Annisokay – Arms

Gli Annisokay propongono un metalcore molto moderno e melodico, con una doppia voce, ovvero il cantato più metal e quello più pulito che funzionano molto bene assieme.

Se volete avere uno sguardo esaustivo sul metal moderno, o se volete ascoltare il meglio del metalcore insieme ad una robusta dose di elettronica o di post hardcore, Arms è il disco che fa per voi e che vi eviterà tante delusioni.

I tedeschi Annisokay sono una delle band migliori in circolazione in campo modern metal e metalcore, e hanno molto di più degli stilemi di questi due generi. Il loro nome nasce dal testo di una canzone di Michael Jackson, uno dei loro idoli che hanno anche omaggiato in passato con una cover, e più precisamente da Smooth Criminal dove si parla di una ragazza che si chiama Annie e che viene attaccata nel suo appartamento, e non se ne sa più nulla, quindi Annie is Okay ? Da qui nel 2007 da Halle an der Saale, ha inizio la storia di uno dei gruppi europei che stanno avendo maggior successo, grazie ad una molto intensa attività live, basti vedere il prossimo tour che li porterà via per molto tempo e che attraverserà in maniera massiva soprattutto gli Stati Uniti e la natia Germania, passando anche per il Giappone. I tedeschi propongono un metalcore molto moderno e melodico, con una doppia voce, ovvero il cantato più metal e quello più pulito che funzionano molto bene assieme. Uno dei tratti distintivi del gruppo sono le tastiere che sono presenti in maniera adeguata, andando ad arricchire il suono che è molto florido. Tutto il suono e quindi il disco funzionano molto bene, e oltre ad una ricerca della melodia vi è anche un ottimo bilanciamento con le parti più pesanti, ma soprattutto ci sono idee chiare. Gli Annisokay hanno la loro impronta immediatamente riconoscibile e non vanno dietro a quello che può piacere, anche se sono ottimi per il mercato statunitense. Il lavoro si fa ascoltare molto bene, ha tante ottime idee e riesce ad essere coinvolgente e caldo, con un fortissimo immaginario anni ottanta. Un ottimo disco di metal moderno, e un altro notevole gruppo nel solidissimo palinsesto della Arising Empire, sussidiaria della Nuclear Blast per il campo modern metal.

Tracklist
1.Coma Blue
2.Unaware
3.Good Stories
4.Fully Automatic
5.Sea of Trees
6.Innocence Was Here
7.Humanophobia
8.End of the World
9.Escalators
10.Private Paradise (feat. Chris Fronzak)
11.One Second
12.Locked Out, Locked In

Line-up
Dave Grunewald – Shouts
Christoph Wieczorek – Clean Vocals/Guitar
Norbert Kayo – Bass
Philipp Kretzschmar – Guitar
Nico Vaeen – Drums

ANNISOKAY – Facebook

None Dare Call It Conspiracy – Pawns And Kings

Groove, growl, clean vocals, accenni thrash e core, in un contesto di moderno metallo dal buon appeal, sono gli ingredienti con cui la band si presenta in modo convincente ai fans del genere.

Tramite Wormholedeath i finlandesi None Dare Call It Conspiracy danno un seguito al loro debut album uscito nel 2013 (Tales Of The Lost).

Il gruppo nativo di Helsinki ha dovuto vedersela con un continuo rimescolamento nella formazione che, in questo momento, risulta di sei elementi pronti a conquistare il proprio posto nella scena estrema metallica moderna.
Groove, growl, clean vocals, accenni thrash e core, in un contesto di moderno metallo dal buon appeal, sono gli ingredienti con cui la band si presenta in modo convincente ai fans del genere.
Pawns And Kings è composto da undici brani sparati con la potenza di un cannone ma estremamente melodici: il lavoro delle chitarre è chiaramente ispirato al melodic death metal scandinavo, mentre sono le ritmiche che, tra groove, parti cadenzate e accelerazioni, imprimono al sound sterzate stilistiche senza perdere il filo di un discorso moderno e catchy.
Vanno via che è un piacere brani come Kingmaker, Dust e Nevermore, tripletta che fulmina l’ascoltatore, sorpreso da tanta veemenza melodica; a tratti Pawns And Kings riesce a prenderci per il collo e stringere, prima che uno stacco melodico o un verso in clean ci riporti a quelle melodie che sono il pane del sound proposto dalla band finlandese.
Un album consigliato agli amanti del metal moderno ma che sa regalare ottimi spunti anche ai fans del melodic death, approfittatene.

Tracklist
1.Kingmaker
2.Dust
3.Nevermore
4.Mirrors
5.Sheep Counting
6.Rise
7.The Shaming
8.Pawns and Kings
9.Sightlines
10.Pain
11.Sacrifice

Line-up
William Torrey – Vocals
Jani Elokoski – Guitar
Johannes Oravainen – Guitar
Jere Laitinen – Guitar, backing vocals
Toni Toikkanen – Bass, backing vocals
Ville Holmström – Drums

NONE DARE CALL IT CONSPIRACY – Facebook

Bleeding Through – Love Will Kill All

Tornare dopo quattro anni dall’annuncio del tuo scioglimento (con relativo tour di addio) ti obbliga a dare più del tuo meglio, ed è quello che ha fatto il gruppo americano: Love Will Kill All può infatti essere considerato il miglior disco dei Bleeding Through, o almeno quello che racchiude le loro cose più interessanti.

Tornare dopo quattro anni dall’annuncio del tuo scioglimento (con relativo tour di addio) ti obbliga a dare più del tuo meglio, ed è quello che ha fatto il gruppo americano: Love Will Kill All può infatti essere considerato il miglior disco dei Bleeding Through, o almeno quello che racchiude le loro cose più interessanti.

Il suono non è cambiato granché, è diventato però più granitico e pesante, quasi un metalcore sinfonico molto ben composto ed eseguito con impeto e passione. I Bleeding Through sono uno dei gruppi che ha incendiato il mondo con il fuoco del metalcore, vivendone la maggior espansione possibile e dettandone anche le linee guida a partire dal 1999, ed in questo disco se ne comprende bene il perché. Love Will Kill All racchiude in sé il meglio del metalcore, melodia, cattiveria, e quel senso di colonna sonora di videogioco che è uno degli ingredienti fondamentali della ricetta. In molti disprezzano questo genere mentre chi lo ama invece lo difende a spada tratta: la soluzione sta forse nel prenderlo per quello che è, un ottimo intrattenimento e un qualcosa di aggressivo che non fa male, ma che ricrea in maniera godibile ed apprezzabile. Questi ragazzi di Orange County, California, sono tornati insieme per rimettersi in gioco e lo hanno fatto in maniera convincente, si può poi parlare per giorni sulle motivazioni; sicuramente il fattore economico è importante, ma si deve anche pensare che per questa gente il metalcore è il pane, e per i progetti solisti questo non è il tempo adatto. Il disco è il meglio che possano fare, cioè un gran bel massacro dall’inizio alla fine: davvero un gran ritorno, e nessuno sperava in fondo che potesse essere cosi positivo. Qui c’è il miglior metalcore che possiate trovare in giro.

Tracklist
1. Darkness, A Feeling I Know
2. Fade Into The Ash
3. End Us
4. Cold World
5. Dead Eyes
6. Buried
7. No Friends
8. Set Me Free
9. No One From Nowhere
10. Remains
11. Slave
12. Life

Line-up
Vocals: Brandan Schieppati
Keyboards: Marta
Guitar: Brian Leppke
Guitar: Dave Nassie
Guitar: Scott Danough
Drums: Derek Youngsma
Bass: Ryan Wombacher

BLEEDING THROUGH – Facebook

Naberus – Hollow

Con una ventina di minuti in meno Hollow sarebbe stato un album pressoché perfetto, ma resta comunque consigliato agli amanti del genere per il suo impatto dinamitardo e le soluzioni melodiche molto interessanti.

Melodic thrash death metal con forti influenze core e groove, un concentrato di potenza melodica in arrivo dall’Australia: questo risulta Hollow, terzo album dei Naberus.

Il gruppo proveniente da Melbourne ci investe con tutta la sua potenza in questa ora di sunto delle sonorità che hanno demolito i padiglioni auricolari degli amanti del metal moderno, tra accelerate, ritmiche sincopate, scream e voci pulite, urla thrash ed attitudine core, con sempre la melodia protagonista e collante tra le varie anime del sound.
Mixato da Henrik Udd (Bring Me the Horizon, Architects, A Breach of Silence), Hollow è un tornado metallico potentissimo, che alterna brani devastanti come Split In Two ad altri che guardano al trend del metalcore melodico in un contesto di tensione perenne.
Il cantato non risparmia violente parti di ispirazione nu metal (Webs), quindi si passa con molta naturalezza dallo scream alla voce pulita fino a cadenze rappate che ricordano i Machine Head del controverso The Burning Red.
Prodotto alla perfezione, l’album deflagra in uno tsunami di violento metallo moderno (la title track) non facendo prigionieri, con riff che si susseguono uno più violento e potente dell’altro.
Machine Head e poi Korn, Sepultura, Soilwork e Bring Me the Horizon sono le principali ispirazioni che escono prepotentemente dal muro sonoro creato dai nostri, i quali lasciano ad una leggera prolissità l’unico difetto riscontrato all’ascolto di questo macigno sonoro.
Con una ventina di minuti in meno Hollow sarebbe stato un album pressoché perfetto, ma resta comunque consigliato agli amanti del genere per il suo impatto dinamitardo e le soluzioni melodiche molto interessanti.

Tracklist
1.Slaves
2.Space to Breathe
3.Split in Two
4.Shadows
5.Webs
6.Hollow
7.I Disappear
8.The End
9.Seas of Red
10.The Maze
11.My Favorite Memory
12.Fading
13.The Burrow
14.The Depths

Line-up
James Ash – Vocals
Dan Ralph – Guitars
Dante Thomson – Guitars
Jordan Mitchell – Bass
Chris Sheppard – Drums

NABERUS – Facebook

Meka Nism – The War Inside Ep

I Meka Nism sono un gruppo tipicamente di oltre oceano, autori di un metal moderno ed accattivante, con molto talento.

I Meka Nism sono un gruppo che coniuga molto bene le varie tendenze del metal moderno con solide radici nella tradizione: chitarre veloci, un respiro metalcore e la voce femminile di Ms. Meka che svetta su tutto.

Il suono del gruppo è tipicamente americano, con la sua sfrontata e piacevole miscela di melodia e durezza che riesce a rendere il suono radiofonico ma anche adatto alle orecchie dei metallari. Non stiamo parlando di neofiti e si sente, dato che il gruppo di Orlando è in giro dal 2010 e si può percepire tutta la loro esperienza. Con questo nuovo ep la band fa un ulteriore balzo in avanti, soprattutto per quanto riguarda la composizione delle canzoni che li porta a creare ottime atmosfere, intrise di romanticismo ma anche di visioni di un futuro che non sarà piacevole, ma che è davanti a noi. I registri sui quali opera il gruppo sono vari, dai pezzi più ritmati ad altri maggiormente melodici con l’ausilio di tastiere, riuscendo sempre a strutturare in maniera efficace i pezzi. Certamente la voce di Ms. Meka è un grande valore aggiunto, dato che è molto brava cambiare tenore e modo di cantare, ma sono tutti i musicisti ad essere tecnicamente davvero validi: tutto ciò però sarebbe nulla senza la capacità di scatenare qualcosa dentro l’ascoltatore. I Meka Nism sono un gruppo tipicamente di oltre oceano, autori di un metal moderno ed accattivante, con molto talento.

Tracklist
1.The War Inside
2.These Years of Silent Screams
3.Trailblazer
4.Arrows of Alchemy
5.Black Sky (It’s Not Over Yet)

Line-up
Ms. Meka 眼歌- Vocal Artist & Shaman
Bobby Keller – Guitar
Nick Colvin – Drums
Danny Arrieta – Guitar
Jay Adkisson – Keyboards
Jarret Robinson – Bass

MEKA NISM – Facebook

This Isn’t Over – Ora

Come abbiamo spesso affermato su queste pagine, il movimento metalcore (o modern metal qual dir si voglia) è molto affollato, ma bisogna dire che ultimamente in Italia ci sono gruppi come i This Isn’t Over che stanno notevolmente alzando l’asticella della qualità.

I This Isn’t Over sono un gruppo italiano di metalcore, molto potenti e dalle idee ben chiare.

Vengono dalle Marche, hanno due voci e questo è il loro primo ep chiamato Ora, fatto di un buonissimo sound dalle forti influenze hardcore e molto melodico, con passaggi più sognanti e momenti più claustrofobici, in stile molto americano. La produzione è assai curata e riesce a mettere in risalto tutte le doti del gruppo, che sono molte, una su tutte la capacità di costruire canzoni ben articolate e con diversi momenti al loro interno, in modo da rendere più vario ed interessante il tutto. Come abbiamo spesso affermato su queste pagine, il movimento metalcore (o modern metal qual dir si voglia) è molto affollato, ma bisogna dire che ultimamente in Italia ci sono gruppi come i This Isn’t Over che stanno notevolmente alzando l’asticella della qualità. Questo ep è la perfetta testimonianza di come si possa essere melodici e potenti, con capacità tecniche al di fuori della media che vanno però al servizio del progetto nella sua totalità. Certamente qui non viene inventato nulla, gli standard del genere non vengono stravolti, ma vengono affrontati nel migliore dei modi, per un prodotto che funziona molto bene davvero.

Tracklist
1. Mr huge cock von dick
2. Deconstruction
3. Misanthrophrenic
4. Sea
5. Never forget
6. Harmonized

Line-up
Luca Fortuna – Drums
Yuri Fetisov – Guitars
Eros Cartechini – Bass
Luca Ortolani – Voice
Luca Cecchini – Voice

THIS ISN’T OVER – Facebook

Cold Snap – All Our Sins

All Our Sins è un album che avrà consensi trasversali, dato che piacerà a chi ama il metalcore ed il groove metal, ma anche ascoltatori di altri generi lo apprezzeranno molto.

Non solo calcio, pallacanestro e pallanuoto è ciò che arriva dalla Croazia, ma ora anche ottimo groove metal, nella fattispecie quello dei Cold Snap, che escono su Arising Empire dopo aver vinto il concorso indetto dalla stessa etichetta.

I nostri sono peraltro famosi in madrepatria e ascoltando questo loro nuovo disco si può capire facilmente il perché. Il loro suono è un groove metal molto moderno ed incalzante, con elementi di nu metal e decise svolte nel deathcore e anche nel death metal, senza però mai perdere di vista la melodia. Si può benissimo dire che questo gruppo incarni le nuove tendenze del metal al meglio, non annacquandole come fanno molti gruppi. All Our Sins è un album che avrà consensi trasversali, dato che piacerà a chi ama il metalcore ed il groove metal, ma anche ascoltatori di altri generi lo apprezzeranno molto. La forza del disco sta nel buon bilanciamento tra potenza e melodia, la composizione dei pezzi non è mai scontata ma ben strutturata e lo sviluppo delle trame musicali è assai corretta. Il ritmo che ha questo gruppo esce allo scoperto fin da subito, in quanto ha un incedere che basa le sue strutture in vari generi e sottogeneri ben amalgamati fra loro. I Cold Snap hanno vinto il concorso indetto dalla Arising Empire perché hanno chiaramente qualcosa in più rispetto alla maggioranza dei gruppi in giro, e All Our Sins lo dimostra molto bene. Era il momento per un disco come questo, dato che ultimamente tanti gruppi che sono nel giro metalcore/groove metal sono smaccatamente e forzosamente melodici, mentre qui il metal è l’elemento fondante di tutto, la trave portante del suono, che ha anche molti elementi dell’hardcore; infatti il gruppo ha una forte mentalità DIY, che non è andata smarrita neppure entrando nel roster della sussidiaria della Nuclear Blast.

Tracklist
01. Hešto And Pujto
02. Fallen Angels
03. Nothing
04. Demons
05. Crawling
06. Remission
07. 2 4 The System
08. Witness Of Your Sickness
09. No We’re Not Even
10. Pain Parade
11. Hated
12. Distance

Line-up
Jan Kerekeš – Vocals
Dario Sambol – Drums
Zoran Ernoić – Bass
Dario Berg – Vocals, Samples
Dorian Pavlović – Guitar
Zdravko Lovrić – Guitar

COLD SNAP – Facebook

Set Before Us – Vitae

I Set Before Us presentano la loro personale proposta di metal moderno dall’alto tasso melodico, ma anche pregno di rabbia sfogata in sfuriate che si rifanno tanto all’alternative metal quanto al moderno death metal.

Sembra che il metalcore si stia evolvendo in qualcosa di meno definito e più aperto ad influenze che vanno dall’alternative rock, al progressive, e ad ispirazioni che si rifanno alla scena new metal al melodic death.

Non sono poche ultimamente le band che, presentate come gruppo di genere, a ben sentire aprono i loro confini ad altri suoni, come è il caso degli svedesi Set Before Us, i quali presentano la loro personale proposta di metal moderno dall’alto tasso melodico, ma anche pregno di rabbia sfogata in sfuriate che si rifanno tanto all’alternative metal quanto al moderno death metal.
Niente che non si conosca, chiariamolo subito: in Vitae le influenze del gruppo proveniente da Stoccolma sono in bella mostra ed assolute protagoniste degli undici brani che compongono l’album, ma presentate con personalità, perfettamente amalgamate tra loro e tenute insieme da una prestazione vocale di altissima qualità, specialmente (e finalmente direi) nella parte in clean, troppe volte usate in modo superficiale e non all’altezza in altre realtà.
La band arriva così al primo lavoro sulla lunga distanza tramite la label statunitense Eclipse Records, dopo due ep licenziati tra il 2014 ed il 2016, confermando la buona qualità della propria musica e la riuscita alternanza tra i generi che compongono il metal moderno.
La bellissima The Eternal Flight ed Everest, per esempio, sono in tutto e per tutto due brani melodic death alla Soilwork, influenza obbligatoria se si suona metal in Scandinavia, mentre tra le prime quattro tracce e le successive ci si imbatte nelle suddette influenze ma con l’ascolto reso vario quel tanto che basta per arrivare a fondo corsa in un batter d’occhio.
Anche i Parkway Drive contribuiscono al bagaglio musicale che ha ispirato buona parte dei brani presenti su Vitae, rimane il fatto che i Set Before Us hanno confezionato un bel regalino per tutti i fans del metal moderno e melodico.

Tracklist
01. Untainted
02. Avalanche
03. Identity
04. Harbor
05. The Eternal Fight
06. Everest
07. Ignite
08. Haven
09. Fountain of Youth
10. Oblivion
11. Charon

Line-up
Niklas Edström – Guitar/Vocals
Erik Tropp – Vocals
Hampus Andersson – Bass
Jesper Nilsson – Guitar
Emanuel Borgefors – Drums

SET BEFORE US – Facebook

Show Aniki – Deep Blue Sessions

Nonostante i problemi di formazione il gruppo di Angers riesce a produrre buona musica e questo ep composto da quattro singoli è un ottimo biglietto da visita, per una band che si inserisce nell’ottima scuola francese del metal alternativo.

Guidati dal dinamico John Rel, i bretoni Show Aniki propongono il loro nuovo ep esclusivamente in digitale, uscito dopo molte vicissitudini dovute a cambi di formazione.

Gli Show Aniki hanno inciso queste canzoni che sarebbero dovuto formare un disco unico, ma il posto vacante alla batteria proprio dopo le prime incisioni ha messo il gruppo francese davanti ad un bel problema, ovviato da una grande idea di John Rel coadiuvato dal grafico Gille Estines : far uscire quattro singoli con quattro copertine differenti. L’idea è subito parsa ottima, tanto da essere poi raccolta nel presente Deep Blue Sessions, secondo ep del gruppo disponibile solo in versione digitale. Il suono è molto fresco e vivace, un metal alternativo melodico e molto ben fatto, nel senso che tutto scorre bene e in maniera piacevole. Gli ascolti dei Show Aniki sono stati ottimi e molteplici, hanno un bel retroterra, e lo sanno valorizzare al meglio con un suono personale e veloce, con la giusta maturità. Nonostante i problemi di formazione il gruppo di Angers riesce a produrre buona musica e questo ep composto da quattro singoli è un ottimo biglietto da visita, per una band che si inserisce nell’ottima scuola francese del metal alternativo. Un gruppo molto melodico e bilanciato che rientra nel novero dei gruppi da seguire assolutamente.

Tracklist
01. Cowboys From Breizh
02. Deep Blue
03. Aniki
04. The Thing

Line-up
John R: Guitars, Vocals
Alx: Bass, Vocals
Celine Le Vu: Drums

SHOW ANIKI – Facebook

Astray Valley – Unneth

La furia con la quale la band affronta la tempesta estrema risulta indirizzata verso un melodic death metal dal taglio moderno, ma dalle ritmiche che in alcuni casi toccano lidi thrash metal ed una chitarra che ricama ottimi solos melodici.

Due singoli usciti in pochi mesi, nuvoloni che si addensano sopra i nostri cieli prima che la tempesta di suoni moderni si accanisca su di noi, e ci riversi una fitta e grigia pioggia metallica dal titolo Unneth.

Licenziato dalla sempre attenta e presente Wormholedeath, Unneth è l’esordio degli Astray Valley, quartetto spagnolo formato dalla cantante Clau Violette, dal chitarrista Joan Aneris, dal bassista Jorge Romero e dal batterista Erny Roca.
Metal moderno, potente e melodico, una serie di scudisciate estreme interpetrate magistralmente dalla singer, dotata di un eclettismo vocale che le permette di alternare una splendida voce pulita a rabbiosi sfoghi estremi, in un contesto musicale che passa agevolmente dalle violente trame metalliche ad evocativi passaggi rock elettronici, atmosfericamente vicini agli ultimi Lacuna Coil.
Ma, se la famosa band italiana ha sempre tenuto a freno la rabbiosa anima metallica, gli Astray Valley sfogano appunto gli istinti bellicosi, con scariche adrenaliniche accompagnate da bordate estreme potenti, senza perdere colpi e attenuando la sempre presente parte melodica, importantissima nell’economia del sound.
Lontano a mio avviso dai soliti cliché compositivi del metalcore, la furia con la quale la band affronta la tempesta estrema risulta indirizzata verso un melodic death metal dal taglio moderno, ma dalle ritmiche che in alcuni casi toccano lidi thrash metal ed una chitarra che ricama ottimi solos melodici.
Unneth risulta così un lavoro vario, la calma prima dell’ennesima sfuriata si riempie di sfumature elettroniche, tra rock e dark valorizzando una raccolta di brani intriganti e ben congegnati.
Hollow, Constellations, Singularity e Oblivion sonoi brani migliori di un esordio meritevole dell’attenzione degli amanti dei suoni metallici moderni: la band spagnola è l’ennesimo ottimo acquisto da parte della Wormholedeath.

Tracklist
1. Entity
2. Hollow
3. The Wilderness
4. Parallel Visions
5. Mera
6. Waters Of Skylah
7. Constellations
8. Lun
9. Singularity
10. Ethereal
11. Northlights
12. Pathways
13. The Collapse
14. Oblivion
15. Polarity

Line-up
Clau Violette – Vocals
Joan Aneris – Guitars
Jorge Romero – Boss
Erny Roca – Drums

ASTRAY VALLEY – Facebook

Disconnected – White Colossus

Groove, prog metal, core ed alternative: sembra più facile a dirsi che a farsi e invece i Disconnected riescono nell’impresa di far convivere il tutto in questo lotto di brani che entusiasmano, perfetti nell’uso abbondante delle linee melodiche senza sembrare far sembrare d’essere alle prese con la solita boy band con ambizioni da classifica.

Il metal moderno ha ancora parecchie frecce da scoccare, lo dimostra questo ottimo lavoro intitolato White Colossus, debutto dei francesi Disconnected.

La band transalpina si approccia al metal con un sound che mette subito in risalto la buona tecnica dei musicisti coinvolti, regalandoci uno degli esempi più riusciti nell’uso della doppia voce (pulita e growl) e usa a suo piacimento l’uso del metal estremo progressivo e dell’alternative.
Un ibrido davvero riuscito, un sound che amalgama alla perfezione stili all’apparenza lontani in un crescendo emozionale e melodico che non può non lasciare stupiti chi si metterà in gioco con la musica del gruppo proveniente da Troyes.
Groove, prog metal, core ed alternative: sembra più facile a dirsi che a farsi e invece i Disconnected riescono nell’impresa di far convivere il tutto in questo lotto di brani che entusiasmano, perfetti nell’uso abbondante delle linee melodiche senza sembrare far sembrare d’essere alle prese con la solita boy band con ambizioni da classifica.
Stupenda Wounded Heart, strepitoso il crescendo emozionale di Feodora, devastante la furia che a tratti si impossessa di Blame Shifter, così come le ritmiche tra groove e metalcore di For All Our Sakes e la marziale spinta modern metal della conclusiva Armageddon.
La particolarità di White Colossus è che tutti i brani sono attraversati da un’anima alternative che rende la proposta personale e di elevata qualità, in un mix riuscito di Architects, Alter Bridge e Gojira.

Tracklist
1. Living Incomplete
2. Blind Faith
3. Wounded Heart
4. White Colossus
5. Feodora
6. Losing Yourself Again
7. Blame Shifter
8. For All Our Sakes
9. The Wish
10. Armageddon

Line-up
Adrian Martinot – Composer/Guitars
Ivan Pavlakovic – Singer/Songwriter
Aurélien Ouzoulias – Drums
Romain Laure – Bass
Romin Manogil – Guitars

DISCONNECTED – Facebook

Savage Hands – Barely Alive

I Savage Hands fanno un genere che nella loro terra madre è decisamente inflazionato, ma lo eseguono in maniera al di sopra della media, e questo ep potrebbe essere l’inizio di qualcosa di molto interessante.

Continua l’attacco alla gioventù metal e rock della Sharptone Records, sussidiaria della Nuclear Blast, deputata a diffondere nuovi gruppi e nuove maniere di declinare la musica pesante.

Questa volta è il turno degli americani Savage Hands con il loro debutto Barely Alive, un concentrato di post hardcore veloce ed emozionale, con tute le cose al loro posto, a partire da un’ottima produzione.
Il gruppo nasce tra il Maryland e la Virginia dalle ceneri di precedenti esperienze hardcore, con la voglia di fare qualcosa di nuovo e di ambizioso. Questo ep è la dimostrazione che gli sforzi di questi ragazzi sono andati a buon fine. Il suono è prettamente e fortemente americano, con chitarre che girano incessanti, voce molto potente ma non bassa, sezione ritmica che va in doppia cassa quando serve, e tanta melodia ai momenti giusti, per un risultato che non è originale ma è prodotto molto bene. I Savage Hands fanno un genere che nella loro terra madre è decisamente inflazionato, ma lo eseguono in maniera al di sopra della media, e questo ep potrebbe essere l’inizio di qualcosa di molto interessante, anche perché il mercato del post hardcore è sempre molto aperto ed interessato alle novità. Ritornelli killer e molto radiofonici che gireranno molto nella radio dei campus americani ed un gruppo da tenere sott’occhio per gli appassionati della scena.

Tracklist
1. Red
2. Barely Alive
3. Unconditional
4. Know It All
5. Taken
6. Dream Dead
7. Your Own Hell

Line-up
Mike Garrow – vocals
Justin Hein – guitar/vocals
Ryan Evans – guitar
Nathan O’Brien – bass/vocals
Jonny Melton – drums

SAVAGE HANDS – Facebook

Nereis – Turning Point

Turning Point è un album vario e moderno ma che mantiene un approccio classico, formato da belle canzoni e suonato al meglio: si può dire quindi che i Nereis hanno superato ogni aspettativa.

Da più di dieci anni attivi nella scena underground metallica tricolore, i trentini Nereis giungono al secondo lavoro sulla lunga distanza licenziato da Eclipse Records.

I Black Star (così si chiamavano fino allo scorso anno), dopo qualche problemino di line up, un esordio uscito nel 2012 dal titolo Burnin ‘Game e l’ep From the Ashes di tre anni dopo, hanno avuto la possibilità di suonare live con buona frequenza, mettendo in saccoccia un bel po’ di esperienza che è sicuramente servita per dare alle stampe questo buon lavoro dal titolo Turning Point.
Heavy metal e hard rock progressivo e melodico in un contesto moderno, rivestono la raccolta di brani e testimoniano  di un gruppo convincente nelle sue varie influenze assimilate per benino e sfruttate in toto per creare brani dal forte impatto, ricchi di  tecnica ed attitudine e valorizzati da arrangiamenti che guardano più alla scena moderna che quella classica.
Un buon mix che la bravura dei musicisti valorizza con cambi di tempo e solos che sono rasoiate, impreziosite da chorus di scuola hard rock, melodici ed accattivanti così come la voce del cantante, protagonista di una prova straordinaria.
Turning Point non conosce intoppi, forte di una serie di brani trascinanti che fino alla sesta traccia (Now) sono un susseguirsi di colpa di scena.
Unity, la melodica Ready For War, la super heavy Overdrive saltano da un genere all’ altro, tra hard rock melodico, heavy metal ed alternative fondendo abilmente King’s X, Alter Bridge, Symphony X e Gotthard.
What Is Wrong What Is Right torna alle montagne russe musicali dopo la parentesi One Time Only/The Wave,  ballata spezza ritmo dove ci si riposa prima del finale.
Turning Point è un album vario e moderno ma che mantiene un approccio classico, formato da belle canzoni e suonato al meglio: si può dire quindi che i Nereis hanno superato ogni aspettativa.

Tracklist
1.Unity
2.Ready for War
3.Breaking Bad
4.Overdrive
5.Two Wolves
6.Now
7.One Time Only
8.The wave
9.What is Wrong And What Is Right
10.Induced Extinction
11.Born To Fly
12.We Stand As One

Line-up
Andrea “Andy” Barchiesi – Vocals
Samuel “Sam” Fabrello – Guitar
Mattia “Pex” Pessina – Guitar
Gianluca “Gian” Nadalini – Bass
Davide “Dave” Odorizzi – Drums

NEREIS – Facebook

Exalt Cycle – Vindicta

L’amalgama funziona molto bene, e il risultato è un suono che ha parti di Deftones, un po’ di groove metal, una forte impronta grunge e tanta melodia che si sposa benissimo con un’oscura durezza.

Violenza, melodia e una grossa ispirazione dagli anni novanta e duemila.

Tutte cose positive se si vuole fare un disco di metal moderno come questo Vindicta degli Exalt Cycle da Milano. Il disco arriva quattro anni dopo il precedente Revelations ed è un passo molto importante per il gruppo, il cui zoccolo duro è formato dal duo Zack e Andy, rispettivamente cantante e bassista, ai quali si sono aggiunti Aimer alla chitarra e Marco alla batteria. L’amalgama funziona molto bene, e il risultato è un suono che ha parti di Deftones, un po’ di groove metal, una forte impronta grunge e tanta melodia che si sposa benissimo con un’oscura durezza. La dolcezza c’è ma bisogna trovarla in questo ciclo di vendette che chiamiamo vita. L’incedere del disco è molto piacevole, e la terra d’elezione è sicuramente l’America, ma il progetto è originale e pressoché unico almeno alle nostre latitudini. I ragazzi sanno come si va veloci, ma sanno anche mettere su molta melodia ed un grande impianto sonoro. In certi momenti ci si avvicina al metalcore, ma poi si torna sempre su posizioni originali, di ricerca musicale. Le varie stratificazioni sonore sono frutto di un grande lavoro in fase di composizione e di produzione. Ci sono ancora alcuni punti da rivedere, come la durata eccessiva di certe canzoni, ma il risultato è notevole e di qualità. Gli Exalt Cycle ci mostrano come la melodia possa sposare un’oculata durezza ed essere assolutamente non commerciali o peggio, piacioni. Questo disco sarebbe andato fortissimo su Rock Fm, perché il suono di gruppi come questo è ancora importante, ma a quell’epoca era praticamente quotidiano.

Tracklist
1. Welcome To The Circus Of Hell
2. Vindicta
3. Black Butterfly
4. Lions
5. Sickened
6. Resistence
7.VS
8.Gravity
9. Predator
10. My Last Day
11.The War Of Nowhere
12.Babylon

Line-up
Zack : Voice
Keine : Bass
Marco : Drum
Aimer : Guitar

EXALT CYCLE – Facebook

Neck Of The Woods – The Passenger

I Neck Of The Woods sono ancora lontani dal luogo in cui è nascosto il santo graal dell’originalità, ma sicuramente sono riusciti con personalità e buone idee a creare un album affascinante e per nulla scontato, tagliando il cordone ombelicale che li teneva legati al metalcore e quindi liberi di creare musica progressivamente metallica ma dall’approccio moderno.

I canadesi Neck Of The Woods rilasciano il primo album sulla lunga distanza, questo ottimo lavoro che conferma quanto sia diventata sottile la linea che separa un certo modo di fare prog metal con il metal moderno di estrazione core.

La band, nata nel 2013 e con il classico demo di inizio carriera, seguito da un ep omonimo licenziato un paio di anni fa, con The Passenger conferma questo trend che porta i gruppi dell’ultima ondata progressiva ad amalgamare suoni introspettivi e dilatati, con frustate metalliche di estrazione core allargando i confini dei due generi.
Non sono sicuramente l’unica band che prova a suonare qualcosa di meno scontato nel panorama odierno, ma è pur vero che The Passenger, visto dai due lati contrapposti, rilascia ottime sensazioni, portando con sè atmosfere suggestive, e melanconiche in un sound estremo e valorizzato dall’ottima tecnica in possesso dei cinque musicisti.
The Passenger, fin dalle prime note dell’opener Bottom Feeder, passando per il death metal tecnico e melodico di Nailbiter e la forza espressiva della notevole You’ll Always Look the Same to Me esprime un’urgenza di arrivare all’ascoltatore senza per forza usare i soliti cliché ormai abusati nel metal moderno, ma ci investe con una serie di solos entusiasmanti, ci accarezza delicatamente, pregno com’è di sfumature melanconicamente dark e ci travolge a tratti con la furia controllata di un metalcore che ha in sé residui hardcore.
I Neck Of The Woods sono ancora lontani dal luogo in cui è nascosto il santo graal dell’originalità, ma sicuramente sono riusciti con personalità e buone idee a creare un album affascinante e per nulla scontato, tagliando il cordone ombelicale che li teneva legati al metalcore e quindi liberi di creare musica progressivamente metallica ma dall’approccio moderno.

Tracklist
1. Bottom Feeder
2. Nailbiter
3. White Coats
4. Open Water
5. You’ll Always Look the Same to Me
6. Face of the Villain
7. Drift
8. Foothills
9. Before I Rest

Line-up
Jeff Radomsky – Vocals
Dave Carr – Guitars
Travis Hein – Guitars
Jeremy Gilmartin – Drums
Jordan Kemp – Bass

NECK OF THE WOODS – Facebook

Light The Torch – Revival

Revival non è il solito disco di metal moderno per ragazzini, ha profondità e solide radici e suona molto bene, per un ulteriore passo in avanti nella carriera di quello che è un supergruppo che però sa reinventarsi ogni volta senza vivere sugli allori.

I Light The Torch sono la dimostrazione vivente che si può fare buon metal moderno misto al rock, essere radiofonici ed al contempo credibili.

Cosa non difficile visti i membri che compongono il gruppo ed i loro curriculum passati, a partire dal cantante Howard Jones già nei Killswitch Engage e nei Blood Has Been Shed, che con la sua particolare voce è uno dei punti di forza del gruppo. Non tutto è facile però, poiché la band ha dovuto attraversare un difficile momento sia personale di diversi componenti del gruppo, come lo stesso Jones che nel 2016 ha perso suo fratello, sia a livello di gruppo per diversi contrasti al loro interno, come è per certi versi normale. Revival, il titolo del nuovo disco, rispecchia precisamente il suo significato, nel senso di reale rinascita per il gruppo, che dopo aver passato la tempesta è più vivo che mai. In molti parlano di metalcore per descrivere il genere di questa band, ma c’è qualcosa in più e di differente, per cui sarebbe forse meglio parlare di metal rock, anche per la grande quantità di melodia presente. I losangelini hanno lavorato per più di un anno al disco e i miglioramenti sono tangibili, soprattutto nella fusione di melodia e potenza, dando un buon risultato. Le canzoni sono strutturate in maniera più solida e si snodano con vigore, riuscendo ad avvicinare un pubblico maggiore rispetto al mero metalcore. Tutte le canzoni sono potenziali singoli radiofonici, specialmente per il circuito radio metal delle università americane. Revival non è il solito disco di metal moderno per ragazzini, ha profondità e solide radici e suona molto bene, per un ulteriore passo in avanti nella carriera di quello che è un supergruppo che però sa reinventarsi ogni volta senza vivere sugli allori.

Tracklist
1. Die Alone
2. The God I Deserve
3. Calm Before The Storm
4. Raise The Dead
5. The Safety Of Disbelief
6. Virus
7. The Great Divide
8. The Bitter End
9. Lost In The Fire
10. The Sound Of Violence
11. Pull My Heart Out
12. Judas Convention

Line-up
Howard Jones – Vocals
Francesco Artusato – Guitar
Ryan Wombacher – Bass
Mike “Scuzz” Sciulara – Drums

LIGHT THE TORCH – Facebook

This Broken Machine – Departures

Per chi non conosceva ancora la band, l’album risulta una vera sorpresa, perché si va oltre il compitino ormai abusato nel metalcore, per abbracciare influssi nu metal dai toni dark e a tratti progressivi, colpiti da micidiali mazzate estreme.

Un sound maturo, alternativo e a tratti estremo, con le atmosfere che cambiano veloci, tra parti più intimiste e melodiche, altre più nervose e dalle reminiscenze nu metal, per arrivare a bordate di moderno metal estremo dalle sincopate ritmiche metalcore.

Departures è il nuovo album dei This Broken Machine, band milanese che si presenta sul mercato in questa prima parte dell’anno, dopo un primo ep uscito nel 2007 ed intitolato Songs About Chaos e l’album The Inhuman Use of Human Beings licenziato sei anni fa.
Per chi non conosceva ancora la band, l’album risulta una vera sorpresa, perché si va oltre il compitino ormai abusato nel metalcore, per abbracciare influssi nu metal dai toni dark e a tratti progressivi, colpiti da micidiali mazzate estreme.
Testi profondi affrontano il tema di alcuni stati d’animo come distacco, separazione e smarrimento che provocano inevitabili cambiamenti, tra dolore e sofferenza, il tutto sovrastato da sound vario ma drammatico, che porta l’ascoltatore ad intraprendere un viaggio musicale molto suggestivo, con il metal e la sua parte più moderna quale  perfetta colonna sonora del male di vivere che diventa spesso compagno quotidiano dell’uomo.
Departures è una raccolta di brani che continuano senza soluzione di continuità ad alternare parti pacate ed introspettive  a poderosi assalti sonori, perfettamente inglobati nel sound per richiamare la rabbia e l’opprimente dolore che soffoca l’individuo fino alla svolta e alla ricerca di una speranza.
Si rivela ottimo l’uso delle due voci, protagoniste di interpretazioni da brividi, come nel capolavoro Distant Stars, brano di un’intensità straordinaria e picco di questo bellissimo lavoro che non concede un solo attimo di calo qualitativo.
Deftones, Tool e Gojira sono i possibili riferimenti, ma è difficile e forse ingiusto fare dei nomi, anche se si parla di icone del metal moderno, perché Departures vive di luce propria, anche se ci parla delle più oscure ombre dell’umano vivere.

Tracklist
1.Departing
2.Weight
3.The Tower
4.Return to Nowhere
5.Distant Stars
6.This Grace
7.As You Fall
8.…And That Would Be the End of Us

Line-up
Fabrizio – Guitar
Luca – Guitar, Vocals
Andrea – Bass, Vocals
Matteo – Drums

THIS BROKEN MACHINE – Facebook

Feed The Rhino – The Silence

Sarebbe facile per chi ha qualche anno in più disprezzarlo ritenendolo leggero, invece questo gruppo ha delle peculiarità che lo rende apprezzabile anche da chi non è abituato a queste sonorità.

Album di metal moderno e radiofonico, melodia, entusiasmo e molto mestiere.

I Feed The Rhino vengono dalla città inglese di Kent e si sono formati nel 2008, e hanno alle spalle tre album. Questi ragazzi hanno un grande seguito, sopratutto fra i giovani ascoltatori di musica veloce. Sarebbe facile per chi ha qualche anno in più disprezzarlo ritenendolo leggero, invece questo gruppo ha delle peculiarità che lo rende apprezzabile anche da chi non è abituato a queste sonorità. Attento alla loro immagine come al loro suono, la band concentra nella sua musica ascolti che sono molto variegati e soprattutto risalenti agli anni novanta e duemila, infatti si possono sentire diverse influenze, come quella del grunge o del metal, con i Deftones molto presenti. Il disco si sviluppa bene, le canzoni si assomigliano un po’ fra loro, ma la scrittura è buona e non si cercano soluzioni ovvie, andando alla ricerca di un suono che vada oltre i cliché moderni. I Feed The Rhino sono un gruppo di metal moderno che non si ferma ad un facile successo, ma prova a produrre una formula personale. I loro concerti sono molto seguiti perché questi ragazzi riescono a trasferire la loro potenza ed energia sul palco. Ascoltando tutto il disco si può avere qualche sorpresa, come qualche citazione sonora di altri gruppi inglesi, forse volontaria forse no, come gli Earthtone 9, una delle band più clamorose mai uscite dalla terra di Albione. Per i Feed The Rhino si potrebbe fare lo stesso discorso che vale per la Premier League, il campionato inglese di calcio, ovvero che se si prende per buono l’assunto che il calcio come la musica debba essere intrattenimento e spettacolo, allora prendiamo la Premier e i Feed The Rhino, perché c’è qualità ed un buon livello. Per altro rivolgersi altrove.

Tracklist
01. Timewave Zero
02. Heedless
03. Losing Ground
04. 68
05. All Work And No Play Makes Jack A Dull Boy
06. Yellow And Green
07. Nerve Of A Sinister Killer
08. Fences
09. The Silence
10. Lost In Proximity
11. Featherweight

Line-up
James Colley : guitars
Chris Kybert : drums
Oz Craggs : bass
Sam Colley : guitars
Lee Tobin : vocals

FEED THE RHINO – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=8dT-YnBV4nUù

Machine Head – Catharsis

Catharsis è un lavoro che ancora più che in passato farà discutere: Flynn alza le spalle e va per la sua strada, sta a voi seguirla o meno.

I Machine Head sono tornati sul luogo del delitto: Robb Flynn, dopo aver passato quasi vent’anni cercando di recuperare credibilità nei confronti dei metallari duri e puri, manda tutto e tutti a quel paese e licenzia insieme ai suoi compagni l’album più melodico della discografia del gruppo di Oakland dai tempi, appunto, di quel The Burning Red che si era attirato l’ira di quelli che erano diventati fans del gruppo dopo i primi due album (Burn My Eyes e The More Things Change).

Ma, mentre il bellissimo (per il sottoscritto, almeno) album uscito sul finire del secolo scorso, univa almeno un po’ di quel thrash che caratterizzava le prime prove del gruppo con le sonorità regine del mercato di quei tempi (nu metal e rap), oggi Robb Flynn ha trasformato il sound dei Machine Head in un metal moderno, melodico, dalle molte ispirazioni semplicemente rock e dagli accattivanti camei orchestrali, una peste bubbonica per chi considera la band una creatura metallica tout court.
Il vocione di Flynn si scaglia su brani che vivono di pulsioni mainstream, inutile negare che non solo sono spariti i Machine Head targati 1994, ma pure quelli che avevano devastato padiglioni auricolari con The Blackening e Unto The Locust.
Catharsis è un album studiato e creato per non fare prigionieri in un mercato che non concede possibilità a chi rimane ancorato ai soliti cliché metallici, in un ambito dove ormai solo pochissime band hanno un appeal commerciale, e Flynn questo lo sa bene, quindi ecco che nel mastodontico ultimo album si possono ascoltare tutti i generi dai quali i Machine Head hanno preso spunto in questi anni, dal thrash al metalcore, dal nu metal al crossover, fino al groove, sfidando l’ascoltatore con una durata davvero proibitiva (settantaquattro minuti per il genere equivalgono ad un’era geologica), ma addolcendolo con una cascata di melodie.
Potrà non piacere, ma Catharsis alla fine vince la sua sfida risultando un album per cui l’aggettivo commerciale ha in fondo una sua reale valenza, almeno a sentire brani come Triple Beam, Bastards o Beyond The Pale; ovviamente non mancano le bordate thrash/groove metal, come l’iniziale Volatile o Razorblade Smile a rappresentare lo zuccherino per addolcire l’arrabbiatura dei fans più conservatori.
Catharsis è un lavoro che ancora più che in passato farà discutere: Flynn alza le spalle e va per la sua strada, sta a voi seguirla o meno.

Tracklist
1. Volatile
2. Catharsis
3. Beyond the Pale
4. California Bleeding
5. Triple Beam
6. Kaleidoscope
7. Bastards
8. Hope Begets Hope
9. Screaming at the Sun
10. Behind a Mask
11. Heavy Lies the Crown
12. Psychotic
13. Grind You Down
14. Razorblade Smile
15. Eulogy

Line-up
Robb Flynn – Vocals, Guitars
Dave McClain – Drums
Phil Demmel – Guitars
Jared MacEachern – Bass

MACHINE HEAD – Facebook

Death On Fire – Witch Hunter

Con parti vocali più consone, Witch Hunter avrebbe meritato un voto in più, per ora il buon Kenefic si deve accontentare di un’ampia sufficienza.

Nuova band che si affaccia sul panorama estremo mondiale, i Death On Fire debuttano sulla lunga distanza con Witch Hunter, esordio composto da otto tracce di thrash moderno, rabbioso e a tratti progressivo, tecnicamente ineccepibile ma che perde qualcosina in fruibilità.

Nato nel 2016 dalla mente di Tim Kenefic, polistrumentista e unico membro dei LazerWulf, raggiunto in seguito da altri tre musicisti in sede live, questo solo project ha nel thrash metal di scuola americana il suo muro portante, poi raggiunto da una serie di sfumature progressive che vanno dal jazz alla fusion, pur rimanendo in un contesto estremo.
Il musicista di Chicago si dimostra tecnicamente impeccabile, gli otto brani presenti riflettono una bravura strumentale notevole e a tratti buone idee in fase di songwriting, peccato che il tutto sia offuscato da una prova canora non all’altezza, con uno screaming forzato e fuori a mio parere dalle coordinate stilistiche del sound di Witch Hunter.
Difetto non trascurabile, visto l’ottimo metal estremo prodotto che passa agevolmente da un thrash moderno e tempestoso a parti progressive in cui il talento musicale di Kenefic si valorizza, con partiture musicali perfettamente incastonate tra il muro metallico alzato da brani come la title track, la varia Betrayal e la devastante Never See You Again.
Con parti vocali più consone, Witch Hunter avrebbe meritato un voto in più, per ora il buon Kenefic si deve accontentare di un’ampia sufficienza.

Tracklist
1.Your Lies
2.Witch Hunter
3.Requiem
4.Make The Old Ways New Again
5.Metrayal
6.Meth Dentistry
7.Never See You Again
8.American Scum

Line-up
Tim Kenefic – All Instruments

DEATH ON FIRE – Facebook