Morphinist – Terraforming

Questi trentacinque minuti intensi ed convincenti mettono il nome Morphinist tra quelli da cerchiare con circoletto rosso, nel novero di coloro che si muovono nello stesso ambito musicale.

Abituati ad esaminare dischi pubblicati da band o musicisti che fanno trascorrere anni tra un’uscita e l’altra, fa sempre un certo effetto trovarsi al cospetto di un tipo come il tedesco Argwohn, che con il suo progetto solista Morphinist, ha già prodotto 10 full length a partire dal 2013 (!), senza contare le restanti band in cui, da solo o in compagnia, è attualmente coinvolto

Difficile, quindi, immaginare il nostro alle prese quotidianamente con qualcosa che non sia uno strumento musicale, anche se dobbiamo ammettere che una tale prolificità di solito fa pensare a una possibile dispersione di energie a discapito della qualità complessiva.
Proprio a causa di questo pregiudizio e non conoscendo il pregresso dei Morphinist, (anche perché ci vorrebbe qualche settimana per ascoltare tutto il materiale partorito …) devo dire che sono rimasto davvero sorpreso da un lavoro come Terraforming, il nono della serie (infatti, il mese scorso, lo stakanovista di Amburgo ha già dato alle stampe il successivo Giants …) che non lascia nulla per strada in quanto ad intensità e focalizzazione a livello compositivo.
Quello che viene proprosto nell’album in questione è il cosiddetto post black, ovvero una versione molto atmosferica e dalle ampie derive ambient doom del genere nato in Norvegia nei primi ’90, con il quale di fatto i legami sono rinvenibili a livello vocale e per le accelerazioni ritmiche in blast beat ; sia a livello grafico che di sonorità appare evidente un’ispirazione di matrice cosmica, che nelle parti rallentate può avvicinarsi persino ai Monolithe (questo avviene soprattutto in Terraforming I), e tutto ciò rende oltremodo intrigante l’operato di Argwohn, il quale dimostra lungo tutto il disco di possedere anche un notevole gusto melodico.
Terraforming è, infatti, un lavoro che, scremato dei suoi momenti più ruvidi, si lascia ascoltare con un certo agio, contraddistinto da passaggi liquidi e di pregevole esecuzione (splendido per esempio l’incipit della terza parte); questi trentacinque minuti intensi ed convincenti mettono il nome Morphinist tra quelli da cerchiare con circoletto rosso, nel novero di coloro che si muovono nello stesso ambito musicale.
A questo punto sono curioso di ascoltare che cosa Argwohn abbia escogitato in occasione di Giants che, al contrario di Terraforming, non pare godere dello stesso dono della sintesi, visto che consta di ben quattro brani di circa venti minuti ciascuno.
Vi faremo sapere …

Tracklist:
1. Terraforming I
2. Terraforming II
3. Terraforming III

Line-up:
Argwohn – Everything

MORPHINIST – Facebook

Vemod – Venter På Stormene

Venter På Stormene è un album assolutamente da riscoprire in attesa che i Vemod si riaffaccino sul mercato, questa volta però con alle spalle un etichetta in grado valorizzarne al massimo il notevole potenziale.

Sempre alla costante ricerca di musica capace di colpire ed emozionare, la Prophecy attira nel proprio variegato e qualitativo roster i norvegesi Vemod e ne ripropone in un nuovo formato il full length d’esordio Venter På Stormene.

Il duo formato da Jan Even Åsli e Eskil Blix (divenuto nel frattempo un terzetto con l’ingresso del bassista Espen Kalstad) ha mosso i primi passi nel 2004 (quando uscì il demo Kringom fjell og skog) ma è rimasto silente per diverso tempo finché, nel 2011, uno split album con i tedeschi Klage ed un nuovo demo (Vinterilden) hanno preparato il terreno all’uscita di Venter På Stormene l’anno successivo.
Un album, questo, che all’epoca passò inosservato ai più, anche se ben accolto da chi ebbe occasione di parlarne, schiacciato tra la miriade di uscite ed l’incasellamento della band nel calderone black metal, scelta per certi versi obbligata ma per altri piuttosto fuorviante.
Se di black si tratta senza ombra di dubbio, infatti, quello dei Vemod è contraddistinto da caratteri molto eterei ed atmosferici e con una non trascurabile componente ambient e, per di più, racchiude ed amalgama efficacemente diverse fonti di ispirazione, che comprendono ovviamente la matrice di base norvegese, con rimandi alla scuola tedesca ed anche qualche accenno cascadiano proveniente da oltreoceano.
La title track e la successiva Ikledd Evighetens Kappe sono due ottimi brani, contigui nel loro sviluppo, atmosferici ed evocativi ma senza contraddistinti da una gelida asprezza di fondo, mentre Altets Temple è una lunga traccia ambient e Å Stige Blant Stjerner, posta in chiusura, si rivela una magnifica progressione strumentale.
Venter På Stormene (in attesa della tempesta) è un album assolutamente da riscoprire in attesa che i Vemod si riaffaccino sul mercato, questa volta però con alle spalle un etichetta in grado valorizzarne al massimo il notevole potenziale.

Tracklist:
1.Venter på stormene
2.Ikledd evighetens kappe
3.Altets tempel
4.Å stige blant stjerner

Line-up:
E. Blix – Drums, Vocals
J.E. Åsli – Guitars, Bass, Compositions, Lyrics

VEMOD – Facebook

Shataan – Weigh of the Wolf

Il gruppo americano fa largo uso di flauti e strumenti tradizionali americani, creando un atmosfera ed un pathos davvero particolari ed unici.

I Shataan sono un gruppo americano appartenente al misterioso ed interessante collettivo americano di gruppi black metal Black Twilight Circle.

Per gli Shataan il black metal è un punto di partenza per trovare una natura personale e non, molto più profonda rispetto a quella visibile. Partendo dal nero metallo, ed usandolo come linguaggio i nostri ci guidano attraverso la storia ed il corpus mitologico dell’area mesoamericana, ovvero America Centrale, una civiltà molto evoluta, che ovviamente la civiltà europea ha cancellato. Gli Shataan cantano e narrano di cuori ed anime appartenuti al passato che però sono rimasti in noi, dentro ed anche fuori. Il gruppo americano fa largo uso di flauti e strumenti tradizionali americani, creando un atmosfera ed un pathos davvero particolari ed unici. Come album di debutto supera di molto le già grandi aspettative create dal demo War Cry Lament del 2011. Si narra di altre civiltà anche per scappare dalla nostra, essendo effettivamente troppo brutta, e forse anche il morire in battaglia difendendo il proprio popolo è meglio che morire ogni giorno in ufficio. Gli Shataan fanno un tipo di black metal al quale è proprio difficile dare etichette, ascoltandoli potrete farvi un’ idea vostra, cosa molto più auspicabile. Io vi posso solo dire che questo disco è davvero particolare, molto originale, con alla basse molte grandi idee. L’appartenenza al particolare Black Twilight Circle , ovvero quasi tutti i gruppi che gravitano intorno alla Crepuscolo Negro Records, è figlia di un ideale diverso di musica e di cultura metallica. I gruppi che appartengono al Black Twilight si conoscono tutti e spesso si scambiano i componenti, per poter dare una poetica ben precisa alla loro musica. Gli scopi del collettivo sono molti, collettivo che ricorda quello francese delle Legions Noires, quello principale è di dare una diversa connotazione storica e di immaginario al black metal, e questo disco degli Shataan ne è la testimonianza. Approfondite la visione del Black Twilight Circle partendo da questo disco, perché è un collettivo davvero interessante ed in continua mutazione.

TRACKLIST
1 Scorn at Heart
2 Leave Behind
3 Release
4 Chamber
5 Stand Apart
6 Eulogy
7 Inst. in E minor
8 Night comes Along

SHATAAN – Facebook

https://soundcloud.com/blacktwilight/shataan-06-eulogy

Black Cult – Cathedral of the Black Cult

Satanismo schietto e sincero, brado e allo stato puro, senza troppi fronzoli evocativi

Un full length firmato col sangue dal duo croato, composto da undici tracce, tecnicamente perfette.

Dai tempi dei Rotting Christ, l’Europa ha riscattato nell’area mediterranea la scena black e death, in risposta alla matrice scandinava. Le prime tracce danno solamente l’idea vaga di quanto ci aspetta per un’ora. Godibile, tuttavia, e di facile ascolto, la sequenza dei brani crea un’amalgama sonora che fa da collante tra un brano e l’altro. Insanus (Czaar) e Morbid (Gorthaur’s Wrath) danno vita a questo progetto nel 2013 con un demo ed oggi si apprestano a perfezionarsi con l’aggiunta di nuovi membri alla line up. Mayhem, Emperor e Satyricon fanno da padrini in qualità alle scelte stilistiche della realizzazione, resa peculiare dai riff e dagli assoli mai banali, e dai contrasti tra voce pulita e growling intimidatori. L’uscita della clip di The Witches Dance conferma nel tutto la loro posizione: satanismo schietto e sincero, brado e allo stato puro, senza troppi fronzoli evocativi. Siamo nei meandri infernali di un dogma che non ha ancora fine, prendendo per buono che a lungo andare diventerà una propaganda fatta a suon di musica.
Dieci tracce da urlo che danno filo spinato e nodi da torcere con momenti prog alternati a puro raw e a passaggi melodici. Kingdom of the Worm fa felici tutti i fans dei Motorhead a scapito di una versione ancora più inscatolata e affilata dal taglio grim. La Croazia, insomma, come ci piace immaginarla: una miniera ancora florida che fa da contraltare alla Norvegia.

TRACKLIST
1 Black Cathedral
2 Worship the Beast
3 Dark Matter
4 Untill the Devil takes Us
5 The Witches Dance
6 Hyerophant
7 Undeath
8 Gaze the insanity
9 Ego te Absolvo
10 Kingdom of the Worm

LINE-UP
Morbid – voce,
Insanus – batteria,
The Fallen – chitarra solo,
Azaghal – chitarra ritmica,
Lesovik – basso

BLACK CULT – Facebook

Coscradh‏ – Demo MMXVI

Coscradh sono un gruppo non comune, che esibisce una forza ed una potenza non comuni, riuscendo a districarsi fra vari generi, ma soprattutto in quattro canzoni rendono più che altri gruppi in un disco intero

Demo di debutto per questo gruppo irlandese che si chiama Coscradh, parola che in gaelico significa massacro.

Introduzione linguistica più che mai appropriata, ascoltando il disco si ha la netta percezione sonora di un massacro. Il death metal con intarsi di black dei Coscradh è un’aggressione che non lascia scampo, con uno stile vicino a molte cose irlandesi, perché sull’isola di smeraldo hanno un death metal che differisce dagli altri, per un respiro sempre vicino al folk, nel senso di composizione più che di genere sonoro. Le canzoni dei Coscradh sono infatti di ampio respiro, senza essere progressive sono costruite con nera magniloquenza, sfiorando a volte il doom. La voce sembra provenire da una dimensione fatta di dannazione e polvere di giganteschi ragni, mentre gli strumenti diventano ossa schiacciate. I Coscradh sono un gruppo non comune, che esibisce una forza ed una potenza non comuni, riuscendo a districarsi fra vari generi, ma soprattutto in quattro canzoni rendono più che altri gruppi in un disco intero, non perdendo mai la tensione. Un gran disco per un’etichetta che non ha sbagliato un colpo fino ad ora.

TRACKLIST
1. Buried
2. Lynch
3. Drowned
4 Coscartac

COSCRADH – Facebook

Denouncement Pyre – Black Sun Unbound

I tre anni passati a sperimentare, sempre tenendo ben presente la loro cifra stilistica, hanno fruttato molto portando ad un lavoro valido ed interessante che mantiene gli australiani al centro della scena black e death internazionale.

Dall’Australia torna dopo tre anni il quartetto dei Denouncement Pyre, un gruppo che nei suoi tredici anni di carriera ha lasciato molti amplificatori rotti.

Il loro black metal ha subito una maturazione portata dalla curiosità e dalla bravura del gruppo, che prova sempre a fare qualcosa di nuovo, senza arenarsi in una baia sicura e senza vento. I tre anni che hanno seguito la pubblicazione dell’acclamato Almighty Arcanum sono serviti per dipanare la matassa compositiva, per creare una nuova soluzione che potesse far compiere un ulteriore passo in avanti al gruppo. L’obiettivo viene raggiunto in pieno da questi australiani, che fanno un disco di black metal non comune e molto bello. Il loro no né un black metal ortodosso ma è un pericoloso ed affascinante viaggio in bilico fra death e black, fra tradizione ed innovazione, con continue sorprese in ogni canzone, piccole composizione che racchiudono diversi mondi al loro interno.
Il risultato è una tensione sempre molto alta, con picchi di intensità davvero notevoli, e che faranno al gioia degli appassionati del nero metallo. I tre anni passati a sperimentare, sempre tenendo ben presente la loro cifra stilistica, hanno fruttato molto portando ad un lavoro valido ed interessante che mantiene gli australiani al centro della scena black e death internazionale.

TRACKLIST
01 Abnegate
02 Deathless Dreaming
03 Wounds of Golgotha
04 World Encircler
05 Scars Adorn the Whore in Red
06 Black Sun Unbound
07 Revere the Pyre
08 Witness
09 Transform the Aether
10 Sophrosune

DENOUNCEMENT PYRE – Facebook

Nerodia – Vanity Unfair

Il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di grandi intuizioni melodiche.

Tornano come una tromba d’aria che, vorticando, finisce il lavoro di distruzione sulle macerie lasciate al primo fatale passaggio, lasciando solo il caos prodotto dalla sua inesauribile furia.

Loro sono i Nerodia, quartetto romano che rilascia questo devastante secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo il primo full length Heretic Manifesto e Prelude To Misery, ep uscito tre anni fa e che avevamo già elogiato su queste pagine.
Vanity Unfair è stato affidato per il mix ed il mastering a Stefano Morabito in quel dei 16th Cellar Studio e vede come ospite Massimiliano Pagliuso dei Novembre, alle prese con un solo nella belligerante ed oltremodo scandinava The Black Line.
I nostri quattro thrash/blacksters, senza farci respirare, ci immergono nel loro mare di note estreme sempre in bilico tra il black metal scandinavo ed il thrash old school di matrice tedesca.
E’ un mare nero, dove vivono entità che nell’ombra, voraci, che attaccano senza pietà pregne di umori black’n roll ed insana attitudine evil con questo nuovo lavoro, ancora una volta valorizzato dalla tecnica sopraffina dei musicisti, tra cui spicca l’enorme piovra famelica che di nome fa David Folchitto.
I riff si susseguono, veloci e taglienti come zanne di squali tigre convincendo ancora una volta sulla perizia dei due axeman (Giulio Serpico Marini, Marco Montagna), mentre il basso di Ivan Contini segue lo tsunami di colpi inferti dal suo collega ritmico.
Brani che non scendono sotto l’atmosfera di esaltazione che dalle prime note della title track cala sull’ascoltatore, stordito dal mix letale di Darkthrone, Dissection, Kreator ed impulsi motorheadiani che brani come Pussywitch 666, Anti-Human Propaganda, Chains of Misery e No Crown For The Dead non fanno che confermare.
Siamo a livelli molto alti, la band romana non ha punti deboli, ed il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di intuizioni melodiche sopra le righe. Un acquisto obbligato.

TRACKLIST
01 Necromorphine Awakening
02 Vanity Unfair
03 The Black Line
04 Souldead
05 Pussywitch 666
06 No Crown for the Dead
07 Anti-Human Propaganda
08 Chains of Misery
09 Celebration of the Weak
10 Usque Ad Finem
11 Channeling the Dark Sound of Cosmos

LINE-UP
Giulio Serpico Marini – Vocals, Guitars
Marco Montagna – Guitars, B.Vocals
Ivan Contini – Bass
David Folchitto – Drums

NERODIA – Facebook

Aeternus Prophet – Exclusion of Non-Dominated Material

Un viaggio nell’assoluta e misantropica repulsione per l’umanità che il trio riversa in dieci inni al male

I tre sacerdoti ucraini tornano a seminare odio con il secondo full length, Exclusion of Non-Dominated Material.

Gli Aeternus Prophet sono attivi dal 2010 e la loro discografia si completa con una coppia di demo ed il primo lavoro sulla lunga distanza dal titolo Безжальність, uscito quattro anni fa.
Death metal old school, infestato di malefici virus raw black metal ed atmosferici passaggi doom, per una proposta che non manca di fascino evil.
In generale il mood dell’album mantiene una componente diabolicamente oscura, il metal estremo scarno e violento del gruppo si nutre di puro odio, così da farne un lavoro di monolitico metal estremo decadente e senza compromessi.
Un viaggio nell’assoluta e misantropica repulsione per l’umanità che il trio riversa in dieci inni al male, che potrebbero trovare estimatori sia nelle frange del death metal che in chi si nutre di pure fucking black.
Veritas (chitarra e voce), Oberon (chitarra) e Dessident (batteria) non mancano di guardare ai maestri delle sonorità oscure, soprattutto provenienti dall’est, il loro sound tramortisce, ed imperterrito marcia verso il regno dell’oscurità senza troppi fronzoli ne cambi di atmosfere che perdurano dall’opener Removed Eyes, fino alla conclusiva A Look into Eternity, passando per le devastanti Sick Vision e Uncaused Defacement.
Belphegor e Behemoth sono le ispirazioni maggiori del loro black/death metal, niente di nuovo, ma assolutamente maligno e luciferino, tanto da farne un lavoro perfetto per le anime più oscure che si aggirano nell’ombra del variegato mondo del metal estremo underground.

TRACKLIST
1. Removed Eyes
2. Total Dominance
3. Diapause of Thought Processes
4. Sick Vision
5. Exclusion of Non-Dominated Material
6. Uncaused Defacement
7. Fate Will Expect Your Death…
8. Obliged to Live
9. Wipe Off the Mark
10. A Look into Eternity

LINE-UP
Veritas – guitar, vocal
Oberon – guitar
Dessident – drums

AETERNUS PROPHET – Facebook

Der Rote Milan – Aus Der Asche

Grazie anche alla produzione pressoché perfetta questo disco è davvero una bella sorpresa.

Debutto per questo gruppo tedesco di black metal potente ed intenso, che raccoglie ciò che di meglio offre il genere.

Provenienti dalla regione del Reno – Palatinato, i Der Rote Milan firmano un ottimo disco di black metal che guarda sia indietro che davanti. Su di loro aleggia un sintomatico mistero, dato che non si sa granché, se non che sono stati fondati nel 2015, e che dopo un demo hanno pubblicato questo disco, che è un potente concentrato di metallo nero. Lo stile è sicuramente vicino a Dark Funeral e Satyricon , anche se la maggior parte delle cose sono opera dei Der Rote Milan. Grazie anche alla produzione pressoché perfetta questo disco è davvero una bella sorpresa. Si alternano momenti veloci e saturi di potenza con impressioni melodiche notevoli, anche se maggioritaria è sempre la componente diabolica, luce tenebrosa ispiratrice di questo gruppo. La singolarità di questo gruppo è una notevole graniticità, un avanzare compatti offrendo corpi mutilati e terra sconsacrata ovunque passino. Il disco conferma lo stato di grazia del black metal tedesco, che insieme a quello portoghese da cui è molto differente, sta offrendo prove eccellenti. Aus Der Asche è un debutto fuori dal comune, strutturato molto bene e davvero potente. Sembra fin strano che un disco così sia stato autoprodotto e pubblicato dallo stesso gruppo, poiché qui il livello è davvero alto. Una grande strage per cominciare non fa mai male.

TRACKLIST
01. Der Aufstieg
02. Nebel Und Regen
03. Das Ende Des Tempels
04. Sühne Und Schmerz
05. Seelenasche
06. Blutleere Stille
07. Ewige Dunkelheit
08. Der Abgrund

LINE-UP
I – Guitars
II – Guitars
III – Vocals
IV – Drums
V – Bass

DER ROTE MILAN – Facebook

DunkelNacht – Ritualz Of The Occult

Ritualz Of The Occult conferma in pieno quanto scritto due anni fa al riguardo dei DunkelNacht, con la speranza che, comunque, questa breve opera non resti fine a sé stessa ma costituisca piuttosto l’antipasto ad un prossimo album su lunga distanza.

I francesi DunkelNacht, in poco più di un decennio d’attività, si sono segnalati per una produzione piuttosto ricca di uscite (anche se i full-length pubblicati sono solo due) e, soprattutto, per una certa irrequietezza stilistica che sembra essere marchiata a fuoco nel dna delle band transalpine dedite a forme musicali prossime al black metal.

Avevamo già parlato di questo combo di Lille in occasione del loro precedente album, Revelatio, che aveva convinto proprio per una versatilità di fondo che non sconfinava in una resa frammentaria od eccessivamente cervellotica.
La dote principale dei DunkelNacht che emergeva in tale frangente era, in effetti, quella di tenere sempre ben presente quanto la melodia abbia un suo peso anche in una proposta dai tratti estremi, e non fa difetto in tal senso neppure questo breve Ep con il quale i nostri, in meno di venti minuti, ci investono con il consueto approccio caleidoscopico.
Rispetto a Revelatio sembrerebbe che la barra si sia spostata verso un black death che non rinuncia comunque a stupire con qualche colpo ad effetto, come l’incedere catchy dell’intro Unchained o l’approccio tra il teatrale ed il grottesco della conclusiva God to Gold (Gold to God).
La title track è una notevole mazzata nella quale il nuovo vocalist, l’olandese M.C. Abagor, si esprime in maniera convincente sia con il growl che con lo scream, e non da meno è la successiva Pretty Lovesick Funeral, nella quale si fanno apprezzare diversi passaggi rallentati, mentre il delicato arpeggio che inaugura Emblem of a Diluted Deism si rivela quanto mai ingannatorio, vista la piega che prenderà un brano per lo più spigoloso e squadrato, ma capace ugualmente di aprirsi in maniera imprevedibilmente ariosa nella sua parte finale.
Un tratto comune e determinante per la riuscita dell’Ep è, comunque, l’ottimo lavoro alla chitarra solista del leader Heimdall, il quale infarcisce i diversi brani di assoli di ottimo gusto e, soprattutto, mai banali.
Ritualz Of The Occult conferma in pieno quanto scritto due anni fa al riguardo dei DunkelNacht, con la speranza che, comunque, questa breve opera non resti fine a sé stessa ma costituisca piuttosto l’antipasto ad un prossimo album su lunga distanza.

Tracklist:
1. Unchained
2. Ritualz of the Occult
3. Pretty Lovesick Funeral
4. Emblem of a Diluted Deism
5. God to Gold (Gold to God)

Line-up:
Heimdall – Guitars (lead), Programmings
Alkhemohr – Bass, Vocals (backing)
Max Goemaere – Drums
M.C. Abagor – Vocals (lead)

DUNKELNACHT – Facebook

Acheronte – Ancient Furies

In ossequio al titolo, molta furia che meriterebbe d’essere un po’ meglio canalizzata visto che, quando rallentano leggermente il passo, gli Acheronte mostrano un volto migliore rispetto a quando si esibiscono in sfuriate parossistiche.

Dopo una serie di uscite dal minutaggio, ridotto i blacksters marchigiani Acheronte arrivano al full length d’esordio.

Il monicker scelto e le tematiche connesse al lavoro , che vede ciascun brano dedicato a storici e sanguinari condottieri quali, tra gli altri, Alessandro Magno, Vlad Tepes ed Attila, istintivamente farebbero pensare ad una band dedita al lato più epico del genere.
In realtà tale aspetto nel black degli Acheronte è presente in maniera piuttosto sfumata, a favore di un approccio canonico ma privo di elementi peculiari, mettendo in luce più l’attitudine e la convinzione con cui la materia viene trattata che non la presenza di spunti capaci di rendere appetibile il lavoro rispetto ad un’affollata concorrenza.
Ancient Furies mette in mostra un’interpretazione onesta e sincera, devota in tutto e per tutto ai dettami primordiali del genere ma, a tratti, piuttosto ripetitiva e, a mio avviso, a forte rischio di accantonamento a meno che, chi si avvicina all’ascolto, non sia un accanito sostenitore a prescindere di tutto il black metal prodotto sul suolo nazionale.
In ossequio al titolo, quindi, molta furia che meriterebbe d’essere un po’ meglio canalizzata visto che, quando rallentano leggermente il passo, gli Acheronte mostrano un volto migliore rispetto a quando si esibiscono in sfuriate parossistiche poco valorizzate, peraltro, da una resa sonora un po’ caotica.
Ne consegue che, alla prima prova su lunga distanza, gli Acheronte si guadagnano senz’altro la sufficienza ma, oltre ad auspicarne l’ approdo ad una maggiore varietà compositiva, mi piacerebbe che in futuro privilegiassero di più quelle parvenze melodiche capaci di rendere, per esempio, Destroyer for the Glory (Alexander the Great), un brano di buona levatura ed un’ottima base da cui ripartire.

Tracklist:
1. Addicted to War (Assurnasirpal II)
2. Destroyer for the Glory (Alexander the Great)
3. Ancient Persecutor of Christianity (Diocletian)
4. Flagellum Dei (Atilla)
5. The Lame One (Timur Barlas)
6. The Lord Impaler (Vlad III)
7. Bloods for the Gods (Ahuitzotl)

Line-up:
Phobos – Guitars, Vocals (backinng)
Lord Baal – Vocals
A. T. La Morte – Bass
Bestia – Drums

ACHERONTE – Facebook

Deviser – Unspeakable Cults

L’attiva etichetta greca Sleaszy Rider ci offre questa riedizione, a vent’anni dalla sua uscita, del miglior album inciso dai connazionali Deviser.

L’attiva etichetta greca Sleaszy Rider ci offre questa riedizione, a vent’anni dalla sua uscita, del miglior album inciso dai connazionali Deviser, quell’Unspeakable Cults che, all’epoca, andò a collocare la band di origine cretese sulla scia dei migliori act dediti al symphonic black metal.

Correva quindi il 1996, anno in cui le due band che hanno portato ai livelli più alti questo sottogenere, Dimmu Borgir e Cradle Of Filth, uscivano rispettivamente con due pietre miliari quali Stormblåst e Dusk And Her Embrace; va detto, a scanso di equivoci, che lo stile dei Deviser, anche in virtù della loro contemporaneità, non si rifaceva in maniera smaccata a quei lavori, mostrando una vena più gothic e mediterranea ed un afflato melodico superiore a chi, come Rotting Christ (con Triarchy of The Lost Lovers) e Varathron (reduci da Walpurgisnacht), a quei tempi teneva alto il vessillo della fiamma nera nella penisola ellenica, con album dalle sonorità più estreme
Riascoltato oggi, Unspeakable Cults mostra, in tutto e per tutto, le sue sembianze di album novantiano, il che non sminuisce affatto il fascino di una serie di tracce di ottimo livello, che fanno intuire quale fosse il potenziale di una band che però, in seguito, non è più stata in grado di esprimersi agli stessi livelli, se non in parte con il successivo Transmission to Chaos; una traccia come The Rape Of Holiness porta a scuola gran parte dei gruppi che attualmente si cimentano con il black sinfonico, e lo stesso si può dire della bonus track Forbidden Knowledge, sicuramente un elemento che va ad arricchire ulteriormente questa edizione rispetto all’originale.
Lo screaming di Matt Hnaras non è eccezionale ma rimane comunque nella norma, mentre Nick Christogiannis si fa sentire non solo con un tastierismo elegante e non troppo invadente, ma anche con un basso pulsante che, per una volta, non viene fagocitato dal muro sonoro creato dalle chitarre.
Unspeakable Cults è un album che risente inevitabilmente dalla sua anzianità di servizio ma, nel contempo, si rivela uno spaccato ben più che interessante di quelle sonorità che, alla fine del secolo scorso, consentirono al black metal di aprirsi (non senza aver provocato diatribe in merito) ad un audience più ampia; nel frattempo i Deviser sono sempre rimasti attivi, sebbene con una produzione piuttosto diradata (il loro ultimo full-length risale al 2011): vedremo se questa riedizione del loro disco più riuscito fornirà un impulso decisivo per produrre ancora del nuovo materiale di pari livello.

Tracklist:
1. Stand & Deliver
2. Darkness Incarnate
3. Threnody
4. When Nightmares Begin
5. The Rape Of Holiness
6. Ritual Orgy (instrumental)
7. Dangers Of A Real & Concrete Nature
8. The Fire Burning Bright
9. In The Horror Field
10. Forbidden Knowledge (bonus track)
11. Afterkill (outro)

Line-up:
Matt Hnaras – Vocals/Guitars
Nick Christogiannis – Bass/synths
George Triantafillakis – Lead Guitars
Nikos Samakouris – Drums

DEVISER – Facebook

Fyrnask – Fórn

Semplicemente, una delle migliori uscite in ambito black metal ascoltate in questi ultimi anni.

Cominciamo dalla fine: quando le note del gioiello strumentale Havets Kjele sfumano, al termine dell’ennesimo ascolto di Fórn, terzo full-length della one man ban tedesca Fyrnask, posso affermare in tutta tranquillità che, se black metal si deve suonare, questa è la forma in grado di mettere a tacere per sempre critici e scettici per partito preso nei confronti del genere.

In poco più di cinquanta minuti, il buon Fyrn (il quale, in ossequio al verbo black, utilizza nei suoi lavori l’idioma norvegese) mette in mostra tutte le sfaccettature di un movimento musicale che, se per forza di cose ha perso con il tempo la sua carica eversiva, è comunque ben lungi dall’aver esaurito la sua funzione di mezzo espressivo per eccellenza di un sentire pagano, oscuro e introspettivo.
Dopo l’ambient di Forbænir, un brano come Draugr si erge prepotentemente a manifesto della vis compositiva del musicista di Bonn: nel suo interno troviamo l’impulso originario del genere con i suoi natali scandinavi (Emperor), la sperimentazione dai tratti apocalittici che rimanda alla vivace scena francese (Blut Aus Nord) e, ovviamente, la solennità e l’algido rigore della scuola tedesca (Lunar Aurora).
Fórn ha persino il pregio di godere di una buona produzione, capace di esaltare le parti atmosferiche e di scongiurare esiti caotici allorché le tracce vengono lasciate scorrere con il consueto parossismo; a fare la differenza, in effetti, è anche una certa cura de particolari che rende l’ascolto ricco, imprevedibile e sicuramente non banale.
Il crescendo di Agnis Offer, la furia piroclastica di Blótan, lo smarrimento provocato da Kenoma, sono solo alcuni dei numerosi picchi di un disco di rara qualità, che richiede la dovuta predisposizione ad un ascolto attivo e che, senza offesa per nessuno, è lontano anni luce dall’operato di gran parte delle one man band, spesso autrici di opere valide ma, nel contempo, approssimative per esecuzione e produzione.
Impreziosito dal magnifico artwork curato dal grafico irlandese Glyn Smyth, Fórn è, come detto, una delle migliori uscite in ambito black metal ascoltate in questi ultimi anni; questa stessa etichetta, del resto, rischia d’essere riduttiva per un lavoro che esprime con rara efficacia un senso di spiritualità rinvenibile, volendo cercare un paragone calzante con qualche band del passato, soprattutto nei Negură Bunget pre-split, al netto di una componente folk molto meno preponderante: spero che un simile riferimento possa bastare ed avanzare per rendere appetibile l’ascolto di questo splendido album.

Tracklist:
1.Forbænir
2.Draugr
3.Niðrdráttr
4.Vi er dømt
5.Agnis Offer
6.Urðmaðr
7.Blótan
8.Fornsǫngvar
9.Kenoma
10.Havets Kjele

Line-up:
Fyrnd – All instruments, Vocals

FYRNASK – Facebook

Nogrod – Abstruce Dismal

Aleggia un senso di depravata malvagità ed istinto guerriero nei brani che compongono la prima nera opera del gruppo indiano

Morte, distruzione del paradiso e guerra alla religione: i Nogrod lanciano le loro urla belluine dalla lontana India e lo fanno con il loro primo ep autoprodotto, Abstruce Dismal, una ventina di minuti di black metal battagliero e sferragliante.

Il giovane trio di Guwahati composto da Dhiraj Baishya alle pelli, Bhaskar Deka chitarra, voce e Rohan Kumar Das alla chitarra, aggredisce e distrugge senza pietà con un bombardamento black metal senza compromessi, lo violenta con growls feroci al limite del brutal, che lasciano spazio a screams demoniaci in un tornado di violenza diabolica.
Non mancano accenni melodici che fuoriescono dalle corde di chitarre torturate sotto l’impulso diabolico dei due axeman, mentre il drummer picchia inarrestabile con una prova che non lascia dubbi sulla sua malvagità.
Niente che non sia già stato scritto col sangue sulla bibbia luciferina del metal estremo ed evil, ma i Nogrod alle prime avvisaglie danno battaglia con furia ed attitudine come nella migliore tradizione dei gruppi estremi che ultimamente si affacciano sul mercato dal lontano paese asiatico.
Compatto e maligno Abstruce Dismal arriva come un fulmine alla fine, grazie a song che non si perdono in inutili orpelli e arrivano al sodo dalle prime note.
Aleggia un senso di depravata malvagità ed istinto guerriero nei brani che compongono la prima nera opera del gruppo indiano, ispirato dai gruppi storici del genere (Marduk su tutti) ma con un tocco moderno che li proietta tra le nuove leve del black metal del nuovo millennio.

TRACKLIST
1. Call to all Unholy Beings (intro)
2. Powered by the Black Sun
3. Scavenger of Truth
4. Reign of the Fallen
5. Celestial Crusade
6. Ageless Mourning

LINE-UP
Dhiraj Baishya – Drums, Percussions
Bhaskar Deka – Guitars (lead), Vocals
Rohan Kumar Das – Guitars

NOGROD – Facebook

Malus – Looking Through the Horrorglass

Un’affascinante opera horror black metal dai rimandi sinfonici, ideata, suonata e prodotta dal genio demoniaco di Wargrath

L’underground metallico molte volte regala delle grandi sorprese, specialmente nello sconfinato ed oscuro mondo del metal estremo.

Intanto questo bellissimo lavoro non si compra, è totalmente libero e pronto per essere ascoltato da tutti, un’affascinante opera horror black metal dai rimandi sinfonici, ideata, suonata e prodotta da questo genio demoniaco di nome Wargrath che, sotto il monicker Malus, è da un po’ di anni che crea e produce bellissime opere nere come la pece.
Looking Through The Horrorglass infatti è il terzo full length di una discografia iniziata con una serie di demo licenziata all’alba del nuovo millennio e due album: Creation of Death del 2003 seguito da The Beauty of Doom del 2008.
Otto anni sono passati dunque dall’ultimo lavoro, ma direi che ne è valsa la pena visto l’alta qualità del songwriting del polistrumentista tedesco.
Ed è guardando dentro lo specchio che le immagini orrorifiche che vi si presenteranno, saranno quanto di più teatrale ed a suo modo raffinato potrete trovare nel black metal; sembra un assurdo, ma la musica di Wargrath, nella sua assoluta natura evil ed estremamente metallica, lascia nell’ascoltatore un senso di eleganza suggestiva che non può non sorprendere.
La parte black dai richiami old school, anche se le chitarre lasciano intravedere qualche sfumatura heavy, è inglobata in una spettacolare ma mai invadente parte sinfonica, valorizzata da atmosfere di raggelante teatralità dalle tinte horror, come in un film veniamo assorbiti dal crescendo di tensione che non si alleggerisce neanche quando i tasti d’avorio rilasciano note di nobile pianoforte.
Voci di demoni imprigionati nel fantomatico e pericolosissimo specchio, cigolii provenienti da altre stanze racchiuse nel mondo parallelo aldilà del nostro riflesso, un black feroce che si abbellisce solo in parte con il fascino della musica dalle sfumature classiche, in un saliscendi di emozioni.
L’album si snoda come un’unica opera estrema divisa in capitoli, assolutamente da seguire dall’inizio alla fine, perciò diventa inutile il classico (e per me stucchevole) track by track, anche se Alien-Hand, The Puppeteer e Now sono piccoli capolavori evil da non perdere.
La musica dei Dimmu Borgir è forse quella che si avvicina di più al sound di Malus, anche se personalmente tra i solchi del disco ho rivissuto accenni atmosferici vicini alle note create da Mr.Doctor per i Devil Doll, chiaramente in un contesto black.
Date un ascolto a questo lavoro che non smetterà di sorprendervi ad ogni più attento ascolto.

TRACKLIST
1. Non Timebo Mala
2. The Curse of the Almighty
3. Alien-Hand
4. The Secret of the Old Ruins
5. The Puppeteer
6. Now
7. The Release of a Trapped Soul
8. Entombed Alive
9. Out of the Black
10. Nebulous Memories
11. Night of Terror

LINE-UP
Wargrath – All instruments, Vocals

MALUS – Facebook

Black Fucking Cancer – Black Fucking Cancer

Il black metal dei Black Fucking Cancer è molto preciso e diretto, non ci sono fronzoli ma una grande intensità è il motore primo del disco.

Black metal americano furioso ed animato da un grande e giustificato odio verso il più grande dei cancri apparso sulla Terra : l’uomo.

I Black Fucking Cancer sono un gruppo che intimidisce attraverso un black metal potente e diretto, debitore sì della vecchia scuola, ma soprattutto figlio della bravura compositiva dei tre americani. Non ci sono canzoni sbagliate in questo debutto, ma c’è un ottimo bilanciamento di melodia e di momenti meno veloci ma altrettanto. Pur apparendo caotico, il black metal dei Black Fucking Cancer è molto preciso e diretto, non ci sono fronzoli ma una grande intensità è il motore primo del disco. La via nordamericana al black metal è sempre stata di ottima qualità, ma ultimamente sta facendo davvero ottime cose, e questo disco ne è una robusta testimonianza. Debutto impressionante per capacità e potenza, i sette pezzi sono un nero crescendo sonoro che conferma la bravura della Osmose Productions nel trovare nuovi gruppi.
Questo lavoro piacerà a molti black metallers, ma soprattutto a coloro che vogliono del buon black metal diretto e potente, oscuro e magniloquente.

TRACKLIST
1. A Sigil of Burning Flesh
2. Acid Ocean
3. Blood Stained Whore
4. SinnRitualVoid
5. Wall of Corpses
6. Exit Wounds
7. Communion of the Blood Unholy

LINE-UP
T. Scythe – Proproganda Hymns
N. Tremor – Choir
J. Hammer – Choir

OSMOSE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=caX9m4e04OY

Insane Vesper – Layil

Quaranta minuti circa di metal estremo gelido, feroce e satanico, racchiuso in un abisso di riff malvagi

Nidiate malefiche di demoni figli del più puro credo black metal si aggirano per tutta Europa, portando la loro proposta evil e senza compromessi nel più puro spirito underground.

Anche in terra transalpina non mancano certo realtà che, fuori da ogni tipo di moda (si, anche nel metal estremo seguire sonorità cool conta) portano avanti con attitudine e coerenza un modo di concepire il genere puro e old school.
Satanismo, oscurità, misantropia e puro male, il black metal è tutto questo, almeno nella sua natura originale, e gli Insane Vesper da quasi quindici anni sono portavoce del nero verbo in terra francese.
Layil è il loro secondo full length, ma il gruppo di Tolosa ha dato alle stampe (oltre ad Abomination of Death primo album del 2011) una serie di demo, split ed ep ribadendo il suo approccio assolutamente underground.
Il quartetto di demoni transalpini non manca di proporre il suo black metal old school, avvelenato da un totale odio per il mondo anche in questo nuovo lavoro, licenziato da Art Of Propaganda e che non manca di spunti interessanti.
Atmosfericamente metallico, Layil si compone di sei brani medio lunghi, quaranta minuti circa di metal estremo gelido, feroce e satanico, racchiuso in un abisso di riff malvagi, scream provenienti da un demone racchiuso nel corpo martoriato di un impossessato, la cui stanza gelida marcisce sotto gli occhi degli annichiliti astanti.
Blood Of The Moon apre l’opera con i suoi nove minuti di metal nero e abominevole, le chitarre e le ritmiche mantengono inalterata una marcia malefica verso gli inferi, i mid tempo abbondano (Scorned Ascension) ma il gruppo non fa certo mancare sferzate ritmiche glaciali come il freddo vento del nord.
Per chi ha una superficiale conoscenza del mondo black, Layil si colloca in pieno e malvagio true black metal, anche se il gruppo ha la personalità per non concedere grossi paragoni con le band storiche.
Gli Insane Vesper sono una realtà di tutto rispetto nel genere e la loro musica rimane confinata negli ascolti degli amanti del true black metal.

TRACKLIST
1. Blood of the Moon
2. Of Serpent’s Embrace
3. Seed of Inanna
4. Scorned Ascension
5. Sink the Ark of Knowledge
6. The Circle

LINE-UP
Arggon – Guitars, Bass
Vanitas – Vocals
Ate Rigant – Bass
A.L. – Drums

INSANE VESPER – Facebook

Infernal Diatribe – Videha Mukti

La prova sulla lunga distanza dirà se il gruppo indiano è già pronto per conquistare il vecchio continente, nel frattempo per gli amanti del raw black metal si consiglia sicuramente l’ascolto di Videha Mukti.

Dopo i bellissimi lavori di Diabolus Arcanium e, soprattutto Heathen Beast, il black metal torna a far parlare di sé in quel di Calcutta, India.

Videha Mukti è il primo lavoro in formato ep degli Infernal Diatribe, oscura ed occulta realtà che si aggira maligna tra i vicoli della metropoli asiatica.
Ancora, come sempre è la Transcending Obscurity a fasi portavoce del metal proveniente da quella porzione di pianeta, in questo caso, estremo e demoniaco ed assolutamente old school.
In Videha Mukti musicalmente si parla la lingua dei paesi scandinavi, il quintetto indiano infatti trae ispirazione dai gruppi storici della scena nordica, con ottime melodie oscure che atmosfericamente rendono i brani terrorizzanti e vari, insomma una miscela di black metal classico con ottime parti rallentate tra spiritualismo ed occultismo.
Si sviluppano così questi quattro inni alla misantropia, neri come la pece e senza compromessi, con buone linee ritmiche, sfuriate estreme di buon livello, uno scream demoniaco possibile e un’atmosfera che non fa sicuramente rimpiangere il miglior black metal internazionale.
Mayhem, Dark Funeral, Darkthrone, le ispirazioni per il gruppo non mancano, così come un’ottima attitudine che si evince da brani tremendamente evil come The Cry e Doomed, brani cardine del sound degli Infernal Diatribe.
La prova sulla lunga distanza dirà se il gruppo indiano è già pronto per conquistare il vecchio continente, nel frattempo per gli amanti del raw black metal si consiglia sicuramente l’ascolto di Videha Mukti.

TRACKLIST
1.Demonic Gasping Mortal Nightmare (Wisdom)
2.Doomed
3.Morbid Evocation
4.The Cry

LINE-UP
KaraNavigama – Vocals
Kalavikrama – Guitar
Narantaka – Guitar
Kalaparzudhara – Bass
Naztaz – Drums

INFERNAL DIATRIBE – Facebook

Draugur – By The Rays Of His Golden Light

Siamo nel black metal più estremo, debitore a livello di sound ai mostri sacri che scesero dalle lande scandinave nei primi anni novanta

Esordio sulla lunga distanza per i Draugur, satanic black metal band olandese, sotto l’ala della Naturmacht Productions.

Questa demoniaca entità proveniente dai paesi bassi propone un black metal old school, scarno ed ortodosso, con la classica alternanza di sfuriate in blast beat e rallentamenti atmosferici e cadenzati.
By The Rays Of His Golden Light risulta un inno satanico ed occulto, molto underground nella produzione che limita leggermente l’ascolto, ma ricamato da urla profonde, solos oscuri e dal mood classico ed un’atmosfera generale di totale oscurità.
Piacciono alcune parti in crescendo, cavalcate metalliche estreme che lasciano intendere un’ispirazione heavy, nascosta all’ombra di questi devastanti inni al male senza compromessi.
Siamo nel black metal più estremo, debitore a livello di sound ai mostri sacri che scesero dalle lande scandinave nei primi anni novanta, ed il quintetto proveniente dal paese dei tulipani con un ottimo impatto evil dimostra di aver imparato bene la lezione.
Sette brani medio lunghi, liturgie demoniache ad invocare un armageddon portato sulla terra da lucifero, un’opera nera che ha nelle morbose e devastanti Torment In A Maze e I Rule This Night le songs più riuscite.
Un buon debutto, consigliato però solo ai true black metal fans, infatti la proposta per impatto ed attitudine non può che rimanere nei confini del genere, ma penso che al gruppo interessi davvero poco, qui si fa black metal con gli attributi.

TRACKLIST
1. Constructing the Void
2. Entities of the third dimension
3. Torment in a maze
4. I, death, descent
5. Behold the third eye vision
6. I rule this night
7. Bloodsoaked battlefield commitment

LINE-UP
Pesthond – Bass
Vos – Drums
Obscura – Guitars (lead)
Misaer – Guitars (rhythm)
Dagon – Vocals

DRAUGUR – Facebook