Hellcraft – Apotheosis Of War

Con Apotheosis Of War siamo nel death metal di matrice americana, suonato con un impatto davvero notevole, grazie a ritmiche efficaci, muri di chitarre alzati a difendere città e growl rabbioso a cantare di sofferenze ed atmosfere brutali.

Il rinnovato interesse per il death metal classico ha portato nuovo entusiasmo ai gruppi storici e fervore nella scena, dove i gruppi nati negli ultimi dieci anni tornano con nuovi e convincenti lavori, come per esempio gli ucraini Hellcraft ed il loro malefico ed estremo parto intitolato Apotheosis Of War.

Il gruppo è in guerra con il mondo da una decina d’anni, l’album in questione è il terzo full length di una discografia che vede altri due album (Антология ужаса del 2010 e Tyranny of Middle Ages licenziato nel 2012) intervallati da un ep, Голод.
Una battaglia combattuta con il supporto della Symbol of Domination Prod, un attacco frontale senza soluzione di continuità tra guerre, orrore e violenze, mentre impera la totale distruzione in un’atmosfera da armageddon.
A livello musicale siamo nel death metal di matrice americana, suonato con un impatto davvero notevole, grazie a ritmiche efficaci, muri di chitarre alzati a difendere città e growl rabbioso a cantare di sofferenze ed atmosfere brutali.
Se vogliamo trovare un difetto all’album, diciamo che i brani tendono ad assomigliarsi un po’ troppo lungo tutta la durata, come se Apotheosis Of War fosse composto da un’unica canzone, un dettaglio che non inficia la prova devastante del quartetto di Berdyansk, con il brano conclusivo When the Sun Goes Out a guadagnarsi la palma di migliore traccia del lotto grazie alle tastiere che rendono il brano ancora più oscuro ed apocalittico.
Un buon lavoro, dunque, per gli Hellcraft, raccomandato agli amanti del death di scuola floridiana.

TRACKLIST
1. Покаяние сквозь боль (The Repentance Through the Pain)
2. Апофеоз войны (Apotheosis of War)
3. Массовое захоронение (Mass Burial Place)
4. Вечная вражда (Eternal Enmity)
5. Под благословением смерти (Under Death Blessing)
6. Изоляция (Isolation)
7. Процесс вырождения (Degeneration Process)
8. Когда погаснет солнце (When the Sun Goes Out)

LINE-UP
Helg – Guitars
Rommel – Guitars
Ailing – Drums
Fill – Vocals

HELLCRAFT – Facebook

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Exhume To Consume – Let The Slaughter Begin

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass: Exhume To Consume.

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass (da Symphonies of Sickness, album del 1989): Exhume To Consume.

Inutile ribellarsi, il covo della bestia ci appare come un rifugio antiatomico, asettico e abbellito da un lettino dove sopra dondolano ganci e catene, un tavolo in un angolo dove si poggiano una serie di ferri chirurgici, in bella mostra su Necroticism – Descanting the Insalubrious, e l’odore del sangue della precedente vittima che riempie le narici e soffoca ogni speranza.
Con una colonna sonora di brutal death metal, dove non manca (e questo è il bello) un lavoro melodico da applausi, la vita ci sfugge sotto le torture del mostro che non risparmia amputazioni ed ogni genere di devastazione corporale splatter /gore, mentre il gruppo intorno a Lucarini ci travolge di metal estremo avvalendosi delle prestazioni sadiche di Sergiu Mincescu (voce), Alessio Reggi (chitarra), Marco Paparella (basso) e Stefano Soprani (batteria).
Ci vuole talento anche ad uccidere, una forma d’arte estrema che si evince nelle sofferenze di chi è vittima, attimi di violenza che nella sua barbarie non mancano di un’eleganza nascosta dal sangue copioso che esce dalle membra lacerate, come le parti melodiche di Hole You Can Eat.
Ma è un attimo, perché il mostro, al minimo accenno di preghiera da parte vostra, torna a fare scempio del vostro corpo senza soluzione di continuità con Bon Appetit (un invito al macello) ed Happy Milf.
La devastante Violated After Death segna questo primo e velocissimo massacro, e l’alternanza tra velocità e rallentamenti sembra accompagnare il lavoro certosino del mostro cannibale.
Per gli amanti del brutal death metal un altro ottimo motivo per seguire la scena nostrana e attenzione … un nuovo mostro gira in città!

TRACKLIST
1.Bon Appetit
2.Violated After Death
3.Happy Milf
4.Hole you can eat

LINE-UP
Sergiu Mircescu – vocals
Alessio Reggi – lead guitar
Gianluca Lucarini – lead guitar/backing vocals
Marco Paparella – bass
Stefano Soprani – drums

EXHUME TO CONSUME – Facebook

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Arkana Code – Brutal Conflict

Brutal Conflict ci offre una band capace di scrivere ottimo death metal tra Death, Obituary, Carcass e sfumature che arrivano direttamente dal freddo delle terre del nord.

Brutali come il conflitto che si consuma sulle note del loro debutto su lunga distanza, arrivano tramite la Metal Scrap i deathsters abruzzesi Arkana Code, con un David Folchitto in più nel motore e tanta voglia di distruggere con questo ottimo lavoro dal titolo Brutal Conflict.

Nati dalle ceneri degli Urdagtyr, dal 2008 il gruppo è attivo con il monicker attuale, anche se dal demo Galleries of Absurde sono passati ben sette anni e c’è stata una rivoluzione nella line up.
La band si ripresenta in forma smagliante con questo nuovo album, una mazzata death metal tecnica e brutale, buona nel songwriting, ottima nelle prestazioni tecniche dei suoi musicisti con la conferma di David Folchitto sul podio dei batteristi estremi nazionali.
Brutal Conflict amalgama la tradizione americana ad una vena nord europea, e gli Arkana Code possono sicuramente andare fieri di quello che hanno creato, perché i quarantacinque minuti circa di battaglia sono da annoverare tra i più belligeranti e convincenti degli ultimi mesi tra gli ascolti nel genere.
Dieci bombe atomiche che non si fermano davanti a nulla, veloci, tecniche, a tratti frenetiche ed assolutamente devastanti, con quella melodia tipicamente scandinava negli assoli e quel tecnicismo progressivo floridiano nelle ritmiche.
Ma gli Arkana Code sono italiani, ed allora i brani mantengono un succulento formato canzone che si fa spazio tra le nefaste e violentissime Oppressor Of Darkness, Mutilated Reality, Mortuary March e Psychiatric Kingdom, per la quale è stato girato un video.
Brutal Conflict ci offre una band capace di scrivere ottimo death metal tra Death, Obituary, Carcass e sfumature che arrivano direttamente dal freddo delle terre del nord: diversi buoni motivi per non perderselo.

TRACKLIST
01. Intro
02. Violent Human Corruption
03. Oppressor Of Darkness
04. Escape From My Mind
05. Tortured By My Mind
06. Mutilated Reality
07. Dismember The Control
08. The Holocaust Horde
09. Mortuary March
10. Psychiatric Kingdom
11. Astral Illusion

LINE-UP
Francesco Torresi – Vocals
Paolo Ponzi – Guitars
Luca Natarella – Guitars
Giusy Bettei – Bass
David Folchitto – Drums

ARKANA CODE – Facebook

Slaughter – Nocturnal Hell, Surrender Or Die

Siamo in un contesto sonoro acerbo, poi sviluppato nei lavori successivi, ma che odora di storia del genere, quindi una ristampa che per alcuni potrà sembrare ormai obsoleta, ma non per i cultori del metal estremo, che troveranno di che godere tra i vari riferimenti a Slayer, Possessed ed Hellhammer.

Quanto mai opportuna ristampa da parte della Vic Records, almeno per gli amanti del death e del thrash, curiosi delle loro origini.

I canadesi Slaughter, infatti, sono una delle band dalla travagliata storia che, con una manciata di demo e due full length, hanno lasciato il loro nome sulla nascita e lo sviluppo del death metal.
Un quartetto thrash metal nato a metà degli anni ottanta, con un sound che accompagnava le scorribande metalliche di Slayer e Possessed, ma che non mancava di inserire growl e rallentamenti che in seguiti sarebbero diventati prerogativa del death metal.
Solo due full length per il gruppo del chitarrista Dave Hewson, uno come Strappado nel 1987, diventato oggetto di culto tra i fans del genere e uno uscito nel 2004 (Fuck Of Death); nella band canadese per un breve periodo militò anche Chuck Schuldiner , mastermind non solo della sua band ma di tutto un genere.
Nocturnal Hell, Surrender Or Die, rimasterizzato e licenziato dalla Vic Records, ormai assurta a ruolo di memoria storica del genere con le sue ristampe di culto, presenta un gruppo minimale che gioca con l’allora genere più estremo in circolazione, passando da velocissimi e furiosi strappi ad atmosfere macabre e mid tempo catacombali.
La produzione grezza ed il suono in alcuni casi ovattato fanno il resto, così da avere tra le mani uno dei primi esempi di thrash/death.
Siamo in un contesto sonoro acerbo, poi sviluppato nei lavori successivi. ma che odora di storia del genere, quindi una ristampa che per alcuni potrà sembrare ormai obsoleta, ma non per i cultori del metal estremo, che troveranno di che godere tra i vari riferimenti a Slayer, Possessed ed Hellhammer.

TRACKLIST
1.Nocturnal Hell
2.One Foot in the Grave
3.Tortured Souls
4.Disintegrator
5.Incinerator
6.Maim to Please
7.Tyrant of Hell
8.Shadow of Death
9.Death Dealer
10.One Foot in the Grave
11.Surrender or Die
12.Eve of Darkness
13.Massacra (Hellhammer cover)
14.Strappado
15.Tales of the Macabre
16.Cult of the Dead (Instro-Mental)

LINE-UP
Dave Hewson – Vocals, Guitars
Terry Sadler – Bass, Vocals
Ron Sumners – Drums

SLAUGHTER – Facebook

Without Mercy – Mouichido

Un gruppo che per gli amanti del genere è un succulento e sanguinolento piatto dove tra Lamb Of God, Cannibal Corpse e Chimaira ci si abbuffa che è un piacere

Il Canada ha un forte legame con la musica metal, specialmente per quanto riguarda i suoni estremi di matrice death metal , anche se in questi ultimi anni, oltre che al tradizionale sound classico e progressive, non mancano ottimi gruppi alternative.

Ma con i Without Mercy si parla di metal estremo, su questo non c’è dubbio, rabbioso, violento ed in bilico (come sembra andare di moda nell’ultimo periodo) tra tradizione e modernità.
Dunque anche il quartetto di Vancouver sale sul carrozzone dove si sono sedute le band emergenti, dal sound che passa da bordate deathcore ad aperture meno sincopate, più veloci, ed in linea con il death metal classico.
Il gruppo, attivo ormai da più di dieci anni, ha dato alle stampe un solo full length omonimo, contornato da tre ep, compreso quest’ultimo Mouichido.
Quattro brani per una ventina di minuti al limite del brutal e bisogna dare atto al gruppo canadese di non lasciarsi andare a facili compromessi, ma di partire all’assalto con un sound estremo ed allucinato, dove le ritmiche moderne fanno da tappeto a solos che richiamano il sound della Bay Area e creando un buon ibrido.
In Waves, devastante brano death brutal core, vede la partecipazione in qualità di ospite di Mark Hunter dei Chimaira, la produzione valorizza la potenza dei quattro brani e la band se la cava senza sbavature.
Un gruppo che per gli amanti del genere è un succulento e sanguinolento piatto dove tra Lamb Of God, Cannibal Corpse e Chimaira ci si abbuffa che è un piacere.

TRACKLIST
1.Worthless
2.In Waves (ft. Mark Hunter of Chimaira)
3.Burn
4.Morphine

LINE-UP
Alex Friis – Vocals
DJ Temple – Guitars
Ryan Loewen – Bass
Matt Helie – Drums

WITHOUT MERCY – Faceboook

Firespawn – The Reprobate

The Reprobate è un album devastante e bellissimo, da avere, ascoltare e riascoltare fino a che il vostro lettore non comincerà a sanguinare.

Album e gruppi si avvicendano nel lettore cd e, chi più chi meno, aggiungono qualcosa di loro alla storia del death metal.

Poi arrivano i Firespawn dalla Svezia, composti da una manciata di musicisti che la storia del death metal l’hanno scritta davvero, un supergruppo capitanato da mister Lars Goran Petrov, non uno qualunque ma il cantante death per eccellenza, quel tipo che con il suo growl animalesco fece innamorare al limite della sottomissione schiere di fans con Left Hand Path dei suoi Entombed e, più avanti, si inventò il death’n’roll con l’altro capolavoro Wolverine Blues.
Insieme a lui troviamo Alex Impaler al basso (Necrophobic e con i Naglfar in sede live), Victor Brandt alla chitarra (Entombed A.D.) a far coppia con Fredrik Folkare (Unleashed, Necrophobic) e Matte Modin alla batteria (Raised Fist, ex-Dark Funeral, ex-Defleshed), così da aver già vinto prima ancora che The Reprobate ci investa con tutta la sua terremotante carica estrema.
Il secondo lavoro dei Firespawn segue di due anni la prima eruzione vulcanica, Shadow Realms, confermando il combo come band vera e propria non solo quale progetto estemporaneo.
Ed infatti The Reprobate risulta quanto di meglio si possa ascoltare all’interno del death old school di scuola scandinava, una lezione di stile perfettamente bilanciata tra Entombed ed Unleashed, devastante, violenta e tempestosa, attraversata da scariche ritmiche devastanti, da una melodia estrema coinvolgente nel gran lavoro della coppia d’asce, e l’orco Petrov che ci investe con tutta la sua intatta potenza.
Per molti sarà un problema questo lavoro, dopo anni passati a criticare un genere che sicuramente non vive di novità, ma si rigenera nella propria forza espressiva, combinando emozioni e tecnica in un sound dove la violenza è nobilitata da un approccio melodico che non ha eguali, specialmente se è creato e suonato con il talento di musicisti come i Firespawn.
Certo è che tra i solchi delle varie Serpent Of The Ocean, dell’accoppiata Damnatio Ad Bestias, Death By Impalement o della title track, troverete solo swedish death metal puro, senza trucchi né inganni, mastodontico monumento al genere interpretato da chi ha contribuito nell’accompagnarlo nel nuovo millennio e lo ha riportato sul trono del metal estremo mondiale.
The Reprobate è un album devastante e bellissimo, da avere, ascoltare e riascoltare fino a che il vostro lettore non comincerà a sanguinare.

TRACKLIST
01. Serpent Of The Ocean
02. Blood Eagle
03. Full Of Hate
04. Damnatio Ad Bestias
05. Death By Impalement
06. Generals Creed
07. The Whitechapel Murderer
08. A Patient Wolf
09. The Reprobate
10. Nightwalkers

LINE-UP
LG Petrov – Vocals
Alex Impaler – Bass
Victor Brandt – Guitar
Fredrik Folkare – Guitar
Matte Modin – Drums

FIRESPAWN – Facebook

Nightrage – The Venomous

Una multinazionale del death melodico che non tradisce neanche questa volta, anzi ci consegna un album a tratti esaltante, tra ritmiche thrash, solos melodici e chorus si stampano in testa al primo giro di giostra.

Benedetto (o maledetto) death metal melodico, quando credi che ormai solo l’underground possa regalare qualche ottima sorpresa, mentre le band storiche continuano a sfornare lavori discreti ma lontani anni luce dai sfavillanti album degli anni novanta, ecco che arriva a far cadere ogni certezza il nuovo lavoro dei Nightrage, gruppo greco/svedese che può tranquillamente essere inserito tra le band portanti del genere , almeno della seconda ondata (quella che portò il sound nato nella penisola scandinava nel nuovo millennio).

Perché The Venomous è davvero un gran bel disco, a metà strada tra il vecchio ed ormai classico sound ed un approccio leggermente più moderno, magari meno calcato che nel precedente album (The Puritan, uscito un paio di anni fa) e che porta la musica del gruppo a camminare perfettamente in bilico tra il death melodico classico dei primi In Flames e quello più moderno e thrash dei Soilwork.
Aggiungete un songwriting ispirato ed una prova sontuosa del buon Marios Iliopoulos alla sei corde, ed avrete uno degli album più riusciti in campo death melodico dell’ultimo anno solare.
I Nightrage hanno visto nel corso degli anni un via vai di musicisti del calibro di Tomas “Tompa” Lindberg e Gus G, altri che si sono dati il cambio dall’alba del nuovo millennio per tutti questi anni e per sette album, sempre diretti da Iliopoulos e dal bassista Anders Hammer .
Una multinazionale del death melodico che non tradisce neanche questa volta, anzi ci consegna un album a tratti esaltante, tra ritmiche thrash, solos melodici e chorus si stampano in testa al primo giro di giostra, ed un’atmosfera che, per chi ha vissuto gli anni d’oro del genere, risulta un ritorno al meglio che può offrire questo sound.
C’è poco da fare, il death metal melodico suonato a questi livelli rimane uno dei generi più esaltanti degli ultimi trent’anni, magari non sarà più una novità, ma brani come la title track, In Abhorrence, From Ashes Into Stone o Trail Of Ghosts riescono nell’impresa di farci tornare, almeno per una cinquantina di minuti, in quel di Göteborg, quando un album del genere era accolto come un regalo di Odino dai fans e dagli addetti ai lavori.

TRACKLIST
1. The Venomous
2. Metamorphosis/Day Of Wrath
3. In Abhorrence
4. Affliction
5. Catharsis
6. Bemoan
7. The Blood
8. From Ashes Into Stone
9. Trail Of Ghosts
10. Disturbia
11. Desolation And Dismay
12. Denial Of The Soul

LINE-UP
Marios Iliopoulos – Guitars
Anders Hammer – Bass
Ronnie Nyman – Vocals
Lawrence Dinamarca – Drums
Magnus Söderman – Guitars

http://www.facebook.com/nightrage/?ref=mf

Hellwitch – Syzygial Miscreancy

Che la band sapesse suonare non c’era alcun dubbio, chiaramente la proposta è più di quanto old school si possa trovare in giro, quindi questa ristampa è consigliata solo agli amanti dei suoni estremi di più datata derivazione.

Considerato dal gruppo come il loro primo full length, torna a tormentare le notti dei deathsters dai gusti old school questo piccolo gioiellino estremo uscito nel lontano 1990 targato Hellwitch.

Syzygial Miscreancy è composto da venticinque minuti di metal estremo di stampo death molto tecnico ed ovviamente di matrice statunitense.
D’altronde lo storico quartetto nasce addirittura a metà degli anni ottanta in Florida, seguendo le orme thrash metal degli Slayer ed in seguito aggiustando il tiro, così da creare un vortice di musica metallica dalla componente death.
La storia del gruppo ha visto vari stop nel corso degli anni, con una discografia incentrata su lavori minori (split e demo) ed un secondo album uscito nel 2009 dal titolo Omnipotent Convocation.
Tornata sul mercato quest’anno con un singolo licenziato dalla Pulverized records, la band che gira intorno allo storico cantante e chitarrista Patrick Ranieri, riporta in scena la sua porzione di violenza musicale, anche se solo con la ristampa del primo album, fatto di un death/thrash tecnico e marcio all’inverosimile, violentissimo, ancora orientato verso il thrash slayerano, ma tecnicamente ineccepibile, ricco di vortici ritmici composti all’inferno e solos taglienti.
Che la band sapesse suonare non c’era alcun dubbio, chiaramente la proposta è più di quanto old school si possa trovare in giro, quindi questa ristampa è consigliata solo agli amanti dei suoni estremi di più datata derivazione.

TRACKLIST
1.The Ascent
2.Nosferatu
3.Viral Exogence
4.Sentient Transmography
5.Mordirivial Dissemination
6.Pyrophoric Seizure
7.Purveyor of Fear

LINE-UP
Patrick Ranieri – Lead guitar/rhythm guitar/vocals
J.P. Brown – Rhythm guitar
Brian Wilson – Drums
Julian David Guillen – Bass (Live)

HELLWITCH – Facebook

Kalopsia – Angelplague

Prendete un pizzico di Malevolent Creation, Slayer, Cannibal Corpse e Dismember ed avrete un cocktail estremo da offrire agli astanti prima che le torture sulla vittima predestinata abbiano inizio

Le orde brutali che per anni hanno attraversato l’Atlantico invadendo il territorio europeo a colpi di brutal death metal, passato il periodo buio hanno riorganizzato le truppe e stanno ricominciando a sbarcare sulle rive del vecchio continente.

Il death metal old school rigenerato nell’underground ha ripreso forza aiutato dalle buone prove dei gruppi storici e dalle ottime performance delle band che, per anni, hanno vissuto nell’ombra; dal New Jersey arrivano i Kalopsia, band fondata dal chitarrista Matt Medeiros dei tripallici Ruinous, dei quali vi abbiamo parlato sul finire dello scorso anno in occasione dell’uscita del belligerante Graves Of Ceaseless Death.
Dunque l’instancabile axeman americano torna dopo pochi mesi con il nuovo lavoro dell’altra sua diabolica ed inumana creatura, i Kalopsia, dall’ormai lontano 1999 abominevole e brutale realtà che non sfigura al cospetto del suo alter ego Ruinous.
Prendete un pizzico di Malevolent Creation, Slayer, Cannibal Corpse e Dismember ed avrete un cocktail estremo da offrire agli astanti prima che le torture sulla vittima predestinata abbiano inizio: i testi gore, infatti, accompagnano la proposta musicale del gruppo che, senza mezzi termini, conquista rivelandosi efferata, brutale ma valorizzata da un songwriting e da un lavoro ritmico entusiasmante.
Grande solista si dimostra Steve Horvath, protagonista di una prova sopra le righe e un inferno sulla terra scatenano i due musicisti ritmici (Justin Spaeth alle pelli e Drew Murphy) mentre il leader è un demonio torturatore al microfono.
At The Serpent Devours e la bellissima Source Of My Evil sono i brani migliori di un album consigliatissimo: ancora un altro centro pieno per Matt Medeiros in evidente stato di grazia.

TRACKLIST
1. Destined to Return
2. As the Serpent Devours
3. Christened Upon the Slab
4. Not Peace But Pestilence
5. Scorched Earth and Blackened Skies
6. Source of My Evil
7. Surge of Terror
8. Bitter Sacraments

LINE-UP
Matt Medeiros – Guitar, Vocals
Justin Spaeth – Drums
Drew Murphy – Bass
Steve Horvath – Lead Guitar

KALOPSIA – Facebook

Dead Season – Prophecies

Non solo Nevermore, anche se è indubbia la forte ispirazione del gruppo americano, ma anche echi death/black di scuola est europea e potenza death metal classica personalizzano il sound di questo ottimo combo transalpino.

I Nevermore di Warrel Dane sono state una delle band più importanti per l’evoluzione del thrash metal, con una serie di lavori imperdibili ed almeno un paio considerati autentiche pietre miliari, come Dreaming Neon Black e Dead Heart In A Dead World: questo tipo di thrash metal oscuro, drammatico e progressivo, valorizzato dalla teatrale voce del leader, possiede anche l’anima dei Dead Season, band transalpina autrice di questo mastodontico lavoro dal titolo Prophecies.

Una storia musicale iniziata più di dieci anni fa, ed un primo lavoro sulla lunga distanza licenziato tre anni fa (From Rust To Dust) contornato da una manciata di opere minori, hanno portato il quintetto francese alla pubblicazione di questo ultimo devastante lavoro, che se porta ben in vista il marchio dei maestri americani, non fa mancare una propria personalità che tradotto vuol dire: sferzate estreme al limite del death/black, un gran lavoro al microfono dove scream, growl ed una splendida voce pulita si danno il cambio, rendendo ancora più varie le atmosfere dei vari brani, ed una prova molto convincente sia a livello di songwriting che tecnico.
Un’ora di musica estrema che non smette di regalare sorprese, un anima prog che si veste di bianco e contrasta quella nera ed estrema in una battaglia che non fa prigionieri ma lascia solo cadaveri sul campo, una serie di brani formidabili e tanta violenza in musica fanno di Prophecies un ottimo album; i brani mantengono un livello altissimo e diventa davvero difficile estrapolare un paio di titoli che più impressionano, anche se Prohibition of God, Ministry Of Thruth e Sexual Binging sono quelli che più risaltano, ma sono convinto che ad un altro ascolto ne nominerei altri tre, proprio per l’elevata qualità generale dei brani che compongono Prophecies.
Non solo Nevermore, anche se è indubbia la forte ispirazione del gruppo americano, ma anche echi death/black di scuola est europea e potenza death metal classica personalizzano il sound di questo ottimo combo transalpino.

TRACKLIST
1.The New Man
2.Blood Links Alienation
3.Prohibition of God
4.Homogenetic
5.Guidestones
6.Ministry of Thruth
7.Endless War
8.Four Minutes of Hate
9.Mind Entertainement
10.Sexual Binging
11.The Dissident Part I
12.The Dissident Part II

LINE-UP
Nicolas Sanson – Bass
Grégoire Galichet – Drums
Guillaume Singer – Guitars
Julien Jacquemond – Vocals

DEAD SEASON – Facebook

Entropia Invictus – Human Pantocrator (Opus Humani)

Tra Septic Flesh, Bal Sagoth e melodic death metal, Human Pantocrator ha le virtù per porsi all’attenzione non solo dei fans del metal sinfonico, ma anche di quello estremo in generale.

Metal estremo di ottima fattura, sinfonico e gotico, oscuro, a tratti magniloquente e vario nel proporre sfuriate di stampo black al più melodico death metal dai rimandi scandinavi.

I protagonisti di questa opera oscura e melodica sono i francesi Entropia Invictus, quartetto attivo da soli due anni ma con le idee chiare sul proprio sound.
Human Pantocrator (Opus Humani) risulta un’opera oscura dove le melodie hanno in mano il sound, anche se growl teatrale e ritmiche violente e veloci irrobustiscono un metal gotico che vive di orchestrazioni cinematografiche, repentini cambi di tempo ed umori, in un contesto che varia tra il black metal sinfonico ed il death metal melodico.
Prodotto benissimo, così da poter godere appieno sia della parte metallica che delle sinfonie classiche, l’album a tratti prende davvero il volo, con sfumature epiche che avvicinano il sound a quanto proposto dai Bal Sagoth (Cosmogenic Pandemonium) con una forte connotazione battagliera che si scontra con quella oscura e gotica dei brani precedenti.
Album curato nei minimi dettagli e che farà la gioia degli amanti del metal estremo sinfonico, Human Pantocrator si fa ascoltare che è un piacere, tra lievi accordi pianistici a smorzare la mastodontica pienezza della musica orchestrale che, con il metal estremo, forma oscure trame epiche ed atmosferici intermezzi dark gotici, dove cori lirici aumentano l’aura di sacrale epicità del sound (Singularity).
In conclusione un album riuscito: tra Septic Flesh, Bal Sagoth e melodic death metal, Human Pantocrator ha le virtù per porsi all’attenzione non solo dei fans del metal sinfonico, ma anche di quello estremo in generale.

TRACKLIST
01. I Will Overcome
02. Euphoria’s End
03. The Builder / The Destroyer
04. In the Attic
05. Cosmogenic Pandemonium
06. Kurzweil’s Dream
07. Singularity
08. Tree of Creation
09. Reflection
10. Imperfect God
11. Among Us

LINE-UP
Jérome Bougaret – Guitars
Jordan Chevreton – Guitars
Laurent Tort: bass
Pierjan Vadeboin – Drums

ENTROPIA INVICTUS – Facebook

Infernäl Mäjesty – No God

No God si presenta a noi come un mastodontico lavoro dalla durata di un’ora in cui il gruppo di Toronto ci travolge con il suo thrash/death violentissimo.

Qui si ripercorre la storia del thrash più estremo e senza compromessi sviluppatosi nella scena underground Canadese.

Gli Infernäl Mäjesty possono essere sicuramente considerati un gruppo storico nella fredda terra a nord degli Stati Uniti, il loro metal estremo distruttivo e maligno porta morte e pestilenze dalla metà degli anni ottanta, dunque la band si porta dietro un’aura leggendaria, ha attraversato trent’anni di musica metallica ed arriva più in forma che mai al traguardo del quarto album di una discografia che ha visto lunghe pause ma anche molti lavori minori.
No God si presenta a noi come un mastodontico lavoro dalla durata di un’ora dove senza compromessi il gruppo di Toronto ci travolge con il suo thrash/death violentissimo, pregno di attitudine evil e valorizzato da un lotto di brani dall’impatto devastante.
Il thrash metal degli Infernäl Mäjesty strizza l’occhio alla scena europea (Kreator), arricchito da molti elementi death e qualche spunto black, tra ritmiche furiose e cattiveria dispensata senza freni.
Licenziato dalla High Roller, l’album è curato nei minimi dettagli, prodotto e registrato benissimo, deflagrando in tutta la sua carica sin dall’opener Enter The World Of The Undead.
La produzione secca e metallica gli conferisce un tocco moderno, così pur vivendo di attitudine old school, il sound risulta una bomba nera scagliata sul mondo, mentre la violenza tout court di In God You Trust ci investe micidiale e senza pietà.
La title track ci ricorda di un mondo senza Dio, mentre la band di Mille Petrozza danza sui cadaveri con gli Slayer, e i fratelli death e black metal intonano canti di morte.
Questo ricorda la musica contenuta in un album in cui Nation Of Assassins é un inferno ritmico, e la coppia conclusiva formata da Systematical Extermination e Extinction Level Event produce una devastante propulsione atta alla più fantomatica distruzione.
Ottime le prove dei musicisti e perfetto l’inserimento di importantissimi elementi melodici che offrono riusciti spunti classici con l’egregio lavoro negli assoli e nei rari momenti atmosferici.
Uun lavoro curatissimo e sorprendete da un gruppo magari poco conosciuto dalle nostre parti ma che, nell’underground, può vantare un prezioso curriculum.

TRACKLIST
1.Enter The World Of The Undead
2. In God You Trust
3. Signs Of Evil
4. Another Day In Hell
5. Kingdom Of Heaven
6. No God
7. False Flag
8. Nation Of Assassins
9. House Of War
10. Systematical Extermination
11. Extinction Level Event

LINE-UP
Christopher Bailey – vocals
Kenny Hallman – guitar
Steve Terror – guitar
Daniel Nargang – bass
Kiel Wilson – drums

INFERNAL MAJESTY – Facebook

AlNamrood – Enkar

Enkar si mantiene sulla linea dei lavori precedenti degli AlNamrood, lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le buone impressioni che ne derivano.

A chi è convinto (un gran numero di persone, purtroppo) che tutti gli arabi, indistintamente, siano dei fanatici devoti ad Allah e pronti a farsi saltare per aria accecati dalla fede per il proprio dio, consiglierei, se non di ascoltare questo disco, quanto meno di prendere atto che esiste chi alla tirannia religiosa prova a ribellarsi anche nei paesi più strettamente connessi con la jihad islamica, quale è appunto l’Arabia Saudita.

Uno strumento di dissenso magari non consueto, e forse anche per questo più efficace, può essere suonare musica metal, un genere che sappiamo non essere visto di buon occhio neppure in paesi teoricamente a minore rischio di integralismo; se poi il tutto si trasforma in un black death dai testi chiaramente antireligiosi, si può ben capire come mai degli AlNamrood si conoscano solo gli pseudonimi, vista la necessità di mantenere l’anonimato per salvare essenzialmente la pelle (pur avendo base i nostri, probabilmente, nel ben più accogliente Canada).
Non si creda peraltro che questo sia un problema esclusivamente islamico: in India, per esempio, gli Heathen Beast, con la loro feroce critica nei confronti della tirannia di matrice induista, corrono esattamente gli stessi rischi. Alla fine il messaggio di tutti questi musicisti coraggiosi è finalizzato a far capire, anche a chi segue culti oggi un po’ più “annacquati” e di convenienza, quanto la religione sia in assoluto il vero cancro del pianeta, il male capace di obnubilare le menti costituendo una delle leve principali manovrate dai dai potenti per controllare le masse.
Venendo all’aspetto prettamente musicale, degli AlNamrood avevamo già parlato in occasione del loro precedente lavoro, apprezzandone il tentativo di fondere le sonorità estreme con quelle tradizionali della propria terra; Enkar si mantiene su questa linea lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le impressioni derivanti dall’ascolto: la musica degli AlNamrood gode di una notevole intensità, è suonata e prodotta in maniera soddisfacente e risulta coinvolgente il giusto, anche se proprio per come è strutturata non sempre scorre in maniera fluida come dovrebbe.
In effetti, il black proposto dal trio arabo ha un andamento piuttosto simile per tutta la durata del lavoro, con rade accelerazioni rispetto alle quali viene privilegiato un mid tempo la cui ritmica si adegua, necessariamente alla particolare metrica della lingua araba: in definitiva, la condizione essenziale per apprezzare Enkar e tutta la precedente produzione degli AlNamrood è quella d’essere appassionati non solo di metal estremo ma anche di sonorità etniche, e mediorientali in particolare.
Non so quante persone rispondano effettivamente a tali requisiti, per cui l’album potrebbe essere anche un buon pretesto, da parte di chi predilige uno dei due aspetti, per fare un full immersion nell’altro. Per quanto mi riguarda, ascolto sempre con piacere soluzioni sonore di questo genere, provando a non farmi influenzare dalla naturale empatia nei confronti di questi ragazzi, anche se mi rendo conto di quanto questi quaranta minuti possano rivelarsi di complessa digestione per molti.
A tutti consiglio di ascoltare una traccia come Ensaf, quella in cui la commistione tra gli strumenti tradizionali ed il metal estremo funziona decisamente meglio: fatto questo passo e presa familiarità con il sound degli AlNamrood, Enkar  potrebbe rivelarsi molto più di una semplice anomalia geo-musicale.

Tracklist:
1. Nabth
2. Halak
3. Xenophobia
4. Estibdad
5. Efsad
6. Estinzaf
7. Ensaf
8. Egwaa
9. Ezdraa
10. Entiqam

Line-up:
Mephisto: Guitars/Bass
Ostron: Middle Eastern Instruments
Humbaba: Vocal

ALNAMROOD – Facebook

Valgrind – Seal Of Phobos

Un ep che riprende la storia del death e la trasporta nel nuovo millennio, un modo per conoscere questa ennesima ottima realtà nostrana ed andarsi a cercare i due precedenti lavori sulla lunga distanza.

All’interno del death metal dalle sembianze più pure ed old school, i Valgrind li possiamo sicuramente definire una band storica, visto che l’anno di inizio delle ostilità segna il 1993; dopo una lunga serie di demo ed un silenzio di una decina d’anni tra il 2002 ed il 2012, il gruppo ha sfornato due full length, Morning Will Come No More e Speech of the Flame, uscito lo scorso anno.

La band emiliana torna a distanza di pochissimo tempo con questo nuovo ep di cinque brani, intitolato Seal Of Phobos, che ribadisce la totale radice old school del sound del gruppo dell’ex Raw Power Gianmarco Agosti e la sua devozione per i Morbid Angel e il death metal floridiano.
Un terremoto sonoro di soffocante bellezza estrema lo sono anche questi cinque brani, che riportano al death suonato nei primi anni novanta, un’infernale parentesi musicale dove lo storico gruppo floridiano viene tributato, non andando oltre all’era Altar Of Madness/Blessed Are The Sick.
In questi tempi di rivalutazione delle sonorità del passato, i Valgrind non mancheranno di stupire chi ancora non li conoscesse, e fin dall’opener The Endless Circle ci investono con la loro diabolica furia estrema senza compromessi.
Seal Of Phobos è un ep che riprende la storia del genere e la trasporta nel nuovo millennio, un modo per conoscere questa ennesima ottima realtà nostrana ed andarsi a cercare i due precedenti lavori sulla lunga distanza, almeno per chi si ritiene amante del genere.

TRACKLIST
01. The Endless Circle
02. New Born Deceit
03. Prelude To Downfall (Interlude)
04. Traitors Will Bleed
05. Ekphora’s Day

LINE-UP
Daniele Lupidi – Vocals, bass
Massimiliano Elia – Guitas, keys
Umberto Poncina – Guitars, keys
Gianmarco Agosti – Drums

VALGRIND – Facebook

Cerebral Extinction – Necro Parasite Anomaly

I brani si succedono come una lunga suite estrema, formata da nove bestiali capitoli in cui l’influenza dei maestri statunitensi è un dettaglio, causa la personalità e l’impatto del duo italiano che non teme confronti.

Sono un duo italiano, e suonano un brutal death di devastanti proporzioni, un enorme terremoto musicale arrivato al secondo e distruttivo episodio, dal titolo Necro Parasite Anomaly.

I Cerebral Extinction sono formati nella line up ufficiale da Shon (chitarra, ex Blessed Dead) e Malshum (voce, Human Waste): nel 2014 hanno dato vita a quello che era il primo tellurico lavoro, dal titolo Inhuman Theory of Chaos, ed ora tornano in tutta la loro devastante violenza in musica con questo nuovo album, un bombardamento sonoro che farà non poche vittime tra gli amanti del brutal death metal di ispirazione statunitense, con la sua mezz’ora di esplosioni estreme che, fin dall’intro Induced Transition, si abbatte come una tempesta sulla costa e a forza di trombe d’aria metalliche sferza, distrugge, tortura ed alla fine elimina ogni forma di vita in un vasto e devastato raggio.
Questo è brutal del più feroce, con blast beat che irrompono come tornado, un growl animalesco che accompagna un tale armageddon senza soluzione di continuità, in un vortice di violenza sadica.
I brani si succedono come una lunga suite estrema, formata da nove bestiali capitoli dove l’influenza dei maestri statunitensi è un dettaglio, causa la personalità e l’impatto del duo nostrano, che non teme confronti e ribadisce l’ottima salute della scena odierna dello stivale.
Inutile ribadire che Necro Parasite Anomaly è caldamente consigliato agli amanti del genere.

TRACKLIST
1.Induced Transition
2.Logic and Conspiracy
3.Nemesis the City of Madness (Part I)
4.Collision Identity
5.Nemesis the City of Madness (Part II)
6.Obscure Portal
7.Necro Parasite Anomaly
8.Face to Face
9.The End of All Worlds

LINE-UP
Shon – Guitars
Malshum – Vocals

CEREBRAL EXTINCTION – Facebook

Morbid Flesh – Rites Of The Mangled

I Morbid Rites vengono dalla Catalogna e fanno un death metal vecchia scuola in quota svedese molto valido e ben suonato.

I Morbid Flesh vengono dalla Catalogna e fanno un death metal vecchia scuola in quota svedese molto valido e ben suonato.

Nato nel 2007 il gruppo è arrivato con questo disco al secondo episodio della loro discografia su lunga distanza. Il loro suono è un ottimo death metal in stile svedese, suonato senza fronzoli e con molta passione. I Morbid Flesh, sin dal nome, mantengono ciò che promettono, e fanno un disco molto preciso e violento, con quel tipo di approccio che tanto piace ai fans del death metal più classico. Questo tipo di suono si fa amare per la sua cattiveria e potenza, per quell’impasto sonoro così speciale e malato che si crea tra la voce, la chitarra ed il basso distorti e la batteria che viaggia. Dischi come questo sono i migliori per accompagnare la vita di un deathster, che rimarrà sempre fedele a questo sound: quello dei Morbid Flesh esce così bene grazie anche all’ottima produzione di Javi Felez, che si è occupato di tutta la produzione e masterizzazione del disco. Il gruppo catalano vi entrerà dentro, lasciandovi quel classico gran bel gusto di odio e violenza in un contesto molto marcio che è poi l’essenza del death metal: il loro macina ogni cosa, rompendo ossa e passando sopra a cadaveri ancora caldi, e il disco dura il giusto per farci assaporare in pieno queste sensazioni.
Rites Of The Mangled è un gran bel disco di death metal vecchia scuola e ogni amante di questo sono dovrebbe dargli una possibilità.

TRACKLIST
1.Circle Cursed
2.Burn The Entrails
3.Banished To Oblivion
4.Heretics Hammer
5.Feeding Mallows
6.Incantation
7.Evil Behind You

LINE-UP
Makeda – Bass
Mitchfinder General – Drums
C. – Guitars
Gusi – Guitars, Vocals (backing), Drums
Vali – Vocals

MORBID FLESH – Facebook

Arch Enemy – As The Stage Burn!

Live dal palco di Wacken per gli Arch Enemy, gruppo storico del death metal melodico scandinavo.

Il Wacken dello scorso anno aveva ospitato gli Arch Enemy per un concerto evento registrato con tutti i crismi, un’opera mastodontica che puntualmente arriva sugli scaffali dei negozi in vari formati, dallo spettacolare supporto video al semplice cd.

MetalEyes ha avuto l’occasione di ascoltare la versione audio digitale, un live di proporzioni ampie che va a sfiorare i settanta minuti, spettacolare esempio di death metal melodico che, nel caso del gruppo svedese, oltre a confermare l’importanza e la qualità altissima della sua musica, ci dà la possibilità di glorificare le prestazioni degli ultimi arrivati in casa Amott: il chitarrista Jeff Loomis (ex Nevermore) e la bravissima e bellissima cantante Alissa White-Gluz, tigre indomabile che non fa rimpiangere la pur brava Angela Gossow.
Death metal melodico sotto il segno della nuova vocalist dunque, davvero una belva assettata di sangue che graffia, morde, fa scempio dei cuori e dei padiglioni auricolari dei fans presenti al festival metal più importante del mondo.
Il gruppo che gli gira intorno è una macchina da guerra perfetta, con Amott e Loomis a formare una coppia d’assi alle sei corde, e la sezione ritmica che bombarda da par suo con gli storici Daniel Erlandsson alle pelli ed il mastodontico Sharlee D’Angelo al basso.
Un concerto esaltante, che esplode letteralmente dagli altoparlanti e che, ovviamente, dà maggior spazio agli ultimi due album, Khaos Legion e War Eternal, primo lavoro con la blucrinita cantante.
Non mancano i brani storici, a completare un perfetto concerto di uno dei gruppi più amati del death metal melodico scandinavo e As The Stage Burn!, lascia la sensazione di una tappa fondamentale per gli Arch Enemy, un periodo immortalato e concluso prima di riprendere il cammino fatto obbligatoriamente di un nuovo album.
Non potendo giudicare le immagini vi lasciamo con il consiglio di non perdervi comunque anche la sola versione cd, per i fans del gruppo si tratta di un live imperdibile.

TRACKLIST
01. Khaos Overture (Live At Wacken 2016)
02. Yesterday Is Dead And Gone (Live At Wacken 2016)
03. War Eternal (Live At Wacken 2016)
04. Ravenous (Live At Wacken 2016)
05. Stolen Life (Live At Wacken 2016)
06. My Apocalypse (Live At Wacken 2016)
07. You Will Know My Name (Live At Wacken 2016)
08. Bloodstained Cross (Live At Wacken 2016)
09. Under Black Flags We March (Live At Wacken 2016)
10. As The Pages Burn (Live At Wacken 2016)
11. Dead Eyes See No Future (Live At Wacken 2016)
12. Avalanche (Live At Wacken 2016)
13. No Gods, No Masters (Live At Wacken 2016)
14. We Will Rise (Live At Wacken 2016)
15. Nemisis (Live At Wacken 2016)
16. Fields Of Desolation (Live At Wacken 2016)

LINE-UP
Michael Amott – guitars
Daniel Erlandsson – drums
Sharlee D’Angelo – bass
Jeff Loomis – guitars
Alissa White-Gluz – vocals

ARCH ENEMY – Facebook

Gutted – Martyr Creation

Nel genere l’album risulta uno dei migliori sentiti in questo inizio anno: se siete fans del brutal death metal di scuola statunitense, buttatevi senza esitazione su questo delirio estremo partorito dagli ungheresi Gutted.

Un intro orchestrale ci accompagna davanti alle porte della casa del mostro che si spalanca alle prime note della devastante Cosmos Of Humans, opener del nuovo massacro sonoro targato Gutted.

Il gruppo ungherese, nato da poco più di dieci anni, torna dunque con un nuovo disfacimento sonoro a base di brutal death metal: il quarto album di questa premiata ditta di serial killer provenienti dall’est.
Licenziato dalla Xtreem Music il lavoro di questa band, che prende il nome da un brano storico dei Cannibal Corpse, segue proprio gli insegnamenti del gruppo americano, e lo fa alla perfezione, vista l’ottima qualità di questo cattivissimo lavoro intitolato Martyr Creation:
mezz’ora di distruzione totale, un armageddon di suoni estremi sviluppati su ritmiche che non scendono sotto velocità inumane, mentre le poche varianti atmosferiche sono raggelanti attimi di puro orrore (le voci di bambini su Deeper Than Hell, da cui il gruppo ha tratti un video).
In stato di grazia il songwriting, tanto che Martyr Creation riesce ad avere un appeal che sorprende nel genere, risultando un ascolto gradito anche per i deathsters dai gusti più pacati.
Fades Away è un vortice infernale da cui uscire diventa un’ impresa ardua, mentre l’atmosfera rimane perennemente in balia delle torture ed efferatezze raccontate dal vocione di Sándor Hajnali.
Nel genere, l’album risulta uno dei migliori sentiti in questo inizio anno: se siete fans del brutal death metal di scuola statunitense, buttatevi senza esitazione su questo delirio estremo partorito dagli ungheresi Gutted.

TRACKLIST
1.Chaos of the Beginning (Intro)
2.Cosmos of Humans
3.False Happiness
4.Consuming Life
5.Deeper than Hell
6.Fades Away
7.Kings of Emptiness
8.Hell Dwells Inside
9.Into Oblivion
10.Atrophied Existence (Outro)

LINE-UP
Sándor Hajnali – Vocals, all lyrics
Gábor Drótos – Guitars, song writing
Sándor Tamás – Drums
András Horváth – Guitars (Live Musician)
Péter Lipák – Bass (Live Musician)

GUTTED – Facebook

Svart Crown – Abreaction

Un uso molto originale delle ritmiche per una band death/black (tra groove e percussioni tribali), la pesantezza sonora che si spinge fino a toccare lidi doom ed un songwriting vario e per nulla ripetitivo, spostano sicuramente la ragione dalla parte del gruppo nizzardo

Gli Svart Crown arrivano con Abreaction a quello che, di fatto, è l’album più importante della loro carriera e se la missione era quella di confermare il fiuto della Century Media, l’obiettivo è stato raggiunto.

Un uso molto originale delle ritmiche per una band death/black (tra groove e percussioni tribali), la pesantezza sonora che si spinge fino a toccare lidi doom ed un songwriting vario e per nulla ripetitivo, spostano sicuramente la ragione dalla parte del gruppo nizzardo, realtà oscura e perversa, occulta e blasfema, protagonista di un album estremo, maligno ed affascinate.
Non solo furia death/black dunque, ma atmosfere che variano, malatissime e contorte (The Pact: To the Devil His Due) così da non peccare di immobilismo come alcuni gruppi, magari più famosi ma dal compitino eseguito perfettamente da anni, variando l’estremismo tipico del metal estremo alla Behemoth con rallentamenti fusi in lava nera come la pece; il sangue spesso cola dalle fauci del demone, tra liturgie dannate e doom/death d’alta scuola, mentre le varianti tribali di ritmiche infernali conducono alla pazzia e alla danza prima della dannazione eterna.
JB Le Bail e compagni non lesinano sperimentazioni, cori monastici ed atmosfere da chiese sconsacrate, mentre gli episodi migliori sono proprio i più originali ed imprevedibili, nei quali la pesantezza delle atmosfere si scontra con una serie di spunti non così comuni nei gruppi del genere.
Khimba Rites, Transsubstantiation e Nganda sono gli episodi migliori, a cui si aggiunge Tentacion, un dark western alla Fields Of The Nephilim attraversato da un’oscura aura black che lo rende un brano strumentale atipico e da brividi.
In conclusione, un album riuscito ed una band che troverà la giusta attenzione da parte degli amanti dei suoni estremi, ai quali è consigliato l’ascolto di questa opera oscura, sinistra ed atmosferica.

TRACKLIST
1.Golden Sacrament
2.Carcosa
3.The Pact: To the Devil His Due
4.Upon This Intimate Madness
5.Khimba Rites
6.Tentacion
7.Orgasmic Spiritual Ecstasy
8.Transsubstantiation
9.Emphatic Illusion
10.Lwas
11.Nganda

LINE-UP
JB Le Bail – Vocals/Guitar
Ludovic Veyssière – Bass guitar
Kévin Paradis – Drums
Kevin Verlay – Guitar

SVART CROWN – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=hRaSi1IFaaM

Damnation Plan – Reality Illusion

Progressive death metal che si contorna di ritornelli melodici che ricordano a più riprese quelli in uso nell’abusato metalcore, anche se qui non siamo negli Stati Uniti ma in Scandinavia, ed il sound dei Damnation Plan si rivolge ai gusti degli amanti del death metal melodico.

Progressive death metal che si contorna di ritornelli melodici che ricordano a più riprese quelli in uso nell’abusato metalcore, anche se qui non siamo negli Stati Uniti ma in Scandinavia, ed il sound dei Damnation Plan si rivolge ai gusti degli amanti del death metal melodico.

In breve la descrizione di questo lavoro potrebbe concludersi così, ma fortunatamente Reality Illusion non si ferma alle apparenze e risulta nel suo complesso un buon lavoro.
Partiamo dal primo ed importantissimo tassello: il mixing dell’album è stato affidato al sapiente Dan Swanö, una garanzia di qualità per i fans del genere, l’album non si perde in facili ed abusate atmosfere alla Opeth (tanto per levare ogni dubbio) ma è caricato a pallettoni estremi con la scritta At The Gates in bella evidenza sul calcio della mitragliatrice, mentre l’uso metodico della doppia voce (scream e pulita) lascia come detto un sapore amaro di metalcore.
Il sound di brani come Beyond These Walls e Rules Of Truth è un death melodico dalle ritmiche frenetiche, tra At The Gates e Soilwork, le sfumature progressive si fanno largo tra chorus moderni, l’alternanza tra lo scream e le cleans ispira note che arrivano dalle coste statunitensi più che perse nelle nostalgiche valli innevate della Finlandia, creando un sound perennemente in bilico tra le due tradizioni che ispirano la musica del gruppo.
The Empowerment e Maze Of Despair, oltre ad essere il cuore dell’album sono le prime avvisaglie di una sterzata verso il death melodico progressivo e qui i Damnation Plan inseriscono una marcia in più, confermato dall’epico incedere di Iron Curtain Falls, mentre la title track torna a parlare americano e manda Reality Illusion verso la conclusione viaggiando su strade già percorse con le prime tracce.
Per la cronaca Don’t Talk To Strangers, cover dello storico brano di Dio, conclude un album che vive dei contrasti tra le due correnti principali che ispirano il sound del gruppo, se sia pregio o difetto giudicate voi, a mio parere una decisa sterzata verso il death metal progressivo sarebbe più consono alla musica dei Damnation Plan.

TRACKLIST
1. Intro
2. Beyond These Walls
3. Rulers Of Truth
4. Rise Of The Messenger
5. Blinded Faith
6. The Empowerment
7. Maze Of Despair
8. Iron Curtain Falls
9. Reality Illusion
10. A Chapter In Greed
11. The Final Destination
12. Don’t Talk To Strangers (Dio Cover)

LINE-UP
Tommy Tuovinen – Vocals
Asim Searah – Vocals
Kalle Niininen – Guitars
Annti Lauri – Guitars
Jukka Vehkamaa – Bass
Jarkko Lunnas – Drums

DAMNATION PLAN – Facebook