Hauméa – Unborn

La voce, il suono, l’essere portati lontani, una musica coinvolgente, veloce e dura, il metal nel suo lato più melodico e la speranza di essere salvati. Un debutto di sole quattro canzoni ma gigantesco.

L’underground metal è un mondo bellissimo, nel quale le sorprese stanno dove meno te lo aspetti e in cui si possono trovare dischi come questo ep di debutto dei normanni Hauméa, una piccola meraviglia di metal melodico.

In questi quattro brani che compongono il primo atto discografico di questo gruppo nato nel 2018, sono concentrati molte delle cose che rendono piacevole un disco di metal melodico. Melodia per l’appunto, belle aperture e la sensazione di trovarsi di fronte ad una band mai banale e di talento. Non c’è una netta appartenenza ad un genere, quanto piuttosto la volontà di fare musica ben fatta e piacevole, con molta melodia che si lega alla durezza di un metal che è qualcosa in più di un hard rock. Colpisce la grande maturità di un gruppo formatosi da poco, ma le canzoni di Unborn sono una testimonianza di talento e versatilità. Il pathos è molto alto, le canzoni sono costruite in maniera da rimanere impresse nella testa degli ascoltatori, non sono musiche per un ritornello o per un motivo musicale, ma sono composizioni che vanno ascoltate e degustate nella loro interezza. La direzione è dettata dalle emozioni e da una costruzione che risente molto del gusto grunge, quell’andare su e giù con chitarroni distorti, rendendo bene il gusto di un certo gotico moderno che è qualcosa ci difficile da maneggiare, ma qui è nelle mani giuste. Gli Hauméa sono un gruppo che già al primo colpo ha una fisionomia ed un suono assolutamente precisi e personali, basta ascoltare il primo minuto dell’iniziale Unborn che già si è dipendenti ed assuefatti senza speranza. La voce, il suono, l’essere portati lontani, una musica coinvolgente, veloce e dura, il metal nel suo lato più melodico e la speranza di essere salvati. Un debutto di sole quattro canzoni ma gigantesco.

Tracklist
1.Unborn
2.Not Usual
3.Dad Is Fool
4.Here I am

HAUMEA – Facebook

Breathe Atlantis – Soulmade

I Breathe Atlantis giocano in un campionato che solo fino a qualche anno fa non esisteva, questo tipo di alternative è un’invenzione recente e merita di essere ascoltata ed analizzata.

Lavoro di metal moderno super melodico per i Breathe Atlantis, uno dei gruppi di punta del nuovo alternative metal molto contiguo al rock.

Il suono di questi tedeschi di Essen è la summa di ciò che ha più successo nelle frange più giovani degli ascoltatori, non fra quelli italiani. Fuori dai nostri confini i giovani sanno andare oltre la trap ed il rap, e soprattutto nel nordeuropa stanno venendo fuori gruppi che sanno coniugare molto bene la modernità con la melodia. I Breathe Atlantis hanno davvero poco o nulla di metal, il loro suono è qualcosa di vicino all’alternative rock post hardcore, con una forte spruzzata di rock. Molte canzoni sono scritte come se scorressero nell’alveo metalcore, ma in realtà sono molto più morbide. Nel loro ambito i Breathe Atlantis sono molto bravi e colgono sicuramente nel segno, dato che hanno un bel tiro e sanno dove andare. Infatti una delle cose più encomiabili della band è che è concentrata su un suono ben preciso, senza disperdere energie in mille rivoli. Il gruppo conosce bene le proprie possibilità, sa ciò che può dare e prova a migliorarsi in quella direzione, raggiungendo buoni risultati. Infatti il pubblico ha dato loro ragione, dato che hanno molti seguaci appassionati e in costante aumento. Agli ascoltatori più maturi non potrà sfuggire la ricerca musicale molto vicina ad alcune delle cose hard rock fine anni novanta, anche se qui tutto è molto moderno. Questa musica può essere fraintesa da chi ha più di venti primavere sulle spalle, e non si può davvero parlare di purezza o di imitazione, perché qui come altrove il codice musicale è qualcosa di nuovo per i quarantenni. I Breathe Atlantis giocano in un campionato che solo fino a qualche anno fa non esisteva, questo tipo di alternative è un’invenzione recente e merita di essere ascoltata ed analizzata. Può piacere come no, ma è un qualcosa di ben presente e vivo, ha molti elementi positivi e non può essere giudicato tramite vecchi e superati parametri. Nel loro campo i Breathe Atlantis sono fra i migliori e puntano apertamente a provarlo.

Tracklist
1. My Supernova
2. Cold
3. Don’t Need You Now
4. Fall
5. Spirit
6. I Think It Isn’t Fair
7. Soulmade
8. Savage
9. At Night
10. Addiction To The Worst
11. Everyone Else

Line-up
Nico Schiesewitz – Vocals
Joschka Basteck – Guitars
Jan Euler – Bass
Markus Harazim – Drums

BREATHE ATLANTIS – Facebook

Rise To Fall – Into Zero

Into Zero, nuovo album dei Rise To Fall, riesce ad attirare l’attenzione per l’ottimo suono, debordante e cristallino quanto basta, mentre lascia un leggero gusto amarognolo per quanto riguarda la personalità che su questo lavoro latita.

Partono benissimo i Rise To Fall: The Descendant, brano che apre il nuovo lavoro intitolato Into Zero, ci presenta un buon death metal melodico, derivativo ma convincente, ma già dalla seconda traccia i cinque musicisti spagnoli virano decisamente verso un modern metal melodico, con doppia voce e tutti quei cliché dei quali ormai faremmo tutti a meno.

Ma facciamo un passo indietro per ricordare che il quintetto proveniente da Bilbao è attivo dal 2006 e conta già tre full length all’attivo, quindi si parla di un gruppo con l’esperienza e i mezzi per regalare opere più personali.
Into Zero è stato infatti mixato e masterizzato da Jacob Hansen nei suoi studi danesi, una firma prestigiosa per un lavoro che riesce ad attirare l’attenzione per l’ottimo suono, debordante e cristallino quanto basta, mentre lascia un leggero gusto amarognolo per quanto riguarda la personalità che su questo lavoro latita.
Il modern metal dei Rise To Fall è copiato con la carta carbone da altre decine di lavori del genere, un metal che di estremo ha solo il solito scream reso inoffensivo da clean vocals che trasformano brani di per sé discreti come Acid Drops o The Empress in canzonette da classifica rock, situazione già vissuta con le band storiche del death metal melodico come In Flames e Soilwork.
Il problema dei Rise To Fall è che non hanno la classe dei primi o un artista del calibro di Björn Strid al microfono come i secondi, e tutta la fatica profusa in sala d’incisione viene vanificata da una serie di brani carini ma che passano senza lasciare traccia.
Into Zero potrebbe rappresentare un buon inizio per una band all’esordio, ma qui siamo già al quarto album e il compitino svolto non permette di andare oltre un tiepido apprezzamento.

Tracklist
01. The Descendant
02. In The Wrong Hands
03. Acid Drops
04. House Of Crosses
05. Virgin Land
06. The Empress
07. Temptation Feeds On Our Weaknesses
08. Zero Hour
09. Effects Of The Terrestrial Syndrome
10. Survivor
11. Game Of Appearances
12. White Canvas

Line-up
Dalay Tarda – Vocals
Hugo Markaida – Lead guitars
Dann Hoyos – Lead guitars
Javier Martin – Bass
Xabier del Val – Drums

RISE TO FALL – Facebook

Tragodia – Before The Fall

Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener e non trovando intralci sulla strada percorsa.

Groove progressive metal di buona qualità, un’atmosfera gotica che incupisce l’atmosfera ed un neanche troppo nascosto impatto thrash sono le peculiarità di questo quarto album targato Tragodia, band lombarda al quarto full length tramite la Revalve Records.

Il gruppo nostrano, dopo cambi di line up e tre album tra il 2007 e il 2013, ritorna dopo cinque anni con dieci nuovi brani che compongono il nuovo Before The Fall, un album dalla potente forza metallica dietro ad un velo di gotiche melodie.
Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener The Untrodden Road e non trovando intralci sulla strada percorsa.
Un album intenso nell’approccio, senza ballad, a parte lo strumentale Of Dark Suns and Dying Stars, sorta di intro alla seconda parte della tracklist, mentre cresce all’ascolto il sentore di essere al cospetto di un quartetto collaudato e dalla ben delineata personalità.
I refrain melodici sono il punto forte di Before The Wall, e vengono alternati a possenti cavalcate progressive che avvicinano la band al metal teatrale della scena statunitense (Veils Of Grey e la title track).
Prodotto splendidamente, così da poter apprezzare in pieno i vari passaggi tra potenza e melodia incastonati in piccoli gioiellini metallici come The Fifth Season e The Forgery, Before The Fall è un ottimo esempio di metal potente e melodico.

Tracklist
1.The Untrodden Road
2.Master of the Loss
3.Veils of Grey
4.The Fifth Season
5.Adrift
6.Of Dark Suns and Dying Stars
7.Before the Fall
8.Star-Driven
9.The Forgery
10.The House by the Grove

Line-up
Luca Meloni – Vocals
Riccardo Tonoli – Guitars
Marco Nicoli – Bass
Daniele Valseriati – Drums and percussion

TRAGODIA – Facebook

Feed The Rhino – The Silence

Sarebbe facile per chi ha qualche anno in più disprezzarlo ritenendolo leggero, invece questo gruppo ha delle peculiarità che lo rende apprezzabile anche da chi non è abituato a queste sonorità.

Album di metal moderno e radiofonico, melodia, entusiasmo e molto mestiere.

I Feed The Rhino vengono dalla città inglese di Kent e si sono formati nel 2008, e hanno alle spalle tre album. Questi ragazzi hanno un grande seguito, sopratutto fra i giovani ascoltatori di musica veloce. Sarebbe facile per chi ha qualche anno in più disprezzarlo ritenendolo leggero, invece questo gruppo ha delle peculiarità che lo rende apprezzabile anche da chi non è abituato a queste sonorità. Attento alla loro immagine come al loro suono, la band concentra nella sua musica ascolti che sono molto variegati e soprattutto risalenti agli anni novanta e duemila, infatti si possono sentire diverse influenze, come quella del grunge o del metal, con i Deftones molto presenti. Il disco si sviluppa bene, le canzoni si assomigliano un po’ fra loro, ma la scrittura è buona e non si cercano soluzioni ovvie, andando alla ricerca di un suono che vada oltre i cliché moderni. I Feed The Rhino sono un gruppo di metal moderno che non si ferma ad un facile successo, ma prova a produrre una formula personale. I loro concerti sono molto seguiti perché questi ragazzi riescono a trasferire la loro potenza ed energia sul palco. Ascoltando tutto il disco si può avere qualche sorpresa, come qualche citazione sonora di altri gruppi inglesi, forse volontaria forse no, come gli Earthtone 9, una delle band più clamorose mai uscite dalla terra di Albione. Per i Feed The Rhino si potrebbe fare lo stesso discorso che vale per la Premier League, il campionato inglese di calcio, ovvero che se si prende per buono l’assunto che il calcio come la musica debba essere intrattenimento e spettacolo, allora prendiamo la Premier e i Feed The Rhino, perché c’è qualità ed un buon livello. Per altro rivolgersi altrove.

Tracklist
01. Timewave Zero
02. Heedless
03. Losing Ground
04. 68
05. All Work And No Play Makes Jack A Dull Boy
06. Yellow And Green
07. Nerve Of A Sinister Killer
08. Fences
09. The Silence
10. Lost In Proximity
11. Featherweight

Line-up
James Colley : guitars
Chris Kybert : drums
Oz Craggs : bass
Sam Colley : guitars
Lee Tobin : vocals

FEED THE RHINO – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=8dT-YnBV4nUù

Apparition – The Awakening

The Awakening si può confondere nell’immenso universo del metal sinfonico, ma all’ascolto regala sfumature varie che ne fanno un album personale e meritevole d’attenzione da parte degli amanti dei suoni melodici a sfondo dark/gotico.

Una delle prime uscite targate Wormholedeath di questo nuovo anno si veste di pizzo e merletti, usa il fioretto invece della sciabola e ci delizia con un raffinato metal melodico, dai rimandi gothic/dark, anche se non accentuati come nelle proposte abituali nel metal con voce femminile.

Si parla dell’ultimo lavoro degli Apparition, gruppo proveniente dal Regno Unito che ha i suoi natali addirittura nel 1997, ma che di fatto vede la sua partenza discografica nel 2004, sempre per volontà del bassista David Homer.
Terzo lavoro sulla lunga distanza, una line up che negli anni ha cambiato i suoi protagonisti fino alla formazione che troviamo su quest’ultimo album e che vede lo storico bassista affiancato da Ashley Guest alle pelli, Amy Lewis e Paul ‘Kull’ Culley alle chitarre e Fiona Creaby a regalare emozioni al microfono.
The Awakening non risulta il solito symphonic metal album, anche se brani come la splendida Resonance sono colmi di quelle atmosfere orchestrali che portano inevitabilmente a collocarlo nel genere, anche se la band usa le sinfonie con parsimonia, lasciando al tocco raffinato del piano il compito di rivestire d’eleganza il sound che, spogliato dalle sfumature gotiche e classiche, si avvicina all’hard & heavy con splendidi assoli di scuola tradizionale e ritmiche che esaltano il lato hard rock della musica.
E’ bellissima la voce della cantante, perfettamente a suo agio tra le varie sfumature che regalano questa raccolta di tracce, e perfetta è la produzione che riesce a valorizzare i suoni dei tasti d’avorio, molte volte morbido tappeto su cui si poggiano le canzoni (Eternity).
L’album è piacevole, porta con sé quell’eleganza tutta britannica senza esagerare in suoni bombastici, e lascia al talento vocale della Creaby il compito di portare l’ascoltatore verso la perdizione tra le trame di delicati passaggi dai tenui colori grigio scuri (Home, Twilight) o travolgerlo con parti metalliche dall’appeal magnifico (Hold Back The Night).
The Awakening si può confondere nell’immenso universo del metal sinfonico, ma all’ascolto regala sfumature varie che ne fanno un album personale e meritevole d’attenzione da parte degli amanti dei suoni melodici a sfondo dark/gotico.

Tracklist
1. The Awakening (Intro)
2. Hold Back The Night
3. The Dames Of Darkness
4. The Other Side
5. Resonance
6. The Night An Angel Died
7. Eternity
8. Home
9. Break The Chains
10. Our Story Lives On
11. Twilight
12. As Shadows Play

Line-up
Ashley Guest – Drums
Fiona Creaby – Vocals
David Homer – Bass;
Amy Lewis – Guitars;
Paul ‘Kull’ Culley – Guitars/Sequencing

APPARITION – Facebook

Deep As Ocean – Broken Dreams

La proposta dei Deep As Ocean è un metalcore molto melodico e curato rivolto al pubblico più giovane, con intarsi tecnici al di sopra della media, ma sono anche in grado ben altro se lo volessero.

I Deep As Ocean nascono a Milano nel 2016 per mano dei fratelli Buttò, già nei Generation Fuckstar, e vengono completati da Matteo Bonfanti alla voce (See You Inside), Matteo Acquati al basso (Diamond Breakers) e Manuel Panepinto alla chitarra.

La loro proposta sonora è un metalcore molto melodico e curato rivolto al pubblico più giovane, con intarsi tecnici al di sopra della media, ma sono anche in grado ben altro se lo volessero. Senza andare troppo nel campo dell’ipotetico, questo ep di esordio è veramente ben prodotto e suona molto meglio dei dischi di altri nomi molto più celebrati ed in voga. Il metal qui è più un linguaggio che un genere, e viene usato per fare da contrappeso alla melodia: il risultato è buono, radiofonico e piacerà molto. A mio modesto avviso le critiche a gruppi come questo sono futili, perché questi ragazzi fanno molto bene, con passione e competenza la loro cosa, quindi se non piacciono il mondo musicale è sterminato e ci si deve rivolgere altrove. Essendo un debutto colpisce la loro già ben definita identità musicale e la forza nel portarla avanti. In questo core melodico si affaccia, portato dalle tastiere, qualche elemento dark gotico che potrebbe essere uno sviluppo futuro della loro musica; Broken Dreams resta un lavoro rivolto ad un pubblico ben definito, ma senz’altro dai molti aspetti positivi.

Tracklist
1. FLY OR FALL
2. BROKEN DREAMS
3. WASTED
4. FIGHT FOR SOMETHING
5. DEAD MAN

Line-up
Matteo Bonfanti – Vocals
Alberto Buttò – Guitar
Manuel Panepinto – Guitar
Matteo Acquati – Bass
Riccardo Buttò – Drums

DEEP AS OCEAN – Facebook

Nicumo – Storms Arise

Storms Arise non sfigura nei confronti di End Of Silence, ma neppure fa compiere alla band quel passo in avanti a livello di personalità che sarebbe stato auspicabile dopo un lasso di tempo così dilatato.

I finlandesi Nicumo tonano con il loro secondo full length a quattro anni di distanza da quell’End Of Silence che mi aveva abbastanza ben impressionato: con Storms Arise le coordinate non mutano, nel senso che al suo interno continuiamo a trovare un rock piuttosto malinconico, ricco di melodia e con qualche accelerazione che sconfina talvolta nel metalcore.

Il fatto che, come detto, il nuovo lavoro non si discosti granché dal precedente può avere una doppia valenza, nel bene e nel male: per quanto mi riguarda credo che la verità stia nel mezzo, nel senso che Storms Arise non sfigura nei confronti di End Of Silence, ma neppure fa compiere alla band quel passo in avanti a livello di personalità che sarebbe stato auspicabile dopo un lasso di tempo così dilatato.
Nell’album, in apparenza, non c’è nulla che non vada: buone canzoni, melodie e chorus che fanno centro senza troppa fatica, ma in più di un frangente aleggia un che di posticcio che fa storcere il naso, in particolare ciò avviene quando la band finnica prova ad aumentare i giri del motore, finendo per battere in testa nel proporre alcuni brani anonimi e poco coesi con il resto della tracklist.
Esprimo un parere del tutto personale, ma credo che i fan di Sentenced ed Amorphis, due band che costituiscono gli inevitabili punti di riferimento per i Nicumo, non accoglieranno con grande favore le sventagliate di modern metal che affliggono tracce come Guilt, Unholy War (quest’ultima con tanto di ritornello melodico d’ordinanza) e If This Is Your God, I Don’t Need One.
Sono canzoni come Old World Burning, Death, Let Go, Aiolos e la lunga e conclusiva Dream Too Real, nella quale le sporcature estreme sono utilizzate con maggior raziocinio e misura, ad offrire quella che dovrebbe essere, idealmente, l’effettiva cifra stilistica della band, ma ciò avviene senza la dovuta continuità
Hannu Karppinen si conferma cantante di vaglia, non solo quanto regala la sua timbrica calda e pulita ma anche quando inasprisce i toni, e i suoi compari di certo non sfigurano; il problema vero dei Nicumo odierni è che non dispiacciono affatto ma neppure fanno sobbalzare sulla sedia, complice forse una minore ispirazione rispetto al debutto ed una maggiore consapevolezza dei propri mezzi che, per assurdo, può averli spinti ad assolvere il compito cercando di accontentare sia gli ascoltatori dal mood malinconico sia quelli più propensi alle sonorità moderne, finendo per smarrire una direzione stilistica maggiormente definita, nell’uno o nell’altro senso.
Un peccato, perché il rock melanconico alla finlandese è sempre un bel sentire, ma i Nicumo in quest’occasione lo propongono in maniera troppo intermittente.

Tracklist:
1. The Dawn
2. Old World Burning
3. Beyond Horizon
4. Unholy War
5. Death, Let Go
6. Guilt
7. Poltergeist
8. If This Is Your God, I Don’t Need One
9. Sirens
10. Aiolos
11. Dream Too Real

Line up:
Sami Kotila – Bass
Aki Pusa – Drums, Percussion
Tapio Anttiroiko – Guitars
Atte Jääskelä – Guitars
Hannu Karppinen- ocals

NICUMO – Facebook

Dementia – Persona

Persona lo si ascolta e scivola addosso, pur essendo consapevoli che è il disco di un gruppo che potrebbe fare ben altro.

I Dementia sono un gruppo nato nella regione parigina nel 2009, con l’intento di fare un rock metal moderno.

Le loro influenze attraversano uno specchio molto ampio della musica veloce, dal metal più groove passando per cose più melodiche e radiofoniche, con uno spizzico di cadenza nu metal in alcuni momenti. Il suono dei francesi è il risultato di un accurata ricerca sonora, figlio di molti ascolti e di una capacità compositiva al di sopra della media. Il problema del disco è che pur essendo piacevole non decolla mai, non si ha mai l’impressione che si riesca ad andare oltre. Persona è un disco ben costruito e ben suonato, il gruppo ha qualità innegabili, eppure non si rimane colpiti da questo metal moderno un po’ freddo. Le tracce sono molto simili fra loro, nonostante i mezzi possano permettere ben altro, e il risultato è quello di rendere il disco un compitino bene fatto ma nulla più. La produzione di Francis Caste, già con Refused e Bukowski fra gli altri, è accurata ed appropriata, ma è proprio il peso specifico del disco che rimane basso: lo si ascolta e scivola addosso, pur essendo consapevoli che è opera di un gruppo che potrebbe fare ben altro. Il rammarico più grande è proprio questo, l’essere consapevoli che la band abbia grandi possibilità ma che sia preoccupata dal piacere ad un pubblico il più ampio possibile. Può darsi che questo disco piaccia al pubblico, il cui giudizio è sovrano, perché ognuno ha il proprio metro di giudizio, ma aspettiamo la prossima prova dei Dementia per poter cancellare quanto detto prima.

Tracklist
01 BLUR
02 SPEEDBALL
03 LIES
04 TOO LONG
05 DRIVE
06 RED PANDA
07 ENDGAME
08 HATE
09 ENTER PHOENIX
10 INTERLUDE
11 SCREENSAVER
12 LOVE TONIGHT
13 REASON TO CALL
14 LITTLE BOAT

Line-up
Chrisuke – VOCALS
Nicolas – Leade Guitar
Arnaud – Rhythm Guitar
Thierry – Bass

DEMENTIA – Facebook

Hidden Lapse – Redemption

Un album affascinante, suonato, cantato e prodotto professionalmente, drammatico e duro, ma raffinato ed elegante, insomma un’opera completa che non mancherà di soddisfare gli amanti della musica metallica e progressiva.

Che la scena italiana stupisca sia quanto mai viva ormai non è una novità: che si tratti di metal estremo, hard rock o, come in questo caso, di metal melodico tecnicamente sopra la media e dalle squisite trame progressive, la qualità raggiunta nel nostro paese è davvero molto alta.

E noi non possiamo che godere di questo stato di grazia che ci porta a fare la conoscenza degli Hidden Lapse, trio formato dal chitarrista Marco Ricco, dalla bassista Romina Pantanetti e dalla bravissima cantante Alessia Marchigiani.
Partiamo proprio da quest’ultima per introdurci nel mondo degli Hidden Lapse: la sua splendida voce, personale, delicata ma allo stesso tempo interpretativa e forte, si muove sinuosa tra i cambi di tempo e gli intrecci melodici che portano ad un sound complicato nella sua semplicità.
Sembra un paradosso, ma la musica racchiusa in Redemption, pur vivendo di intricate parti metal progressive con un buon uso dell’elettronica, è semplice ed elegante, raffinata nel suo pur difficile spartito che ci ricorda più di una band senza esserne troppo devota.
I riferimenti sono tutti per i gruppi di genere, anche se l’uso della voce femminile è un punto a favore del gruppo e dei brani composti per questo bellissimo debutto, partendo da Silence Sacrifice, l’inizio della sofferenza di questa donna condannata a morte e del suo rivivere la propria vita, mentre brani dall’effetto di un tornado come Drop, Pure e Compassion ci accompagnano in questo viaggio nella vita della sfortunata protagonista.
Un album affascinante, suonato, cantato e prodotto professionalmente, drammatico e duro, ma raffinato ed elegante, insomma un’opera completa che non mancherà di soddisfare gli amanti della musica metallica e progressiva.

Tracklist
01. Prologue – Dead Woman Walking
02. Silent Sacrifice
03. Interlude – The Right To Remain Silent
04. Drop
05. Lucid Nightmare
06. Pure
07. Redemption
08. Interlude – The Last Meal
09. Compassion
10. Awareness
11. Epilogue – Mercy Upon Your Soul

Line-up
Alessia Marchigiani – voce
Marco Ricco – chitarra
Romina Pantanetti – basso

HIDDEN LAPSE . Facebook

Miss May I – Shadows Inside

Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.

Tornano gli americani Miss May I, uno dei maggiori gruppi metalcore e modern metal in giro negli ultimi anni.

Il gruppo proveniente dall’Ohio è uno dei più seguiti a livello mondiale, grazie alla sua formula che unisce metal assai melodico con ritornelli da college radio ed un’immagine molto pulita. Dopo la sbornia degli anni passati il metalcore si sta assestando, cercando di trovare motivi per farsi ancora seguire dai fans. Gli elementi della musica dei Miss May I rappresentano un insieme di ciò che piace maggiormente ad una parte di ascoltatori del metalcore, diciamo alla parte più legata alla melodia. Il metal qui è un elemento di partenza, uno starter che poi viene usato per fare tutt’altro. La produzione è ottima, il gruppo è capace, ma il disco scivola veramente addosso, senza lasciare nulla o quasi. Forse anni fa questo album sarebbe stato un gran successo e forse lo sarà anche ora, ma è davvero un qualcosa di stanco e tirato per le orecchie. Le melodie che si possono sentire in Shadows Inside possono essere gustate altrove con maggiore godimento, e anche il lato più heavy è davvero deficitario. Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.
Il metalcore può essere fatto molto meglio di così, e i Miss May I dovrebbero almeno provarci.

TRACKLIST
1 Shadows Inside
2 Under Fire
3 Never Let Me Stay
4 My Destruction
5 Casualties
6 Crawl
7 Swallow Your Teeth
8 Death Knows My Name
9 Lost In The Grey
10 My Sorrow

LINE-UP
Levi Benton – vocals/lyrics
Ryan Neff – bass/vocals
BJ Stead – guitar
Justin Aufdemkampe – guitar
Jerod Boyd – drums

MISS MAY I – Facebook

In Articulo Mortis – Testament

Un album che, senza far gridare al miracolo, piace proprio per le sue melodie, mentre la parte estrema rimane nello standard, come molte volte accade.

C’è una bella differenza tra black metal sinfonico e melodico: il primo è guidato da orchestrazioni classiche, il più delle volte cinematografiche e pompose, e la verve black viene messa in secondo piano dal monumentale suono orchestrato per stupire gli amanti del metal estremo con velleità sinfoniche.

Il back metal melodico, invece, mantiene inalterata la componente estrema raffinandola con melodie classiche, specialmente nel gran lavoro delle sei corde, qualche spunto progressivo ed un elegante uso dei tasti d’avorio dalle reminiscenze classic dark.
E’ quello che succedeva qualche anno fa in Testament, primo full lenght dei transalpini In Articulo Mortis, ristampato in questi mesi e che ci presenta un gruppo molto interessante.
Nato nel lontano 1992 e scioltosi ufficialmente nel 2013, il gruppo diede alle stampe due demo, prima di questo full length licenziato nel 2012 ed ora tornato sul mercato grazie alla Herbert West Productions.
Testament presenta un melodic black metal dalle influenze nordiche, poco appesantito di orchestrazioni ma  fluido nel suo essere classico e permeato da sfumature dark e incentrato su mid tempo in cui melodie pianistiche ed atmosfere malinconiche fanno da variante ad un andamento robusto, con uno scream abbastanza uniforme ad accompagnare la musica per tutta la sua durata.
Un album che, senza far gridare al miracolo, piace proprio per le sue melodie, mentre la parte estrema rimane nello standard, come molte volte accade.
Un male per molti ma non per tutti, date un ascolto a questo lavoro, nel suo insieme merita.

TRACKLIST
1.In articulo mortis
2.Le don obscur
3.Succubus
4.La rose et le marbre
5.My Underwater Queen
6.Embrace the Reapers Wrath
7.Lunar State
8.Diaboli in amorem

LINE-UP
J – Drums
C – Guitars
M – Guitars, Bass
S – Vocals

Envinya – The Harvester

Un buon lavoro da parte di un gruppo molto interessante.

Melodic metal con voce femminile, non troppo gotico e sinfonico, ma molto pesante nelle ritmiche, più o meno è questo il sound di cui sono protagonisti i bavaresi Envinya, un passato su Massacre che licenziò tre anni fa il debutto Inner Silence.

Sono tornati dunque con il secondo full length i musicisti tedeschi, questa volta a cura della STF, continuando il cammino intrapreso con il precedente lavoro.
Di tanto metal è composto questo lavoro, come si diceva dalle ritmiche pesanti, con chitarre graffianti, tastiere poco invadenti ed una cantante (Mery Diaz Serrano) dalla voce veramente sorprendente, non operistica come di moda di questi tempi, ma personale e soprattutto dall’appeal altissimo.
The Harvester si sviluppa su undici brani passionalmente metallici, e la voce della cantante è accompagnata molte volte da un controcanto ruvido, mentre tra i brani si danno il cambio serrate tracce metalliche ed altre più ariose dal piglio melodico.
Se la Massacre ci aveva messo gli occhi addosso un motivo ci sarà pure stato, ed il gruppo fa valere un songwriting sopra la media, a forza di brani veloci, alternanti potenza e melodia tra Within Temptation, Edenbridge, primi In Flames e tanto power heavy metal, con la Diaz Serrano sicuramente da considerare come una vocalist di stampo heavy metal più che una sirena symphonic gothic.
Colpiscono le ritmiche sempre al limite nei brani più tirati in cui il gruppo non disdegna cambi di tempo dal retrogusto prog metal, mentre i brani da annoverare tra i migliori sono il mid tempo Nightdweller, la title track, la power metal oriented Outsider e l’epica The Tower & The Fog.
Un buon lavoro da parte di un gruppo molto interessante.

TRACKLIST
1.Prelude
2.Bewitched
3.Nightdweller
4.The Harvester
5.Stormchase
6.Valiant
7.Outsider
8.Widespread Pandemy
9.Amphibian Life
10.The Tower & the Frog
11.Heads of Tails

LINE-UP
Monika Strobl – Keyboard
Mery Diaz Serrano – Vocals
Mike Gerstner – Lead Guitar
Thomas Knauer – Rhythm Guitar
Lorenz Henger – Bass
Enrico Jung – Drums

ENVINYA – Facebook

Artemisia – Rito Apotropaico

Un album molto bello ed intenso, un passo avanti importante per gli Artemisia ed uno dei migliori esempi di metal cantato in italiano degli ultimi tempi.

Tornano gli Artemisia con il quarto album della loro carriera, a conferma dello stato di grazia raggiunto dal precedente lavoro, Stati Alterati Di Coscienza, uscito tre anni fa ed applaudito da fans e addetti ai lavori.

La band della splendida interprete Anna Ballarin e del chitarrista Vito Flebus, ormai da dieci anni nella scena metal nazionale, propone il suo disco più oscuro e dark, potenziato da scariche metalliche classic doom ed una vena psichedelica che spunta tra i brani come ipnotici occhi di un serpente pronto a colpire.
Sempre valorizzato da testi d’autore, questa nuova quarta opera dal titolo Rito Apotropaico (termine riferito a oggetto, atto, animale o formula che allontana o annulla un’influenza maligna) porta con sé una voglia di cambiamento da parte del quartetto, che potenzia la vena sabbatica del proprio sound, lasciando le sfumature alternative dei precedenti lavori e proponendosi come band metal a tutti gli effetti.
Oscuro e potente dicevamo, proprio come un rito che deve allontanare le forze oscure, con una Ballarin espressiva e a tutti gli effetti sacerdotessa di questi trentacinque minuti di metal cantato in italiano.
Leggende, magia, l’aldilà ed il sempre aberrante lato oscuro dell’uomo sono i temi trattati in questi otto brani ,con l’opener Apotropaico che, senza indugi, ci invita al sabba creato dagli Artemisia e che continua ipnotico con Il Giardino Violato, traccia dedicata al tema scottante della pedofilia.
Stupenda Tavola Antica, con in evidenza il basso di Ivano Bello, mentre la tensione metallica rimane altissima, con la protagonista che tramite una tavola ouija cerca di evocare uno spirito guida.
Doom stoner di alta qualità nella rituale Iside e atmosfera che si rilassa con le ariose armonie acustiche di La Guida, prima che il gran finale venga assicurato dalle sfuriate metalliche del trittico La Preda, Regina Guerriera e Senza Scampo.
Un album molto bello ed intenso, un passo avanti importante per gli Artemisia ed uno dei migliori esempi di metal cantato in italiano degli ultimi tempi.

TRACKLIST
1.Apotropaico
2.Il giardino violato
3.Tavola antica
4.Iside
5.La guida
6.La preda
7.Regina guerriera
8.Senza scampo

LINE-UP
Anna Ballarin – Voce
Vito Flebus – Chitarra
Ivano Bello – Basso
Gabriele “Gus” Gustin – Batteria

ARTEMISIA – Facebook

Ghost Of Mary – Oblivaeon

Un’opera che va assaporata e fatta propria gustandosi ogni passaggio, sempre in bilico tra le varie atmosfere che compongono il death gotico suonato dal gruppo

Decisamente interessante il debutto dei nostrani Ghost Of Mary, un concept ispirato da un racconto del cantante Daniele Rini incentrato sulla vita e sulla morte e accompagnato da un notevole death sinfonica arricchito da ottime parti classiche e gothic doom.

Un’opera dark, oscura e malinconica che tocca il genere in tutte le sue sfumature, regalando all’ascoltatore un sunto del death metal gotico, partendo addirittura dai primi anni novanta, in particolare dalla scena olandese.
Infatti quest’album torna a far risplendere uno dei movimenti più importanti per lo sviluppo di queste sonorità, affiancando al lento incedere, elegantemente sfiorato dagli strumenti classici, sfuriate estreme di matrice scandinava e dark rock per un risultato che, nella sua altalena di ombrose ed oscure emozioni, si rivela del tuto all’altezza della situazione.
Oblivaeon è un disco vario, maturo, perfettamente in grado di mantenere la giusta tensione e non far perdere l’attenzione all’ascoltatore, travolto dalle sorprese che il gruppo riversa in un songwriting ispiratissimo, così da passare agevolmente tra le ispirazioni che hanno portato alla stesura dei brani in modo fluido e senza forzature.
Death metal melodico d’alta classe, quindi, impreziosito da un’ottima parte orchestrale, da un muro ritmico estremo efficace e da un’interpretazione magistrale di Rini, bravo sia con le parti estreme che con le clean vocals.
Un’opera che va assaporata e fatta propria gustandosi ogni passaggio, sempre in bilico tra le varie atmosfere che compongono il death gotico suonato dal gruppo, ma che ovviamente non manca di picchi qualitativi molto alti come la magnifica Shades, insieme a Something To Know e The End is the Beginning, altri due piccoli gioiellini di questo bellissimo lavoro, esempio perfetto di quello che a mio parere è la maggiore caratteristica del sound dei Ghost Of Mary: death gothic olandese e death melodico scandinavo che si scambiano gli onori e gli oneri in perfetta armonia.
Provate ad immaginare i primi The Gathering, Dark Tranquillity ed un accenno ai Lacrimosa più sinfonici ed avrete un’idea attendibile di cosa vi aspetta tra i solchi di Oblivaeon.

TRACKLIST
1.The Moon and the Tree
2.Shades
3.Last Guardian
4.Nothing
5.The Ancient Abyss
6.Oblivaeon
7.Black Star
8.Something to Know
9.The End is the Beginning
10.Nowhere Now Here
11.The Ancient Abyss (piano version)

LINE-UP

Daniele Rini – voice
Mauro Nicolì – guitar
Gabriele Muja – guitar
Nicola Lezzi – bass
Damiano Rielli – drums
Joele Micelli – violin

GHOST OF MARY – Facebook

Macaria – A Strings’ Dramedy

Un’opera di death melodico sinfonico ben suonato e ben composto, con molte divagazioni di sapore classico che rendono in maniera ottimale la storia raccontata.

La rappresentazione della realtà può avere, come il suo modello, molte facce e molti momenti diversi.

Ad esempio il teatro nasce per l’esigenza di poter modellare la realtà secondo il bisogno della creazione di storie alternative. La drammatizzazione della vita ha diversi scopi, e può essere un modo migliore per spiegare la realtà. E questo che fanno i Macaria in questo debutto, che è in effetti un album concettuale basato su un pupazzo che prende vita durante la rappresentazione teatrale. La marionetta comincia così ad esplorare il mondo, vedendolo con occhi e parametri di giudizio molto diversi dagli uomini e trovando molte convenzioni sociali assai grottesche ed inutili, per arrivare infine chiedersi chi sia sbagliato, se la società o lui. I Macaria dipingono tutto ciò con un death metal sinfonico con intarsi folk, lascito della loro passata vita come Finntroll, poiché sono nati nei dintorni di Lecce nel 2009 come band folk metal, e hanno mantenuto un certo gusto per la teatralità, evolvendosi però musicalmente. Il disco è ben suonato e ben composto, con molte divagazioni di sapore classico che rendono in maniera ottimale la storia raccontata. Un debutto che colpisce per maturità ed originalità.

TRACKLIST
01. Suden Break
02. The Puppets Theater
03. Outside
04. Shaped Water
05. The Hidden Filth
06. Tar Nectar
07. Carnival Of Pigs
08. Midday Strangers
09. A Strings’ Dramedy
10 .The Knot Of Wills

LINE-UP
LORENZO MANCO – Vocals
MARCO CARANGELO – Guitar
DAVIDE PASTORE – Guitar
FEDERICO MAURO – Keyboards
LUCA DE MARCO – Bass
LUCA CASTO – Drums

MACARIA – Facebook

Everlasting Blaze – Everlasting Blaze

Un ottimo lavoro, consigliato agli amanti del genere ma anche a chi, senza paraocchi, rivolge il proprio orecchio anche alle produzioni del sottobosco nostrano.

L’underground metal/rock nostrano si arricchisce ogni giorno di nuove ed eccellenti proposte, nate in giro per le città della penisola in ogni genere, formando un universo musicale che non patisce più la sudditanza verso le scene oltreconfine.

Gli Everlasting Blaze, per esempio, sono una giovane band genovese fuori con il primo lavoro, molto ben curato e dai suoni moderni, alternativo nel saper bilanciare rock, metal ed atmosfere dark, grazie soprattutto alla splendida voce della singer Marwa.
E l’ottimo uso di ritmiche e chitarre dai toni aggressivi, ammorbiditi dalla dolce ed espressiva voce di Marwa, è l’arma letale con cui il gruppo genovese ammalia ed ipnotizza l’ascoltatore in questi suggestivi ed intensi minuti di musica, valorizzata da ottimi arrangiamenti e da una produzione sul pezzo, così da consegnare un lavoro professionale e coinvolgente.
La virtù principale che affiora a più riprese dall’ascolto delle tracce è una sfumatura poetica che affiora anche nei brani più grintosi, ed esplode nella bellissima Freedom, l’anima più delicata degli Everlasting Blaze si scontra con quella metallica, mentre If Only, Life of Crime e Zombie Town mostrano gli artigli, acciaio rovente e moderno che si sfida singolar tenzone con l’introspettività dark ed appunto poetica del sound creato dal combo genovese.
Ad un primo ascolto troverete molte similitudini con gli Evanescence e i gruppi alternative dalle tinte dark/gothic di qualche anno fa, ma rimanendo nell’underground ho trovato la musica del gruppo sulla linea degli spagnoli Rainover, anche se la band genovese mantiene un approccio alternativo molto più marcato.
In conclusione, Everlasting Blaze risulta un ottimo lavoro, consigliato agli amanti del genere ma anche a chi, senza paraocchi, rivolge il proprio sguardo anche alle produzioni del sottobosco nostrano.

TRACKLIST
1.Misery
2.If Only
3.Freedom
4.Life of Crime
5.Alone
6.Scream
7.No Mercy
8.Zombie Town
9.Memories
10.Obey
11.Searching
12.The Wasted Soul

LINE-UP
Marwa – vocal,guitar
Sadem – guitar
Youssef – bass
Fabio – drums

EVERLASTING BLAZE – Facebook

Rainveil – Verses

La drammatica teatralità di fondo, le sfumature dark e le sontuose orchestrazioni, danno all’album quel tocco di maturità che non lascia dubbi sul valore del gruppo

Un’altra ottima band, i lodigiani Rainveil, si affacciano sulla scena nazionale in ambito metallico dagli spunti classicamente heavy ed orchestrali.

Licenziato dalla ormai storica Underground Symphony, mixato e masterizzato da Simone Mularoni (altra garanzia di qualità) ai Domination Studios, Verses è un gran bel lavoro, magari di poca durata per la qualità delle composizioni ed il genere (poco più di mezz’ora) ma notevole per songwriting, suono e potenzialità della band.
Qui si trova un heavy metal, roccioso e melodico, strutturato su tappeti tastieristici raffinati, una serie di brani che di potenti mid tempo fanno la loro forza, ispirati da una leggera vena prog ed un’oscurità di fondo riscontrabile nell’heavy statunitense.
Senza scendere in disquisizioni tecniche che in tracce dove l’emozionalità è tangibile diventa superfluo, Verses abbonda di orchestrazioni, incastonate su trame heavy metal eleganti e la mente non può che portare ai Kamelot.
Inoltre. la drammatica teatralità di fondo e le sfumature dark danno all’album quel tocco di maturità che non lascia dubbi sul valore del gruppo, bravo nel cogliere il punto debole dell’ascoltatore medio nel genere e cioè il pretendere potenza metallica e melodie che conquistino al primo ascolto, e i Rainveil in questo sono maestri.
I brani sono uno più bello dell’altro, dall’opener Macabre Ecstasy, che segue il prologo ed esplode in un refrain irresistibile tra riff possenti, solos classici e tappeti tastieristici magniloquenti, la successiva Break Out, ruvida e melodica e la bellissima semiballad Fire Opal, un crescendo entusiasmante aperto con la voce femminile a confermare l’eleganza intrinseca nel sound dei lodigiani.
Un lavoro affascinante che si rivela un’autentica sorpresa in campo classico, da non perdere assolutamente per gli appassionati dai gusti raffinati.

TRACKLIST
1. Prologue – Into the Void
2. Macabre Ecstasy
3. Break Out
4. Drowned
5. Mirror
6. Fire Opal
7. Eleanore
8. Shades of Darkness
9. Epilogue: Is this the End?

LINE-UP
Matteo Ricci – Vocals
Luca Maddonini – Lead Guitar
Pietro Canette – Bass

RAINVEIL – Facebook

Scarlet Aura – Falling Sky

Hard rock melodico di gran classe tra tradizione ed appeal moderno, con tanto di voce femminile da applausi.

Se questi ragazzi apriranno i prossimi concerti della divina Tarja Turunen un motivo ci sarà.

Grosso colpo della Pure Rock Records che si aggiudica le prestazioni musicali degli Scarlet Aura, band rumena che fa dell’hard rock melodico di gran classe tra tradizione ed appeal moderno, con tanto di voce femminile da applausi.
La band di Bucarest, al secondo lavoro dopo The Rock Chick uscito nel 2014 e molte presenze live nell’est Europa in compagnia di grossi nomi del metal e dell’hard rock, mette la quinta e svernicia una buona fetta di realtà del genere con un lavoro perfetto sotto tutti i punti di vista.
Hanno le carte in regola per sfondare i ragazzi rumeni; grandi canzoni, una singer bella ma, soprattutto, bravissima nel donare feeling a profusione ai brani, ed un sound che bilancia potenza e melodie accattivanti, insomma Falling Sky potrebbe davvero affermare il gruppo nella scena del vecchio continente, così arida nei confronti dell’hard rock melodico.
Sostenuto dal gran lavoro alla sei corde dell’axeman Mihai Danciulescu, da una sezione ritmica senza freni quando si tratta di picchiare duro (Catalin Ungureanu al basso e Matthias Klaus) e valorizzata dall’affascinante voce della singer Aura Danciulescu, Falling Sky strappa applausi dalla prima all’ultima nota con il suo mix letale di hard rock elegante e melodico e la sua neanche troppo velata vena metallica dal mood moderno, pronto per essere accolto dai rockers attenti alla musica melodica e dall’appeal radiofonico.
Una raccolta di brani che non temono cedimenti e mantengono altissima l’attenzione, un susseguirsi di emozioni che dall’opener Immortal In Your Eyes, passando per My Own Nightmare, le melodie orientaleggianti di Fortune Teller, la title track e la ballad Silent Tears, conquistano l’ascoltatore, senza difese contro l’ipnotica e notevole voce della singer.
Prodotto da Roy Z, Falling Sky è nel suo genere un piccolo gioiello, e per i fans dell’hard rock melodico un acquisto obbligato.

TRACKLIST
1. Immortal In Your Eyes
2. Colour Blind
3. You’re Not Alone
4. My Own Nightmare
5. Chasing White Horses
6. Falling Sky
7. Silent Tears
8. Shamanic Eye
9. Fortune Teller
10. Riding like The Wind
11. Silent Tears (Radio Edit)

LINE-UP
Aura Danciulescu – vocals
Mihai Danciulescu – guitars, vocals
Catalin Ungureanu – bass, vocals
Matthias Klaus – drums

SCARLET AURA – Facebook

Moaning Silence – A World Afraid Of Light

Una serie di belle canzoni, eseguite con la dovuta competenza ed ammantate di un sottile un velo di malinconia, ovvero tutto ciò che serve per fare di questi tre quarti d’ora di musica la gradevole colonna sonora di giornate particolarmente uggiose.

I Moaning Silence sono un nuovo progetto proveniente dalla sempre fertile terra ellenica, specie quando si parla di metal oscuro ed atmosferico.

La band creata da Christos Dounis si rende efficacemente protagonista del recupero di quelle sonorità che ebbero una certa risonanza alla fine del secolo scorso grazie ad album come Forever Autumn dei Lake Of Tears e Crystal Tears degli On Thorns I Lay e che, a differenza dell’attuale interpretazione del genere, si distingueva per una ricerca della melodia più diretta ed essenziale e scevra di tecnicismi di sorta.
Avvalendosi dell’aiuto della vocalist Emi Path, del batterista Vangelis X e, soprattutto, di una figura di spicco del metal greco come Bob Katsionis, chiamato ad occuparsi anche della produzione, il buon Dounis mette in scena un lavoro pregno di un romanticismo dolente e malinconico che, pur essendo legato a doppio filo a tutti i cliché possibili del genere, si rivela alla fine gradevolissimo.
I dieci brani scorrono via avvolgenti e ricchi di linee melodiche ben memorizzabili: A World Afraid Of Light parte al meglio con due brani ottimi come l’ideale rappresentazione del gothic doom programmaticamente intitolata Solitude e, soprattutto, la successiva Black Skies, dotata di un notevole finale in crescendo, ma vanno segnalate anche l’ottima cover di Parisienne Moonlight, perla contenuta all’interno di Judgement degli Anathema, la robusta Stay e la ariosa An Elegy For The Crestfallen.
Per i Moaning Silence un primo lavoro di buon livello, che non sposta certo gli equilibri del genere ma che neppure resta inesorabilmente schiacciato dagli inevitabili riferimenti al passato: semplicemente, qui siamo al cospetto di una serie di belle canzoni, eseguite con la dovuta competenza ed ammantate di un sottile un velo di malinconia, ovvero tutto ciò che serve per fare di questi tre quarti d’ora di musica la gradevole colonna sonora di giornate particolarmente uggiose.

Tracklist:
1.Solitude
2.Black Skies
3.On Fragile Wings
4.Parisienne Moonlight (Anathema cover)
5.The Last Days Of December
6.As If It Was Yesterday
7.Stay
8.Just Another Day
9.An Elegy For The Crestfallen
10.Sparks Of Light

Line-up:
Christos Dounis – Electric & Acoustic Guitars/Vocals
Emi Path – Vocals
Bob Katsionis – Keyboards, Bass & add guitars
Vangelis X. – Drums

MOANING SILENCE – Facebook