GxSxD – The Adversary

La guerra personale dei GxSxD è inarrestabile, pregna di morte e paura focalizzate in un sound oltremodo ispirato e dalle sfumature oscure che non risparmiano atmosfere raggelanti.

Una bomba questa mezzora circa di metal estremo proveniente dal paese del sol levante, precisamente da Okayama, e secondo full length dei samurai estremi GxSxD (God Send Death), dopo dieci anni esatti dal primo omonimo album e da una buona raccolta di split e demo.

Per questo nuovo lavoro in uscita per la Pulverised Records, la band nipponica ha fatto le cose in grande iniziando dall’artwork, curato dall’illustratore svedese Pär Olofsson (Exodus, Malevolent Creation, Immolation, Demonaz), mentre le registrazioni sono state lasciate alle mani esperte di Wojtek and Slawek Wieslawski ai Notorious Hertz Studio (Vader, Decapitated, Behemoth, Hate).
Con queste premesse ci si aspettava musica devastante e dal grande impatto ed infatti The Adversary è un buon esempio di death metal old school forgiato nelle caverne dove, a suo tempo, sono stati creati tra le fiamme i lavori di Vader e Behemoth.
Ma il gruppo ha dalla sua un tocco statunitense che riecheggia tra le spire di questo malefico rettile che si attorciglia e stritola, ingoia famelico le proprie vittime e rigurgita violenza, brutale e senza compromessi.
Strutturato infatti come un lavoro brutal i brani raggiungono al massimo i tre minuti di durata, un bene perché il risultato è un’opera senza orpelli, tredici brani sparati , veloci e disarmanti nella loro fredda e disumana foga.
Non male i solos di chitarre che urlano dolore dall’inizio alla fine, in un’atmosfera che si incendia al passaggio di questi monolitici e pesantissimi brani che non risparmiano ritmiche impressionati e trasudano sangue a volontà.
Il growl è ispirato e personale, la guerra personale dei GxSxD è inarrestabile, pregna di morte e paura focalizzate in un sound oltremodo ispirato e dalle sfumature oscure che non risparmiano atmosfere raggelanti.
Un ottimo lavoro, che va sparato fino alla fine e che tutto di un fiato va fatto proprio, come il pasto di un gigantesco rettile. Consigliato.

TRACKLIST
1. To Die For
2. Another
3. The Abbyss
4. Mercy Killing
5. Requiem
6. Choices
7. Chaos World
8. Squall
9. Nightmare
10. Await
11. Abhorrence
12. Day of Suffering
13. Fate

LINE-UP
Yu Sato – Bass
Yohsuke Oka – Bass, Guitars, Vocals
Ikunaga Mimura – Drums
Yusuke Oka – Guitars, Vocals

GxSxD – Facebook

 

Myth Of A Life – She Who Invites

La grande tecnica fa brillare questa dozzina di brani urlanti, cattivissimi e colmi di melodie chitarristiche taglienti ed incredibilmente cool

Gran bel lavoro per questa melodic death metal band inglese, di stanza a Sheffield ma dai componenti di varia origine internazionale: i Myth Of A Life, infatti, fin dall’inizio dell’attività hanno sempre avuto problemi di formazione, se è vero che la line up all’opera su questo ottimo lavoro è già cambiata di ben tre elementi su quattro.

Un dettaglio visto l’enorme potenziale del gruppo che, dopo l’ep Erinyes uscito un paio di anni fa, licenziano, sotto l’ala della Sleaszy Rider, She Who Invites, debutto sulla lunga distanza.
Dicevamo della line up: oltre al vocalist Phil “Core’’ Dellas (unico membro superstite), sull’album troviamo Takanori Shono alla sei corde, , Charlie Power al basso, ed il nostro Damiano Porcelli, dei deathsters Golem, alla batteria; questi ultimi tre sono stati sostituiti, rispettivamente, da William Price, Liam Banks ed Alexander Bound
She Who Invites risulta un gran bel disco, furioso, spettacolare nelle melodie, travolgente nelle ritmiche e perfettamente cantato usando growl e screaming iin un delirio di melodic death metal dai rimandi scandinavi, velocissimo e suonato alla grande.
La grande tecnica fa brillare questa dozzina di brani urlanti, cattivissimi e colmi di melodie chitarristiche taglienti ed incredibilmente cool, un uragano estremo insomma che torna a valorizzare l’ormai bistrattato death metal melodico.
Non un calo di qualità nelle composizioni e tanta voglia di far male, fanno di She Who Invites  un ottimo esempio di come il genere, se suonato a questi livelli, riesca a regalare emozioni forti all’ascoltatore, letteralmente travolto dalla furiosa carica che la band sfoga su brani irresistibili come Scourged and Crucified e Lobotomized.
Blast beat, ritmiche al fulmicotone, solos che trasudano melodie e qualche ritmo sincopato, permettono all’album di mettere tutti d’accordo, sia chi ama la tradizione del genere, ma anche chi sta crescendo con le nuove sonorità, più in linea con la scuola americana.
Ancora Taking Back What Is Mine e Pull the Trigger mettono a ferro e fuoco i padiglioni auricolari, la band sembra un leone in gabbia, feroce parte all’assalto, morde con riff taglenti, stacca arti con ritmiche intricate e suonate a velocità impressionanti ma mantenendo un appeal clamoroso in tutti i brani che compongono questo piccolo monumento al death metal melodico.
Le influenze sono le solite di ogni gruppo che guarda al nord dell’Europa, con l’aggiunta assolutamente perfetta di una carica ritmica moderna che ne fa un bellissimo esempio di metal estremo targato 2016.

TRACKLIST
1. Codex Of Betrayal
2. Scourged and Crucified
3. Lobotomized
4. Erinyes
5. Taking Back What Is Mine
6. Pull The Trigger
7. Broken
8. Through The River
9. She Who Invites
10. Waiting To Die
11. Murder
12. Burning Vision

RECORDING LINE-UP
Takanori Shono – guitars
Phil ‘’Core’’ Dellas – vocals
Charlie Power – bass
Damiano Porcelli – drums

CURRENT LINE-UP
Phil ‘’Core’’ Dellas – vocals
Alexander Bond – drums
William Price – guitars
Liam Banks – bass

MYTH OF A LIFE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=XCRzBzSszag

Segregacion Primordial – I

Il loro è un death metal furioso e senza compromessi, fortemente e volontariamente underground.

Death metal brutale dal Cile, in cassetta e piena di morte analogica.

Quattro canzoni di lunga durata e di invocazioni all’apertura di neri portali nel vostro cervello. Attivi nell’underground del Cile dal 2011, i Segregacion Primordial hanno pubblicato prima di questo un album, due demo ed un ep. Questa cassetta fa parte di un attacco ai nostri padiglioni auricolari lanciato questa estate dalla Signal Rex, un’etichetta portoghese che sta pubblicando cose molto rimarchevoli, e questa cassetta è death metal di alto livello. Canzoni lunghe ed ossessive, che grattano con le loro distorsioni primordiali, il cantato cavernoso, che aiutano a comporre un quadro macabro e potente. I cileni si lanciano in cavalcate di sette e più minuti, con ristagni paludosi, o furiose accettate su teste ignavi. Il loro è un death metal furioso e senza compromessi, fortemente e volontariamente underground, sena fronzoli ed invenzioni ulteriori, ma solo tanta sostanza e fantasia, componente fondamentale del death metal. Gran bella cassetta di furia distorta per la band di Temuco.

TRACKLIST
01. Intro
02. Autocontemplacion
03. Inmersion
04. Bonus

SIGNAL REX – Facebook

Harvest – Omnivorous

Il gruppo riesce a coinvolgere per mezzo di una carica esplosiva dal buon impatto, anche se si può certamente migliorare, visto le buone potenzialità ed i piccoli difetti riscontrabili di norma in un’opera prima.

Nel nostro girovagare tra le scene metalliche mondiali giungiamo a Panama e, nella capitale, incontriamo i deathsters Harvest.

Omnivorous è un ep di sei brani più intro, che segue la tradizione estrema aggiungendo tonnellate di groove ed un’urgenza hardcore, specialmente nel growl ed in qualche riff.
La principale influenza del gruppo centroamericano sono i primi Sepultura, ma la band si muove con sufficente disinvoltura tra varie correnti senza perdere un grammo nell’impatto pesantissimo che le chitarre sature di groove imprimono al sound.
Un sound che implode, mai troppo veloce ma sofferto e cadenzato , una rabbia che si muove tra le sonorità estreme del death metal classico e la travolgente monolicità dei suoni estremi moderni, colpendo al volto con forza micidiale.
Non varia di molto l’atmosfera delle tracce, tutte pesantissime mentre scorrono nel vostro lettore una più roboante dell’altra con Hellraiser e la title track (la prima dal mood apocalittico, la seconda più varia e sostenuta dagli interventi di una clean vocal) che risultano quelle più interessanti dell’intera raccolta.
Non male come inizio, il gruppo sa tenere alta la tensione e la rabbia sprigionata avvolge Omnivorous in un’aura di drammaticità congeniata a dovere per descrivere il caos che ci circonda in questo nuovo millennio.
Il gruppo riesce a coinvolgere per mezzo di una carica esplosiva dal buon impatto, anche se si può certamente migliorare, visto le buone potenzialità ed i piccoli difetti riscontrabili di norma in un’opera prima.
La band per il futuro potrebbe riservare qualche sorpresa, magari con una sterzata decisa verso sonorità moderne che potrebbe essere opportuna, vista la buona riuscita dei brani che più si avvicinano al sound proposto dalle groove metal band odierne.

TRACKLIST
1. Intro (Wicked Beauty)
2. Lavinia
3. Medusoide
4. King of Nothing
5. Hellraiser
6. Omnivorous
7. Letchworth Hell

LINE-UP
Jocelyn Amado – Drums
Jaime “Ricky” Moreno – Guitars
Ernesto Gómez – Vocals

HARVEST – Facebook

Liquid Graveyard – By Nature So Perverse

By Nature So Perverse non manca di destabilizzare con sperimentazioni ritmiche, umori industriali ed un approccio al death/grind moderno, melodico e affascinante.

Ancora in preda a convulsioni procurate da quel monolito power/thrash che risulta l’ultimo lavoro del supergruppo statunitense Shatter Messiah, arriva come un treno in corsa il nuovo lavoro dei Liquid Graveyard, altro supergruppo, questa volta molto più estremo e tutto europeo, licenziato ancora dalla Sleaszy Rider Records che, specialmente con queste due releases, sale di diritto sul podio delle label underground dell’ultimo periodo.

Una soddisfazione per Iyezine, che ha creduto nel lavoro della label greca, non mancando di supportare i vari gruppi che le sono stati presentati, tutti di ottimo livello e dalle più svariate sonorità.
Ma torniamo a noi, o meglio ai Liquid Graveyard, combo estremo che vede collaborare tre icone storiche delle sonorità estreme: Shane Embury, enorme (in tutti i sensi) bassista dei re del grind Napalm Death e di altre decine di band tra cui Brujeria, Lock Up, Blood from the Soul e Meathook Seed, John Walker chitarrista dei seminali deathsters britannici Cancer e Nicholas Barker, inumano batterista che ha prestato le sue bacchette a praticamente tutti i migliori act black/death in circolazione (Cradle Of Filth, Dimmu Borgir, Atrocity e Benediction, ma non basterebbe un elenco telefonico per nominarli tutti), con dietro al microfono il growl della cantante Raquel Walker, moglie del chitarrista.
By Nature So Perverse è il terzo lavoro dei Liquid Graveyard (dopo On Evil Days e The Fifth Time I Died, gruppo che non manca di esaudire i desideri estremi dei fans delle band in cui i musicisti hanno militato, specialmente quelle più death oriented, ma non manca di destabilizzare con sperimentazioni ritmiche, umori industriali ed un approccio al death/grind moderno, melodico e affascinante.
Si passa così da brani arrembanti, segnati da una produzione fredda e sintetica, ad altri più ragionati e sconvolti da frenate ritmiche che inducono a sfumature apocalittiche, in un susseguirsi di atmosfere terremotanti.
Grande il lavoro di Barker, un vulcano che esplode ad ogni colpo di bacchetta sulle pelli e notevole il growl della Walker, rabbioso e pregno di attitudine black, mentre i riff del consorte godono di una monoliticità esponenziale così come Shane Embury, di coppia con il drummer, forma una sezione ritmica da infarto, potentissima nelle parti doom, devastante quando la furia grind si impossessa del sound.
La classe non è acqua ed il songwriting, pur nella sua natura estrema, appare ragionato; la furia metallica, così come la potenza devastante, è tenuta a freno puntando sulle atmosfere, estremizzate da una patina di lucida e sintetica pazzia, come un serial killer che nel suo covo, con calma mette in fila gli attrezzi del mestiere prima di accanirsi sulla vittima in un penzolare continuo di ganci e catene, asettico, pulito, senza anima ne pietà.
Un bellissimo ed affascinante lavoro estremo, inutile annoiarvi con track by track o riferimenti più o meno espliciti ma che non renderebbero giustizia ai nomi altisonanti che compongono il gruppo. Fatelo vostro.

TRACKLIST
1. Oppengrinder
2. Motherhate
3. Influence Corrupt
4. Mechanism
5. The Opportunist
6. By Nature So Perverse
7. All Bile All Vile
8. Clonenations
9. Sour Conspiracy
10. Red Eyed Angel
11. Onkalo
12. Outrophy

LINE-UP
John Walker – guitars, backing vocals
Shane Embury – bass
Nick Barker – drums
Raquel Walker – vocals

LIQUID GRAVEYARD – Facebook

Tomb Mold – The Bottomless Perdition

Il suono è davvero piacevolmente vecchia scuola, e ricorda perché il death metal ci piace così’ tanto, con quelle cavalcate senza un domani.

Ristampa del primo demo dei Tomb Mold, duo di Toronto dedito ad un death metal old school molto vicino al death finlandese anni novanta.

Questo demo è la loro prima uscita per al Blood Harvest, che pubblicherà in futuro anche il loro secondo demo ed il debutto sulla lunga distanza. Il duo ha cominciato le sue esperienze musicali nella scena punk hardcore di Toronto, e queste radici emergono nel demo. L’urgenza e l’energia dei Tomb Mold vengono da quel pregresso, e si vanno a fondere con una furia death metal notevole. I due componenti dei Tomb Mold, Derrick Vella e Max Klebanoff, hanno militato in diversi gruppi prima di incontrarsi e di buttarsi in questa esperienza, che già a partire dal primo demo sarà devastante e furiosa. La produzione è abbastanza lo fi anche se non troppo, e ciò non depone a loro sfavore. I Tomb Mold picchiano duro, con una voce che sembrar arrivare da dove nascono i nostri peggiori incubi, e non lasciano tregua all’ascoltatore, rinverdendo i fasti di un death metal che difficilmente si riesce a sentire oggigiorno. Il suono è davvero piacevolmente vecchia scuola, e ricorda perché il death metal ci piace così’ tanto, con quelle cavalcate senza un domani, con la potenza e la distorsione al massimo, e il growl che ci guarda dall’alto. Come dichiarazione di intenti è davvero buona, e ci si aspetta il secondo massacro, che speriamo arrivi a breve. Una band dalle grosse e maligne potenzialità.

TRACKLIST
01. (Regions Of Sorrow) Intro_Demon
02. Bereavement Of Flesh
03. Valley Of Defilement
04. The Bottomless Perdition

LINE-UP
Derrick Vella
Max Klebanoff

BLOOD HARVEST – Facebook

Wired Anxiety – The Delirium Of Negation

Il gruppo vale assolutamente l’ascolto e l’ep è di quelli che creano aspettative in chi impegna i propri ascolti nel metal estremo underground.

Band che si aggira per i vicoli di Mumbai dal 2009, i Wired Anxiety, dopo aver esordito con l’ep The Eternal Maze nel 2012, tornano tramite la Transcending Obscurity con questo nuovo lavoro, un ep di quattro brani dal titolo The Delirium Of Negation.

Bene ha fatto la label nel supportare il gruppo, visto il buon potenziale del quartetto e l’ottimo lavoro che, se pur di breve durata, lascia presagire un futuro più che roseo per il combo indiano.
Dall’opener Test Subject: Human, infatti, la band non lascia scampo puntando sulla potenza e l’abbondare di ritmiche colma di groove, una tecnica più che buona e monolitici mid tempo che si alternano ad atmosfere al limite del brutal.
Dalla voce brutale, alle spaventose accelerazioni è tutto un susseguirsi di frenate e ripartenze, sorrette da un songwriting elevato che permette ai brani di differenziarsi uno dall’altro ed alla band di lasciare un’ottima impressione su chi ascolta.
Si passa così da momenti ragionati che richiamano il death old school, a devastanti performance che del brutal tecnico prendono l’attacco frontale di squisite performance esecutive.
Heavily Sedated risulta un brano clamoroso in questo senso, ma non sfigurano neanche gli altri, purtroppo per noi, pochi brani in scaletta come Severe Comorbidity e la conclusiva Focus 22.
Poco altro da aggiungere se non che il gruppo vale assolutamente l’ascolto e l’ep è di quelli che creano aspettative in chi impegna i propri ascolti nel metal estremo underground.
Altra ottima scoperta da parte della Transcending Obscurity e ascolto obbligato peri i fans del genere.

TRACKLIST
1. Test Subject: Human
2. Heavily Sedated
3. Severe Comorbidity
4. Focus 22

LINE-UP
Sumeet Ninawe – Drums
Adwait Jadhav – Bass
Dheeraj Govindraju – Vocals
Naval Katoch – Guitars

WIRED ANXIETY – Facebook

Paganizer – On the Outskirts of Hades

Dopo quasi vent’anni di attività, il gruppo svedese dimostra ancora una volta di essere una top band nel genere, straordinaria portatrice nel nuovo millennio del macabro verbo di Dismember, Grave e compagnia.

La label indiana Transcending Obscurity è diventata in questi ultimi anni un punto di riferimento per il metal estremo non solo proveniente dalla propria terra ma addirittura mondiale, almeno in ambito underground.

Il colpo dell’anno per la label asiatica è stato mettere le grinfie sui leggendari Paganizer, death metal band svedese con a capo l’instancabile Rogga Johansson, mente e braccio di un interminabile elenco di gruppi che hanno messo a ferro e fuoco questi ultimi due o tre anni metallici.
Down Among the Dead Men, Johansson & Speckmann, Megascavenger, Necrogod, Putrevore, Revolting, The Grotesquery, sono solo alcune delle band delle quali il buon Rogga è ideatore, senza chiaramente dimenticare i Paganizer, gruppo dal quale Rogga ha filtrato i suini da conogliare in altre realtà.
On the Outskirts of Hades è il primo lavoro dei Paganizer dopo la firma con Transcending Obscurity, un ep di quettro brani per appena, purtroppo, tredici minuti di spettacolare death metal scandinavo, assolutamente old school, dal songwriting forte di una compattezza, un’esperienza, ed una forma invidiabile.
Dopo quasi vent’anni di attività, il gruppo svedese dimostra ancora una volta di essere una top band nel genere, straordinaria portatrice nel nuovo millennio del macabro verbo di Dismember, Grave e compagnia.
Quattro brani che annichiliscono e che ci invitano ad attendere con trepidazione il nuovo full length che, dopo l’ascolto di Angry All the Time, Adjacent to Purgatory, The Netherworld Carnivale e la titletrack, non potrà che risultare all’altezza della situazione. Ben tornato Rogga.

TRACKLIST
1.Angry All the Time
2. Adjacent to Purgatory
3. The Netherworld Carnivale
4. On the Outskirts of Hades

LINE-UP
Rogga Johansson – Guitars, Vocals
Kjetil Lynghaug – Lead Guitars
Matte Fiebig – Drums
Martin Klasen – Bass

PAGANIZER – Facebook

Ossuary Insane – Possession Of The Flash

Un disco che chiude il cerchio del gruppo ma che è soprattutto un disco death metal di altissima qualità ed intensità.

La Blood Harvest Records pubblica in lp la prima parte della discografia degli Ossuary Insane, un gruppo americano di death metal da Pine City in Minnesota, che ha avuto alterne vicende, producendo però sempre un buon death metal.

Questo lp si focalizza sulla produzione degli anni duemila, poiché dopo la fondazione nel mitico e floridissimo per il death metal 1991 ( basti pensare che in quell’anno fra gli altri pubblicarono album Entombed, Grave, e ci sono vere e proprie pietre miliari del genere ), per produrre tre demo e un album ufficiale Demonize The Flesh. Come tantissime altre band dell’epoca la loro routine era droga, alcool e death metal in una cantina, ma gli Ossuary Insane, come potrete sentire, avevano una marcia in più rispetto agli altri gruppi. Il loro death metal è vicino al death metal dei maggiori gruppi della Florida, ma di loro ci mettono un pesantissimo accento macabro, che ben si inserisce all’interno della loro musica. Il fondatore Cantor Celebrant, mancato pochi anni or sono, viveva nella città di Pine City, e come ottimamente ricordato nelle note di Olivier Meschine, redattore della fanzine Liquid Of Life, il gruppo negli anni che vanno dal 201 al 2003 cambiò formazione passando da un power trio ad un ensemble di cinque elementi, diventando più potenti e sicuri. Gli Ossuary Insane sono un gruppo che ha un’immensa aggressività innata ed idee molto buone nello svolgimento della musica. Sicuramente con un’altra storia dietro le spalle avrebbero potuto diventare un gruppo molto importante della galassia death metal. Questo lp si deve alla grande costanza del suddetto Olivier Meschine, che avendo partecipato a quegli anni del gruppo, dopo aver saputo che era morto Cantor Celebrant, ha tampinato per un po’ un altro membro della band Prophet, per dare un senso organico a quei cd-r che erano i loro biglietti da visita. Questo è solo il primo capitolo del recupero della discografia che la svedese Blood Harvest sta recuperando. Un disco che chiude il cerchio del gruppo ma che è soprattutto un disco death metal di altissima qualità ed intensità.

TRACKLIST
1.Shallow Roadside Grave (2003)
2.Killing Mortals/Laid To Waste
3.The Original Master
4.My Name Is God & I Am A Liar
5.Hell City
6.Worthy Only Of Extinction
7.I Absolutely Forbid
8.My Name Is God & I Am A Liar
9.Hell City
10.Tonight It Is Time To Die

OSSUARY INSANE – Facebook

Coscradh‏ – Demo MMXVI

Coscradh sono un gruppo non comune, che esibisce una forza ed una potenza non comuni, riuscendo a districarsi fra vari generi, ma soprattutto in quattro canzoni rendono più che altri gruppi in un disco intero

Demo di debutto per questo gruppo irlandese che si chiama Coscradh, parola che in gaelico significa massacro.

Introduzione linguistica più che mai appropriata, ascoltando il disco si ha la netta percezione sonora di un massacro. Il death metal con intarsi di black dei Coscradh è un’aggressione che non lascia scampo, con uno stile vicino a molte cose irlandesi, perché sull’isola di smeraldo hanno un death metal che differisce dagli altri, per un respiro sempre vicino al folk, nel senso di composizione più che di genere sonoro. Le canzoni dei Coscradh sono infatti di ampio respiro, senza essere progressive sono costruite con nera magniloquenza, sfiorando a volte il doom. La voce sembra provenire da una dimensione fatta di dannazione e polvere di giganteschi ragni, mentre gli strumenti diventano ossa schiacciate. I Coscradh sono un gruppo non comune, che esibisce una forza ed una potenza non comuni, riuscendo a districarsi fra vari generi, ma soprattutto in quattro canzoni rendono più che altri gruppi in un disco intero, non perdendo mai la tensione. Un gran disco per un’etichetta che non ha sbagliato un colpo fino ad ora.

TRACKLIST
1. Buried
2. Lynch
3. Drowned
4 Coscartac

COSCRADH – Facebook

Denouncement Pyre – Black Sun Unbound

I tre anni passati a sperimentare, sempre tenendo ben presente la loro cifra stilistica, hanno fruttato molto portando ad un lavoro valido ed interessante che mantiene gli australiani al centro della scena black e death internazionale.

Dall’Australia torna dopo tre anni il quartetto dei Denouncement Pyre, un gruppo che nei suoi tredici anni di carriera ha lasciato molti amplificatori rotti.

Il loro black metal ha subito una maturazione portata dalla curiosità e dalla bravura del gruppo, che prova sempre a fare qualcosa di nuovo, senza arenarsi in una baia sicura e senza vento. I tre anni che hanno seguito la pubblicazione dell’acclamato Almighty Arcanum sono serviti per dipanare la matassa compositiva, per creare una nuova soluzione che potesse far compiere un ulteriore passo in avanti al gruppo. L’obiettivo viene raggiunto in pieno da questi australiani, che fanno un disco di black metal non comune e molto bello. Il loro no né un black metal ortodosso ma è un pericoloso ed affascinante viaggio in bilico fra death e black, fra tradizione ed innovazione, con continue sorprese in ogni canzone, piccole composizione che racchiudono diversi mondi al loro interno.
Il risultato è una tensione sempre molto alta, con picchi di intensità davvero notevoli, e che faranno al gioia degli appassionati del nero metallo. I tre anni passati a sperimentare, sempre tenendo ben presente la loro cifra stilistica, hanno fruttato molto portando ad un lavoro valido ed interessante che mantiene gli australiani al centro della scena black e death internazionale.

TRACKLIST
01 Abnegate
02 Deathless Dreaming
03 Wounds of Golgotha
04 World Encircler
05 Scars Adorn the Whore in Red
06 Black Sun Unbound
07 Revere the Pyre
08 Witness
09 Transform the Aether
10 Sophrosune

DENOUNCEMENT PYRE – Facebook

Demonbreed – Where Gods Come to Die

Ottimo lavoro che non lascia spazio a dubbi sulla bravura del gruppo tedesco, per gli amanti dei suoni old school un altro piccolo gioiello da avere assolutamente.

Corre veloce la macchina da guerra denominata Demonbreed, band che annovera tra proprie fila ex membri dei Lay Down Rotten e di altre band portatrici di bestialità in musica.

Dopo aver dato alle stampe uno split cd in compagnia dei The Dead Goats lo scorso giugno, giungono all’esordio sulla lunga distanza con questo ottimo esempio di death metal old school dal titolo Where Gods Come to Die.
L’album, prodotto alla grande dal chitarrista Fernando presso i Fat Knob Studios e mixato e masterizzato da Dennis Israel ai Clintwoks Mixing And Mastering, risulta una tremenda mazzata estrema come ormai nell’underground siamo abituati ad ascoltare negli ultimi tempi.
Death metal scandinavo ed influenze centro europee si alleano per una guerra senza pietà ai nostri padiglioni auricolari, il tutto ben sostenuto da un buon songwriting, esperienza ed attitudine che affiorano dai solchi di queste undici mitragliate più la clamorosa cover di Blood Colored dei mai troppo osannati maestri Edge Of Sanity, tratta per chi non lo sapesse (nel caso smettete subito di leggere questo articolo) dal capolavoro Purgatory Afterglow, consegnato alla storia del metal estremo nell’anno di grazia 1994.
Chi tributa Dan Swano e la sua band non può che entrare di diritto nelle mie simpatie, ma i Demonbreed si fanno apprezzare pure per la furia senza freni della loro musica, un mix come accennato di death scandinavo e soluzioni guerresche che richiamano in primis i Bolt Thrower, per poi rallegrarci con rallentamenti doom alla Asphix ed un’atmosfera maligna insita nell’angelo morboso.
Con un grande lavoro sugli strumenti, i musicisti impegnati in questa campagna contro l’esercito del bene mettono sul piatto l’esperienza accumulata con le loro passate esperienze, così che Where Gods Come To Die possa allietare i deathsters innamorati dei suoni old school.
Non c’è tregua, da Vultures in the Blood Red Sky (la title track funge da intro) in poi è un susseguirsi di piccole perle nere, le due chitarre affilate come rasoi bombardano di riffoni pesanti come incudini, mentre il gran lavoro della sezione ritmica, tra accelerazioni spaventose e brusche frenate rendono i brani vari e tremendamente efficaci.
Ottimo lavoro che non lascia spazio a dubbi sulla bravura del gruppo tedesco, per gli amanti dei suoni old school un altro piccolo gioiello da avere assolutamente.

TRACKLIST
01. Where Gods Come to Die
02. Vultures in the Blood Red Sky
03. A Thousand Suns Will Rise
04. Summon the Undead
05. Revenge in the Afterlife
06. Empty Grave
07. Red Countess
08. Perish
09. Barren Wasteland
10. Folded Hands
11. Blood Colored (Edge Of Sanity cover)
12. Seed of Ferocity

LINE-UP
Jost Kleinert – Vocals
Daniel Jakobi – Guitars, b.vocals
Fernando Thielmann – Guitars,b.vocals
Johannes Pitz – Bass
Timo Claas – Drums

DEMONBREED – Facebook

Nerodia – Vanity Unfair

Il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di grandi intuizioni melodiche.

Tornano come una tromba d’aria che, vorticando, finisce il lavoro di distruzione sulle macerie lasciate al primo fatale passaggio, lasciando solo il caos prodotto dalla sua inesauribile furia.

Loro sono i Nerodia, quartetto romano che rilascia questo devastante secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo il primo full length Heretic Manifesto e Prelude To Misery, ep uscito tre anni fa e che avevamo già elogiato su queste pagine.
Vanity Unfair è stato affidato per il mix ed il mastering a Stefano Morabito in quel dei 16th Cellar Studio e vede come ospite Massimiliano Pagliuso dei Novembre, alle prese con un solo nella belligerante ed oltremodo scandinava The Black Line.
I nostri quattro thrash/blacksters, senza farci respirare, ci immergono nel loro mare di note estreme sempre in bilico tra il black metal scandinavo ed il thrash old school di matrice tedesca.
E’ un mare nero, dove vivono entità che nell’ombra, voraci, che attaccano senza pietà pregne di umori black’n roll ed insana attitudine evil con questo nuovo lavoro, ancora una volta valorizzato dalla tecnica sopraffina dei musicisti, tra cui spicca l’enorme piovra famelica che di nome fa David Folchitto.
I riff si susseguono, veloci e taglienti come zanne di squali tigre convincendo ancora una volta sulla perizia dei due axeman (Giulio Serpico Marini, Marco Montagna), mentre il basso di Ivan Contini segue lo tsunami di colpi inferti dal suo collega ritmico.
Brani che non scendono sotto l’atmosfera di esaltazione che dalle prime note della title track cala sull’ascoltatore, stordito dal mix letale di Darkthrone, Dissection, Kreator ed impulsi motorheadiani che brani come Pussywitch 666, Anti-Human Propaganda, Chains of Misery e No Crown For The Dead non fanno che confermare.
Siamo a livelli molto alti, la band romana non ha punti deboli, ed il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di intuizioni melodiche sopra le righe. Un acquisto obbligato.

TRACKLIST
01 Necromorphine Awakening
02 Vanity Unfair
03 The Black Line
04 Souldead
05 Pussywitch 666
06 No Crown for the Dead
07 Anti-Human Propaganda
08 Chains of Misery
09 Celebration of the Weak
10 Usque Ad Finem
11 Channeling the Dark Sound of Cosmos

LINE-UP
Giulio Serpico Marini – Vocals, Guitars
Marco Montagna – Guitars, B.Vocals
Ivan Contini – Bass
David Folchitto – Drums

NERODIA – Facebook

Aeternus Prophet – Exclusion of Non-Dominated Material

Un viaggio nell’assoluta e misantropica repulsione per l’umanità che il trio riversa in dieci inni al male

I tre sacerdoti ucraini tornano a seminare odio con il secondo full length, Exclusion of Non-Dominated Material.

Gli Aeternus Prophet sono attivi dal 2010 e la loro discografia si completa con una coppia di demo ed il primo lavoro sulla lunga distanza dal titolo Безжальність, uscito quattro anni fa.
Death metal old school, infestato di malefici virus raw black metal ed atmosferici passaggi doom, per una proposta che non manca di fascino evil.
In generale il mood dell’album mantiene una componente diabolicamente oscura, il metal estremo scarno e violento del gruppo si nutre di puro odio, così da farne un lavoro di monolitico metal estremo decadente e senza compromessi.
Un viaggio nell’assoluta e misantropica repulsione per l’umanità che il trio riversa in dieci inni al male, che potrebbero trovare estimatori sia nelle frange del death metal che in chi si nutre di pure fucking black.
Veritas (chitarra e voce), Oberon (chitarra) e Dessident (batteria) non mancano di guardare ai maestri delle sonorità oscure, soprattutto provenienti dall’est, il loro sound tramortisce, ed imperterrito marcia verso il regno dell’oscurità senza troppi fronzoli ne cambi di atmosfere che perdurano dall’opener Removed Eyes, fino alla conclusiva A Look into Eternity, passando per le devastanti Sick Vision e Uncaused Defacement.
Belphegor e Behemoth sono le ispirazioni maggiori del loro black/death metal, niente di nuovo, ma assolutamente maligno e luciferino, tanto da farne un lavoro perfetto per le anime più oscure che si aggirano nell’ombra del variegato mondo del metal estremo underground.

TRACKLIST
1. Removed Eyes
2. Total Dominance
3. Diapause of Thought Processes
4. Sick Vision
5. Exclusion of Non-Dominated Material
6. Uncaused Defacement
7. Fate Will Expect Your Death…
8. Obliged to Live
9. Wipe Off the Mark
10. A Look into Eternity

LINE-UP
Veritas – guitar, vocal
Oberon – guitar
Dessident – drums

AETERNUS PROPHET – Facebook

Korpse – Unethical

Unethical scarica dosi letali di violenza, i brani si succedono uno dopo l’altro in un’atmosfera di delirio, dove torture, abominevoli amputazioni e blasfemie varie sono il pane quotidiano.

Rientriamo dopo un po’ di tempo nei meandri insani del death metal estremo con il brutale combo olandese dei Korpse, quartetto di Bussum foriero di un devastante slam brutal death metal.

Il gruppo attivo dal 2013 licenzia il suo secondo lavoro, successore del debutto omonimo uscito un paio di anni fa, e conferma tutto il suo impatto anche su questo nuovo lavoro, un assalto brutale senza soluzione di continuità per oltre mezzora di carneficina in musica.
I musicisti che formano la band sono tutti di buona esperienza avendo militato in molte realtà della scena e si sente, l’aggressione è più di quanto violento e brutale si possa immaginare, sempre perennemente ancorato ai cliché del genere, ma valorizzato da una carica a dir poco esplosiva.
Come un vento atomico che travolge senza pietà il sound del gruppo alterna passaggi in blast beat a rallentamenti e slamming potentissimi, il growl animalesco fa il resto valorizzando l’approccio senza compromessi dei Korpse.
Unethical scarica dosi letali di violenza, i brani si succedono uno dopo l’altro in un’atmosfera di delirio, dove torture, abominevoli amputazioni e blasfemie varie sono il pane quotidiano.
Ottima la prova di una sezione ritmica che avanza come un carro armato (Mart Wijnholds al basso e Marten van Kruijssen alle pelli) e dove la sei corde di Floor van Kuijk lancia grida lancinanti torturate dall’axeman olandese.
Sven van Dijk vomita rabbia e crudeltà nel microfono con il suo growl da orco indemoniato, mentre siamo già arrivati all’ultimo brano in uno tsunami di sangue e arti.
Un difetto, che è molto facile riscontrare nei gruppi dediti a queste sonorità, è la somiglianza tra le canzoni che fa di Unethical un unico blocco di brutale metal estremo ed un lavoro che, comunque, gli amanti del genere sicuramente apprezzeranno.

TRACKLIST
1. Conquer
2. Collateral Casualties
3. Incinerate
4. Deformed to the Extreme
5. Stoneage
6. Cleaning the Aftermath
7. Cannibal Warlords
8. Unethical
9. Retaliation
10. Monastery Waste
11. Eternal Misery

LINE-UP
Mart Wijnholds – Bass
Marten van Kruijssen – Drums
Sven van Dijk – Vocals
Floor van Kuijk – Guitars

KORPSE – Facebook

Hellsworn – Repulsive Existence

Un ottimo debutto per un grande disco di death metal.

Carneficina death metal vecchia scuola per questo gruppo inglese proveniente dalle Midlands, formato da membri di gruppi provenienti dall’underground duro e puro.

Repulsive Existence è un attacco sonoro perpetrato con grande cattiveria ed altissima intensità da musicisti che amano suonare death metal e non lo fanno per moda od altro. Il disco non dura molto ma il giusto, anche perché sarebbe stato stucchevole aggiungere canzoni. Gli Hellsworn fanno ottimo death metal, veloce e devastante, con punte di vera gioia per gli amanti della scena classica svedese, ma non sono certo imitatori dei grandi maestri, bensì propongono una loro personale visione del tutto. Il disco scorre molto bene, e lascia quel retrogusto di violenza rappresentata che rende la vita migliore, senza far del male a nessuno, ma solo alle nostre orecchie. La produzione è un giusto compromesso tra bassa ed alta fedeltà, in modo che si possa gustare il tutto, ma l’alta fedeltà farebbe torto allo spirito death metal. Un ottimo debutto per un grande disco di death metal.

TRACKLIST
1.Repulsive Existence
2.Voices From Beyond The Grave
3.Lifeless
4.Sons Of Serpents
5.Serial Misanthropy
6.In Eternal Darkness

LINE-UP
Tom Hinksman – Vocals, Guitar
Tom McKenna – Guitar
Neil Williams – Bass
Ryan Wakelam – Drums

HELLSWORN – Facebook

Ashcloud – Children of the Chainsaw

Se siete amanti del death metal scandinavo ed Edge Of Sanity, Dismember, Entombed e Grave sono ancora tra i vostri ascolti abituali, non perdetevi per nessun motivo questo album.

Lo scorso anno una manciata di lavori estremi che del death metal scandinavo erano i più legittimi discendenti, fecero sobbalzare dalla scrivania il sottoscritto, travolto dai suoni che nei primi anni novanta fecero la fortuna di band come Dismember, Edge Of Sanity ed Entombed.

Tra i gruppi che si imposero all’attenzione, nel mondo dell’underground estremo il duo scandinavo/britannico degli Ashcloud, con il debutto Abandon All Light, diedero una bella spallata al muro di detrattori dei suoni old school.
Children Of The Chainsaw segue dunque di un anno il precedente lavoro, confermando l’ottima impressione suscitata e superandolo in quanto a songwriting ed impatto.
La premiata ditta Jonny Pettersson/Gareth Nash non delude e ancora una volta spara una dozzina di cannonate death metal come ai bei tempi, quando i gruppi storici deliziavano i padiglioni auricolari degli appassionati di di tutto il mondo.
Una serie impressionate di riff pesantissimi, solos melodici di ispirazione primi Edge Of Sanity e sangue che gronda dalle carcasse scarnificate di scheletri/zombie in marcia verso la cittadina per sfamarsi dei corpi imbolsiti dei poveri abitanti, il nuovo lavoro è un’apoteosi di scandinavian death metal, feroce, devastante ed assolutamente travolgente.
Prodotto a meraviglia e licenziato dalla Xtreem, ormai una certezza in ambito estremo, il nuovo album del duo spacca con la forza che solo il vecchio death metal scandinavo sa fare, accelerazioni, stop and go, chitarre che sfornano solos melodici e ritmiche che scaraventano al muro con la forza d’urto di una bomba atomica, un torrente in piena questa raccolta di brani che se per qualcuno non risplende in originalità, deborda e risulta un perfetto esempio di come si suona il genere.
The Revolting Dead, Inside the Shame of Desire, Tonight Your Skin Is Mine e By the Weight of a Thousand Chains, sono gli esempi più fulgidi di cosa regala in termini di qualità estrema questo bellissimo album, se siete amanti del death metal scandinavo ed Edge Of Sanity, Dismember, Entombed e Grave sono ancora i vostri ascolti abituali, non perdetevi per nessun motivo questo album

TRACKLIST
1. Children of the Chainsaw
2. The Revolting Dead
3. Descend into Madness
4. Inside the Shame of Desire
5. Sovereign of Filth
6. Tonight Your Skin Is Mine
7. In This Eternal Void
8. Under dödens vingar pt.3
9. The Creeping Unknown
10. S.C.U.M.
11. By the Weight of a Thousand Chains
12. Written in Flesh

LINE-UP
Jonny Pettersson – Vocals, Bass, Guitars
Gareth Nash – Guitars, Vocals

ASHCLOUD – Facebook

DunkelNacht – Ritualz Of The Occult

Ritualz Of The Occult conferma in pieno quanto scritto due anni fa al riguardo dei DunkelNacht, con la speranza che, comunque, questa breve opera non resti fine a sé stessa ma costituisca piuttosto l’antipasto ad un prossimo album su lunga distanza.

I francesi DunkelNacht, in poco più di un decennio d’attività, si sono segnalati per una produzione piuttosto ricca di uscite (anche se i full-length pubblicati sono solo due) e, soprattutto, per una certa irrequietezza stilistica che sembra essere marchiata a fuoco nel dna delle band transalpine dedite a forme musicali prossime al black metal.

Avevamo già parlato di questo combo di Lille in occasione del loro precedente album, Revelatio, che aveva convinto proprio per una versatilità di fondo che non sconfinava in una resa frammentaria od eccessivamente cervellotica.
La dote principale dei DunkelNacht che emergeva in tale frangente era, in effetti, quella di tenere sempre ben presente quanto la melodia abbia un suo peso anche in una proposta dai tratti estremi, e non fa difetto in tal senso neppure questo breve Ep con il quale i nostri, in meno di venti minuti, ci investono con il consueto approccio caleidoscopico.
Rispetto a Revelatio sembrerebbe che la barra si sia spostata verso un black death che non rinuncia comunque a stupire con qualche colpo ad effetto, come l’incedere catchy dell’intro Unchained o l’approccio tra il teatrale ed il grottesco della conclusiva God to Gold (Gold to God).
La title track è una notevole mazzata nella quale il nuovo vocalist, l’olandese M.C. Abagor, si esprime in maniera convincente sia con il growl che con lo scream, e non da meno è la successiva Pretty Lovesick Funeral, nella quale si fanno apprezzare diversi passaggi rallentati, mentre il delicato arpeggio che inaugura Emblem of a Diluted Deism si rivela quanto mai ingannatorio, vista la piega che prenderà un brano per lo più spigoloso e squadrato, ma capace ugualmente di aprirsi in maniera imprevedibilmente ariosa nella sua parte finale.
Un tratto comune e determinante per la riuscita dell’Ep è, comunque, l’ottimo lavoro alla chitarra solista del leader Heimdall, il quale infarcisce i diversi brani di assoli di ottimo gusto e, soprattutto, mai banali.
Ritualz Of The Occult conferma in pieno quanto scritto due anni fa al riguardo dei DunkelNacht, con la speranza che, comunque, questa breve opera non resti fine a sé stessa ma costituisca piuttosto l’antipasto ad un prossimo album su lunga distanza.

Tracklist:
1. Unchained
2. Ritualz of the Occult
3. Pretty Lovesick Funeral
4. Emblem of a Diluted Deism
5. God to Gold (Gold to God)

Line-up:
Heimdall – Guitars (lead), Programmings
Alkhemohr – Bass, Vocals (backing)
Max Goemaere – Drums
M.C. Abagor – Vocals (lead)

DUNKELNACHT – Facebook

Infinitum Obscure – Internal Dark Force

Una furiosa prova di forza che purtroppo la produzione non valorizza appieno, ed è questo l’unico difetto dell’album.

Gli Infinitum Obscure sono un gruppo messicano nato all’alba del nuovo millennio e che propone un death metal dalle riminiscenze black, sia nel sound che nei testi di chiara ispirazione satanista ed antireligiosa.

Internal Dark Force uscì originariamente dieci anni fa e la Transcending Obscurity ne licenzia questa ristampa, dopo la che le due parti hanno messo la firma sul contratto.
Una discografia che dopo questo album ha visto la band di Tijuana uscire sul mercato estremo con un ep e due full length, di cui l’ultimo risale a due anni fa (Ascension Through the Luminous Black), tutti incentrati su un tempestoso metal estremo.
Internal Dark Force è una tregenda di suoni che amalgamano il death metal alla scuola black scandinava, una furiosa prova di forza che purtroppo la produzione non valorizza appieno, ed è questo l’unico difetto dell’album.
Per il resto gli Infinitum Obscure sanno come tempestare l’ascoltatore di suoni ed arringhe diaboliche, gelidi ed infernali trasportano l’ascoltatore in un mondo oscuro, fatto di atmosfere abissali e sfuriate black/death come nelle devastanti A Quest for Vengeance e Storm of Impious Hatred.
Un inferno dalle ritmiche velocissime, Internal Dark Force perde qualcosa nel lavoro in studio per puntare sulle atmosfere tempestose, assolutamente il punto di forza del gruppo: non un album imperdibile ma sufficientemente interessante per gli amanti del metal estremo.

TRACKLIST
1. As Light Fades (The Coming Armageddon)
2. Where Death-Winds Blow
3. A Quest for Vengeance
4. Possessing the Fire
5. Storm of Impious Hatred
6. The Final Aeon
7. Beyond a Dying Sun
8. Path to Apocalypse
9. Shadowless Light

LINE-UP
Roberto Lizarraga – Vocals, Guitars
Allan Castaneda – Bass
Hugo Lalanne – Guitars
Oscar García – Drums

INFINITUM OBSCURE – Facebook

Fractured Insanity – Man Made Hell

Il sound poggia su una base ritmica che alterna marzialità e groove e facendo di Man Made Hell un lavoro moderno

Death metal al limite del brutal, vicino al trademark della scena polacca, moderno, marziale a tratti devastante, ma ben calibrato e oscuro come un’ombra demoniaca disegnata sulle pareti di una stanza raggelata da una moltitudine di presenza malvagie.

Benvenuti nel mondo dei Fractured Insanity, death metal band di origine belga tornata a seminare odio con il supporto della fondamentale (per i suoni estremi) Xtreem.
Il quartetto di deathsters nasce nell’ormai lontano 2004, Man Made Hell è il loro terzo album sulla lunga distanza, successore del buon Mass Awakeless uscito sei anni fa e che a sua volta arrivava, come una tempesta con nucleo temporalesco al centro dell’inferno, dopo il debutto When Mankind Becomes Diseased … del 2007.
I Fractured Insanity non inventano nulla e non è nelle loro intenzioni, Man Made Hell risulta un pesantissimo, violento e belligerante lavoro di metal estremo e così potrei salutarvi dandovi appuntamento alla prossima release, ma entrando nello specifico l’album non manca di inanellare una serie di composizioni che formano un compatto monolito di death metal dall’impatto brutale, puro odio, ragionato e cesellato con ritmiche pesantissime, riff che scavano nel profondo buio dove demoni ciechi preparano l’invasione e la possessione della superficie terrestre e dei suoi abitanti.
Mitragliate violentissime e senza soluzione di continuità, un growl da orco deturpato dal maligno e poche ma perfette accelerazioni che sferzano il sound del combo come venti atomici che soffiano distruggendo il pianeta.
Il sound poggia su una base ritmica che alterna marzialità e groove e facendo di Man Made Hell un lavoro moderno, sicuramente non catalogabile come old school come ultimamente va di moda specialmente nell’underground, mantenendo però una ben distinguibile matrice death che ne sottolinea confini ed influenze.
Dall’opener Habitual Killer fino alla conclusiva Suicidal Holiness verrete travolti dall’onda d’urto prodotta dalle truppe infernali che marciano alla conquista delle vostre anime (A Blasted Life), non opponete resistenza o le sofferenze saranno atroci.

TRACKLIST
1.Habitual Killer
2.The Blame Of Humanity
3.Forced To Rome
4.Inferno Of A Narcissist
5.Man Made Hell
6.One Shot Salvation
7.A Blasted Life
8.Suicidal Holiness

LINE-UP
Ignace – Drums
Kenny – Guitars
Dieter – Guitars
Stefan Van Bael – Vocals, Bass

FRACTURED INSANITY – Facebook