Vatican – March Of The Kings

March Of The Kings si rivela uno dei migliori motivi per amare ancora l’heavy metal di stampo classico.

La missione della Pure Steel Records nel riproporre gruppi nati negli anni ottanta e poi persi nei meandri dell’underground continua con il trio dei Vatican.

Come molte realtà portate all’attenzione dei fans del metal old school dalla label tedesca, il gruppo di Cleveland iniziò la sua attività proprio a metà degli anni d’oro per il metal classico, sia in Europa che nel nuovo continente, incidendo quattro demo tra il 1986 ed il 1990.
Poi il lungo letargo fino al 2014, anno del ritorno sul mercato con una compilation che serviva da preludio al nuovo album e prima vera prova sulla lunga distanza.
La line up vede il chitarrista Vince Vatican affiancato dal bassista e cantante Brain Mcnasty e dal batterista Vic Gribouski, così che March Of The Kings può sicuramente essere considerato un nuovo principio per le sorti metalliche dei Vatican, i quali risultano una più che ottima band di heavy metal dai rimandi classici, tra tradizione statunitense ed heavy britannico.
Tra queste due anime si sviluppa il sound del gruppo, con  il metal europeo che si unisce al power americano, facendone uscire dieci esplosivi brani dove il leader fa faville con la sei corde, ed il cantante passa con disinvoltura tra timbrica halfordiana e aggressività metallica.
Quaranta minuti circa ottimamente sfruttati, tanto che l’album non vede tregue qualitative, con una manciata di gioielli che alzano il livello di un lavoro suonato con la dovuta esperienza, magari con qualche soluzione di maniera frutto appunto della lunga militanza dei protagonisti sulla scena, ma perfetti per non perdere la bussola e mantenere l’attenzione dell’ascoltatore,
E così tra solos sferzanti, mid tempo dal taglio epico e tanta aggressività, le varie Alive To The Grave, Mean Steak e Waysted  continuano la tradizione dell’heavy metal classico, per i defenders con qualche anno in più sul groppone, ma anche per i giovani dal cuore d’acciaio.
Un buon ritorno, dunque, per il trio americano: March Of The Kings si rivela uno dei migliori motivi per amare ancora l’heavy metal di stampo classico.

TRACKLIST
1. Alive To The Grave
2. Deadly Wind
3. Running
4. Mean Streak
5. Falling From Grace
6. Waysted
7. Fears Garden
8. Die A Heart Attack
9. Corruption
10. Opus #9

LINE-UP
Brain McNasty – vocals, bass
Vince Vatican – guitars
Vic Gribouski – drums

VATICAN – Facebook

Chrome Molly – Hoodoo Voodoo

Hoodoo Voodoo supera il buon predecessore e la band, ritrovando un minimo di continuità, imprime al sound del disco nuovo smalto e freschezza così che l’ascolto risulta fluido e l’hard’n’heavy della band si riveste di ottime melodie e di un’aggressività degna di giovincelli.

Direttamente dagli anni ottanta arrivano i Chrome Molly, gruppo inglese ai margini del successo ma valido a livello qualitativo, con il proprio sound che ha sempre mantenuto la giusta via di mezzo tra la new wave of british heavy metal e l’hard rock di scuola britannica.

Il gruppo di Leicester ha attraversato gli anni ottanta con lavori che lo portarono a dividere il palco con nomi altisonanti della scuola metallica come Alice Cooper e Ozzy Osbourne, ma non trovò mai il successo fuori dalla scena metallica rimanendo il classico gruppo conosciuto dagli amanti del genere.
Eppure la loro musica rimane anche oggi un buon ibrido tra aggressività dell’heavy metal e la grinta hard rock che richiama la fine degli anni settanta e i lavori dell’epoca di Uriah Heep (a tratti) e UFO.
I Chrome Molly andarono in letargo all’alba degli anni novanta, per tornare dopo ventitré anni (nel 2013) con un nuovo album, il discreto Gunpowder Diplomacy: Hoodoo Voodoo supera il buon predecessore e la band, ritrovando un minimo di continuità, imprime al sound del disco nuovo smalto e freschezza così che l’ascolto risulta fluido e l’hard’n’heavy della band si riveste di ottime melodie e di un’aggressività degna di giovincelli.
La musica condensata in questo lavoro rimane ancorata ai canoni del genere, le varie tracce formano un best of dell’hard & heavy di scuola britannica, con Steve Hawkins a dispensare consigli ai giovani vocalist in procinto di dedicarsi al classic metal, chitarre che graffiano da par loro ed una manciata di brani di alta scuola.
Un accenno ai sempre presente Iron Maiden, specialmente nei solos che prendono fuoco sotto le dita di John Foottit e Sam Flint, e tanto hard rock irresistibilmente britannico, con almeno una manciata di brani dall’alto voltaggio (Can’t Be Afraid of the Dark, Pillars Of Creation (Albion) e Rock For You) ed uno sguardo aldilà dell’oceano con la ballad di frontiera Now That Those Days Have Gone.
In conclusione, un ottimo album ed una band da riscoprire, specialmente se gli anta li avete superati da un po’ e nel genere avete lasciato un pezzo del vostro cuore.

TRACKLIST
01. In The Beginning
02. Can’t Be Afraid Of The Dark
03. Some Kind Of Voodoo
04. Pillars Of Creation (Albion)
05. Now That Those Days Have Gone
06. Indestructible
07. Save Me
08. Rock For You
09. Feeling Pressurised
10. Dial ‘F’ For Freakshow

LINE-UP
Steve Hawkins – voce
John Foottit – chitarra
Sam Flint – chitarra
Nick Wastell – basso
Greg Ellis – batteria

CHROME MOLLY – Facebook

Lunar Shadow – Far From Light

Il songwriting degno di una grande band e l’ottima tecnica strumentale fanno di quest’opera un gioiello epico che i fans di Solstice, Warlord, Slough Feg e del metal classico in generale non possono assolutamente perdersi.

Affascinante esordio sulla lunga distanza per questa giovane band tedesca, al secolo Lunar Shadow, in uscita per Cruz Del Sur  con Far From Light, un bellissimo esempio di heavy metal old school, epico e melodico.

Puntano tutto sulle atmosfere i Lunar Shadow e fanno bene, visto l’ottimo risultato ottenuto grazie ad emozionanti passaggi acustici, cavalcate metalliche dall’incedere epico e un uso delle melodie che, partendo dalla splendida voce di Alex Vornam per passare ad intrecci chitarristici sopra le righe, portano Far From Light ad un giudizio più che lusinghiero.
Metallo forgiato negli anni ottanta, puro come l’acqua di sorgente da dove si dissetano gli dei, il sound del gruppo tedesco, fino ad ora sul mercato con il solo ep Triumphator uscito un paio di anni fa, ha del sorprendente per intensità ed per un’epicità che non va mai oltre il buon gusto, lasciando all’heavy metal classico il compito di portare la band verso la battaglia a colpi di spade e scudi, mentre la ricerca del sacro graal del metal old school si ferma davanti alla grotta illuminata, raffigurata nella splendida copertina che sa tanto di primi Candlemass.
Ma il paragone con la famosa doom metal band si ferma qui: i Lunar Shadow fanno heavy metal puro ed incontaminato, fiero nelle trame di Hadrian Carrying Stones o gli intrecci acustici della superba The Hour Of Dying, la cavalcata metallica di The Kraken che lascia spazio ad atmosferici passaggi acustici per poi esplodere in fiammeggiante metallo, mentre i minuti passano (l’album dura un’ora scarsa), e l’alta qualità non scende, mantenendo Far From Light su livelli davvero alti per il genere.
Un songwriting degno di una grande band e l’ottima tecnica strumentale, fanno di quest’opera un gioiello epico che i fans di Solstice, Warlord, Slough Feg ed il metal classico in generale non possono assolutamente perdersi.

TRACKLIST
1. Hadrian Carrying Stones
2. They That Walk The Night
3. Frozen Goddess
4. Gone Astray
5. The Hour Of Dying
6. The Kraken
7. Cimmeria
8. Earendil (Gone Are The Days)

LINE-UP
Max ‘Savage’ Birbaum – Lead Guitar
K. Hamacher – Guitars
S. Hamacher – Bass Guitar
A. Vornam – Vocals
J. Zehner – Drums

LUNAR SHADOW – Facebook

Sanctuary – Inception

Inception potrà a molti sembrare un’operazione volta a riempire il tempo necessario al gruppo per creare il nuovo album, ma è indubbio che il valore di queste composizione vada ben oltre la classica operazione nostalgica.

Come ogni leggenda che si rispetti, anche la storia dei Sanctuary di Warrel Dane e Lenny Rutledge si avvolge di mistero ed un pizzico di magia.

E l’ultimo capitolo della storia di questa storica band statunitense vede il chitarrista ripulire il proprio magazzino e, tra cianfrusaglie e vecchi ricordi, trovare quello che è il sacro Graal della band e di una buona fetta dell’US power metal, i nastri su cui l’allora giovane gruppo incise quello che in gran parte andò a formare il primo entusiasmante album dei Sanctuary, Refuge Denied.
Quello che poi la storia vide scritto fu un secondo album altrettanto fondamentale (Into The Mirror Black, 1990) ed un lungo silenzio fino al 2014 con il ritorno con un album di inediti intitolato The Year the Sun Died.
Ma torniamo a questa monumentale raccolta ed alla sua storia che porta i Sanctuary, dopo il ritrovamento, ad affidare i preziosi nastri al produttore Chris “Zeus” Harris (Queensryche, Hatebreed), il quale trasforma la musica di cui si compongono in canzoni prodotte perfettamente, in linea con il metal del nuovo millennio, così da poter godere in toto della bravura di questa straordinaria band.
Accompagnato dalla copertina di Ed Repka, che richiama senza mezzi termini quella del primo album del gruppo, Inception potrà sembrare a molti un’operazione volta a riempire il tempo necessario al gruppo per creare il nuovo album, ma è indubbio che il valore di queste composizione vada ben oltre la classica operazione nostalgica.
Detto del gran lavoro fatto da Harris, in modo che il tutto non appaia la classica demo che fa a pugni con le nostre orecchie abituate alle produzioni moderne, l’album ci presenta la band al massimo della forma, magari leggermente acerba, ma con un Dane sugli scudi, teatrale e nervoso, sospinto da una carica selvaggia indomabile, ed una serie di brani che sono storia del metal statunitense alla pari con i primi lavori di Queensryche e Metal Church.
Le due tracce inedite sono all’altezza di quelle conosciute e finite su Refuge Denied: teatrali, drammatiche ed oscure, in perfetta linea con il metal suonato negli anni ottanta e diventato una tradizione classica dell’ America hard & heavy.
Curato in ogni dettaglio, Inception è accompagnato da un libretto con foto e notizie sulla scena metal di Seattle, prima che camicioni di flanella e jeans strappati arrivassero a mettere nell’ombra giubbotti di pelle e polsini borchiati.

TRACKLIST
1. Dream Of The Incubus
2. Die For My Sins
3. Soldiers Of Steel
4. Death Rider / Third War
5. White Rabbit (Jefferson Airplane cover)
6. Ascension To Destiny
7. Battle Angels
8. I Am Insane
9. Veil Of Disguise

LINE-UP
Lenny Rutledge – Guitars
Warrel Dane – Vocals
Dave Budbill – Drums
George Hernandez – Bass
Nick Cordle – Guitars (live)

VOTO
8.50

URL Facebook
http://www.facebook.com/sanctuaryfans

Animae Silentes – Suffocated

Arriva il disco d’esordio per gli Animae Silentes, band che nasce da cinque musicisti non proprio sconosciuti, ma che ci faranno scoprire la loro idea di dark-goth metal. Un album completo e ben fatto.

Gli Animae Silentes sono una band di recente formazione ma i cui componenti hanno già alle spalle una notevole gavetta.

Per farla breve e conoscerli meglio: il cantante Alessandro Ramon Sonato, già parte dei Chrome Steel (Judas Priest Tribute) e Bad Sisters, oltre a essere ex Hollow Haze e Crying Steel, e il bassista Tomas Valentini, che molti conosceranno come membro degli Skanners, danno il “la” a questo nuovo progetto, avendo ben chiare le idee in merito a stile e genere nel giugno del 2015.
Come se non bastassero le menti geniali, ecco arrivare il chitarrista Giovanni Scardoni (Chrome Steel, ex Ground Control) e Riccardo Menini (Dirty Fingers); infine, il batterista Cristian Bonamini (Alcstones, Romero).
Tutta questa esperienza accumulata e il talento naturale vengono condensati nel loro disco d’esordio Suffocated, un lavoro pulito e intenso, ma anche a tratti cupo e dark.
Il tutto inizia con la classica breve Intro che include un temporale, con tanto di corvi e una bella chitarra a farla da padrona; Burning in Silence è il vero punto di partenza, uno dei pezzi più melodici e piacevoli, seguono Purgatorium ed Eville, le quali insieme a Madman Town, mostrano la parte un po’ più rock degli Animae Silentes.
L’aspetto più dark lo incontriamo in Nothing Else to Remind (molto intensa) e Illusion, al limite del gothic di qualche tempo fa, che mi hanno ricordato gli Amorphis dell’album Tuonela; Save, Desperation Road e Lost in My Soul riprendono note più orecchiabili, ma senza mai cadere nella banalità; per concludere, troviamo Suffocated che, paradossalmente, è quella che mi è piaciuta un po’ meno.
Uno dei punti di forza degli Animae Silentes è la bravura di Rock Ramon al microfono, il quale riesce ad interpretare con scioltezza qualsiasi stile senza perdersi e senza risultare eccessivo, cosa che può tranquillamente accadere se spingi troppo con lo screaming o il growling, e naturalmente anche gli altri non sono da meno.
Insomma, Suffocated è un disco da avere perché suonato da chi la musica la sa fare e ci mette davvero il cuore.
Potrebbe non piacere a tutti il genere in questione, ma è indubbio il fatto che si tratti di un esordio con i fiocchi.

TRACKLIST
1 Intro
2 Burning In Silence
3 Purgatorium
4 Eville
5 Nothing Else To Remind
6 Illusion
7 Save Me
8 Desperation Road
9 Madman Town
10 Lost In My Soul
11 Suffocated

LINE-UP
Rock Ramon – voice
Tomas Valentini – Bass guitar
Riccardo Menini – Guitar
Giovanni Scardoni – Guitar
Cristian Bonamini – Drum

ANIMAE SILENTES – Facebook

Nighon – The Somme

Il ritorno dei finlandesi Nighon sarà una piacevole riscoperta per tutti gli appassionati del genere e non. Una combo di voci tra melodia e potenza, testi impegnati e non banalità. Bentornati ragazzi.

I Nighon, band finlandese formatasi nel 2008, è arrivata al suo secondo album in studio che, come ben sostiene il detto popolare, è il più difficile da realizzare nella carriera di un artista.

C’è anche da dire che il fatto di aver condiviso il palco con band del calibro di myGRAIN, Magenta Harvest, Finntroll e Kill The Kong, solo per citarne alcune, ha influenzato e arricchito il loro percorso in maniera significativa.
Il risultato è quindi un nuovo album che viene catalogato come gothic, ma che ha la peculiarità di risultare molto attuale e ben accostabile anche ad altri generi di radice comune, anche grazie a sonorità aperte alle tecnologie moderne.
A tutto questo aggiungiamo il fatto che all’interno di The Somme troviamo musica che affronta riflessioni in merito a tematiche complesse che ultimamente interessano un po’ tutti: la guerra, la società post-moderna nei suoi conflitti più evidenti, quindi nulla di banale.
Per lanciare al meglio questa nuova fatica, il primo singolo estratto è esattamente il secondo contenuto nell’album e uno dei più melodici, The Greatest of Catastrophes, accompagnato proprio in questi giorni da un video accattivante, una scelta che potrebbe essere considerata comoda per certi versi.
Nonostante ciò, The Greatest of Catastrophes è solo una delle quattordici tracce, le quali hanno la caratteristica principale di essere equilibrate e mai troppo complesse o eccessive nel loro intento, soprattutto se consideriamo i testi già densi di significato.
Fondamentalmente, anche nei pezzi più energici, come You Do Not Know What The Night May Bring per citarne uno, questi ragazzi sanno interessare l’ascoltatore persino quello meno appassionato; stesso discorso vale per le songs più melodiche (The Dirge, Lest We Forget) e per gli intermezzi introduttivi che incontriamo qua e là.
Insomma, nel suo complesso The Somme è un lavoro che non propone nulla di realmente innovativo, ma è fatto bene e curato nella sua interezza, a dimostrazione di quanto i Nighon ci credano seriamente e sappiano lavorare insieme senza essere influenzati dalle molteplici band provenienti dal loro stesso paese.
Non essendo troppo vincolante nel suo genere, ve lo consiglio vivamente.

TRACKLIST
01 – Marseille 1914
02 – The Greatest of Catastrophes
03 – The Dirge
04 – Lest We Forget
05 – Medic
06 – Blow Them to Hell
07 – Altafjord
08 – Scharnhorst
09 – Reclaming Ravenpoint
10 – You Do Not Know What the Night May Bring
11 – Minor Secundus
12 – Tragédie
13 – I Fear for Tomorrow
14 – Somme

LINE-UP
Nico Häggblom – Voce
Alva Sandström – Voce
Björn Johansson – Chitarra
Mika Paananen – Batteria
Michael Mikander – Chitarra
Mats Ödahl – Basso

NIGHON – Facebook

Envinya – The Harvester

Un buon lavoro da parte di un gruppo molto interessante.

Melodic metal con voce femminile, non troppo gotico e sinfonico, ma molto pesante nelle ritmiche, più o meno è questo il sound di cui sono protagonisti i bavaresi Envinya, un passato su Massacre che licenziò tre anni fa il debutto Inner Silence.

Sono tornati dunque con il secondo full length i musicisti tedeschi, questa volta a cura della STF, continuando il cammino intrapreso con il precedente lavoro.
Di tanto metal è composto questo lavoro, come si diceva dalle ritmiche pesanti, con chitarre graffianti, tastiere poco invadenti ed una cantante (Mery Diaz Serrano) dalla voce veramente sorprendente, non operistica come di moda di questi tempi, ma personale e soprattutto dall’appeal altissimo.
The Harvester si sviluppa su undici brani passionalmente metallici, e la voce della cantante è accompagnata molte volte da un controcanto ruvido, mentre tra i brani si danno il cambio serrate tracce metalliche ed altre più ariose dal piglio melodico.
Se la Massacre ci aveva messo gli occhi addosso un motivo ci sarà pure stato, ed il gruppo fa valere un songwriting sopra la media, a forza di brani veloci, alternanti potenza e melodia tra Within Temptation, Edenbridge, primi In Flames e tanto power heavy metal, con la Diaz Serrano sicuramente da considerare come una vocalist di stampo heavy metal più che una sirena symphonic gothic.
Colpiscono le ritmiche sempre al limite nei brani più tirati in cui il gruppo non disdegna cambi di tempo dal retrogusto prog metal, mentre i brani da annoverare tra i migliori sono il mid tempo Nightdweller, la title track, la power metal oriented Outsider e l’epica The Tower & The Fog.
Un buon lavoro da parte di un gruppo molto interessante.

TRACKLIST
1.Prelude
2.Bewitched
3.Nightdweller
4.The Harvester
5.Stormchase
6.Valiant
7.Outsider
8.Widespread Pandemy
9.Amphibian Life
10.The Tower & the Frog
11.Heads of Tails

LINE-UP
Monika Strobl – Keyboard
Mery Diaz Serrano – Vocals
Mike Gerstner – Lead Guitar
Thomas Knauer – Rhythm Guitar
Lorenz Henger – Bass
Enrico Jung – Drums

ENVINYA – Facebook

Altjira – Anent Wist

Gli Altjira potrebbero fare il botto nel genere se manterranno le caratteristiche evidenziate su questo ottimo primo passo discografico.

Un ep di debutto che promette bene per questo quintetto di defenders provenienti da Parma.

Gli Altjira si presentano sul mercato metallico nazionale con una mezzora di heavy metal che a tratti sfocia nel thrash e nel metal americano, anche se la loro massima fonte di ispirazione sono i Judas Priest, assieme agli Iced Earth periodo Owens, confermato dalla cover di Dracula, brano tratto da Horror Show.
Anent Wist fa male con una manciata di canzoni che rispecchiano l’heavy metal che più piace ai defenders di vecchia data: melodico, graffiante, ritmicamente pesante e veloce, ma soprattutto fiero, così come le opere dei gruppi citati e da cui la band trae ispirazione.
Gli Altjira  presentano un ottimo vocalist (Dest), perfetto animale metallico tutto grinta e ugola, una coppia di chitarristi che fa fuoco e fiamme (Rampage e Jimmy) ed una sezione ritmica precisa e potente (Kara al basso e Mirko alle pelli), niente di più e niente di meno, ma idelae per suonare heavy metal tripallico, che si specchia nella tradizione ma che non dimentica produzione e tutti i dettagli fondamentali per un lavoro professionale.
Della cover di Dracula abbiamo parlato, ma il meglio lo si trova (fortunatamente) nelle tracce inedite con I Will Not Bend e The Chase, che spiccano dalla notevole anche se breve track list.
Band da seguire in futuro, gli Altjira sembrano avere i numeri per emergere nel loro genere se manterranno le caratteristiche evidenziate su questo ottimo primo passo discografico.

TRACKLIST
01. Anent Wist
02. I Will Not Bend
03. Missing Generation
04. Fragments Of A Hologram Rose
05. The Chase
06. Dracula (Iced Earth Cover)
07. Cymoril

LINE-UP
Dest- voce
Rampy- chitarra
Kara- basso
J- chitarra
Mirko Virdis- session drummer

ALTJIRA – Facebook

Doctor Cyclops – Local Dogs

Dentro Local Dogs, solo per elencarne alcuni, possiamo trovare heavy rock anni settanta, note riecheggianti i primi Deep Purple e i Jethro Tull più muscolari, doom classico e proto doom, cavalcate in stile New Wave Of British Heavy Metal, psichedelia incandescente e tanto altro.

Dal pavese arriva quello che uscendo a fine marzo 2017 sarà molto probabilmente uno dei dischi dell’anno, se non IL disco dell’anno.

Sono rimasto seriamente stupefatto dalla prova di questo trio. Dentro Local Dogs, solo per elencarne alcuni (e dovete assolutamente sentire come vengono resi), possiamo trovare heavy rock anni settanta, note riecheggianti i primi Deep Purple e i Jethro Tull più muscolari, doom classico e proto doom, cavalcate in stile New Wave Of British Heavy Metal, psichedelia incandescente e tanto altro. Magnifico perdersi in questo disco, in questo labirinto erboso di bellezza sonora, dove tutto è bello, rumoroso e naturale. Se dovessero chiedervi di elencare dei dischi anni settanta od ottanta di musica rumorosa potete fare un favore a voi e al vostro dirimpettaio consigliando direttamente questo disco, perché qui c’è tutto. Si rimane meravigliati dalla prima all’ultima nota, ci sono persino intarsi di epic metal e doom insieme, e il risultato non è assolutamente un accatastare musica alla rinfusa, ma c’è un disegno creatore superiore, molto superiore. E cosa che non mi stupisce questo prodigio è nato a Bosmenso, un paese sull’appennino pavese, perché è nella provincia che vive e lotta la volontà di potenza. Il loro percorso è stato lungo ed interessante, e questo disco è una delle migliori cose mai fatte nell’undeground italiano.
Scendete nel buco nella terra vicino all’albero…

TRACKLIST
Side A
I. Lonely Devil
II. D.I.A.
III. Stardust (feat. Bill Steer)
IV. Epicurus
V. Wall Of Misery

Side B
I. King Midas
II. Stanley The Owl
III. Druid Samhain (feat. Bill Steer)
IV. Witch’s Tale
V. Witchfinder General

LINE-UP
Christian Draghi – Guitar and Vocals
Francesco Filippini – Bass
Alessandro Dallera – Drums

DOCTOR CYCLOPS – Facebook

Vanik – Vanik

Immaginate il massacro nella sala cinematografica del film Demoni di Lamberto Bava (1985): uno dei brani di questo album avrebbe potuto fungere da colonna sonora al bagno di sangue perpetrato dall’orda di malefici e famelici servi del demonio a colpi di heavy speed metal.

Dall’ underground metallico statunitense dalle reminiscenze old school, arrivano i Vanik creatura horror del musicista Shaun Vanek (Midnight, Vandallus, Whitespade, Eternal Legacy, Breaker, Manimals, Sixx), aiutato in questa avventura da Ed Stephans (Ringworm,Shok Paris, Gluttons) al basso e Al Biddle (Toxic Holocaust, Cauldron, Diemonds, Castle) alle pelli.

Alcune delle band in cui militano i tre demoni metallici sono vecchie conoscenze, quindi è un piacere per il sottoscritto presentarvi questo buon lavoro omonimo, un album che più old school di così non si può, ma che risulta ben confezionato, con una produzione in linea con la musica suonata, ed un lotto di brani che strappano più di un ghigno beffardo e maligno.
Vanik parte a tavoletta e non si ferma più, lasciando un cumulo di cadaveri al suo passaggio, un massacro a colpi di velocissimi e taglienti solos che Shaun Vanek rifila come mazzate terrificanti: un heavy metal con targa anni ottanta, sparato a mille e con una combustione letale di soluzioni speed e rock ‘n’roll, testi che fanno riferimento ai film horror di serie b, una venerazione per gli storici Venom e tanta attitudine vecchia scuola,
La voce di Vanik, in linea con il cantato speed/thrash ottantiano (e non poteva essere altrimenti), canta di omicidi, demoni, zombie e di tutte le creature che dominano il mondo horror trash, mentre le ritmiche si fanno sempre più serrate ad ogni brano e la chitarra sporca di sangue innocente continua il suo martirio.
Trenta minuti bastano per il primo massacro targato Vanik, ed è una mezzora di headbanging sfrenato sulle ali dell’heavy speed metal old school.
Un album che non ha chance di uscire dal confine dell’underground, ma può solo continuare a vivere nel mondo parallelo dei lavori cult, sapendo come far divertire gli amanti del genere.
Immaginate il massacro nella sala cinematografica del film Demoni di Lamberto Bava (1985): uno dei brani di questo album avrebbe potuto fungere da colonna sonora al bagno di sangue perpetrato dall’orda di malefici e famelici servi del demonio a colpi di heavy speed metal.

TRACKLIST
1. Deadly Pleasures
2. Fire Again!
3. One More Dose
4. The Blackest Eyes
5. Blood Sucking Lust
6. Dr. Speed
7. Midnight Ghoul
8. Eat You Alive
9. Island Of Lost Souls

LINE-UP
Vanik – Guitars/Vox
Ed Stephans – Bass
Al Biddle – Drums

VANIK – Facebook

Steel Messiah – Of Laser And Lightning

Un ep discreto che non fa sicuramente gridare al miracolo, ma che regala una ventina di minuti immergendoci nella storia dell’heavy metal e per ora può bastare.

Una lunga intro ci da il benvenuto nel mondo dell’heavy metal old school degli Steel Messiah, quartetto tedesco all’esordio con questo ep di cinque brani dal titolo Of Laser and Lightning.

La giovane band sposa completamente l’attitudine metallica dei primi anni ottanta, il proprio sound è un buon mix tra Judas Priest e Saxon, prodotto quel tanto che basta per non risultare troppo vintage, e l’ep in questione è una sorpresina niente male se siete amanti della new wave of british heavy metal, con quel tocco epico che inorgoglisce il tutto.
Ai ragazzi tedeschi, del sound nato più tardi nelle sua terra d’origine non può fregare di meno: Of Laser And Lightning è heavy metal old school di origine controllata; ritmiche hard & heavy di estrazione sassone fanno da tappeto metallico alle sei corde priestiane, il cantante ricorda proprio Halford, anche se va un po’ in difficoltà sul falsetto.
Per il resto l’album gira che è un piacere, specialmente con Dr. Steel, la cattivissima Bringer Of Pain, Fast’n’Sharp con qualche accenno nei solos ai primissimi Iron Maiden e l’inno metallico Motorcycle Maniac, tributo ai Saxon (non così lontana dal famoso brano da biker, Motorcycle Man).
Un ep discreto che non fa sicuramente gridare al miracolo, ma che regala una ventina di minuti immergendoci nella storia dell’heavy metal e per ora può bastare.16

TRACKLIST
1.Struck by Lightning
2.Dr. Steel
3.Bringer of Pain
4.Fast n’ Sharp
5.Motorcycle Maniac

LINE-UP
Marius Röntgen – Bass, Vocals
Moritz Nothhelfer – Drums
Marcus Gläser – Guitars (lead)
Kai Wagner – Guitars (rhythm)

STEEL MESSIAH – Facebook

https://soundcloud.com/metalmessage/steel-messiah-struck-by-lightning

Fraser Edwards – I Am God

La bravura alla sei corde di Edwards e la splendida voce di Pellek , danno la possibilità all’album di vincere facile, dunque senza timori avvicinatevi a quest’opera, vi piacerà.

Fraser Edwards è un chitarrista, compositore e produttore britannico, protagonista con la sua sei corde nei power metallers Ascension e co-autore nella rock band per bambini Sharky Sharky.

I Am God è il suo primo lavoro solista dove non mancano alcune gradite sorprese, in un buon lavoro dove l’happy power metal incontra l’elettronica, lo shred ed un pizzico di piglio progressivo che non manca di rendere l’album un originale esempio di musica metal pop molto interessante.
Accompagnato da ottimi musicisti, Edwards ha trovato modo di imprimere all’album una marcia in più con il bravissimo cantate norvegese Pellek, che chi segue la nostra webzine ricorderà dietro al microfono dei due dischi degli Active Heed, creatura progressiva del compositore nostrano Umberto Pagnini.
E I Am God non tradisce con la sua quarantina di minuti tra veloci cavalcate power metal, vorticose scale su e giù per il manico della sei corde, un’impronta melodica accentuata dall’ottima voce del vocalist, e tanto happy metal, dai chiari rimandi alle zucche di Amburgo, con qualche accenno velocissimo e al limite del legale insito nel sound dei Dragonforce.
L’album riesce a mantenere un appeal molto alto pur lasciando al leader il suo spazio per incantare con la sei corde e I Am God (il brano che da il titolo all’album è uno stupendo esempio di power metal neoclassico) soddisferà pure gli amanti dei guitar heroes (Malmsteen) .
Ovviamente quando il gruppo spara cannonate power il livello si alza non poco, l’opener Alone, Everdream e Geography Of Time, con la già citata title track, mettono a ferro e fuoco lo spartito, mentre Mentalist Brigade e 12 Variations (On Nyan Cat) Pt 1 – Edward Snowden, sono le tracce più originale e progressive, tra elettronica, cambi di tempo e marcette che, se ad un primo ascolto destabilizzano (specialmente gli appassionati più duri e puri) non si smetterà di battere inconsapevolmente il piedino ipnotizzati dalle melodie create dal compositore di Aberdeen.
Al sottoscritto I Am God è piaciuto parecchio, la bravura alla sei corde di Edwards e la splendida voce di Pellek danno la possibilità all’album di vincere facile, dunque senza timori avvicinatevi a quest’opera, vi piacerà.

TRACKLIST
1.Alone
2. Custom Built
3. Mentalist Brigade
4. 12 Variations (On Nyan Cat) Pt 1 – Edward Snowden
5. So Many People
6. Everdream
7. I Am God
8. Geography Of Time
9. God Complex
10. Dawn Of The Shred (Bonus)

LINE-UP
Fraser Edwards – Guitars
Pellek – Vocals
Andrew Scott – Drums
Stuart Docherty – Live Keyboards
Nick Blake – Live Bass

FRASER EDWARDS – Facebook

Dark Messiah – Dark Messiah

Si torna a parlare di metal nato e suonato nelle fredde terre del Nord America con il primo lavoro in formato mini cd degli heavy thrashers canadesi Dark Messiah.

Ed il messia oscuro porta con sé morte, distruzione, possessioni demoniache ed altre pestilenze a colpi di heavy metal old school, scontato quanto si vuole, prodotto neanche troppo bene, ma dall’impatto ed attitudine che ricordano dei Venom più melodici.
I cinque brani proposti, infatti, viaggiano a ritmo di cavalcate metalliche con qualche piccola accelerazione thrashy e tanta ignoranza, che vive in un sound ruvido e senza compromessi, proprio come nei primi vagiti del trio di Newcastle, dove le ritmiche motorheadiane sono estremizzate da furiose parti speed thrash e le chitarre accennano gli assoli ed i riff melodici che accompagnavano le canzoni degli eroi della NWOBHM.
Il canto ruvido e cattivo di Stephen Chubaty declama l’arrivo del demoniaco messia, mentre i servi del male agli strumenti continuano imperterriti a portare caos e violenza sulla terra, espandendo il virus malefico con le oscure e metalliche Dark Messiah (il brano) e soprattutto la mostruosa Death from Above.
Il debutto omonimo di questa band è più di quanto old school heavy metal troverete in giro, ed ovviamente non può che essere un’opera a sola esclusiva dei fans accaniti del metal più underground e tradizionale.

TRACKLIST
1.Dark Messiah
2.No Soul to Sell
3.Eliminate the Enemy
4.Death from Above
5.Your Final Breath

LINE-UP
agg Walker – Bass
Robert Schau – Drums
Lawrence Reimer – Guitars
Jonathan Hayward – Guitars
Stephen Chubaty – Vocals

DARK MESSIAH – Facebook

Capuchin Punks – Metal Dalla Cripta Dei Monaci

“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.

Ci sono o ci fanno i Capuchin Punks?

Il quintetto americano proveniente dal Missouri per il suo debutto usa un titolo in lingua italiana e prende ispirazione da un luogo sacro ubicato nella nostra capitale.
Metal Dalla Cripta Dei Monaci si riferisce, infatti, alla cripta che si trova sotto la chiesa di santa Maria della Concezione a Roma, costruita dai frati cappuccini, una tomba decorata con i resti dei loro fratelli religiosi.
Titolo ed ispirazione così originale non vanno però di pari passo con la musica prodotta dal gruppo, un miscuglio neanche troppo riuscito di heavy metal, hard rock e punk, con qualche atmosfera rallentata dai richiami sabbatiani, prodotto che sembra arrivare davvero dalla cripta e con una cantante monocorde che appiattisce il sound non certo eccelso del gruppo statunitense.
Il punk rock è forse il genere in cui la band riesce ad essere più convincente, poi vine proposto un minestrone di generi che si annullano l’un l’altro senza lasciare traccia: peccato, perché l’idea iniziale non era male, ma quello che si ci aspettava era un qualcosina di più organizzato.
Accompagnato da una copertina davvero brutta, con cinque scheletri vestiti da monaci, l’album non decolla, rimanendo fermo sulla pista ad attendere che il motore si spenga ed il silenzio torni a regnare.
“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.
Lasciamo riposare in pace i monaci e passiamo oltre.

TRACKLIST
1.Rise of the Capuchins​
2.​Jet Black Chevette​
3. Martigney Creek​ ­
4.The War​
5.Dust and Ash​
6.One of Them
7.My Addiction​
8.Former Crowns​
9.Better Not Ask

LINE-UP
Donna Katherine -​ ­Vocals
Danny Nichols​­ – Guitar
Isaac Bryan​­ – Guitar
Josh Sanderson -​­ Bass, Guitar
Matt Bryan ​­- Drums

http://www.facebook.com/capuchinpunks/?fref=ts

Wretch – The Hunt

The Hunt è un lavoro heavy power metal classico scitto da chi ha vissuto la scena in prima persona.

C’è voluta la Pure Steel per dare a Cesare quel che è di Cesare, tradotto, un contratto per i Wretch, band heavy power metal attiva nella scena di Cleveland addirittura dalla metà degli anni ottanta.

Una lunga serie di demo e nel 2006 il debutto Reborn, in una carriera che se non decolla definitivamente comincia a risultare più costante con l’uscita di una compilation, l’ep Rise To Power del 2013 e il secondo full length intitolato Warrior, uscito nel 2014.
Dunque con The Hunt siamo al terzo album in più di trent’anni , ma il gruppo non molla e ci travolge con il suo U.S. power metal, dalle tinte oscure e dal piglio drammatico come tradizione americana, anche se i Wretch hanno in serbo soluzioni maideniane che accentuano l’ottima amalgama tra tradizione statunitense ed europea.
Aiutato dal tono vocale del singer Juan Ricardo, che a tratti ricorda Bruce Dickinson, e da molte soluzioni ed intrecci chitarristici in stile Murray/Smith, il sound del quintetto americano non mancherà di soddisfare gli amanti del genere, forte di un lotto di brani arrembanti, dove aggressione e melodia vanno a braccetto come nella migliore tradizione classica, così da incendiare di passione metallica gli amanti di Iron Maiden, Iced Earth e Metal Church.
The Hunt parte con il freno a mano tirato, la title track risulta una partenza inceppata, ma passata Throne Of Poseidon, l’album spicca il volo con una serie di canzoni riuscite, quel in cui più si sente l’influenza maideniana (The Final Stand, Straight To Hell e Once In A Lifetime).
Ne esce un album che parte piano per poi crescere alla distanza, risultando un buon ascolto per i defenders dai gusti classici e confermando l’ottima vena trovata negli ultimi anni dal gruppo americano.

TRACKLIST
1. Sturmbringer
2. The Hunt
3. Throne Of Poseidon
4. Twilight´s End
5. The Final Stand
6. Fortune’s Fool
7. The King In Red
8. Straight To Hell
9. Pierce The Veil
10. Once In A Lifetime
11. She Waits

LINE-UP
Juan Ricardo – vocals
Nick Giannakos – lead- and rhythm guitar
Michael “Mjölnir” Stephenson – lead- and rhythm guitar
Tim Frederick – bass
Jeff Curenton – drums

WRETCH – Facebook

Solitude – Reach For The Sky

I Solitude riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica

La terra del sol levante ha una tradizione metal rock radicata fin dai primi anni settanta, e non è un caso se molti dei nomi storici della scena abbiano nella discografia almeno un album live registrato nel paese dei samurai.

Dal successo di Made in Japan dei Deep Purple in poi (ed era il 1972) ogni gruppo con un minimo di ambizione commerciale è dovuta passare per il Giappone, ma ovviamente non sono mancate le band indigene che si sono costruite una reputazione anche in occidente (su tutti i Loudness), mentre la scena regalava ottime realtà, magari ad uso e consumo dei fans accaniti come i Sacrifice, thrash metal band nata addirittura nella seconda metà degli anni ottanta: quella band venne lasciata da Akira Sugiuchi (voce) e Toru Nishida (basso) nel 1996 per formare i Solitude, con i quali licenziarono Virtual Image, ep di debutto uscito all’alba del nuovo millennio.
Nel 2009 è tempo per il debutto sulla lunga distanza (Brave The Storm ) seguito a distanza di sette anni da quest’ultimo lavoro, Reach For The Sky un buon esempio di metallo classico, puro acciaio musicale tra thrash, heavy e potenti ritmiche hard rock.
Raggiunti da Takamasa “Mad” Ohuchi alle pelli e Shingo Ida alla sei corde, che trancia il cielo del levante con una prestazione tutta fuoco e fiamme, i due storici musicisti riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica
L’album risulta così una versione più hard rock dei Primal Fear (l’aquila in copertina richiama non poco gli album del gruppo tedesco), o se preferite un compendio delle caratteristiche primarie di una manciata di gruppi storici, tra cui Saxon, Maiden e Judas Priest, potenziate da potenti dosi di power metal ed impreziosite a tratti da una vena hard rock.
Il risultato piace, Reach For The Sky si lascia ascoltare volentieri, la prestazione della vecchia volpe Sigiuchi al microfono è un concentrato di grinta e furore, con i brani che si stampano in testa al primo ascolto e le melodie che escono dalle corde della chitarra di Ida sono forgiate nel sacro fuoco dell’heavy metal.
Le migliori tracce aprono e chiudono il lavoro (Venoms Angel e December), nel mezzo una raccolta di brani da spararsi a volumi illegali per vendicarsi della vicina di casa e del suo amore per i talent show.

TRACKLIST
1.Venom’s Angel
2.Blow
3.Reach for the Sky
4.Don’t Need Mercy
5.Escape for the Crime
6.You Got My Mind
7.On the Edge of Sorrow
8.December

LINE-UP
Takamasa “Mad” Ohuchi – Drums
Toru Nishida – Bass
Akira Sugiuchi – Vocals
Shingo Ida – Guitars

Midnight – Shox Of Violence

Questo disco di 25 canzoni è davvero divertente, regalerà molti bei momenti a chi apprezza lo speed metal più vicino al punk, perché non è per niente la solita raccolta di roba trita e ritrita.

I Midnight sono un gruppo speed punk metal di Cleveland, e dalla città dei Cavs fanno rumore dal 2003.

La loro produzione consiste di molti ep e di un disco su lunga distanza diventato un classico del metal punk underground, Satanic Royalty. Lo stile dei Midnight deriva dai Venom, dai classici metal dell’underground suonati sbronzi ai mille all’ora, con passione e sudore, riuscendo ad essere molto divertenti. In attesa di un nuovo disco la Hells Headbangers pubblica una raccolta di ep, Shox Of Violence, che non è la solita raccolta di ep giù usciti ed introvabili, poiché contiene quattro nuove canzoni che sono pubblicate in un 12” a parte, e nel resto troviamo i brani degli ep e molte cover davvero belle. Nei titoli coverizzati troviamo ovviamente due canzoni dei Venom che sono delle dichiarazioni di intenti e poi molti gruppi interessanti, come i Pagans, i The Spits e anche i Quiet Riot. Gli americani dimostrano di avere ampie vedute e di saper fare del gran metal, suonato con un incedere punk. Questo disco di 25 canzoni è davvero divertente, regalerà molti bei momenti a chi apprezza lo speed metal più vicino al punk, perché non è per niente la solita raccolta di roba trita e ritrita. Le canzoni più notevoli sono i quattro inediti che fanno attendere il nuovo disco con molta voglia. Velocità, alcool e satanismo.

TRACKLIST
1.Death Scream
2.Who Gives A Fuck
3.Ready For Destruction
4.Groin Gripper
5.Sadist Sodomystic Seducer
6.In League With Satan (Venom)
7.Too Loud For the Crowd (Venom)
8.The Witch
9.Breakout (Taipan)
10.Hels Fire (Mistreater)
11.TAP
12.When I Die (Pagans)
13.Unholy and Rotten (Live)
14….On the Wings of Satan (live)
15.Slick Black Cadillac (Quiet Riot)
16.Nuclear Bomb (The Spits)
17.Black Kar (The Spits)
18.Rat Face (The Spits)
19.Shitty World (The Spits)
20.Death Sentence (Crucifixion)
21.Wicked Women (Scarab)
22.Eyes of Satan (Pagans)
23.Watch Your Step (Girlschool)
24.Vomit Queens
25.Cross Held High

MIDNIGHT – Facebook

Parris Hyde – Mors Tua Vita Mea

L’esordio sulla lunga distanza dei Parris Hyde è un lavoro riuscito, consigliato agli amanti dell’heavy metal classico.

Mors Tua Vita Mea è l’esordio di questa heavy metal band italiana che porta il nome del suo leader, Parris Hyde, compositore e musicista da trent’anni nella scena nazionale, prima con i thrashers Bonecrusher poi con gli hard rockers Waywarson.

Nel 2013 il musicista milanese decide di formare una band tutta sua con l’ aiuto di Roby Kant Cantafio, chitarra, Max Dean, basso, Karl Teskio, batteria e dopo un primo ep di rodaggio arriva finalmente l’esordio sulla lunga distanza.
Mors Tua Vita Mea si sviluppa su tredici brani che spaziano tra l’horror metal di scuola King Diamond – Lizzy Borden e lo speed thrash, toccando lidi hard rock, insomma tutte le influenze di Hyde si sono congiunte per dar vita ad un buon esempio di heavy metal che, al sottoscritto, ha ricordato in particolare le ultime prove di Lizzy Borden (Deal With The Devil / Appointment With Death) con qualche sconfinamento nell’horror metal classico di King Diamond e, rimanendo sul nostro territorio, un pizzico di Death SS, immancabili quando si parla di un certo tipo di metal.
Il bello di questo lavoro che la varietà del songwriting risulta un toccasana in fatto di ascolto, evidenziando una personalità che un musicista da oltre trent’anni sulla scena non può non possedere, emergendo soprattutto nei brani hard rock oriented come la bellissima Digital Dream Land o in Life On The Line, scelta come singolo.
Suonato molto bene ed attraversato da una vena melodica di stampo gotico in alcuni tratti molto suggestiva, con l’uso dell’ organo a riempire di atmosfere horror molti dei brani, Mors Tua Vita Mea si conclude con tre bonus track: la versione per organo e voce del brano I Killed My Wife with a Knife, la simpatica cover metal del brano natalizio Jingle Bells e la cover di Fear Of The Dark degli Iron Maiden, tracce che nulla aggiungono e nulla tolgono all’impressione di essere al cospetto di un lavoro riuscito, consigliato agli amanti dell’heavy metal classico e dei gruppi citati.

TRACKLIST
1. Mors Tua Vita Mea
2. 2ND2NO1
3. I Killed My Wife with a Knife
4. I Love Shopping (with Your Money)
5. Life on the Line
6. Digital Dream Land
7. Far Away
8. Alone
9. The Third Millennium Disillusion
10. Border of Mexico
11. I Killed My Wife with a Knife (Gothic Version) (Bonus track)
12. Metal Bells (Bonus Track)
13. Fear of the Dark (Remix) (Bonus Track)

LINE-UP
Parris Hyde – Vocals, Guitars, Keyboards
Roby Kant Cantafio – Guitars
Max Dean – Bass
Karl Teskio – Drums

PARRIS HYDE – Facebook

Fabiano Andreacchio And The Atomic Factory – Bass Guitar Hero

Fabiano Andreacchio si dimostra musicista dalla grande tecnica: aspettiamo ora un nuovo lavoro di inediti di questo suo progetto a suo modo originale e da seguire senza remore.

Torna, a pochi mesi di distanza dall’ottimo Living Dead Groove, Fabiano Andreacchio, attuale bassista dei Gory Blister e leader dei The Atomic Factory, band con cui ha registrato il lavoro precedente.

Bass Guitar Hero è una compilation di brani più datati a cui Fabiano Andreacchio And The Atomic Factory hanno dato una veste più attuale e conforme al sound del gruppo.
Invero, rispetto ai brani di Living Dead Groove, questa raccolta sottolinea in modo più marcato la tecnica individuale del bassista lombardo, davvero un eroe del basso, stupefacente nel disegnare arabeschi di intricate ritmiche metal progressive.
Le tracce si sviluppano quindi sul basso di Andreacchio, abbandonando la forma canzone più marcata nel disco uscito qualche mese fa e indirizzandosi maggiormente verso la tecnica strumentale.
Un album per musicisti e per chi apprezza le opere strumentali, con pochi punti di riferimento stilistici come ormai ci ha abituato il bassista e con qualche chicca che non manca di valorizzare l’album, come la bellissima e progressiva One Step Closer To Heaven e la cover di Transylvanya degli Iron Maiden.
Fabiano Andreacchio si dimostra musicista dalla grande tecnica: aspettiamo ora un nuovo lavoro di inediti di questo suo progetto a suo modo originale e da seguire senza remore.

TRACKLIST
1.HeartQuake
2.Hell Is Now NGA
3.Unforgivable (acoustic)
4.Sexonia NGA
5.One Step Closer To Heaven
6.Curious (acoustic)
7.Strange KInd NGA
8.The Gentle Hand 8acoustic)
9.Transylvanya NGA
10.Ascent (dub mix)

LINE-UP
Fabiano Andreacchio – Bass and Vocals
Mikahel Shen Raiden – Guitar and Backing Vocals
Nicola De Micheli – Drums

FABIANO ANDREACCHIO – Facebook

VV.AA. – Transcending Obscurity Label Sampler 2016

Cliccando il link che troverete in calce all’articolo, avrete la ghiotta opportunità di fare un bel giro metallico del globo, gentilmente offerto da Kunal Choksi e dalla sua Transcending Obscurity.

La Transcending Obscurity è un’etichetta alla quale noi di MetalEyes siamo particolarmente affezionati: intanto perché, quando abbiamo iniziato ad occuparci di metal qualche anno fa, ancora all’interno di In Your Eyes, la label indiana è stata una delle prime a darci credito senza farsi troppe domande su chi fossimo o quanti contatti facessimo, e poi, soprattutto, perché colui che ne regge fila, Kunal Choksi, è uno di quei personaggi che dovrebbero essere clonati per tutto quello che ha fatto e sta facendo per la diffusione del verbo metallico in Asia.

Dopo questo doveroso panerigico nei confronti del dinamico discografico di Mumbai, non resta che invitare ogni appassionato di metal che si rispetti a fare propria questa esaustiva compilation contenente un brano di ciascuna delle band appartenenti alla scuderia delle Transcending Obscurity, tanto più che il tutto è scaricabile gratuitamente dal bandcamp.
Lì troviamo cinquantacinque tracce che offrono contributi provenienti da nomi già noti ed altri ancora da scoprire, abbracciando tutti i generi estremi, a partire soprattutto dal death metal, spesso rappresentato nella sua versione old schol, passando per il black ed il doom, con qualche sconfinamento nel thrash, nello stoner/sludge e nel più tradizionale heavy metal.
Molti di questi brani fanno parte di album che abbiamo avuto il piacere di recensire, quasi tutti accompagnati da valutazioni lusinghiere, segno di un roster dal livello medio molto elevato, benché composto per lo più da realtà dalla notorietà confinata all’underground.
Quasi superfluo segnalare uno o l’altro brano, si può solo aggiungere che per chi ama il death c’è da sbizzarrirsi, tra i Paganizer dell’onnipresente Rogga Johnasson, i Sepulchral Curse e gli storici Warlord UK, per i death/doomsters le icone Officium Triste e Mythological Cold Towers e i più recenti Chalice of Suffering e Illimitable Dolor, mentre per chi predilige sonorità più distorte e stonate ci sono gli Altar Of Betelgeuze, gli Algoma e i The Whorehouse Massacre e per i blacksters realtà stimolanti come i Norse, i Seedna ed i Somnium Nox, tutto questo senza voler fare alcun torto a chi non è stato citato.
Infine, questa compilation offre la possibilità anche ai più scettici di farsi un’idea di quale sia il livello raggiunto dalle band asiatiche, autrici spesso di opere di livello pari, se non superiori, a quelle dei corrispettivi europei od americani: cito tra queste i “vedic metallers” Rudra, i Grossty, i Dormant Inferno ed i Darkrypt (da notare che la sezione asiatica è facilmente individuabile essendo stata racchiusa negli ultimi quindici brani).
Quindi, cliccando il link che troverete in calce all’articolo, avrete la ghiotta opportunità di fare un bel giro metallico del globo, gentilmente offerto da Kunal Choksi e dalla sua Transcending Obscurity.

Tracklist:
1. Officium Triste (Netherlands) – Your Heaven, My Underworld (Death/Doom Metal)
2. Mythological Cold Towers (Brazil) – Vetustus (Death/Doom Metal)
3. Paganizer (Sweden) – Adjacent to Purgatory (Old School Death Metal)
4. Ursinne (International) – Talons (Old School Death Metal)
5. Echelon (International) – Lex Talionis (Classic Death Metal)
6. Henry Kane (Sweden) – Skuld Och Begar (Death Metal/Crust)
7. Stench Price (International) – Living Fumes ft. Dan Lilker (Experimental Grindcore)
8. Sepulchral Curse (Finland) – Envisioned In Scars (Blackened Death Metal)
9. Fetid Zombie (US) – Devour the Virtuous (Old School Death Metal)
10. Infinitum Obscure (Mexico) – Towards the Eternal Dark (Dark Death Metal)
11. Altar of Betelgeuze (Finland) – Among the Ruins (Stoner Death Metal)
12. Illimitable Dolor (Australia) – Comet Dies or Shines (Atmospheric Doom/Death)
13. The Furor (Australia) – Cavalries of the Occult (Black/Death Metal)
14. Warlord UK (United Kingdom) – Maximum Carnage (Old School Death Metal)
15. Norse (Australia) – Drowned By Hope (Dissonant Black Metal)
16. Soothsayer (Ireland) – Of Locust and Moths (Atmospheric Doom/Sludge)
17. Swampcult (Netherlands) – Chapter I: The Village (Lovecraftian Black/Doom Metal)
18. Seedna (Sweden) – Wander (Atmospheric Black Metal)
19. The Slow Death (Australia) – Adrift (Atmospheric Doom Metal)
20. Arkheth (Australia) – Your Swamp My Wretched Queen (Experimental Black Metal)
21. Mindkult (US) – Howling Witch (Doom/Stoner Metal)
22. Warcrab (UK) – Destroyer of Worlds (Death Metal/Sludge)
23. Isgherurd Morth (International) – Lucir Stormalah (Avant-garde Black Metal)
24. Lurk (Finland) – Ostrakismos (Atmospheric Doom/Sludge Metal)
25. Come Back From The Dead (Spain) – Better Morbid Than Slaves (Old School Death Metal)
26. Somnium Nox (Australia) – Apocrypha (Atmospheric Black Metal)
27. MRTVI (UK) – This Shell Is A Mess (Experimental Black Metal)
28. Veilburner (US) – Necroquantum Plague Asylum (Experimental Black/Death Metal)
29. Jupiterian (Brazil) – Permanent Grey (Doom/Sludge Metal)
30. Exordium Mors (New Zealand) – As Vultures Descend (Black/Thrash Metal)
31. Embalmed (US) – Brutal Delivery of Vengeance (Brutal Death Metal)
32. Gloom (Spain) – Erik Zann (Blackened Brutal Death Metal)
33. Marasmus (US) – Conjuring Enormity (Death Metal)
34. Algoma (Canada) – Reclaimed By The Forest (Sludge/Doom Metal)
35. Cemetery Winds (Finland) – Realm of the Open Tombs (Blackened Death Metal)
36. Marginal (Belgium) – Sign of the Times (Crust/Grind)
37. Chalice of Suffering (US) – Who Will Cry (Death/Doom Metal)
38. Briargh (Spain) – Sword of Woe (Pagan Black Metal)
39. Ashen Horde (US) – Desecration of the Sanctuary (Progressive Black Metal)
40. The Whorehouse Massacre (Canada) – Intergalactic Hell (Atmospheric Sludge)
41. Rudra (Singapore) – Ancient Fourth (Vedic Metal)
42. Dusk (Pakistan) – For Majestic Nights (Death/Doom Metal)
43. Ilemauzar (Singapore) – The Dissolute Assumption (Black/Death Metal)
44. Severe Dementia (Bangladesh) – The Tormentor (Old School Death Metal)
45. Warhound (Bangladesh) – Flesh Decay (Old School Death Metal)
46. Assault (Singapore) – Ghettos (Death/Thrash Metal)
47. Gutslit (India) – Scaphism (Brutal Death/Grind)
48. Plague Throat (India) – Inherited Failure (Death Metal)
49. Darkrypt (India) – Dark Crypt (Dark Death Metal)
50. Against Evil (India) – Stand Up and Fight! (Heavy Metal)
51. Grossty (India) – Gounder Grind (Grindcore/Crust)
52. Dormant Inferno (India) – Embers of You (Death/Doom Metal)
53. Carnage Inc. (India) – Defiled (Thrash Metal)
54. Lucidreams (India) – Ballox (Heavy Metal)
55. Nightgrave (India) – Augment (Experimental Black Metal/Shoegaze)

TRANSCENDING OBSCURITY – Facebook