Deathkings – All That Is Beautiful

All That Is Beautiful è senz’altro un buon album, anche se appare difficile che possa conquistare qualcuno che non sia del tutto addentro al genere, restando destinato, quindi, ad ascoltatori disposti a farsi erodere in maniera lenta ma inesorabile.

Quattro lunghe litanie a base di uno sludge doom sfibrante, ma sufficientemente vario per essere apprezzato, è quanto offrono i Deathkings in questo loro secondo full length, All That Is Beautiful.

Difficile capire cosa possa esserci, poi, di bello e consolatorio, nel mondo prefigurato dalla band californiana con un titolo dalle sfumature presumibilmente sarcastiche: una voce grida il suo livore che si placa a tratti, quando il sound, per lo più granitico, pare prendersi una tregua salvo poi riprendere con il suo incedere macinando riff.
Forse proprio questi passaggi costituiscono il punto meno incisivo del lavoro, facendo scemare un’intensità che invece emerge in maniera prepotente quando i Deathkings decidono di aprire al massimo i motori.
E’ anche vero, d’altra parte, che sarebbe impensabile e forse controproducente mantenere per oltre un’ora questo stesso andazzo, per cui, volendo comunque esprimersi su minutaggi di simili fattezze, l’inserimento di passaggi più sperimentali e meno diretti diviene quasi una necessità.
Va anche detto che sono, fondamentalmente, i 18 minuti dell’opener Sol Invictus a risentire maggiormente di questa sorta di dicotomia, mentre già nella successiva The Storm le doti compositive dei Deathkings emergono in forma più focalizzata, dando vita ad un brano aspro ma dal retrogusto malinconico.
Più diretta e rabbiosa si mostra The Road To Awe, mentre i quasi 20 minuti di Dakhma sono un’ulteriore prova di resistenza dalla quale i quattro losangelini escono egregiamente, pur senza cedere ad alcun ammiccamento per condurre in porto il lunghissimo brano, anche se, in qualche modo, si ritorna agli schemi proposti all’inizio del lavoro.
All That Is Beautiful è senz’altro un buon album, anche se appare difficile che possa conquistare qualcuno che non sia del tutto addentro al genere, restando destinato, quindi, ad ascoltatori disposti a farsi erodere in maniera lenta ma inesorabile.

Tracklist:
1.Sol Invictus
2.The Storm
3.The Road To Awe
4.Dakhma

Line-up:
N. Eibon Fiend – Bass, Vocals
Sean Spindler – Drums
Daryl Hernandez – Guitars, Vocals
Mark Luntzel – Guitars, Vocals

DEATHKINGS – Facebook

Atom Made Earth – Morning Glory

I sette brani di cui si compone Morning Glory formano una lunga jam che vi trascinerà in un vortice di suoni e colori irresistibile

Premessa: Il rock è morto, anzi no!

Lontane dai deliri di certi scribacchini che, alla scomparsa di una bella fetta delle icone rock che hanno imperversato negli ultimi trent’anni di storia della musica contemporanea, hanno creduto di celebrare la messa funebre al genere, ed immersi nelle vicissitudini di una scena underground mai così prolifica e dall’altissima qualità, le ‘zine di riferimento continuano imperterrite a presentarvi realtà di spessore provenienti da ogni parte del mondo.
A fare la voce grossa c’è anche il nostro paese, troppo spesso dimenticato soprattutto dai fans nati sul territorio nazionale e che all’ombra delle luci accese su spettacoli indecorosi trasmessi in tv, o a festival imbruttiti da una ricerca spasmodica del nuovo re del pop melodico, risulta patria di splendide realtà in tutti i generi con cui il rock ed il metal si nutrono.
Morning Glory conferma l’ottima salute che gode il rock nel nostro paese e ci presenta una band formata da quattro straordinari musicisti che, senza barriere e schemi prestabiliti, inglobano nel proprio sound diverse atmosfere, sfumature ed ispirazioni creando musica totale ed assolutamente progressiva.
Non smetterò mai di affermare che album come questo secondo lavoro del gruppo marchigiano sia quanto di più progressivo il rock del nuovo millennio possa riservare ai suoi estimatori, splendidamente strumentale ma intenso, cangiante e tecnicamente ineccepibile.
Non è assolutamente semplice trovare un lavoro di sole note, dove il canto sarebbe un di più, ci pensano gli strumenti a raccontare l’emozionante viaggio che gli Atom Made Earth hanno memorizzato sul loro navigatore musicale in un crescendo di sorprese che vi accompagneranno per tutta la durata dell’opera e la voglia irrefrenabile che avrete di schiacciare il tasto play ancora una volta.
Accompagnato dalla bellissima copertina curata dall’artista argentino Hernàn Chavar, registrato da Gianni Manariti e masterizzato dall’ex leader dei Khanate James Plotkin, Morning Glory è un album di rock progressivo che, da una forte base pinkfloydiana si dirama in più direzioni, e come un fiume in piena trascina con sé svariati mood, passando con disinvoltura dai Goblin allo stoner rock degli anni novanta, da soluzioni funky care a band come i Primus a divagazioni alternative e post rock inglobate in un sound che sprizza psichedelia da tutti i pori.
I sette brani di cui si compone Morning Glory formano una lunga jam che vi trascinerà in un vortice di suoni e colori irresistibile, confermando come detto non solo l’assoluto valore del gruppo di Ancona, ma l’inesauribile falda aurifera di cui si nutre la scena underground dello stivale.

TRACKLIST

1.Noil
2.Thin
3.October Pale
4.Reed
5.Baby Blue Honey
6.staC
7.Lamps Like An African Sun

LINE-UP

Daniele Polverini – Guitars, Loop, Synth, Effects
Nicolò Belfiore – Keyboards, Synth, Piano
Testa “Head” – Drum, Percussions
Lorenzo Giampieri – Bass

ATOM MADEEARTH – Facebook

Vibrion – Bacterya

Bacterya ricorda nel sound il caos di un mondo ormai alla fine, dopo che il virus mortale ha trucidato ogni essere vivente, in uno scenario di apocalisse che ben si adatta alla musica del combo.

I Vibrion sono attivi dai primi anni novanta, non una band di novellini dunque ma una realtà consolidata del panorama estremo underground.

I primi due album sono lavori molto rispettati nella scena death mondiale, specialmente il primo Diseased, uscito nel 2005 e seguito da Closed Frontiers di due anni più tardi.
Un lungo silenzio durato quasi vent’anni ed interrotto dal video live, Buenos Aires Re-infected del 2014, ha portato il gruppo fino a Bacterya, licenziato dalla Disembodied Records con la collaborazione della Xtreem Music.
Death metal old school di scuola statunitense, una mazzata virale che non conosce tregua tra furiosi blast beat e rallentamenti destabilizzanti, un’atmosfera apocalittica che aleggia sui brani, schitarrate furibonde e urla animalesche di persone infette ed ormai prossime alla morte, tutto questo ricorda questo nuovo lavoro del gruppo argentino.
Bacterya ricorda nel sound il caos di un mondo ormai alla fine, dopo che il virus mortale ha trucidato ogni essere vivente, in uno scenario di apocalisse che ben si adatta alla musica del combo.
Le ritmiche in perenne tensione, le atmosfere claustrofobiche e pregne di disperazione, i solos che ricordano lamenti di forme di vita tormentate nel fisico e nella mente lasciano piacevole gusto di morte in bocca, specialmente se siete amanti del metallo estremo sulla scia dei numi tutelari di un certo modo di fare death, gli Obituary dei fratelloni John e Donald Tardy.
Manca solo qualche brano che spicca in questa devastante tracklist che forma un massiccio e monolitico esempio di death metal senza compromessi, anche se sono certo che i fans incalliti del genere ameranno Bacterya alla follia.

TRACKLIST
1. Day of Replication
2. The Wrath of the Beast
3. The Worm Immune
4. The Walls of Caffa
5. Ill Essentia
6. Of My Burning Brothers
7. Hidden Plague Disseminator
8. Bacterya
9. Circles Are Closed
10. Mutant

LINE-UP
Luis Guardamagna – Guitar, Vocals
Lou-Indigo – Lead Guitar
Fabian Fernandez, Bass
Matthias M. – Bass
Jonas Sanders – Drums

VIBRION – facebook

Candelabrum – Necrotelepathy

La musica che proviene da Necrotelepathy è un discorso di un antico di Lovecraft, un’ultima maledetta elegia di un cadavere in decomposizione.

In Portogallo hanno una politica verso le droghe che funziona, bei posti e una scena black metal che fa spavento.

Qui trattiamo del debutto di Candelabrum, un musicista che in un anno circa prima di questo disco si è costruito una solida reputazione con tre demo. Questi ultimi erano buoni esempi di black metal lento e marcio, mentre qui è proprio una musica proveniente da un mondo diverso. Addirittura è difficile descriverlo come black metal, poiché la musica che proviene da Necrotelepathy è un discorso di un antico di Lovecraft, un’ultima maledetta elegia di un cadavere in decomposizione. Due sono le tracce, entrambe oltre i quindici minuti, esplorazioni di un qualcosa che vive oltre il nostro cervello. Il lo fi è un linguaggio presente, ma non è l’unico. I testi sono ululati di mondi lontani, lingue diverse, non solo intellegibili, che scaturiscono da un impianto mentale differente dal nostro. Necrotelepathy è una porta multidimensionale aperta da un musicista che non è nemmeno definibile tale, ma è più uno psicopompo. Altro capolavoro della scena portoghese.

TRACKLIST
1. Nekrotelepathy Part I – Distant V
2. Nekrotelepathy Part II – Prayers

Psychedelic Witchcraft – The Vision

The Vision è quello che dice il titolo, ovvero una bella visione di un tempo andato e di sensazioni dimenticate ma estremamente piacevoli.

Secondo disco per l’emergente Virginia Monti che cambia band ed etichetta per il suo nuovo disco.

I Psychedelic Witchcraft sono un gruppo giovane fondato nel marzo 2015 che, con la vecchia line up, aveva pubblicato per la Taxi Driver il 10″ di esordio Black Magic Man, che era andato presto esaurito, ed è anche un pezzo da collezione poiché vi era la playlist sbagliata. Il nuovo lavoro per Soulseller Records mette maggiormente in risalto l’aspetto settantiano del gruppo, che riesce a riportare molto bene un certo clima musicale che si muoveva fra hippy ed occultismo, senza estremizzare come i Coven, e con solide basi musicali. Virginia ha una voce ed un eclettismo canoro che le permette di spaziare molto bene fra i vari registri, ed il resto del gruppo è notevole. I Psychedelic Witchcraft ci portano in un mondo dove si luce e tenebre si fondono e la ricerca è costante, senza mai rimanere fermi. The Vision è quello che dice il titolo, ovvero una bella visione di un tempo andato e di sensazioni dimenticate ma estremamente piacevoli. In un settore dove ci sono molti dischi simili, questo spicca per solidità e per l’avere una Virginia Monti che fa la differenza. Addentratevi in un’oscura luce e in sottili piaceri.

TRACKLIST
1. A Creature
2. Witches Arise
3. Demon Liar
4. Wicked Ways
5. The Night
6. The Only One That
7. War
8. Different
9. Magic Hour Blues

LINE-UP
Virginia Monti – Vocals
Riccardo Giuffrè – Bass
Jacopo Fallai – Guitar
Daniela Parella – Drums

PSYCHEDELIC WITCHCRAFT – Facebook

Saligia – Fønix

Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia, è l’unione delle prime lettere dei sette peccati capitali che forma la parola Saligia, monicker di questa black metal band norvegese.

Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia, è l’unione delle prime lettere dei sette peccati capitali che forma la parola Saligia, monicker di questa black metal band norvegese, attiva come duo dal 2007 ed arrivata al secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo un terzetto di demo, il primo full length (Sic Transit Gloria Mundi del 2011) e lo scorso mini cd dal titolo Lvx Aeternae, uscito un paio di anni fa.

Un sound destabilizzante che accompagna un concept incentrato sull’occultismo è quello che propongono il gruppo di Trondheim, al secolo Ahzari (voce, chitarra e basso) e V. alle pelli, lontano dall’armageddon sfrenato delle black metal band, o dalle reminiscenze sinfoniche di molti gruppi Emperor style e molto più vicine al doom/dark.
Ossianico, pur in un contesto black, si potrebbe definire il modus operandi dei Saligia, dato anche dalla voce ruvida e declamatoria, poco valorizzato da una produzione grezza, ma in molti passaggi suggestivo il giusto per non sfigurare sul mercato dei prodotti evil.
Pochissime accelerazioni e tanti mid tempo che formano una lunga messa nera, dove il suono scarno della sei corde accompagna il drumming vario e fantasioso di V., mentre si continuano a mietere vittime inconsapevoli della pericolosità dei due sacerdoti del male.
Ed all’ascolto delle varie Fire Tear Apart The Veil, Revelation: A Sign Reveals o Fønix: Flame Coronation sembra davvero di essere al cospetto di una cerimonia messianica dove i due puniscono gli astanti, ognuno con il proprio peccato capitale da farsi perdonare, ma trovano solo punizione, sofferenza e dolore.
Difficile fare paragoni con band affermate, il sound è alquanto originale anche se non tutto fila liscio e la proposta ha bisogno di più ascolti per essere assimilata in pieno.
Rimane un album interessante, di non facile lettura ma fuori dai soliti cliché abusati senza ritegno dai gruppi del genere, quindi provate ad addentravi nel mondo dei Saligia, potrebbe piacervi.

TRACKLIST
1. Fire: Tear Apart the Veil
2. Revelation: A Sign Reveals
3. Abyss: In Darkness Forge Alight
4. Voices: Her Hidden Darkness
5. Fønix: Flame Coronation

LINE-UP
Ahzari – Vocals, Guitars, Bass
V. – Drums

SALIGIA – Facebook

Arkhè – Λ

Perdersi un album di questo livello è un peccato mortale, lasciate entrare dentro di voi le note che accompagnano la musica degli Arkhè, vi riempiranno il cuore e l’anima.

Tra le molte realtà di spessore che hanno attraversato gli ultimi decenni di musica metal ci sono band che non hanno mai raccolto in termini di vendite e popolarità quello che la loro musica meritava.

Tra queste ci sono sicuramente gli ungheresi Sear Bliss che fin dal 1996, anno di uscita del debutto Phantoms, sono stati una delle migliori espressioni del black metal atmosferico in giro per la vecchia Europa.
L’ultimo lavoro targato Sear Bliss risulta Eternal Recurrence del 2012, nel frattempo il leader Andras ha raccolto vari membri che nel corso degli anni hanno contribuito a rendere ottima la discografia del gruppo in qualità di ospiti, e sotto il monicker Arkhè licenzia questo bellissimo lavoro.
Λ lascia gli impervi sentieri del black metal atmosferico per avventurarsi nel mondo del metal alternativo, dove l’aggettivo sta per musica a 360°, sempre oscura, drammatica, estrema più concettualmente che musicalmente, anche se non mancano attimi di tragico metallo progressivo.
Progressive è appunto la migliore descrizione sintetica della musica del musicista magiaro, un caleidoscopio umorale di suoni e sfumature rarefatte, liquide, dove l’elettronica scava nello spartito, lasciando profonde vene aurifere di note melanconiche, a tratti struggenti, in un saliscendi tra momenti di intima drammaticità e rabbiosi, ma ragionati, sfoghi musicali in cui il gruppo da il meglio di se.
Un viaggio nell’oscurità, un cammino alla cieca tra una buona fetta dei generi che si ammantano di colori scuri, tutti sotto la guida progressiva di Andras, cervello e braccio principale di questo progetto che vede ancora una volta l’emozionalità della sua musica a livelli eccellenti.
Dark, new wave, industrial, metal estremo, note adulte di gotico incedere sono le principali colpevoli di questo gioiello senza genere, come se tutte le nostre certezze su cui abbiamo costruito il modo di dividere la musica contemporanea per cercare di spiegarla cadessero, bombardate dalle note di Λ.
Difficile scegliere un brano piuttosto che un altro, l’opera va ascoltata nella sua interezza per poter riuscire a scorgere le mille e più ombre che si aggirano, tra le note di cui si compone, ma lasciatemi sottolineare la fantastica cover di Scum dei Napalm Death, qui in versione industrial dark con finale di atmosferica e sospesa musica che fluttua e ci accompagna verso un epilogo in crescendo di questo meraviglioso lavoro.
Perdersi un album di questo livello è un peccato mortale, lasciate entrare dentro di voi le note che accompagnano la musica degli Arkhè, vi riempiranno il cuore e l’anima.

TRACKLIST
1. Rianás
2. Meditation In The Wood
3. Fergeteg Hava
4. Lélekölök
5. Space Derelict
6. Scum (Napalm Death – Cover)
7. Eredet
8. Álom Hava
9. Esthajnal

LINE-UP
Andras – vocals, guitars, bass, synth, fretless bass, piano

Guests:
Viktor Scheer
Olivér Ziskó
Attila Kovács
Balázs Bruszel
Zsófia Korponay

ARKHE’ – Facebook

Sleep Of Monsters – II: Poison Garden

La musica degli Sleep Of Monsters è bella come una sirena e ha la stessa carica di ipnosi, è una mutazione pop di un metal lussurioso e volontariamente oscuro.

I Sleep Of Monsters, dovessero subire un processo della Santa Inquisizione, sarebbero accusati di adorazione del Demonio, stregoneria e di diffusione di musica demoniaca.

Purtroppo, per alcuni e meglio per altri, Lucifero ha sempre ispirato musica molto migliore della controparte, e questo disco ne è la prova. Questi finlandesi fanno un bellissimo e seducente incrocio di metal, pop e musica gotica. La loro seconda prova è ancora più bella e convincente della prima, Producers Reason del 2013, poi ristampato dalla Svart nel 2014, e che era tranquillamente entrato nella top 50 finlandese. La musica degli Sleep Of Monsters è bella come una sirena, e ha la stessa carica di ipnosi, è una mutazione pop di un metal lussurioso e volontariamente oscuro. I magnifici cori femminili delle Furies sottolineano grandi momenti quasi come negli anni ottanta dei Pink Floyd, con la voce di Vil già nei magnifici Babylon Whores, che comanda la nera carovana.
Tutto è lento e tristemente bello, con il dipanarsi delle nostre più recondite paure , e l’emergere della nostra parte oscura e più profonda. I recessi della nostra anima gioiranno per questa epifania finlandese, un disco che è alla pari con Meliora dei Ghost, anzi l’occulto qui è ancora più presente. Tutte le componenti degli Sleep Of Monsters portano qualcosa nell’insieme che è davvero notevole ed unico. Per la cronaca nel gennaio 2015 durante un concerto ad Helsinki, mentre il gruppo eseguiva The Lesser Banishing Ritual Of The Pentagram, prese fuoco il centro commerciale dall’altra parte della via.
Siete stati avvertiti.

TRACKLIST
01. Poison King
02. The Golden Bough
03. Art of Passau
04. Babes in the Abyss
05. Beyond the Fields We Know
06. As It Is, So Be It
07. The Devil and All His Works
08. Our Dark Mother
09. Foreign Armies East
10. Land of Nod
11. Poison Garden

LINE-UP
Ike Vil – Vocals
Sami Hassinen – Guitar
Janne Immonen – Keyboard.
Pätkä Rantala – Drums
Mäihä – Bass
Uula Korhonen – Guitar
The Furies: Hanna Wendelin, Nelli Saarikoski, Tarja Leskinen

SLEEP OF MONTERS – Facebook

Exalter – Obituary for the Living

La zampata di un’etichetta come la Transcending Obscurity non può che essere segno di qualità, ed infatti senza far gridare al miracolo, i sei brani presentateci non mancano di lasciare buone impressioni

Proviene dal Bangladesh il duo di thrashers che compone la line up degli Exalter, band formata tre anni fa, di cui Obituary For The Living risulta il secondo ep.

Il mini cd raccoglie tutto il precedente lavoro (Democrasodomy) dello scorso anno più due tracce inedite di thrash vecchio stampo che guarda agli States ed alla scena della Bay Area.
Il duo è composto da Tanim (voce e chitarra) e Afif alle pelli, mentre il basso è lasciato agli ospiti che si avvicendano in sede live.
Il sound della band è il classico thrash old school lineare, veloce ed in questo caso abbastanza melodico per risultare piacevole ad un primo ascolto.
Anche se le songs tendono ad assomigliarsi, una discreto lavoro in fase di registrazione e l’attitudine senza compromessi dei musicisti rendono Obituary For The Living un gagliardo biglietto da visita per gli Exalter.
La zampata di un’etichetta come la Transcending Obscurity non può che essere segno di qualità, ed infatti senza far gridare al miracolo, i sei brani presentateci non mancano di lasciare buone impressioni che si spera verranno confermate su un eventuale full length.
Thrash metal di scuola statunitense si è scritto, ed allora nei vari brani come Surrounded by Evil, Nuclear Punishment e Thrash Resurgence, una bufera di suoni che richiamano i vari Exodus, primi Metallica, Death Angel con qualche picco estremo alla Slayer, massacreranno per una mezzoretta i vostri delicati padiglioni auricolari.
Obituary For The Living non manca di sfoderare una notevole aggressione, così da portare a headbanging sfrenati i fans del genere.

TRACKLIST
1. Tortured Innocents
2. Surrounded by Evil
3. Sacrificial Immolation
4. Nuclear Punishment
5. Throat Cutters
6. Thrash Resurgence
7. White Phosphorus Shell

LINE-UP
Tanim- Vocal,Guitar
Afif- Drums

EXALTER – Facebook

Power From Hell – Sadismo

La colonna sonora perfetta per ubriacarsi e dedicarsi al maligno.

Ristampa in vinile del disco originariamente pubblicato da questo gruppo brasiliano nel 2007.

Lo stesso titolo è la migliore introduzione e spiegazione del disco. I Power From Hell fanno un black metal classico e lo fi ed oscuro, con moltissimi rimandi a suoni come Bathory e compagnia satanica. Tutto porta al vero metal degli anni ottanta e novanta, dove la sostanza era tanta ed il suono era volutamente marcio e malato. I Power From Hell sono un gruppo che sa dare nere emozioni di qualità, con quel suono che sta tornando con insistenza. Certamente qui black metal è un concetto indicativo, perché qui ci sono molte cose e non solo quello.
La colonna sonora perfetta per ubriacarsi e dedicarsi al maligno.

TRACKLIST
1.Call Sluts (Intro)
2.Raping Angels by the Power From Hell
3.The Black Funeral
4.Day of Lust
5.Suicide Metal
6.Sacrifice
7.Black Metal Gods
8.Pentagram Forces
9.More Whores
10.This is My Bitch
11.Diabolical Blues (demo version)

Godless – Centuries Of Decadence

Quattro brani che formano un massacro sonoro dall’alta intensità, tecnicamente sopra le righe, ben strutturato sull’amalgama tra i suoni old school alla Obituary e non poche soluzione più moderne e violente.

Hyderabad, India, tra le strade e levie della città asiatica si aggiravano tre realtà estreme che portavano in se il morbo del death metal: Skrypt, Shock Therapy ed Eccentric Pendulum.

Dall’unione di cotanta, devastante malvagità è nata una nuova creatura, i temibili Godless che, tramite la label estrema per antonomasia, la Transcending Obscurity danno alle stampe il loro debutto, Centuries Of Decadence.
Come molte delle band provenienti dal lontano paese asiatico i cinque musicisti indiani trovano nel metal estremo un modo per denunciare le molte piaghe di una società malata, tralasciando tematiche horror o fantasy, care alla maggior parte dei loro estremi colleghi.
Una denuncia sociale a colpi di death metal che si avvicina pericolosamente al brutal, nelle ritmiche che non mollano la furia dei blast beat ed il growl, profondo e terrificante.
Quattro brani che formano un massacro sonoro dall’alta intensità, tecnicamente sopra le righe, ben strutturato sull’amalgama tra i suoni old school alla Obituary e non poche soluzione più moderne e violente.
Ne esce un dischetto sviluppato su una ventina di minuti di death metal che risulta una mazzata terrificante, un cappio soffocante che si stringe al collo senza possibilità di sfuggire al delirio estremo dell’opener Infest, della dirompente ed oscura Ossuary, della death/thrash Replicant e del brutale massacro sonoro perpetuato con la conclusiva Oneiros.
Per i fans del genere un ascolto è altamente consigliato.

TRACKLIST
1.Infest
2.Ossuary
3.Replicant
4.Oneiros

LINE-UP
Kaushal LS – Vocals
Rohit Nair – Guitar
Ravi Nidamarthy – Guitar
Abbas Razvi – Bass
Aniketh Yadav – Drums

GODLESS – Facebook

Attalla – Attalla

Il risultato è una macchina di suono in veloce e poderoso movimento verso di voi, per aumentare il vostro trip lisergico che qui è garantito.

Attacco sonoro con trip power lisergico dalle lande del Wisconsin. Debutto per questo quartetto americano che usa riffoni potenti e calibrati per portare l’ascoltatore su di un altro piano dimensionale.

Per realizzare il loro piano di straniamento musicale gli Attalla usano l’hard rock, un doom bello duro e cadenzato e anche un bel pò di tenebre.
I titoli dell tracce sono brevi e stringati poiché l’attenzione maggiore deve essere sulla musica, ed ascoltandoli gli Attalla attirano benissimo al nostra attenzione. Sono retrò senza esagerare, hanno un impianto sonoro che è stato costruito negli anni settanta, ma lo attualizzano molto bene. La durezza della loro musica è molto ben calibrata, non esagerano, armonizzandola con la voce che è molto valida. Il risultato è una macchina di suono in veloce e poderoso movimento verso di voi, per aumentare il vostro trip lisergico che qui è garantito. Ottimo debutto, disponibile in cd, cassetta e digitale.

TRACKLIST
1.Light
2.Haze
3.Lust
4.Thorn
5.Veil
6.Doom

LINE-UP
Cody Stieg – Lead Guitar/Vocal
Brian Hinckley – Rhythm Guitar
Bryan Kunde – Bass
James Slater – Drums

ATTALLA – Facebook

Stonewall Noise Orchestra – The Machine, The Devil & The Hope

The Hope si candida come una delle migliori uscite targate Steamhammer/SPV in ambito classic e hard rock

Che la penisola scandinava sia una terra molto ricettiva per i suoni hard rock non è certo una novità, storicamente la musica dura di stampo melodico e AOR ha sempre trovato terreno fertile nelle sconfinate ed innevate lande nord europee, ma ultimamente sempre più realtà di vaglia scendono verso il sud portando proprio i suoni caldi dell’hard rcok settantiano, sporcato dal blues e da reminiscenze stoner.

La Stonewall Noise Orchestra (S.N.O) sono ormai più di dieci anni che, dalla Svezia propone questo tipo di sound, vintage certo, ma terribilmente coinvolgente specialmente per chi ama i suoni rock di stampo americano.
The Machine, the Devil & the Dope è il quinto full length di questa macchina da guerra rock’n’roll, il primo lavoro datato 2005 (Vol. 1), ha dato il via ad una discografia che ha visto licenziare un album ogni due/tre anni, una buona costanza per le innumerevoli band di oggi, arrivando nel 2013 con quello che fino ad oggi era l’ultimo parto, Salvation.
Il quintetto svedese ci consegna un’altro gioiellino di classic rock, che svaria tra le atmosfere che in oltre quarant’anni hanno attraversato il genere, inglobando sfumature che vanno dal blues, allo stoner, dalla psichedelia all’hard rock sabbatico, così da comporre un album vario, pur mantenendo inalterato lo spirito vintage che contraddistingue in concept del gruppo.
Riff ora colmi di groove stonato, ora drogati di blues, un approccio ruvido reso a tratti potentissimo da mid tempo sabbathiani e tanta melodia sono la chiave di lettura di The Machine, The Devil & The Hope, una raccolta di songs che come un documentario sulla storia della nostra musica preferita vede passare in rassegna, Led Zeppelin, Black Sabbath, Soundgarden, Kyuss e Spiritual Beggars, in un viaggio temporale tra i decenni passati fino a quello attuale.
Il songwriting, così come la produzione sono a livelli sopra la media, i brani, dalla sabbathiana The Fever che apre le danze, passando dall’energico rock’n’roll di Welcome Home, dallo stoner desertico di Into The Fire, dalla splendida e travolgente Superior #1 e dalla psichedelica e liquida I,The Servant non mancano di regalare emozioni calde e sanguigne, come devono elargire opere di questo genere.
Con Jonas Kjellgren (Scar Symmetry, Carnal Forge) alla produzione e l’artwork curato da Per Wiberg (Opeth, Spiritual Beggars, Arch Enemy) The Machine, The Devil & The Hope si candida come una delle migliori uscite targate Steamhammer/SPV in ambito classic e hard rock, non fatevelo sfuggire.

TRACKLIST
1. The Fever
2. Welcome Home
3. Into the Fire
4. Don’t Blame the Demons
5. Superior #1
6. Stone Crazy
7. I, the Servant
8. On a Program
9. The Machine, the Devil & the Dope

LINE-UP
Snicken – Guitar
Mike – Guitar
Tony – Vocals
Mr Pillow – Drums
Jonas – Bass

STONEWALL NOISE ORCHESTRA – Facebook

Alms Of The Giant – Meet The Abyss Ep

Questi cinque ragazzi fanno un’ottima miscela di hardcore, metalcore e post rock, il tutto con estrema naturalezza e bravura.

Gruppo milanese attivo dal 2013 che fa il suo debutto con questo ep in download libero.

Questi cinque ragazzi fanno un’ottima miscela di hardcore, metalcore e post rock, il tutto con estrema naturalezza e bravura. Certamente l’ascolto del disco renderà molto meglio delle mie povere parole. Questo ep è molto bello e ha un carica metal nel suo complesso che è davvero forte e potente.
Quattro pezzi che esplorano le diverse anime di un gruppo che ha molte idee e che riesce ad esprimersi molto bene, pur avendo davvero tanto da suonare e da dire. Ascoltando questi quattro pezzi ho ritrovato un certo gusto nel fare un metal che attraversa vari generi, e una carica ed una voglia che non riscontravo da tempo. Un esordio estremamente positivo.

TRACKLIST
1.Meet The Abyss
2.Marble Thoughts
3.New Kaledonia
4.Feel Lost

LINE-UP
Marco
Federico
Luca
Fabio
Fulvio

ALMS OF THE GIANT – Facebook

Raff Sangiorgio – Rebirth

Un lavoro che piacerà agli amanti della band madre, ma che non mancherà di conquistare i divoratori di opere strumentali composte da virtuosi delle sei corde.

I Gory Blister sono una delle band storiche del panorama metallico estremo nazionale, dal 1997 sul mercato con una proposta che ha sempre mantenuto un’ottima qualità seguendo i binari di un feroce death metal tecnico.

Non sono poi molte le band che oltre a cinque full length possono vantare un curriculum live sontuoso come quello dei deathsters italiani, che hanno suonato con il gotha del metal estremo mondiale (Testament, Nile, Nevermore, Sadus, Darkane, Entombed, Sinister, Obituary tra le altre).
Raff Sangiorgio è lo storico chitarrista di questo nostro orgoglio metallico, ora alle prese con Rebirth, lavoro solista che ha visto il musicista alle prese con tutti gli strumenti.
Una sorta di one man band dunque, dove Sangiorgio oltre a sfoderare la sua bravura alla sei corde se la cava alla grande con gli altri strumenti.
Ne esce un’opera strumentale gradevole, sicuramente sorprendente se si pensa al background del musicista, che su Rebirth non disdegna piacevoli passaggi in altri lidi musicali come il blues, mantenendo una carica metal notevole.
Abituati ai ricami dei guitar heroes, il disco ha un impatto originale perchè Sangiorgio non dimentica di essere figlio del metal estremo così da mantenere una tensione altissima, specialmente nelle ritmiche, conservando intatta la sua natura musicale.
Virtuosimi dosati ed inseriti senza stancare nell’economia dei brani, un songwriting vario che permette di godere di sfumature che vanno appunto dal blues al progressive, fanno di Rebirth un lavoro vario e dannatamente coinvolgente, una virtù non così facile da trovare nei lavori strumentali di molti dei suoi colleghi.
Quick Trigger, Lil’ Chuck Blues, Cosmic Seed e Fragile Existence sono i brani che al sottoscritto sono piaciuti di più, in un lavoro che va assolutamente assaporato in tutta la sua interezza, anche per la scelta intelligente del nostro di limitare la durata dell’opera a poco più di mezzora, che si riassume in impatto e talento senza specchiarsi troppo.
Buon lavoro, dunque, che piacerà agli amanti della band madre, ma che non mancherà di conquistare i divoratori di opere strumentali composte da virtuosi delle sei corde.

TRACKLIST
1.Quick Trigger
2.Lil’ Chuck Blues
3.Back To Glory
4.GlaringSoul
5.Rebirth
6.Cosmic Seed
7.Magic River
8.Fragile Existence
9.Voices From The Sea

LINE-UP
Raff Sangiorgio – All Instruments

RAFF SANGIORGIO – Facebook

Sixx A.M. – Prayers For The Damned Vol. 1

Stavate cercando una band da far sedere sul trono dell’hard rock mondiale? L’avete trovata.

Negli ultimi mesi non sono state poche le band tornate in campo hard rock a far parlare la propria musica, gruppi ormai famosi che hanno attraversato con alterne fortune gli ultimi vent’anni, ancora comunque tutte ben inserite in un music biz sull’orlo di una crisi di nervi, nel trovare la band trainante per tutto il movimento.

La moria delle cosidette ultime icone del rock’n’roll, ed una crisi economica mondiale che ha influito negativamente anche sul mondo musicale, stanno dando ragione (ma solo in termini economici) a chi continua a sostenere che il rock è morto, aiutati dai passi falsi delle ultime band storiche che pur di attaccarsi agli ultimi dollari si inventano collaborazioni ridicole (la storia AC/DC-Axl Rose ne è il più clamoroso esempio).
Ed allora chi prenderà per mano il rock’n’roll per accompagnarlo in questi primi anni del nuovo millennio?
I Sixx A.M., liberati dallo scioglimento dei Motley Crüe (Nikki Sixx) e dalle bizze di Axel Rose (Dj Ashba), con questo nuovo lavoro potrebbero essere tra le band cardine di questi prossimi anni a venire, intanto per il carisma dei protagonisti e poi per la qualità della musica proposta che si colloca perfettamente tra il rock tradizionale, quello più moderno ed easy listening con una componente metal, che potrebbe davvero mettere d’accordo tutti e fare del gruppo statunitense una bomba pronta ad esplodere sul mercato discografico.
Una collaborazione, quella tra il bassista dei leggendari Crüe ed il chitarrista dei fenomenali Beautiful Creatures (il loro debutto omonimo del 2001 è un capolavoro assoluto), iniziata nel 2007 per dare una colonna sonora al libro The Heroins Diaries, cronache della tossicodipendenza di Sixx che, a molti, dava l’impressione di un progetto estemporaneo, anche per il rientro in campo dei Crüe con una serie infinita di live e l’entrata del chitarrista tra le file dei gunners del solo Rose.
Non è andata così fortunatamente, ed il gruppo arriva al traguardo del quarto lavoro, il quale avrà un seguito sul finire dell’anno (Vol.2) e che succede, oltre al debutto ad altri due ottimi lavori come This Is Gonna Hurt (2011) e Modern Vintage di due anni fa.
Prayers For The Damned Vol.1 è un lavoro colmo di canzoni bellissime, con irresistibili refrain e quella vena tragica che è nel DNA della band, ed appunto una perfetta amalgama tra tradizione e modernità.
Non un brano che qualsiasi artista non venderebbe l’anima per scrivere, non un riff che non sia perfettamente inserito in un contesto che funziona, tra melodia e scintille metalliche al servizio del rock’n’roll.
Chorus che si insinuano nella testa, scavano nella mente e si costruiscono una nicchia per non uscire più, mentre le emozioni si susseguono, vagando tra queste undici canzoni che semplicemente rapiscono.
Fin dall’opener Rise è un’apoteosi di rock moderno, confermato ed accentuato da piccoli capolavori come le metalliche When We Were Gods e Belly of the Beast o alla vena drammatica e seriosa della title track, passando dall’hard rock dannatamente moderno e a stelle e strisce di I’m Sick, Everything Went To Hell (splendidamente Beautiful Creatures) e You Have Come To The Right Place.
Detto di una prova mostruosa di James Michael al microfono, del talento di un D.J Asbha che si dimostra uno dei più validi interpreti alla sei corde nel genere, oltre ovviamente di un Nikki Sixx che si fa beffe degli anni e di un passato “turbolento”, non rimane che inchinarsi davanti ad un album superbo.
Stavate cercando una band da far sedere sul trono dell’hard rock mondiale? L’avete trovata.

TRACKLIST
1. Rise
2. Have You Come The Right Place
3. I’m Sick
4. Prayers For The Damned
5. Better Man
6. Can’t Stop
7. When We Were Gods
8. Belly Of The Beast
9. Everything Went To Hell
10. The Last Time (My Heart Will Hit The Ground)
11. Rise Of The Melancholy Empire

LINE-UP
Nikki Sixx – bass guitar, backing vocals, keyboards, additional guitar
James Michael – lead vocals, rhythm guitar, keyboards
Dj Ashba – lead guitar, backing vocals

SIXX A.M. – Facebook

Vuolla – Blood. Stone. Sun. Down.

I quasi settanta minuti di musica riversata in Blood. Stone. Sun. Down. non stancano affatto, dimostrando l’assoluta bontà della proposta e la brillantezza compositiva dei Vuolla

Dalla sempre prolifica Finlandia arrivano i Vuolla, band che dopo diversi anni di attività arriva al full length d’esordio intitolato Blood. Stone. Sun. Down.

Particolare non da poco, i nostri preovengono da Jyväskylä, città situata a circa 300 km a nord di Helsinki, dalla quale sono partiti anche i Swallow The Sun, il che costituisce un indizio piuttosto forte sul tipo di sound che bisogna attenderci da questo lavoro.
In effetti, i Vuolla si cimentano con un death doom melodico che prende spunto più dai primi lavori dei concittadini che non dagli ultimi, anche se viene connotato dalla voce di Kati Kalinen, che si alterna al growl di Kalle Korhonen.
Diciamo subito che la voce della tastierista (nonché moglie del chitarrista Ilari Kallinen ) non è proprio il punto di forza della band, anche se il suo timbro quasi adolescenziale si integra bene con un sound che fa di un mood malinconico la sua ragion d’essere, sviluppandosi lungo coordinate che spesso toccano le giuste corde, con spunti notevoli e tutt’altro che scontati.
I quasi settanta minuti di musica riversata in Blood. Stone. Sun. Down. non stancano affatto, dimostrando l’assoluta bontà della proposta e la brillantezza compositiva dei Vuolla, i quali si lasciano andare talvolta a digressioni di matrice post metal all’interno di qualche brano senza perdere mai di vista l’obiettivo finale, quello di comporre brani emozionanti e dall’andamento dolente.
Peraltro, l’album gode di un livello qualitativo medio elevato, senza tracce che spicchino in maniera decisa rispetto ad una tracklist omogenea in cui, forse si fanno preferire la swallowiana Emperor e, in generale, i momenti in cui le due voci si alternano creando quella contrapposizione di atmosfere che è il sale del genere.
L’esordio dei Vuolla è, quindi, un ulteriore tassello che si va ad aggiungere ad un mosaico nel quale il movimento finnico la fa sempre da padrona, fin dai tempi dei Thergothon, per restare sui versanti più funerei del doom, e dei Decoryah, band che illuminò con due dischi magnifici la scena dei primi ’90 e alla quale riportano talvolta passaggi ed umori contenuti in Blood. Stone. Sun. Down.

Tracklist:
1. Death Incredible
2. Emperor
3. Chambers To Fill With Longing
4. Rain Garden
5. Shadow Layer
6. Rivers In Me
7. Film
8. Quiet Cold

Line-Up:
Kati Kallinen – vocals and keyboards
Mika Laine – bass
Ilari Kallinen – guitars
Kalle Korhonen – growls
Timo Ruunaniemi – drums

VUOLLA – Facebook

Warfect – Scavengers

Una bomba thrash metal devastante, questo è il nuovo lavoro degli svedesi Warfect,un’esplosione di metallo velocissimo aggressivo ed arrembante che vi travolgerà senza pietà.

Una bomba thrash metal devastante, questo è il nuovo lavoro degli svedesi Warfect,un’esplosione di metallo velocissimo aggressivo ed arrembante che vi travolgerà senza pietà.

La Cyclone Empire licenzia Scavengers, terzo album del trio di Uddevalla, band che dal 2003 incendia palchi e distrugge lettori cd, disintegrati dalla forza dirompente dei primi due lavori, Depicting the Macabre (uscito nel 2009 per la nostrana My Kingdom Music) ed Exoneration Denied di tre anni fa.
Warfect è sinonimo di thrash metal old school, valorizzato da una produzione perfetta a cura di Fredrik Wester, chitarrista e cantante della band, una raccolta di songs che non conosce tregua, tra ritmiche indiavolate, solos fulminanti, un vocione arrabbiatissimo ma da manuale dei dieci comandamenti del genere e un’attitudine che esce prepotentemente dai solchi dell’album e ci investe in tutto il suo impatto debordante.
L’artwork curato da Andrei Bouzikov, già al lavoro per Municipal Waste, Autopsy e Fueled By Fire, in puro ed ignorante thrash metal style, valorizza questo tsunami metallico che non risparmia, velocità, ripartenze, solos armonici ed incredibili ritmiche che sembrano provenire da un pendolino in una folle corsa sui binari.
Sfuriate rabbiose, atmosfere oscure, un songwriting di altissimo livello, e tanta rabbia positiva, fanno di Scavengers un album imperdibile per i fans del vecchio e mai domo tharsh metal, brani elaborati ma travolgenti come Reptile, Watchtowers, The Resurrectionists ( un’apoteosi di mid tempo, stacchi fulminanti e ripartenze veloci come il vento) o la marziale e cattivissima Evil Inn riempIono l’orecchio ed il cuore e confermano che il genere è assolutamente in buona salute e, nell’underground, continua a mietere vittime innocenti come un serial killer crudele e feroce.
Il sound dei nostri tre baldi musicisti svedesi non ha nulla di originale (Slayer, Kreator, Whiplash), ma qui si fa thrash metal e lo si suona alla grande, dunque poche storie e fatevi travolgere nel mare di note metalliche in tempesta di Scavengers, sarà molto difficile tornare a riva.

TRACKLIST
01. Purveyors of Cadavers
02. Reptile
03. Anatomy of Evil
04. Watchtowers
05. Suffocate the Chosen
06. Predators
07. The Resurrectionists
08. Skin Bound
09. Evil Inn
10. Savaged by Wolves
11. Into the Crypt

LINE-UP
Fredrik Wester – Vocals and guitar
Kristian Martinsson – Bass
Manne Flood – drums

WARFECT – Facebook

childthemewp.com