Deceased – Fearless Undead Machines

La Transcending Obscurity riporta all’attenzione degli amanti del thrash metal Fearless Undead Machine, capolavoro dei thrashers statunitensi Deceased, uscito originariamente per la storica label Relapse nell’ormai lontano 1997.

Molti non vedono di buon occhio le varie riedizioni e ristampe di album classici ed in parte anche il sottoscritto nutre dei forti dubbi su queste operazioni, specialmente se riguardano gruppi famosi e fatte solo per spillare qualche euro ai fans accaniti.

Discorso che cambia radicalmente se vengono presi in considerazione album storici di quei gruppi di genere, magari poco conosciuti se non ai più attenti alle uscite underground.
La Transcending Obscurity riporta all’attenzione degli amanti del thrash metal Fearless Undead Machine, capolavoro dei thrashers statunitensi Deceased, uscito originariamente per la storica label Relapse nell’ormai lontano 1997.
Capitanata dal singer King Fowley, la band proveniente dalla Virginia iniziò la sua attività nella metà degli anni ottanta e la sua discografia si compone di un gran numero di lavori, tra cui compilation ep e demo, ma non mancano ottimi album (sei in totale) di cui Fearless Undead Machine risulta il terzo, successore del debutto Luck of the Corpse del 1991 e The Blueprints for Madness uscito nel 1995.
Una band dalla storia travagliata, specialmente per i problemi di salute che hanno attanagliato il leader (prima un infarto e successivamente gravi problemi polmonari) ma che ha mantenuto una buona qualità sui propri lavori di cui questo disco, come detto, ne è la massima espressione.
Un’opera di quasi settanta minuti incentrata su suoni estremi di ispirazione thrash/death non è cosa da poco, specialmente se il livello di attenzione rimane altissimo ed il songwriting non cede un solo attimo, creando un bombardamento sonoro di dimensioni enormi.
Thrash metal, spunti più estremi riconducibili al death made in bay area ed elementi classici di estrazione heavy, sono le peculiarità del sound di cui si compone l’album, un vero e devastante esempio di metallo, belligerante, travolgente ed irresistibile per ogni fan dell’headbanger che si rispetti.
Sodom, primi Voivod ed i sempre presenti Slayer sono le band cardine del sound proposto dai nostri guerrieri della Virginia, ma l’heavy metal è ben presente nei brani del disco, non dimentichiamo che gli anni ottanta non erano poi così lontani (U.S. metal) e la metà del decennio successivo vedeva tornare in auge un po’ di quelle melodie classiche portate alla cronaca dal successo di band come per esempio gli Iced Earth di Jon Schaffer (restando in terra statunitense).
The Silent Creature, opener del disco, la title track, la devastante Night Of The Deceased, la voivodiana e progressiva Mysterious Research e la conclusiva Destiny fanno da sunto a questa ora abbondante di metallo incandescente ed oscuro, perfetto non solo per thrashers e deathsters ma anche per chi ama l’heavy metal classico più robusto.
Se non conoscete questo lavoro, non perdete tempo e fatelo vostro, mai ristampa fu più preziosa.

TRACKLIST
1.The Silent Creature
2. Contamination
3. Fearless Undead Machines
4. From the Ground They Came
5. Night of the Deceased
6. Graphic Repulsion
7. Mysterious Research
8. Beyond Science
9. Unhuman Drama
10. The Psychic
11. Destiny

LINE-UP
Mike Smith – Guitars
King Fowley – Vocals, Drums
Les Snyder – Bass
Mark Adams – Guitars

DECEASED – Facebook

Lucifer’s Hammer – Beyond The Omens

Stupisce questa maturità al debutto, ma si sente chiaramente che i Lucifer’s Hammer hanno molto di più rispetto ad altri gruppi.

Dal Cile arriva uno dei miglior gruppi di heavy metal delgi ultimi tempi.

Ascoltando Beyond The Omens si può facilmente capirne il motivo. I Lucifer’s Hammer fanno un heavy metal con spirito epico, molto vicino agli insegnamenti degli Iron Maiden, e dei gruppi inglesi degli anni ottanta. I cileni rendono facile ed orecchiabile ciò che riesce difficile ad altri gruppi, e riescono a fare canzoni che sono dei piccoli romanzi epici, molto legate alle arti occulte. L’incedere dei Lucifer’s Hammer appartiene alla ristretta cerchia dei grandi gruppi, ed hanno il potere di riportarci agli anni ottanta. La loro non è però una mera operazione nostalgica, ma è uno stile particolare che certamente è debitore di certi suoni, ma trova una via personale. La velocità non è tutto per i Lucifer’s Hammer, la loro particolarità è un giusto compromesso tra parti veloci e parti melodiche, e tutto è molto bilanciato e ben composto. Il risultato è seriamente notevole, avendo Beyond The Omens una forza ed una chiarezza molto forti. Il loro suono ti avvolge dolcemente, ti culla come solo un certo tipo di heavy metal sa fare, e ti lascia con una sensazione di benessere e di bei ricordi.
Ci sono suoni che fanno parte del nostro dna, e questo disco ce ne mostra alcuni, rielaborando il tutto con estrema intelligenza e gusto. Stupisce questa maturità al debutto, ma si sente chiaramente che i Lucifer’s Hammer hanno molto di più rispetto ad altri gruppi.

TRACKLIST
1. The Hammer of the Gods
2. Lucifer’s Hammer
3. Dying
4. Shinning Blade
5. Black Mysteries
6. Nightmares
7. Warriors
8. Beyond the Omen

LINE-UP
Hades – Vocals, Guitars
Titan – Drums

LUCIFER’S HAMMER – Facebook

Mortal Peril – The Legacy of War

The Legacy Of War è un buon lavoro, sicuramente consigliato agli amanti del thrash old school

Secondo lavoro per i thrashers tedeschi Mortal Peril, band fondata dal batterista Jonas Linnartz e dal bassista/cantante Jan Radermacher nel 2010 e raggiunti due anni dopo da Pete Rode e Mr. Greene che formano la coppia di asce in forza alla band.

The Legacy Of War è il successore del primo lavoro sulla lunga distanza, Walking on Hellish Trails uscito lo scorso anno, rigorosamente autoprodotto.
Il gruppo di Colonia a discapito delle origini, propone un thrash metal old school molto più statunitense che europeo, le linee melodiche sempre ben presenti ed una buona alternanza tra parti veloci e mid tempo, danno una sufficiente varietà al sound di The Legacy Of War che risulta nella sua chiara ispirazione alla vecchia scuola un album ben fatto.
Un ascolto interessante nel quale viene data molta importanza alle melodie, sottolineate dai solos delle sei corde a tratti ispirate al metal classico, mentre la voce è perfettamente inquadrata nella tradizione thrash metal del nuovo continente.
Non perdono tempo i Mortal Peril, e Generation Hate apre le ostilità con un thrash metal serrato e aggressivo risultando una cavalcata di genere congeniata a dovere.
Gladiator cambia leggermente registro e si attesta su un mid tempo granitico, dove il gruppo inserisce una serie di solos melodici ed heavy e la song così risulta una delle migliori di tutto il lavoro, bissata dalle ottime Air Attack che conquista con azzeccate frenate e ripartenze velocissime, War In Hell aperta da un giro di chitarra acustico in stile four horsemen, e la conclusiva title track, brano furioso valorizzato dal sempre ottimo lavoro chitarristico in un crescendo metallico di buona presa.
The Legacy Of War è un buon lavoro, sicuramente consigliato agli amanti del thrash old school, il sound è un valido compromesso tra Metallica, Exodus, Death Angel ed una vena heavy metal che affiora negli ottimi assoli che lo caratterizzano.

TRACKLIST
1. Generation Hate
2. Gladiator
3. Psychotic
4. Air Attack
5. War Is Hell
6. Seed of Hell
7. Creeping Apocalypse
8. Machete
9. Legacy of War

LINE-UP
Jan Radermacher – Bass,Vocals
Jonas Linnartz – Drums
Mr. Greene – Guitar
Pete Rode – Guitar

MORTAL PERIL – Facebook

Moaning Silence – A World Afraid Of Light

Una serie di belle canzoni, eseguite con la dovuta competenza ed ammantate di un sottile un velo di malinconia, ovvero tutto ciò che serve per fare di questi tre quarti d’ora di musica la gradevole colonna sonora di giornate particolarmente uggiose.

I Moaning Silence sono un nuovo progetto proveniente dalla sempre fertile terra ellenica, specie quando si parla di metal oscuro ed atmosferico.

La band creata da Christos Dounis si rende efficacemente protagonista del recupero di quelle sonorità che ebbero una certa risonanza alla fine del secolo scorso grazie ad album come Forever Autumn dei Lake Of Tears e Crystal Tears degli On Thorns I Lay e che, a differenza dell’attuale interpretazione del genere, si distingueva per una ricerca della melodia più diretta ed essenziale e scevra di tecnicismi di sorta.
Avvalendosi dell’aiuto della vocalist Emi Path, del batterista Vangelis X e, soprattutto, di una figura di spicco del metal greco come Bob Katsionis, chiamato ad occuparsi anche della produzione, il buon Dounis mette in scena un lavoro pregno di un romanticismo dolente e malinconico che, pur essendo legato a doppio filo a tutti i cliché possibili del genere, si rivela alla fine gradevolissimo.
I dieci brani scorrono via avvolgenti e ricchi di linee melodiche ben memorizzabili: A World Afraid Of Light parte al meglio con due brani ottimi come l’ideale rappresentazione del gothic doom programmaticamente intitolata Solitude e, soprattutto, la successiva Black Skies, dotata di un notevole finale in crescendo, ma vanno segnalate anche l’ottima cover di Parisienne Moonlight, perla contenuta all’interno di Judgement degli Anathema, la robusta Stay e la ariosa An Elegy For The Crestfallen.
Per i Moaning Silence un primo lavoro di buon livello, che non sposta certo gli equilibri del genere ma che neppure resta inesorabilmente schiacciato dagli inevitabili riferimenti al passato: semplicemente, qui siamo al cospetto di una serie di belle canzoni, eseguite con la dovuta competenza ed ammantate di un sottile un velo di malinconia, ovvero tutto ciò che serve per fare di questi tre quarti d’ora di musica la gradevole colonna sonora di giornate particolarmente uggiose.

Tracklist:
1.Solitude
2.Black Skies
3.On Fragile Wings
4.Parisienne Moonlight (Anathema cover)
5.The Last Days Of December
6.As If It Was Yesterday
7.Stay
8.Just Another Day
9.An Elegy For The Crestfallen
10.Sparks Of Light

Line-up:
Christos Dounis – Electric & Acoustic Guitars/Vocals
Emi Path – Vocals
Bob Katsionis – Keyboards, Bass & add guitars
Vangelis X. – Drums

MOANING SILENCE – Facebook

Lord Vicar – Gates Of Flesh

I Lord Vicar si confermano come una di quelle band in grado di fungere da traino per il genere nel nuovo millennio e con Gates Of Flesh regalano un album imperdibile agli appassionati.

Un altro ottimo lavoro incentrato sulla musica del destino dal taglio classico che va a rimpolpare le truppe scese in campo negli ultimi mesi con lavori sopra le righe.

I Lord Vicar, con base in Finlandia sono una multinazionale dei suoni cadenzati e monolitici: fondati quasi dieci anni fa da Kimi Kärki (Peter Vicar) dei Reverend Bizarre, raggiunto sull’altare messianico da altri nomi importanti del genere come Chritus, ex vocalist tra gli altri di Count Raven e Saint Vitus, e dalla sezione ritmica composta dal solo Gareth Millsted al basso ed alle pelli.
Gates Of Flesh, contando su musicisti che sanno come far suonare un disco del genere, non può che essere una tappa importante per gli amanti del doom metal, specialmente di chi ne ama il mood classico, ovvero atmosfere heavy rock riconducibili agli anni settanta, un’alternanza perfetta tra brani dal lento incedere ipnotico ad altri con una verve più accentuata e magiche ed oniriche atmosfere, con la sei corde dello storico chitarrista a sanguinare sulle ritmiche vulcaniche e laviche di una sezione ritmica pesante come un’incudine.
Messianico e stupendamente interpretativo, il singer ci conduce tra le spire di questa ottimo lavoro avvolgente ed appunto ipnotico, senza concedere nulla a facili sfumature stoner ma regalando ottimo doom classico.
L’album risulta così un’opera affascinante dove sono ben chiare le coordinate del gruppo che, con talento, segue i dettami del genere così da confermare le ottime sensazioni create dai due dischi precedenti e continuando imperterrito a seguire la religione doom.
Non mancano brani che alzano il livello globale di Gates Of Flesh anche se il lavoro è un monolite di suoni lenti e cadenzati da ascoltare facendosi rapire dalle atmosfere sabbatiche create dal combo, ma il mood settantiano e armonico dell’opener Birth Of Wine e, soprattutto, la marcia inesorabile e lentissima della conclusiva Leper, Leper non potranno che essere acclamate da chiunque si professi amante dei suoni ipnotici, liturgici e magici della musica del destino.
I Lord Vicar si confermano come una di quelle band in grado di fungere da traino per il genere nel nuovo millennio e con Gates Of Flesh regalano un album imperdibile agli appassionati.

TRACKLIST
1. Birth of Wine
2. The Green Man
3. A Shadow of Myself
4. Breaking the Circle
5. Accidents
6. A Woman Out of Snow
7. Leper, Leper

LINE-UP
Gareth Millsted – Drums, Bass
Kimi Kärki – Guitars, Bass
Chritus – Vocals

LORD VICAR – Facebook

Unhoped – Sonic Violence

Sonic Violence si rivela un album imperdibile per gli amanti del vecchio e glorioso thrash metal, ancora vergine ed immune da influenze moderne e più cool.

Thrash metal old school, violento senza fronzoli ma suonato benissimo da una band con gli attributi e a cui non mancano impatto ed attitudine.

Sonic Violence è la seconda prova sulla lunga distanza dei finnici Unhoped, thrash metal band di Varkaus attiva dal 2007 e con alle spalle, oltre ad un ep del 2010 il primo full length dal titolo Die Harder.
Il loro sound rispecchia tutti i cliché del genere, velocità e violenza a tratti alternata da mid tempo di più ampio respiro, tutto nella norma non fosse per un songwriting d’assalto, il gran lavoro dei musicisti coinvolti e un’impatto pari ad una cometa in caduta libera sul pianeta terra.
I due axeman (K. Laanto e A. Paasu) si rincorrono sullo spartito con ritmiche e solos devastanti, basso e batteria non si fanno lasciare indietro e mettono la quinta, viaggiando a velocità iperboliche (S. Parviainen al basso e M. Huisko alle pelli), mentre J. Luostarinen si dimostra singer che col genere va a braccetto senza timori reverenziali verso gli storici vocalist del genere, risultando un’animale rabbioso e personale.
Sonic Violence parte alla grande e non si ferma più, i brani si danno il cambio per distruggere i padiglioni auricolari dei fans, senza lasciare un attimo che l’atmosfera si riempia di noia.
Tra i solchi di vere bombe sonore come l’opener Whole World Gone to Hell, la title track, l’enorme prova di forza che risulta Human Disgrace, la lunga No Man’s Land, troverete sicuramente di che crogiolarvi tra il meglio del thrash metal, vecchia scuola certo ma spettacolarizzato da una produzione perfetta e i richiami ai vari Slayer, Death Angel ed Exodus, che escono prepotentemente dal sound di questa macchina da guerra chiamata Unhoped.
Sonic Violence si rivela così un album imperdibile per gli amanti del vecchio e glorioso thrash metal, ancora vergine ed immune da influenze moderne e più cool.

TRACKLIST
1. Whole World Gone to Hell
2. Assimilation
3. Sonic Violence
4. Human Disgrace
5. No Man’s Land
6. Warhead Sunrise
7. The Naked and the Dead
8. Club Of Swines
9. Pies & Friends

LINE-UP
K.Laanto-Guitar
A.Paasu-Guitar
J.Luostarinen-Vocals
S.Parviainen-Bass
M.Huisko-Drums

UNHOPED – Facebook

The Answer – Rise 10th Anniversary Edition

Special edition per il decimo anniversario di Rise, splendido esordio degli hard blues rockers The Answer

Di questi tempi si parla tanto di revival, in campo hard rock, delle sonorità settantiane pregne di sanguigno blues rock e con soddisfazione per gli amanti delle sonorità vintage, le band protagoniste di album clamorosi non mancano di certo.

L’hard blues settantiano, con quel tocco moderno nei suoni e nelle produzioni, non manca di regalare opere molto interessanti, ma ad un orecchio attento è già da parecchi anni che i fans dell’hard rock possono avvalersi, oltre ai dischi dei gruppi storici, di nuovi eroi che si affacciano sul mercato con album bellissimi.
Tra questi ci sono sicuramente gli irlandesi The Answer che, con Rise, debuttavano sulla lunga distanza nel 2006.
In dieci anni altri quattro album, con l’ultimo Raise A Little Hell, uscito lo scorso anno, una serie di singoli, ed in mezzo il bellissimo Revival del 2011 a valorizzare una già ottima discografia.
Il decimo anniversario dell’uscita di questo bellissimo esordio il gruppo di rockers irlandesi lo festeggia licenziando questa gustosa special edition, che vede l’album completamente rimasterizzato con l’aggiunta dei demo del 2004, alcune canzoni in versione acustica e remix inediti.
Un ottimo modo per conoscere la band o per assaporare questo bellissimo lavoro di hard blues adrenalinico, fresco ed assolutamente irresistibile in ogni sua parte, composto da un lotto di brani esplosivi che miscelano in modo sapiente le sonorità settantiane con le moderne sfumature di cui si nutre l’hard rock del nuovo millennio.
Irlandesi di nascita, ma americani nell’approccio, i The Answer sono la perfetta via di mezzo tra i Led Zeppelin e i Black Crowes, con il caldo sole delle route a lasciare sull’asfalto un dolcissimo odore di southern rock.
Il primo album del gruppo è uno dei migliori lavori usciti in questo decennio, con il suo chitarrismo alla Page, vocals che si rifanno agli dei dei microfono (Cormac Neeson è il Chris Robinson del vecchio continente) e tanta voglia di blues rock, vitale, energico ed irresistibile; se siete rimasti folgorati dalle ultime uscite di genere, non potete mancare all’appuntamento con il gruppo irlandese.
D’altronde parla la musica e l’opener Under The Sky, seguita da quella Never Too Late che sembra uscita dalle registrazioni di The Southern Harmony and Musical Companion, fungono solo da benvenuto nel mondo The Answer e sono seguite da brani eccellenticome Come Follow Me, il blues di Memphis Water, il riff potentissimo di Into The Gutter (brano alla Ac/Dc era Bon Scott) e l’apoteosi southern di Preachin.
Tra le molte versioni, l’hardbook version composto da due cd ed il doppio vinile sono proposte a dir poco succulente e da non perdere, nel frattempo il gruppo suonerà di supporto a Coverdale ed ai suoi Whitesnake anche in Italia (Pistoia blues), un concerto che si preannuncia imperdibile per tutti i fans dell’hard rock, non mancate.

TRACKLIST
CD1:
(all songs remastered 2016)
1. Under The Sky
2. Never Too Late
3. Come Follow Me
4. Be What You Want
5. Memphis Water
6. No Question Asked
7. Into The Gutter
8. Sometimes Your Love
9. Leavin`Today
10. Preachin`
11. Always

CD2:
1. Under The Sky (2016 new mix)
2. Never Too Late (2004 demo)
3. New Day Rising (2004 demo)
4. Too Far Gone (2004 demo)
5. Preachin` (2004 demo)
6. Always (2004 demo)
7. Tonight (2004 demo)
8. So Cold (2004 demo)
9. Song For The People (2004 demo)
10. Take It Easy (2006 recording)
11. Not Listening (2006 recording, exclusive mix)
12. Keep Believin`(2006 recording)
13. Rise (2006 recording)

LINE-UP
Cormac Neeson – Vocals
Paul Mahon – Guitars
Micky Waters – Bass
James Heatley – Drums

THE ANSWER – Facebook

Lustravi – Cult Of The Blackened Veil

I Lustravi omaggiano Satana e le sue legioni di demoni con un black metal rituale e molto sporco, davvero vicino a certe punte death che si sono viste sotto il sole della Florida.

Da Panama City in Florida, i Lustravi spargono per il mondo un blackened metal molto marcio e veloce, di ottima fattura e molto potente.

I Lustravi omaggiano Satana e le sue legioni di demoni con un black metal rituale e molto sporco, davvero vicino a certe punte death che si sono viste sotto il sole della Florida. Oltre a questa influenza il black metal dei Lustravi si rivela essere molto personale e d originale. I ragazzi non puntano molto sulla velocità, bensì sul pathos dell’esecuzione, con molti stacchi potenti e calibrati, e pezzi composti molto bene, con una ricercatezza sonora difficile da trovare altrove.
Il tutto è composto e suonato per omaggiare le tenebre, e la voce di Morgan Weller è molto particolare e adattissima allo scopo. Le loro canzoni sono cavalcate nella notte, sono coltelli che si abbassano su giovani vergini, sono offerte e richieste al nero signore. I Lustravi sono un gruppo che un black metal tutto loro, veramente underground e notevole.
Cadete nell’oscurità.

TRACKLIST
1.In Nomine Cultus (Intro)
2.Evil Incarnate
3.The Nineteenth Key
4.Salute To The Angels
5.Et Plebs Tua Laebitur In Te (Interlude)
6.Dona Nobis Chaum
7.The Rites Of The Goatchrist
8.Dreams Haunt My Sleep
9.O, Sanctifier
10.Terminus Est Aetas (Outro)
11.Sabrina

LINE-UP
Morgan Weller – Bass/Vocals.
Geoffrey McWhorter – Guitar.
Cory Keister – Drums.
Zachary Lee Cook – Guitar.

LUSTRAVI – Facebook

Vampyromorpha – Six Fiendish Tales of Doom and Horror…

Il sound è quanto di più heavy/doom ci si possa immaginare, riprendendo con sagacia le sonorità care ai gruppi storici del genere come Black Sabbath, Pentagram e Saint Vitus, qualche accenno all’horror metal dei nostrani Death SS e colmandolo di atmosfere dark/gothic alla Sisters Of Mercy.

Nell’underground metallico le realtà che si dedicano ad una sorta di rivisitazione del doom metal settantiano, prendendo ispirazione dalla filmografia horror di quegli anni ed amalgamandolo con reminiscenze gothic dark non sono poche, ed imbattersi in piccoli gioiellini non è poi così difficile.

Tramite la Trollzone Records, veniamo investiti da questa apoteosi di atmosfere horror/trash, dove l’immaginario tipico delle pellicole anni ‘70/’80, fatto di procaci e seducenti vampirelle assetate di sangue e castelli invasi da pipistrelli e morti viventi, viene valorizzato da un sound che pesca dal doom quanto dal dark ottantiano.
La band si chiama Vampyromorpha, sono un duo composto da Nemes Black ( chitarra, basso e batteria) e Jim Grant, fuori in questo periodo con il bellissimo Bloodmoon Prophecy dei Naked Star, alle prese con il microfono e qui anche con l’hammond.
Six Fiendish Tales of Doom and Horror… è composto da sei brani più la clamorosa cover di I’m So Afraid dei Fleetwood Mac, il sound è quanto di più heavy/doom potrete immaginarvi, riprendendo con sagacia le sonorità care ai gruppi storici del genere come Black Sabbath, Pentagram e Saint Vitus, qualche accenno all’horror metal dei nostrani Death SS e colmandolo di atmosfere dark/gothic alla Sisters Of Mercy.
Personalmente ho trovato tra i solchi delle varie songs note gotiche care ai Type O Negative e ai Lucyfire di Johan Edlund, proprio per quelle sfumature dark rock che imprimono al sound del duo una marcia in più.
Jim Grant, lontano dai vocalizzi apocalittici e rabbiosi usati nell’opera dei Naked Star, regala alla sua performance sfumature ottantiane dall’ottimo appeal, l’hammond a tratti crea arabeschi di musica gotica, come se ai tasti d’avorio si destreggiasse in tutta la sua malvagia gloria il dottor Phibes, scienziato pazzo interpretato dal grande Vincent Price, mentre gli strumenti elettrici costruiscono ritmiche doom metal potentissime.
Poco meno di quaranta minuti, ma assolutamente intensi: l’album non lascia trasparire indugi e si presenta come un monolite di heavy rock notevole, con il suo cuore che pulsa sulle note della splendida Satans Place, meravigliosa messa gotica dove, al calar delle tenebre, le schiave di Dracula si risvegliano e iniziano la caccia, nella lunga notte senza luna.
Six Fiendish Tales of Doom and Horror… risulta così un ottimo lavoro, in perenne bilico tra i generi e le band a cui fa riferimento, ma a tratti davvero irresistibile, segnatevi questo nome Vampyromorpha, ed occhio agli sguardi seducenti della bellissima musa apparsa nella notte, potrebbero portarvi alla dannazione eterna.

TRACKLIST
01. Deliver Us From The Good
02. Häxanhammer
03. Metuschelach Life Cycle
04. Satan´s Palace
05. Bacchus
06. Peine Forte Et Dure
07. Iam So Afraid (Bonus)

LINE-UP
Jim Grant – Vox, Hammond
Nemes Black – Guitar, Bass, Drums

VAMPYROMORPHA – Facebook

The Unknown – In Search Of The Unknown

The Unknown è l’ennesima piacevole scoperta di un sottobosco musicale underground che, pur gravitando attorno alla scena metal, è in grado di dar vita a soluzioni sonore profondamente introspettive e dal non trascurabile spessore artistico.

Un’uscita decisamente particolare per la Club Inferno, sub label della My Kingdom Music, realtà discografica che nel nostro paese può essere considerata alla stregua della tedesca Prophecy per varietà, profondità e qualità del proprio roster.

The Unknown è il progetto solista del musicista iraniano Aria Moghaddam il quale, dopo aver pubblicato due singoli in compagnia di colleghi di un certo nome quali Daniel Cavanagh (Anathema) e Luis Fazendeiro (Sleeping Pulse), crea questa volta un sodalizio con lo statunitense Kevin Pribulski, a sua volta titolare del monicker In Search Of.
Ciò che ne scaturisce è un lavoro di notevole interesse dall’emblematico titolo di In Search Of The Unknown: trattasi di una lunga traccia di una quarantina di minuti, suddivisa in quattro movimenti, all’insegna di un ambient dai tratti atmosferici, talvolta orchestrali, sul quale si poggiano diverse parti recitate (alle quali contribuisce anche Thomas Helm degli Empyrium) che, per quanto funzionali alla comprensione del concept che sta dietro il lavoro, alla fine si rivelano un elemento quasi ridondante.
Infatti, In Search Of The Unknown si reggerebbe tranquillamente in piedi con la sola bontà dei passaggi strumentali, piacevoli, intensi, avvolti da un manto di oscurità nella prime due parti per poi aprirsi in senso atmosferico e melodico in quelle conclusive.
L’album è molto ricco dal punto di vista strumentale e, anche nei passaggi più canonicamente ambient, non si ci si limita a soluzioni minimaliste o ripetitive ma è possibile cogliere appieno, invece, la cura immessa da Moghaddam e Pribulski a livello di esecuzione e produzione.
The Unknown è l’ennesima piacevole scoperta di un sottobosco musicale underground che, pur gravitando attorno alla scena metal, è in grado di dar vita a soluzioni sonore profondamente introspettive e dal non trascurabile spessore artistico.

Tracklist:
1. In Search Of The Unknown
pt. 1: Into The Unknown
pt. 2: Symphony Of Darkness
pt. 3: Symphony Of Planets
pt. 4: In Search Of The Unknown

Line-up:
Aria Moghaddam – Vocals, Bass, Guitars, Piano, Strings
Kevin Pribulski – Vocals, Bass, Guitars, Drums
Guest:
Thomas Helm – vocals on pt.3

THE UNKNOWN – Facebook

Sarcoptes – Songs And Dances Of Death

Il disco è una buona prova di black death, ma sinceramente è molto nella media, certamente compatto e soddisfacente, ma privo di talentuose fughe in avanti.

Duo proveniente da Sacramento, in Killafornia, è nato nel 2008, ma ha pubblicato l’ep di esordio solo nel 2013 con Thanatos.

Il duo californiano fa un black metal di ispirazione scandinava, con una forte dose di thrash e death di matrice vecchia scuola. Il suono del duo è molto compatto e molto dedito ai grandi nomi del male provenienti dal Nord Europa, in più i Sarcoptes coniugano molto bene cavalcate sympho con pezzi balck death molto convincenti. Il disco è una buona prova di black death, ma sinceramente è molto nella media, certamente compatto e soddisfacente, ma privo di talentuose fughe in avanti. I crismi ci sono tutti, i Sarcoptes sanno suonare e sanno dove vogliono andare, per cui la solidità c’è. Manca un guizzo, ma questo disco farà la gioia di molti black metaller e si pone nella tradizione a stelle e strisce del genere.

TRACKLIST
1.The Veil Of Disillusion
2.The Sexton’s Spade
3.The Fall Of Constantinople
4.When Stars Hide Their Fires
5.Barbarossa
6.Within The Labyrinth Mind

LINE-UP
Sean Z. – Guitar, Bass, Keyboards
Gar – Vocals, Drums

SARCOPTES – Facebook

Pro-Pain – Foul Taste Of Freedom / The Truth Hurts

La Steamhammer/SPV immette sul mercato i primi due album dei newyorkesi Pro-Pain gruppo storico della scena hardcore metal della grande mela.

La Steamhammer/SPV immette sul mercato i primi due album dei newyorkesi Pro-Pain, gruppo storico della scena hardcore metal della grande mela.

Guidata dal sommo leader Gary Meskil, la band iniziò il suo lungo cammino discografico nel 1992 data di pubblicazione dell’esplosivo esordio Foul Taste Of Freedom, seguito un paio di anni dopo da The Truth Hurts.
Una lunghissima carriera nel mondo della musica pesante che ha visto i Pro-Pain licenziare ben sedici album, l’ultimo lo scorso anno (Voice Of Rebellion), sempre all’insegna dell’hardcore metallico, e che ha avuto il suo massimo splendore a cavallo dei due millenni con lavori violenti ma che strizzavano l’occhio tanto al thrash metal, quanto alle nuove sonorità crossover.
Era appunto il 1992 quando dalla scena hardcore di New York spuntarono questi guerrieri armati di strumenti e tanta voglia di spaccare, Foul Taste Of Freedom fu il primo capitolo della tradizione musicale del gruppo, violento e senza compromessi, una miscela esplosiva di spirito hardcore/punk e thrash metal targata Roadrunner, ai tempi una delle label underground più attiva del settore metallico internazionale.
La nuova versione proposta dalla Steamhammer/SPV quasi venticinque anni dopo propone l’intero album più alcune bonus track, doppia versione in digipack e vinile (tornato prepotentemente alla ribalta di questi tempi) e nuove foto.
Stesso discorso per il secondo album, The Truth Hurts, con una versione che includerà il vecchio artwork, all’epoca dell’uscita censurato, ed un poster a due facce.
Potrete così rivivere i primi passi di un gruppo storico della scena internazionale, che ha sempre mantenuto una buona qualità nelle uscite senza stravolgere una forma consolidata, la furia dei primi lavori è indubbiamente maggiore rispetto ai lavori successivi, anche se la band con gli ultimi album è tornata a far male (Voice Of Rebellion è una mazzata terrificante).
La titletrack, Pound For Pound, The Stench Of Piss, Johnny Black sul primo lavoro e Make War (Not Love), Put The Lights Out, One Man Army e The Beast Is Back sul secondo, sono esempi fulgidi della carica inumana del gruppo statunitense divenuto un’icona per i fans del genere.
Un ottimo modo per conoscere la creatura di Gary Meskil, assolutamente d’obbligo per i giovani fans del genere e per chi vuole riassaporare l’aria che tirava tra le strade della grande mela all’inizio degli anni novanta.

TRACKLIST
Foul Taste Of Freedom:
1.Death On The Dance Floor
2.Murder 101
3.Pound For Pound
4.Every Good Boy Does Fine
5.Death Goes On
6.Rawhead
7.The Stench Of Piss
8.Picture This
9.Iraqnophobia
10.Johnny Black
11.Lesson Learned
12.God Only Knows
13.Take It Back” (bonus track)
14.Pound For Pound” remix (bonus track)

The Truth Hurts:
1.Make War (Not Love)
2.Bad Blood
3.The Truth Hurts
4.Put the Lights Out
5.Denial
6.Let Sleeping Dogs Lie
7.One Man Army
8.Down in the Dumps
9.The Beast Is Back
10.Switchblade Knife

LINE-UP
Foul Taste Of Freedom:
Gary Meskil – Vocals, Bass
Tom Klimchuck – Guitars
Dan Richardson – Drums

The Truth Hurts:
Gary Meskil – Vocals, Bass
Dan Richardson – Drums
Nick St. Denis – Guitars (lead)
Mike Hollman – Guitars (rhythm)

PRO-PAIN

Narvik – Ascension to Apotheosis

Siamo al cospetto di un black metal classico, essenziale e dalle raggelanti atmosfere e il paragone con le più oltranziste realtà norvegesi viene da sè.

I Narvik sono un gruppo tedesco, suonano black metal ed il loro monicker prende il nome da una città norvegese che diede i natali a Robert Burås, musicista scomparso prematuramente e fonte di ispirazione per i tre blacksters di Friburgo.

Attivo da una decina di anni, il trio composto da Lupus (chitarra), Redeemer (voce) e P. (batteria) ha dato alle stampe oltre al classico demo di inizio carriera, un primo album nel 2013 dal titolo Triebe nach der Endlichkeit e due ep, Snake of Paradise e Fecundity of Death, rispettivamente del 2014 e nello scorso anno.
Tornano con un’opera sulla lunga distanza tramite Folter Records, in questa prima metà del 2016, a confermare la proposta scarna e evil dei loro precedenti lavori, basata su un esempio di black metal senza compromessi, malvagio ma pregno di mid tempo e ritmiche marziali.
Uno scenario di desolazione e morte, senza speranza di luce, un’armageddon diabolico che si abbatte scandendo ogni nota come i secondi di un orologio che fa bella mostra di sé alla parete di una chiesa sconsacrata, un gelido inno alla morte, da non perdere se siete amanti del black metal più oltranzista e ruvido.
Niente di più e niente di meno, Ascension To Apotheosis non lascia scampo, vi avvolge come nelle fredde spire di un serpente, servo del signore oscuro, destabilizza decadente e maligno tra lunghe marce e accelerazioni appena abbozzate ma perfettamente collocate tra lo spartito scritto con il sangue dai Narvik.
Una proposta che si colloca nei classici lavori only for fans, causa la totale immersione nel genere, dove disperazione, male e gelido terrore la fanno da assoluti padroni.
Wounds Of Aspiration, Fecundity Of Death e la conclusiva BarrenSemen vi accompagneranno nel mondo dei Narvik, valorizzato da una buona produzione l’album non da tregua circondandoci di atmosfere evil e malatissime.
Siamo al cospetto di un black metal classico, essenziale e dalle raggelanti atmosfere, il paragone con le più oltranziste realtà norvegesi viene da se, dunque se siete blacksters incalliti l’album merita la vostra attenzione, gli altri girino alla larga.

TRACKLIST
1. Invokation II
2. Wounds Of Aspiration
3. Geist zu Scherben
4. Psychotic Redeemer
5. Fecundity Of Death
6. Berstende Säulen
7. The Shore
8. BarrenSemen

LINE-UP
P. – Drums
Lupus – Guitars
Redeemer – Vocals

NARVIK – Facebook

Front – Iron Overkill

I Front fanno la guerra con il loro metal, che deve molto anche a gruppi come i Marduk. La loro alta velocità viene da lontano, proviene dal basso di Lemmy dei Motorhead, e dal black metal scandinavo tutto.

Death black metal di guerra e violenza, con i Motorhead nel motore.

I Front sono una nuova formazione nel panorama finlandese, ma in realtà i suoi componenti hanno militato in gruppi importanti dell’underground finnico, come Sacrilegious Impalement, Evil Angel, e Neutron Hammer, fra gli altri.
La nascita del gruppo data 2015, come la sua prima uscita su Iron Bonehead, con il nome di Demo 2015. I Front fanno la guerra con il loro metal, che deve molto anche a gruppi come i Marduk. La loro alta velocità viene da lontano, proviene dal basso di Lemmy dei Motorhead, e dal black metal scandinavo tutto. La produzione moderatamente lo fi rende molto bene il suono ruvido ed il senso di minaccia incombente che i Front vogliono trasmettere. Anche il loro outfit è molto metal anni ottanta. L’assalto sonoro di Iron Overkill è una della cose più notevoli sentite nel mondo metal quest’anno. La carica di questo disco è altissima, come l’intensità con la quale suonano, che non è scevra da un nichilismo punk hardcore che è comunque presente in certi sottogeneri del metal. Malvagità e guerra sono due cose che vanno di pari passo, e la crudeltà può essere raccontata in molti modi, ma questo dei Front è forse il migliore, perché il carrarmato deve travolgerti per farti capire.

TRACKLIST
1. Defiance
2. Legion Front
3. I Am Death
4. Wargods Unbound
5. Kypck
6. Tribunal of Terror
7. Cold Gravel Grave
8. Heathen Resistance

LINE-UP
Revenant – Drums, Vocals.
Von Bastard – Guitars, Bass, Vocals.
Kaosbringer – Vocals.

FRONT – Facebook

Fausttophel – Sancta Simplicitas

Un’altra ottima realtà proveniente dall’Ucraina consigliata agli amanti delle sonorità oscure dalle reminiscenze black, ma con tanta melodia a far da contrasto alle sfuriate estreme ed un’accentuata vena progressiva e classica.

Si torna a parlare di metal estremo proveniente dall’Ucraina con i melodic blacksters Fausttophel, al secondo lavoro sulla lunga distanza che segue l’esordio Thirst Of Oblivion, licenziato nel 2013.

Un’altra ottima realtà che Iyezine propone agli amanti delle sonorità oscure dalle reminiscenze black, ma con tanta melodia a far da contrasto alle sfuriate estreme ed un’accentuata vena progressiva e classica, molto presente nelle realtà provenienti da quelle nobili terre.
Paesi che sul fronte musicale non sono secondi a nessuno, ricchi di tradizioni classiche che anche in questo caso sono la base su cui il gruppo di Poltava, ora trasferitosi in Russia, costruisce il suo sound.
Black metal feroce che si scontra con aperture melodiche, oscure quanto si vuole ma che permettono a Sancta Simplicitas di piacere già dal primo approccio e che ne fanno un ascolto piacevole e colmo di sorprese per tutta la sua durata.
Armonie pianistiche, splendidi accordi acustici, l’uso della lingua madre e di quella russa, compongono un’opera estrema molto ben congeniata, la parte metallica si avvicina al sound scandinavo con i Dissection ed i Dimmu Borgir a fare da principali influenze, mentre le varie parti progressive guardano ai maestri Opeth, in versione folk.
Non mancano infatti atmosferiche parti dove le melodie tradizionali e popolari del proprio paese valorizzano alcuni brani (Sick Earth), mentre le tastiere formano vortici orchestrali (Dimmu Borgir) e le asce sparano riff black metal tremendamente efficaci e dal sapore classico (Dissection).
Buona la prova dei musicisti, ma non è certo una novità nei gruppi di quelle regioni, e perfetta la produzione, soprattutto quando la tempesta estrema si abbatte con furia sui padiglioni auricolari.
The Lot of Emptiness, The Dark Pit of Absurdity, i nove minuti della mini suite The Song of the Leper, sono gli episodi cardine di questo ottimo lavoro, con la cover di Black Tears degli immensi Edge Of Sanity (da quel capolavoro che fu Purgatory Afterglow) che fa sobbalzare il sottoscritto e ci consegna un’altra band sopra le righe ma che, fuori dai soliti circuiti musicali, rischia di perdersi tra le steppe … fortunatamente per voi c’è Iyezine.

TRACKLIST
1. Wandering… Searching…
2. The Lot of Emptiness
3. The Word
4. God’s Place is on the Cross
5. Sick Earth
6. The Dark Pit of Absurdity
7. The Song of the Leper
8. Lunar Onlooker
9. The Whirl Ends Where it Began
10. Black Tears (Edge Of Sanity cover)

LINE-UP
Alexander “Adams” Savinyh – bass, vocal
Valentin “Mau” Samohin – vocal
Vladimir Aldushkin – guitar
Vladislav Ustinov – guitar
Nikolay «Domovoy» Vyhodtsev – drums

Shed The Skin – Harrowing Faith

Gli Shed The Skin sono una forza della natura, concreti, potenti, trascinanti e senza pietà, nel più puro stile death.

Cleveland, nonostante si pensi che sia la città americana più brutta, o forse proprio per questo, ha una delle migliori scene metal americane, specialmente per quanto riguarda il death metal, e questo disco ne è la conferma.

Gli Shed The Skin sono un gruppo formato da veterani della scena di Cleveland come Kyle Severn alla batteria già negli Incantation, Matt Sog dei Ringworm alla chitarra, Ed Stephens dai Vindicator la basso.
Il loro stile è un death metal violento e preciso, molto simile a quello che si suonava negli anni novanta, con la differenza della maggiore consapevolezza dei propri mezzi ed una produzione più adeguata. I loro testi parlano di satanismo, religione e soprattutto blasfemia, sia metafisica che sonora. Il disco nel suo complesso è ottimamente bilanciato, con parti maggiormente cattive e pezzi più vicino al doom, con inserti anche thrash, perché comunque il thrash metal fa parte del dna del death. Il gruppo è nato dalla volontà di Kyle e Matt, che si incontrarono al tributo per Tom Rojack, dei Blood Of Christ, un altro grande gruppo death di Cleveland. Visto che si trovarono bene insieme, i due pensarono di mettere su un gruppo ed ecco qui gli Shed The Skin. Dopo vari cambi di formazione si sono stabilizzati e quello che teniamo fra le mani è il loro debutto, davvero notevole.
Gli Shed The Skin sono una forza della natura, concreti, potenti, trascinanti e senza pietà, nel più puro stile death.

TRACKLIST
1.Plasmic Flames
2.Daimonic Adytum
3.Harrowing Faith
4.Putrid and Pious
5.Unbound Revenant
6.Warband Under the Baphomet
7.CSUM
8.Alpha and Omega
9.Cambion
10.Inhuman Accretion
11.Innermost Sanctuary
12.Execration Divine

LINE-UP
Ed Stephens – Bass
Kyle Severn – Drums
Matt Sorg – Guitars
Brian Boston -Keyboards
Ash Thomas – Vocals, Guitars

SHED THE SKIN – Facebook

MESSA

Il debutto dei Messa, Belfry, è uno dei più bei dischi di quest’anno. L’atmosfera che riescono a creare i Messa non è affatto facile sa spiegare, soltanto ascoltandoli potrete capire. Qualche elemento in più potrebbe fornirvelo questa nostra intervista a uno dei gruppi italiani più interessanti degli ultimi anni.

iye Come nasce il vostro suono così particolare ed ipnotico ?

Nasce da un’esigenza di sperimentazione di un linguaggio musicale diverso da tutto ciò che noi quattro eravamo e siamo tutt’ora abituati a fare: sia dal punto di vista tecnico, formale ed estetico, per noi è un approccio diverso.
Sara non ha mai cantato in vita sua ma sempre suonato in band hardcore/punk il basso, Alberto ha sempre suonato la chitarra in progetti prog,jazz , Rocco alla batteria sempre suonato black metal in molti progetti e io al basso sempre avuto un approccio piu dark’n’roll alla musica con parentesi garage.

iye Quali sono i vostri ascolti ?

I più svariati, da Coltrane ai Darkthrone, dai Bathory ai Current 93, per capirci, passando per tutti i generi lugubri lenti e fumanti.
L’approccio al progetto Messa cerca di non essere mono direzionale ma cerchiamo di esprimere ed evocare delle sensazioni, che poi siano dettate da un fuzz o da una campionatura o da una lirica poco importa.

messa2

iye Come portate sul palcoscenico il vostro disco ?

Cerchiamo di renderlo il piu low profile possibile, non siamo attrezzati con costumi o stronzate di nessun tipo.
Montiamo sul palco, bruciamo della resina di incenso pura, accendiamo poche candele e cerchiamo di darci dentro.

iye Se poteste scegliere a quale regista vi piacerebbe fare una colonna sonora ?

Sono tutti morti, quelli italiani poi … sepolti, ad ogni modo sarebbe interessante fare una cosa per Roy Andersson.
penso sia un genio. Come sa affrontare temi come morte, alienazione, sesso, ambiente in un modo così sottile non lo fa nessuno, sarebbe un sogno poter farlo

iye Progetti futuri ?

Stiamo cercando di progettare un mini tour di una 10 di giorni per il prossimo novembre e, nel mentre, stiamo già componendo materiale nuovo; un pezzo che è già finito a breve andremo a registrarlo in una chiesetta sconsacrata dove facciamo prove, per inciderlo poi in uno split da fare con i nostri amici tedeschi Breit.

Nocturnal Streams – Leaden

Al netto di qualche imperfezione, Leaden mette in luce validi spunti uniti ad una buona vena compositiva e, trattandosi di una prima uscita, si può considerare senz’altro più che sufficiente.

Prima uscita discografica per i Nocturnal Streams, nati agli albori del decennio come one man band per volere di Drake Thrim, ed oggi divenuti invece un duo con l’entrata informazione di Dubnòs, chitarrista dei folk metallers Korrigans; questo breve Ep, intitolato Leaden, ci mostra i due musicisti laziali alle prese con un doom death dai tratti piuttosto canonici nel quale vengono messi in evidenza diversi buoni spunti ed altrettanti aspetti perfettibili.

La pecca maggiore è rappresentata dal suono delle tastiere, che appaiono troppo artificiali e scolastiche nei loro interventi, venendo meno peraltro in determinati passaggi che ne avrebbero richiesto la presenza quale opportuno sottofondo atmosferico. A tutto questo contribuisce anche una resa sonora che, ricordando quello di certi dischi gothic-doom dei primi anni novanta (se si riprende un album come Wisdom Floats dei Decoryah, tanto per fare un esempio, si capisce che cosa intendo), dona un certo fascino al tutto ma non sempre riesce a legare sufficientemente il lavoro dei singoli strumenti.
Detto ciò, Leaden mette in luce validi spunti uniti ad una buona vena compositiva e, trattandosi di una prima uscita, si guadagna senz’altro la sufficienza; chiaramente c’è da lavorare anche sull’originalità del sound proposto però i brani appaiono comunque gradevoli e, soprattutto, non sono affatto pretenziosi, riuscendo a trasmettere, sebbene a intermittenza, quell’emotività che il genere richiede.
Al netto dei poco convincenti suoni di tastiera, spicca l’opener strumentale Wolves’ Rain, mentre va rimarcata la buona esecuzione della cover di Eternal, tratta dal seminale Gothic dei Parasise Lost, nella quale i Nocturnal Streams mostrano di trovarsi a loro agio con sonorità tipicamente novantiane, benchè si tratti di un brano non del tutto rappresentativo dello stile proposto nel resto dell’ep, nel quale prevale invece una componente doom dalle sfumature black/death (in particolare nelle due tracce centrali, Shine of Life e Cult of Mortification).
Fatto il primo passo, i Nocturnal Streams vanno rivisti alla prossima occasione per verificarne un’auspicabile progressione, da ricercare più nella cura dei particolari che non negli aspetti prettamente compositivi.

Tracklist:
1. Wolves’ Rain
2. Shine of Life
3. Cult of Mortification
4. Eternal

Line-up:
Drake Thrim – Lead Vocals, Bass, Programming
Dubnòs – Electric and Acoustic Guitars, Additional Vocals

NOCTURNAL STREAMS – Facebook

Dan Deagh Wealcan – Fragmented Consciousness

Meno diretto rispetto al suo predecessore, Fragments Consciousness conferma le ottime impressioni suscitate dal duo russo.

Torna a distanza di qualche mese dal precedente Who Cares What Music Is Playing In My Headphones? il duo industrial/alternative moscovita Dan Deagh Wealcan, una macchina perfettamente oliata in cui si abbracciano, su un tappeto di suoni sintetici, una varietà di generi ed influenze, in un variopinto e quanto mai riuscito caleidoscopio musicale.

Mikhail A. Repp e Eugene “Iowa” Zoidze-Mishchenko continuano ad imperversare con questo ibrido che accoglie metal, alternative, industrial e suoni progressivi.
Il nuovo lavoro non si discosta dal precedente, se non per una più marcata vena estrema: ne consegue un sound più industriale, l’uso più marcato di vocals ruvide e ritmiche sincopate che avvicinano il duo alle band industrial metal tout court.
Non mancano digressioni alternative, marchio di fabbrica del gruppo ucraino, ma in generale Fragments Consciousness è leggermente meno progressivo e più marcatamente estremo rispetto al suo ottimo predecessore.
Cinquanta minuti secchi immersi nei suoni elettronici del gruppo, l’album risulta un monolito industriale dove sfumature alternative, sfuriate metalliche ed elettronica di chiara ispirazione new wave, riempono i nostri padiglioni auricolari di musica moderna, tra chiaro e scuro, violenza ed attimi di lascive atmosfere sintetiche, con un Eugene “Iowa” Zoidze-Mishchenko sontuoso nel proporre una larga varietà di toni e sfumature con la sua voce, ma sempre vicino al suo principale maestro, Trent Reznor.
E tra le varie songs che compongono l’album e di cui In5tasis, bleedThrough: e Memory+Mngmnt sono sicuramente le più riuscite, i Nine Inch Nails continuano ad essere la massima ispirazione, così come i Ministry, Devin Townsend, ed i Tool, insomma, il meglio che il rock alternativo mondiale ha regalato ai fans negli ultimi vent’anni.
Meno diretto rispetto al suo predecessore, Fragments Consciousness conferma le ottime impressioni suscitate dal duo russo, una band magari poco conosciuta nel music biz, ma sicuramente meritevole d’attenzione, specialmente se siete amanti di questo tipo di suoni.
Non dimentichiamo che, se sulle loro carte d’identità ci fosse il timbro U.S.A., una band del genere sarebbe probabilmente sulle pagine dei maggiori magazine specializzati.

TRACKLIST
1. theArt?Of:Login
2. Neednothing
3. Number*Nine
4. [Stuck.in.This]
5. I’am=Confused
6. GreatAttractor
7. In5tasis
8. strangeWAR
9. bleedThrough:
10. Private_asylum.
11. Broken)Cluster
12. A-Void
13. Memory+Mngmnt
14. De.Fragmentation
15. Enou8h…
16. Dissolution:176

LINE-UP
Mikhail A. Repp – Sound.
Eugene “Iowa” Zoidze-Mishchenko – Voice

DAN DEAGH WEALCAN – Facebook

childthemewp.com