Necrofili – Immaculate Preconception

Immaculate Preconception si rivela un ep davvero suggestivo, tra i più riusciti ultimamente nel suo ambito: i Necrofili con sagacia sanno manipolare la materia creando un sound che, anche se a tratti può ricordare i Necrodeath, risulta ugualmente personale e molto coinvolgente.

Tornano con un nuovo ep i laziali Necrofili, attivi dal 2005 e con alle spalle due lavori su lunga distanza, il debutto omonimo uscito proprio nell’anno di inizio attività e The End Of Everything licenziato nel 2017, dodici anni dopo il precedente lavoro.

Il gruppo capitanato da Carlo Pelliccia (voce e chitarra) e Marco Dalmasso (batteria), dopo vari cambi di line up oggi si completa oggi con Alessandro Fusacchia (chitarra) e Gianluca Marchionni (basso).
Immaculate Preconception presenta cinque brani di notevole death/thrash, devastante ma dalle aperture melodiche che ne accentuano atmosfere e sfumature, con un intro suggestiva che riporta le parole di Giordano Bruno, frate francescano, filosofo e scrittore del XVI secolo, condannato dalla chiesa per eresia.
Infaithcted esplode in una serie di accelerazioni death/thrash, con lo scream che ne potenzia l’indole estrema, cambi di tempo e cavalcate metalliche mettono in evidenza l’ottima tecnica di cui si può fregiare il quartetto.
Campo de’ Fiori è un crescendo thrash progressivo, dai rallentamenti possenti che ne accentuano l’atmosfera drammatica e le tematiche che riguardano la morte sul rogo dello stesso Giordano Bruno; The Shapeless Thing è invece un brano thrash/black ad un primo ascolto più lineare ma anch’esso pervaso da una serie di cambi di tempo micidiali, mentre Army Of The Ripper risulta un brano dalle ispirazioni heavy metal, meno abrasivo ed estremo dei brani precedenti e valorizzato da una serie di aperture melodiche accentuate dalla comparsa della voce pulita.
In conclusione Immaculate Preconception si rivela un ep davvero suggestivo, tra i più riusciti ultimamente nel suo ambito: i Necrofili con sagacia sanno manipolare la materia creando un sound che, anche se a tratti può ricordare i Necrodeath, risulta ugualmente personale e molto coinvolgente.

Tracklist
1. A Lullaby for Reason
2. Infaithcted
3. Campo de’Fiori
4. The Shapeless Thing
5. Army of the Reaper

Line-up
Carlo Pelliccia – Vocals & Guitars
Alessandro Fusacchia – Guitars
Gianluca Marchionni – Bass
Marco Dalmasso – Drums

NECROFILI – Facebook

Doombringer – Walpurgis Fires

I misteriosi Doombringer potenziano con mid tempo sepolcrali il loro death metal dal piglio black, lente litanie estreme dalle atmosfere che a tratti sfiorano il doom, anche se l’approccio rimane quello di un gruppo più estremo.

Le origini dei Doombringer sono in Polonia, la patria del death/black metal che i Behemoth hanno contribuito a plasmare diventando negli anni uno dei generi che più hanno influenzato le nuove generazioni di musicisti estremi.

La svolta gothic che la band di Nergal ha preso con l’ultimo, bellissimo lavoro lascia un vuoto sul trono di questo tipo di sound che la band di Kielce contribuisce a tenere vivo con il nuovo album, intitolato Walpurgis Fires.
Il gruppo polacco mantiene un’attitudine old school anche in questo lavoro, in arrivo tramite la Nuclear War Now! Productions cinque anni dopo il debutto sul lunga distanza The Grand Sabbath, dato alle stampe successivamente ad una manciata di demo ed ep.
I misteriosi Doombringer potenziano con mid tempo sepolcrali il loro death metal dal piglio black, lente litanie estreme dalle atmosfere che a tratti sfiorano il doom, anche se l’approccio rimane quello di un gruppo più estremo.
Walpurgis Fires risulta quindi un lavoro discretamente congeniato, ben caratterizzato da atmosfere e sfumature maligne e morbose, pregno di male e terrore racchiusi in brani come Into The Woodlands, Samhain Melancholia e Walpurgis.
Un prodotto estremo che nulla toglie e nulla aggiunge al tipo di sound che i Doombringer suonano, ma che merita un ascolto specialmente se si è fans accaniti del genere.

Tracklist
1.Into The Woodlands
2.Agenda Del Aquellare
3.Sworn To Malice
4.Samhain Melancholia
5.Stupor Infernal
6.Briceia Chants The Spells
7.Unnatural Acts Of Flying
8.Walpurgis

Line-up
Old Coffin Spirit – Bass, Vocals
Sepelchral Ghoul – Drums
Tribes Of The Moon – Guitars
Medium Mortem – Vocals

DOOMBRINGER – Facebook

Possessed – Revelations Of Oblivion

La personale visione di violenza e ferocia in musica messa ancora una volta in campo dai Possessed è impressionante e Revelations Of Oblivion, aldilà del monicker in calce sulla copertina, è a tutti gli effetti un album capolavoro.

E’ fuor di dubbio che il ritorno dei leggendari Possessed dopo più di trent’anni sia per i fans del death metal l’evento dell’anno.

La band statunitense è appunto una vera leggenda per chi in tutti questi anni ha seguito l’evoluzione del re dei generi estremi, nato nell’ormai lontano 1985 tra i solchi di Seven Churches, il loro primo importantissimo lavoro.
Purtroppo la storia del gruppo di Jeff Becerra, bassista e singer nonché unico superstite della formazione che registrò quello che di fatto col tempo è diventato un documento storico, si fermò, per i motivi che più o meno conosciamo tutti, dopo solo due anni, all’indomani dell’uscita dell’ep The Eyes Of Horror, successore del secondo full length, Beyond The Gates licenziato dalla band nel 1986.
Il ritorno di chi è stato progenitore di un genere che in tanti anni ha regalato artisti, gruppi ed opere che sono ben presenti nella storia della musica moderna, si intitola Revelations Of Oblivion, è stato registrato ai NRG Studios e Titan Studios con Jeff Becerra come produttore esecutivo, mentre Daniel Gonzalez l’ha co-prodotto.
Sua maestà Peter Tägtgren ha masterizzato e mixato il tutto nei suoi Abyss Studios in Svezia, mentre l’artwork è opera dell’artista polacco Zbigniew Bielak già al lavoro per Paradise Lost, Absu, Deicide e Ghost, tra gli altri.
Licenziato dalla Nuclear Blast l’album vede Jeff Becerra affiancato da una band che vede Daniel Gonzalez e Claudeous Creamer alle chitarre, Emilio Marquez alla batteria e Robert Cardenas al basso, una band compatta che dà vita ad una serie di brani feroci, estremi, spettacolari nel certosino lavoro in studio, ed assolutamente luciferini.
Questo è death/thrash metal suonato nel nuovo millennio, seguendo e perfezionando le linee tracciate tanti anni fa, ma senza risultare stantio o semplicemente nostalgico, e risultando tecnicamente perfetto sia nelle ritmiche sia nelle parti indiavolate di chitarra, in un’atmosfera di lugubre e maligna magniloquenza musicale.
Si viene così travolti da un armageddon di suoni metallici, una micidiale arma di distruzione che prende avvio da No More Room In Hell passando per un lotto di brani perfetti in ogni dettaglio.
La personale visione di violenza e ferocia in musica messa ancora una volta in campo dai Possessed è impressionante e Revelations Of Oblivion, aldilà del monicker in calce sulla copertina, è a tutti gli effetti un album capolavoro.

Tracklist
1. Chant Of Oblivion
2. No More Room In Hell
3. Dominion
4. Damned
5. Demon
6. Abandoned
7. Shadowcult
8. Omen
9. Ritual
10. The Word
11. Graven
12. Temple of Samael

Line-up
Jeff Becerra – Vocals
Daniel Gonzalez – Guitars
Emilio Marquez – Drums
Robert Cardenas – Bass
Claudeous Creamer – Guitars

POSSESSED – FAcebook

Death Worship – End Times

Un prodotto affascinante proveniente da un underground che sa regalare vere gemme di musica estrema e diabolica.

Dall’abisso in cui era stato risucchiato dopo aver licenziato il primo malefico parto (Extermination Mass del 2016), torna il supergruppo canadese Death Worship, malefica e putrida realtà conosciuta nell’underground black/death metal dove nomi come Conqueror e Blasphemy rimembrano devastanti opere nere come la pece.

DeathLörd of Abomination & War Apocalypse (Conqueror, Blasphemy) alla chitarra, al basso e alla prima voce, aiutato ancora una volta da Nocturnal Grave Desecrater and Black Winds (Blasphemy) alla seconda voce e J.Read (Conqueror, Blasphemy) alla batteria, frantumano i nostri padiglioni auricolari cone queste nuove quattro tracce che formano End Times, ep che arriva a sfiorare i quindici minuti ma che, in così poco tempo, ci risucchia in un atmosfera catacombale, dove la morte nell’ombra segue i nostri passi prima di sferrare l’ultimo colpo con la sua micidiale falce.
Un clima soffocante ci accoglie tra le spire di Stand Witness to Atrocity, e le ragnatele che si attaccano al viso sono il preludio all’entrata nel caos che i Death Worship creano; orrende creature si muovono tra le trame death/black/thrash metal di The Poisoned Chalice e Slaughtersiege, offuscate da visioni di morte e perdizione, mentre la forza maligna di Masters And Monolith mette fine alle nostre sofferenze terrene.
Un prodotto affascinante proveniente da un underground che sa regalare vere gemme di musica estrema e diabolica.

Tracklist
1.Stand Witness to Atrocity
2.The Poisoned Chalice
3.Slaughtersiege
4.Masters and Monolith

Line-up
Deathlord of Abomination and War Apocalypse – Guitars, Bass, Vocals, Effects

J. Read – Drums, Effects
Nocturnal Grave Desecrator and Black Winds – Vocals (backing), Effects

DEATH WORSHIP – Facebook

Amon Amarth – Berserker

Berserker è un album che guarda al passato remoto della musica che ha sempre ispirato il gruppo svedese, l’heavy metal classico, che qui è portato ad un livello epico ed estremo in grado di lasciare un segno deciso, grazie ad una raccolta di brani che nella sua prima parte trova davvero pochi ostacoli.

Gli Amon Amarth quanto prima troveranno il giusto tributo nella nostra rubrica “Dischi Fondamentali” con il loro capolavoro, Once Sent from the Golden Hall, uno degli album cardine per quanto riguarda un genere come il death metal epico e melodico che il gruppo di Johan Hegg ha contribuito a rendere popolare tra i fans del metal estremo di matrice scandinava.

Altri tempi (era il 1998) ed altra storia, ora la band svedese, all’undicesimo album in carriera, è volata a Los Angels e ha registrato il nuovo Berserker con l’aiuto di Jay Ruston (Anthrax, Stone Sour).
Berserker, album dai suoni cristallini, confezionato per fare il definitivo botto commerciale, è un lavoro che dividerà gli amanti del gruppo di Stoccolma, risultando troppo patinato per alcuni o spettacolare in ogni dettaglio per altri.
La verità non dista molto da approva la nuova fatica del combo, perché Berserker è un lavoro che, nel suo genere, è di facile ascolto, ricco di melodie heavy, epico e possente per non deludere fino in fondo gran parte dei vecchi fans,
Se vogliamo trovare un difetto, quello è nella sua sua durata di quasi un’ora, ma per il resto lasciarsi travolgere dal sound odierno creato dagli Amon Amarth è più quanto un amante del death epico e melodico possa sperare questi tempi.
In sostanza, Berserker è un album che guarda al passato remoto della musica che ha sempre ispirato il gruppo svedese, l’heavy metal classico, che qui è portato ad un livello epico ed estremo in grado di lasciare un segno deciso, grazie ad una raccolta di brani che nella sua prima parte trova davvero pochi ostacoli.
Crack The Sky, Valkyria, Raven’s Flight, The Berserker At Stamford Bridge spiccano in una raccolta di brani che farà ancora una volta scorrere il sangue per i colpi inferti dagli spadoni degli Amon Amarth.

Tracklist
01. Fafner’s Gold
02. Crack The Sky
03. Mjolner, Hammer Of Thor
04. Shield Wall
05. Valkyria
06. Raven’s Flight
07. Ironside
08. The Berserker At Stamford Bridge
09. We Can Set Our Sails
10. When Once Again
11. Wings Of Eagles
12. Into The Dark

Line-up
Johan Hegg – vocals
Olavi Mikkonen – guitar
Johan Söderberg – guitar
Ted Lundström – bass
Jocke Wallgren – drums

AMON AMARTH – Facebook

Fulci – Tropical Sun

L’album nel genere è uno dei più riusciti tra quelli ascoltati ultimamente in senso assoluto, quindi per tutti gli amanti del metal estremo il consiglio è di non perdere Tropical Sun, perché potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa.

Le sorprese non mancano di certo nell’underground metallico tricolore, anche quando si parla di metal estremo, come nel caso del brutal death offerto dai casertani Fulci.

Il trio, insieme dal 2013, arriva al secondo album tramite la Time To Kill Records intitolato Tropical Sun, ispirato dalla trama di Zombie 2, pellicola del grande regista Lucio Fulci da cui viene prevedibilmente tratto il monicker.
Quale argomento migliore se non gli Zombie ed il cinema horror/splatter per un sound di matrice brutal death? Infatti Tropical Sun risulta un gran bel lavoro, impreziosito da suoni sintetici che creano atmosfere terrificanti in un contesto brutale, tra accelerazioni e mid tempo, riff death metal e cascate di sangue che sporcano spartiti estremi di matrice Dying Fetus, Suffocation e Cannibal Corpse.
Con ritmiche perfettamente leggibili nel massacro perpetuato dagli affamati zombie e un songwriting che nel genere si dimostra vario e ben delineato, Tropical Sun si sviluppa in mezzora abbondante di ottimo brutal inframezzato da spezzoni vocali tratti dal film (uscito nel 1979) e da altre trovate tutte da scoprire.
L’album nel genere è uno dei più riusciti tra quelli ascoltati ultimamente in senso assoluto, quindi per tutti gli amanti del metal estremo il consiglio è di non perdere Tropical Sun, perché potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa.

Tracklist
01. Voodoo Gore Ritual (instrumental)
02. Tropical Sun
03. Apocalypse Zombie
04. Splatter Fatality
05. Matul Tribal Cult
06. Legion Of The Resurrected
07. Palms By The Cemetery
08. Witch Doctor (instrumental)
09. Genetic Zombification
10. Eye Full Of Maggots
11. Church Of The Undead
12. Blue Inferno
13. Immortality Virus (instrumental)
14. March Of The Living Dead (instrumental)

Line-up
Dome – Guitars, Synth
Fiore – Vocals
Klem – Bass

FULCI – Facebook

Deorc Absis – The Nothingness Transfiguration

Il suono dei Deorc Absis oscilla tra black e death metal, con un’importante parte sinfonica che arricchisce molto il tutto.

Black death metal dissonate e schizofrenico, molto tecnico e davvero inusuale.

L’esordio degli italiani Deorc Absis per l’etichetta americana Redefining Darkness Records è uno di quei dischi che colpiscono duro e che stupiscono. La levatura tecnica è elevata, come notevole è la capacità compositiva, le tre canzoni sono strutturate in maniera labirintica, e dentro ci sono molte cose. Il loro suono oscilla tra black e death metal, con un’importante parte sinfonica che arricchisce molto il tutto. Il gruppo ha un impatto violento, ma non esibisce solo la potenza, preferendo l’effetto dell’insieme alla singola voce musicale. E il risultato è un suono molto originale, che crea un effetto cinematografico sull’ascoltatore, nel senso che il racconto procede per racconti di immagine, e la lunga durata delle tracce permette uno sviluppo esauriente delle stesse. Si potrebbe pensare che tre pezzi possano essere pochi, ma tre canzoni con questa intensità e con questa densità richiedono un’attenzione speciale, con un occhio di riguardo per la qualità, che con un numero maggiore di pezzi potrebbe diluirsi, mentre qui rimane inalterata. Una ricerca notevole permea questo disco, e la poetica musicale messa in campo qui è rivolta verso il futuro, usando elementi del passato ma guardando sempre avanti.
Il lavoro del gruppo è notevole, una menzione speciale va all’incredibile basso di Marcello Tavernari che costruisce fisionomie mostruose, colonna portante del suono dei Deorc Absis. L’esordio è notevole e merita attenzione, musica estrema fatta con passione e competenza.

Tracklist
1.Stasis
2.Epanastasis
3.Metamorphosis

Line-up
Claudio Miniati: Vocals
Alessandro D’Antone: Guitars
Marcello Tavernari: Bass
Marco Taiti – Drums

DEORC ABSIS – Facebook

Relics Of Humanity – Obscuration

Obscuration è un ep che vale la pena non perdere se si è fan del brutal death di scuola statunitense, snodandosi in un quarto d’ora abbondante di efferatezze sonore degne dei gruppi storici della scena.

Nuovo ep all’insegna del più puro ed efferato brutal death metal da parte dei Relics Of Humanity, band attiva da più di dieci anni nella capitale bielorussa Minsk, in una terra ancora da scoprire del tutto in ambito metallico, ma che sa sempre regalare gradite sorprese.

Una manciata di demo ed un paio di full length (Guided by the Soulless Call del 2012 e Ominously Reigning upon the Intangible licenziato due anni dopo) è la discografia che porta in dote il gruppo, ora tornato a devastare i padiglioni auricolari dei fans del death più estremo e brutale con Obscuration, ep composto da sei tracce che formano un muro sonoro potentissimo costruito si mid tempo ed accelerazioni senza soluzione di continuità
Echi di Suffocation ed Immolation si rinvengono tra le partiture estreme di brani schiacciasassi come When Darkness Consumes God’s Throne e Legions Of The Unbowed, con i quali i Relics Of Humanity aggrediscono e travolgono con il loro tellurico sound.
Obscuration è un ep che vale la pena non perdere se si è fan del brutal death di scuola statunitense, snodandosi in un quarto d’ora abbondante di efferatezze sonore degne dei gruppi storici della scena.

Tracklist
1.Retson Retap
2.Ani Kihu Alamu
3.When Darkness Consumes God’s Throne
4.Whipping the Cursed
5.Legions of the Unbowed
6.Stench of Burning Heavens

Line-up
AJ – Vox
Pavel – Drums
Sergey – Guitrs
Pavel – Bass

RELICS OF HUMANITY – Facebook

Norsemen – Bloodlust

L’impronta è quella di scuola scandinava che viene arricchita da spediti attacchi di matrice thrash/black, per una serie di brani uno più epico e potente dell’altro che rende Bloodlust un esordio di tutto rispetto da parte di questi quattro guerrieri lombardi.

Bloodlust è il primo lavoro dei bergamaschi Norsemen, quartetto arrivato all’esordio su lunga distanza tramite la Time to Kill Records, dopo un ep uscito un paio di anni fa ma che viene interamente incluso con i suoi quattro brani all’interno di questo nuovo lavoro.

Il genere offerto è un death metal epico e guerresco, un’orda di note rabbiose che travolge i nemici non lasciando anima viva al suo passaggio: l’impronta è quella di scuola scandinava che viene arricchita da spediti attacchi di matrice thrash/black, per una serie di brani uno più epico e potente dell’altro che rendono Bloodlust un esordio di tutto rispetto da parte di questi quattro guerrieri lombardi.
L’ottima prova strumentale dei musicisti (Antonio Brignoli alla chitarra, Beppe Bergamaschi al basso e Paolo Munziello alla batteria), un vocalist che usa a suo piacimento growl e scream di stampo black (Federico Rota) ed un sound che è comunque abbastanza personale e dall’impatto devastante, fanno di questo debutto un album imperdibile per gli amanti del death metal epico, grazie ad almeno una manciata di brani esaltanti.
Evil Master, Black Mountain, la spettacolare Fenrir, la debordante Odin, le conclusive Warrior’s Fate e Time Wrecked Kingdom sono le classiche canzoni che, mi si conceda un luogo comune in questo caso inevitabile, non fanno prigionieri, elevando l’album ed i suoi creatori ai vertici del genere.

Tracklist
1. Intro
2. Evil Master
3. Black Mountain
4. Fenrir
5. Bloodlust
6. Odin
7. Serpent
8. Surtur
9. Warrior’s Fate
10. Time Wrecked Kingdom

Line-up
Antonio Brignoli – Guitar
Beppe Bergamaschi – Bass
Paolo Munziello – Drum
Federico Rota – Vocals

NORSEMEN – Facebook

Inter Arma – Sulphur English

Incandescente fusione di sludge, death, black e doom per la band statunitense, che abbina con grande personalità pesantezza e atmosfera.

Arde senza tregua il furore creativo degli statunitensi Inter Arma che, attivi dal 2007, giungono al loro quarto full length dopo lo splendido Paradise Gallows del 2016.

Credevo fosse difficile superare il livello del sopracitato album, ma i cinque musicisti della Virginia portano a compimento una mastodontica opera, abbondantemente sopra i sessanta minuti, dove sono fuse ad alta temperatura incandescenti scorie sludge, doom, death e black. L’approccio alla materia è brutale e personale  ed ogni musicista non si risparmia e dà il meglio della sua arte. Da rimarcare, senza indugi, la prova del drummer T.J.Childers, che rende il suono di quest’opera qualcosa di sensazionale per la ferocia, la vitalità e l’intensità che lasciano a bocca aperta, portandoci su un piano emozionale molto alto. L’opera è esplicitamente dedicata a due amici e musicisti importanti della scena sludge, Bill Bumgardner betterista di Indian, Lord Mantis e Alan Guerra, batterista dei Bell Witch, e colpisce per la totale mancanza di punti deboli; ogni brano, nove in tutto, rappresenta un’ esperienza sensoriale magistrale che prosciuga ogni energia presente nel nostro corpo. La band colpisce duro con inventiva e personalità fin dall’inizio e non teme di inerpicarsi anche in strade difficili come il breve strumentale Observances of the path, cosi come le cadenze dark blues di Stillness dove l’interpretazione del singer Mike Paparo ci trascina lentamente in abissi di perdizione e catarsi; stupefacente la sua capacità, durante l’intera opera, di esprimersi in growl, scream e harsh vocals sempre con personalità, ”colorando” il tutto con tinte dark e sinistre. L’opera non è facile, tante sono le suggestioni emanate, ma la band sembra non avere alcun limite creando muri di suono dove non filtra alcuna luce e la densità della materia è soffocante (The Atavist Meridian) e mi ripeto, con un lavoro della batteria che lascia a bocca aperta. Ogni brano offre momenti di esaltazione, sia per potenza, convinzione e ispirazione; la ferocia di Citadel, con le chitarre che ci regalano una parte solistica da pelle d’oca mi ha tramortito, cosi come le atmosfere notturne, atmosferiche di Blood on the lupines, che contorcono il blues con aromi psichedelici portandoli a un punto di fusione lacerante e apocalittico. Questi artisti sono in costante crescita e sale già l’ aspettativa per le prossime opere che non potranno che essere avvincenti. Per me uno dei dischi dell’anno.

Tracklist
1. Bumgardner
2. A Waxen Sea
3. Citadel
4. Howling Lands
5. Stillness
6. Observances of the Path
7. The Atavist’s Meridian
8. Blood on the Lupines
9. Sulphur English

Line-up
T.J. Childers – Drums, guitars, bass, acoustic guitars, lap steel, keyboards, percussion, noise, vocals
Steven Russell – Guitars
Trey Dalton – Guitars, percussion, vocals
Mike Paparo – Vocals, percussion
Joe Kerkes – Bass

INTER ARMA – Facebook

Gorguts – From Wisdom to Hate

Riedizione, davvero benemerita, di un grande disco della basilare cult band del death metal made in
Canada.

Quando si parla dei Gorguts si parla di Storia, quella con la esse maiuscola.

La fondamentale band canadese è sempre stata apprezzatissima dalla critica ma non ha finora trovato, presso il pubblico, il riconoscimento che certamente merita. Il suo approccio anticonvenzionale al death metal, in questo
senso, può essere stato un’involontaria arma a doppio taglio. Come che sia, la Punishment 18 fa ora uscire l’attesa ristampa del classico From Wisdom to Hate (grande titolo), che il quartetto originario del Quebec, attivo dal 1989, pubblicò, nel 2001, per la Season of Mist, tre anni dopo il capolavoro Obscura, di cui veniva portato avanti il taglio sperimentale e progressivo, tecnicissimo e feroce nel medesimo tempo. Con gli otto brani dell’album, tra i quali spiccano le sinistre orchestrazioni della quarta traccia (Unearthing the Past), i Gorguts confermavano la loro personalissima proposta, fatta di accelerazioni brutali e molto hardcore, alternate a rallentamenti doom: quasi un’opera mirante a realizzare una deframmentazione sonora dei canoni death, con un alone oscuro, se non tetro, che va a contraddistinguere la totalità delle composizioni. Verrebbe da dire che se i King Crimson avessero mai inciso un lavoro di death metal, forse questo sarebbe stato From Wisdom to Hate. L’anno dopo la stampa del disco, nel 2002, il batterista Steve MacDonald si suicidò e la band temporaneamente si sciolse, per poi riformarsi in occasione del bellissimo Colored Sands (2013), l’atto della rinascita artistica di un gruppo storico e seminale.

Track list
1- Inverted
2- Behave Through Mythos
3- From Wisdom to Hate
4- The Quest For Equilibrium
5- Unearthing the Past
6- Elusive Treasures
7- Das Martyrium Des…
8- Testimonial Ruins

Line up
Steve Cloutier – Bass
Steve MacDonald – Drums
Luc Lemay – Guitars / Vocals
Daniel Mongrain – Guitars

GORGUTS – Facebook

Thamiel – Sator

Sator funzione bene dall’inizio alla fine, ha un bella carica e un bel suono che arrivano molto diretti all’ascoltatore.

Da Brindisi arriva il debutto sulla lunga distanza per i Thamiel, ex Merkavah, fondati dal chitarrista Gianluigi Papadia e dal batterista Antonio Greco.

Totalmente autoprodotto, il loro disco è una proposta sonora incentrata sul black death degli anni novanta, dalla forte connotazione mediterranea. I Thamiel hanno un incedere notevole, il suono è un black death molto peculiare, che si rifà certamente alla tradizione scandinava, ma che guarda molto anche ai paesi bagnati dal mar Mediterraneo, come la stessa Italia e la Grecia. Infatti il loro suono possiede certe caratteristiche altresì irrintracciabili nei gruppi nordici. Il tutto è strutturato molto bene, il disco ha una sua organicità ben precisa, e si sente che questi musicisti hanno sia passione che competenza, cose mai scontate, specialmente nelle epoche attuali. Con una forte componente esoterica, il disco sembra scaturire direttamente da una lettura di opere maledette, con un’atmosfera molto intima e diabolica. Lungo tutto il percorso del lavoro si dipana anche una precisa ricerca musicale, con al centro la produzione di un suono originale, personale ed immediatamente riconoscibile, intendimento che riesce perfettamente. Il debutto dei Thamiel è convincente e molto godibile, un canto di amore verso il black ed il death metal, e quale omaggio migliore se non creare qualcosa di personale e bello in quel campo? Sator funziona bene dall’inizio alla fine, ha un grande carica e un bel suono che arriva molto diretto all’ascoltatore. Il sommerso musicale racchiude gruppi molto validi come i Thamiel, che facendo molti sforzi e sacrifici riescono a produrre cose che altri nomi più blasonati non sono più in grado di fare.

Tracklist
1 Intro
2 Sol Invictus
3 Kathaar
4 Darkened Centuries
5 Sator
6 Bloodshed In The North
7 Desecrate Ritual
8 Ex Comunicatio

Line-up
Mino Mingolla – Vocals
Gianluigi Papadia – Guitar
Andrea Caiulo – Bass
Antonio Cape Greco – Drums

THAMIEL – Facebook

Accursed Spawn – The Virulent Host

Tra le trame sonore dell’album si riconosce più di una influenza di matrice death/thrash/brutal, e se gli Accursed Spawn non inventano nulla si rivelano una macchina da guerra da non sottovalutare.

In Canada il metal estremo di matrice death/thrash lo sanno suonare davvero bene, a testimonianza di una scuola ben delineata e che riserva sempre gradite sorprese per gli amanti dell’headbanging.

Gli Accursed Spawn trovano la loro strada musicale attraverso un death metal feroce e senza compromessi, potenziato da accelerazioni thrash e da un sound che dal groove necessario per fare la differenza oggigiorno.
Attivo dal 2010, il gruppo di Ottawa arriva al primo full length tramite la PRC Music, e questo assalto sonoro intitolato The Virulent Host non fa prigionieri, intenso e devastante come deve essere un’opera del genere.
Palla lunga e pedalare quanto si vuole, ma Interrogated Bludgeonment o Cesium 137 sono bombardamenti sonori che non mancano di freschezza ed una dose insana di violenza brutale che colpisce nel segno.
Tra le trame sonore dell’album si riconosce più di una influenza di matrice death/thrash/brutal, e se gli Accursed Spawn non inventano nulla si rivelano una macchina da guerra da non sottovalutare.

Tracklist
1.Bhopal ‘84
2.Bloodforged
3.Interrogated Bludgeonment
4.The Virulent Host
5.Cesium 137
6.The Ageless Curse
7.Shotgun Facelift
8.Mass Glossectomy
9.Dogmatic Affliction

Line-up
Jay Cross – Drums
Adam Pell – Guitars (lead)
Weiyun Lu – Bass
Paul Kelly – Guitars (lead)
Luke Wargasm – Vocals

ACCURSED SPAWN – Facebook

Origin – Abiogenesis – A Coming into Existence

Più diretto rispetto alle più intricate ultime prove, il sound degli Origin era comunque valorizzato dalla tecnica stupefacente che ha reso il gruppo statunitense è diventato un punto di riferimento per gli amanti del genere.

Abiogenesis – A Coming into Existence è una sorta di prequel (come nella migliore tradizione delle saghe cinematografiche) della storia discografica degli Origin, una delle band più conosciute ed apprezzate nel technical death.

La band statunitense infatti tornata sul mercato dopo lo sfavillante ultimo lavoro (Unparalleled Universe) uscito lo scorso anno, mette mani su del materiale inciso prima della nascita del gruppo, ovviamente mai pubblicato e con l’aggiunta del primo ep uscito nel 1998 (A Coming into Existence) dando vita ad un nuovo album che, se non arriva al livello compositivo del disco uscito un paio di anni fa, poco ci manca.
Le tracce che compongono il primo cd intitolato Abiogenesis sono state scritte tra il 1990 ed il 1993, quindi siamo agli albori del genere, il sound alterna molti elementi grind ad un brutal death che già faceva intuire la grande tecnica in possesso degli Origin, un massacro sonoro senza soluzione di continuità che trova poi in A Coming Into Existence (posta nel secondo cd) la sua prima esplosione di furia iconoclasta data in pasto ai fans del genere.
Più diretto rispetto alle più intricate ultime prove, il sound degli Origin era comunque valorizzato dalla tecnica stupefacente che ha reso il gruppo statunitense è diventato un punto di riferimento per gli amanti del genere.
L’opera è sicuramente consigliata ai fans della band e del genere, risultando un buon modo per completare la collezione di cd targati Origin.

Tracklist
Disc 1 – Abiogenesis
1.Insanity
2.Mauled
3.Autopsied Alive
4.Spastic Regurgitation
5.Bleed as Me
6.Mind Asylum
7.Infestation
8.Murderer

Disc 2 – A Coming into Existence
1.Lethal Mainpulation the Bone Crusher Chronicles
2.Sociocide
3.Manimal Instincts
4.Inner Reflections the Pain from Within
Line-up
Paul Ryan – Guitars, Vocals (additional)
Clint Appelhanz – Bass, Guitars, Vocals (additional)
George Fluke – Drums
Jeremy Turner – Guitars, Vocals
Mark Manning – Vocals

ORIGIN – Facebook

Sadism – Ethereal Dead Cult

Attitudine spropositata, impatto debordante ed una atmosfera umida e polverosa come i cunicoli di oscure catacombe fanno di questo ritorno firmato Sadism un lavoro dedicato agli amanti del death metal old school.

I Sadism sono un’istituzione nel loro paese, il Cile.

La band sudamericana torna con l’ottavo album della sua trentennale carriera, che l’ha vista attraversare decenni di metal estremo con l’orgoglio di essere una delle più famose e longeve band di metal estremo del proprio continente.
Ethereal Dead Cult risulta una mazzata di death metal old school (o classico, fate voi) impressionante, con un sound che affonda le sue radici a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, quando i primi lavori di Morbid Angel e compagnia mettevano a ferro e fuoco l’underground estremo mondiale.
Light Embrace e No Opposites danno il via alla macabra danza, il growl del singer Ricardo Roberts accompagna un sound grezzo, dalle scorie thrash di stampo slayerano che animano questi dieci tributi al genere, senza soluzione di continuità.
Il massacro ritmico su cui è strutturata Hypnotic Conjuring, la devastante The Spectral Veils valorizzano un lavoro decisamente diretto e senza fronzoli.
Attitudine spropositata, impatto debordante ed una atmosfera umida e polverosa come i cunicoli di oscure catacombe fanno di questo ritorno firmato Sadism un lavoro dedicato agli amanti del death metal old school.

Tracklist
01.Light Embrace
02.No Opposites
03.Agonize
04.Black Halo Solaris
05.Hypnotic Conjuring
06.This Burial Is Ours
07.The Spectral Veils
08.The Blanderer
09.Ethereal Dead Cult
10.Full Of Parasites

Line-up
Ricardo Roberts – Vocals
Gabriel Hidalgo – Guitars
Juán Eduardo Moore – Bass Guitar
Juán Pablo Donoso – Drums
Rodrigo Alpe – Session & Live Guitars

SADISM – Facebook

Inferi – The End of an Era | Rebirth

Death melodico scandinavo e technical death metal si fondono nelle trame veloci ed intricate degli Inferi, che hanno confezionato un’opera estrema molto interessante.

Tornano sul mercato i deathsters statunitensi Inferi, al sesto full length della loro carriera, iniziata una dozzina d’anni fa con il debutto Divinity in War.

La band, proveniente dalla patria del country (Nashville, Tennessee), ci propone da anni il suo melodic death metal tecnicissimo, tempestoso e alimentato da una furia travolgente.
The End of an Era | Rebirth è composto da una decina di esplosioni sonore dove la parola d’ordine è velocità supersonica, una estremizzazione del sound dei Children Of Bodom, band più vicina agli Inferi di quanto si possa pensare.
Death melodico scandinavo e technical death metal si fondono nelle trame veloci ed intricate degli Inferi, che hanno confezionato un’opera estrema molto interessante.
Un sound che non lascia tregua, e da Gatherings in the Chamber of Madness si viene travolti da una tempesta di note che incollano l’ascoltatore alla poltrona colpendolo con micidiali frustate melodic death suonate a mille all’ora.
Il bello è che il gruppo non perde mai la bussola e l’ascolto se ne giova, tra solos sempre più veloci in cui non mancano melodie di matrice scandinava e le ritmiche dettano l’andatura inumana di tracce violentissime come A New Breed Of Savior, The Warrior’s Infinite Opus e Cursed Unholy.
Quasi un’ora di funambolismi, scale, salite e discese a velocità proibitive e ritmiche forsennate, il tutto pervaso da un talento melodico sorprendente.

Tracklist
1.The Ruin of Mankind
2.Gatherings in the Chamber of Madness
3.The Endless Siege
4.A New Breed of Savior
5.Sentenced to Eternal Life
6.The War Machine Embodiment
7.The Warrior’s Infinite Opus
8.Quest for the Trinity
9.Forged in the Phlegethon
10.Cursed Unholy

Line-up
Malcolm Pugh – Guitars
Mike Low – Guitars
Spencer Moore – Drums
Andrew Kim – Bass
Stevie Boiser – Vocals

INFERI – Facebook

Bleeding Utopia – Where the Light Comes to Die

Un album consigliato senza remore agli amanti del death metal scandinavo che troveranno più di uno spunto proveniente dagli anni d’oro del genere.

Una tempesta di suoni estremi di matrice Swedish death si abbatterà su di voi dopo aver premuto il tasto play del vostro lettore, una forza della natura, implacabile nel suo sfogo senza soluzione di continuità, ma in grado di regalare spunti melodici vincenti e perfettamente incastonati in un sound formato da tuoni e fulmini old school.

Loro sono i Bleeding Utopia da Västerås (Svezia) e Where the Light Comes to Die è il loro terzo album in uscita per Black Lion Records, suonano Swedish Death di matrice old school, melodico quel tanto che basta per valorizzare un approccio assolutamente devastante.
I riff sono comandamenti scritti nelle tavole della legge del genere, solos di ispirazione classica ma con un passo indietro rispetto ad un impatto da death metal band classicamente scandinava.
Il quintetto si può certo definire come una via di mezzo tra Dismember, At The Gates e Primi Edge Of Sanity, con un insana e folle corsa verso lidi slayerani che ne accentuano la vena estrema di brani distruttivi, melodici e debordanti che da Ascendants Of Hate, traccia che da via al bombardamento sonoro, in poi non trova ostacoli.
Where the Light Comes to Die è  senza remore agli amanti del death metal scandinavo che troveranno più di uno spunto in arrivo dagli anni d’oro del genere.

Tracklist
1.Ascendants of Hate
2.Seek Solace in Throes
3.Enhance My Wrath
4.Already Dead
5.Welcome to My Pantheon
6.Crown of Horns
7.Ruthless Torment
8.III and Daunting Perversions
9.Heralds of Hate and Defiance

Line-up
David Ahlen – Bass, Vocals
Andreas Moren – Guitars
Adam Björk – Drums
Kristian Järvenpää – Guitars
Iiro “Ipe” Jarva – Bass

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Lyfordeath – Nullius In Verba

Oscuro, pesante, dai ritmi serrati e dal grande impatto, il sound della band portoghese reclama un posto nelle novità più convincenti del panorama estremo del loro paese e non solo, l’album è un esempio dell’alta qualità dei gruppi lusitani, sempre un passo avanti quando si tratta di metal estremo dalle atmosfere più cupe.

A confermare l’ottima salute della scena estrema portoghese irrompono sul mercato i Lyfordeath, trash/death metal band fuori con il primo lavoro su lunga distanza intitolato Nullius in Verba.

Oscuro, pesante, dai ritmi serrati e dal grande impatto, il sound della band portoghese reclama un posto nelle novità più convincenti del panorama estremo del loro paese e non solo, l’album è un esempio dell’alta qualità dei gruppi lusitani, sempre un passo avanti quando si tratta di metal estremo dalle atmosfere più cupe.
Un’anima progressiva vive tra i solchi di Nullius In Verba, così come le tante sfumature nero/gotiche che portano ai re del metal estremo portoghese, i Moonspell.
Ma attenzione, di black metal nell’album non esiste traccia, fin dall’opener Tenebrae è un oscuro thrash metal potenziato di mid tempo death che detta le regole, avvolto da un drappo nero di ispirazione dark/gothic che invece esalta l’atmosfera di brani davvero pesanti come Mortal, nove minuti in cui litanie doom/dark vengono soppiantate da sfuriate thrash metal per una delle tracce più interessanti dell’album.
Il canto, che raggiunge toni profondi nelle parti più pulite, si avvicina non poco a quello più famoso del sacerdote dei Moonspell, Fernando Ribeiro, mentre l’opera si conclude con le due parti della title track, sunto del credo musicale della band, tra death, thrash, atmosfere dark e poetici passaggi recitati.
Nullius In Verba è un album consigliato agli amanti delle sonorità descritte, una delle tante sorprese che ci riserva l’underground estremo.

Tracklist
1.Prophetia
2.Tenebrae
3.Lumine
4.Dawn of Souls
5.Mortal
6.Carved in the Bones
7.Ignio
8.The Day the Hell Froze
9.Deus Ex Machina
10.Nullius in Verba – Act. 1
11.Nullius in Verba – Act. 2

Line-up
Gil Dias – Vocals
Emanuel Ribeiro – Bass, Back Vocals
João Almeida – Guitar
Carlos Moreira – Guitar
Luís Moreira – Drums

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Destroyers Of All – The Vile Manifesto

Un album consigliato a tutti gli amanti del thrash metal di scuola americana che non disdegnano estremismi ed atmosfere progressive.

The Vile Manifesto è il terzo lavoro dei thrashers portoghesi Destroyers Of All dopo un primo ep licenziato nel 2013 (Into The Fire) ed un secondo lavoro uscito un paio d’anni fa (Bleak Fragments).

Il quintetto di Coimbra se ne esce con un album convincente sotto tutti gli aspetti: il suo death/thrash richiama le sonorità di matrice americana, indurendone l’impatto e mettendo in risalto la propria bravura tecnica con ricami progressivi.
The Vile Manifesto è un gran bel lavoro e il songwriting all’altezza della situazione valorizza questi quaranta minuti di metal effervescente, duro come l’acciaio ma nel quale non mancano sorprese compositive come lo stacco di matrice samba nel bel mezzo del massacro di Destination Unknown.
Non perde colpi questo album, in tutto il suo svolgimento la tensione rimane altissima così come la qualità dei brani che si mantiene su un livello medio alto, regalando bordate death/thrash di grande spessore come l’opener Tohu Wa-Bohu, The Elephant’s Foot e la iper tecnica Sheol.
Un album consigliato a tutti gli amanti del thrash metal di scuola americana che non disdegnano estremismi ed atmosfere progressive.

Tracklist
1.Tohu Wa-Bohu
2.False Idols
3.Destination: Unknown
4.Break the Chains
5.The Elephant’s Foot
6.The Dead Valley
7.Sheol
8.Ashmedai
9.HellFall
10.Kill the Preacher

Line-up
João Mateus – Vocals
Alexandre Correia – Guitar
Guilherme Busato – Guitar
Bruno da Silva – Bass
Filipe Gomes – Drums

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