, punta all’incisività delle parti soliste, che trovano la loro ideale sublimazione in un brano killer fin dalle sue prime note come la title track, decisamente difficile da schiodare dalla mente.
Il connubio tra le tastiere e le sei corde funziona ottimamente anche in Lovers & Prey e Heart Shaped Dagger, con la prima più orientata al black e la seconda che fa riemergere la vena heavy e melodica della traccia di apertura, mentre a livello vocale Hex si disimpegna bene anche se la specialità non appare in assoluto il suo punto di forza.
La strumentale Bloody Tears (Castlevania) non toglie e non aggiunge alcunché e, quindi, si rivela tutto sommato superflua nell’economia dell’ep, ma queste sono piccole smagliature all’interno di un lavoro breve ma davvero notevole, alla luce di una freschezza impronosticabile quando ci si cimenta con sonorità in voga circa un ventennio fa.
Non resta che attendere le prossime mosse di questa nuova “entità” proveniente dall’India: le basi per produrre qualcosa di notevole sono state indubbiamente poste.

Tracklist:
1. Cursed For Eternity
2. Lovers & Prey
3. Heart Shaped Dagger
4. Bloody Tears (Castlevania)

Line-up:
Hex – Lead guitars/Keyboards/Vocals/Bass & Drums on the track Castlevania
Virgil – Rhythm guitars
Karry – Bass (except on Castlevania)
Simon – Drums (except on Castlevania)

ENTITY OF HATE – Facebook

Talvienkeli – Hybris

Un album intenso ed entusiasmante per una band sopra la media che non mancherà di sbalordire gli amanti del genere, grazie a quel pizzico di originalità compositiva capace di fare la differenza.

Quando si ha a che fare con Wormholedeath non bisogna mai dare tutto per scontato altrimenti si rischia di rimanere perennemente un passo indietro alla musica prodotta dai gruppi presi sotto l’ala della label nostrana.

Nei vari generi di cui si occupa (ormai nel metal praticamente tutti) trova il suo spazio il metal sinfonico, anche se dei gruppi fin qui proposti non c’è un gruppo uguale all’altro e tutti di una personalità debordante ed un sound sempre fresco ed a suo modo originale.
Dai Norhod ai Levania, dagli Esperoza ai Tearless (tanto per nominarne alcuni) dall’Italia e dall’estero la label di Carlo Bellotti si circonda di eccellenze, scovando grande musica in giro per il continente e per l’occasione affondando gli artigli nell’anima degli ascoltatori con i francesi Talvienkeli.
Nome difficile da pronunciate , ma musica che vi entrerà dentro come un treno, sotto le note progressive raccolte in una bellissima opera intitolata Hybris.
Metal sinfonico, ma dalle intuizioni progressive sopra le righe, un’eleganza e raffinatezza compositiva che ha del miracoloso per un gruppo al primo full length (di precedente c’è solo Blooming Ep licenziato nel 2014) ed atmosfere dark gotiche che non scadono mai nel banale, ma rimangono a volteggiare come avvoltoi sulle trame intricate e, a tratti, dai rimandi settantiani con cui i Talvienkeli colorano il loro paesaggio musicale.
Capitanata da due ragazze, la singer Camille Borrelly, dotata di un talento interpretativo sopra la media, e dalla bassista Laëtitia Bertrand, che non le manda certo a dire e, con Paul Sordet forma una sezione ritmica tecnicamente ineccepibile, la band si compone ancora delle tastiere di Pierre Cordier e della sei corde di Pierre Besançon.
L’album si sviluppa in un’ora abbondante di musica, nobile e varia, mai scontata e suggestiva nell’alternare momenti in cui lo spartito strizza l’occhio al progressive rock, altri dove il metal si fa spazio tra le linee portanti del sound per avvicinarsi al prog metal classico, e bellissime fughe sinfonico-gotiche, nelle quali il gruppo torna sulla terra mantenendo un alto tasso qualitativo.
Ovviamente la teatralità la fa da padrona (sono francesi, l’hanno nel sangue), e con note ed atmosfere d’altri tempi e la stupenda voce che intona canti suggestivi, veniamo trasportati in un sogno musicale, ora lieve e dolcissimo, ora elettrizzato da una tensione che si fa drammatica, ma mai violenta.
Le due parti di Hybris (Part II: Dégénérescence e Part I: Bienveillance) poste in apertura e chiusura dell’opera sono in pratica il sunto della musica del gruppo di Lione, ma a sentir bene l’album regala emozioni a profusione anche tra le loro dirimpettaie tra cui Raining Moon, raffinato brano attraversato da una ventata dark wave, e Atlas, brano prog simphonic gothic che esplode in un trionfo di note sontuose.
Un album intenso ed entusiasmante per una band sopra la media che non mancherà di sbalordire gli amanti del genere, grazie a quel pizzico di originalità compositiva capace di fare la differenza.

TRACKLIST
1.Hybris Part II: Dégénérescence
2.Burning Flesh
3.Immortal
4- The Explorer
5.Quill Of Dust
6.Atlas
7.Raining Moon
8.Deadly Nightshade
9.Scream-Her
10.Hybris Part I: Bienveillance

LINE-UP
Camille Borrelly – Vocals
Pierre Cordier – Keyboards
Pierre Besançon – Rhythm Guitars
Laëtitia Bertrand – Bass
Paul Sordet – Drums

TALVIENKELI – Facebook

Red Harvest – HyBreed

The Soundtrack to the Apocalypse: ristampa fondamentale per una band geniale e avvincente, da maneggiare con cura …

Ogni anno il mondo musicale è sommerso da grandi quantità di materiale e diventa sempre più difficile, anche per chi si diletta come “cercatore d’oro”, seguire tutte le uscite, nuove o ristampe che siano; in questo caso rischia di passare inosservata la reissue di un autentico capolavoro della leggenda underground norvegese Red Harvest, band attiva fin dal lontano 1989 con il demo Occultica, con il suo suono claustrofobico figlio di commistioni industrial, death, doom e ambient.

La ristampa in questione, Hybreed, presentata in un elegante confezione accompagnata da una copertina virata rosso deserto e con un secondo cd contenente un concerto reunion del 2013, presenta il loro apice creativo, anche se i successivi quattro full esalteranno e completeranno il loro percorso artistico. L’opera, uscita nel 1996 per Voices of Wonder, si articola su undici brani che presentano un grande varietà di suoni miscelati sapientemente tra loro, a partire dal opener Mazturnation, breve, ma intenso urlo ribelle di entità aliene alla natura bizzarra, per poi proseguire con il lento cammino di un’anima ruggente in Lone Walk; l’incipit di questa opera è già magistrale ma è con il prosieguo dei brani che si rimane stupefatti di fronte alla magnificenza regalataci da cinque grandi artisti: Mutant, urgente messaggio da un futuro graffiante e oscuro, After All, quattro minuti in cui sembrano scontrarsi oscuri eserciti di anime bruciate che ci narrano di inferni micidiali, l’oasi elettroacustica lugubre e metropolitana di Ozrham, screziata da fredde percussioni anticipa lo zenith On sacred ground, dove una maestosa melodia si apre lentamente in un mondo pesante, plumbeo e greve: un brano veramente magnifico! La materia fluttuante e le cascate laviche che accompagnano The Harder they fall trovano fugace quiete nell’ottavo brano Underwater, dove il lento salmodiare è squarciato da strali improvvisi di oscura luce; gli ultimi tre brani, Monumental, In deep (sinistra ambient) e The Burning wheel, portano a completa sublimazione l’arte di una band che tanto ha dato e poco o niente ha ricevuto. Ripetuti ascolti porteranno assuefazione e gioveranno allo spirito in questi tempi privi di certezze; la promessa da parte della band di un comeback discografico nel 2017 ci lascia speranzosi di poter ascoltare altre meraviglie.

TRACKLIST
1.Maztürnation
2.The Lone Walk
3.Mutant
4.After All…
5.Ozrham
6.On Sacred Ground
7.The Harder They Fall
8.Underwater
9.Monumental

CD2
1.In Deep
2.The Burning Wheel
3.Live BlastFest 2016
4.Omnipotent
5.The Antidote
6.Hole in Me
7.Godtech
8.Cybernaut
9.Mouth Of Madness
10.Sick Transit Gloria Mundi
11.Absolut Dunkel-Heit

LINE-UP
Jimmy Bergsten – Vocals, Guitars, Keyboards
Cato Bekkevold – Drums
Thomas Brandt – Bass
Ketil Eggum – Guitars
Lars Sørensen – Samples, Keyboards

RED HARVEST – Facebook

Ravenscry – The Invisible

Il bello di The Invisible è l’energia dispensata dalla band, con le parti più atmosferiche che fanno da preludio a brani sapientemente metallici.

Che i nostrani Ravenscry non fossero la solita gothic metal band era stato ampiamente dimostrato dal bellissimo The Attraction Of Opposites, album uscito tre anni fa che metteva in luce il talento compositivo del gruppo milanese e la bravura della cantante Giulia Stefani.

Con il nuovo album intitolato The Invisible il gruppo va oltre, creando un concept dal taglio moderno dove metal, dark e gothic rock si fondono per donare un’ora di magia musicale intrigante e matura.
Un concept, quindi, una storia che si articola su diciannove brani tra intermezzi, intro ed outro, atmosfere intimiste ed altre molto più energiche dove spicca il talento della Stefani, ancora una volta fiore all’occhiello dei Ravenscry, così come il songwriting, questa volta davvero superlativo.
Non è certamente il primo e non sarà neanche l’ultimo, ormai i concept album si sprecano tra le uscite che a ritmo frenetico invadono il mercato, ma nell’opera dei Ravenscry c’è qualcosa in più, che porta l’ascoltatore oltre la storia per assaporare le varie sfumature offerte dalla musica.
Coral è una giovane bibliotecaria che scopre sulla copertina di un libro un luogo della sua infanzia e così, nella necessità di ritrovare questo misterioso luogo, la ragazza inizia un viaggio anche interiore, un’avventura raccontata dal gruppo dispensando metal/rock dal taglio dark.
Il bello di The Invisible è l’energia profusa dalla band, con le parti più atmosferiche che fanno da preludio a brani sapientemente metallici, nei quali non mancano solos dal retrogusto classico che si frappongono ad una struttura modern metal, con la cantante che elargisce qualità canore ancora più stupefacenti che nel precedente lavoro.
Basterebbe The Deepest Lake come esempio della capacità compositiva dei Ravenscry che, tra ritmiche al limite del prog ed una struttura metallica, lasciano alla cantante lo spazio necessario per portare il brano ad un livello altissimo, emozionando non poco.
Fortunatamente ogni brano vive di luce propria, da quelli più lunghi ed articolati (Hypermnesia, The Mission) a quelli più diretti (Coral – As Seen By Others) e vanno a comporre un’opera riuscita in pieno, confermando non solo la bravura del gruppo milanese, ma lo stato di salute di una scena italiana che ormai fa la voce grossa in gran parte dei generi del metal.

TRACKLIST
1. The Entaglement
2. Whispered Intro
3. Hypermnesia
4. Coral (as seen by others)
The librarian talks about Coral
5. The Mission
6. Monsters Inside
The director of the institute talks about Coral
7. The Invisible Revolution
8. The teacher talks about Coral part 1
9. The Deepest Lake
10. The grandmother talks about Coral
11. More Than Anything
12. The teacher talks about Coral part 2
13. Nothing But A Shade
14. Nora talks about Martin
15. Oscillation
16. In Collision
17. The Magic Circle
Martin talks with Coral part 1
18. Flux Density
19. Overload
Martin talks with Coral part 2

LINE-UP
Giulia Stefani – vocals
Paul Raimondi – guitars
Mauro Paganelli – guitars
Andrea Fagiuoli–bass
Simon Carminati – drums

RAVENSCRY – Facebook

Ironbite – Blood & Thunder

Un buon album, magari fuori tempo massimo e da consumare se avete qualche primavera in più, ma in tempi di valorizzazione dei suoni old school, anche il sound degli Ironbite troverà senz’altro degli estimatori.

Un’altra proposta interessante da parte della label tedesca STF, con il terzo album degli Ironbite, metal band attiva da quasi dieci anni e con due lavori autoprodotti alle spalle, No Fate (2009) e Rise And Fall” (2012).

Blood & Thunder segue l’ormai consolidato sound del gruppo, un hard & heavy classico, irrobustito da potenza power, old school nell’approccio e senza compromessi per piacere ai metallers duri e puri, sopravvissuti agli ultimi tre decenni di musica metal, con i piedi ben saldi negli anni ottanta.
Musica da motociclisti, metal on the road ed inni da raduni, Blood & Thunder è ricco di atmosfere che riconducono a questo stile di vita, ed il sound ripercorre le strade mangiate a ritmo di Accept, Saxon e qualche accenno maideniano, nei solos e in qualche riff, sparso per questo piccolo altare eretto per glorificare l’hard & heavy ignorante e diretto.
Il quintetto tedesco non si risparmia, e i brani colmi di attitudine da rockers navigati, sono l’emblema di un certo tipo di fare hard rock, tra metal e rock ‘n’ roll, meno punk di quello dei Motorhead e più vicino alla new wave of british heavy metal.
Tra le tracce, spiccano la cavalcata The Doomsayer, la seguente Moonshine Dynamite che ricorda i Thin Lizzy, il mid tempo su cui è strutturata la potente Hellride e la conclusiva Hammer Of Justice, dal riff sassone e orgogliosamente epica.
Un buon album, magari fuori tempo massimo e da consumare se avete qualche primavera in più, ma in tempi di valorizzazione dei suoni old school, anche il sound degli Ironbite troverà senz’altro degli estimatori.

TRACKLIST
1.A Glorious Mess
2.Keep the Rage
3.Unleashed
4.D.E.A.D.B.E.A.T
5.The Doomsayer
6.Moonshine Dynamite
7.When Blood Runs Cold
8.Behind the Mask of a Faceless Man
9.Hellride
10.Black Death
11.Hammer of Justice

LINE-UP
Lucas Schmidt – Guitar
Danilo Licht – Guitar
Niklas Litzrodt – Bass
Samuel Sachse – Drums
Sebastian Sachse – Vocals

IRONBITE – Facebook

Frowning – Extinct

Un’ora di ottima musica che arriva a consolidare le posizioni del nome Frowning tra le realtà di spicco del funeral doom del nuovo secolo.

Tre anni dopo l’ottimo Funeral Impressions ritorna Val Atra Niteris con il suo progetto funeral doom Frowning.

Il nuovo parto si intitola Extinct ed appare quale naturale sviluppo di quel cammino intrapreso dal musicista tedesco all’inizio del decennio, attraverso alcuni singoli prima di affacciarsi con decisione sulla scena con lo split album del 2014 in compagnia degli Aphonic Threnody.
Se parlare di evoluzione nel funeral potrebbe essere improprio, non lo è invece utilizzare quale parola chiave “focalizzazione”, ovvero l’ideale passo verso il raggiungimento della perfezione formale e compositiva del genere.
Extinct rappresenta questo passaggio nel percorso dei Frowning: il funeral qui è interpretato in maniera quanto mai ortodossa ma non calligrafica e se l’opener Nocturnal Void è il brano che offre i maggiori spunti dal punto di vista melodico, nelle successive e più ripiegate su sé stesse Encumbered By Vermin e Veiled In Fog il sound mantiene il suo incedere dai ritmi bradicardici, trovando poi la sua quintessenza in Buried Deep, traccia di venti minuti che si pone quale manifesto musicale del musicista della Sassonia.
Le influenze nei Frowning sono molteplici, ma nessuna di esse appare particolarmente marcata: la lentezza portata talvolta alle estreme conseguenze è senz’altro riconducibile ai connazionali Worship, mentre il senso melodico ed atmosferico, più che a fonti di ispirazioni dichiarate e ben presenti quali Mournful Congregation ed Evoken, paiono essere assimilabili a campioni del funeral emotivo quali Ea o Eye Of Solitude; la bontà del lavoro di Val Atra Niteris risiede appunto nel sapere fondere con maestria tutto il vissuto del genere, per poi riversarlo in un modus compositivo che si trasforma in un’esibizione pressoché perfetta del genere (con il raggiungimento, appunto, di quell’obiettivo di ci si diceva in precedenza).
A livello soprattutto di curiosità va citata la versione della celeberrima Marcia Funebre di Chopin (volendo, lo si potrebbe considerare “il primo brano funeral della storia”, ma qualcuno più ferrato di me nella musica classica magari mi confuterà scovando qualcosa di anteriore…) anche se, personalmente, l’avrei omessa lasciando che l’album si chiudesse con le ultime note della splendida Buried Deep.
Poco male, quando resta quasi un’ora di ottima musica che arriva a consolidare le posizioni del nome Frowning tra le realtà di spicco del funeral doom del nuovo secolo.

Tracklist:
1.Nocturnal Void
2.Ecumbered By Vermin
3.Veiled In Fog
4.Buried Deep
5.Frederic Chopin’s Marche Funebre

Line-up:
Val Atra Niteris

FROWNING – Facebook

Ex Deo – The Immortal Wars

Terzo concept dedicato alla storia della civiltà romana da parte di Maurizio Iacono, che con gli Ex Deo ci porta in mezzo alla guerre puniche grazie al suo death metal epico ed orchestrale.

Maurizio Iacono mette a riposo gli inossidabili e (a mio parere) sottovalutati Kataklysm e rispolvera quella che, di fatto, è la sua creatura nata per dare sfogo alla passione per la storia della civiltà romana, gli Ex Deo.

Dopo Romulus (2009) e Caligvla (2012) è giunta l’ora delle guerre puniche e dei due protagonisti principali di questo periodo storico, con la prima parte del concept dedicata ad Annibale e la seconda a Publio Cornelio Scipione.
Il sound non si discosta da quello che Iacono ha voluto dare alla sua creatura fin dal principio e, accompagnato da praticamente tutti i membri della band madre, tratteggia questo quadro storico con un death metal orchestrale e cinematografico, assolutamente epico e perfetto per raccontare la storia e le vicende di una delle civiltà più importanti della storia.
In mid tempo quadrati come l’opener The Rise Of Hannibal, la parte sinfonica trasforma il tutto in una marcia magniloquente, mentre il vento fa turbinare la neve ghiacciata che disturba il cammino degli elefanti nella drammatica ed avventurosa Crossing Of The Alps, dove la sezione ritmica dà il meglio di sé (Dano Apekian al basso e Olivier Beaudoin alle pelli) e Iacono, come un oratore, distribuisce cultura sotto il segno di un growl che, come abitudine, si incattivisce in un raggelante e quanto mai terribile scream nelle parti più violente.
Suavetaurilia è un’intermezzo sinfonico che conduce alla seconda parte dell’album ed alla mostruosa Cato Major: Carthago Delenda Est!: qui le due chitarre (Jean-François Dagenais e Stéphane Barbe) si scontrano con un’orchestrazione suggestiva , mentre il vocalist interpreta il brano con trasporto come se lui stesso comandasse le legioni romane contro i nemici cartaginesi; ci avviciniamo così all’apoteosi epica riservata al trio di tracce che inizia con l’indomabile Ad Victoriam (The Battle of Zama), passa per la violentissima The Spoil Of War per lasciare alle mastodontiche orchestrazioni di The Roman il compito di concludere questa lezione di storia a cura di Maurizio Iacono e con la colonna sonora degli Ex Deo, che con questa opera si issano stabilmente sul podio del death metal dai rimandi epici e orchestrali.

TRACKLIST
1. The Rise of Hannibal
2. Hispania (The Siege Of Saguntum)
3. Crossing Of The Alps
4. Suavetaurilia (Intermezzo)
5. Cato Maior: Carthago Delenda Est!
6. Ad Victoriam (The Battle Of Zama)
7. The Spoils Of War
8. The Roman

LINE-UP
Maurizio Iacono – Vocals
Dano Apekian – Bass
Jean-François Dagenais – Guitars
Stéphane Barbe – Guitars
Olivier Beaudoin – Drums

EX DEO – Facebook

childthemewp.com