Liveevil – Black Tracks

Mettete il volume al massimo e fatevi travolgere dal sound di Black Tracks, trasformerete la vostra stanza in una pista di qualche club perso tra le vie di Praga.

Anche l’industrial metal dalle tinte dark, dopo l’exploit di qualche anno fa con il successo di Rammstein e Deathstars, ha trovato in questi ultimi anni qualche ostacolo, più che altro in termini commerciali, mentre nei locali di mezza Europa si continua a ballare sui ritmi sincopati del genere.

I cechi Liveevil non sono certo gli ultimi arrivati, attivi da ormai tredici anni, arrivano al traguardo del quarto album dopo che il loro cyber metal dall’ottimo appeal ha fatto scintille su Arctangel del 2007, Unique Constellation del 2009 e 3 Altering uscito un paio di anni fa.
Nel frattempo il gruppo di Ostrava è rimasto un trio composto da Colossen, Spinach e Angel formando la line up che ha firmato il nuovo Black Tracks.
E di tracce elettro/gothic/metal/dark è composto questo lavoro, nove brani che in poco più di mezz’ora sparano bombe sincopate, ipermelodiche, colme di riffoni metallici, ritmi marziali, e liquide divagazioni elettroniche che scateneranno più di una gothgirl nelle piste di oscuri e ambigui locali darkrock.
Niente che non sia il sound portato al successo dalle band di riferimento, con il gruppo che alterna brani più lineari alla Deathstars ed altri più irruenti, sincopati e marziali come i maestri tedeschi insegnano.
Non un brano che non abbia un’appeal sopra la media, Black Tracks prodotto da Kärtsy Hatakka e registrato tra Praga ed Helsinki, concentra nello stesso sound una buona fetta dei generi di cui si nutre il dark rock, l’elettronica (elemento predominante nel sound) rende il tutto trascinante ed atmosfericamente modernissimo, andando incontro ai gusti degli amanti del gothic rock, mai troppo metallico, ma a tratti grintoso quanto basta per piacere ai fans dell’industrial tout court.
Tra le songs spicca Tomorrow’s Call, posta in dirittura d’arrivo e che ricorda non poco il sound dei tedeschi Secret Discovery, band da rivalutare se siete amanti del genere.
Mettete il volume al massimo e fatevi travolgere dal sound di Black Tracks, trasformerete la vostra stanza in una pista di qualche club perso tra le vie di Praga …

TRACKLIST
1. Ended Run
2. Amper
3. Devilation
4. Vibes
5. Midnight Bay
6. Encounter
7. Hypercharger
8. Tomorrow’s Call
9. We Stand Alone

LINE-UP
Colossen-vocal, guitar
Spinach-vocal, bass guitar
Angel-guitar

LIVEEVIL – Facebook

Wöljager – Van’t Liewen Un Stiäwen

Un capolavoro in grado rendersi appetibile anche a chi, pur non frequentando in maniera assidua questo genere, sia in grado di assimilare le emozioni offerte da una musica solo apparentemente semplice ma che arriva dritta al cuore, trovandovi una sua stabile dimora.

Marcel Dreckmann è un musicista tedesco che i più attenti identificheranno nello Skald Draugir degli Helrunar e nel Marsél degli Árstíðir Lífsins, due band autrici di una musica estrema obliqua e colta che, solo per comodità, sono sempre state inserite nel calderone black metal.

Non stupisce più di tanto, quindi, il fatto che Dreckmann avesse già da tempo in canna questo colpo magnifico, sotto forma di un’opera di matrice folk che avrebbe dovuto costituire, peraltro, il supporto musicale di una rappresentazione teatrale.
Come spesso accade in situazioni analoghe, la trasposizione scenica non è mai stata realizzata e così il musicista tedesco ha pensato giustamente di pubblicare il tutto in formato audio con il monicker Wöljager, e menomale, aggiungerei, perché un lavoro di tale spessore qualitativo non poteva certo essere lasciato a languire in attesa di tempi migliori.
Con l’aiuto dei due compagni d’avventura negli Árstíðir Lífsins, il connazionale Stefan Drechsler e l’islandese Árni Bergur, Marcel sciorina una prova maiuscola esibendo il lato più cupo e meditabondo del folk e, a rendere ancor più particolare e degna di attenzione la proposta, a livello lirico viene utilizzato il Münsteran Platt, ovvero il dialetto basso tedesco parlato ancora in alcune regioni del nord ovest della Germania e che, come si può notare, ha non poche similitudini anche con l’idioma dei vicini Paesi Bassi.
Insomma, non sono pochi i motivi di interesse che l’ascoltatore può rinvenire in Van’t Liewen Un Stiäwen, ma ovviamente il principale è il contenuto musicale, fatto di un folk altamente evocativo nel quale vengono banditi del tutto i toni caciaroni a favore di un mood tra il drammatico ed il malinconico che sovente induce alla commozione: difficile che gli occhi non si inumidiscano di fronte a gioielli intrisi di aulico splendore come la title track, Summer e Vettainachtain, o ancora una Üöwer de Heide in odore del Nick Cave più intimista.
Le uniche concessioni ad una musica popolare dall’andamento relativamente più allegro sono la trascinante Kuem to Mi e Junge Dään, non a caso collocate l’una dopo l’altra nella parte centrale del disco, quasi a costituire una parentesi di leggerezza all’interno di un mood complessivo che lascia ben poco spazio alla gioia e all’ottimismo.
Qui ci troviamo di fronte a musicisti di statura superiore alla media e la produzione cristallina restituisce alla perfezione le minime sfumature, esaltando all’ennesima potenza ogni singolo arpeggio chitarristico della coppia Drechsler – Bergur, le carezze degli archi suonati magistralmente da quest’ultimo e il timbro caldo e profondo della voce di Dreckmann.
Uno degli intenti dichiarati di Marcel era quello di dimostrare che un dialetto come quello basso tedesco non deve essere necessariamente associato all’immaginario del folklore da sagra paesana, ma che, invece, può costituire tranquillamente la base linguistica per opere di elevato spessore artistico e dagli umori plumbei come quella rappresentata da Van’t Liewen Un Stiäwen.
La missione è stata compiuta, forse andando anche oltre le iniziali previsioni, perché non esito a definire questo disco un autentico capolavoro in grado rendersi appetibile anche a chi, pur non frequentando in maniera assidua questo genere, sia in grado di assimilare le emozioni offerte da una musica solo apparentemente semplice ma che arriva dritta al cuore, trovandovi una sua stabile dimora.

Tracklist:
1.Vüörgeschicht
2.Van’t Liewen un Stiäwen
3.Swatte Äer
4.Summer
5.Magdalene
6.Kuem to mi
7.Junge Dään
8.Üöwer de Heide
9.Up’n Likwäg
10.Deaolle Schwatters föert to’n Deibel
11.Vettainachtain
12.Dat Glas löp rask
13.Aomdniewel

Line-up:
Marcel Dreckmann – Vocals, Lyrics, Compositions
Stefan Drechsler – Acoustic Guitars
Árni Bergur Zoega – Acoustic Guitars, Viola, String arrangements

Wöljager – Facebook

Black Priest Of Satan – Element Of Destruction

Nerissimo black metal mid tempo con schizzi sludge per questo duo tedesco al debutto sulla lunga distanza.

Nerissimo black metal mid tempo con schizzi sludge per questo duo tedesco, al debutto sulla lunga distanza.

Dopo aver pubblicato demo, ep e uno split il malefico duo ha deciso di ammorbarci su lunga distanza, ed il risultato è un disco black metal cupo ma non velocissimo, con un qualcosa degli ultimi lavori dei Satyricon, con quell’incedere quasi thrash, anche se qui abbiamo una forte dose di sludge che incombe ad appesantire il tutto. Il suono di questo duo è marcio ed è un cantico satanico che parla di brutalità e sangue, cose non così lontane dalla nostra vita di tutti i giorni.
L’oscurità domina in questo disco, che è il risultato di approfondimento musicale per fare un disco mai scontato e soprattutto davvero marcio e malato. La buona produzione aiuta l’ascoltatore ad immergersi in questo nero mare.

TRACKLIST
1. The Element Of Destruction
2. Prophet Of Fire
3. Blazing Fires In The Night
4, Unheard Prayer
5. Ritual Of 3 Candles
6. Guided By Two Moons

LINE-UP
Avenger – all guitars, drums and synths
Molestor Kadotus – drums

DEATHSTRIKE Records – Facebook

Le Scimmie – Colostrum

Il risultato è forte ed oscuro, quasi un magia sessuale e musicale che scaturisce da una parte della nostra psiche molto forte e che giace addormentata, ma che quando urla esce fuori pesantemente.

Se si volesse dare un nome ed una connotazione alla musica de Le Scimmie si potrebbe dire stoner estremo, o ambient stoner.

In realtà Le Scimmie vanno ascoltate e soppesate fisicamente, poiché creano una barriera sonora che è una forza che ci porta in dimensioni diverse dalla nostra.
Nati a Vasto nel 2007 come devastante duo, Le Scimmie pubblicano nello stesso anno un ep chiamato L’Origine, per poi incidere nel 2010 la prima fatica su lunga distanza Dromomania. Il cammino era cominciato e con esso una certa evoluzione sonora, la creazione di un territorio potente e primordiale, una forza sonica notevole che scava dentro cose e persone. In alcuni passaggi si possono sentire in loro echi e lezioni degli Ufomammut, ma non è certamente un difetto, anche se sono solo alcuni passaggi e non vi sono copie od imitazioni.
Colostrum nasce dopo anni di silenzio ed un grosso cambiamento, ovvero l’ingresso nel gruppo di un terzo musicista, Simone D’Annunzio, da sempre dentro al mondo de Le Scimmie ed ora agli effetti sonori dopo una carriera spesa tra l’ambient ed il noise. Il risultato è forte ed oscuro, quasi un magia sessuale e musicale che scaturisce da una parte della nostra psiche molto forte e che giace addormentata, ma che quando urla esce fuori pesantemente. Ci sono maggiormente elementi ambient e di atmosfera rispetto a prima, e tutto è molto strutturato e funzionale. Un disco di terra e di sangue.

TRACKLIST
1. Colostrum
2. Crotalus Horridus
3. Triticum
4. Helleborus

LINE-UP
Angelo “Xunah” Mirolli.
Gianni Manariti.
Simone D’Annunzio.

LE SCIMMIE – Facebook

Ex Animo – Neverday

Un album intenso, oscuro e melanconico il giusto per piacere a tutte le anime inquiete che si aggirano in notti buie ed intrise di disperata decadenza.

Un’altra band di spessore nell’immenso panorama del symphonic gothic metal, questa volta però con più di un richiamo al doom/dark ed alle band storiche che portarono all’attenzione le atmosfere eleganti ed oscure del metallo gotico con voce femminile.

Gli Ex Animo sono un quintetto ucraino attivo dall’inizio del nuovo millennio e Neverday è il secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo la firma con Metal Scrap, label che ci ha visto giusto, perché il nuovo album è molto emozionale, aggressivo e splendidamente colmo di atmosfere doom/dark.
Le ritmiche aggressive, il suono delle sei corde che richiamano a più riprese i primi lavori di Anathema e Paradise Lost e la voce di Julia Orwell, molto vicina a quella di Cristina Scabbia, formano un sound fuori dalle solite debordanti atmosfere bombastiche che caratterizzano i suoni dell’ultima generazione dei gruppi di genere, incontrando invece i suoni oscuri e maturi del doom e del death, specialmente quando il vocione brutale di Andrew Lunko si impossessa della scena o accompagna l’elegante musa.
Non sono i primi gli Ex Animo a ripercorrere il cammino oscuro dei gruppi del decennio novantiano, un buon numero di realtà, specialmente nell’underground sta tornando ai suoni più dommy e meno bombastici di questi anni e la scena non può che giovarsene.
L’atmosfera di cui si nutre Neverday, rimane per tutta la sua durata piacevolmente malinconica e struggente, il growl dona quel tocco di disperata drammaticità che rende il lavoro più estremo, mentre la vocalist si erge ad eroina, sirena solitaria nel mezzo a tempeste di metallo massiccio, cadenzato e potentissimo.
Non mancano songs pregne di delicato mood dark/gotico (Spring Covered with Snow e Scream of Silence) e potenti tsunami death/doom come Aeons Of Sadness, la splendida Shattered Universe e l’irruenza sinfonica di The Memories of a Broken Man.
Un album intenso, oscuro e melanconico il giusto per piacere a tutte le anime inquiete che si aggirano in notti buie ed intrise di disperata decadenza.

TRACKLIST
1. Neverday
2. Aeons of Sadness
3. Soulglass
4. Spring Covered with Snow
5. Shattered Universe
6. The Memories of a Broken Man
7. Scream of Silence
8. Just Tired (outro)

LINE-UP
Andrew Lunko – guitars, vocals
Victor Kotlyarov – guitars
Julia Orwell – vocals
Evgeniy Pavlov – bass
Aleksey Semenyakin – drums

EX ANIMO / Facebook

Eternal Delyria – Delirium

Con personalità e buone idee la band aggiunge al suo furioso metallo armonie tastieristiche di estrazione gothic e il risultato è un quanto mai piacevole death dai rimandi sinfonici

Sono pronti per pubblicare, a giugno di quest’anno, il primo full length il cui titolo sarà Letting Go of Humanity, nel frattempo noi di Iyezine facciamo un passo indietro e torniamo a due anni fa quando gli Eternal Delyria pubblicarono questo buon debutto autoprodotto.

Il gruppo proveniente dal Canton Ticino è composto da sei elementi, in questo lavoro suonava ancora il vecchio bassista , poi sostituito da Thimothi Scandella, che con Alexander Lutz alla voce, Nicola Leoni e Fausto Boscari alle chitarre, Claudio Esposito alle tastiere e Alex Ruberto alle pelli, formano l’attuale line up.
Il loro sound di matrice estrema risulta un ottimo melodic death metal, l’ispirazione guarda alle terre scandinave, ma il gruppo non risulta una fotocopia dei primi In Flames o Dark Tranquillity.
Con personalità e buone idee la band aggiunge al suo furioso metallo armonie tastieristiche di estrazione gothic e il risultato è un quanto mai piacevole death dai rimandi sinfonici, senza voci femminili, perciò duro ed aggressivo quanto basta per piacere anche agli amanti del death classico.
Ottimo l’uso dei tasti d’avorio, sempre presenti e ben inseriti nel sound che tra cavalcate metalliche e tanta melodia, piace al primo assaggio.
Prodotto benissimo, Delirium dopo l’intro cinematografica parte con il riff marziale di Mutation, per poi esplodere in tutta la sua debordante varietà di solos riff e ritmiche.
Gotico, estremo, ed oscuro come una foresta alpina, Sacrifice gronda metallo estremo ma elegante, le tastiere disegnano armonie gotico progressive, mentre lo scream rimane aggressivo ma gustosamente interpretativo.
Wake Up è il primo singolo e video del gruppo, ritmiche thrash amoreggiano con tastiere melodiche, mentre l’atmosfera si surriscalda maggiormente nelle ottime What’s The Point e la conclusiva Surrounded By Lies.
Catamenia, Children Of Bodom, Dimmu Borgir e tante atmosfere gotiche, sono le principali indicazioni che mi sento di suggerire a chi si avvicina alla musica del gruppo svizzero.
Manca poco al primo full length, state sintonizzati.

TRACKLIST
1.Intro
2.Mutation
3.Sacrifice
4.Wake Up
5.What’s The Point
6.Surrounded By Lies

LINE-UP
Clod – Keyboards
Lutz – Voice Growl & Scream
Alex – Drums
Fot – Guitar
Nyx – Guitar
Tim – Bass

ETERNAL DELYRIA – Facebook

Soundscapism Inc. – Soundscapism Inc.

Questo nuovo progetto di Bruno A., denominato Soundscapism Inc., è una sorta di scarnificazione di ciò che furono i Vertigo Steps, dei quali viene mantenuta l’aura intimista privandola però di gran parte delle sue pulsioni rock

E’ con grande piacere che ritroviamo Bruno A. dopo la chiusura (si spera solo temporanea) dell’avventura dei suoi Vertigo Steps.

Oggi il musicista portoghese vive a Berlino, città che indubbiamente è una delle fucine della cultura europea e che ben si addice, quindi, come base per chi abbia nelle proprie corde espressioni artistiche meno convenzionali.
Questo nuovo progetto denominato Soundscapism Inc. è una sorta di scarnificazione di ciò che furono i Vertigo Steps, dei quali viene mantenuta l’aura intimista privandola però di gran parte delle sue pulsioni rock, rendendo l’album di fatto una gradevole esibizione di musica ambient e acustica di matrice prevalentemente strumentale.
Risalta, così, all’interno di un lavoro di questo tipo, l’accoppiata centrale Sommerregen / Planetary Dirt, due brani in cui ritmiche più marcate e, nel primo, il contributo vocale di Flávio Silva, vanno a costituire un’anomalia all’interno di paesaggi sonori che nel resto della tracklist sono contrassegnati per lo più da atmosfere liquide e pacate.
Bruno si conferma musicista di talento cristallino, anche se questa sua nuova proposta possiede nell’immediato un impatto inevitabilmente inferiore a quello che ebbe un album splendido come Surface/Light, ma non sarebbe neppure giusto mettere a confronto due realtà musicali lontane per scelte espressive, per quanto contigue trattandosi comunque del frutto di una comune sensibilità compositiva.
Del resto è lo stesso musicista lusitano ad invitarci a considerare Soundscapism Inc. come una raccolta di frammenti di colonne sonore di film mai realizzati, e la definizione ci sta tutta, specie quando si può godere della purezza di brani come The Quiet Grand ed Eucaliptus Song, o anche di Tomorrow´s Yesterdays, che viene riproposta in coda all’album come bonus track arricchita dall’intervento vocale di Silva.
Un lavoro che se, a prima vista, potrebbe apparire interlocutorio, in realtà si rivela un passo necessario a Bruno A. per porre nuove fondamenta ad un percorso musicale mai scontato e foriero di produzioni sempre di ottimo livello.

Tracklist:
1.The Breath Of Life And All Things The Sky Looked Upon
2.The Quiet Grand
3.Tomorrow´s Yesterdays
4.Sommerregen (feat. Flávio Silva)
5.Planetary Dirt
6.The Mourning After (pt. I)
7.Eucaliptus Song (Lullabye For Summer´s End)
8.Alone In Every Crowd
9.Tomorrow´s Yesterdays (feat. Flávio Silva)

Line-up:
Bruno A. : electric & acoustic guitars, ebow, bass, keyboards (piano, mellotron, celesta, etc.), loops, sampling & programming.

Guest musicians:
Flávio Silva – vocals
Sharalalanda Laya – violin
Aki Heikinheimo – double-bass

SOUNDSCAPISM INC. – Facebook

DENIZEN

I Denizen saranno la prima band straniera, in questo caso francese, ad esibirsi all’Argonauta Fest che si svolgerà a Vercelli alle Officine Sonore dalle 18.00 di sabato 7 maggio. Prima di farvi conquistare dal loro fuzz rock, ecco una bella intervista con loro.

iye Come è nata la vostra band ?

Siamo una band heavy stoner rock dal sud della Francia. Esistiamo dal 2003. Abbiamo iniziato come amici con il Noise Hardcore. Dopo aver ascoltato un sacco di band Classic e stoner rock, finalmente abbiamo incluso queste influenze nella nostra musica.

iye Quali sono le vostre influenze ?

Troppe ! Ma possiamo citare Clutch, Kyuss, Fu Manchu e tutta la classica scena stoner rock, così come alcune bande più pesanti come Taint, The Melvins, Coalesce. E Black Sabbath, naturalmente.

iye Come siete entrati in contatto con l’Argonauta Records ?

Argonauta è un’etichetta che promuove molto le sue band. Quindi, li conosciamo grazie alla loro promo e ogni grande band che stanno sostenendo. Quindi siamo stati molto felici quando Gero ci ha mandato la sua prima e-mail dove ci diceva che gli piaceva il nostro album!

iye Cosa vi aspettate dall’Argonauta Fest ?

Buoni gruppi, buona birra, molta gente e finalmente incontreremo la squadra Argonauta. –

iye Progetti futuri ?

Stiamo scrivendo un nuovo disco, e faremo uno split con una super band inglese di cui non possiamo ancora dire il nome.

denizen1

iye Tell something on the band origin

We are a Heavy Stoner Rock band from south of France. We exist since 2003. We first started as friends playing Hardcore Noise stuff. After listening a lot of Classic and Stoner Rock bands, we finally included these influences in our music.

iye What are your influences?

Too many ! But we can mention Clutch, Kuyss, Fu Manchu and all the classic Stoner Rock scene as well as some heavier bands like Taint, The Melvins, Coalesce. And Black Sabbath of course.

iye How did you get in touch with Argonauta Records?

Argonauta is a label which promotes a lot their bands. So, we know them thanks to their promo and every great bands they are supporting. So we were very happy when Gero send us his first email telling us he liked our album!

iye What are your expectations for Argonauta Fest?

Good bands, good beer, great and numerous people and finally meeting Argonauta crew!

iye Future plans?

We’re currently writing songs for a new album and a split with a super English band (but we can’t tell more at the moment). We expect to tour again at the end of the year.

Devotion – Words And Crystals

Words And Crystals, oltre a risultare l’apice discografico dei Devotion, è un album immancabile sullo scafale di ogni amante del metal alternativo.

Se la label americana Pavement Ent. ( Soil, (Hed)P.E.) pubblicherà digitalmente il nuovo album di questa band nostrana ci sarà un motivo.

Con più di dieci anni di attività, quattro album e un’esperienza live al fianco di gruppi altisonanti della scena mondiale come Deftones, The Dillinger Escape Plan, Meshuggah, Sepultura, Poison The Well e Caliban, i vicentini Devotion si confermano come una delle migliori realtà tutte italiane nel seguire un percorso musicale metallico moderno e alternativo.
Certo, il genere è quello che, tra la metà degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio, ha portato il rock duro all’attenzione del mercato discografico in ogni paese, dagli Stati Uniti, al Regno Unito, attraversando l’Europa e ha spazzato via, in termini di popolarità i suoni grunge provenienti da Seattle.
La band continua il suo percorso di crescita con Words And Crystals, alzando il livello emozionale del suo sound che, se si specchia nei maestri Deftones, ha il proprio punto di forza nella freschezza compositiva e nelle parti in cui sfumature oscure ed intimiste rendono le atmosfere mature e mai banali.
Basso che pulsa, chitarre abrasive e potenti, soluzioni armoniche per nulla scontate e tanta alternanza tra aggressività e melodia, riempiono le orecchie di ottimo metal alternativo, lontano dalle solite soluzioni scontate, prodotto a meraviglia e dai molti picchi qualitativi.
Ottima la prova del singer Pucho, personale e dalla sentita interpretazione, un’ugola che sa sputare rabbia quando il sound esplode in tutta la sua potenza, supportato dalle ritmiche di Cangia (batteria) e Fuzz (basso) e dai nervosi e melodici riff della sei corde di Gianna.
Una quarantina di minuti nel mezzo di tempeste di watt, consolidate da basse pressioni che si accumulano per poi sfogare la loro potenza metallica, moderna, viscerale ed intimista, un’esplosione di lampi e tuoni che si abbattono su Roller Derby, Cloud Atlas, P. Hamilton (dedicata al leader e chitarrista degli inossidabili Helmet) e Scent Of A Story.
Ottima conferma, Words And Crystals oltre a risultare l’apice discografico del gruppo, è un album immancabile sullo scafale di ogni amante del metal alternativo.

TRACKLIST
01. Roller Derby
02. Cloud Atlas
03. The Deepest
04. Drops/Flux
05. P. Hamilton
06. Undressed
07. Scent Of A Story
08. Fatal Fury
09. Blind Corner
10. Feeling The Desert Air

LINE-UP
Gianna – guitar
Cangia – drums
Buzz – bass
Pucho – vocals

DEVOTION – Facebook

Vandallus – On The High Side

Un buon debutto per il gruppo di Cleveland , se siete degli attempati rocker come il sottoscritto o giovanotti dai gusti vintage, On The High Side non vi deluderà

Quando si parla di hard rock spesso si fa riferimento alla scena statunitense o a quella britannica, dimenticando colpevolmente molte band che hanno fatto la storia del rock duro provenienti da altri paesi e che hanno avuto un’importanza epocale nello sviluppo dell’hard & heavy.

Due di queste sono il power trio canadese Triumph e gli Scorpions dei fratelli Schenker, la prima spesso paragonata ai progsters Rush, anche per il paese di provenienza, la seconda regina dell’hard rock melodico europeo.
On The High Side, debutto del trio statunitense Vandallus, riprende le sonorità del gruppo canadese e le fa proprie aggiungendo melodie a frotte sotto il segno dello scorpione, confezionando un buon album vintage, sicuramente debitore nei confronti dei due mostri sacri ma composto da buone canzoni.
Attenzione però, la band non fa un passo indietro ma due, andando a riprendere il sound settantiano, specialmente per quanto riguarda la band tedesca, lasciando le produzioni patinate del periodo ottantiano, per un approccio dallo spiccato groove.
Jason Vanek si dimostra un buon cantante, personale e melodico, le chitarre scintillano sotto le dita sue e dell’altro Vanek, Shaun anche alle prese con basso e batteria, e con l’aiuto alle pelli del buon Steve Dukuslow.
Hard rock settantiano dunque, grintoso e molto melodico, con un taglio decisamente vintage, curato nel songwriting e suonato molto bene con le sei corde in evidenza, autrici di gustosi riff power e solos in linea con i chitarristi dell’epoca .
Rat è una fulminante intro che sfocia nel hard power di Break The Storm, il ritornello è pura melodia made in Scorpions e da qui in poi veniamo catapultati dalla macchina del tempo in pieni anni settanta con l’ottima title track, la semi ballad Running Lost e l’irresistibile refrain di On Top Of The World.
Un buon debutto per il gruppo di Cleveland , se siete degli attempati rocker come il sottoscritto o giovanotti dai gusti vintage, On The High Side non vi deluderà.

TRACKLIST
1. Rat
2. Break The Storm
3. On The High Side
4. Who’s Chasing Me
5. Running Lost
6. Back To The Grind
7. Get Out
8. On Top Of The World
9. A Fool You’re Right

LINE-UP
Jason Vanek – vocals, guitar
Shaun Vanek – guitar, drums, bass
Steve Dukuslow – drums

VANDALLUS – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=GcC9aAlP4KM

FILTH IN MY GARAGE

I Filth In My Garage sono uno dei gruppi italiani di musica pesante e pensante che maggiormente stanno impressionando in questi ultimi tempi. Prima di travolgervi con il loro assalto sonoro durante l’Argonauta Fest che si terrà il 7 maggio 206 alle Officine Sonore a Vercelli, ecco qui una loro intervista:

iye Come è nato il gruppo?

I Filth In My Garage sono intanto 5 amici accomunati da una grande passione per la musica e per tutto ciò che ruota intorno ad essa.
Nascono nell’ormai lontano 2008, fondati da Matteo (chitarra), Stefano (voce) e Luca (ex batterista) così per gioco, poi le cose si sono evolute e nel 2010 sono entrati nella band anche Giacomo alla seconda chitarra e Simone al basso.

iye Quali sono le vostre influenze sonore?

Senza ombra di dubbio la band che più ci ha influenzato sono i Poison the Well, ma ti cito anche Cave In, Norma Jean, The Ocean e Hot Snakes.

iye Come siete approdati su Argonauta?

Ci siamo avvicinati ad Argonauta grazie ad una band che già faceva parte di questa realtà, ossia i Selva, band a nostro parere validissima nonché grandissimi amici.
Seguiamo Argonauta da moto tempo, sappiamo che lavorano come si deve perciò abbiamo deciso di provare questa strada.

iye Cosa vi aspettate dall’Argonauta Fest?

Un sacco di band fighe e una bella situazione dove poter conoscere gente e nuove band. Non vediamo l’ora di suonare in un contesto simile.

iye Progetti futuri?

Per intanto abbiamo il tour da portare avanti. Ci siamo presi una piccola pausa nel mese di Aprile dopo una dozzina di date nel giro di un mese e mezzo da dopo la presentazione del disco, riprenderemo con i live poi a Maggio fino praticamente alla fine di Giugno e parallelamente ci metteremo sicuramente a scrivere roba nuova.
Poi si vedrà, insomma …

filth

Abstracter / Dark Circles – Split

Uno split album che esibisce due maniere diverse ma ugualmente efficaci nel gestire le pulsioni più oscure, veicolandole splendidamente in forma musicale.

Particolare split album edito da un pool di etichette quello che vede a confronto due band che hanno apparentemente poco in comune, come i californiani Abstracter ed i canadesi Dark Circles.

Se i primi sono esponenti della frangia più estrema ed incompromissoria dello sludge doom, i secondi sparano il loro hardcore che, per atmosfere e ritmiche si avvicina spesso e volentieri al black metal: non parrebbe così scontato, in teoria, trovare un tratto comune a due entità simili, se non ci fosse ad unirle una visione negativa della realtà ed una rabbia che negli Abstracter si esprime con un sound claustrofobico e per lo più ripiegato su sé stesso, mentre nei Dark Circles esplode in una furia iconoclasta che non disdegna ugualmente qualche puntata melodica.
Anche se il numero dei brani premia i Dark Circles (quattro contro due) la durata complessiva della musica contenuta in questo split va a favore degli Abstracter che, con la loro coppia di lunghe tracce (Barathrum e Where All Pain Converges) ne occupano circa i due terzi della durata: normale, se pensiamo ad una band che deve costruire la propria proposta su tempi rallentati volti a costruire una spessa coltre di incomunicabilità fatta di dissonanze e riff distorti all’inverosimile; più essenziale, come da attitudine, il contributo dei canadesi, con due brani brevissimi ma dall’intensità spasmodica (Ashen e Void), uno più composito ma certo non meno oscuro e rabbioso (Isolate), al netto della sorprendente digressione ambient di Epilogue (Quietus) Op. 28.
Uno split album che esibisce due maniere diverse ma ugualmente efficaci nel gestire le pulsioni più oscure, veicolandole splendidamente in forma musicale.

Tracklist:
1.ABSTRACTER – Barathrum
2.ABSTRACTER – Where all pain converges
3.DARK CIRCLES – Ashen
4.DARK CIRCLES – Void
5.DARK CIRCLES – Isolate
6.DARK CIRCLES – Epilogue (Quietus) op. 28 no. 4

Line-up:
Abstracter
Robin Kahn
Mattia Alagna
Emad Dajani
Donovan Kelley

Dark Circles
Marc Tremblay
Chris Goldsmith
Jamie Thomas

ABSTRACTER – Facebook

DARK CIRCLES – Facebook

Monolith – Mountain

I Monolith fanno musica piacevole, con bei riferimenti ma anche con parti originali molto valide.

Secondo disco per questi tedeschi, devoti ai Black Sabbath e al doom rock di qualità.

Dopo una utile e breve gavetta i nostri danno alle stampe nel 2014 il loro primo sforzo sulla lunga distanza con titolo Dystopia che ha ricevuto un’ottima accoglienza e ha permesso loro di calcare diversi palchi. Nella primavera del 2015 Jann Worthmann entra nel gruppo in qualità di bassista, e ciò porta allo spostamento del notevole cantante Ralf Brummerloh dal basso alla chitarra. Con la formazione ormai stabile il gruppo comincia a scrivere Mountain che si discosta dal precedente in quanto ha derive maggiormente rock, pur mantenendo sempre un impianto doom. I Monolith fanno musica piacevole, con bei riferimenti ma anche con parti originali molto valide. I loro momenti migliori sono quando si perdono nelle jams, che non sono molte in questo dico ma rappresentano degli ottimi momenti. Band in continua crescita.

TRACKLIST
1. Mountain
2. Vultures
3. Standing Tall
4. High Horse
5. Moonshine Medication
6. Lies & Deceit
7. Tide
8. Blackbird

LINE-UP
Ralf Brummerloh – Vocals & Guitar
Ron Osenbrück – Guitar
Jann Worthmann – Bass & Backing Vocals
André Dittmann – Drums & Backing Vocals

MONOLITH – Facebook

Gallows Pole – Doors Of Perception

Una via di mezzo tra Tom Petty e l’heavy metal, così è scritto sulla presentazione dei Gallows Pole curata dalla Pure Rock , band austriaca che ha attraversato più di trent’anni di rock ai margini del giro che conta, licenziando otto album sulla lunga distanza, da In Rock We Trust del lontano 1982 a questo ottavo lavoro dal titolo Doors Of Perception.

La verità sta nel mezzo, il sound di cui si veste questo lavoro è un rock appena accentuato in qualche ritmica di chitarra, specialmente nell’opener Burn It Down, il brano più hard fra tutti quelli presenti, con un ottimo solo che effettivamente profuma di rock statunitense.
Attenzione però, il cantato sembra provenire da una band new wave ottantiana, accentuata dal controcanto profondo ma che si ispira non poco all’elettronica tedesca.
Dalla successiva Angel Eyes cambia non poco il mood del disco, dove l’acustica la fa da padrone con una serie di semiballad in cui la chitarra si approccia in modo molto timido e la voce non cambia di tono risultando monocorde e a mio parere colpevole di appiattire non poco i brani del disco.
Learn To Fly torna a donarci visioni di musica pop ottantiana, leggermente più dinamica per qualche arpeggio più grintoso.
Bring Me Through The Night ci regala qualche brivido metallico, un mid tempo dove la solista ricama una bella serie di solos, rovinata da un ritornello ripetuto e stancante.
Siamo arrivati al sesto brano, sono passati una ventina di minuti che sembrano ore, l’album non decolla e quando si vivacizza, quella sensazione di pop music rivestita di verve elettrica non dà scampo.
Il finale è lasciato alla title track , forse il brano che nei suoi nove minuti mostra un crescendo emotivo adeguato per risultare la song più riuscita dell’intero lavoro, un po’ poco per andare oltre una risicata sufficienza, tenendo conto che la band non è certo ai primi passi e la label è di quelle che difficilmente sbaglia un colpo.

TRACKLIST
1. Burn It Down
2. Angel Eyes
3. Learn To Fly
4. Watching The Sun Go Down
5. Bring Me Through The Night
6. Someday Soon
7. Your Own Demons
8. A Rainbow Just For Me
9. Doors Of Perception

LINE-UP
Alois Martin Binder – vocals, guitars, bass
Harald Prikasky – guitars
Andy Wagner – drums
Günther Steiner – keyboards
Harry “El” Fischer – guitars

GALLOWS POLE – Facebook

Brutus – Wandering Blind

Tutto funziona alla perfezione per un disco di hard blues rock che farà felice molta gente.

Terzo album per questo combo composto da due norvegesi e tre svedesi, nato per fare blues hard rock in stile anni sessanta/settanta senza compromessi.

Il revival di quell’epoca, specialmente in campo hard rock, è leggermente inflazionato negli ultimi anni, e onestamente non tutti i gruppi sono all’altezza del compito. I Brutus sono fra i migliori, se non il gruppo migliore del lotto, loro hanno davvero classe e riescono comporre canzoni bellissime ed analogiche nel dna. Il disco è stato registrato dal vivo in cinque giorni all’Engfelt & Forsgren Studios di Oslo da Christian Engflet, ottimo produttore già con Cato Salsa Experience e Big Bang. Christian ha ulteriormente arricchito il suono dei Brutus facendoli incidere il master su cassetta, con pre amplificatori d’epoca e con il suo sapiente tocco. Il risultato è un disco che trasuda passione, classe e perfetta comprensione di cosa fare. Wandering Blind è una prova maiuscola, con tutti i requisiti sia vintage che soprattutto di estrema godibilità. Non ci sono pezzi noiosi o momenti artefatti, tutto funziona alla perfezione per un disco di hard blues rock che farà felice molta gente.

TRACKLIST
1. Wandering Blind
2. Drowning
3. Axe Man
4. Whirlwind Of Madness
5. The Killer
6. Blind Village
7. Creepin
8. My Lonely Room
9. Living In A Daze

LINE-UP
Jokke Stenby
Johan Forsberg
Kim Molander
Knut-Ole Mathisen
Christian Hellqvist

In Cauda Venenum – In Cauda Venenum

Black metal, intimista e drammaticamente tragico, attraversato da attimi di lucida follia dark e reminiscenze post

Proposta che piacerà agli amanti delle atmosfere cangianti, oscure ed intimiste di quel genere ibrido che risulta il black metal atmosferico dai rimandi post.

Due tracce di ventuno minuti ciascuna che si immergono nella solitudine e decadenza di un’anima dannata, votata al male e per questo sofferente, lasciata a vagare tra i meandri della propria mente insana.
Alpha e Omega, tra la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, un viaggio nell’oscurità lungo millenni, una via crucis nella decadenza del genere umano, un’odissea di sofferenza e dolore.
Loro sono i francesi In Cauda Venenum e questa opera oscura è il loro debutto, licenziato lo scorso anno da Les Acteurs De L’ombre.
Il gruppo di Lione si è formato nel 2010, ma solo dopo cinque anni la loro musica trova finalmente il supporto ottico, così che questi due oscuri brani possano trovare una luce nell’oscurità del concept.
Black intimista e drammatico, attraversato da attimi di lucida follia dark e reminiscenze post metal, in un susseguirsi di cambi di ritmo e atmosfere che rimangono nere come la pece ma si alternano tra furiose accelerazioni metalliche e sofferte e drammatiche atmosfere noir.
La produzione non troppo sofisticata è colpevole di non dare allo screaming il giusto risalto, mentre il lavoro della sei corde (Vincent Laplaza) riesce ad uscire ugualmente in tutta la sua qualità.
E’ la chitarra l’assoluta protagonista dell’album, tagliente ed abrasiva nelle parti estreme, toccante e malinconica dove la musica lascia al tenue susseguirsi delle parti dal moderno e tragico mood dark prog, il compito di accompagnare l’anima verso la sua ineluttabile fine.
Omega è forse il brano più riuscito e nel quale gli In Cauda Venenum spingono l’ascolto verso un black metal atmosferico ma lasciato meno in balia degli enormi cambiamenti di umore della prima parte, risultando più compatto ed estremo.
In definitiva una proposta coraggiosa e che sicuramente va elaborata,: il genere proposto, molto emozionale, vive e si esprime solo tramite un songwriting maturo, e la band dimostra di essere sulla buona strada.

TRACKLIST
1.Alpha
2.Omega

LINE-UP
Liès – Bass
Goar – Drums
Vincent Laplaza – Guitars
Adrien – Vocals

IN CAUDA VENENUM – Facebook

Svarttjern – Dødsskirk

Un’opera gradevole e che non annoia, ma che non consentirà agli Svarttjern di emergere con decisione nello sterminato gruppone delle band dedite al black metal.

Quarto full length per i norvegesi Svarttjern, autori manco a dirlo di un black metal sicuramente dal buon impatto quanto del tutto aderente agli stilemi del genere.

La band di Oslo è attiva da oltre un decennio e l’esperienza dei musicisti coinvolti si coglie appieno, con una riproposizione del genere impeccabile che dà la misura di quanto i nostri conoscano e manipolino con disinvoltura la materia: se poi aggiungiamo che il vocalist HansFyrste ha prestato anche la sua voce ai più noti Ragnarok, gli ingredienti per proporre un piatto appetibile ci sarebbero tutti.
La portata risulta in effetti sufficientemente sapida, perché il black degli Svarttjern è molto diretto e relativamente catchy, sicché i brani scorrono via in maniera molto fluida senza però, ecco il problema, riuscire davvero a restare impressi e a rendersi in qualche modo indimenticabili.
Dødsskirk è il classico album che ti fa scapocciare che è un piacere, con le sue ritmiche indiavolate che, alla fine, finiscono inevitabilmente per rendere tutti brani piuttosto simili, e non c’è dubbio che i nostri dal vivo possano anche rivelarsi piuttosto coinvolgenti, resta il fatto che oltre all’invocazione (un po’ scontata a livello di intenti) All Hail Satan, alla più avvolgente Blessed Death e alla trascinante Stars And Death, ciò che resta alla fine dell’ascolto è solo la certezza, quantomeno, di non avere sprecato il proprio tempo dedicandolo ad un’opera tediosa o pretenziosa.
Non è poco, certo, ma neppure abbastanza per consentire agli Svarttjern di emergere con decisione nello sterminato gruppone delle band dedite al black metal.

Tracklist:
1. Intro
2. All Hail Satan
3. Admiring Death
4. Blessed Flesh
5. Det river i meg
6. Whispers and Prayers
7. Stars and Death
8. Dødsskrik
9. Hengivelse til døden
10. Acid Dreams

Line-up:
HansFyrste – Vocals
HaaN – Guitars (lead)
Fjellnord – Guitars (rhythm)
Malphas – Bass
Grimmdun – Drums

SVARTTJERN – Facebook

Witches Of Doom – Deadlights

Ritorno coi fiocchi per le streghe capitoline, Deadlights continua a mantenere il gruppo sul podio delle migliori realtà del genere uscite dal nostro underground negli ultimi anni: un’opera ed una band da amare senza riserve.

A distanza di un paio d’anni tornano i Witches Of Doom, eccellente band nostrana che tanto aveva impressionato con il primo lavoro, quell’Obey che raccoglieva tra i propri solchi quarant’anni di musica oscura, partendo dall’hard rock settantiano dei Black Sabbath, passando per il dark ottantiano e finendo nel doom/stoner di fine millennio.

Un album che finì nella mia playlist di fine anno e non poteva essere altrimenti, vista l’alta qualità del songwriting e le influenze del gruppo che, come spiriti, passavano tra i solchi delle canzoni, senza mettere in secondo piano una personalità debordante, confermata in questo Deadlights, licenziato dalla label americana Sliptrick Records e pronto a conquistare le anime oscure che vagano nel mondo dell’underground metal/rock.
Ancora una volta a prenderci per mano ed accompagnarci nel nuovo sabba delle streghe romane è il singer Danilo Piludu, senza esagerare uno dei migliori cantanti in circolazione nel genere, eclettico, passionale e dotato di una forza interpretativa devastante, un’ugola dark che nelle sue corde vocali racchiude quel tanto che basta di Danzig, Jyrki69, Andrew Eldritch, conferendogli un mood settantiano che rende la sua voce tremendamente efficace ed ipnotica.
I suoi compari non mancano di costruire una cattedrale musicale gotica che si erge nella notte buia e che appare come d’incanto tra la nebbia, con questa volta e specialmente nella prima parte del disco una componente elettronica più accentuata.
Difficile parlare di un lavoro che non lascia un punto di riferimento, alternando con sagacia atmosfere new wave e dark, a molte parti gothic rock, pur avendo sempre presente la componente stoner, che rende le songs ossianiche e liturgiche, litanie oscure destabilizzanti, incantesimi a base di musica rock nera come la pece.
Dopo il bellissimo debutto non era così facile ripetersi, ma già dall’opener e singolo Lizard Tongue si intuisce che la qualità mostrata in passato è rimasta inalterata, ed il brano esplode tra elettronica, stoner con un Piludu sontuoso, in versione Glenn Danzig.
Gli accordi orientaleggianti che compaiono in Run With The Wolf, fanno da preludio ad una delle molte top songs del lavoro: il basso pulsa come i battiti di un cuore nero, spettrale e lasciva ma non pregna di esplosioni elettriche devastanti, Deface risulta un brano capolavoro così come la metallica Homeless, granitica ed emozionale, geniale nel proporre accordi dal sapore western (Fields Of The Nephilim) su una devastante base elettro/stoner.
Si continua a viaggiare sulle ali dei corvi posati sui campanili della famigerata cattedrale e sul piccolo cimitero gotico antistante, mentre Black Voodoo Girl, la superba Mater Mortis ( brano strumentale dove il doom metal incontra lampi e scariche elettroniche per tre minuti circa di geniale musica oscura) e Gospel Of War ci invitano al finale doorsiano con I Don’t Want To Be A Star, brano che chiude l’album con magnifiche atmosfere settantiane deviate da sfumature dark psichedeliche e conferma la totale genialità di questa fantastica band nostrana.
Ritorno coi fiocchi per le streghe capitoline, Deadlights continua a mantenere il gruppo sul podio delle migliori realtà del genere uscite dal nostro underground negli ultimi anni: un’opera ed una band da amare senza riserve.

TRACKLIST
01. Lizard Tongue
02. Run With The Wolf
03. Deface (The Things That Made Me A Man)
04. Winter Coming
05. Homeless
06. Black Voodoo Girl
07. Mater Mortis
08. Gospel For War
09. I Don’t Want To Be A Star

LINE-UP
Federico “Fed” Venditti – guitar
Jacopo Cartelli – Bass
Danilo “Groova” Piludu – Vox
Andrea “Budi” Budicin – Drums
Graziano “Eric”Corrado-keyboard

WITCHES OF DOOM – Facebook

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