Uncoffined – Ceremonies of Morbidity

Un album che ribadisce con forza, semmai l’avessimo dimenticato, quale sia la vera patria del genere.

Sicuramente, se si cerca del death doom della vechcha scuola suonato con proprietà e competenza, l’approdo in terra albionica è una sorta di certificato di garanzia.

Gli Uncoffined provengono, appunto, da Durham ed esprimono in maniera ideale questo stile musicale: Ceremonies of Morbidity è il loro secondo full length che conferma il buon livello già raggiunto con il precedente Ritual Death and Funeral Rites, grazie alla coesione di un gruppo di musicisti capaci di mettere a frutto l’esperienza maturata in passato.
Il motore della band è la cantante batterista Kat Shevil, attiva nella scena britannica fin dai primi anni novanta, guida del manipolo di dannati che ne accompagna l’efferato rantolo; Ceremonies of Morbidity è un lavoro che, con soli cinque brani, supera l’ora di durata ma tutto sommato il peso di tutto ciò non si avverte più di tanto: se si apprezza il genere non sarà un problema convivere con il sound pachidermico ma sufficientemente dinamico offerto dal quartetto.
Grazie ad una produzione efficace ma che lascia al sound quella “sporcizia” che ben gli si addice, l’album lascia il segno, mantenendo una sua drammaticità di fondo, dovuta anche all’inserimento di numerosi samples che rimandano agli horror in bianco e nero dello scorso secolo, e si pone una spanna al di sopra delle uscite di stampo analogo che mi è capitato di commentare ultimamente, alle quali mancava quella profondità che, invece, gli Uncoffined riescono ad imprimere con forza al lavoro.
Della tracklist segnalo gli ultimi due brani, Ill Omens of Death and Disease e Awakened from Their Dormant Slumber, che forse più degli altri si snodano lungo le coordinate che preferisco, quando il death doom volge lo sguardo ai dsichi d’esordio di Cathedral e Anathema, o all’unico splendido full length pubblicato dagli effimeri Decomposed: qui gli Uncoffined esprimono il meglio, ma non demeritano assolutamente anche nel resto di un album che ribadisce con forza, semmai l’avessimo dimenticato, quale sia la vera patria del genere.

Tracklist:
1. The Horrors of Highgate
2. Plague of the Uncoffined
3. Ceremonies of Morbidity
4. Ill Omens of Death and Disease
5. Awakened from Their Dormant Slumber

Line-up:
K.Shevil – Vocals, Drums
G.Hall – Guitars
Jonny Rot – Guitars
Gory Sugden – Bass

UNCOFFINED – Facebook

Quartz – Fear No Evil

Il buon ritorno di un gruppo che poteva lasciare un segno più profondo sulla storia dell’heavy metal: probabilmente è troppo tardi, ma se le sonorità britanniche dei primi anni ottanta sono ancora nelle vostre corde, Fear No Evil è l’album che fa per voi.

Tornano sul mercato delle vecchie glorie della new wave of british heavy metal i britannici Quartz, band di Birmingham attiva dalla seconda metà degli anni settanta.

Un gruppo, dunque, che gli anni della nascita dell’heavy metal li ha vissuti davvero, peccato che dopo gli album dei primi anni ottanta (Stand Up and Fight e Against All Odds, usciti rispettivamente nel 1980 e nel 1983) non abbia più fatto uscire nulla di inedito, a parte qualche live e varie compilation.
Con molti capelli bianchi in più sulle chiome, i musicisti britannici tornano con un nuovo cantante e un album nuovo di zecca, Fear No Evil, dodici brani per un tuffo nell’heavy metal old school.
L’album mantiene le caratteristiche che ne hanno caratterizzato l’inizio della carriera: riff sassoni, melodie accattivanti ed un buon songwriting, certo il genere è questo, al 100% forgiato nel metal vecchia scuola, prodotto e registrato il giusto per risaltare il mood classico di un lavoro piacevole, specialmente per chi ama il genere.
In generale il livello dei brani è buono, la sei corde dello storico chitarrista Mick Hopkins disegna scale metalliche tra UFO (nei brani dall’impronta hard rock) e Maiden, dove la parte heavy prende il sopravvento con una manciata di tracce che trainano tutto l’album (The Stalker, Walking On Holy Water, Riot In The City e Scream At The Devil).
Il buon ritorno di un gruppo che poteva lasciare un segno più profondo sulla storia dell’heavy metal, probabilmente è troppo tardi, ma se le sonorità britanniche dei primi anni ottanta sono ancora nelle vostre corde, Fear No Evil è l’album che fa per voi.

TRACKLIST
1. Fear No Evil
2. Rock Bottom
3. The Stalker
4. Rapture
5. Zombie Resurrection
6. Barren Land
7. Walking On Holy Water
8. Dangerous Game
9. Born To Rock The Nation
10. Riot In The City
11. Dead Man’s World
12. Scream At The Devil

LINE-UP
David Garner – vocals
Mick Hopkins – guitar
Geoff Nicholls – guitar, keyboards, vocals
Derek Arnold- bass
Malcolm Cope – drums

QUARTZ – Facebook

Elemento – Io

Un gran bel disco, fatto di grandi melodie e di un metal davvero progressivo.

Disco giustamente ambizioso che esplora i sentimenti umani, usando come sonda un metal progressivo unito a djent, mathcore e tanto altro.

In questo viaggio siamo guidati da Time, una figura umanoide che mostra al protagonista un’ampia gamma di sentimenti umani. Provenienti da una provincia italiana, e non serve sapere quale, gli Elemento parlano molto bene con la loro musica, che è un gran bel viaggio tra vari generi, rimanendo sempre nell’universo dello strumentale. Come i grandi dischi Io deve essere sentito molte volte, poiché si articola su diversi livelli, riuscendo ad esprimere molte emozioni, ricercando la natura profonda dell’uomo. Come in un processo alchemico la natura umana viene processata attraverso vari stadi, dove cambiando stato raggiunge il suo vero io. Gli Elemento riescono a rendere benissimo un discorso musicale che non è per nulla semplice, poiché oltre a trattare generi difficili, se non viene composto bene risulta confuso, mentre invece le loro melodie escono sgorgando come in una fresca sorgente. Un gran bel disco, fatto di grandi melodie e di un metal davvero progressivo.

TRACKLIST
1.Life – Izanagi
2.Violence – Vehement Mantra
3.Fear – Consuming The Light
4.Hate – Energy Flows
5.Wrath – The Eraser
6.Corruption – Infinite
7.Wrong – Paranoia
8.Death – Foreshadow
9.Nobility – In Reality
10.Courage – Create!
11.Love – Severance
12.Peace – Clear Mind, Clear Thoughts
13.Truth – Upside Now
14.Right – Old
15.Time – Spirit Of Fire

LINE-UP
Rick – Guitar
Nick -Guitar
Thomas -Drums

ELEMENTO – Facebook

VV.AA. – We Still Rock – The Compilation

Questa eccellente iniziativa non va assolutamente trascurata, il livello dei protagonisti e la bellezza delle canzoni contenute ne fanno un cd da custodire gelosamente

L’hard rock melodico ha sempre avuto scarsa fortuna nel nostro paese, sempre poco ricettivo nei confronti del metal/rock e confinato nell’underground in compagnia di tutti i generi che compongono la nostra musica preferita.

Eppure anche l’ Italia può contare su numerosi talenti che dell’anima melodica dell’hard rock fanno il loro credo, supportati dalle webzine di riferimento tra le quali i nostri colleghi di MelodicRock.it sono sicuramente i più accreditati.
Lo scorso anno, proprio in collaborazione con la famosa ‘zine, la label Tanzan Music ha prodotto il brano We Still Rock, creato e suonato da un gruppo di musicisti della scena nazionale sotto il monicker di I.F.O.R. (Italian Forces of Rock) proprio per omaggiare la webzine e tutti i fans della scena melodica mondiale.
A distanza di un anno questa splendida iniziativa è diventata qualcosa di più, grazie ad un concerto/evento il 1 Ottobre al Grindhouse di Padova, con i britannici Vega come headliners della serata.
Ora We Still Rock trova la chiusura del cerchio con questa compilation, che vede, oltre al brano degli I.F.O.R., una serie di inediti e versione rivisitate suonate da una buona fetta del meglio che la nostra scena può vantare in fatto di hard rock melodico, con i Vega a fare da padrini con la versione acustica di Every Little Monster.
Questa bellissima raccolta non poteva che partire con We Still Rock, stupendo brano da arena rock che vede come detto la partecipazione di musicisti dallo smisurato talento, ma il bello non finisce qui e farsi cullare dalle sontuose note di Together As One dei Laneslide o dalle trame dei tasti d’avorio di Love Nest dei Wheels Of Fire è un attimo.
Non mancano gruppi che per i lettori di MetalEyes (magari più indirizzati a sonorità estreme o metalliche ma che seguono i deliri del sottoscritto, amante della buona musica a prescindere dai generi) dovrebbero essere famigliari, come i clamorosi Soul Seller e la versione alternativa di Memories, tratta da quello scrigno di emozioni che risulta il loro ultimo Matter Of Faith, gli Alchemy con la grintosa Revolution e per concludere gli Highway Dream con Runaway.
Nel mezzo un apoteosi di classic hard rock, aor, arena rock e tanto talento che sprigiona da canzoni di rara bellezza come Gotta Get Away dei Charming Grace e Walk Away, emozionante tripudio di melodie dai grandiosi Danger Zone.
Questa eccellente iniziativa non va assolutamente trascurata, il livello dei protagonisti e la bellezza delle canzoni contenute ne fanno un cd da custodire gelosamente e imperdibile per gli amanti del genere, ma anche per quelli che hanno a cuore le sorti della scena underground.

TRACKLIST
01. I.F.O.R. – We Still Rock
02. Vega – Every Little Monster (Acoustic Version)
03. Laneslide – Together As One
04. Wheels Of Fire – Love Nest (Acoustic Version)
05. Alessandro Del Vecchio – Strange World
06. Charming Grace (feat. Nick Workman) – Gotta Get Away
07. Danger Zone – Walk Away (2016 Version)
08. Room Experience – No Time Yet For Lullaby (Alternative Vocals Version)
09. Soul Seller – Memories (Alternative Mix)
10. Hungryheart – Nothing But You (Acoustic Version)
11. Alchemy – Revolution
12. Highway Dream – Run Away

TANZAN MUSIC – Facebook

In Flames – Battles

Battles è un album apprezzabile se degli In Flames preferite questa versione americanizzata e commerciale, se invece siete amanti del Gothenburg sound rivolgete le vostre orecchie altrove, il gruppo di Colony e Clayman non esiste più.

Gli In Flames sono e resteranno una dei gruppi più importanti in senso assoluto per lo sviluppo delle sonorità estreme: fondatori insieme ad una manciata di band (Dark Tranquillity ed At The Gates su tutte) del death metal melodico, anche conosciuto come Gothenburg sound, nei primissimi anni novanta, e creatori di una serie di album fondamentali con cui attraversarono l’ultimo decennio del secolo scorso entrando nel nuovo millennio con il loro capolavoro, Clayman.

Da molti quello viene considerato l’album perfetto, il primo esempio di metal estremo moderno in equilibrio tra tradizione scandinava e statunitense, il padre di tutto un movimento musicale che si identifica con il metalcore, ma che del death metal melodico è figlio legittimo.
Purtroppo Clayman è stato per il gruppo svedese la fine di un ciclo e gli In Flames dal 2000 sono ripartiti, trasformandosi in un’entità che non ha più niente da spartire con la band di Lunar Strain, Whoracle, The Jester Race e l’altro capolavoro Colony.
Il salto temporale fino al 2016, con album più o meno riusciti, porta fino a Battles, ultimo lavoro che allontana sempre più il gruppo dal sound scandinavo e dal metal, per abbracciare l’alternative rock .
Non fraintendetemi, Battles troverà ancora molti estimatori, ma è indubbio che se il gruppo da qualche anno a questa parte avesse cambiato monicker nessuno si sarebbe scandalizzato, in sostanza con questo lavoro la trasformazione è completa e i vecchi In Flames non esistono più.
Questa band che si fa chiamare così in realtà è una band moderna, molto alternativa ma assolutamente poco originale, il suo nuovo lavoro risulta un poco riuscito sunto di quello che il metal/rock dalle mire mainstream ci riserva in questi primi anni del nuovo millennio.
La carica estrema è definitivamente scomparsa, almeno se pensiamo al death metal degli esordi, sostituita da un più commerciabile metal per adolescenti, con qualche intrusione nel rock patinato dei Muse e richiami al nu metal dei P.O.D. (The Truth), dei Linkin Park, con l’abuso delle parti elettroniche ed una prestazione troppo ruffiana di Fridèn al microfono.
Qualche riff più agguerrito sparso per l’album non basta: The End, Here Until Forever e Underneath My Skin sono brani che, se sull’artwork non ci fosse il logo del gruppo svedese, avrebbero un suo perché, magari suonati da cinque pivelli con il mascara, ma qui ci troviamo al cospetto di un gruppo troppo importante e con ormai troppe primavere sul groppone, e quei coretti alla P.O.D. che fanno capolino tra molti dei brani di Battles non possono che lasciare l’amaro in bocca, almeno ai vecchi fans.
Come già detto, Battles è un album apprezzabile se degli In Flames preferite questa versione americanizzata e commerciale, se invece siete amanti del Gothenburg sound rivolgete le vostre orecchie altrove, il gruppo di Colony e Clayman non esiste più.

TRACKLIST
1. Drained
2. The End
3. Like Sand
4. The Truth
5. In My Room
6. Before I Fall
7. Through My Eyes
8. Battles
9. Here Until Forever
10. Underneath My Skin
11. Wallflower
12. Save Me

LINE-UP
Anders Friden – vocals
Bjorn Gelotte – guitars
Niklas Engelin – guitars
Peter Iwers – bass
Joe Rickard – drums

IN FLAMES – Facebook

VV.AA. – Heavy Metal Eruption – The Italian Wave Of Heavy Metal

Un’opera di valore storico importantissimo per ogni appassionato della musica heavy metal

Eccoci a presentare una delle ristampe più importanti dell’ultimo periodo firmata dalla Jolly Roger Records.

La label nostrana ristampa in cd la storica compilation Heavy Metal Eruption-The Italian Wave Of Heavy Metal uscita nel 1983 per la Metal Eye di Claudio Sorge e curata da una firma illustre del giornalismo musicale italiano come Beppe Riva, all’epoca penna di Rockerilla e Hard’&’Heavy.
Stampata per problemi di budget in mille copie e divenuta in pochissimo tempo un Graal per i collezionisti, questa compilation si può considerare un documento storico per la scena metal che stava nascendo nel nostro paese, le band riunite dal giornalista a quel tempo ai primi passi nel mondo della musica dura, sono diventate monumenti della scena nazionale, ed in alcuni casi vere icone anche all’estero (Death SS).
Con i pochi mezzi a disposizione e tanta passione, Riva diede vita al primo esempio di come anche in Italia la musica Hard & Heavy, allora solo esclusiva dei gruppi stranieri, grazie al successo della New Wave Of British Heavy Metal cominciasse a parlare italiano.
La Jolly Roger licenzia la versione in cd, limitata a 500 copie, ed Heavy Metal Eruption torna a far risplendere le prime note metalliche di gruppi che in seguito si possono annoverare tra i padri del metal Made In Italy.
Dai Crying Steel e la loro Thundergods dalle sonorità vicine ai Judas Priest, all’horror metal dei maestri Death SS con la seminale Black And Violet, dalla Strana Officina e l’hard & heavy della loro Non Sei Normale, all’heavy metal scolpito nell’acciaio di Prisoners In The Box degli Steel Crown.
E poi ancora Halloween, i fenomenali Elektradrive di Lord Of The Ring, la super ballatona Freakish Footsteps degli Shining Blade, il mid tempo potente dei Revenge e della loro Angels In Leather, ed i meno conosciuti ma comunque importanti Rollerball e Ransackers.
Un’opera di valore storico importantissimo per ogni appassionato della musica heavy metal, almeno per chi ancora oggi segue in Italia le sorti della nostra musica preferita.

TRACKLIST
1 – Vikings (Halloween)
2 – Thundergods (Crying Steel)
3 – Black and Violet (Death SS)
4 – Non sei Normale (Strana Officina)
5 – Wild Town (Rollerball)
6 – Prisoners in the Box (Steel Crown)
7 – Lord of the Ring (Elektradrive)
8 – Angels in Leather (Revenge)
9 – Freakish Footsteps (Shining Blade)
10 – Death Line (Ransackers)

JOLLY ROGER RECORDS – Facebook

Rock Wolves – Rock Wolves

Un progetto che gli amanti dell’hard rock non possono lasciarsi sfuggire, pregno di quella classe ad uso e consumo dei grandi, tra un talento innato per le melodie ed una grinta ancora perfettamente intatta nei tre protagonisti.

Da tre lupi dell’hard rock europeo che riuniscono le proprie forze sotto il monicker di Rock Wolves, tre musicisti che da quasi quarant’anni portano il loro talentuoso contributo alla causa dell’hard & heavy, cosa ne può scaturire se non ottima musica?

Per la Steamhammer/Spv esce il debutto omonimo dei Rock Wolves, trio che vede la collaborazione di Michael Voss, vocalist degli hard rockers Mad Max ed ex Casanova, con Gudze, bassista degli H-Blockx e lo storico batterista Herman Rarebell , dal 1977 al 1996 dietro alle pelli degli Scorpions (Lovedrive, Blackout e Love At First Sting non vi dicono niente?).
Rock Wolves è una raccolta di canzoni, improntate (e non potrebbe essere altrimenti) su un hard rock melodico, che bilancia perfettamente grinta e melodia, rock che sprigiona grinta, ma che sa essere elegante nelle sue numerose tracce dedicate alla parte più raffinata e melodica della musica dura.
Con un Voss in forma smagliante ed un songwriting che conferma il talento dei suoi creatori, l’album spazia tra le due anime del genere, mantenendo un approccio insito nella storia musicale del vecchio continente, tra accenni ai gruppi di cui i tre musicisti sono stati protagonisti ed una comunque profonda personalità.
E qui sta la differenza: dalla prima nota dell’opener Rock For The Nations l’opera sprigiona carisma, un’anima rock classica che apre il suo cuore alle melodie, mentre la sei corde affila gli artigli per ricordarci che qui si fa hard rock, nobile e sopraffino; Surrounded By Fool ci delizia con un refrain colmo di appeal ed un ritmo moderato ma scritto sulle tavole della legge del genere.
Out Of Time è un brano diretto, un pugno nel petto, prima che What About Love ci scaldi il cuore con le sue trame semi acustiche e The Blame Game offra alla sei corde un momento di gloria solista.
Si continua su livelli qualitativi molto alti, con un susseguirsi di tracce che da I Need You Love (Mad Max vs Gotthard) in poi regalano emozioni con il capolavoro Lay With Me, ariosa e varia tra parti acustiche ed irruenza elettrica, non prima di averci ipnotizzato con la ballad Nothings Gonna Bring Me Down.
Un progetto che gli amanti dell’hard rock non possono lasciarsi sfuggire, pregno di quella classe ad uso e consumo dei grandi, tra un talento innato per le melodie ed una grinta ancora perfettamente intatta nei tre protagonisti.

TRACKLIST
1. Rock For The Nations
2. Surrounded By Fools
3. Out Of Time
4. What About Love
5. The Blame Game
6. Riding Shotgun
7. Nothings Gonna Bring Me Down
8. The Lion Is Loose
9. I need Your Love
10. Lay With Me

LINE-UP
Michael Voss-guitar, vocals
Herman Rarebell-drums
Gudze-bass

ROCK WOLVES – Facebook

Gespenst – Forfald

I Gespenst scarnificano e rimodellano in più occasioni il loro black, donandogli pulsioni doom, ambient e rendendolo sempre e comunque poco rassicurante.

Da due quarti dei temibili Wobegone Obscured prendono vita i Gespenst, di stanza ad Aarhus ma, di fatto, per metà francesi, visto che il sedicente Galskab è il Quentin Nicollet che troviamo anche nei validi Dwell, nonché nelle vesti del Q. Woe dei doomsters estremi danesi.

Il progetto è stati avviato diversi anni fa da Genfærd (alias M.Woe) ma appare molto più di un semplice sfogo collaterale: se black metal deve essere, questo non è davvero né malleabile né scontato, visto che il duo (coadivuato alla batteria da Andreas Joen) lo scarnifica e lo rimodella in più occasioni, donandogli pulsioni doom, ambient e rendendolo sempre e comunque poco rassicurante.
Il bello di tutto questo è che resta ugualmente rinvenibile una linea guida melodica che consente di non smarrirsi, neppure quando sono pesanti dissonanze ad occupare la scena (Sorgens Taage e Min sjael raadner) oppure è la studiata lentezza del doom ad emergere con prepotenza (Revelation of Maggots); è magnifica, infine, nella sua solenne ed apocalittica ferocia, la conclusiva Life Drained to the Black, solo leggermente più fruibile per soluzioni ritmiche rispetto al resto del disco.
Forfald è un lavoro dannatamente difficile da decifrare, perché quando sembra scivolare via senza lasciare alcuna traccia si insinua subdolamente sottopelle invitando ad approfondirne i contenuti, ed è quello il momento in cui si comprende appieno che, quando il black metal è suonato e composto da musicisti capaci, esperti e soprattutto credibili come lo sono i Gespenst, si trasforma in una forma artistica che può rivelarsi trascurabile solo per chi non abbia voglia di ascoltarla per partito preso.

Tracklist:
1. Sorgens Taage
2. Revelation of Maggots
3. Min sjael raadner
4. Life Drained to the Black

Line-up:
Genfærd Guitars, Synths
Galskab Vocals, Bass

GESPENST – Facebook

Carved – Kyrie Eleison

Un’ora di musica non è poco di questi tempi, ma la qualità è talmente alta che arrivare all’epilogo è un attimo e la voglia di ricominciare il viaggio insieme al protagonista è tanta.

La nostrana Revalve Records mostra i muscoli e ci regala in questo autunno che va a cominciare il secondo lavoro degli spezzini Carved, band di melodic death metal che già aveva ricevuto elogi con il precedente Dies Irae, uscito un paio di anni fa.

Kyrie Eleison segue il concept del primo lavoro, il racconto del viaggio del protagonista alle prese con figure mitologiche incontrate durante il suo peregrinare fino alla conclusiva battaglia finale.
Prodotto da Simone Mularoni ai Domination Studio, l’album conferma l’ottima proposta del gruppo ligure, un melodic death metal che non si ferma agli stilemi scandinavi ma si valorizza di atmosfere e sfumature orchestrali, portando un po’ di fresco vento italiano nel genere.
Infatti, oltre all’immancabile scena scandinava (Dark Tranquillity), sono i Dark Lunacy la band che più ispira il gruppo ligure, capace in questo secondo lavoro di toccare vette emotive veramente alte.
Inutile dire che i miglioramenti rispetto al primo lavoro sono tangibili e Kyrie Eleison risulta non solo un passo avanti deciso per la band, ma un lavoro che si piazza tra i migliori dell’anno nel genere.
Una vena progressiva prende a tratti il comando del songwriting e la musica del gruppo vola (Heart Of Gaia), quindi non solo con semplici melodie orchestrali che impreziosiscono il metal estremo, ma tramite bellissime parti dove, anche grazie alla tecnica dei musicisti, il sound si trasforma in una farfalla progressive, splendida protagonista di passaggi ariosi che, in un attimo si trasformano in perle estreme.
Perfette le due voci, specialmente quella pulita, non così facile da trovare nei gruppi che la usano, mentre nei Carved è emozionale e ben inserita nelle parti; spettacolari i passaggi orchestrali, capaci di offrire una certa enfasi al sound, così da rendere  Kyrie Eleison un lavoro completo sotto ogni punto di vista.
Un’ora di musica non è poco di questi tempi, ma la qualità è talmente alta che arrivare all’epilogo è un attimo e la voglia di ricominciare il viaggio insieme al protagonista è tanta.
Oltre alla già citata Heart Of Gaia, l’album è un susseguirsi di brani sopra la media con l’intensa Camlann, la carica Malice Stiker e i continui cambi atmosferici della sontuosa The Hidden Ones ad accompagnare l’album verso vette musicali molto alte.
Un album intenso, prodotto e suonato con tutti i crismi per non essere dimenticato tanto facilmente.

TRACKLIST
1.Viaticum
2.Malice Striker
3.Lilith
4.The Burning Joke
5.Heart of Gaia
6.Swamp
7.The Dividing Line
8.Absence
9.Faith
10.The Hidden Ones
11.Camlann
12.The Bad Touch

LINE-UP
Giulio Assente – Drums
Damiano Terzoni – Guitars
Alex Ross – Guitars
Lorenzo Nicoli – Vocals (backing), Bass
Cristian Guzzon – Vocals

CARVED – Facebook

MYR

Il lyric video di Monster Love, tratto dall’album Habits.

In occasione dell’uscita del nuovo album “Habits”, La Revalve Records rilascia il nuovo lyric video dei MYR, “Monster Love”

“Monster Love” parla di un tema tristemente ricorrente: la violenza domestica sulle donne. In questo caso raccontiamo la vicenda dagli occhi del padre della ragazza uccisa. È una canzone sulla violenza, ma anche sul perdono, uno degli atti più alti che un uomo ferito possa compiere in questi casi.

Potete ascoltare l’intero album sul canale Spotify

MYR – Facebook

REVALVE RECORDS – Facebook

Neravendetta – Magnum Chaos

La band sarda si dimostra capace di inanellare una serie di brani avvincenti, dalle sfumature epiche e spesso sconfinanti nel folk, che nulla hanno da invidiare ai gruppi del nordeuropa per intensità e credibilità

Ancora dalla Sardegna, ancora black metal, ancora di ottimo livello: dati di fatto che rappresentano un efficace indicatore del fermento regnante nella scena metal underground dell’ isola.

Questa volta sotto le nostre lenti di osservazione finiscono i Neravendetta, band cagliaritana che ruota attorno al duo Francesco Carboni – Marco Piu, coadiuvati dall’efficace operato di Giuseppe Novella alla voce.
Va detto subito che, rispetto ai corregionali dei quali ho avuto occasione di parlare recentemente (Solitvdo, Simulacro, VIII) i Neravendetta tralasciano, sia a livello sonoro che lirico, le pulsioni più introspettive o sperimentali per orientarsi decisamente verso il lato viking folk del genere, prendendo come ideale modello di riferimento gli imprescindibili Moonsorrow ma, ovviamente, personalizzando il sound immettendovi elementi melodici e tradizionali tipicamente mediterranei.
Magnum Chaos è il primo full length ed arriva, finalmente, dopo un decennio di attività intermittente che, quale altra traccia tangibile offre il solo demo autointitolato del 2009: un fatturato ridotto ma che, alla luce del valore di questo lavoro, diviene un elemento del tutto secondario.
La band sarda, infatti, si dimostra capace di inanellare una serie di brani avvincenti, dalle sfumature epiche e spesso sconfinanti nel folk, che nulla hanno da invidiare ai gruppi del nordeuropa per intensità e credibilità: spiccano, in una tracklist di grande solidità, Sirius e Sailing to Chaos, i due brani dai tratti più evocativi che sono quelli, forse non a caso, connotati maggiormente dall’efficace lavoro chitarristico di Carboni e dall’immissione, comunque misurata, di strumenti tradizionali, senza dimenticare i ritmi trascinanti dell’opener A Cosmic Journey.
Insomma, non c’è davvero nulla da eccepire sull’operato dei Neravendetta, ai quali non resta che augurare il crearsi di condizioni favorevoli affinché venga data continuità a quanto di buono è stato già fatto con Magnum Chaos, cosa che sarebbe senz’altro facilitata se alle loro spalle ci fosse un’etichetta in grado di valorizzarli.

Tracklist:
1. A Cosmic Journey
2. The Traveller
3. Sirius
4. Aldebaran
5. Polaris
6. Vega
7. Sailing to Chaos

Line-up:
Marco Piu – Bass
Francesco Carboni – Guitars, Keyboards, Drums
Giuseppe Novella – Vocals

NERAVENDETTA – Facebook

Echelon – The Brimstone Aggrandizement

Un pezzo di meteorite death metal in caduta sui vostri stereo portando distruzione, morte e grande musica, come ormai ci ha abituato da tempo quel gigante estremo di Rogga Johansson.

La Transcending Obscurity e Rogga Johansson hanno scritto con il sangue un patto per portare nel mondo il verbo del metal estremo, death metal per l’esattezza efferato, crudele ed assolutamente old school.

Avevo previsto che l’anno era lungi da essere finito per il musicista svedese, un personaggio monumentale per tutto il panorama estremo mondiale, sempre in prima linea con i suoi numerosi progetti sempre di ottima qualità.
Signore e signori, vi presento gli Echelon, ennesima creatura estrema di Rogga e di cui fanno parte lo storico singer Dave Ingram (Down Among the Dead Men, Hail of Bullets, ex-Downlord, ex-Strangler, ex-Benediction, ex-Eyegouger, ex-Bolt Thrower) ed il batterista Travis Ruvo (Among the Decayed, Cropsy Maniac, Goatsoldiers, Wormfood, Akatharta, ex-Blood Freak ).
Giunto al secondo album dopo il debutto Indulgence over Abstinence Behind the Obsidian Veil uscito lo scorso anno, il trio di stakanovisti del death metal, spara altre otto mitragliate estreme, per un’altra mezzora di death metal pesante veloce, a tratti melodico, suonato e cantato alla grande.
Johansson (qui alle prese con tutti gli strumenti a parte ovviamente, lo spaccare tutto con la batteria), torna al death metal che sa suonare meglio, quel tipo di suono che nel suo paese hanno inventato e sviluppato e che ha segnato in modo indelebile la storia del genere, dunque, niente che non sia accostabile alle band di riferimento (per il sottoscritto il musicista svedese rimane il miglior erede del sound dei primi Edge Of Sanity), ma tremendamente coinvolgente, devastante e perfetto nella sua anima estrema.
Detto di una prova maiuscola di Ingram al microfono, The Brimstone Aggrandizement vive di impatto e attitudine, con solos che si scagliano violenti e melodici, su ritmiche pressoché a velocità sostenuta e tremende ripartenze sulle piste che hanno visto gareggiare, i migliori act del genere.
Un pezzo di meteorite death metal in caduta sui vostri stereo portando distruzione, morte e grande musica, come ormai ci ha abituato da tempo quel gigante estremo di Rogga Johansson.

TRACKLIST
1.Plague of the Altruistic
2.The Forbidden Industry
3.Lex Talionis
4.Of Warlocks and Wolves
5.The Brimstone Aggrandizement
6.Vital Existence
7.The Feared Religion
8.Monsters in the Gene Pool/Sonic Vortex

LINE-UP
Travis Ruvo – Drums
Rogga Johansson – All instruments
Dave Ingram – Vocals

ECHELON – Facebook

LECTERN

iye Siete già da molti anni in attività e, dopo soli tre ep licenziati, negli ultimi due anni siete esplosi con un paio di album fenomenali come Fratricidal Concelebration e Precept Of Delator!

Fabio “Hey, grazie per i complimenti! Mi fanno davvero molto piacere! Sì è almeno dal 2012, che i Lectern hanno ritrovato, e direi finalmente, una continuità come band, quindi, anche a livello discografico. Siamo stati fermi per molto tempo, adesso ho trovato i ragazzi giusti, che sono la miglior benzina nel motore che i Lectern abbiano mai avuto fino ad ora!
Prima, e agli esordi, era molto più complicato anche solo provare, c’era chi aveva più band e cose simili. Quindi scrivere ed arrangiare nuovi brani era un processo a dir poco pachidermico, come solo pensarli di andare a registrare!
Spesso, mi sono fidato della gente sbagliata, che credevo adatta alla band mentre non faceva altro che remarmi contro, e tramare addirittura alle mie spalle. Avevo dei sospetti, che ho poi scoperto in seguito rivelarsi esatti e fondati!”.

iye L’ultimo lavoro si può considerare un concept incentrato sull’eterna lotta tra bene e male, volete spiegarlo ai lettori di Metaleyes?

Fabio “Direi proprio di sì. In realtà, la storia che ho ideato è quella del sottrarre a Dio il segreto dell’onnipotenza! Bilocazione e miracoli maligni: davvero mi sono spinto molto oltre, anche stavolta, riguardo al concept del disco e dei testi. I demoni spiano le schiere del Bene per scovarlo, ed essendoci riusciti, sulla copertina si vede che sul trono siede il Demonio che, sotto pelle, rivela le facezie di Dio! Una trasformazione dal Bene al Male! Se guardi il simbolo del Tao cinese, che mi ha sempre affascinato, riscontri che in ognuno c’è l’altro! Ultimamente sentiamo parlare del male della Chiesa! Ma la Chiesa è il Male!”.

Marco “Non lo affronta solo a livello concettuale ma anche, a livello ben più pratico. Esempio ne è la canzone Palpation Of Sacramentarian. Senza contare che i concetti di Bene e Male sono strettamente soggettivi, sta a noi decidere quale lato sia quello buono durante l’ascolto”.

iye Il vostro è un death metal dall’approccio old school che richiama la scena statunitense ed in particolare i Morbid Angel, siete d’accordo?

Fabio “Assolutamente sì sulla definizione sul death metal a stelle e strisce, sui Morbid Angel no! Li adoro, ma sono troppo lenti per accostarli ai Lectern! Noi non abbiamo e mai avremo, la componente slow and doom metal!”.
Pietro “Old school americano in generale con ottime influenze del death metal floridiano. Ma oltre a questo, anche un death metal moderno”.
Marco “Senza dubbio, ma le influenze thrash metal non mancano di certo, e nemmeno quelle black metal. Tanto quanto basta per creare un sound che sembri old school, ma senza esserne completamente fedeli”.

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iye Il vostro sound, brutale, oscuro e cattivissimo, è valorizzato da un’ottima tecnica strumentale e i brani mantengono una forma canzone che, nel genere, non è così facile da riscontrare: il vostro segreto?

Fabio “Grazie ancora per il tuo commento a dir poco lusinghiero! Comunque, non siamo un gruppo di technical death metal, non ci riguardano quegli ambiti, anche se vogliamo migliorare, e se proprio dovessimo rientrare nella categoria, ben venga!
Io al basso non valgo un emerito cazzo, lo suono per riempire, mi diverte e mi aiuta nel concentrarmi meglio sul vomitare i miei testi senza pietà! Nel death metal il basso non conta, nelle band old school sono pochi i bassisti che sanno davvero suonarlo decentemente! Prendi il signor Tony Choi degli Atheist ad esempio, o il maestro assoluto Steve Di Giorgio!
Lo sconfinamento sul tecnico, mi piaceva quando, nel 1991, i Death con Human, o i Pestilence con Testimony Of The Ancients, che altro non era se non un Consuming Impulse meno grezzo, avevano ancora una conformazione compositiva abbastanza classica e standard. Basti ricordare che questi ultimi andarono in tour con i Monstrosity quell’anno! Già i Death con Individual Thought Patterns ed i Pestilence con Spheres, erano entrati nel technical progressive death metal! Una sorta di Dream Theater di Images And Words, Awake e When Dream And Day Unite aumentati, per quei tempi, che rileggevano in chiave Rush la musica più estrema del pianeta! Il jazz entrava nel death metal ed anche la lezione, data dai Metallica con …And Justice For All, trovava seguito e veniva incattivita. Ma a tratti, era tecnica troppo fine a se stessa, sembravano esercizi matematici, fatti attraverso degli strumenti musicali! Poi sono arrivati i Meshuggah ed i Fear Factory, e la degenerazione è proseguita con chitarre a sette e otto corde, l’industrial, il nu metal o il djent, che dal death metal hanno ripreso il detuning delle accordature ad esempio. Il sound del nuovo disco l’ho curato io personalmente, volevo che le chitarre fossero un qualcosa il più vicino possibile ad un’esplosione nucleare! Il segreto mi chiedi? Semplice! L’odio per Cristo, un dio senza credenti!”.

Pietro ” L’album è stato creato canzone per canzone, e penso che il sound si mantenga, anche grazie
all’impegno che abbiamo dato tutti e tre insieme”.

Marco” Non mi considero un batterista tecnico, e penso che mai lo sarò. Penso stia tutto, comunque, nella dedizione allo strumento e alla dose massiccia di musica alla quale siamo da sempre esposti ogni giorno. Da qui poi parte l’esperienza condivisa insieme e la consapevolezza delle potenzialità reciproche, che ci portano a creare qualcosa che sappiamo già che suonato tutti assieme, risulterà devastante”.

Fabio “In poche parole, ci interessa essere brutali e basta, non puoi essere entrambe le cose! Il veleno è più
importante di quanto si possa saper suonare, se non lo fai con passione, e senza il sangue negli occhi, come puoi
pensare di definirlo death metal anche un po’?”.

iye Giuseppe Orlando, come nel precedente lavoro, si è occupato della produzione, e Precept Of Delator esce come un’opera dal taglio internazionale e professionale sotto tutti i punti di vista: che traguardi vi siete posti a lavoro finito?

Fabio “Lui è il nostro produttore. Punto! Giuseppe è il quinto elemento dei Lectern, nell’ombra come Satana! Lui ci guida in studio, ed ogni volta ci rende dei musicisti e dei ragazzi migliori! In poche parole, quell’uomo spacca il culo a tutti dietro al mixer, è a dir poco una furia! E’ un metronomo umano, ad ogni errore, si registra di nuovo! Lo facciamo incazzare come un professore del liceo, ogni volta! E se Scott Burns se n’era andato io ne ho trovato il rimpiazzo! Un altro aspetto fondamentale, è stato secondo me, il cambio di etichetta. Via Nocturna non ha nulla a che vedere proprio, con Sliptrick Records. Adesso siamo sotto gli occhi di tutti, con una promozione migliore e capillare!”.

Pietro “Sicuramente migliore del precedente. Un’ampia sponsorizzazione e lavorare sodo per suonare quest’album in vari posti e far conoscere a tutti la nostra potenza”.

Marco “Io avevo già scritto tre video diversi e steso un piano promozionale, che attualmente sta dando i frutti sperati. In una settimana siamo finiti a girare cinque video di cui uno già uscito, Precept of Delator, un altro in arrivo a dicembre e altri tre in fase di montaggio, sempre curato da me. Volevamo che questo album fosse notato, che ci portasse alle orecchie di tanti nuovi fan. E sfruttando tutti i media che abbiamo potuto, ci stiamo riuscendo alla grande”.

iye La Capitale è covo di una scena estrema di assoluto valore e nel death metal sta regalando band e opere di altissimo livello, ma in generale è tutto il paese che ormai può guardare le scene d’oltralpe direttamente negli occhi: voi che ne pensate?

Fabio “Non c’è dubbio! Ormai in Italia passa almeno l’ottanta percento del metal su scala mondiale, ed il novanta del death metal! Gruppi chiamati nei maggiori festival estremi, per restare nel nostro ambito, costantemente in tour europeo ed americano! Qualche nome? Deceptionist, Hideous Divinity, Corpsefucking Art, Dr. Gore, Helslave, Degenerhate, Airlines Of Terror, Devangelic, Bloodtruth, Blasphemer, Electrocution, Profanal, Antropofagus e tutti gli altri che non ho nominato, ovviamente!”.

iye Quali sono i piani dei Lectern per il 2017, ormai alle porte?

Fabio “Concerti, festival, magari un tour vero e proprio, provare come dei forsennati e comporre nuove tracce!”.

Pietro “Molti concerti e forse anche qualche canzone nuova, o album, se ne abbiamo le capacità ed il tempo per fare tutto il lavoro necessario”.

Marco “Non abbiamo smesso comunque di scrivere nuovo materiale, stiamo già componendo. Stiamo anche creando una nuova sinergia con il neo entrato Gabriele, che sarà fondamentale per l’anno a venire. Ci stiamo preparando a dei concerti all’estero e ad un probabile mini tour con una band giapponese chiamata Defiled, che si è dimostrata interessata e entusiasta di condividere il palco con noi”.

Fabio Bava: vocals, bass
Pietro Sabato: guitar
Gabriele Cruz: guitar
Marco Valentine: drums

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Discografia:
Bisbetical (1999)
Salvific Of Perhaps Lambent (2010)
Lectern (2013)
Fratricidal Concelebration (2015)
Precept Of Delator (2016)

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Sixty Miles Ahead – Insanity

Il nuovo lavoro risulta energico e melodico, metallico e rockeggiante, dal feeling che scuote i nostri corpi, in un’ alternanza roboante di sfumature e generi diversi

I milanesi Sixty Miles Ahead confermano con questo secondo lavoro sulla lunga distanza, quanto di buono avevano fatto con i precedenti lavori (Million Of Burning Flames e L’ep Blank Slate) con questo riuscito pezzo di hard rock targato 2016 dal titolo Insanity, una ricetta da masterchef musicali che vede tra gli ingredienti, perfettamente dosati, modern metal, hard rock classico, spunti alternative e melodie dall’ottimo appeal per un gustoso piatto, presentato con talento e classe.

Insanity dimostra ancora una volta l’alta qualità ormai raggiunta dalla scena nazionale, tanto che non fosse per la bio, prendere una cantonata e presentarvi il gruppo come la nuova sensazione proveniente dagli States sarebbe un attimo.
Capitanati dalla sei corde di Fulvio Carlini e dalla voce calda e passionale di Sandro Casali, sostenuto da una sezione ritmica che non manca di farci saltare impazziti sul trampolino costruito sul sacrosanto groove (Luca Caserini alle pelli e Francesco Li Donni al basso), il sound del nuovo lavoro risulta energico e melodico, metallico e rockeggiante, dal feeling che scuote i nostri corpi, in un’ alternanza roboante di sfumature e generi diversi, tutti nati aldilà dell’oceano in quell’America che, se di rock si parla, è molto più vicina di quanto si possa pensare (almeno qualitativamente parlando).
Così, tra i brani che compongono l’album si trovano echi di rock americano, metal moderno, un pizzico di post grunge e hard rock: l’opener Lost In My Mind, Every Time I Try, la title track, Let Go e la rabbiosa Absence Of Light, saranno per voi un sunto, non solo della musica del gruppo e delle sue ispirazioni, ma di quello che il rock ha regalato negli ultimi quarant’anni, suonato con un approccio moderno e con lo sguardo su un futuro che, con band come i Sixty Miles Ahead, non può che essere roseo.

TRACKLIST
1. Lost In My Mind
2. Every Time I Try
3. Sign for Tomorrow
4. Insanity
5. Dirt and Lust
6. Let Go
7. Dead Space
8. Neverending Fight
9. All My Fears
10. No One Else
11. Absence of Light
12. Used to Believe

LINE-UP
Sandro Casali – Vocals
Fulvio Carlini – Guitars
Luca Caserini – Drums
Francesco Li Donni – Basso

SIXTY MILES AHEAD – Facebook

Black Oath – Litanies In The Dark

Litanies In The Dark offre una ventina di minuti dall’indubbia qualità che servono a tenere viva l’attenzione nei confronti degli ottimi Black Oath

Nuovo Ep per i Black Oath, una delle migliori band italiane dedite al doom nelle sue sembianze più classiche.

Litanies In The Dark esce esattamente un anno dopo l’ottimo To Below and Beyond, lavoro che aveva consolidato lo status del gruppo milanese quale interprete credibile della musica del destino nella sua essenza più pura. In quest’occasione i nostri ci regalano tre brani inediti oltre ad una magnifica cover (Reincarnation Of The Highway Cavalier) che in realtà è molto di più, trattandosi del medley di due brani contenuti in The Time Lord, ep dei Pagan Altar  del 2004.
Detto dell’ottima riuscita di questa versione, va rimarcato sopratutto il brano d’apertura, …From Here, vero marchio di fabbrica dei Black Oath, sempre guidati dalla voce stentorea di A.Th, cerimoniere che ha il compito di introdurci in un mondo parallelo in cui l’occulto ed il sacrilego vanno a braccetto, provocando brividi ed inquietudine senza dover nemmeno ricorrere a particolari artifici.
Davvero una magnifica canzone, questa, alla quale fanno da corollario gli altri due inediti strumentali, la più composita Funeral Alchemy e una A Song To Die With che sfuma misteriosamente sul più bello dopo due minuti, proprio quando stava prendendo corpo un coinvolgente crescendo.
In sintesi, Litanies In The Dark offre una ventina di minuti dall’indubbia qualità che servono a tenere viva l’attenzione nei confronti degli ottimi Black Oath, in attesa di una prossima prova su lunga distanza.

Tracklist:
1. …From Here
2. Funeral Alchemy
3. Reincarnation Of The Highway Cavalier
4. A Song To Die With

Line-up:
A.Th – Vocals, Guitars
Chris Z. – Drums
B. R. – Guitars

BLACK OATH – Facebook

Hardbone – Tailor-Made

Un album che certamente farà saltare come pazzi i fans di Rose Tattoo e Krokus e ovviamente Ac/Dc: certamente derivativo, ma questo è il genere e da qui non si scappa.

Il rock’n’roll nella sua forma più ruvida e hard trovò molti anni fa negli Ac/Dc l’espressione più fulgida e di maggior successo, ancora oggi osannata negli stadi dove almeno tre generazioni si radunano ogni estate per il consueto e diciamolo, ormai stantio, rito con i fratelli Young come sacerdoti.

Per gli amanti dei suoni hard rock’n’roll la storia ha donato almeno una manciata di altre band che, sulla scia dei canguri australiani, ha reso immortale un genere magari ripetitivo, ma assolutamente adrenalinico.
Rose Tattoo, Krokus, ZZ Top ed ultimamente Airbourne, sono i gruppi più conosciuti e che hanno provato in epoche diverse a contrastare l’assoluto dominio della band dello scolaretto diabolico, ma la scena conta centinaia di gruppi che si cimentano nelle note nate dalla sua Gibson.
Una di queste sono i tedeschi Hardbone, gruppo di Amburgo attivo da una decina d’anni e con tre album alle spalle che, in questo tipo di musica dal divertimento assicurato, si specchia.
Ad iniziare dal timbro vocale del vocalist Tim Dammann, simile a Brian Johnson e a tutti i suoi figli d’ispirazione, alle ritmiche che viaggiano sulla Highway To Hell più famosa del rock e quell’irresistibile spruzzata di blues, la band torna con Tailor-Made, un ennesimo esempio di hard rock, sanguigno, ruvido, ignorante e senza fronzoli.
Jack che entra nelle chitarre, il ronzio dell’energia elettrica che tenta di liberarsi, ed alla prima nota siamo ancora una volta travolti da una serie di brani dedicati al dio del rock, che ai suoi fedeli chiede sudore, energia, chorus liberatori a lui dedicati in un’orgia di puro divertimento tra seni sudati, whiskey versato in boccali da litro di schiumosa birra tedesca e palchi incendiati al suono dell’opener No Man’s Land, della trascinante Blood From Hell, di Cannon Ball e When It Come Down To It.
In conclusione, un album che certamente farà saltare come pazzi i fans dei gruppi nominati, con in testa la storica band australiana: certamente derivativo, ma questo è il genere e da qui non si scappa, it’s only rock’n’roll.

TRACKLIST
1. No Man’s Land
2. It’s A Man Thing
3. Tailor-Made Woman
4. Blood From Hell
5. What’s Going On
6. Cannonball
7. When It Comes Down To It
8. We’re All Gonna Die
9. Barfly
10. Tear It Up

LINE-UP
Tim Dammann – Vocals
Sebastian Kranke – Lead Guitar
Tommy Lindemann – Rhythm Guitar
Tim Schwarz – Bass
Benjamin Ulrich – Drums

HARDBONE – Facebook

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