Ruxt – Behind The Masquerade

Un album d’altri tempi che, forse, avrebbe fatto eruttare vulcani, scintillare spadoni e creato in cielo ponti colorati: fatelo vostro e questi miracoli si avvereranno sotto l’effetto della musica dei Ruxt.

Forse non tutti sanno che Jorn Lande non solo è uno dei più accreditati eredi del grande Ronnie James Dio, ma in passato ha portato in giro per i palchi la musica degli Whitesnake con i The Snakes della coppia Moody/Marsden con cui ha registrato l’album di inediti Once Bitten ed un live nel 1998.

Il riferimento non è affatto casuale, perché questo nuovo super gruppo ligure chiamato Ruxt , ha nel vocalist Matt Bernardi (Purplesnake) il suo Jorn, spettacolare singer, perfetto per valorizzare questa sontuosa raccolta di brani che di classic metal si nutre, così come si abbevera alla fonte dell’hard rock.
In compagnia del singer troviamo la coppia di chitarristi Stefano Galleano ed Andrea Raffaele (Snake, Rock.It), il bassista Steve Vawamas (Athlantis, Mastercastle) e il batterista Alessio Spallarossa (Sadist).
In uscita per la label genovese Diamonds Prod., Behind The Masquerade letteralmente incanta grazie non solo alla clamorosa performance del cantante al microfono, ma anche per un songwriting ispiratissimo ed una produzione cristallina.
Quasi settanta minuti immersi nel heavy/ hard rock ispirato dalla famiglia Deep Purple, così oltre che al serpente bianco, anche l’arcobaleno più famoso del rock fa capolino tra le nobili note suonate dal gruppo, con l’aggiunta di un pizzico di Dio solista ed ovviamente della discografia del cantante norvegese che della famiglia è l’erede.
Dal momento in cui il mid tempo di Scare My Demons ci accoglie nel mondo dei Ruxt , per quasi settanta minuti veniamo travolti da suoni che hanno fatto storia, tra mid tempo epici, hard rock blues drammatici di scuola Whitesnake e sontuosi brani heavy metal, dove le chitarre non mancano di riversare tempeste di solos classici forgiati sul monte dove il pugno degli dei tenne stretto l’arcobaleno di Blackmore .
Niente di originale, solo hard & heavy che ogni amante del genere dovrebbe ascoltare con le mani giunte, ringraziando quello in cui crede per questo inatteso regalo, davvero straordinario nel tributare un modo di fare rock che fino ad oggi aveva i suoi massimi esponenti in Lande e negli svedesi Astral Doors, ma a cui si aggiunge il quartetto ligure grazie alle splendide Spirit Road, Where Eagles Fly, Lead Your Destiny (su cui si posa il corvo simbolo del Lande solista) e ancora Daisy e Between The Lies.
Un album d’altri tempi che, forse, avrebbe fatto eruttare vulcani, scintillare spadoni e creato in cielo ponti colorati: fatelo vostro e questi miracoli si avvereranno sotto l’effetto della musica dei Ruxt.

TRACKLIST
1.Intro
2.Scare My Demons
3.Soul Keeper
4.Spirit Road
5.Forever Be
6.Where Eagles Fly
7.Lead Your Destiny
8.A New Tomorrow
9.Daisy
10.Life
11.Between The Lies
12.Forgive me
13.Madness Of Man
14.Soldier of Fortune

LINE-UP
Matt Bernardi – Vocals
Stefano Galleano – Guitars
Andrea Raffaele – Guitars
Steve Vawamas – Bass
Alessio Spallarossa- Drums

RUXT – Facebook

Quicksand Dream – Beheading Tyrants

Si perde nella notte dei tempi il sound dei Quicksand Dream, ricordando sogni viziati dal folk zeppeliniano, un’altra delle tante virtù del famoso dirigibile britannico.

I Quicksand Dream sono un duo svedese composto da Patrick Backlund (basso e chiatarra) e Göran Jacobson (voce) aiutati su questo lavoro da Henrik Högl alle pelli e Beheading Tyrants è il loro secondo album, dopo l’esordio Aelin – A Story About Destiny, uscito addirittura sedici anni fa.

Un ritorno quindi per il gruppo di old school rocker scandinavi, troppo frettolosamente descritto come band epic metal, mentre nella sua musica si accende la fiamma dell’hard rock, a tratti evocativo, magari lanciato in cavalcate dove la chitarra, timida, sceglie vie metallare, ma sempre con lo spartito ben piantato nell’hard rock classico.
Vero è che l’aura che emanano i brani odora di cime innevate, o pianure perse nel freddo autunno scandinavo, qualche accenno folk elettrico e mid tempo più vicini al doom che al metal, fanno da contorno a questa raccolta di brani che mantengono un’atmosfera sognante anche per il cantato evocativo di Backlund.
Si perde nella notte dei tempi il sound dei Quicksand Dream, ricordando sogni viziati dal folk zeppeliniano, un’altra delle tante virtù del famoso dirigibile britannico.
E così veniamo immersi in questo sogno che rimane sempre in bilico tra l’hard rock ed il doom, ben assemblato senza raggiungere particolari picchi dal duo, ormai diventato un trio, e che preclude ogni tipo di modernità nel proprio sound rimanendo legato al cordone ombelicale del decennio più famoso della storia del rock.
Il difetto maggiore di questo lavoro è la mancanza di qualche brano trainante, quello che fa la differenza tra un ottimo lavoro e un album ordinario, ma sono sicuro che ,come il sottoscritto, c’è chi apprezzerà con la dovuta cautela Daughters of Eve, The Shadow That Bleeds e To Kill Beneath the Sun, brani dal flavour settantiano e piacevolmente old school.

TRACKLIST
01. Daughters of Eve
02. Cloud of Screams
03. The Shadow That Bleeds
04. The Girl from the Island
05. White Flames on Black Water
06. To Kill Beneath the Sun

LINE-UP
Göran Jacobson – Vocals
Patrick Backlund – Guitars, Bass
Henrik Högl – Drums

QUICKSAND DREAM

Klee Project – The Long Way

Un’ opera rock moderna, a tratti sontuosa e dall’affascinante mood teatrale e, soprattutto, originale nel miscelare generi agli antipodi come per esempio il southern e l’elettronica .

Un’altra opera da annoverare tra le migliori uscite dell’anno in campo hard rock, anche questa volta nata nei nostri patri confini.

I Klee Project sono una sorta di super gruppo che vede unire i talenti di Roberto Sterpetti, cantante, ed Enrico “Erk” Scutti (ex Cheope, ex Figure of Six) ai cori e testi, a diversi musicisti di livello internazionale come Marco Sfogli (Pfm, James La Brie) alla chitarra, Lorenzo Poli (Vasco Rossi, Nek) al basso ed Antonio Aronne (Pavic, Figure Of Six) alla batteria, come se non bastasse l’importante contributo dell’orchestra sinfonica condotta da Francesco Santucci e di Tina Guo (Foo Fighters, Cirque Du Soleil, John Legend).
The Long Way è un concept basato su un viaggio, il sogno che si avvera di un musicista che attraversa l’ America sulla leggendaria Route 66 e da Memphis arriva nella città degli Angeli dove troverà l’amore , il successo, gli eccessi e la consapevolezza di dover ricominciare daccapo per ritrovare l’equilibrio perduto.
La musica che accompagna il protagonista attraverso le vicende narrate è un hard rock/alternative che spazia da bellissime ed emozionati note southern rock ad armonie orchestrali, dal metallo moderno ed alternativo all’ elettronica.
Un lavoro importante questo The Long Way, un’ opera rock moderna, a tratti sontuosa e dall’ affascinante mood teatrale, perfetta a mio parere da portare live come fatto per le storiche opere che hanno attraversato indenni più di quarant’anni di musica rock e, soprattutto,originale nel miscelare generi agli antipodi come per esempio il southern e l’elettronica .
Seguendo la trama e le varie vicende, il sound risulta vario, ma allo stesso tempo facile da seguire senza perdersi tra i generi e le moltitudini di sfumature.
Cantato, suonato e prodotto come e meglio di un top album internazionale, The Long Way vive di rock tradizionale e moderno, sudista e pop, metallico e melodico, duro come i riff forgiati nell’acciaio delle sei corde, delicato come il suono degli strumenti classici.
Tutte queste varianti e contraddizioni creano un suono entusiasmante ed è un attimo perdersi nella storia e nei vari capitoli che compongono l’opera.
Non ci sono brani migliori di altri, questo lavoro ha tutti i crismi dell’opera rock e come un’opera va ascoltata, capita e fatta propria. Bellissimo ed emozionante.

TRACKLIST
1.Everybody Knows
2.Southern Boy
3.The Long Way
4.If You Want
5.The Prisoner
6.Hereafter
7.Time Is Over
8.Your Sacrifice
9.Close To Me
10.You Should Be Mine
11.This Game
12.Lucrezia’s Night
13.Lucrezia’s Night (Reprise)

LINE-UP
Roberto Sterpetti – vocals
Enrico “Erk” Scutti – Chorus
Marco Sfogli – Guitars
Lorenzo Poli Bass
Antonio Aronne – Drums

KLEE PROJECT – Facebook

Oh My Dog! – Silent Scream

Primo ep per hard rockers lombardi Oh My Dog!, dal monicker simpatico ed originale ma con un sound che non scherza affatto.

Dopo i primi anni del nuovo millennio in cui i suoni moderni sembravano aver soffocato le sonorità classiche, in questo ultimo periodo le sonorità old school e vintage hanno ripreso il loro cammino sempre più alla luce del sole, anche se nelle sconosciute (ai più) strade dell’underground.

Nel nostro paese la scena hard rock può contare di numerose ed ottime band, dalle sonorità varie che vanno dal classico rock settantiano a quello street/sleazy degli anni ottanta, molte delle quali lo potenziano con dosi alquanto esplosive di groove dall’impatto moderno e catchy.
Tornando a sonorità più classiche vi presento il primo ep degli hard rockers lombardi Oh My Dog!, dal monicker simpatico ed originale (al sottoscritto ricorda Black Dog degli Zep), ma dal sound che non scherza affatto.
Il quintetto nasce sei anni fa per volere del chitarrista Sean Danzante e del batterista Stefano Ceriotti a cui si aggiungono il vocalist Anthony, la chitarra ritmica di Taia ed il basso di Alessandro, ed inizia la sua avventura nel mondo delle sette note suonando cover dei gruppi storici del rock; la voglia di cimentarsi con brani propri però è tanta e, finalmente, in questo fine anno giungono al traguardo del primo lavoro, un ep di tre brani dal titolo Silent Scream.
E’ una chitarra dal retrogusto blues che ci dà il benvenuto nel mondo musicale del gruppo: Atlantis, primo brano in scaletta, alterna atmosfere sofisticate a refrain di potente hard rock con l’ugola del singer in primo piano ed un più grintoso finale in crescendo.
Sfumature ed armonie orientali soni quelle che rinveniamo nella splendida From Alexandria To Istanbul (la Kashmir del gruppo), molto suggestiva nel suo andamento da viaggio epico, dove non mancano ottimi cambi di tempo e un bell’assolo, il tutto impreziosito da una intrigante vena prog.
Lady Godiva torna ad arricchirsi di atmosfere hard blues, tra Led Zeppelin e Deep Purple, concludendo questi quindici minuti di hard rock classico e davvero ben congegnato.
Una bella sorpresa: date un ascolto a Silent Scream e mettetevi comodi ad aspettare con me l’auspicabile primo full lenght, passo decisivo per la carriera degli Oh My Dog!

TRACKLIST
1.Atlantis
2.From Alexandria To Istambul
3.Lady Godiva

LINE-UP
Anthony – Vocals
Sean – Guitars
Taia – Guitars
Alessandro – Bass
Stefano – Drums

OH MY DOG! – Facebook

Deceit Machine – Resilience

Finalmente un album moderno nel quale viene data la giusta importanza al lavoro della chitarra solista, qualità non così scontata oggigiorno, che nella musica dei Deceit Machine torna (insieme alla voce) ad essere protagonista.

Ecco ci risiamo, mi ritrovo con un’altra bomba pronta ad esplodere nei vostri padiglioni auricolari, una deflagrazione di hard rock metal, moderno e coinvolgente, cantato, suonato e prodotto come meglio non si potrebbe e che non presenta la minima pecca … a parte forse il fatto che il gruppo, essendo italiano, rischia sempre di non essere presentato e supportato a dovere.

Il quartetto in questione si chiama Deceit Machine, arriva da Milano ed il suo debutta si intitola Resilience.
L’album è stato registrato da Larsen Premoli presso i Rec Lab Studios e vede la partecipazione dietro alle pelli di Federico Paulovich dei Destrage.
Il gruppo viene presentato come un’alternative metal band e se, si pensa al metal classico, l ‘accostamento ci può stare, ma a sentir bene è forse più giusto descrivere il sound del gruppo nostrano come un hard rock moderno che alterna aggressione metallica e vincenti melodie rock, grazie soprattutto all’enorme potenziale della voce di Michela Di Mauro, così come deii vari brani che compongono Resilience.
Si diceva hard rock, pregno di groove, metallizzato da un lavoro chitarristico eccellente (Gabriele Ghezzi), con assoli che a tratti richiamano la scuola classica, per poi seviziarci con riff che sputano sangue americano, alternando feeling hard rock e potenti muri di suono alternative.
La sezione ritmica concede poche ma significative tregue (nell’elegante e raffinata Here Now), per poi bombardarci senza pietà e, mentre il cd gira nel lettore, siamo arrivati alla sesta traccia (la devastante Watchdog) e la qualità continua a rimanere altissima.
Resilience è, finalmente, un album moderno nel quale viene data la giusta importanza al lavoro della chitarra solista, qualità non così scontata oggigiorno, mentre nella musica dei Deceit Machine torna (insieme alla voce) ad essere protagonista, virtù che piacerà non poco anche agli amanti dei suoni più classicheggianti ma con l’orecchio attento ai suoni del nuovo millennio.
Un album che raccoglie una serie di hit e li spara a cannone, mentre la Di Mauro fa scintille nella splendida Absence che, con la devastante Wonderland, fa da preludio al brano più bello di Resilience, Flow ispirata a mio avviso ai primi Soundgarden, quelli ancora selvaggi e veraci del capolavoro Louder The Love.
Dunque, che vi piaccia alternative metal o modern hard rock , poco importa, l’album è davvero bello e merita la vostra attenzione: band da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
1. Shinigami
2. Garden
3. K.A.R.M.A.
4. Here Now
5. My Raven
6. Watchdog
7. Absence
8. Wonderland
9. Flow
10. Awakening

LINE-UP
Michela Di Mauro – Vocals
Gabriele Ghezzi – Guitar
Stefano Paolillo – Bass
Davide Ferrario – Drums

DECEIT MACHINE – Facebook

Vicolo Inferno – Stray Ideals

Stray Ideals conferma l’ottima forma che sta attraversando l’hard rock made in Italy, la bravura dei Vicolo Inferno ed il fiuto della Logic(il)logic Records.

Lo street metal in quel di Los Angeles, ed il grunge di Seattle due generi agli antipodi, in questi ultimi tempi sono stati presi come ispirazione da molti dei gruppi di ultima generazione che, con sagacia, ne hanno manipolato atmosfere e sfumature e, con personalità ed una buona dose di talento, hanno creato un ibrido molto interessante, così da prendere per mano il rock e portarlo con dignità e forza nel nuovo millennio.

Nel nostro paese il genere ha trovato non poche ottime realtà a cui si aggiungono i Vicolo Inferno, combo proveniente dalla zona di Imola al secondo full length, successore del debutto Hourglass uscito sempre per Logic(il)Logic nel 2013 e di un primo demo (Hell’s Alley).
Prodotto da Riccardo Pasini ai Studio 73, ed accompagnato dal bellissimo artwork creato da Simone Bertozzi (The Heartwork), Stray Ideals è un altro ottimo esempio di hard rock moderno proveniente dal nostro paese, aggressivo quanto basta per non sfigurare al cospetto dei fans dai gusti metallici, pregno di quel groove che risulta marchio di fabbrica del sound odierno, valorizzato da una vena sudista che lo colloca tra migliori esempi di quel rock americano che regna sulla musica del diavolo.
Stray Ideals è tutto qui e non è poco, aggiungo, visto l’ottimo songwriting, con una produzione che spinge sulle ritmiche (Wallace al basso e Michele “Gollo” Gollini alle pelli) , la sei corde che non sbaglia un solo (Marco Campoli) tra urlanti suoni metal stoner, sanguigni passaggi dal retrogusto southern ed atmosfere rock’n’roll/post grunge da sogno americano.
La voce perfettamente in linea con le atmosfere dei vari brani, calda, aggressiva e cangiante di Igor Piattesi, fa il resto e tralasciando Two Matches, traccia leggermente fuori contesto dove il singer duetta con l’ospite Caterina Minguzzi, Stray Ideals è un susseguirsi di emozioni forti sulla route che collega Los Angeles a Seattle in compagnia del quartetto e delle varie Gray Matter Brain, Unnameables, la title track, la stupenda Ambush e l’hard rock arrabbiato di Noise Of Silence.
Stray Ideals conferma l’ottima forma che sta attraversando l’hard rock made in Italy, la bravura dei Vicolo Inferno, ed il fiuto della label nostrana, una garanzia per i suoni hard rock melodici, tradizionali o come in questo caso, moderni.

TRACKLIST
01. Gray Matter Brain
02. Dirty Magazzeno
03. Rude Soul
04. Stray Ideals
05. Two Matches
06. Unneameables
07. Ambush
08. Heartwoofer
09. On Road’s Edge (Intro)
10. The Rough Hills
11. Noise Of Silence
12. Crosses Market
13. Blood Mist

LINE-UP
Igor Piattesi – Vocals
Marco Campoli – Guitar
Wallace – Bass
Michele “Gollo” Gollini – Drums

VICOLO INFERNO – Facebook

Roxin’ Palace – Freaks Of Society

Tredici brani per far rivivere ancora una volta il rito del rock’n’roll, con i suoi eccessi, le sue contraddizioni, i suoi successi e gli inevitabili fallimenti, ma assolutamente consolidato anche nel nuovo millennio.

Nell’underground metal/rock il ritorno della sonorità street/hard rock è diventato un piacevole dato di fatto, così a MetalEyes non passa giorno senza che arrivino pacchi virtuali al cui interno sono pronte ad esplodere travolgenti bombe a base di nitroglicerina rock’n’roll direttamente dal Sunset Boulevard.

E così vi presentiamo i Roxin’ Palace, gruppo italiano che, tramite la Sleaszy Rider Records, ci fa partecipi del secondo e selvaggio party, dopo la prima festa omonima licenziata nel 2013.
Nato da un’idea del chitarrista Alex Corona dei Revoltons, il gruppo conferma con Freaks Of Society l’ottimo livello della scena hard rock dai richiami street e sleazy che si è formata lungo lo stivale, un migliaio e rotti di chilometri su e giù per l’Italia a botte di sguaiato hard rock, come una lunghissima strada ad attraversare una Los Angeles ottantiana, in questo caso facendo pure l’occhiolino alla più attuale scena scandinava.
Freaks Of Society sta tutto qui e non è poco, aggiungo, con tredici brani inclusa ballad d’ordinanza a far rivivere ancora una volta il rito del rock’n’roll, con i suoi eccessi, le sue contraddizioni, i suoi successi e gli inevitabili fallimenti, ma assolutamente consolidato anche nel nuovo millennio.
Anche se il genere difficilmente tornerà a far bella mostra di sé nelle classifiche radiofoniche, è indubbio che negli ultimi tempi la fiamma è tornata a scaldare i cuori dei rockers tutti chiodo, mascara e Jack Daniels, con il nostro paese che non si è fatto trovare impreparato dando i natali ad almeno una decina di band tranquillamente in grado di conquistarsi un posto d’onore nel panorama odierno.
L’album dei Roxin’ Palace si posiziona nella parte più alta dell’ideale classifica, con il suo sound che regala quegli intramontabili spunti per i quali continuiamo ad essere innamorati di questo genere musicale, e allora, via con chorus da urlare in piena notte tra le vie di una città ormai deserta, solos taglienti che vi bruceranno dentro peggio dell’alcool ingurgitato per tutta la sera, riff scolpiti sui muri del Sunset Strip e ballatone per smaltire notti brave.
Monsters Love, Thai Of Mine, Monkey Junkie, Fading Idol: provate voi stare fermi, se ci riuscite …

TRACKLIST
1. Freaks Of Society
2. Monsters Love
3. Gangs Eraser
4. Thai Of Mine
5. Postatomic Hotel
6. L.A. Mist
7. Monkey Junkie
8. Rockers Of The Eagle
9. Neighbourhood Stars
10. Fading Idol
11. Freak
12. F.A.N.
13. Little Lizzy (bonus track)

LINE-UP
Al – Vocals
Crown – Guitars
Riggs – Guitars
Gian Roxx – Bass
Hell – Drums

ROXIN’ PALACE – Facebook

Phil Campbell And The Bastard Sons – Phil Campbell And The Bastard Sons

Cinque brani spumeggianti, con le sei corde che impazzano in veloci rincorse per spiccare il volo, magari non con questo ep ma, se le premesse verranno mantenute, con un prossimo ed eventuale full length.

Non deve essere stato facile per Phil Campbell e Mikkey Dee ripartire dopo la morte i Lemmy.

I Motörhead sono e resteranno un’ istituzione e la mancanza, oltre che di un grande artista, di un amico e fratello come lo storico bassista li tormenterà per tutta la vita.
Ma l’anima del musicista è più forte delle tragedie, così Mikkey Dee si è accomodato dietro ad un drum kit sontuoso come quello degli Scorpions, mentre il chitarrista trasforma la sua band famigliare in qualcosa di più che un passatempo con i propri figli.
Cambio di monicker da Phil Campbell All Star al più rock style Phil Campbell and the Bastard Sons e primo ep licenziato dall’etichetta che porta il nome dei Motörhead, in collaborazione con Warner.
Il gruppo è formato dalla famiglia Campbell (Phil, Todd alla seconda chitarra, Dane alla batteria e Tyla al basso) con l’aiuto dell’ottimo singer Neil Starr, un animale dotato di una voce calda e sanguigna.
E di hard rock’n’roll si tratta, tra tradizione e nuove influenze, ben collocato in questi primi anni del nuovo millennio senza guardare troppo allo scomodo passato dell’illustre axeman.
Ne escono cinque brani spumeggianti, con le sei corde che impazzano in veloci rincorse per spiccare il volo, magari non con questo ep ma, se le premesse verranno mantenute, con un prossimo ed eventuale full length.
Un sound che pesca a piene mani dal rock americano di questi ultimi tempi e si colloca tra i Velvet Revolver, qualche accenno alla scena scandinava e chiaramente un pizzico di verve motorheadiana, con l’opener Big Mouth che carica come un toro infuriato.
Spiders è un mid tempo dal buon groove che Campbell impreziosisce con un solos tagliente e metallico, mentre Take Aim è rock ‘n’ roll di origine controllata con non pochi riferimenti ai Backyard Babies.
No Turning Back torna alle famose ritmiche Lemmy/Dee, mentre il refrain odora di Velvet Revolver, con un Neil Starr ispiratissimo, mentre l’arrivederci al prossimo giro di whiskey è lasciata alle armonie acustiche di Life In Space, che ricordano sorprendentemente il terzo lavoro targato Led Zeppelin.
Non male davvero, il vecchio Phil è ancora in pista ed è tornato a far battere i cuori dei rockers sparsi per il globo, attendiamo con ansia nuovi sviluppi perché il progetto merita.

TRACKLIST
1.Big Mouth
2.Spiders
3.Take Aim
4.No Turning Back
5.Life In Space

LINE-UP
Phil Campbell – Guitars
Todd Campbell – Guitars
Dane Campbell – Drums
Tyla Campbell – Bass
Neil Starr – Vocals

PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS – Facebook

Flayed – XI Million

La Kaotoxin, etichetta di norma orientata verso sonorità estreme, immette sul mercato il nuovo ep dei francesi Flayed, un combo che, alle sonorità hard rock settantiane, aggiunge una verve moderna per un risultato assolutamente travolgente.

La Kaotoxin, etichetta di norma orientata verso sonorità estreme, immette sul mercato il nuovo ep dei francesi Flayed, un combo che, alle sonorità hard rock settantiane, aggiunge una verve moderna per un risultato assolutamente travolgente.

XI Million è il terzo lavoro per il gruppo, dopo essersi lasciato alle spalle Symphony for the Flayed, esordio del 2014, e Monster Man dello scorso anno, un mini cd di cinque tracce che conferma la bravura della band nel saper miscelare attitudine old school con un suono al passo coi tempi.
Si potrebbe pensare all’ ennesima rivisitazione dei suoni vintage alla moda in questi anni, ed in parte è vero, non fosse per il talento del gruppo nel saper creare brani dall’appeal mostruoso, con l’ hammond a comandare le operazioni, un taglio americano nei chorus e nel guardare al blues come una delle fonti d’ispirazione, ma non dimenticando la scuola hard rock europea.
Deep Purple, The Black Crowes, i nuovi dei dell’hard rock come gli Inglorious, un pizzico di rock americano alla Foo Fighters e Eleven Million, Trend Is Over, e soprattutto la bluesy Fortunate Son, prendono il volo verso lidi dove l’hard rock è il re incontrastato, complice un taglio american style da far invidia al corvo nero dell’ ormai immortale Remedy (da quel capolavoro che è The Southern Harmony And Musical Companion).
La bio parla di Ac/Dc, personalmente ci trovo poco, non fosse per l’ importantissimo lavoro dell’organo e qualche accenno al soul che porta il gruppo attraverso l’oceano verso il punto esatto dove sfocia il Mississippi: ascoltatelo e fateci sapere.

TRACKLIST
1. XI Million
2. Eleven Million
3. Trend Is Over
4. Fortunate Son
5. Shoot the Trail
6. Rollin’ Monkey

LINE-UP
Renato Di Folco – vocals
Eric Pinto – guitars
Julien Gadiolet – guitars
Charly Curtaud – bass
Raphaël Cartellier – Hammond organ
Jean-Paul Afanassief – drums

FLAYED – Facebook

https://soundcloud.com/kaotoxin/flayed-eleven-million

VV.AA. – We Still Rock – The Compilation

Questa eccellente iniziativa non va assolutamente trascurata, il livello dei protagonisti e la bellezza delle canzoni contenute ne fanno un cd da custodire gelosamente

L’hard rock melodico ha sempre avuto scarsa fortuna nel nostro paese, sempre poco ricettivo nei confronti del metal/rock e confinato nell’underground in compagnia di tutti i generi che compongono la nostra musica preferita.

Eppure anche l’ Italia può contare su numerosi talenti che dell’anima melodica dell’hard rock fanno il loro credo, supportati dalle webzine di riferimento tra le quali i nostri colleghi di MelodicRock.it sono sicuramente i più accreditati.
Lo scorso anno, proprio in collaborazione con la famosa ‘zine, la label Tanzan Music ha prodotto il brano We Still Rock, creato e suonato da un gruppo di musicisti della scena nazionale sotto il monicker di I.F.O.R. (Italian Forces of Rock) proprio per omaggiare la webzine e tutti i fans della scena melodica mondiale.
A distanza di un anno questa splendida iniziativa è diventata qualcosa di più, grazie ad un concerto/evento il 1 Ottobre al Grindhouse di Padova, con i britannici Vega come headliners della serata.
Ora We Still Rock trova la chiusura del cerchio con questa compilation, che vede, oltre al brano degli I.F.O.R., una serie di inediti e versione rivisitate suonate da una buona fetta del meglio che la nostra scena può vantare in fatto di hard rock melodico, con i Vega a fare da padrini con la versione acustica di Every Little Monster.
Questa bellissima raccolta non poteva che partire con We Still Rock, stupendo brano da arena rock che vede come detto la partecipazione di musicisti dallo smisurato talento, ma il bello non finisce qui e farsi cullare dalle sontuose note di Together As One dei Laneslide o dalle trame dei tasti d’avorio di Love Nest dei Wheels Of Fire è un attimo.
Non mancano gruppi che per i lettori di MetalEyes (magari più indirizzati a sonorità estreme o metalliche ma che seguono i deliri del sottoscritto, amante della buona musica a prescindere dai generi) dovrebbero essere famigliari, come i clamorosi Soul Seller e la versione alternativa di Memories, tratta da quello scrigno di emozioni che risulta il loro ultimo Matter Of Faith, gli Alchemy con la grintosa Revolution e per concludere gli Highway Dream con Runaway.
Nel mezzo un apoteosi di classic hard rock, aor, arena rock e tanto talento che sprigiona da canzoni di rara bellezza come Gotta Get Away dei Charming Grace e Walk Away, emozionante tripudio di melodie dai grandiosi Danger Zone.
Questa eccellente iniziativa non va assolutamente trascurata, il livello dei protagonisti e la bellezza delle canzoni contenute ne fanno un cd da custodire gelosamente e imperdibile per gli amanti del genere, ma anche per quelli che hanno a cuore le sorti della scena underground.

TRACKLIST
01. I.F.O.R. – We Still Rock
02. Vega – Every Little Monster (Acoustic Version)
03. Laneslide – Together As One
04. Wheels Of Fire – Love Nest (Acoustic Version)
05. Alessandro Del Vecchio – Strange World
06. Charming Grace (feat. Nick Workman) – Gotta Get Away
07. Danger Zone – Walk Away (2016 Version)
08. Room Experience – No Time Yet For Lullaby (Alternative Vocals Version)
09. Soul Seller – Memories (Alternative Mix)
10. Hungryheart – Nothing But You (Acoustic Version)
11. Alchemy – Revolution
12. Highway Dream – Run Away

TANZAN MUSIC – Facebook

Rock Wolves – Rock Wolves

Un progetto che gli amanti dell’hard rock non possono lasciarsi sfuggire, pregno di quella classe ad uso e consumo dei grandi, tra un talento innato per le melodie ed una grinta ancora perfettamente intatta nei tre protagonisti.

Da tre lupi dell’hard rock europeo che riuniscono le proprie forze sotto il monicker di Rock Wolves, tre musicisti che da quasi quarant’anni portano il loro talentuoso contributo alla causa dell’hard & heavy, cosa ne può scaturire se non ottima musica?

Per la Steamhammer/Spv esce il debutto omonimo dei Rock Wolves, trio che vede la collaborazione di Michael Voss, vocalist degli hard rockers Mad Max ed ex Casanova, con Gudze, bassista degli H-Blockx e lo storico batterista Herman Rarebell , dal 1977 al 1996 dietro alle pelli degli Scorpions (Lovedrive, Blackout e Love At First Sting non vi dicono niente?).
Rock Wolves è una raccolta di canzoni, improntate (e non potrebbe essere altrimenti) su un hard rock melodico, che bilancia perfettamente grinta e melodia, rock che sprigiona grinta, ma che sa essere elegante nelle sue numerose tracce dedicate alla parte più raffinata e melodica della musica dura.
Con un Voss in forma smagliante ed un songwriting che conferma il talento dei suoi creatori, l’album spazia tra le due anime del genere, mantenendo un approccio insito nella storia musicale del vecchio continente, tra accenni ai gruppi di cui i tre musicisti sono stati protagonisti ed una comunque profonda personalità.
E qui sta la differenza: dalla prima nota dell’opener Rock For The Nations l’opera sprigiona carisma, un’anima rock classica che apre il suo cuore alle melodie, mentre la sei corde affila gli artigli per ricordarci che qui si fa hard rock, nobile e sopraffino; Surrounded By Fool ci delizia con un refrain colmo di appeal ed un ritmo moderato ma scritto sulle tavole della legge del genere.
Out Of Time è un brano diretto, un pugno nel petto, prima che What About Love ci scaldi il cuore con le sue trame semi acustiche e The Blame Game offra alla sei corde un momento di gloria solista.
Si continua su livelli qualitativi molto alti, con un susseguirsi di tracce che da I Need You Love (Mad Max vs Gotthard) in poi regalano emozioni con il capolavoro Lay With Me, ariosa e varia tra parti acustiche ed irruenza elettrica, non prima di averci ipnotizzato con la ballad Nothings Gonna Bring Me Down.
Un progetto che gli amanti dell’hard rock non possono lasciarsi sfuggire, pregno di quella classe ad uso e consumo dei grandi, tra un talento innato per le melodie ed una grinta ancora perfettamente intatta nei tre protagonisti.

TRACKLIST
1. Rock For The Nations
2. Surrounded By Fools
3. Out Of Time
4. What About Love
5. The Blame Game
6. Riding Shotgun
7. Nothings Gonna Bring Me Down
8. The Lion Is Loose
9. I need Your Love
10. Lay With Me

LINE-UP
Michael Voss-guitar, vocals
Herman Rarebell-drums
Gudze-bass

ROCK WOLVES – Facebook

Hardbone – Tailor-Made

Un album che certamente farà saltare come pazzi i fans di Rose Tattoo e Krokus e ovviamente Ac/Dc: certamente derivativo, ma questo è il genere e da qui non si scappa.

Il rock’n’roll nella sua forma più ruvida e hard trovò molti anni fa negli Ac/Dc l’espressione più fulgida e di maggior successo, ancora oggi osannata negli stadi dove almeno tre generazioni si radunano ogni estate per il consueto e diciamolo, ormai stantio, rito con i fratelli Young come sacerdoti.

Per gli amanti dei suoni hard rock’n’roll la storia ha donato almeno una manciata di altre band che, sulla scia dei canguri australiani, ha reso immortale un genere magari ripetitivo, ma assolutamente adrenalinico.
Rose Tattoo, Krokus, ZZ Top ed ultimamente Airbourne, sono i gruppi più conosciuti e che hanno provato in epoche diverse a contrastare l’assoluto dominio della band dello scolaretto diabolico, ma la scena conta centinaia di gruppi che si cimentano nelle note nate dalla sua Gibson.
Una di queste sono i tedeschi Hardbone, gruppo di Amburgo attivo da una decina d’anni e con tre album alle spalle che, in questo tipo di musica dal divertimento assicurato, si specchia.
Ad iniziare dal timbro vocale del vocalist Tim Dammann, simile a Brian Johnson e a tutti i suoi figli d’ispirazione, alle ritmiche che viaggiano sulla Highway To Hell più famosa del rock e quell’irresistibile spruzzata di blues, la band torna con Tailor-Made, un ennesimo esempio di hard rock, sanguigno, ruvido, ignorante e senza fronzoli.
Jack che entra nelle chitarre, il ronzio dell’energia elettrica che tenta di liberarsi, ed alla prima nota siamo ancora una volta travolti da una serie di brani dedicati al dio del rock, che ai suoi fedeli chiede sudore, energia, chorus liberatori a lui dedicati in un’orgia di puro divertimento tra seni sudati, whiskey versato in boccali da litro di schiumosa birra tedesca e palchi incendiati al suono dell’opener No Man’s Land, della trascinante Blood From Hell, di Cannon Ball e When It Come Down To It.
In conclusione, un album che certamente farà saltare come pazzi i fans dei gruppi nominati, con in testa la storica band australiana: certamente derivativo, ma questo è il genere e da qui non si scappa, it’s only rock’n’roll.

TRACKLIST
1. No Man’s Land
2. It’s A Man Thing
3. Tailor-Made Woman
4. Blood From Hell
5. What’s Going On
6. Cannonball
7. When It Comes Down To It
8. We’re All Gonna Die
9. Barfly
10. Tear It Up

LINE-UP
Tim Dammann – Vocals
Sebastian Kranke – Lead Guitar
Tommy Lindemann – Rhythm Guitar
Tim Schwarz – Bass
Benjamin Ulrich – Drums

HARDBONE – Facebook

Teodasia – Metamorphosis

Basta chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle melodie di brani entusiasmanti

Puntuale come promesso e di cui vi avevamo parlato nella recensione di Reloaded, arriva sul finire di questo sountuoso anno per il metal nazionale, il nuovo lavoro di inediti targato Teodasia.

La band, dopo averci presentato la nuova line up sul lavoro precedente, che vedeva i nostri riprendere vecchi brani e darli in pasto alla splendida voce di Giacomo Voli, torna con Metamorphosis, album ambizioso, vario e perfettamente in bilico tra il metal sinfonico e l’ hard rock, sia classico che moderno, con una vena progressiva sottolineata da molti cambi di ritmo ed un quid elettronico che rende il lavoro completo sotto ogni punto di vista.
Metamorphosis conquista, e non poteva essere altrimenti, d’altronde l’arrivo di Voli e del chitarrista Alberto Melinato ha portato nuova linfa ed entusiasmo, percettibili già su Reloaded, ma qui evidenziati da un lavoro di inediti che è pura arte metallica.
Quella musica dura, così bistrattata nel mondo delle sette note, trova nel talentuoso gruppo veneto quella nobiltà molte volte negata anche da chi invece dovrebbe supportarla, nonché splendidi interpreti di emozionanti e sognanti viaggi che l’ugola del cantante rende reali, basta chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle melodie di brani entusiasmanti, uno diverso dall’altro, uno più bello dell’altro.
Partendo da tutto ciò, Metamorphosis conferma che l’attesa per l’ascolto di nuovi brani non è stata delusa,  e i Teodasia riescono nell’intento (non facile) di far emergere tutte le loro ispirazioni ed influenze, passando da un genere all’altro come un ape sui fiori: l’album si trasforma in un caleidoscopio di sonorità che vanno dall’hard rock di Release Yourself al power prog della potente Rise, per spostarsi su mirabolanti sinfonie nella bellissima #34 , far sognare di castelli medievali persi nel tempo con Crossroads To Nowhere, od emozionarci con dolci ballate come Two Worlds Apart, in cui Voli duetta con Chiara Tricarico dei Temperance.
Un album bellissimo per il quale la parola d’ordine è emozione, per una band che entra di diritto nelle eccellenze musicali dello stivale metallico, sempre più protagonista nella scena europea con una serie di talenti sopra le righe. Imperdibile.

TRACKLIST
1. Intro
2. Stronger Than You
3. Release Yourself
4. Rise
5. Just Old Memories
6. Idols
7. #34
8. Two Worlds Apart
9. Diva Get Out
10. Gift Or Curse?
11. Redemption
12. Crossroads To Nowhere
13. Metamorphosis

LINE-UP
Francesco Gozzo – drums, piano
Giacomo Voli – lead vocals
Alberto ‘Al’ Melinato – guitar
Nicola ‘Fox’ Falsone – bass

TEODASIA – Facebook

Tygers Of Pan Tang – Tygers Of Pan Tang

Una fantastica cavalcata nell’immortalità di un genere musicale

Sono passati trentasei anni da Wild Cat, debutto dei Tygers Of Pan Tang, una delle band più importanti uscite dalla new wave of british heavy metal e da un po’ di anni rinati sotto il segno del cantante Jacopo Meille, italiano di nascita ma dal sangue britannico, almeno a giudicare dalle prestazioni con lo storico gruppo dall’attitudine felina.

Doppia cifra raggiunta e superata con questo lavoro, almeno per quanto riguarda gli album di inediti, una carriera all’ombra dei nomi che occuparono le classifiche del vecchio continente (Def Leppard in primis), ma un livello qualitativo che non ha mai visto passi falsi clamorosi e si rinvigorisce con questo ennesimo album omonimo, davvero ispirato e travolgente nel saper sfruttare al meglio i cliché del vecchio hard & heavy britannico.
I Tygers Of Pan Tang del nuovo millennio sono nelle ottime mani del vocalist e del solo superstite Robb Weir, axeman di un’altra categoria, splendido nel rendere fresco ed attuale un genere che, nel 2016, vive in bilico tra capolavori ed opere stantie, ma che sa regalare musica metal di alto rango se a suonarlo sono gruppi come le tigri anglosassoni.
Si parte a razzo, con hard rock ed heavy metal che si rincorrono tra lo spartito con una serie di brani dall’impatto di un treno in corsa, perfettamente bilanciati tra grinta e melodia e radiofonici , se solo le radio non fossero invase dalla non musica di questi brutti tempi in cui viviamo e che si riflettono pure sulle sublime arte.
Si perché cosa sono, se non arte metallica, i quattro morsi con cui la band ci aggredisce (Only The Brave, Dust, Glad Rags e Never Give In), per poi farci rabbrividire con la semi ballad The Reason Why e ripartire con ancora più foga con la spettacolare Do It Again?
Detto di una prova clamorosa del “nostro” Jacopo e del sontuoso songwriting con cui è rivestito questo undicesimo album, vi lascio con le ultime quattro canzoni, la perfezione metallica data in pasto a noi, poveri cultori del bello aldilà di trend, mode ed altre amenità: una fantastica cavalcata nell’immortalità di un genere musicale. Bentornate tigri.

TRACKLIST
01. Only The Brave
02. Dust
03. Glad Rags
04. The Reason Why
05. Never Give In
06. Do It Again
07. I Got The Music In Me
08. Praying For A Miracle
09. Blood Red Sky
10. Angel In Disguise
11. The Devil You Know

LINE-UP
Robb Weir – guitars
Jacopo Meille – vocals
Micky Crystal – guitars
Gav Gray – bass
Craig Ellis – drums & percussion

TYGERS OF PAN TANG – Facebook

Tytus – Rises

Un album coinvolgente, ispirato e suonato con cuore e passione, hard & heavy alla massima potenza consigliato senza riserve e che farete fatica a togliere dal vostro lettore anche dopo mesi.

Boom!: il botto che sentirete al primo accordo di questo bellissimo debutto, è l’esplosione metallica della Terra al letale avvicinamento del Sole, una deflagrazione tremenda a colpi di heavy hard rock dei Tytus e del loro Rises.

Ma prima di perdervi tra le macerie, risultato dell’ armageddon sonoro creato dal gruppo, presentiamo per bene questo quartetto friulano, risultato dell’alleanza di un manipolo di musicisti provenienti da varie band già attive nella scena underground come Gonzales, La Piovra, Eu’s Arse e Upset Noise, e che, dopo la recente firma con la Sliptrick Records ci bombardano con una pioggia di meteore hard rock e di spumeggiante heavy metal, per una cinquantina di minuti dall’alto tasso adrenalinico.
Chitarre che vomitano acciaio fuso, ritmiche potenti che, pur guardando alla tradizione, mantengono un approccio fresco, una produzione che valorizza il sound senza risultare troppo patinata e un singer di razza, fanno di Rises un album imperdibile per gli hard rockers dalle mire metalliche.
Le influenze del gruppo sono da ricercare nella storia dell’hard & heavy, anche se l’album ha una sua anima, prepotente, diretta, dannatamente coinvolgente, per cui spogliatevi di inutili riverenze all’originalità e fatevi capovolgere da questi dieci martelli sparati da Asgard, caduti sul sole e colpevoli di spingere la nostra fonte naturale di luce verso il nostro pianeta.
Enorme la forza di queste tracce, un continuo susseguirsi di inni che nel metal classico sono stati plasmati e che nell’hard rock hanno trovato il perfetto alleato.
La tempesta di suoni che travolge ogni cosa, trova la sua forza nel suo insieme ed è difficile ascoltare un brano che non sia eccellente per potenza, con solos di stampo maideniano e grandi linee melodiche.
La tensione non scende, almeno fino alla conclusiva Blues on the Verge of Apocalypse, strumentale che vede i quattro rockers camminare nella desolazione lasciata dal disastroso impatto con un tappeto di suoni tastieristici di scuola Uriah Heep (quelli leggendari di Very ‘Eavy Very ‘Umble e Salisbury).
Un album coinvolgente, ispirato e suonato con cuore e passione, hard & heavy alla massima potenza, un lavoro consigliato senza riserve e che farete fatica a togliere dal vostro lettore anche dopo mesi.

TRACKLIST
1.Ode to the Migthy Sun
2.New Frontier
3.Haunted
4.325 A.D.
5.White Lines 04:48
6.Omnia Sunt Communia
7.Inland View
8.Desperate Hopes
9.New Dawn’s Eve
10.Blues on the Verge of Apocalypse

LINE-UP
Bardy – Drums
Mark Simon Hell – Guitars
Markey Moon – Vocals, Bass
Ilija Riffmeister – Vocals, Guitars

TYTUS – Facebook

Easy Trigger – Ways Of Perseverance

Album da avere e consumare, brani da urlare in quei momenti in cui ci vuole una scarica di adrenalina per ritornare in carreggiata.

Diciamolo: nel nostro paese una buona fetta delle produzioni hard rock di un certo livello passano dalla famiglia Atomic Stuff / Street Symphonies.

E’ un fatto che, nelle sonorità care al vecchio hard rock con tutte le sue varianti, i ragazzi che lavorano alle label di riferimento hanno una marcia in più e, a confermare il tutto, arriva il secondo lavoro dei rockers Easy Trigger capitanati dal chitarrista Caste, un bella botta di vita street hard rock con tutti i crismi per divertire gli amanti di queste sonorità.
Dopo quattro anni dal debutto Bullshit e con una line up rinnovata, il gruppo torna con Ways Of Perseverance, aggiunge al talentuoso chitarrista un cantante che definire spettacolare è poco (Nico) e, con una sezione ritmica che brucia bassi e spacca pelli (Vale e Pane), conquistano un posto d’onore nei migliori album del genere in questo anno che si appresta a finire.
Grezzi, metallici nel miglior senso del termine, grintosi e con impatto e attitudine da vendere, gli Easy Trigger suonano l’hard rock come se non ci fosse un domani, perfettamente a metà strada tra le nuove generazioni dello street metal/rock scandinavo e la tradizione losangelina,  facendolo bene.
A tratti l’album esplode in fuochi d’artificio elettrici che sinceramente fatico a ricordare nell’ultimo periodo, meno belli dei bravissimi Hell In The Club (tanto per fare un paragone illustre) ma più smaccatamente cattivi, potenti e diretti.
Solo Blind (la ballad di ordinanza) lascia un attimo di respiro (ma siamo arrivati alla traccia numero sette) il resto, dall’opener My Darkness è un devastante bombardamento rock’n’roll, dinamitardo, irriverente e sfacciato, con un diavoletto punk sulla spalla dei musicisti che li istiga ad essere il più cattivi possibile, con l’anima del vocalist già prenotata e un sorriso beffardo sul volto.
Nico è dannato, non potrebbe essere altrimenti, la sua prestazione urla rabbiosa il ritorno al posto che meritano queste sonorità, che se suonate come nelle varie God Is Dead, Turn To Stone, Tell Me A Story e Sold Out, non ce n’è per nessuno.
Album da avere e consumare, brani da urlare in quei momenti in cui ci vuole una scarica di adrenalina per ritornare in carreggiata.

TRACKLIST
1. My Darkness
2. Land Of Light
3. The Watchmaker
4. God Is Dead
5. Turn To Stone
6. One Way Out
7. Blind (piano by Andrea Moserle)
8. Tell Me A Story
9. Sold Out
10. The Sand

LINE-UP
Nico – vocals
Caste – guitar
Vale – bass
Pane – drums

EASY TRIGGER – Facebook

Mastribes – Blast

Che vi piaccia o meno questo è il rock che alcuni danno stupidamente per morto ma che vive, tra sigarette e tequila, in un aura di immortalità.

Lo avevano promesso lo scorso anno con Shake Boom Tequila, ep che fungeva da presentazione per il gruppo napoletano e che non mancava di farci sbattere le natiche su e giù a colpi di hard rock ‘n’ roll.

L’album sulla lunga distanza che andavano a registrare non poteva che essere una deflagrazione di sleazy rock a stelle e strisce, ed infatti puntuale Blast conferma le ottime impressioni suscitate dalle tre tracce (tutte presenti sul nuovo album) che formavano Shake Boom Tequila.
E di tequila nella gola ne è scivolata tanta, visto la copertina scelta dal gruppo per questo primo lavoro che più rock’n’roll style di così non si può, decadente, alcolica, fumosa, perfetta.
Perfetta come lo stile dei Mastribes che, come ormai il genere impone, scelgono di valorizzare il loro hard street rock, debitore della Los Angels del sogno americano degli anni ottanta (o dei fallimenti persi in cantine sporche e siringhe arrugginite, fate voi), con quel mood moderno che prende a braccetto un intero genere e lo accompagna con un ritrovato splendore nel nuovo millennio.
Una parentesi è dovuta per elogiare la nostra scena, ormai fucina di band che descrivere come entusiasmanti è un eufemismo e che, senza esagerazioni, può tranquillamente guardare dall’alto verso il basso le realtà straniere, almeno nella vecchia Europa, dove i Mastribes con Blast si riservano un posto al sole.
One, two, three, e via di rock ‘n ‘ roll sporcato dallo sleazy/street metal anni ottanta, dunque irriverente, sfacciato, con un Michael Flame che tira fuori una prestazione deliziata da un taglio punk, la chitarra di Cristian Iorio che scivola su pozze di sostanze alcoliche e la sezione ritmica (Cosimo Castorini al basso e Umberto Viro) che, con la potenza del groove, alza un muro su cui si rompono colli di bottiglie ormai vuote.
It’s only rock ‘n’ roll, che vi piaccia o no questo è il rock che alcuni danno stupidamente per morto ma che vive, tra sigarette e tequila in un aura di immortalità a colpi delle irresistibili Rock’ n’roll, Bitin’ The Dust, Wasted Youth e tutti gli altri inni alla vita da rocker che compongono Blast ... imperdibile!

TRACKLIST
1. Rock N’ Roll
2. Shake Boom Tequila
3. Bitin’ The Dust
4. She’s Got The Look
5. Forget Me
6. Everything
7. Wasted Youth
8. Pussy Crusher
9. Another Chance
10. My Game

LINE-UP
Michael Flame – Lead Vocals
Cristian Iorio – Guitars, Vocals
Cosimo Castorini – Bass Guitar
Umberto Viro – Drums

MASTRIBES – Facebook

Soul Seller – Matter Of Faith

Uno scrigno delle meraviglie hard rock, che se ricorda non poche icone della nostra musica preferita, possiede comunque marchiato in bella mostra il monicker Soul Seller.

Finiti i tempi del successo commerciale, l’hard rock melodico di stampo classico ha continuato il suo percorso musicale all’ombra dei vari generi che si sono succeduti nel cuore dei fans negli ultimi venticinque anni.

Gli amanti della musica dura dal taglio raffinato hanno comunque avuto il supporto dei paesi scandinavi e delle terre d’oltreoceano, per saziarsi di melodic rock, con nel mezzo l’Europa centrale (Germania) da sempre culla di questi suoni.
In Italia la scena è comunque ricca di talenti e nell’underground valide etichette lavorano costantemente per dare spazio ai gruppi di genere meritevoli d’attenzione da parte dei fans.
Aspettando tempi migliori per un minimo di attenzione in più, soprattutto (carta stampata in primis) da chi detta regole di mercato non scritte, noi,  che dei trend (purtroppo fastidiosi anche nell’hard & heavy) ce ne freghiamo,  godiamo delle note eleganti e splendidamente melodiche di quegli eroi poco conosciuti che di melodic rock ci fanno innamorare.
I Soul Seller, per esempio, sono una band piemontese, attiva da un po’ di anni e con una già discreta discografia alle spalle composta da un primo album autoprodotto uscito all’alba del nuovo millennio, due ep e l’ultimo parto licenziato cinque anni fa (Back To Life).
Il sestetto nostrano torna con questo nuovo e bellissimo album dal titolo Matter Of Faith, un’opera di rock melodico colma di splendide tracce, dove l’hard rock tradizionale incontra l’AOR e con l’aiuto di sfumature progressive ci delizia con una serie di canzoni che, in un’altra epoca, suonerebbero nell’autoradio di molti rocker dal cuore tenero e dai gusti raffinati.
Matter Of Faith ha l’indubbia virtù di pescare tanto dalla tradizione europea quanto da quella statunitense, i richiami all’hard rock britannico infatti si riflettono in attimi dove un’energia stradaiola ci ricorda di notti infuocate nei locali della West Coast o ci portano ad inorgoglirci di epicità in quelle lande raccontate dai maestri Ten e Dare (Get Away From The Light, apice del disco).
Qui troviamo una produzione cristallina, un cantante sopra le righe, chitarre eleganti che ricamano riff e solos dove la melodia e l’energia vanno a braccetto, ballate che sprigionano un delicato gusto AOR, tastiere ariose che a tratti giocano con la tradizione progressiva nazionale, ma soprattutto canzoni, dannatamente coinvolgenti e che ci imprigionano senza lasciarci andare via, legati mani e piedi da un songwriting di altissimo livello.
L’energia della title track mi ha ricordato i migliori Scorpions in versione U.S.A, Alchemy e poi l’opener Neverending spoiccano da par loro ma non da meno sono tutte le altre tracce che formano questo scrigno delle meraviglie hard rock, che se ricorda non poche icone della nostra musica preferita, possiede comunque marchiato in bella mostra il monicker Soul Seller.
Album di una bellezza imbarazzante, fatevi sotto.

TRACKLIST
1.Neverending
2.Given To Live
3.Tide Is Down
4.Memories
5.Get Stronger
6.Echoes From A Distant Future
7.Get Away From The Light
8.Alchemy
9.Wipe Your Tears Away
10.Matter Of Faith
11.Strangers Apart
12.Made Of Stone

LINE-UP
Eric Concas – Lead & Backing Vocals
Cris Audisio – Lead, Rhythm & Acoustic Guitar, Backing Vocals
Dave Zublena- Rhythm & Acoustic Guitar, Backing Vocals
Mike Zublena – Bass
Italo Graziana – Drums & Backing Vocals
Simone Morandotti – Keyboards & Programming

SOUL SELLER – Facebook

Fair Warning – Pimp Your Past

Un bellissimo regalo per i fans che potranno godere delle nuove interpretazioni di brani che, nel genere, erano e resteranno di un’altra categoria.

Tornano sul mercato, tramite la Steamhammer/SPV, i Fair Warning di Tommy Heart, uno dei gruppi che hanno dato più lustro all’hard rock melodico europeo, almeno da quando i loro album hanno cominciato a mostrarsi nei negozi di dischi del vecchio continente.

Una band che ha regalato almeno due capolavori, dati in pasto agli amanti del genere negli anni novanta, periodo in cui queste sonorità non erano certamente cool, surclassate dal rock proveniente dal nuovo continente.
Ma è indubbio che Rainmaker (1995) e Go (1997), portarono una calda ventata di hard rock classico a chi all’epoca doveva guardare al mercato giapponese per reperire le opere che continuavano ad uscire imperterrite ma poco considerate dai fans, così che il gruppo riuscì a ritagliarsi un suo spazio comunque.
Pimp Your Past non è un nuovo lavoro ma una compilation di brani presi dai primi tre lavori (oltre agli album citati, anche il debutto omonimo del 1991), risuonati e riarrangiati dal gruppo che dona così una nuova veste a tracce già di per sé bellissime.
Ed infatti le nuove Longing For Love, Out On The Run e compagnia tornano a risplendere, con un Heart in splendida forma e la sei corde di Helge Engelke che ricama accordi ora incendiati dal sacro fuoco del rock, ora melodici da far venire i brividi, in questa ulteriore dimostrazione del talento del quartetto tedesco (Ule W e Ritgen C.C. Behrens accompagnano e valorizzano il sound, precisi come orologi).
Angels Of Heaven (Go) rimane una delle canzoni più belle scritte dai Fair Warning, insieme alla splendida Save Me (sempre dal capolavoro del 1997) e Pimp Your Past diventa, più che una compilation, un’ulteriore dimostrazione di forza da parte di Tommy Heart e soci: non solo un album consigliato a non conosce ancora i Fair Warning, ma soprattutto un bellissimo regalo per i fans che potranno godere delle nuove interpretazioni di brani che, nel genere, erano e resteranno di un’altra categoria.

TRACKLIST
01. Longing For Love
02. One Step Closer
03. Out On The Run
04. When Love Fails
05. Long Gone
06. Burning Heart
07. Pictures Of Love
08. Angels Of Heaven
09. Rain Song
10. Save Me
11. Don’t Give Up

LINE-UP
Tommy Heart: Vocals
Helge Engelke: Guitar
Ule W. Ritgen: Bass
C.C. Behrens: Drums

FAIR WARNING – Facebook

Darkwalker – The Wastelands

Un buon lavoro nel suo complesso che potrebbe anche fare breccia se siete affezionati alle varie correnti statunitensi sviluppatesi nel rock degli ultimi venticinque anni.

Devono ancora arrivare i tempi di vacche magre per i suoni hard rock ispirati agli anni settanta, soprattutto quelli che al rock classico aggiungono atmosfere stoner, direttamente dall’America da sudare e sballare nei deserti infuocati della Sky Valley.

Il trio al debutto su Sleaszy Rider, label greca attiva come non mai in campo underground, dal metal classico ai suoni alternative, si chiama Darkwalker ed il suo primo lavoro è un buon esempio delle sonorità descritte, direttamente dagli States.
Ispirato nei testi all’opera letteraria La Torre Nera, una serie di romanzi di Stephen King molto famosa, che unisce fantasy, fantascienza, horror e western, The Wastelands si aggrega in posizione defilata ma nobile alle uscite del genere in questo 2016, confermando l’ottimo stato di salute che godono queste sonorità.
In verità il gruppo americano lascia che le ispirazioni settantiane siano appena marcate, e da band cresciuta a pane e rock alternativo imprime nel sound una forte impronta post grunge, ipnotizzata da una delicata vena psichedelica e martoriata da potenti dosi di groove stoner novantiano.
Intelligentemente il gruppo, pur ispirandosi ad un’opera prolissa, spende tutta la sua energia in poco più di mezzora, un bene visto che qualche difettuccio non manca nell’autonomia generale del disco.
Voce e chorus per esempio, pur ricordando i Corrosion Of Conformity era Blind, risultano leggermente monocordi, un dettaglio sicuramente, visto che The Wastelands non perde punti, dall’alto del suo potenziale ritmico che risulta il punto di forza del gruppo.
Manca leggermente quel fascino da jam acida che in molti album fa la differenza, puntando sul feeling e l’immediatezza delle opere orientate verso i suoni alternative, confermato da brani ritmati e molto attenti al classico meccanismo strofa-ritornello-strofa, niente di male visto la buona presa di tracce come il singolo Black Thirteen, The Dark Tower e Drawing Of The Three, mentre la palma di miglior brano del disco va alla sabbathiana (ed unica concessione al periodo seventies) The Battle Of Devar-Toi.
Un buon lavoro nel suo complesso che potrebbe anche fare breccia se siete affezionati alle varie correnti statunitensi sviluppatesi nel rock degli ultimi venticinque anni.

TRACKLIST
1. Black Thirteen
2. Gunslingers
3. The Dark Tower
4. Memories Of Another Life
5. Crimson King
6. Drawing Of The Tree
7. The Battle Of Devar-Toi
8. Black Thirteen (bonus video-clip)

LINE-UP
Derek
Hector
Dave

DARKWALKER – Facebook