Dusius – Memory Of A Man

Un disco potente sia nella musica che nell’immaginario che suscita, dando l’impressione che il viking folk metal sia il genere preferito dei Dusius, che con queste doti avrebbero fatto bene comunque in qualsiasi ambito.

I Dusius approdano al loro primo disco sulla lunga distanza dopo il demo Slainte del 2013.

I Dusius fanno un folk metal molto veloce e tirato, prepotentemente in zona viking, ben composto e prodotto finemente. Memory Of A Man è un album con un’elaborata storia al suo interno, narrando le avventure di un uomo in epoca antica, che fa molti errori e viene maledetto dagli dei, ma non vi anticipiamo altro perché è molto interessante scoprire l’intera storia. Tutto ciò viene narrato attraverso il potente viking metal dei Dusius, con una doppia voce che funziona molto bene e riesce a dare tonalità diverse a momenti che necessitano di narrazioni diverse. Quello che colpisce è la compattezza del gruppo, la forza collettiva che riesce a scatenare, e anche la brillantezza del suono che, pur essendo cupo, riesce ad elevarsi e ad elevare l’ascoltatore. Notevole anche la visione d’insieme del disco e della missione che si pone il gruppo: i parmigiani hanno un notevole tasso di epicità nella loro musica, e riescono a coniugare molto bene durezza ed aulicità, intessendo una storia classica ma molto attuale, sulla dannazione dell’uomo e sul libero arbitrio, che a volte può essere pesantemente influenzato da potenti fattori esterni. Il lavoro entra di diritto nelle miglior opere del folk viking italiano, e merita diversi ascolti per riuscirne a cogliere tutti gli aspetti e le diverse sfaccettature. Un disco potente sia nella musica che nell’immaginario che suscita, dando l’impressione che il viking folk metal sia il genere preferito dei Dusius, che con queste doti avrebbero fatto bene comunque in qualsiasi ambito.

Tracklist
1. Funeral March
2. Siante
3. Desecrate
4. The Rage of the Gods
5. Worried
6. One More Pain
7. Dear Elle
8. Dead-End Cave
9. Hope
10. The Betrayal
11. Coldsong
12. Funeral March II
13. Hierogamy (Hidden Track)

Line-up
Manuel Greco – Vocals
Rocco Tridici – Guitar
Manuele Quintiero – Guitar
Erik Pasini – Bass
Alessandro Vecchio – Keyboards
Davide Migliari – Flute / Bagpipes
Fabien Squarza – Drums

DUSIUS – Facebook

Neverending Winter – Хиус

Le canzoni sono composte molto bene, ogni traccia fa storia a sé e si sentono chiaramente le stimmate dell’ottimo gruppo folk metal, ma definire tali i Neverending Winter è alquanto riduttivo, poiché sono molto di più.

L’inverno ultimamente va di moda grazie alla serie tv Trono di Spade e anche alla maledetta voglia del suo ritorno indotto da questo caldo.

Dalla Siberia, e più precisamente da Tomsk, arriva questo ottimo gruppo di folk metal e molto altro. Dopo l’esordio con titolo omonimo del 2013. il gruppo quasi ogni due anni sforna un nuovo disco, e sono tutti molto buoni e disponibili in download libero sul loro bandcamp, come il presente disco. I Neverending Winter fanno folk metal declinato in molte e diverse accezioni, ma soprattutto hanno una grandissima energia, attraverso la quale riescono a rendere benissimo alcune atmosfere. Il cantato in russo si addice benissimo a questa musica forte come gli alberi della Siberia, cattiva come gli animali che la popolano, e misteriosa come gli spiriti che la popolano. Tutto scorre molto bene, tra aperture melodiche di gran valore, anche con strumenti tradizionali, e sfuriate black, anche se il substrato delle loro composizioni è death metal. Le canzoni sono composte molto bene, ogni traccia fa storia a sé e si sentono chiaramente le stimmate dell’ottimo gruppo folk metal, ma definire tali i Neverending Winter è alquanto riduttivo, poiché sono molto di più.
Ascoltando Хиус si entra nell’enciclopedica conoscenza del metal che hanno questi siberiani, che trovano sempre la soluzione più adeguata al momento e al pathos dello stesso. Dischi come questo decretano la grande forza del movimento folk metal russo, che stra sfornando prodotti sorprendenti. Basti pensare che questo gruppo è senza contratto, si auto produce e si auto promuove, e raggiunge questi risultati. Certamente sono molto bravi, e spero si facciano conoscere il più possibile, perché questo disco è un legame con un qualcosa di ancestrale che tutti possediamo, ed è una qualità che stiamo perdendo. L’inverno senza fine è anche dentro di noi oltre che all’esterno, e bisogna essere molto forti per affrontarlo, e questa musica può dare molto in tal senso.

Tracklist
1.Intro
2.By snowridges (По застругам)
3.Neverending winter (Бесконечная зима)
4.Heeus (Хиус)
5.Sib Ir

NEVERENDING WINTER – Facebook

Infinitas – Civitas Interitus

Civitas Interitus è un lavoro piacevole, a tratti suggestivo, in altri più indicato per svuotare boccali di birra scura in qualche festa sperduta tra le vallate elvetiche: un album per divertirsi e, perché no, anche sognare.

Interessante progetto in arrivo dai monti della vicina Svizzera quello degli Infinitas, i quali danno alle stampe il loro primo full length.

La band, dalle forti connotazioni medievali, prende spunto da gruppi storici come gli Skyclad e debutta con Civitas Interitus, album dal sound che amalgama thrash, folk, reminiscenze power e qualche accenno estremom, dando vita ad un incalzante e a tratti epica storia fuori dal tempo.
Si potrebbe sintetizzare (come fa il gruppo stesso) in melodic thrash metal la musica che compone l’album, chiaramentedi matrice old school, su cui la cantante Andrea con buon impatto e interessanti soluzioni si destreggia con risultati che vanno aldilà delle aspettative.
Aggressiva e melodica, ma pur sempre d’impatto metal, la voce accompagna questi dieci brani, tra le foreste ed i castelli persi nelle Alpi in un tempo indefinito, se non per le ambientazioni epico folkloristiche che non solo accompagnano i brani più aggressivi (Alastor e Samael) ma creano atmosfere suadenti e pregne di sfumature tradizionali in tracce come la bellissima Amon, perla folk/thrash metal di questo lavoro.
Civitas Interitus è un lavoro piacevole, a tratti suggestivo, in altri più indicato per svuotare boccali di birra scura in qualche festa sperduta tra le vallate elvetiche: un album per divertirsi e, perché no, anche sognare.

Tracklist
1.The Die Is Cast
2.Alastor
3.Samael
4.Labartu
5.Aku Aku
6.Skylla
7.Rudra
8.Morrigan
9.Amon
10.A New Hope

Line-up
Andrea Böll – Vocals, Percussion
Laura Kalchofner – e-Recorder, Background Vocals
Pauli Betschart – Bass, Background Vocals
Pirmin Betschart – Drums, Vocals, Percussion, Clarinette
Selv Martone – Guitar, Virtual Instruments

INFINITAS – Facebook

Stilema – Ithaka

Gli Stilema sono una valida realtà del folk metal italiano e mostrano tutto il loro potenziale in questo EP, facendo intuire che in futuro potranno senz’altro fare ancora meglio.

Stilema, una band nata con un solo obiettivo: unire il cantautorato italiano al folk celtico: infatti, è questo il sound che presentava il loro primo demo che prendeva il titolo dal nome della band.

Con l’uscita del primo EP, dopo aver aggiunto una chitarra elettrica alla formazione, ecco il primo cambiamento di stile; 2:3, infatti, mostrava un sound molto più rock-oriented. Nel 2017, gli Stilema pubblicano il loro secondo EP, intitolato Ithaka, che mostra chiaramente il netto cambiamento di stile della band, partita dal cantautorato e spintasi fino all’heavy metal. Nonostante questa grande mutazione, le forti radici folk sono troppo robuste e non possono essere estirpate. Sin dalla prima traccia, l’ascoltatore viene trasportato nell’antico mondo dei miti e delle leggende: l’atmosfera creata dalla band è molto stimolante, la calda voce di Gianni Izzo è azzeccatissima e i molti strumenti, ben equilibrati tra loro, aumentano ulteriormente la qualità del lavoro.
Ascoltando i brani, si nota subito che nel folk metal degli Stilema non c’è nulla di innovativo, il che può essere un male, ma anche un bene, mentre sorprende invece l’utilizzo dei testi in italiano: riguardo a tale aspetto, c’è da aggiungere che il primo brano, Ithaka, è ispirato all’omonima poesia del poeta greco Konstantinos Kavifis, brevemente citata in lingua originale. Qui gli Stilema ci mostrano subito il loro valido folk metal, dai tratti progressivi e che alterna parti melodiche ad altre più dure e aggressive, esibendo probabilmente il miglior brano del lotto.
Sicuramente tre brani sono pochi per farsi un’idea precisa sull’effettivo valore di questa band, dato che è totalmente cambiata dai primi due lavori, però quello che emerge da questo EP è la maturità di questi musicisti, capaci di offrire il genere in una forma diretta e con buona cura dei particolari, evidenziata da una copertina di forte impatto visivo e da testi sicuramente molto interessanti e ben strutturati.
Gli Stilema sono una valida realtà del folk metal italiano e mostrano tutto il loro potenziale con Ithaka, facendo intuire che in futuro potranno senz’altro fare ancora meglio.

Tracklist
1) Ithaka
2) Sole d’inverno
3) Girone dei vinti

Line-up
Gianni Izzo – Vocals, Acoustic Guitar
Federico Mari – Electric Guitar
Frenk Pastore – Bass, Keyboards
Domenico Pastore – Drums
Alessia Oliva – Flute
Fulvia Farcomeni – Violin

STILEMA – Facebook

Nokturnal Mortum – Verity

Uno splendido ritorno dopo otto anni con una opera maestosa e affascinante, ricca di folk e musica estrema … “i’ll meet you in ancient darkness ”

Ci sono band che, lentamente, si ammantano di un alone di leggenda, proponendo la loro arte con pazienza, centellinando con cura le loro uscite, senza fretta.

E’ questo il caso dei Nokturnal Mortum, band ucraina di Kharkiv, che dal 1995 con il demo Twilightfall ha aperto la propria carriera improntata su un black metal dalle forti tinte symphonic; nel corso degli anni, guidati dal leader Varggoth, hanno svelato la loro arte con splendidi lavori come Goat Horns, Lunar Poetry e altre piccole gemme.
Dopo otto anni da The Voice Of Steel, altro fulgido lavoro che consiglio di recuperare, ritornano con una prova “diversa” che forse non è altro che la sublimazione di un percorso singolare all’ interno della scena BM. Non possiamo sapere cosa ci svelerà il futuro ma l’ attuale presente, con Verity, presenta in settantaquattro minuti un’opera che miscela radici BM, suoni heavy e una forte componente folk, mai così presente nelle loro precedenti uscite; i cinque artisti creano, con l’aiuto di una gran quantità di strumenti (cello, violino, bandura, dulcimer, sopilkas, jaw harp), un suono denso, maestoso, epico, intrecciato dove non vi è mai una netta distinzione tra i generi, ma tutto è fuso in modo naturale da un songwriting sempre molto ispirato.
Le vocals si sovrappongono con chorus molto suggestivi e, alternando clean e harsh vocals, generano un’atmosfera molto particolare: la componente estrema nel suono non è preponderante ma è ben bilanciata con quella folk e forse questo potrebbe non essere di totale gradimento ai true blacksters; il lavoro porta lentamente ad assuefazione (anche io al primo ascolto non ne ero rimasto conquistato) e, tramite una lenta assimilazione di tutti gli ingredienti usati, garantisce qualità alla musica e al suo ricordo.
La qualità del songwriting è eccelsa, brani come la lunga Molfa ricchi di idee mai forzate, ma molto naturali: la misteriosa e oscura Song of the snowstorm, la potente e primordiale Wolfish berries, la evocativa Lira e la maestosa Night of the gods, veramente un capolavoro, forgiano quell “ancient darkness” che la band declama come obiettivo di questo affascinante viaggio.
Una splendida cover e un booklet degno di un re devono invogliarvi ad ascoltare ed acquistare questa opera incredibile da parte di una leggenda.

Tracklist
1. I’ll Meet You in Ancient Darkness (Intro)
2. Molfa
3. With Chort in My Bosom
4. Spruce Elder
5. Song of the Snowstorm
6. Wolfish Berries
7. In the Boat with Fools
8. Wild Weregild
9. Lyre (Komu Vnyz cover)
10. Black Honey
11. Night of the Gods
12. Where Do the Wreaths Float Down the River? (Outro)

Line-up
Knjaz Varggoth – Vocals (lead), Guitars, Keyboards, Bass
Bairoth – Drums
Rutnar – Bass, Vocals (backing)
Jurgis – Guitars, Vocals (backing)
Hyozt – Keyboards

NOKTURNAL MORTUM – Facebook

Obscurity – Streitmacht

Il disco è un bagno di sangue dall’inizio alla fine, un assalto metallico e pieno di pathos che porta ad un gran disco, di un’intensità non comune, duro eppure capace di regalare ottime melodie.

Gli Obscurity sono un gruppo decisamente sopra la media, che ha sempre intrapreso una sua propria strada, e forse per questi motivi, non ha avuto un grande successo come avrebbero meritato.

Tutto ciò importa ben poco, perché quando ascolti il suo ultimo disco capisci la portata di questo gruppo, giunto a festeggiare il ventesimo anno di attività, e anno dopo anno migliorato ulteriormente. Il percorso musicale deve molto al folk metal, non tanto per l’uso di alcuni strumenti o la composizione delle canzoni, poiché non troverete arcaiche melodie, ma questo è un disco che avrebbero composto dei guerrieri tedeschi del medioevo, poiché gli Obscurity combattono una loro lotta grazie al metal di spada e sangue che colpisce durissimo, arrivando ai confini del death metal, ma mantenendo decisamente un groove folk. Il cantato in tedesco rende molto ed è un valore aggiunto, poiché gli Obscurity non potrebbero che cantare con la lingua madre. Il disco è un bagno di sangue dall’inizio alla fine, un assalto metallico e pieno di pathos che porta ad un gran disco, di un’intensità non comune, duro eppure capace di regalare ottime melodie. Si combatte senza quartiere e le truppe degli Obscurity hanno la meglio su tutti, non facendo prigionieri. Un disco metal al cento per cento, composto e suonato molto bene, ben sapendo cosa desiderano le teste di metallo là fuori. Forse, come detto sopra, il gruppo tedesco ha raccolto meno di quanto seminato, ma la sua tenacia e la loro capacità di fare metal è davvero di primo piano. Un ottimo disco, che renderà molto bene dal vivo.

Tracklist
1. 793
2. Meine Vergeltung
3. Streitmacht Bergisch Land
4. Non Serviam
5. Hinrichtung
6. Todesengel
7. Endzeit
8. Herbstfeldzüge
9. Ehre den Gefallenen
10. Was uns bleibt

Line-up
Agalaz – Vox
Cortez – Guitars
Dornaz – Guitars
Ziu – Bass
Draugr – Drums

OBSCURITY – Facebook

Woodscream – Octastorium

Octastorium si fa sentire con molto piacere e trasporto dall’inizio alla fine, ad opera di una delle migliori band folk metal della scena russa e non solo.

Ristampa su Adulruna del primo disco su lunga distranza della band russa folk metal Woodscream, originariamente uscito nel 2014 mediante autoproduzione e autodistribuzione.

Grazie a questo disco e ai loro concerti i Woodscream si sono fatti conoscere nella nutrita scena folk metal. Questo genere in Italia non viene apprezzato per ciò che vale, anche se abbiamo gruppi notevoli, tra i tanti citiamo Furor Gallico e Blodga Skald, mentre nelle terre russe è un genere che va fortissimo e che vede molti gruppi sgomitare per la ribalta. I Woodscream, come potrete verificare ascoltando Octastorium, sono ben più di una spanna sopra la media. Innanzitutto assaltano l’ascoltatore con un chitarre metal e una parte folk davvero ben costruita , che si sposa alla perfezione con il resto dell’ambiente. Il cantato in russo non è assolutamente un limite, anzi diventa un punto di forza. I Woodscream avanzano come antichi guerrieri slavi sul campo di battaglia senza lasciare sopravvissuti o prigionieri alle loro spalle. Il disco funziona benissimo e la splendida voce della vocalist Valentina è un valore aggiunto al tutto. Fare folk metal di qualità non è affatto facile, poiché è un genere che in mani senza talento può facilmente deragliare in una pantomima senza molto senso, invece qui è un gran spettacolo. I ritornelli sono incalzanti e sono di grande effetto nei concerti, e la band possiede una notevole presenza scenica. Octastorium si fa sentire con molto piacere e trasporto dall’inizio alla fine, ad opera di una delle migliori band folk metal della scena russa e non solo. Una riproposizione meritevole e da ascoltare senza indugio.

Tracklist
1.Алан
2.Топь
3.Лесной царь
4.An Dro
5.Коваль
6.Ворон
7.Зов
8.Witnesses of J

Line-up
Valentina Tsyganova – vocal & recorder
Alexander Klimov – guitar & scream
Ivan Budkin – bass & growl
Pavel Malyshev – drums

WOODSCREAM – Facebook

Mongol – Warrior Spirit

Ottimo folk metal, con chitarre distorte, buona sezione ritmica e una grande capacità di coniugare melodia e potenza.

I canadesi Mongol propongono un buon folk metal, che spicca dalla grande messe di titoli del genere.

Nati nel 2009, hanno una storia è particolare, poiché a partire dal nome il gruppo si è dato lo scolpo di descrivere la vita e le gesta della civiltà mongola, in particolare il periodo dell’Impero, un’era in cui la Mongolia rivestiva una grande importanza, dato che con i suoi condottieri, divenuti famosi sia per il loro coraggio che per la loro capacità di governare, aveva conquistato molte terre. In occidente ne sappiamo poco, ma questa band di Edmonton cerca di spiegarcelo attraverso un ottimo folk metal, con chitarre distorte, un’ottima sezione ritmica e una grande capacità di coniugare melodia e potenza. Infatti la melodia è una delle colonne portanti della poetica dei Mongol, tanto che in alcuni punti si arriva a sfiorare il power e l’epic metal, vista anche la magnificenza delle gesta narrate. Inoltre nell’ep vi è un largo uso di strumenti e melodie mongole, dato che questo popolo ha un’ampia tradizione musicale. Molte influenze i Mongol le avranno catturate partecipando al primo Noise Metal Festival in Mongolia nel 2014, insieme ai Nine Treasures. Insomma, un lavoro ottimo e originale, sicuramente al di sopra della media per quanto riguarda il folk metal, in attesa di una prova sulla lunga distanza.

Tracklist
1.The Mountain Weeps
2.River Child
3.Warband

Line-up
Tev Tegri – Vocals
Zev – Lead guitar, vocals, and folk instrumentation
Zelme – Rhythm Guitar
Sorkhon Sharr – Bass
Sche-Khe – Keyboard
Bourchi – Drums

MONGOL – Facebook

Cellar Darling – This Is The Sound

Il folk dei Cellar Darling è ben diverso da quello che presentano i colossi del genere, come Korpiklaani, Arkona e altri, ma comunque riuscirà a farsi amare anche dai più scettici rivelandosi sicuramente molto interessante.

Sicuramente, quello di maggio di un anno fa, è stato un duro momento non solo per i fan degli Eluveitie, colossi del folk metal, ma anche per la band stessa. Anna Murphy, Merlin Sutter e Ivo Henzi abbandonano gli Eluveitie per concentrarsi su un nuovo progetto: nascono così i Cellar Darling.

Non poco tempo è trascorso dall’uscita del primo singolo, Challenge, rilasciato nel settembre del 2016. Il 30 giugno 2017, finalmente, ecco l’album di debutto This Is The Sound.
Lo stile di questa nuova formazione è ben diverso da quello degli Eluveitie: i Cellar Darling, infatti, presentano un sound molto più dolce e rilassante in cui non mancano, però, le melodie folk create della ormai famosa ghironda di Anna Murphy; delle melodie, verrebbe da dire, quasi “ipnotiche”, soprattutto nel brano Rebels, dove il suono dello strumento ci trasporta direttamente nelle misteriose foreste svizzere. Particolare attenzione va data al chitarrista: sebbene il sound generale sia “calmo”, o comunque lontano dal tipico folk-death degli Eluveitie, Ivo Henzi mette bene in chiaro le cose, dimostrando che quello del trio è pur sempre metal,  e per capirlo, basta ascoltare Hullaballoo, Fire, Wind & Earth e l’opener Avalanche.
La band non si fa mancare nulla in questo suo album di debutto, sfoggiando anche Hedonia, un brano con un testo in dialetto (probabilmente della loro zona).
I tre si definiscono dei “cantastorie”, e in effetti i loro brani si basano su storie antiche, che parlano dello spirito umano attraverso misteri ed emozioni. I loro, insomma, sono testi molto interessanti che sicuramente aiuteranno l’ascoltatore ad ampliare mente ed immaginazione. I Cellar Darling vogliono ricreare queste storie di origine folkloristica riadattandole alla musica moderna, evitando che esse perdano il loro significato essenziale  e gli obiettivi, in fondo, sono simili a quelli della band di origine, come spiegò Chrigel Glanzmann in un’intervista: “gli Eluveitie vogliono essere il simbolo odierno di un passato da non dimenticare mai.”
Sicuramente non potevamo che aspettarci un buon album da questi tre musicisti e così è stato; probabilmente chi è affezionato ad un folk più pesante e aggressivo resterà amareggiato da questo album, ma solo inizialmente. Il folk dei Cellar Darling è ben diverso da quello che presentano i colossi del genere, come Korpiklaani, Arkona e altri, ma comunque riuscirà a farsi amare anche dai più scettici.

Tracklist
1) Avalanche
2) Black Moon
3) Challenge
4) Hullaballoo
5) Six Days
6) The Hermit
7) Water
8) Fire, Wind & Earth
9) Rebels
10) Under The Oak Tree
11) …High Above These Crowns
12) Starcrusher
13) Hedonia
14) Redemption

Line-up
Anna Murphy – Vocals, Hurdy Gurdy
Merlin Sutter – Drums
Ivo Henzi – Guitars, Bass

CELLAR DARLING – Facebook

https://www.youtube.com/channel/UCxMRe3lS1j5a0t2sDEj2v2g

Blodiga Skald – Ruhn

Le cose positive che si erano ascoltate su Tefaccioseccomerda, qui vengono ampiamente superate, ed il risultato è un ottimo disco di folk metal, che merita molta attenzione dagli amanti del genere, anche perché si lega al discorso originario del genere, che è anche la sua parte più feconda.

Ritornano gli orchi più cattivi delle nostre foreste, pronti a buttarsi ubriachi in nuove avventure. Il disco è stato realizzato con il contributo dei fans, ed esce per la russa Soundage Productions, specializzata in folk metal di qualità.

I Blodiga Skald nascono a Roma nel 2014 da un’idea del batterista Nicola Petricca e del chitarrista Daniele Foderaro. Nel 2015 esce Tefaccioseccomerda, un ep che ha avuto un buon successo, e che ha dato la cifra stilistica di questo gruppo, ovvero un folk metal spensierato, veloce e di grande effetto. Nel nuovo disco i romani continuano a darci dentro, spostano maggiormente il tiro verso il nord dell’Europa, con un suono maggiormente curato rispetto al primo ep, che era comunque ottimo. La produzione di John Macaluso ai Trip In Music ha dato sicuramente i suoi frutti, rendendo maggiormente organico e potenziando ulteriormente il loro suono. Non si sono perse le maggiori peculiarità di questo gruppo, ovvero la potenza e la voglia di divertire e far divertire, con un folk metal riportato alle origini del genere, ovvero una diversa proposta con suoni particolari, mai noiosa ma anzi festaiola e metallica: proprio come il suono dei Blodiga Skald, i quali divertono moltissimo, non come alcuni gruppi compagni di genere che hanno perso la maniglia. Ruhn èbasato sulle storie del mondo che ha lo stesso nome del titolo del disco, e qui seguiamo i nostri orchi attraverso molte storie. Il suono è maturato molto, e i Blodiga Skald offrono una prova molto buona, con un suono compatto, potente e davvero folk metal. Le cose positive che si erano ascoltate su Tefaccioseccomerda, qui vengono ampiamente superate, ed il risultato è un ottimo disco di folk metal, che merita molta attenzione dagli amanti del genere, anche perché si lega al discorso originario del genere, che è anche la sua parte più feconda. Di folk ne troviamo tanto nel disco, anche grazie alla violinista Vittoria Nagni, mentre il metal è ben rappresentato dal death, da spruzzate balck, ma soprattutto dall’insieme che è esclusivamente e fortemente Blodiga Skald.

Tracklist
1.Epicavendemmia
2.Ruhn
3.No Grunder No Cry
4.I Don’t Understand
5.Sadness
6.Follia
7.Blood and Feast
8.Laughing with the Sands
9.Panapiir
10.Too Drunk To Sing

Line-up
Screamer – Axuruk “jejune” Kaleniuk
Strummer – Ghâsh “Barbarian Know-All” (Daniele Foderaro)
Orcordion and Orcboard – Tuyla “The Glorious One” (Ludovica Faraoni)
Fiddlerer – Maerkys “Handless” (Vittoria Nagni)
Farmerer – Rükreb “The Noble One” (Emanuele Viali)
Tupa Tupa – Vargan “Shepherd Tambourine” (Nicola Petricca)

BLODIGA SKALD – Facebook

Apocalypse Orchestra – The End Is Nigh

Un’orchestra di metal sinfonico e doom altro, con una fortissima presenza di strumenti e ritmi medievali, per un album che è una lenta e decadente danza sopra l’abisso.

Un’orchestra di metal sinfonico e doom altro, con una fortissima presenza di strumenti e ritmi medievali, per un album che è una lenta e decadente danza sopra l’abisso.

Durante il medioevo avevano ben presente la caducità, la velocità e la fragilità delle nostre vite, un’apocalisse con conseguenti dies irae era attesa, anzi data per sicura. La vita era descritta con toni cupi o esageratamente festosi, e di quelle descrizioni possiamo ritrovare molto in questo debutto degli svedesi Apocalypse Orchestra, fondati da Mikael Lindström e da Erik Larsson qualche anno or sono nella provincia svedese. Il loro incedere ha una costruzione fortemente medievale, con una poetica musicale con elementi vicini agli Opeth. specialmente per la voce, ma questo è solo un punto di partenza perché poi il risultato è molto originale e convincente. Ascoltando The End Is Nigh si ha l’impressione di stare su di un promontorio incolonnato con altre anime dannate verso il tuffo nel mare in tempesta, per sfuggire al giudizio divino, o molto peggio, è solo la descrizione di paradigmi umani che si coniugano dalla sofferenza e dalla inadeguatezza del nostro essere umani. Questi svedesi scavano in profondità, fanno della lentezza un punto di forza, prendendo qualcosa dal doom, ad esempio dei riff notevoli, ma poi si va oltre. Il disegno che sorregge questa opera è ampio e possente, anche grazie alle incursioni degli strumenti medievali, usati sempre in maniera molto adeguata. Non è un disco folk metal o un disco doom, è il debutto di un gruppo che ha delle ben precise caratteristiche e fa un discorso musicale ambizioso e molto forte, anche perché il talento è presente in abbondanza. Un disco da sentire assolutamente, perché è un qualcosa che piacerà a molti ascoltatori di generi diversi, ed è una delle cose più originali e ben fatte ascoltate quest’anno.

TRACKLIST
1.The Garden of Earthly Delights
2.Pyre
3.Flagellants’ Song
4.Exhale
5.Theatre of War
6.The Great Mortality
7.To Embark
8.Here Be Monsters

LINE-UP
Andreas Skoglund – Drums and percussions, backing vocals
Jonas Lindh – Guitars, backing vocals
Mikael Lindström – Hurdy gurdy, bagpipes, rauschpfeife, backing vocals
Rikard Jansson – Bass, backing vocals
Erik Larsson – Guitars, mandola, cittern, rauschpfeife, vocals

APOCALYPSE ORCHESTRA – Facebook

Hypocras – Implosive

Un folk metal semplice e battagliero, infuocato di passione che brucia per le tematiche care al viking.

Dalla Svizzera, abbattendo tutto quello che incontra a colpi di zanne, arriva la carica del cinghiale simbolo degli Hypocras, band di Ginevra al secondo ep in carriera, intervallato da un full length uscito nel 2013 (The Seed Of Wrath).

Il gruppo death viking metal dagli spunti folk, rilascia questo mini cd di quattro brani, con due inediti (Implosive Absolution e At The Edge), la cover di A Song for Them dei Djizoes ed una versione alternativa pop techno di At The Edge che, sinceramente, con il genere suonato centra veramente poco.
I due brani inediti ci presentano un gruppo tosto, il metal estremo di questi ragazzi svizzeri è senza fronzoli e diretto pur mantenendo l’approccio folk dato dal flauto, sempre presente nella struttura delle canzoni.
Un folk metal ignorante, se mi passate il termine usato per altri generi, semplice e battagliero, infuocato di passione che brucia per le tematiche care al viking metal e che ha permesso al gruppo di aprire per nomi di un certo rilievo come Orphaned Land ed Ensiferum.
Peccato per la versione da spiaggia e cocktail di At The Edge, che vorrà senz’altro essere uno scherzo ma che in un ep già di per se corto avremmo lasciare spazio ad brano originale, da assalto al fortino.
Comunque il gruppo si fa valere, aspettiamo il prossimo full length per vedere all’opera un cinghiale ancora più inferocito.

TRACKLIST
1.Implosive Absolution
2.At the Edge
3.A Song for Them (Djizoes cover)
4.At the Edge (Fucked Up Ibiza Vikings Remix by BAK XIII)

LINE-UP
Nicolas SauthierGuitars – Guitars
Arnaud Aebi – Flute
Alexandre Sotirov – Vocals
Benjamin Alfandari – Bass
Olivier Sutter – Drums

HYPOCRAS – Facebook

Haggefugg – Metgefühl

Un lotto di canzoni da ascoltare tutto d’un fiato con il volume al massimo e la musica degli Haggefugg non mancherà di trasformarvi in soldati di un’era dimenticata dal tempo, ricoperti di pelliccia e con il corno colmo di birra svuotato per l’ennesimo brindisi

Dopo la battaglia ai margini della foresta in nostri eroi tornano all’accampamento dove ad attenderli per festeggiare la vittoria ci sono fiumi di birra fanciulle prosperose e succosi maialini arrostiti.

Tutto questo ben di dio allevia le sofferenze per le ferite e le perdite sul campo, mentre la festa può iniziare con la musica che parte, fiera e metallica come lo stridore delle spade.
Arrivano al debutto sulla lunga distanza i medieval folk metallers Haggefugg, sestetto di Colonia con il loro Metgefühl, successore dell’unico lavoro licenziato Trinkt aus!, ep dello scorso anno.
Il gruppo tedesco confeziona un piccolo gioiellino di folk metal tradizionale, che non mancherà di far innamorare gli amanti delle atmosfere folkloristiche, abbinate ad un metal d’assalto dall’ottima presa ed impatto.
Rigorosamente cantato in lingua madre, Metgefühl risulta trascinante e dall’ottimo songwriting, la band segue le linee tracciate dai gruppi più famosi della scena tedesca (In Extremo) ma non manca di personalità, con un uso riuscito di cori e voci, una sezione ritmica potente e varia e gli strumenti tradizionali che come d’ ordinanza nel genere, impazzano tra fiumi di alcool e balli sfrenati intorno al fuoco.
Un lotto di canzoni da ascoltare tutto d’un fiato con il volume al massimo e la musica degli Haggefugg non mancherà di trasformarvi in soldati di un’era dimenticata dal tempo, ricoperti di pelliccia e con il corno colmo di birra svuotato per l’ennesimo brindisi.

TRACKLIST

1. Metgefühl
2. Met, Wirt, Bestellt
3. Trinkt Aus!
4. Krähenweise
5. Spielmannssünden
6. In der Schenke
7. Tapferes Herz
8. Ai vist lo lop
9. Villemann og Magnhild
10. Danse du ventre
11. Seemannsgarn
12. Plattgekontert (Bonus)

LINE-UP
Gregor Krähenkehle – Gesang
Dudel zu Lang – Dudelsack, Schalmei, Flöten
Henry d’Humel – Gesang 2, Darbuka, Dudelsack 2;
Martin Lauther – Gitarre
Bassbär – Bass
Hauptmann Klopfer – Schlagzeug

HAGGEFUGG – Facebook

Dyrnwyn – Ad Memoriam

I Dyrnwyn ci trascinano sul campo di battaglia, ci fanno sentire il battito del cuore del legionario che combatte nel fango della foresta di Teutoburgo, ed è un qualcosa di spiazzante, perché si arriva a capire cosa provavano questi romani che combattevano a migliaia di miglia da casa

I romani Dyrnwyn compiono un capolavoro con questo loro ep Ad Memoriam, dopo il demo del 2013 Fatherland.

Nell’ep vengono rievocate solennemente le gesta di Roma e specialmente dell’esercito romano, braccio armato nella conquista di quello che fu l’impero: se non si parla delle sue gesta e della complessità che aveva ci pensano di Dyrnwyn con un disco clamoroso. Il suono è un folk metal che, a seconda della necessità narrativa, diventa folk, nel momento in cui la storia viene cullata sulle ali del ricordo, o metal nel ricordare il ferro delle legioni romane. La commistione dei generi riesce perfettamente e musicalmente le canzoni sono pazzesche, con un perfetto equilibrio di melodia e cattiveria. Riesce anche molto bene il gioco fra voce pulita e voce in growl, il tutto in italiano. Il risultato è un disco che rievoca in maniera potentissima Roma, la sua gloria, e le sue battaglie. Questa rievocazione non è la solita vuota riproposizione di impeto guerresco, ma un’accurata e sentita ricostruzione di ciò che effettivamente fu. I Dyrnwyn ci trascinano sul campo di battaglia, ci fanno sentire il battito del cuore del legionario che combatte nel fango della foresta di Teutoburgo, ed è un qualcosa di spiazzante, perché si arriva a capire cosa provavano questi romani che combattevano a migliaia di miglia da casa, sapendo che molto probabilmente Roma non l’avrebbero mai più rivista. Ad Memoriam mostra chiaramente, usando alla perfezione il linguaggio del folk metal, il motivo di tutto ciò: la gloria imperitura di Roma, questi ragazzi e questi uomini combattevano per una cosa che noi non ci immaginiamo nemmeno, è qualcosa di incomprensibile perché non lo abbiamo dentro. La musica e i testi del gruppo creano un incredibile empatia tra noi ed i soldati, tra noi e la Roma che fu. E questa Roma è necessariamente pagana, come cantano i Dyrnwyn, perché quando muore il paganesimo muore anche l’idea stessa di Roma, e non c’è storico in buona fede che lo possa negare. Questo ep dovrebbe essere fatto sentire nelle scuole, perché ha un valore storico immenso, ed è a dir poco trascinante. Teutoburgo è una canzone che ti fa sentire lì, in quella foresta germanica, dove furono annientate intere legioni e non solo. Per farvi capire come erano i romani, dopo questo delirio di battaglia, combatterono i germani per sette anni, prima di mettere il fiume Reno come confine a nord. I romani erano dei figli di puttana immensi, in questo disco c’è tutta la loro essenza e questo ep entra nel pantheon del folk metal italiano,che sarà anche limitato, però riserva chicche come questa e Ferro Italico dei Draugr, di cui i Dyrnwyn sono giustamente grandi fan e debitori.

TRACKLIST
1.Ad Memoriam
2.Sangue Fraterno
3.Sigillum
4.Tubilustrium
5.Ultima Quiete
6.Teutoburgo

LINE UP
Ivan Cenerini – basso
Alessandro Mancini – chitarra solista
Ivan Coppola – Batteria
Michelangelo Iacovella – tastiera
Daniele Biagiotti – voce

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Ithilien – Shaping The Soul

Un album piacevole e leggermente diverso dal solito folk metal d’assalto degli ultimi tempi, pregno di atmosfere malinconiche e bellissime melodie, ma che sa far male quando il sound necessita di metallici e tellurici scossoni.

Nel regno di Gondor, tra il fiume Anduin e gli Ephel Dúath di Mordor, c’è una regione chiamata Ithilien , che in idioma Sindarin significa Terra Della Luna.

E’ però anche il monicker di questa band belga che, al folk metal suonato con strumenti tradizionali, affianca un metal estremo di matrice metalcore alquanto funzionale alla riuscita di questo secondo lavoro, in uscita per WormHoleDeath e dal titolo Shaping The Soul.
Dopo oltre dieci anni di attività, con all’attivo un ep, un singolo ed il full length From Ashes to the Frozen Land, il gruppo, dopo la firma con la label italiana, arriva così al secondo lavoro continuando a dispensare folk metal tra tradizione celtica, qualche spunto più vicino al classico folk nordico, e metal estremo, melodico ed in questo caso più moderno di quello che si sente in giro.
Ne esce un album tutto da ascoltare, ovviamente ricco di epicità, elegantemente suonato con gli strumenti tradizionali (stupenda Walk Away) e violentato da scariche metalliche che, per una volta, si allontanano dal già sentito, lasciando all’ascoltatore un’impressione di originalità in un genere dove ormai risulta difficile stupire.
Si viaggia nei territori della Terra di Mezzo, la bellezza della natura ed i pericoli in un territorio di guerra sono descritti da un sound colmo di drammaticità, malinconico nel suo andamento e meno aperto a facili armonie da osteria.
Si passa così da cavalcate dove tradizione ed irruenza metal vanno di pari passo (la title track e If Only), brucianti brani dove l’anima oscura e core prende il sopravvento (Edelweiss) ad altri dove le due anime si scontrano a singolar tenzone per il dominio sul sound di Shaping The Soul (The Dive).
Chiude la strumentale The Bear Dance, la più solare tra le tracce presenti, come se i nostri eroi fossero riusciti ad arrivare al sicuro della propria casa, lontano dai pericoli che la terra di Mordor nasconde.
Un album piacevole e leggermente diverso dal solito folk metal d’assalto degli ultimi tempi, pregno di atmosfere malinconiche e bellissime melodie, ma che sa far male quando il sound necessita di metallici e tellurici scossoni.

TRACKLIST
1.Blindfolded
2.Lies After Lies
3.Shaping the Soul
4.Walk Away
5.If Only
6.Emma
7.Edelweiss
8.Hopeless
9.The Dive
10.The Bear Dance

LINE-UP
Pierre – Vocals, lead guitar & bouzouki
Tuur – Rhythm Guitar
Ben – Bass
Hugo – Bagpipe
Myrna – Violin
Sabrina – Hurdy Gurdy
Jerry – Drums

http://www.facebook.com/Ithilien.Music

Heather Wasteland – Under The Red Wolfish Moon

Under The Red Wolfish Moon è un’opera che, in certi momenti, si fa notare più per l’originalità ed il coraggio delle scelte che non per la resa effettiva, ma ciò non significa che l’operato degli Heather Wasteland debba essere ignorato o ancor peggio sottovalutato.

Gli ucraini Heather Wasteland erano una delle band incluse nella compilation Mister Folk, della quale abbiamo parlato qualche settimana fa, ed oggi abbiamo l’opportunità di esaminare il loro operato in maniera più ampia, tramite l’ep d’esordio intitolato Under The Red Wolfish Moon.

Va detto subito che il quartetto originario della Crimea è anomalo in tutti i sensi, incluso quello del teorico genere d’appartenenza: basti pensare che la line up consta di un batterista e tre bassisti, rispettivamente alle prese con lo strumento nella versione a 4, 5 e 6 corde; a quest’ultimo è affidato il compito di arricchire il sound creando le parti di tastiera ed archi tramite un pick up collegato ad un guitar-synth della Roland.
Balza subito all’orecchio che la rinuncia a voce e chitarra potrà costituire un problema per la fruizione immediata del lavoro, anche se va detto che i nostri se la cavano davvero bene, sopperendo a queste volontarie lacune con un sound sufficientemente dinamico ed originale.
Più che folk metal, a tratti, gli Heather Wasteland si spingono verso una forma di musica medievaleggiante e barocca che il triplo basso rende assolutamente peculiare (un titolo come Venice – Barocco Veneziano è abbastanza eloquente, in tal senso).
E’ anche vero, d’altra parte, che la durata ridotta agevola la fruizione , che altrimenti alla lunga potrebbe risultare più difficoltosa, ma in ogni caso Under The Red Wolfish Moon si rivela una prova interessante, anche per i numerosi riferimenti storici contenuti nel libretto che, nel rievocare la storia della parte meridionale della Crimea, finiscono peraltro per richiamare alla memoria una parte importante della storia marinara del nostro paese, che vede la mia Genova ritornare ad essere La Superba e non l’attuale vertice smussato di quello che fu il cosiddetto triangolo industriale.
Under The Red Wolfish Moon è un’opera che, in certi momenti, si fa notare più per l’originalità ed il coraggio delle scelte che non per la resa effettiva e dubito che possa soppiantare nelle preferenze degli appassionati gli album di folk metal, per così dire, più tradizionali; ciò non significa che l’operato degli Heather Wasteland debba essere ignorato o ancor peggio sottovalutato, perché questo quattro simpatici ed audaci “cimmeri”, hanno tutte le potenzialità per sorprenderci ulteriormente in futuro, dopo questo già interessante assaggio del loro “heretical folk”.

Tracklist:
I – Tre Sverd
II – Under The Red Wolfish Moon
III – Venice (Barocco Veneziano)
IV – Beltane (Intro) / Wicker Man
V – Under The Red Wolfish Moon (Single Edit)

Line-up:
Anatoliy Polovnikov – drums
Sergey AR Pavlov – 4-string bass
Andrey “SLN” Anikushin – 5-string bass
Alexander Vetrogon – 6-string bass

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VV.AA. – Mister Folk Compilation Volume IV

La qualità delle prime tre era alta, ma questo quarto episodio è fantastico, dal livello altissimo.

Arriva uno dei più bei regali, non parliamo di Natale, che non esiste, ma come regalo in assoluto. Arriva la quarta raccolta in download gratuito di folk e viking metal del sito Mister Folk, semplicemente il migliore portale italiano e non solo riguardante il genere.

Dopo una breve pausa dovuta ai suoi mille impegni, Fabrizio Giosuè, la mente e il braccio di Mister Folk, ha ripreso alla grande il sito, che è migliorato, diventando più ricco e con molte recensioni sulle migliori produzioni del campo.Oltre ad essere un gran bel sito, Mister Folk ogni tanto rilascia delle bellissime raccolte di folk viking metal da tutto il mondo, sempre in free download. La qualità delle prime tre era alta, ma questo quarto episodio è fantastico, dal livello altissimo. Ci sono gruppi da tutto il mondo e la raccolta fotografa in maniera molto dettagliata e precisa la scena mondiale underground, quella migliore insomma. Il genere, negli ultimi anni, ha conosciuto una certa ribalta mondiale, soprattutto nei paesi scandinavi e in Russia, ma lo si può trovare nelle nazioni più disparate, anche dove te lo aspetteresti di meno come la Spagna e il Cile, invece il folk metal è un linguaggio comune a molti musicisti. Il livello delle produzioni folk metal non è sempre buono, anche perché è facile cadere nel ridicolo in questo genere, ma se seguirete i consigli di Mister Folk riuscirete sempre ad ascoltare il meglio, come in questa raccolta. In questo episodio vi sono anche gruppi italiani molto validi, come Scuorn, M.a.i.m. o Gotland, e ciò conferma l’ottima situazione della scena italiana, che a mio avviso ha un taglio molto particolare. La quarta raccolta di Mister Folk testimonia inoltre anche un cambiamento nella composizione del genere, che a mio avviso sta trovando una fantastica sintesi tra folk e metal, anche grazie ad una maggiore melodia, questo almeno nelle produzioni migliori. Insomma, questa raccolta è veramente valida, fatta con passione e competenza, le qualità che hanno portato Fabrizio a pubblicare anche la bibbia del genere, Folk Metal – Dalle Origini al Ragnarok – per la Crac Edizioni, e anche il bellissimo Tolkien Rocks – Viaggio Musicale nella Terra di Mezzo, vero e proprio duplice atto di amore per la musica metal e per Tolkien. Nello zip della raccolta vi sono due estratti dei libri.
Impreziosisce il tutto la fantastica copertina e booklet interno ad opera della disegnatrice Elisa Urbinati, andate sul suo sito www.elisaurbinati.it, ne vale davvero la visione.
Chiude idealmente il tutto una cover del vate caro agli dei, Quorthon, in arte Bathory, perché senza di lui tutto questo non sarebbe stato possibile.

TRACKLIST
1) Skyforger – Rāmava
2) SIG:AR:TYR – Northen
3) ODR – Fuochi Nelle Valli
4) Grimtotem – Kütral
5) An Theos – Chemarea Străbunilor
6) Scuorn – Fra Ciel’ E Terr’
7) Song Of Chu – Yu Ren
8) Storm Seeker – Jack
9) Æxylium – The Blind Crow
10) Heather Wasteland – The Sverd
11) Gotland – Traitor Or Savior
12) Goblin Hovel – The Menace
13) Helroth – To Forgotten Gods
14) Illdåd – Moder Natur
15) Ulfsark – Flames Of War
16) Harmasar – Porcu
17) Tears of Styrbjørn – Years Of Victory
18) Yomi – Fires Of War
19) M.A.I.M. – Freedom Tank
20) Boisson Divine – Sent Pencard
21) Bloodshed Walhalla – Drangon’s Breath (Bathory cover)

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Myrkgrav – Takk og farvel; tida er blitt ei annen

Un album entusiasmante, che merita l’attenzione non solo dei fans del genere, ma anche degli amanti della buona musica.

Dalle lande scandinave arriva il menestrello Lars Jensen, polistrumentista e studioso norvegese trapiantato in Finlandia, che con la sua creatura musicale arriva con questo lavoro alla seconda uscita sulla lunga distanza.

Dieci anni fa usciva il primo album (Trollskau, Skromt Og Kolabrenning), poi una manciata di lavori minori fino ad arrivare a questo bellissimo Takk og farvel; tida er blitt ei annen, un ‘opera che nel genere si piazza tra le migliori uscite degli ultimi tempi.
Non è un caso che i Myrkgrav siano diventati un nome di culto nel panorama folk metal, la loro musica evocativa e molto profonda riesce ad entusiasmare per un’ottima padronanza della materia e non mancherà di convincere gli amanti del genere.
La musica prodotta dai Myrkgrav è quanto di più evocativo mi sia capitato di sentire nel folk metal, ben bilanciata tra cavalcate metalliche e brani dalle sognanti armonie.
Aiutato in qualche brano da Erlend Antonsen (basso), Bernt Fjellestad (clean vocals) e Olav Luksengård Mjelva (violino tradizionale), Larsen sfoggia una tecnica notevole ed un songwriting ispiratissimo, la sua musica si fa spazio dentro di noi come se avesse qualcosa di magico e non sono pochi i momenti in cui, chiudendo gli occhi, potremmo ritrovarci immersi nella natura norvegese, circondati dalla foresta o al cospetto di baite perse nel bianco manto di neve.
Una vena malinconica attraversa l’album, tanto da ritenere di non scrivere un’eresia giudicando l’opera come un disco d’autore più che di semplice folk metal d’assalto.
I brani da menzionare sarebbero molti, ma in particolare colpiscono i bellissimi strumentali, addirittura quattro, intensi, metallici e armoniosi, colonne sonore paesaggistiche di una Norvegia da scoprire e di cui Spålsnatt e la splendida Østa glette sono gli esempi più fulgidi del talento di Jansen.
Takk og farvel; tida er blitt ei annen risulta così un album entusiasmante, che merita l’attenzione non solo dei fans del genere, ma anche degli amanti della buona musica.

TRACKLIST
1.Skjøn jomfru (Norwegian version)
2.Vonde auer
3.Bakom gyrihaugen
4.Soterudsvarten
5.Om å danse bekhette (10th anniversary edition)
6.Spålsnatt
7.Tørrhard
8.Finnkjerringa (10th anniversary edition)
9.Østa glette
10.Sjuguttmyra
11.Uttjent
12.Tviom!
13.Skjøn jomfru (English version)
14.Takk og farvel

LINE-UP
Lars Jensen – All instruments and vocals
Olav Luksengård Mjelva – Hardanger fiddle
Erlend Antonsen – Bass
Bernt Fjellestad – Clean vocals

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Skiltron – Legacy of Blood

Gli Skiltron si confermano un gruppo che, in un genere piuttosto inflazionato come il folk metal, riesce a mantenere una sua precisa identità, sfornando lavori che, senza far gridare al miracolo, sicuramente non tradiscono gli amanti di queste sonorità

Folk metal d’assalto, potenziato da aggressive ritmiche power, brani che trascinano in highlands dove scorre il sangue come torrenti dal color rosso porpora, mentre la cornamusa guida l’assalto dei fratelli in armi sulle pianure spazzate dal vento.

Benvenuti all’interno del nuovo lavoro degli argentini Skiltron, folk power metal band, conosciuta anche dalle nostre parti per via degli ottimi quattro lavori usciti tra il 2006 ed il 2013.
Sudamericana, ma devoti musicalmente e concettualmente alla tradizione scozzese, la band di Buenos Aires ci consegna un altro ottimo lavoro che segue fedelmente la strada intrapresa da ormai una decina d’anni.
Si entra così nel mondo epico e guerresco del folk metal, il gruppo mantiene però intatta la sua verve metallica e ne escono nove tracce robuste, con la cornamusa sempre in primo piano a dettare i tempi della battaglia.
Il genere è questo, prendere o lasciare, nessuna novità ma tanta buona musica per una quarantina di minuti fuori dal tempo: le atmosfere create dal gruppo, i chorus epici e le ottime cavalcate metalliche formano una raccolta di brani dal buon appeal e non si fatica a memorizzare le melodie tradizionali create dallo storico strumento a fiato, vero protagonista di brani che sprizzano orgoglio e fierezza come l’opener Highland Blood, il mid tempo Commited To The Call e l’epica The Taste Of Victory.
Un album che, pur nella sua semplice lettura, troverà sicuramente estimatori sia nei fans del folk metal che in quelli del power, perché non si rilevano forzature o cedimenti e la band riesce a mantenere interessante ed affascinate l’ascolto per tutta la sua durata.
Gli Skiltron si confermano un gruppo che, in un genere piuttosto inflazionato come il folk metal, riesce a mantenere una sua precisa identità, sfornando lavori che, senza far gridare al miracolo, sicuramente non tradiscono gli amanti di queste sonorità.

TRACKLIST
1. Highland Blood
2. Hate Of My Life
3. Committed To The Call
4. Sailing Under False Flags
5. The Taste Of Victory
6. Rise From Any Grave
7. Sawney Bean Clan
8. All Men Die
9. I’m Coming Home (Bonus-Song)

LINE-UP
Martin McManus – Vocals
Emilio Souto – Guitars, Mandolin, Bouzouki, Vocals
Ignacio López- Bass
Matías Pena – Drums
Pereg Ar Bagol – Bagpipes, Tin whistle

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Huldre – Tusmørke

Alla seconda prova gli Huldre confermano di essere un gruppo onesto ed in grado di far vivere all’ascoltatore quarantacinque minuti di musica che rievoca foreste nascoste tra la bruma, vecchi focolai accesi e la dura vita di un tempo

Viviamo in tempi di ordinaria follia, aggrediti non solo dall’idiozia dell’uomo attento solo a distruggere ma anche dalla natura, ormai ribellatasi definitivamente ai continui soprusi da chi sulla Terra non è il padrone ma solo un fastidioso ospite.

Ecco che c’è bisogno sempre più di fuggire dalla realtà, almeno per chi ha ancora un minimo di sensibilità e si confronta ogni giorno con il declino del genere umano, male incurabile del pianeta e non (come dovrebbe essere) custode delle ricchezze che ci regala.
Per sfuggire per un po’ dal male di vivere con cui tutti i giorni ci dobbiamo confrontare, la musica può essere un’ottima compagna ed il nostro amato mondo metallico un alleato fedele.
Uno dei generi che più aiuta nel viaggio mentale verso un mondo alternativo è indubbiamente il folk metal con le sue sonorità fuori dal tempo, le sue atmosfere epico/evocative e quella poesia intrinseca di cui molte volte abbiamo il bisogno.
Vero che negli ultimi anni il genere si è sviluppato a macchia d’olio, specialmente sul territorio del vecchio continente, partendo dalla penisola scandinava fino a toccare le coste del Mediterraneo.
Tornando al nord e precisamente in Danimarca, incontriamo il sestetto degli Huldre che, a dieci anni esatti dal loro primo demo, licenziano il secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Tusmørke.
Il gruppo danese accodatosi da diversi anni al carro tirato dai gruppi che hanno trovato i favori di chi bazzica la scena metallica (Finntroll ed Eluveitie), spostano le loro coordinate stilistiche verso atmosfere folk più marcate.
Il metal fa da accompagnamento alle trame sognanti ed evocative dei nove brani qui proposti, tutti cantati in lingua madre dalla personale voce di Nanna Barslev, in un’apoteosi di suoni e strumenti tradizionali.
Qualche ritmica più sostenuta mantiene alta l’attenzione, ma l’approccio rimane cantautorale per tutta la durata del disco, con buoni livelli emozionali, specialmente quando gli strumenti tradizionali hanno in mano per intero il sound del gruppo.
Sui brani più tirati l’approccio è maggiormente lineare, in ossequio ai dettami del genere, niente di nuovo dunque, ma certamente ben congegnato.
Alla seconda prova gli Huldre confermano di essere un gruppo onesto ed in grado di far vivere all’ascoltatore quarantacinque minuti di musica rimembrante foreste nascoste tra la bruma, vecchi focolai accesi e la dura vita di un tempo, ormai esclusiva di chi ha ancora voglia di fuggire, aiutato in questo caso dalle buone melodie di Hindeham, Farstemand e Nattesorg.

TRACKLIST
1.Jagt
2.Hindeham
3.Varulv
4.Underjordisk
5.Skifting
6.Fæstemand
7.Mørke
8.Tæring
9.Nattesorg

LINE-UP
Nanna Barslev – Vocal
Laura Bec – Violin
Troels Dueholm – Hurdy Gurdy, Flutes
Shawm Lasse Olufson – Guitar, Lute
Bjarne Kristiansen – Bass
Jacob Lund – Drums, Percussion

HULDRE – Facebook