SELF-HATRED

L’album d’esordio Theia in uscita per la Solitude Productions

Leave it to Solitude Productions to unearth sublime doom metal from across the world. This year is a gem from the Czech scene, featuring members of legendary Czech bands like Dissolving of Prodigy, Silent Stream of Godless Elegy and Et Moriemur. The album is streaming in full HERE.

Self-Hatred (Czech Republic) – Theia

Genre – Atmospheric Doom/Death Metal
Release Date – September 5th, 2016
Record Label – Solitude Productions
For fans of – Esoteric, Tyranny, Shape of Despair, Et Moriemur, Doomed, Worship, Mournful Congregation

Self-Hatred feature members of classic Czech bands such as Dissolving of Prodigy, Silent Stream of Godless Elegy and Et Moriemur. The intention is to create moving, innovative and contemporary doom metal with emphasis on emotive richness and atmosphere. It takes the best elements of doom of this ilk and presents us with distilled emotions of the highest value. Subtly whirling, the music takes you to a different dimension where your emotions are laid bare, the caressing tunes evoking self-empathy that soon transmute into self-hatred – life is full of regrets and wrong choices but it is for us to live on with them. Brimming with such heart-searing melodies, Self-Hatred’s debut is a sublime album that cajoles, evokes sweet pain, and is reminiscent of all the emotions that you hold sacred and pure. ‘Theia’ is a masterpiece.

Album lineup:
Kaťas, Felis – vocals
Michal Šanda – keyboards
Aleš Vilingr, Pavel Janouškovec – guitars
Štěpán Eret – bass
Michal „Datel“ Rak – drums

Track list:
1. Guilt
2. Theia
3. Slither
4. Attraction
5. No Judgement
6. Self-reflection
7. Memories

QUEEN ELEPHANTINE

Il nuovo album Kala in uscita il 21 ottobre

There are few bands like this one. The atmosphere and sincerity I would say is unparalleled. I thought the last album was great but this one is even better. Echoes and Dust premiered a track over HERE. It drops in October in various formats including vinyl and tape.

Queen Elephantine (Hong Kong/US) – Kala

Genre – Doom Metal
Release Date – October 21st, 2016
Record Label – Cimmerian Shade Recordings (LP) / Argonauta Records (CD) / Tartarus Records (Cassette) / Atypeek Music (Digital)
For fans of – Hyponic, Sleep, Kyuss, Eyehategod, Om

Queen Elephantine, the exotic-flavoured doom/ambient band once operating out of Hong Kong (who have since moved to New York), are back with a brand new full length called Kala. They’ve always kept innovating and the new album is even more entrancing, atmospheric and mind-bending. They’ve honed their skills to offer music that’s near unparalleled – the delicate cacophony of the numerous instruments (spaced out, never overcrowding), the suspenseful atmosphere, the ever-lingering sense of intrigue, it’s all there, and better than ever before. Kala taps into your subconscious, creates swirling colourful patterns, a hypnotic effect that doesn’t wear off easily like a rare non-harmful drug. Succumb to the creeping, psychedelic madness that’s Queen Elephantine.

Mastered by Billy Anderson (Neurosis, Swans, Sleep, Eyehategod, High on Fire)

Artwork has been made by Adrian Dexter

Line up:
Indrayudh Shome – Guitar
Ian Sims – Drumset
Mat Becker – Bass
Srinivas Reddy – Guitar
Derek Fukumori – Percussion
Samer Ghadry – Guitar, Synth
Nathanael Totushek – Drumset + Percussion on 2,4,6
Nick Disalvo – Mellotron on 1, 2, 3
Michael Scott Isley – Percussion on 2,4
Danny Quinn – Surgeon Pepper

Track list:
1. Quartered
2. Quartz
3. Ox
4. Onyx
5. Deep Blue
6. Throne of the Void in the Hundred Petal Lotus

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The Wounded Kings – Visions In Bone

Steve Mills ha deciso di chiudere la storia ultra decennale dei suoi The Wounded Kings regalando agli appassionati ancora un ultimo guizzo di classe.

Steve Mills ha deciso di chiudere la storia ultra decennale dei suoi The Wounded Kings regalando agli appassionati ancora un ultimo guizzo di classe, all’insegna di un doom che, pur restando nei solchi della tradizione, ha sempre rifuggito la banalità e le soluzioni scontate.

Visions In Bone, quasi a voler chiudere idealmente il cerchio, vede il ritorno in formazione dell’altro fondatore, il cantante George Birch, che negli ultimi due full length era stato rimpiazzato da Sharie Neyland; proprio la sua evocativa voce da sacerdotessa aveva senz’altro reso più peculiare il sound della band inglese, che si andava così ad inserire in quel filone del genere con voce femminile che vede quali massimi esponenti Jex Thoth, Blood Ceremony e The Devil’s Blood, rendendolo forse meno appetibile agli appassionati del genere nella sia versione più ortodossa.
Quest’ultimo lavoro chiaramente, con l’apporto di una timbrica classica come quella di Birch, normalizza per così dire la situazione senza che l’esito finale appaia comunque inferiore a In the Chapel of the Black Hand e Consolamentum, riprendendo ed ampliando il discorso intrapreso nel decennio scorso con Embrace of the Narrow House e The Shadow Over Atlantis.
Visions In Bone si rivela pertanto il migliore dei possibili canti del cigno, con un Mills ispirato a regalare momenti di grande lirismo con la sua chitarra, che trova il suo sfogo nel finale di quasi tutti i cinque lunghi brani.
In particolare, appaiono stupefacenti gli ultimi cinque minuti della traccia d’apertura, Beast, vero e proprio manuale del doom da consultarsi alla bisogna, assieme all’intensa Vultures e alla conclusiva Vanishing Sea, che proprio in virtù del suo magnifico incedere lascia non pochi rimpianti per la fine di un percorso lungo e costellato di lavori di assoluta qualità.
Francamente non conosco i motivi che hanno spinto Steve Mills a chiudere la storia della sua creatura, c’è solo da augurarsi che, al contrario, la sua carriera continui, in qualsiasi altra forma o configurazione, perchè di musicisti di simile spessore ce ne è sempre un gran bisogno.

Tracklist:
1. Beast
2. Vultures
3. Kingdom
4. Bleeding Sky
5. Vanishing Sea

Line-up:
George Birch – Vocals, Guitars, Keyboards, Piano, Songwriting, Lyrics
Steve Mills – Guitars, Songwriting, Lyrics
Myke Heath – Drums
Alex Kearney – Bass

THE WOUNDED KINGS – Facebook

Pénitence Onirique – V​.​I​.​T​.​R​.​I​.​O​.​L.

Un’opera affascinante, pregna di mistero, glaciale e terrorizzante, magari bisognosa di qualche ascolto in più per essere metabolizzata

Nuova proposta estrema per la label transalpina Les Acteurs de l’Ombre Productions, specializzata nel metal estremo ed in particolare in tutte le sfumature che riguardano le sonorità black.

La peculiarità dell’etichetta francese è quella di proporre band dall’alto tasso artistico, concettualmente mature e quasi tutte molto originali.
Pénitence Onirique è una one man band, con il polistrumentista Bellovesos che licenzia questo primo lavoro, un ep che va oltre i quaranta minuti di durata, dalle trame esoteriche, prodotto molto bene e dalle atmosfere oscure e magiche.
Aiutato dal singer ed autore delle liriche Diviciacos, il musicista ci prende per mano e ci accompagna nel magico ed oscuro mondo dell’esoterismo e dell’alchimia; il sound, specialmente nella prima parte non lascia dubbi sulla proposta estrema del gruppo che, pur giocando con atmosfere ancestrali non lascia indietro la componente metallica, sugli scudi con un crescendo di tensione altissima e parti black terrificanti.
Con l’opener L’âme sur les pavés si entra così in un mondo parallelo, dal tema trattato ci si aspetterebbero molte parti atmosferiche, invece la band sceglie l’impatto furibondo del black tout court, valorizzato si da tastiere e qualche rallentamento, ma con la parte estrema sempre a comandare le operazioni.
Ottimo lo scream gelido e tetro come un’urlo dall’oltretomba ed eleganti sono i cambi di ritmo, tra mid tempo ed improvvise accelerazioni.
Cinque tracce tutte superiori agli otto minuti, con la title track e la conclusiva, devastante Carapace de fantasme vide che con l’opener alzano il livello di quest’opera oscura e magniloquente, terribile nel presentare il mondo dell’alchimia e dell’esoterismo in maniera brutale, senz’altro meno poetica del previsto.
Sul fronte musicale, personalmente mi hanno ricordato gli Emperor di Anthems To The Welkin at Dusk e gli Arcturus meno progressivi, ma la forte personalità del duo fa in modo che la musica creata si ritagli uno spazio tutto suo nel folto panorama della musica estrema di ispirazione black.
V.I.T.R.I.O.L. risulta un’opera affascinante, pregna di mistero, glaciale e terrorizzante, magari bisognosa di qualche ascolto in più per essere metabolizzata, ma assolutamente meritevole d’attenzione, specialmente per i fans del black metal più colto.

TRACKLIST
1. L’âme sur les pavés
2. Le soufre
3. Le sel
4. V.I.T.R.I.O.L
5. Carapace de fantasme vide

LINE-UP
Bellovesos – All Instruments
Diviciacos – Vocals

PENITENCE ONIRIQUE – Facebook

Minenwerfer / 1914 – Ich Hatt Einen Kameraden

Uno split unico e magnifico, che raggiunge perfettamente lo scopo che si era preposto, quello di ricordare quei caduti, persone prima vive e con una storia, amori ed errori, ora solo un fiore in un campo lontano.

Concept split tra due grandi gruppi, per una pubblicazione di altissimo valore.

Il disco è un concept album sulla prima guerra mondiale, focalizzato sugli stati d’animo e le durissime situazione che hanno dovuto affrontare i soldati di entrambi gli schieramenti. A prima vista questo split potrebbe sembrare politicizzato, ma non lo è affatto, anzi ha un valore documentale molto alto. La musica di questi due gruppi ci porta con il cuore prima e con il cervello poi sul campo di battaglia, e possiamo vedere i soldati vivere, ma soprattutto morire, cadere come mosche in un’immensa carneficina, dono degli umani al nero signore. I due gruppi protagonisti dello split vengono da due paesi che erano su opposti schieramenti durante la Prima Guerra Mondiale, i Minenwerfer vengono dal nuovo mondo, più precisamente da Sacramento, California, mentre i 1914 sono ucraini di L’Viv. I Minenwerfen, che era il nome di un mortaio a corta gittata che montava proiettili da 7,58, molto usato dall’esercito tedesco, poiché serviva a bombardare piccole fortificazione e trincee, come quel mortaio aggrediscono con il loro war black metal, devoto al classic black, ma con grandi inserti delle nuove tendenze, ed il tutto è molto distruttivo e potente, perfettamente inquadrato nel quadro del concept album.
La seconda parte dello split vede gli ucraini 1914 compiere un gran lavoro di documentazione storica e sonora, proponendo un suono industrial black, al quale questa definizione sta davvero stretta. Il loro incedere è davvero estremo ed unico, poiché fondono insieme diverse istanze, dal death al black ed un tocco industrial, come nel pezzo Gas Mask, dove la claustrofobia raggiunge davvero livelli estremi, e fa persino capolino l’ 8 bit, dando un grandissimo valore aggiunto al disco.
Uno split unico e magnifico, che raggiunge perfettamente lo scopo che si era preposto, quello di ricordare quei caduti, persone prima vive e con una storia, amori ed errori, ora solo un fiore in un campo lontano. Ed il black metal continua ad essere una guerra.

TRACKLIST
1.Minenwerfer – First Battle of the Masurian Lakes
2.Minenwerfer- Battle of Bolimów (Weisskreuz)
3.Minenwerfer – Iron Cross (Ostfront 1915 Version)
4.Minenwerfer – Second Battle of the Masurian Lakes
5.1914 – An Meine Völker!
6.1914 – Karpathenschlacht (Dezember 1914 – März 1915)
7.1914 – 8 × 50 mm. Repetiergewehr M.95
8.1914 – Gas mask (Eastern front rmx)

ARCHAIC SOUND – Facebook

Thermit – Saints

Un album che vale la pena cercare come l’arca perduta

Mi chiedo spesso il motivo per cui delle ottime band licenzino album autoprodotti, risultando comunque ben fatti sotto ogni punto di vista, mentre altre hanno la fortuna di accasarsi con label importanti (a livello underground) per poi deludere con lavori approssimativi, specialmente per quanto riguarda produzione e master.

Saints è l’esempio lampante di come dietro ad album con i crismi dall’autoproduzione si nasconda spesso un piccolo gioiellino metallico, supportato da un buon songwriting e da un ottimo lavoro in sala.
Loro sono i Thermit, gruppo heavy/thrash polacco attivo dal 2009 e con un paio di lavori minori alle spalle (un demo ed un ep), arrivano quest’anno al traguardo del debutto con Saints, album suonato alla grande, prodotto quel tanto che basta per valorizzare il gran lavoro strumentale dei cinque musicisti di Poznam che, con piglio e sfrontatezza, affrontano la materia metallica mettendo in campo grinta, freschezza ed un’ottima preparazione strumentale.
Saints si avvale di una sezione ritmica varia e martellante (Przydep alle pelli e Fabian al basso) che non disdegna repentini cambi di tempo e un approccio che, a tratti, non è eresia chiamare progressivo.
Le chitarre seguono con solos e riff le intricate partiture, mentre un cantante tripallico spettacolarizza il tutto con una prova grintosa, melodica e personale, cambiando registro su ogni brano e mettendo l’ombrellino sul cocktail metallico preparato dal gruppo.
I santi sono tutti sotto il palco a fare headbanging, esaltati da questa raccolta di brani che non lascia scampo, la storia del metal fa capolino tra lo spartito dell’album non facendo mancare il supporto in termini di ispirazione, sia delle storiche thrash bad della Bay Area che l’heavy classico di estrazione europea.
Un lavoro ritmico sontuoso elargito da quel mostro di bravura che di nome fa Fabian, ultimo arrivato in casa Thermit, con il suo basso fa la differenza come Lewandowski al centro dell’area di rigore, e contribuisce a rendere Saints un debutto coi fiocchi, con Zombie Lover, la splendida Smoke & Soot, dove la band regala spunti hard blues e di fatto suonando il primo brano thrash blues della storia, il ruvido mid tempo Fairyland, con le due asce (Jendras e Modly) sugli scudi; ancora,  l’esaltante Louise, dove Trzeszcz fulmina il microfono con una prova sopra le righe e, quando i Thermit decidono di suonare heavy metal, la titletrack prende i Judas Priest per il colletto e Painkiller al confronto sembra una sigla di cartoni animati per bambini.
Un album che vale la pena cercare come l’arca perduta, spettacolare nel saper amalgamare, con spunti a tratti geniali, heavy metal, thrash, hard rock. prog e blues; ascoltatelo e ditemi quante marce in più hanno questi ragazzi: con band molto più famose il confronto diventa imbarazzante. Una bellissima scoperta.

TRACKLIST
1. Lady Flame
2. Zombie Lover
3. Perfect Plan
4. Smoke & Soot
5. The Story About Bird & Snake
6. Fairyland
7. The Last Meal of the King
8. Louise
9. Mr. Two-Face
10. Saints

LINE-UP
Przydep – Drums
Jendras – Guitars
Młody – Guitars
Trzeszcz – Vocals
Fabian – Bass

THERMIT – Facebook

SPEED STROKE

Il nuovo video “The End Of This Flight”

Esce oggi il nuovo video degli SPEED STROKE, secondo singolo estratto dal nuovo album “Fury”, uscito lo scorso marzo per Bagana Records.

The End Of This Flight (Official Video): https://youtu.be/M4yocYCJVAM

Diretto dal regista Filippo Cinotti (VMultimedia), il brano racconta “il dolore di essere avvolti dal cinismo nel guardare una persona, una volta a te cara, autodistruggersi, cercando di portarti con lei. Una lotta continua tra la disperazione e l’indifferenza più totale”.
Nel video traspare la forte energia della band live, accompagnata per tutta la durata dalle lyrics del brano. Ad arricchire il messaggio, brevi frame degli oggetti simbolo delle più grandi passioni dei quattro musicisti.
Questa domenica 11/09 gli Speed Stroke saranno di supporto ai colossi svedesi Hardcore Superstar, per uno show da non perdere presso il Summerfield Music Festival. La band è attualmente in tour a supporto dell’ultimo lavoro, di seguito il calendario in continuo aggiornamento:

SAB. 10/09 BOLOGNA – ALCHEMICA MUSIC CLUB – Evento FB
DOM. 11/09 CASSANO MAGNAGO (VA) – SUMMERFIELD MUSIC FESTIVAL – Evento FB

Info booking
booking@baganarock.com

www.baganarock.com

PENITENCE ONIRIQUE

Primo album V.I.T.R.I.O.L. in uscita il 16 settembre per Emanations

The French Black Metal band will release its first album ” V.I.T.R.I.O.L” on Emanations a division of Les Acteurs de l’ombre Productions.

Release date : September 16th 2016

Pénitence Onirique is born from an ancestral and powerfull bicephalous mystical appearance. The band delivers a dark and intense Black Metal, with a complex and frank brutality, half-way between an alchimical ritual and an introspective preach. Taken from the depest pains, their first offering, V.I.T.R.I.O.L, is taking us for a initiatory journey to the meaning of death.

The full album stremaing is now available on YouTube:

Monolithe – Zeta Reticuli

Zeta Reticuli rafforza le tendenze emerse dal nuovo corso dei Monolithe, i quali, pur continuando a perseguire il proprio concept cosmico, hanno decisamente reso più ariose le proprie composizioni.

A poco più di sei mesi dall’uscita di Epsilon Aurigae, ecco l’arrivo di Zeta Reticuli a completare questa opera discografica dei Monolithe, che non a caso viene pubblicata anche in una sola confezione contenente entrambi i lavori, sempre a cura della Debemur Morti.

Quest’album conferma e rafforza le tendenze emerse dal nuovo corso della band francese che, pur continuando a perseguire il proprio concept cosmico, ha decisamente reso più ariose le proprie composizioni svincolandosi del tutto da un funeral ortodosso per approdare ad una forma di doom molto più atmosferica, in cui aumentano esponenzialmente gli splendidi assoli dì chitarra di Sylvain Begot e giungendo, infine, a chiudere il lavoro con l’intera The Barren Depths interpretata dall’ospite Guyom Pavesi (cantante dei Devianz, band in cui suona l’altro chitarrista Benoit Blin) con la sua particolare e stentorea voce pulita.
Insomma, la galassia Monolithe continua a fluttuare negli spazi interminabili dell’universo e lo fa speditamente fin dal 2012, quando, dopo un quinquennio di silenzio, è iniziato un periodo di grande prolificità coincisa con la pubblicazione di ben quattro full-length.
Ciò che, fin da Monolithe III, è apparso subito evidente, è stata la maggiore dinamicità di un sound che, nel corso dei lavori successivi, si è sempre più aperto a soluzioni melodiche sublimatesi, infine, in un refrain come quello presente in The Barren Depths, dove si sconfina in mondi musicali paralleli abitati da Mastodon e co.
Cosmic atmospheric doom è una definizione ad hoc per i Monolithe, i quali, con un lavoro di questa portata, potrebbero ampliare non poco la base dei propri fedeli estimatori, pur restando per attitudine e capacità evocative una doom band a tutti gli effetti; impossibile resistere a queste colonna sonore che riportano la mente ad un immaginario kubrickiano, il che, a ben vedere, trasmette un senso di sgomento non inferiore rispetto agli scenari luttuosi che costituiscono normalmente il tema portante del genere.
Al di là della splendida anomalia costituita dall’ultima traccia (di 15 minuti esatti, come avviene anche per gli altri brani di questo disco e del suo predecessore), Ecumenopolis è un episodio magnifico, nel quale Richard Loudin declama foschi scenari futuristici su schemi compositivi che ormai sono un marchio di fabbrica: il crescendo nella parte centrale, il pulsare del basso in conclusione, lasciano spazio ad uno strumentale (TMA-1, omologo del TMA-0 di Epsilon Aurigae) in cui regala il suo tassello chitarristico anche Jari Lindholm degli ottimi Enshine.
Proprio la riconoscibilità del sound è, come sempre, uno dei sintomi più evidenti del raggiungimento di uno status ragguardevole: quello dei Monolithe resta comunque di culto, perché tale è il destino di chi suona questo genere anche ai massimi livelli, ma se oggi dovessi puntare un euro su una band di matrice funeral capace di abbattere le barriere di genere per approdare ad una popolarità (relativamente ) più vasta, me lo giocherei su questi parigini con la testa ben oltre le nuvole …

Tracklist:
1. Ecumenopolis
2. TMA-1
3. The Barren Depths

Line-up:
Benoît Blin – Guitars
Sylvain Bégot – Guitars, Keyboards, Programming
Richard Loudin – Vocals
Olivier Defives – Bass
Thibault Faucher – Drums

Guests:
Guyom Pavesi – Vocals (track 3)
Jari Lindholm – Guitars (lead) (track 2)

MONOLITHE – Facebook

SWAMPCULT

The Festival in uscita il 2 ottobre per Transcending Obscurity

Decibel Magazine, Metal Sucks and others are streaming tracks off this sensational H.P. Lovecraft-based release HERE and HERE. You can’t escape the lure of the Mythos.

– “somehow manages to aurally channel the dread and terror of its inspiration” – Decibel Magazine (US)

– “perfectly encapsulates both the creepiness and the repulsiveness of Lovecraftian horror” – Metal Sucks (US)

– “There’s something wonderfully unsettling about Swampcult” – Metal Injection (US)

– “one of the best and most authentic musical stabs at the Mythos” – Doom-Metal.com (Belgium) 8.5/10

– “The most awesomely disgusting, putrid, dark, and straight up terrifying record” – Headbanger Reviews (US)

– “steeped in an aura of encroaching doom” – No Clean Singing (US)

– “A real tribute to the great writer and a must have for all true lovers of mystical horror.” – Reckoning Hour (Greece)

– “Superb.” – The Killchain (UK)

– “High praise for SWAMPCULT’s The Festival!” – Dire Notes (US)

– “captures both the narrative and the mood of Lovecraft‘s work” – The Obelisk (US)

– “an album full of devilish sounds and lots of atmosphere.” – Franconia Metallum (Germany)

– “creating morbid atmospheres with downbeat riffing” – Wonderbox Metal (UK)

– “well worth purchasing this record” – Metal Gallows (India)

Swampcult (Netherlands) – ‘The Festival’ (2016)

Genre – ‘Lovecraftian Metal’
Release Date – October 2nd, 2016
Record Label – Transcending Obscurity Records
For fans of – H.P. Lovecraft (ha)

Dutch band Swampcult aren’t just inspired by H.P. Lovecraft, they’ve based an album entirely on his highly acclaimed story ‘The Festival’. Mixing black metal, doom metal, and death metal, they’ve formed a new style that defies easy categorization – to call it ‘Lovecraftian metal’ is perhaps the best way to describe the intriguing music. Each song is divided into chapters tracing the original ‘The Festival’ story, bringing it to life. The sounds of dread were never before so easily captured in this genre. The very vibe of H.P. Lovecraft’s story has been recreated using a mixture of various extreme sounds; from the strange murmurings in the village to the toll of bells, it’s all encapsulated perfectly in one album. To give it visual appeal, a special ‘story card’ is created for each chapter, each having its own artwork and writings, which is given out free with the purchase of any physical product. Swampcult, in addition to devoting an album entirely to H.P. Lovecraft’s ‘The Festival’ story, have written excellent, contemporary music that’s seamless, laden with surprises, and consistent. If there could be a genuine soundtrack for H.P. Lovecraft’s story, this is it. ‘The Festival’ is meant to be heard from start to finish, with at least the lyrics sheet in hand if not the book itself, and is recommended to all those who’re into things horror and extreme.

‘The Festival’ Track list:
1. Chapter I – The Village 06:01
2. Chapter II – The Old Man 02:55
3. Chapter III – Al-Azif Necronomicon 03:54
4. Chapter IV – Procession 05:28
5. Chapter V – The Rite 08:23
6. Chapter VI – The Flight 02:21
7. Chapter VII – The Dawning 06:09
8. Chapter VIII – The Madness 03:11
9. IX – Epilogue – Betwixt Dream and Insanity 02:49

Line up:
D – All strings and narration
A – Percussion, vocals and narration

Johansson & Speckmann – Edge of the Abyss

Di tutte le proposte che coinvolgono Rogga Johansson, questa è forse la meno soddisfacente, pur rimanendo su livelli inarrivabili per almeno un buon numero di death metal band in giro per il mondo

La collaborazione tra Rogga Johansson e Paul Speckmann, degli storici deathsters americani Master, iniziò con un brano inserito nel primo lavoro dei Megascavenger, Descent of Yuggoth del 2012.

Da allora i due musicisti decisero di iniziziare una collaborazione che portò al primo lavoro uscito l’anno dopo ed intitolato Sulphur Skies.
Lo storico vocalist e bassista americano, in coppia con lo stakanovista dell’old school death metal, accompagnati in questo progetto dal drummer Brynjar Helgetun, diedero un seguito a quell’album lo scorso anno con l’ottimo Mask of the Treacherous, e la cosa sembrava fermarsi qui, anche per le decine di progetti in cui il musicista svedese si è imbarcato in questo ultimo anno e mezzo.
Invece, a sorpresa, esce il terzo lavoro di questa intercontinentale coppia del metal estremo licenziata dalla Soulseller records ed intitolata Edge Of The Abyss.
Come tradizione l’album supera a malapena la mezz’ora di durata, e il death metal old school trattato dal combo rispolvera certe sonorità thrashy e hardcore facendone una perfetta via di mezzo tra la tradizione scandinava e quella più intransigente americana.
Sicuramente per il sottoscritto non il meglio della discografia johanssoniana ma, senza fraintendimenti, restiamo comunque su livelli qualitativi ottimi, specialmente per chi ama l’old school death metal dai rimandi hardcore.
Tra le devastanti parti ritmiche di cui è composto l’album troviamo accenni solistici di matrice nord europea, attimi di luce soffocate dalle atmosfere estreme di brani dall’alto tasso estremo come Misanthropy, The One They All Despised e Already In Disguise; la personalità ed il carisma di un’icona come Speckmann si fa sentire, il sound alla Massacre/Master lascia poco spazio all’anima scandinava del buon Rogga, un pregio per qualcuno, ma non per tutti.
Di tutte le proposte che coinvolgono Johansson, questa è forse la meno soddisfacente, pur rimanendo su livelli inarrivabili per almeno un gran numero di death metal band in giro per il mondo, ma per questo 2016 possiamo sicuramente accontentarci.
L’appuntamento è per il prossimo anno, anche se per presentarsi entro quattro mesi con un altro devastante album è uno scherzo da ragazzi.

TRACKLIST
1. Perpetuate The Lie
2. You’ve Stepped On A Dime
3. Misanthropy
4. Turn It Around
5. The Last Witness Is Barely Live
6. The One They All Despised
7. The Edge Of The Abyss
8. A Concept
9. Already In Disguise

LINE-UP
Brynjar Helgetun – Drums
Rogga Johansson – Guitars, Bass
Paul Speckmann – Vocals

JOHANSSON – SPECKMANN – Facebook

Rotör – Musta Käsi

Heavy metal melodico e piacevolissimo, che scorre benissimo, fatto con molto entusiasmo, cantato in finlandese.

Quanto di voi hanno suonato il metal nella propria cameretta ? I più fortunati e bravi lo avranno fatto con uno strumento, ma tutti di voi avranno suonato migliaia di concerti immaginari nella vostra camera, davanti ad una folla che nemmeno a Wacken o Clisson.

I Rotör sono quelli che dalla cameretta sono usciti, ora suonano ma lo fanno ancora come se fossero nell’età della pubertà. Metal NWOBHM a velocità smodata e davvero tantissimo divertimento. Negli ultimi tempi escono tantissimi dischi metal, molto sono assai validi, ben suonati e ben composti, ma a volte davvero poco divertenti. Qui invece, come in un Stranger Things del metal, siamo riportati indietro negli anni ottanta, e i Rotör in quegli anni avrebbero spiccato su molti gruppi di quell’epoca. Questo disco è un piccolo miracolo, una di quelle cose che ancora a volte succedono in un mondo dove si aspetta l’uscita dell’ultima cavolata techno. Heavy metal melodico e piacevolissimo, che scorre benissimo, fatto con molto entusiasmo, cantato in finlandese, che calza a pennello, poiché ha una metrica talmente impossibile che col metal si accompagna benissimo. Prendete la NWOBHM e velocizzatela un po’, con un tocco quasi punk hardcore nella voce, e vi avvicinerete abbastanza anche se non molto a quello che ascolterete. Questo disco è entusiasmante, coinvolgente, proprio come quei dischi che sentivate in cameretta ondeggiando la testa, e dando spallate sui muri, e qui tornerete a fare quello, perché vi è mancato, ma non tutto è ancora perduto. Su questo gruppo finlandese non si conosce molto, ma non serve granché, visto la musica che fanno.

TRACKLIST
1. Avattu Hauta
2. Porttokirkko
3. Silmä
4. Uuden Maailman Asukas
5. Roottoripää
6. Valittu
7. Portti Helvettiin
8. Käärme
9. Loputon

SVART RECOTDS – Facebook

Ancillotti – Strike Back

Giunti alla fine si ha l’impressione di essere al cospetto di un lavoro notevole e che per molto tempo rimarrà posizionato nel lettore cd

La famiglia metallica (nel vero senso della parola) Ancillotti torna a far ruggire i propri strumenti due anni dopo il bellissimo esordio The Chain Goes On.

Bud Ancillotti, suo figlio Brian, il fratello Sandro, ed il fido Luciano Toscani, dopo aver incendiato i palchi hard & heavy per più di un anno e mezzo, si sono chiusi ai Tartini 5 di Parma insieme al produttore Fausto ‘Tino’ Tinello, per regalare un fratellino al primogenito, un album a tratti entusiasmante che ved tornare alla grande l’ex Strana Officina.
Il tempo passa in fretta e due anni sono volati, la famiglia Ancillotti si ripresenta ai fans con Strike Back, album che continua la strada intrapresa con il primo lavoro, licenziato come questo dalla Pure Steel, ed in seguito proposto sul tradizionale supporto in vinile dalla nostrana Jolly Roger.
Si nota subito nel sound la presenza maggiore dei tasti d’avorio, suonati sempre da Simone Manuli ed un’amalgama ormai consolidata (non solo per questioni di parentela) dal gruppo, che si conferma come uno dei vertici del metal tradizionale nato nel nostro paese e senza sfigurare affatto di fronte ai nomi internazionali, anche storici, dei quali la label tedesca si può avvalere.
Ne esce un album che nel suo essere classico risulta fresco, l’hard rock e l’heavy metal si alleano per continuare a generare musica dura, perfettamente bilanciata tra la tradizione europea e l’U.S. metal.
Le tastiere incorniciano, tra intro e strutture, molti dei brani, ma è la triade chitarra, basso e batteria che in Strike Back viene glorificata e valorizzata da una prestazione vocale di Bud Ancillotti, ruvida, sanguigna, da rocker, ma a tratti mai così melodica.
Ficcante, tagliente ed in stato di grazia la performance di Ciano Toscani alla sei corde, a mio parere l’arma che fa fare al nuovo lavoro un piccolo passo avanti rispetto al suo bellissimo predecessore, mentre la sezione ritmica composta da zio e nipote risulta una colata di cemento armato che sorregge questo grattacielo metallico.
E così, dopo l’intro, si prende l’ascensore verso il cielo, spaccato da tuoni e fulmini metallici, To Hell With You esplode con un gran lavoro di Brian alle pelli ed un riff serrato, un brano in your face perfetto per aprire un lavoro del genere.
Abbiamo detto del cantato di Bud che, ancora più che nel primo disco, alterna grinta e melodia in modo vario e sapiente, non lasciando mai all’ascoltatore il permesso di perdere l’attenzione, ed è già tempo di Immortal Idol e Fight, la prima più complessa, quasi progressiva nelle ritmiche, la seconda un pugno in faccia metallico che farà strage in sede live.
Bellissimo l’hard rock statunitense di Never To Late e When Night Calls, una bomba ritmica The Hunter, mentre Burn, Witch, Burn è un classico brano oscuro di metal statunitense dove l’atmosfera horror delle liriche incentrate sui processi alle streghe di Salem è accentuata da rintocchi di campana e risate diaboliche.
Giunti alla fine si ha l’impressione di essere al cospetto di un lavoro notevole e che per molto tempo rimarrà posizionato sul vostro lettore cd in attesa che la luce dell’amplificatore ritorni verde ed il tasto play nuovamente premuto: questo è hard & heavy da manuale, grandi Ancillotti.

TRACKLIST
1. Intro
2. To Hell With You
3. Immortal Idol
4. Fight
5. Firestarter
6. The Beast Is Rising
7. When Night Calls
8. Burn, Witch, Burn
9. Lonely Road
10. Life Is For Livin’
11. Never Too Late
12. The Hunter

LINE-UP
Sandro “Bid” Ancillotti – Bass
Brian Ancillotti – Drums
Luciano “Ciano” Toscani – Guitars
Daniele “Bud” Ancillotti – Vocals

ANCILLOTTI – Facebook

W13 DIGITAL DISTRIBUTION

Nasce una nuova agenzia

E’ operativa la nuova agenzia W13 DIGITAL DISTRIBUTION, specializzata in distribuzione di musica metal nelle piattaforme digitali di tutto il mondo, e promozione delle band stesse attraverso recensioni, interviste e passaggi radio.

W13 si occupera’ anche di mastering online e composizione/registrazione di colonne sonore per film e cortometraggi.

Come ciliegina sulla torta, W13 ha gia’ stretto accordo di partnership con la ben nota L’Alchimie Agency.

Per Info:

http://www.facebook.com/w13digitaldistribution

w13distribution@libero.it

nw13

DARKRYPT

Debutto per i Darkrypt con Transcending Obscurity

Darkrypt (India/International) – ‘Delirious Excursion’

Genre – Death Metal
Release Date – October 15th, 2016
Record Label – Transcending Obscurity India (sub-label)
For fans of – Adramelech, Chthe’ilist, Grave Miasma, Demilich, Cruciamentum

From India not Scandinavia, emerges a band expanding upon the sound laid down by the masters. With mixing done by the dark death metal expert Greg Chandler at Priory Recording Studios (Cruciamentum, Chthe’ilist, etc.) and mastering by the legend Dan Swano at Unisound Studios (Asphyx, Bloodbath, etc), everything has been done to perfectly capture the right sound intended for music of this ilk. With influences ranging from Demilich, Adramelech, Demigod, (early) Amorphis, Funebre and Nihilist, Darkrypt have taken the best elements of all and forged a sound that retains the local flavour and yet creates music that’s classic in intent, memorable as well as catchy. With guest appearances by Rogga Johansson (Paganizer, The Grotesquery, etc.), Nitin Rajan (Primitiv), not to mention the lyrical contribution of Riju Dasgupta (Albatross, Primitiv), this is probably the most ambitious debut by a new band from the country. Even devoid of all these contributions, the album on its own merit is rife with excellent riffs, varying tempos capturing a myriad contrasting moods, able percussion propelling the mind-melting structures, and thoughtful vocal delivery so as not to kill the effectiveness of death metal that’s heaving with an ability to express.

The artwork too has been done by none other than Turkka G. Rantanen (Demilich, Adramelech, Demigod, etc.)

Mixed by Greg Chandler at Priory Recording Studios (Cruciamentum, Chthe’ilist, Grave Miasma, etc.)

Mastered Dan Swano at Unisound Studios (Asphyx, Incantation, Gorement, etc).

Artwork has been made by Turkka G. Rantanen (Demilich, Adramelech, Demigod, etc.)

Track list:
1. The Becoming Alteration
2. Dark Crypt
3. Chasm of Death
4. Abstract Submission
5. Cryptic Illusions (ft. Rogga Johansson)
6. Folie a Deux
7. Limbic Dichotomy
8. The Inducer (ft. Nitin Rajan of Primitiv)
9. The Acceptor

Line up:
Amey Bhole – Vocals/Bass Guitar
Aumkar lele – Drums
Rishabh Ravi – Guitar
Mihir Gaikwad – Guitars

I can’t stress enough on the greatness of this release. It’s probably the last release by this band and there may not be an album like this to come out of India ever again. Grab it, revel in it, see it for its sheer ambition and determination. No Clean Singing did the first premiere over HERE. Early feedback has been very positive too –

“fans of old-school death metal will love this one.” – Reckoning Hour (Greece) 85/100

“This is red meat for death metal carnivores” – No Clean Singing (US)

“one of those death albums you must check out.” – Head-Banger Reviews (US)

“some of the finest death metal” – The Killchain (UK)

“totally cool!” – Franconia Metallum (Germany)

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Dwell – Desolation Psalms

Il death doom del gruppo di Aarhus è asciutto, molto più votato alla prima delle due componenti, ma senza disdegnare rallentamenti o aperture melodiche contraddistinte da un buon lavoro chitarristico.

Interessante uscita per i danesi Dwell, band che pubblica questo ep di quattro brani in attesa di presentare il primo album su lunga distanza.

Il death doom del gruppo di Aarhus è asciutto, molto più votato alla prima delle due componenti, ma senza disdegnare rallentamenti o aperture melodiche contraddistinte da un buon lavoro chitarristico.
In tal senso emerge quale traccia più efficace Teeth Gnawing, segnata da una ritmica accelerata, così come l’opener March of the Leeches, mentre il vero brano 100% doom è la conclusiva e più cupa None but my Bones (The Inevitable Absence of Time è invece un bello strumentale di natura ambient).
Nulla per cui strapparsi i capelli ma neppure un lavoro da sottovalutare: Desolation Psalms gode di una buona prova complessiva, con un’interpretazione vocale ruvidamente efficace di Jens B. Pedersen e un tocco chitarristico malinconico il giusto da parte di Morten Adsersen.
I Dwell si segnalano per il loro impatto, valorizzato da una produzione di livello, evento tutt’altro che casuale anche per l’esperienza dei musicisti coinvolti: per tutti questi motivi l’ep va ascoltato anche in proiezione del futuro full length.

Tracklist:
1. March of the Leeches
2. Teeth Gnawing
3. The Inevitable Absence of Time
4. None but my Bones

Line-up:
Jens B. Pedersen – Vocals
Quentin Nicollet – Bass
Morten Adsersen – Guitars
Kenneth Holme – Keyboards
Andreas Joen – Drums

DWELL – Facebook

Skeleton Of God – Primordial Dominion

Immaginatevi una jam tra Cannibal Corpse, Napalm Death, Primus e Kyuss ed avrete solo un’idea del sound proposto da questa società per delinquere del metal estremo

Primordial Dominion è il secondo album dei famigerati Skeleton Of God, un trio che si aggirava nel Colorado tra il 1993 ed il 2008.

Originariamente licenziato dalla Creepo nel 2008, torna a devastare padiglioni auricolari grazie alla Everlasting Spew Records a cui bisogna fare un monumento visto l’alto potenziale del lavoro in questione.
Nati nel 1993, gli Skeleton Of God (ancora attivi), sono formati dal batterista Erik Stenflo, dal chitarrista/cantante Jeff Kahn e dal bassista Joel DiPietro, purtroppo deceduto nel 2015; la loro discografia vede il primo ep Urine Garden (1993) seguito dal primo full length Bleached in the Sun uscito l’anno dopo e che precede questo devastante ed ultimo lavoro.
Originali e completamente in balia di sostanze illegali (la copertina, atipica per il genere la dice lunga sulle abitudini del duo) i tre musicisti americani si inventano questo massacro grind/death psichedelico, dal groove micidiale, pesante e potentissimo, sorretto in gran parte da lunghe jam stonerizzate.
Guidati da un’attitudine psych e da un impatto mostruoso, valorizzato da un’ottima tecnica, gli Skeleton Of God con questo lavoro corrono per le strade dell’immortalità musicale, almeno per chi ha avuto ed avrà la fortuna di imbattersi in questo lavoro che estremizza (a modo suo) non solo l’elemento psichedelico, ma pure un genere come il death metal, ed è tutto dire.
Sfuriate di pura rabbia grind si mescolano a lascive ritmiche e sanguinarie chitarre fuzz, il growl potentissimo, sbaraglia la concorrenza con urla belluine, sfoghi violentissimi su una buona dose di rock stonerizzato nella sua massima espressione.
Un sound estremo, sconquassante ma terribilmente aperto a molteplici soluzioni stilistiche, a tratti lente ed inesorabili marce desertiche fanno da contorno alla violenza tout court che si sprigiona come l’esplosione di un vulcano.
Tentacles Gears, Introspection, la cerebrale Dark Energy, la settantiana Divinorum e la violentissima Tribunal, sono le tracce catalizzatrici di un lavoro disturbate, un trip che si trasforma in un incubo e devvsta la mente.
Immaginatevi una jam tra Cannibal Corpse, Napalm Death, Primus e Kyuss ed avrete solo un’idea del sound proposto da questa società per delinquere del metal estremo; un ascolto assolutamente consigliato, ma con molta attenzione: da questo trip potreste non tornare più.

TRACKLIST
1. Dawn of Dimension
2. Tentacle Gears
3. Introspection
4. Cerebral Vipers
5. Dark Energy
6. Spiral Domain
7. Divinorum
8. Eyeland
9. Sheperdess
10. Tribunal
11. Journey’s Twilight

LINE-UP
Joel DiPietro – Bass
Erik Stenflo – Drums
Jeff Kahn – Vocals, Guitars

SKELETON OF GOD – Facebook

Wrekmeister Harmonies – Light Falls

Il prodigio del giorno che diventa notte, in un dolce scomparire della luce, e poi tutto nero, terribile eppure bellissimo. Come la musica dei Wrekmeister Harmonies.

Una lenta, graduale caduta di ogni cellula e fibra del nostro corpo in un buio dominato dalla caduta della luce. La luce in alcuni casi cade, e la musica può descrivere benissimo il senso della perdita di ciò che per noi è il bene più prezioso : la luce.

Torna uno dei migliori collettivi musicali della terra, i Wrekmeister Harmonies, ora in formazione sicuramente più minimale rispetto al passato, anche perché nei dischi precedenti transitano ivi una trentina di musicisti per volta, e che musicisti, il meglio dell’avanguardia. I Wrekmeister Harmonies sono un gruppo speciale, un unicum nella musica, e con questo disco lo dimostrano ampiamente. Fondati dal visionario J R Robinson nel 2006, hanno subito mostrato un qualcosa di decisamente diverso rispetto a tutti gli altri gruppi. Dopo il successo dell’ultimo album Night Of Your Ascension, JR ha sentito il bisogno di cambiare stile compositivo ed obiettivi. Il titolo prende spunto da romanzo di Primo Levi, Se Questo è un Uomo, scritto sulla sua esperienza ad Auschwitz. Levi, morto suicida nella sua Torino, tratta soprattutto dell’idea che l’uomo diventa inumano quando tutti accettano questo cambio senza remore, e quindi anche imprigionare un uomo per la sua razza diviene normale. Parole che suonano quanto mai attuali. La musica dei Wrekmeinster Harmonies è puro rumore che genera poesia, è poderosa, delicata, coccola e colpisce al volto, senza soluzione di continuità. Si spazia in molti generi, dal post rock, al post metal, dalla new wave al drone, sempre su livelli altissimi. Tutto qui ha un significato ben preciso, e sembra di sentire una sezione poetica dei Neurosis, giusto per far capire da che parte si potrebbe andare. Light Falls è una connessione tra noi stessi e una strana forza eterea che attraversa il mondo e ci fa mutare, girare e vivere. Questo gruppo è un’entità in continuo movimento, una dolce mutazione, un cullarsi mentre tutto intorno diviene buio. E infatti il prodigio del giorno che diventa notte, in un dolce scomparire della luce, e poi tutto nero, terribile eppure bellissimo. Come la musica dei Wrekmeister Harmonies.
“ Stay In, Go Out, Get Sick, Get Well, Light Falls”.

TRACKLIST
1.Light Falls I – The Mantra
2.Light Falls II – The Light Burns Us All
3.Light Falls III – Light Sick
4.The Gathering
5.Where Have You Been My Lovely Son?
6.Some Were Saved Some Drowned
7.My Lovely Son Reprise

WREKMEISTER HARMONIES – Facebook

Night Gaunt – Jupiter’s Fall

Recuperare il primo lavoro sarà il passo successivo all’ascolto dei due brani di questo 7″, aspettare il nuovo album la conseguenza inevitabile.

Non è poi così difficile, girando virtualmente e musicalmente per le strade della capitale, imbattersi in realtà devote alle sonorità messianiche ed oniriche del doom metal classico.

Non sono poche, infatti, le band romane incontrate in questi ultimi anni a proporre la loro personale versione di musica del destino, chiaramente ispirate a canovacci ormai consolidati da oltre quarant’anni, e d’altronde il genere lo si può contaminare, condire e rigirare ma alla fine si torna sempre lì, agli anni settanta.
Per i fans poco male, nell’underground il doom, come molti altri generi, fortunatamente trova terreno fertile, anche nel nostro paese.
I Night Gaunt, quartetto capitolino (ex Hypnos) licenziano per la label canadese Temple Of Mistery, il loro secondo lavoro, questo 7″ che segue l’esordio omonimo sulla lunga distanza uscito un paio di anni fa.
I due brani, Jupiter’s Fall (ispirato ad un racconto di Edgar Allan Poe) e Penance, formano un quadro di emozioni che prende spunto dalla perdita e dal lutto a cui va incontro l’uomo.
La prima traccia risulta cupa e melodica, mentre la seconda, pesante, monolitica e rabbiosa, richiama l’emozione cruenta della negazione ed il conflitto interiore tra la consapevolezza della perdita ed il rifiuto che ne consegue.
Per quanto riguarda l’aspetto musicale i Night Gaunt non deludono, il loro doom metal si muove tra il periodo settantiano e quello successivo, il loro sound caldo ed avvolgente, oltre che ai soliti nomi (Candlemass e Sabbath) richiama soluzioni evocative e struggenti care a Penance, Solstice e Solitude Aeturnus, variando così il sound quel tanto che basta per non fossilizzarsi in un unico battito ritmico.
Gran lavoro sulla title track della sezione ritmica, mentre un monolite di potenza rallentata risulta Penance; bella e alquanto melodica la voce, mentre le sei corde si muovono tra riff pesantissimi e solos dalle melodie funeree.
Un buon 7″che ci presenta una band meritevole d’attenzione: recuperarne il primo lavoro sarà il passo successivo all’ascolto dei due brani, aspettare il nuovo album la conseguenza inevitabile.

TRACKLIST
1. Jupiter’s Fall
2. Penance

LINE-UP
Araas – Bass
Gc – Guitar, Vocals
Zenn – Guitar
Kelèvra – Drums

NIGHT GAUNT – Facebook

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