Dope – Blood Money Part I

Aspettando la seconda parte godiamoci Blood Money e diamo il bentornato a Edsel ed ai suoi Dope!

Per chi ha seguito con attenzione lo sviluppo ed il successo del nu metal, negli anni a cavallo del nuovo millennio, si ricorderà certo dei Dope e dei loro due primi album, due mazzate di devastante metallo industriale, pregno di groove e dall’elevato appeal melodico.

Felons and Revolutionaries e Life, rispettivamente del 1999 e del 2001, fecero crescere la fama del gruppo capitanato da Edsel Dope, arrivato leggermente in ritardo sul ruolino di marcia del mainstream, ma sicuramente dotato del giusto approccio e talento per regalare agli allora amanti del nuovo suono metallico americano qualcosa per smuovere i fondoschiena.
Innumerevoli cambi di line up, ancora tre lavori tra il 2003 ed il 2009 e poi il lungo letargo interrotto dalle scariche industrial nu metal del nuovo Blood Money part I, buon ritorno per il gruppo statunitense.
Parliamoci chiaro, se nel 2016 siamo ancora qui ad esaltarci per le opere di gruppi classici che si rifanno all’hard rock settantiano o alla new wave of british heavy metal, allora una mazzata nu metal direttamente dagli States ci sta tutta ed il ritorno dei Dope risulta proprio questo, una devastante prova di forza dalle sonorità metalliche moderne e crossover.
E Blood Money (il brano) risulta tutto quello che vorreste sentire da un album dei Dope: nu metal potentissimo, industriale e dal chorus che si stampa in testa al primo passaggio, in due parole irresistibile.
Chiudete gli occhi ed il tempo scorrerà a ritroso fino all’alba di questo disgraziato millennio, tempi in cui il genere e le sue star erano ospiti fissi sui magazine di tutto il mondo, mentre Shoulda Known Better, Razorblade Butterfly e la spettacolare A New Low riportano definitivamente il calendario all’anno di grazia 1999.
Non fosse altro, la band ci fa regalo di una chicca, la cover di Violet di santa madre Courtney Love e delle sue Hole, nei novanta affascinante strega tossica e Yoko Ono del grunge, ora mirabile cantautrice dei sopravvissuti di un decennio che è già storia.
Aspettando la seconda parte, godiamoci Blood Money e diamo il bentornato a Edsel ed i suoi Dope!

TRACKLIST
1.Intro – Confessions Of A Felon
2.Blood Money
3.Shoulda Known Better
4.Lexapro 5.Hold On 6.1999
7.Razorblade Butterfly
8.Drug Music
9.A New Low
10.Hypocrite
11.X-Hale
12.End Of The World
13.Selfish
14.Numb
15.Violet (Bonus Track)

LINE-UP
Edsel Dope – Vocals, guitars, keys
Nikk Dibs – Guitars
Jerms Genske – Bass
Dan Fox – Drums

DOPE – Facebook

ONE SHALL STAND – Taking your try to fail me into your grave

Un disco da scoprire, contiene molte sorprese e soprattutto tanta ma proprio tanta futta hardcore, e conferma la famiglia Cbc come una delle migliori fonti di hardcore nostrano.

Da membri di Face Your Enemy e Da4th ecco un bel disco hardcore che picchia tantissimo.

Il suono dei One Shall Stand è un misto di vecchia e nuova scuola, per intenderci sarebbe potuto uscire per la belga Goodlife perché il suono è quello. Hardcore old e new, un pò di beatdown hardcore fatto benissimo, e soprattutto tanta intensità e bravura nel fare l’hardcore senza scimmiottare altri gruppi, ma tracciando una propria via. Questo disco ha un gran bel tiro, come quelle opere metà anni novanta inizio duemila, dove l’hardcore e il metal si fondevano felicemente assieme. Qui il livello è molto più alto della media di quegli anni, perché i musicisti sono bravi e sanno fare bene l’hardcore, e anche perché gli One Shall Stand hanno molte idee e le sviluppano bene. Ciò che colpisce più del disco è la grande intensità, si viene colpiti da questo fiume in piena. La prima parte del disco è più picchiata e veloce, mentre la seconda forse ancora più affascinante, arriva persino sui confino dello screamo, il tutto fatto davvero bene. Un disco da scoprire, contiene molte sorprese e soprattutto tanta ma proprio tanta futta hardcore, e conferma la famiglia Cbc come una delle migliori fonti di hardcore nostrano.

TRACKLIST
1.Intro
2.BLK
3.TWR
4.A Place Inside My Head
5.Speak
6.Never Forget/Never Remember
7.We’re Desolated
8.Lifeless
9.Forever Standing (Live)

ONE SHALL STAND – Facebook

Manoluc – Carcosa

Un album che risulta una vera sorpresa, un crossover estremo che non mancherà di soddisfare gli amanti del metal senza barriere stilistiche di sorta.

La scena estrema nazionale si arricchisce ogni giorno di più con gruppi che, pur provenendo da tutte le latitudini dello stivale, hanno un denominatore comune, la qualità.

C’è ne davvero per tutti i gusti, dal melodic death metal scandinavo, al più agguerrito death classico, senza farci mancare grind e black metal e tutti le diverse sfumature di cui il metal estremo si nutre.
Una scena ormai non più scena di serie b, ma tra le prime in Europa grazie anche a opere come Carcosa dei Manoluc, quartetto proveniente dal Friuli-Venezia Giulia, composto da musicisti già attivi nella scena del nord est, unitisi per dare voce a questo loro ottimo metal estremo.
Carcosa, infatti si compone di otto brani con tanto di intro recitate e campionate, prese da varie opere cinematografiche di genere, da Pasolini, ad Orwell, un tocco industrial al sound già di per sé valorizzato da varianti estreme dal death al thrash fino al black (Satyricon era Now, Diabolical).
E l’album ne esce come un destabilizzante quanto maturo esempio di metal estremo, che nella sua violenza mantiene un’atmosfera ricercata, profondamente oscura, martellante e moderna, come le strade di una metropoli dove l’individuo, ormai reso un cannibale, è in balia della sua fame e della ricerca spasmodica di nutrimento consumistico.
In generale le tracce si sviluppano si mid tempo pesantissimi dove si evince il gran lavoro dei musicisti a livello ritmico, mentre growl e scream si spingono verso l’oscura ed ormai inevitabile dannazione sulle note di Infected Communication e della splendida title track, esempi di musica estrema matura e totale.
Un album che risulta una vera sorpresa, un crossover estremo che non mancherà di soddisfare gli amanti del metal senza barriere stilistiche di sorta.

TRACKLIST
1.The Sum Of All Your Fears
2.Infected Communication
3.The Mind Parasites
4.Alien Disease
5.The Triumphal March Of Nothingness
6.The Shepherd And The Snake
7.Carcosa
8.The Cave

LINE-UP
Tommaso Napolitano – Vocals
Alessandro Attori – Guitars
Giulio Cucchiaro – Bass
Nicola Revelant – Drums

MANOLUC – Facebook

Suffer Yourself – Ectoplasm

Ottima seconda prova di funeral doom da una band in costante evoluzione

Fin dalla cover alcuni dischi accendono l’ interesse di noi ascoltatori, di noi ” cercatori d’oro”; mi sbilancio ma questa mi è piaciuta tantissimo e anche il particolare titolo “Ectoplasm” mi ha spinto ad ascoltare il 2° full dei Suffer Yourself, già autori di un ottimo full nel 2014 (Inner Sanctum).

Nati come one man band di Stanislav Govorukha già EX AUTO DA FE (funeral death), CORAM DEO (melodic death), ILLUMINANDI (folk-gothic) si sono evoluti nella attuale band, locata in Svezia, che comprende altri tre musicisti che aiutano il leader a creare un grande disco di funeral death doom in cui si miscelano artigianalmente, con cura certosina, molte influenze per creare un opera che come sempre data la lunghezza, cinque brani per un ora di splendida musica, ha bisogno di numerosi ascolti per “entrare”. Il suono, come il titolo esplica, appare come una “sostanza mobile ectoplasmica” e può essere morbido, sinuoso, vaporoso, fluido, non ben definito, ma in ogni caso sempre emozionante e di infinita tristezza, come nel magnifico brano “The Core\Nika Turbina” in ricordo del trentennale del disastro di Chernobyl (…i’ll paint my name on the abandoned walls to come back in thirty years). Due brani anche per la loro lunghezza, Abysmal Emptiness di sedici minuti e Dead Visions di diciannove minuti sono l’ esempio migliore di come sono intersecate anche in modo inaspettato tutte le influenze del leader, da grandi muri di suono (come i grandi Esoteric) in perenne movimento a momenti più direttamente death (metà di Abysmal) che scivolano in parti più morbide, “melodiche”, in modo da rendere questa opera maestosa, misteriosa e cangiante; le vocals del leader passano da un lento salmodiare a un ottimo growl, con parti anche cantate in russo\ucraino. E’ sempre un piacere poter seguire ed ascoltare bravi musicisti che suonando con passione e idee, ci affascinano nel loro percorso musicale.

TRACKLIST
1. Ectoplasm
2. Abysmal Emptiness
3. The Core
4. Dead Visions
5. Transcend the Void

LINE-UP
Malcolm Sohlen – Bass
Kateryna Osmuk – Drums
Lars Abrahamsson – Guitars
Stanislav Govorukha – Guitars, vocals, programming

SUFFER YOURSELF – Facebook

Leprous – Live at Rockefeller Music Hall

Questo live consacra la band come nome cardine di un certo modo di suonare musica progressiva nel nuovo millennio

E giunse per progsters norvegesi Leprous il momento di immortalare la loro musica in un monumentale cd/dvd dove finalmente il loro talento viene nobilitato, sia nel supporto audio che video.

Analizzare un live non è così facile, una volta il classico live album che arrivava per fotografare il periodo di maggior successo di una band era supportato solo dal supporto audio, oggi i live si sprecano, ed i dvd che aggiungono la bellezza virtuale nel vedere lo spettacolo nella sua interezza non fanno più notizia, a meno che non si tralascino le solite band da un dvd all’anno e ci si regali qualcosa di unico come Live at Rockefeller Music Hall dei Leprous.
Quattro capolavori in studio nel giro di sei anni con i primi due assolutamente clamorosi (Tall Poppy Syndrome e Bilateral) e gli ultimi (Coal e The Congregation dello scorso anno) a confermare la maturità artistica e l’enorme talento dell’immenso Einar Solberg e compagni, la band come saprete ha trascorsi estremi e si sente, ancora di più in sede live, dove i suoni (straordinari) sono inevitabilmente induriti e l’atmosfera dark apocalittica di molte composizioni è accentuata nel supporto video dalla scenografia scarna ma spettacolare.
Con due ospiti d’eccezione, come il vecchio batterista Tobias Ørnes Andersen e sua maestà Ihsahn, con cui la band ha collaborato alle opere in studio, lo spettacolo progressivo di questo live tocca vette espressive altissime , altalenando momenti di bellissima musica estrema ad atmosfere dark progressive, ipnotizzati dalla voce fuori categoria di Solberg, un marziano per interpretazione e calore che emana, mentre il freddo glaciale di molti passaggi al limite del black travolgono l’ascoltatore in un turbinio di synth originalmente moderni e la lucida perfezione del battito delle bacchette sulle pelli di Baard Kolstad.
La band dà molto spazio all’ultimo lavoro che viene eseguito in quasi tutta la sua interezza e dove spiccano, nella magia dall’attimo, la stupenda Slave e The Flood che apre il concerto.
Un album perfetto in tutti i dettagli, una performance fuori dagli schemi ed un finale lasciato al capolavoro Contaminate Me, spettacolarizzata dal duetto tra Solberg e Ihsahn e che regala l’ultima della marea di emozioni che i Leprous sanno regalare anche e soprattutto dal vivo.
Questo live consacra la band come nome cardine di un certo modo di fare musica progressiva nel nuovo millennio, ignorare la musica dei Leprous è peccato mortale soprattutto se si è amanti del nuovo progressive, band dal valore qualitativo enorme.

TRACKLIST

Disc 1
1.The Flood
2.Foe
3.Third Law
4.Rewind
5.The Cloak
6.Acquired Taste
7.Red
8.Slave
9.The Price
10.Moon
11.Down
12.The Valley
13.Forced Entry
14.Contaminate Me

Disc 2
1.Behind the Scenes
2.Slave (Lyric Video)
3.Restless (Video Clip)
4.The Cloak (Video Clip)
5.The Price (Video Clip)
6.Leprous at Rockefeller 13 Years Earlier

LINE-UP
Tor Oddmund Suhrke – Guitars, Vocals (backing)
Einar Solberg – Keyboards, Vocals (lead)
Øystein Landsverk – Guitars, Vocals (backing)
Baard Kolstad – Drums

LEPROUS – Facebook

Northern Lines – The Fearmonger

Bravi ed originali, i Northern Lines possiedono un sound perfettamente bilanciata tra irruenza ed eleganza e quello che ne trae l’ascoltatore è uno splendido caleidoscopio musicale.

I Northern Lines, trio strumentale in arrivo dalla capitale, propongono un ottimo esempio di hard rock progressivo, stimolato da varie sfumature prese in prestito da altri generi, ma pur sempre ben saldo nella tradizione hard & heavy.

Il gruppo nasce a Roma tre anni fa ed è composto da Stefano Silvestri (basso), Cristiano “Chris” Schirò (batteria) e Alberto Lo Bascio (chitarra), l’ esordio risale all’anno della fondazione (Hari Pee Hate), mentre ne 2014 il gruppo dàalle stampe l’album Farts From S.E.T.I. Code.
Il 2017 é l’anno di The Fearmonger che prosegue il cammino dei tre musicisti romani tra la musica moderna, un cammino intrapreso sulla strada del metal/rock, ma con più di una scorciatoia che allontana il sound del trio dalla strada principale per inoltrarsi in sentieri rock, prog, fusion, in un continuo cambio di atmosfere.
Un album strumentale che, proprio per la sua varietà di suoni e umori è un piacere ascoltare, senza inutili prove di bravura strumentale, ma con in primo piano un grande senso melodico, che dà continuità al mood dei brani pur così diversi tra loro.
Ovviamente i musicisti sanno il fatto loro, l’opera è prodotta molto bene e la musica scivola tra momenti di grintoso hard & heavy, fughe progressive, momenti di liquida musica fusion ed accenni a motivi famosi che si piazzano nella testa giusto quell’attimo per non andarsene più.
Bravi ed originali, i Northern Lines possiedono un sound perfettamente bilanciata tra irruenza ed eleganza e quello che ne trae l’ascoltatore è uno splendido caleidoscopio musicale: The Fearmonger è un album
bello e consigliato anche a chi non ama più di tanto i lavori strumentali.

TRACKLIST
1. Mast Cell Disorder
2.Session 1
3.Shockwave
4.Nightwalk
5.Session 2
6.Machine Man
7.Meteor
8.Jukurrpa
9.Towards The End
10.Apathy Fields
11.Most People Are Dead

LINE-UP
Cristiano Schirò – Drums
Alberto Lo Bascio – Guitar
Stefano Silvestri – Bass,piano,synth

NORTHERN LINES – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Barrow Wight – Kings in Saurons Service

Un buon lavoro che, se lascia molto sul campo a livello di suoni e produzione, non manca di incendiare i fans del genere grazie a brani diretti, con tanto heavy speed oscuro e malefico.

I canadesi Barrow Wight festeggiano i dieci anni di attività con l’uscita del loro primo lavoro sulla lunga distanza.

Attivi infatti dal 2006, iniziarono a calcare i palchi come cover band dei seminali Venom, per poi cominciare a scrivere brani inediti dal 2010, anno in cui uscì il primo demo.
Nel corso di questo ultimo periodo il trio di Ottawa ha licenziato una manciata di lavori minori, per arrivare in piena forma a Kings in Saurons Service, licenziato dalla Heavy Chains Records in cd e musicassette a ribadire la forte attitudine old school.
Sorvoliamo sulla produzione, in linea con l’attitudine di cui sopra e concentriamoci sul sound di questo primo album, una buona via di mezzo tra l’heavy metal ed il black di scuola Venom/Bathory.
Le liriche riprendono gli scritti epico/fantasy di Tolkien, ma invece del solito power metal i tra canadesi ci investono con sonorità black speed, dal taglio old school, amalgamandole con atmosfere che richiamano l’ epico incedere dei Bathory.
Ne esce un buon lavoro che, se lascia molto sul campo a livello di suoni e produzione, non manca di incendiare i fans del genere grazie a brani diretti, con tanto heavy speed oscuro e malefico.
Mezz’ora abbondante al cospetto della parte più cruda e diretta delle atmosfere che hanno fatto diventare le opere di Tolkien un fenomeno di massa (grazie anche alle trilogie cinematografiche), dunque con No Sleep till Gondor, la progressiva In League with Sauron e la conclusiva ed atmosferica The Palantir vi troverete immersi nel mondo della terra di mezzo, schivando asce di nani, trucchi di maghi e frecce di agguerriti elfi.
Non male, un lavoro old school (sia a livello di suoni che di produzione) che non manca di momenti ispirati, dategli un ascolto, specialmente se siete true defenders vecchia scuola.

TRACKLIST
1. Intro
2. No Sleep Till Gondor
3. Osgiliath
4. The Cult
5. Grond
6. Knights in Saurons Service
7. In League With Sauron
8. Dwimmerlaik
9. Harrower Of The Dark
10. The Palantir

LINE-UP
Antero: Vocals, Bass
Akiva: Guitars
Ace: Drums

BARROW WIGHT – Facebook

The Human Condition – Pathways

Considerando che Pathways è il primo album del gruppo, il risultato può sicuramente considerarsi discreto, rimanendo confinato nel purgatorio dei lavori di genere.

Un viaggio rallentato e melanconico nel doom metal classico è il debutto sulla lunga distanza dei The Human Condition, un lavoro di genere che lascia buone impressioni e speranze per il futuro.

Il quintetto britannico, attivo da un po’ di anni,arriva all’agognato esordio solo quest’anno, dopo un demo, ormai dirialente a cinque anni fa, e la firma per Topillo Records.
Pathways è un lavoro incentrato sul doom classico, su questo non ci piove, anche se qualche arrangiamento richiama il doom/death dei primissimi Paradise Lost ed Anathema.
Un album che sulla drammatica ed introspettiva condizione umana costruisce ogni passaggio ed ogni riff con cui la band ha costruito questo monumento di desolante solitudine, con la musica del destino come colonna sonora.
Come scritto, qualche passaggio più intenso distrae da un mood in linea con i gruppi storici del genere, da ricercare tra le band storiche del periodo a cavallo tra gli anni ottanta ed il decennio successivo, lasciando ad altri le solite influenze sabbathiane e cercando nell’inesorabile ed evocativa lentezza del sound di Candlemass, Solitude Aeturnus, Solstice e Revelation.
Un dettaglio migliorabile è sicuramente la voce, un po’ troppo monocorde e qualche passaggio ripetuto in molti dei brani, per il resto il sound viaggia sui binari classici del genere e brani come The Things I Should Have Said e Chrysalis troveranno sicuramente estimatori tra i consumatori di musica del destino.
Considerando che Pathways è il primo album del gruppo, il risultato può sicuramente considerarsi discreto, rimanendo confinato per ora nel purgatorio dei lavori di genere.

TRACKLIST
1.The Tempest
2.The Things I Should Have Said
3.The Gifts I Gave
4.Pathways
5.Chrysalis
6.22 Years
7.My Will Has Gone

LINE-UP
James Moffatt – Bass
Phil Purnell – Drums
Jonathon Gibbs – Guitars
Kieron Tuohey – Guitars
Nathan Harrison – Vocals

THE HUMAN CONDITION – Facebook

ALMASSACRO

La rabbia è sempre interessante e soprattutto viva nell’underground, e nei gruppi che continuano a prendere gli strumenti dopo il lavoro e vanno in sala prove per gridare la loro rabbia. Qui di seguito abbiamo intervistato un gran gruppo sardo, gli Almassacro, rapcore di qualità, fatto con cuore e coglioni.

iye Come nascono gli Almassacro ?

La band nasce nel 2010 come side project, la formazione era diversa e comprendeva membri dei Reminiscenza e Isojada e dei Sangue e Feccia.
Il nome Almassacro (scritto tutto attaccato) viene fuori dallo stato d’animo del momento, di fatto rappresenta una condizione,un modo di affrontare le cose di petto, mettendo in conto anche lo scontro fisico di chi affronta la vita e le avversità senza timori della serie ….pronti a tutto, Almassacro!
Nel 2012 a causa di avvenimenti indipendenti dalla band il progetto si ferma totalmente e finisce in cantina.
Nonostante le difficoltà, la band non muore, anche grazie all’ostinazione di Ese e Sgrakkio nel voler proseguire, e nel 2013 si rientra in sala con un cambio di elementi: dei membri fondatori restano appunto solo Ese e Sgrakkio ,che contattano il resto della formazione.
Si ricomincia in silenzio, con nuove idee e con tanta voglia di fare e dopo 6 mesi di prove si esce allo scoperto.
Abbiamo iniziato a fare un bel po’ di concerti con la nuova formazione e siamo stati molto fortunati, dobbiamo ammetterlo, perché abbiamo condiviso il palco con i Madball, GBH, Kaos One, Strenght Approach, Mezzosangue, Moscow Death Brigade, Ensi e tanti altri.
Nel 2015 registriamo Ostilità, il nostro primo EP, e lo portiamo in tour suonando anche in Francia e Svizzera.

iye Cosa vi ha spinto a fare musica ?

Lo stato delle cose, la realtà in cui siamo cresciuti, la necessità di esprimere il nostro dissenso e dire la nostra senza volerci omologare, la passione per ciò che facciamo, la volontà di essere e non di apparire .

iye A quale gruppo o musicista vi sentite più vicini ?

Nessuno in particolare, abbiamo tutti altri progetti musicali e tutti siamo cresciuti con diverse influenze e ascolti.
Sicuramente siamo legati alla scena rap italiana e statunitense anni ’90, quella che portava con sé un messaggio,
dd alcuni rapper europei di livello e a tutti quelli che di quella scena hanno preso il meglio e la portano avanti, alla scena hardcore tutta, compresa quella Italiana con cui siamo cresciuti, è parte del nostro sound e ci ha influenzato e continua a farlo anche nella vita di tutti i giorni.

iye La musica può essere uno strumento politico ?

Certamente lo è in quanto la musica è un linguaggio universale rivolto alle masse, spesso può portare con se anche un messaggio politico o politicizzato.
Chiunque salga su un palco o scriva dei dischi di fatto sta comunicando verso chi guarda e ascolta in maniera implicita.
Ma la politica è una cosa i partiti sono ben altro.
Facendo un distinguo, per noi i partiti politici non rappresentano che organizzazioni a delinquere legalizzate, nessuno escluso, non ci interessano, li odiamo tutti; la musica è un linguaggio che guarda oltre e abbatte ogni barriera ed è incontrollabile, questo per noi è il messaggio politico più importante che ci sia

iye E’ possibile in Italia fare musica da strada ?

E’ un amara constatazione, in Italia suonare in giro è sempre più difficile.
Mancano i posti e la scena ma, per fortuna, c’è chi resiste …
Oggi le nuove generazioni passano più tempo sui social che a vivere le loro esistenze, è molto triste ma
l’avvento di internet, nel bene e nel male, ha dato a tutti ampia scelta di vedere i concerti su Youtube e la gente non segue più i concerti: magari si scaricano il tuo pezzo ma non verranno mai ad un tuo concerto se prima sui social media non hanno fatto di te un fenomeno.
I ragazzi hanno saltato la fase più bella, quella adolescenziale: non hanno vissuto i concerti, lo sbattimento, il diy, la voglia di fare concerti e fare aggregazione, è sempre più raro vedere gente per strada o in cantine e capannoni in campagna a tirare su eventi … si è perso lo spirito e il tramandare i valori più sani, mancano lo stare insieme e la voglia di fare gruppo.

iye Cosa pensate del vostro paese e come immaginate il suo futuro ?

Ascoltando Colpo di grazia e A.C.A.B. ti puoi fare un idea del nostro pensiero …
Viviamo in una democrazia sospesa, in un paese che va a rotoli e nessuno che scenda in strada e reagisca … sono tutti leoni su Facebook … Noi a nostro modo cerchiamo di far capire, anche attraverso la nostra musica, che il fondo lo si sta grattando già da tempo: è il nostro piccolo contributo per tentare un risveglio delle coscienze!

iye Prossimi concerti ?

Noi siamo in giro … ovunque e comunque!

iye Progetti futuri ?

Siamo sul pezzo, lanceremo a breve il video on the road di Attitude, stiamo scrivendo e provando roba nuova e, salvo imprevisti, per il 2017 prevediamo di fare uscire il prossimo lavoro seguito da un tour promozionale.

Grazie mille agli Almassacro.
La lotta continua.

Under Static Movement – The Mirror

Le influenze sono da attribuire in egual modo ai gruppi storici dei primi anni del nuovo millennio, ed i nuovi eroi del metal core che girano sui canali satellitari e con cui la band nostrana si avvicina senza timori reverenziali, carichi di energia e rabbia metallica.

Nuovo ep per l’ alternative metal band Under Static Movement, quintetto nato dall’unione di musicisti di diverse realtà gravitanti tra Cremona e Piacenza.

The Mirror è il terzo ep in poco meno di dieci anni di attività, una buona presenza live e qualche cambio nella line up.
La proposta degli Under Static Movement è un alternative metal, tra il nu metal ed il metal core, dalle buone intuizioni melodiche, ma comunque energico e aggressivo il giusto per fare sfracelli soprattutto in sede live.
Buona l’alternanza tra scream core e voce pulita, gagliardi i riffoni stoppati e le ritmiche potenti e cadenzate, marchio di fabbrica dei gruppi di metal moderno.
Le influenze sono da attribuire in egual modo ai gruppi storici dei primi anni del nuovo millennio, ed i nuovi eroi del metalcore che girano sui canali satellitari e con cui la band nostrana si avvicina senza timori reverenziali, carichi di energia e rabbia metallica.
Ottimo come scritto il supporto melodico al muro pregno di groove innalzato dalla sezione ritmica, la band si fa apprezzare nel saper mantenere con sagacia una durezza di fondo che permette al sound di non risultare troppo patinato e The Mirror risulta così un ottimo lavoro, specialmente per gli amanti di queste sonorità, con
Death By Lobotomy, il singolo Mezcal e la conclusiva The Solution tra i brani migliori.

TRACKLIST
1. Death By Lobotomy
2. Falls From Grey
3. Mezcal
4. Put Your Finger Inside
5. Seven
6. Still Laying
7. The Solution

LINE-UP
J.P. – vocals
Riku – guitar
Bone – guitar
Fede – bass
Nik – drums

UNDER STATIC MOVEMENT – Facebook

childthemewp.com