Pay For Pleasure – Pay For Pleasure

Un viaggio nel mondo estremo, così viene presentato l’album: dalla fotografia, al disegno, fino alla musica e ai disturbi psichici, descrivendo un mondo parallelo pregno di atmosfere disturbanti.

I Pay For Pleasure sono un progetto del musicista Anuar Arebi , in questo caso polistrumentista, aiutato su questa sua prima opera da tre vocalist che si alternano sui vari brani (Michele Montaguti, Matteo Marteli e Stefania Martin).

Un viaggio nel mondo estremo, non solo musicale, così viene presentato l’album, un immersione passo dopo passo, brano dopo brano nell’estremismo visto nell’arte in generale: dalla fotografia, al disegno, fino alla musica e ai disturbi psichici, descrivendo un mondo parallelo pregno di atmosfere il più disturbante possibile.
Arebi per descrivere il concept, gioca con una buona fetta di generi che compongono il mondo del metal estremo ed l’ascolto se ne giova risultando vario, oscuro, devastante ma variopinto in arcobaleni dalle sfumature nere come la pece.
Non ci fa mancare nulla il polistrumentista nostrano, passando dal death metal old school, a sonorità più moderne, da brani dove comanda il thrash metal, ad altri dove esce un’anima evil e gotica, tra urla di dolore infinito, torture mentali e terrore profondo.
Il bello è che le tracce mantengono comunque una potenza ed un impatto devastante, un massacro dove la sei corde spara solos al fulmicotone ed i vocalist imprimono di pazza rabbia e sofferenza terribile le atmosfere disturbanti di Pay For Pleasure.
Tra i brani, molti davvero interessanti, The Hanged Man è un piccolo gioiellino estremo, cantata da Matteo Marteli con una forza interpretativa notevole.
Da segnalare la cover di Battery dei Metallica posta prima della conclusiva atmosfera gotica di 25, brano che conclude, accompagnato dalla voce eterea di Stefania Martin, questo affascinante lavoro.

TRACKLIST
1.Matter to Energy
2.The Judgment
3.Burning Times of This Anxiety
4.Daze Suffocation
5.Everlasting Pain
6.Blasted Heart
7.The Hanged Man
8.Carnage Rhapsody
9.State of Insanity (Disturbed Bed Rest)
10.Battery
11.25

LINE-UP
Anuar Arebi – Guitars, Bass, Keyboards, Drums, Programming, Vocals (additional)

Stefania Martin – Vocals
Michele Montaguti – Vocals, Lyrics
Matteo Marteli – Vocals

PAY FOR PLEASURE – Facebook

Red Riot – Fight

Anche se di corta durata Fight dice già parecchio sull’impatto e sulla qualità della musica dei Red Riot

It’ s hard to live through blood and lies, but after all we fight, fight, fight!

Una dichiarazione di guerra, un urlo sguaiato all’insegna dello street sleazy metal, un ritorno alla carica e all’energia del metal irriverenete degli anni ottanta, ma con l’aggiunta di una neanche troppo velata carica thrash.
Il primo ep dei Red Riot mi piace affiancarlo al debutto dei mai troppo osannati L.A Guns di Tracy Guns, album che più di ogni altro posò le fondamenta per tutto il movimento street metal, lontano dai lustrini patinati di altre realtà con piglio radiofonico e tormentato da una carica punk che sinceramente non troverete neppure negli album di maggior successo, neppure in quelli dove facevano bella mostra di sé pistole e rose.
La differenza sostanziale è che, oltre allo scorrere del tempo, la band campana, al posto delle adrenaliniche influenze punk, potenzia il proprio sound con esplosioni di thrash metal, così da far risultare i tre brani in scaletta delle esplosive e pericolosissime fialette di nitroglicerina sballottate per le strade del tempo.
Attivo da un paio d’anni, con qualche aggiustamento da annoverare nella line up, il gruppo a luglio di quest’anno ha avuto l’onore di partecipare al primo festival organizzato dalla Volcano Promotion, il Volcano Rock Fest dove hanno diviso il palco, tra gli altri, con i Teodasia, i metal progsters DGM e i fenomenali hard rockers Hangarvain, non male per un gruppo con tre soli brani registrati.
Si diceva che la proposta del gruppo si discosta dallo sleazy metal da classifica, per un approccio molto più aggressivo, sin dall’opener Fight, passando per Squealers e Who We Are, l’irriverenza tipica del genere è potenziata da ritmiche potenti e veloci, solos di estrazione heavy e vocals che richiamano non poco l’attitudine thrash, così come i chorus scanditi come inni da battaglia metallica on stage.
Menzionare i Motorhead per il ruvido rock’n’roll punkizzato e ribelle di Squealer è doveroso, così come le smanie alternative che accompagnano lo street groove di Who We Are, tenuto a bada dal gruppo con solos che si rifanno alla scuola thrash statunitense, in un ottimo e roboante brano che chiude questo ep.
Anche se di breve  durata, Fight dice già parecchio sull’impatto e la qualità della musica dei Red Riot, una band da tenere d’occhio in un futuro che promette fuochi d’artificio.

TRACKLIST
01. Fight
02. Squealers
03. Who We Are

LINE-UP
Alpha Red- Voce
Max Power- Chitarra
JJ Riot- Chitarra
Lex Riot- Basso
Be/eR- Batteria

RED RIOT – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=MabsrUnRh38

Stagewar – Killing Fast

L’attitudine non manca, i suoni sono piuttosto grezzi, non caotici e la tecnica sufficiente per sostenere questo time warp metallico dal sapore molto… Heavy ’n’ Roll!

Secondo full-length per la band tedesca, attiva dal 2003, all’insegna di un thrash metal infarcito di influenze che vanno dal primo Suicidal Tendencies, passando per i D.R.I. di “Crossover” e i primi Anthrax e Megadeth.

Cosa hanno da dire gli Stagewar nel 2016? Personalmente mi sfugge il valore “artistico” e il significato di band che ripercorrono il cammino già esplorato infinite volte dai capostipiti del genere proposto.
Killing Fast inanella una serie di brani perlopiù speed che hanno una durata media di 2 minuti e mezzo e nei quali sia le ritmiche che le parti soliste hanno un andamento qualitativo molto altalenante. Ad esempio il trittico Killing Fast, Trapped In Life e No Place To Go attacca degnamente con un thrashcore ficcante, dal suono grezzo e molto americano. Poi arrivano Isolated e Multiple Murder Death Killer e, se il déjà-vu non vi arreca particolare disturbo, potrete godere con il loro incedere molto più classicamente heavy. Leggermente fuori dagli schemi precedenti risulta The Song I Wrote For You, song imbastardita da un’attitudine che oso definire sleazy (!), specie nelle parti di chitarra solista. Le schegge metalcore di My Place My Rules e No Fucks Given divertono, poi il midtempo di Inside Your Head vi trasporterà in zona mosh. Chiude l’omonima Killing Fast con i suoi ben 4 minuti introdotti da un riff cupo alla The Thing That Should Not Be ma che accelera bruscamente con un riff prevedibilissimo. Chiedo: meglio una ricerca d’identità o le cover band? Non voglio essere troppo severo con questi volenterosi ragazzi, quindi è doveroso rimarcare che l’attitudine non manca assolutamente, i suoni sono piuttosto grezzi e non caotici e la tecnica sufficiente per sostenere questo time warp metallico dal sapore molto… Heavy ’n’ Roll!

TRACKLIST
1. Living Hell
2. Trapped in Life
3. No Place to Go
4. Isolated
5. Multiple Murder Death Killer
6. The Song I Wrote for You
7. My Place My Rules
8. No Fucks Given
9. Still Alive
10. Waste of Time
11. Inside Your Head
12. Crash Course
13. Killing Fast

LINE-UP
Dominik Dezius – Guitars, vocals
Kimon Roggenbuck – Guitars
Thomas Fischer – Bass
Josef Schweng – Drums

STAGEWAR – Facebook

The King Must Die – Murder All Doubt

Il quintetto capitanato dal super tatuato vocalist Doggi ha scritto un gran bel lavoro, duro, aggressivo ed ultra heavy, pane per i fans del thrash che non disdegnano ascolti classici e moderni.

La scuola statunitense, specialmente quella della Bay Area, negli ultimi trent’anni ha forgiato un esercito di gruppi che hanno portato in termini di qualità e successo grosse soddisfazioni a tutto l’ambiente metallico.

Nei generi estremi come il death metal e il thrash, poi, possiamo sicuramente considerare la scena californiana come la patria di queste sonorità, in seguito amalgamate con altre sonorità creando ibridi più o meno riusciti.
Dopo gli anni d’oro con l’esplosione del thrash e di seguito quello del death metal, anche la costa californiana ha patito a livello di popolarità il successo dei suoni alternativi, ma ancora oggi continuano a nascere realtà che si muovono su territori old school, alcune come nel caso dei The King Must Die riuscendo a far convivere scuola classica ed attitudine moderna con ottimi risultati.
Sulla scia di gruppi come per esempio i Machine Head, band come il quartetto in questione riescono nell’intento di creare un sound che, pur scolpito nel passato, risulta moderno ed in linea con le sonorità più attuali, e l’esito è una mazzata di metallica dalle ritmiche e dai mid tempo scolpiti negli anni novanta, dai solos classici e melodici uniti a , botte adrenaliniche pregne di groove micidiale e, appunto, tanta attitudine moderna.
Il quintetto capitanato dal super tatuato vocalist Doggie, al secondo lavoro autoprodotto dopo l’esordio uscito due anni fa (Sleep Can’t Hide the Fear), ha scritto un gran bel lavoro, duro, aggressivo ed ultra heavy, pane per i fans del thrash che non disdegnano ascolti classici e moderni.
Il sound esplode in un tsunami di metallo potentissimo, tra sfuriate ritmiche old school e cadenzate marce moderne e dall’abbondante uso di groove: il vocalist si scaglia sul microfono regalando una prova tutta grinta e violenza e le chitarre ci abbattono con riffoni ultrà heavy, ora con solos melodici e ben incastonati nel sound tempestoso di questo Murder All Doubt.
Insomma, le varie In Blood, The Only Way We Bleed e Reflection Spills per esempio, oltre a risultare dei brani trascinati, sono la perfetta via di mezzo tra Testament, Machine Head e Suicidal Tendencies.
Al sottoscritto sono piaciuti e tanto, se vi ho incuriosito non vi resta che cercare Murder All Doubt e regalarvi una sferzata di adrenalina metallica perfettamente calata nel nuovo millennio.

TRACKLIST
1. Well Being
2. In Blood
3. Murder All Doubt
4. A New Hell You Embark
5. Choose Them Wisely
6. Reflection Spills
7. Broken
8. The Only Way We Bleed
9. For This We Live
10. These Later Years

LINE-UP
Scott Paterson – Bass
Corky Crossler – Drums
Kent Varty – Guitars
Mike Sloat – Guitars
Doggie – Vocals

THE KING MUST DIE – Facebook

Radtskaffen – Worldwide Anarchy

Un primo lavoro abbondantemente sopra la sufficienza

Nati per volere del chitarrista e cantante Ben Radtleff un paio di anni fa, arrivano al debutto tramite questo ep autoprodotto i thrashers danesi Radtskaffen, promossi dalla GlobMetal Promotions.

Il trio oltre al leader, è composto da Bjørn Hjortgaard al basso e Christian Maj Albrektsen alle pelli, la sua musica getta le fondamenta su un thrash metal pregno di groove, potente e mai troppo veloce.
Mid tempi pesanti come macigni, sostenuti dal groove che riempie le ritmiche e riff dal taglio moderno che si abbattono sull’ascoltatore, fanno di questi sei brani una mazzata niente male.
Il gruppo a tratti accelera ma sono attimi che rendono ancora più devastante il sound mentre Radtleff sputa sentenze con il suo tono ruvido e senza compromessi.
Siamo nel bel mezzo tra la violenza dei Pantera, il piglio sgraziato e roll dei Motorhead e soluzione più vicine al metal americano degli ultimi anni e se farete il callo al vocione alcolico che del vocalist troverete di che sbattere il capoccione, soprattutto con Oblivion e Reaper, le tracce più movimentate dall’album.
Ottima la title track, brano motorheadiano fino al midollo, potenti e devastanti i brani rimanenti per un primo vagito dal sicuro impatto e distruzione totale promessa in sede live.
Per gli amanti del metal dal piglio thrash e dalle bordate ritmiche pregne di groove (come di rito in questi ultimi anni) un primo lavoro abbondantemente sopra la sufficienza.

TRACKLIST
1.Intro
2.Hippies
3.Death Crew
4.Deus Lo Vult
5.Oblivion
6.Reaper
7.Worldwide Anarchy

LINE-UP
Bjørn Hjortgaard – Bass
Christian Maj Albrektsen – Drums
Polle Radtleff – Guitars, Vocals

RADTSKAFFEN – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=XXmbo3JqwNY

Raw Ensemble – Suffer Well

I brani alternano e uniscono in un unico devastante sound le due maggiori correnti del thrash, quella europea e quella statunitense

Un buon lavoro di metallo possente, forgiato nel thrash metal vecchia scuola ma moderno per attitudine e produzione, ottimamente suonato e dal songwriting che se non arriva ai livelli dei mostri sacri del genere ci va sufficientemente vicino.

Il disco in questione è Suffer Well, primo lavoro sulla lunga distanza, dopo sette anni dalla nascita dei tedeschi Raw Ensemble, che se fino ad ora non sono stati molto prolifici (nella discografia del gruppo, oltre a questo nuovo lavoro si conta solo il demo Jesus Is Back… And He Is Fucking Angry del 2012) hanno fatto le cose per bene per il proprio debutto sulla lunga distanza.
Licenziato autonomamente, Suffer Well risulta una mazzata niente male, i brani alternano e uniscono in un unico devastante sound le due maggiori correnti del genere, quella europea e quella statunitense, consegnandoci un buon prodotto estremo, che non dimentica l’importanza delle melodie chitarristiche, senza perdere un’oncia in impatto.
Supportate da un vocione che non disdegna urla gutturali vicine al death metal (Denis Brecko Columna) e ritmiche velocissime, che frenano e scivolano varie su ritmi cadenzati (Mad al basso e Uffe alle pelli), le nove tracce che compongono il lavoro formano uno tsunami di metallo rabbioso, drammatico e perfettamente a suo agio nell’anno di grazia 2016.
La sei corde di Dennis elargisce potenza ritmica e melodici solos, su tracce che non mollano di un centimetro in un assalto sonoro senza soluzione di continuità.
Moderno ma con un’anima old school l’album vive dell’energia di brani come l’opener Enemy, la devastante Apocalypse e Weakness And Fear, chiusa dallo storico riff di Back In Black dei re dell’hard rock Ac/Dc.
In conclusione un buon lavoro di genere aggressivo e diretto, e per i Raw Ensemble una partenza con il piede giusto.

TRACKLIST
1. Enemy
2. Bad Religion
3. The 5th Dimension
4. Apocalypse
5. Beneath the Ashes
6. Bleeding Out
7. Weakness & Fear
8. Neither Nor
9. Outlaw Killers

LINE-UP
Mad – Bass
Uffe – Drums
Dennis – Guitars
Denis Brecko Columna – Vocals

RAW ENSEMBLE – Facebook

VV.AA. – Imperative Music Compilation Vol.12

Un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

Ottima e abbondante questa raccolta, giunta addirittura al dodicesimo volume, da parte della Imperative Music Agency, agenzia brasiliana a supporto di molte band metal/rock in giro per il mondo.

Incentrata su suoni che vanno dal thrash, al death ed ovviamente al metal più classico, la panoramica offerta spazia per il mondo alla caccia di talenti ed offre un quadro esaustivo sulla salute della nostra musica preferita, dal paese sudamericano, passando per gli Stati Uniti, il Giappone ed il vecchio continente, con una scappata nel nostro paese per conoscere i Wild Child ed il loro heavy metal epico.
Dicevamo, un’iniziativa lodevole e molto esauriente (anche per la buona qualità dei gruppi presenti) per tastare lo stato di salute della musica metal che ormai ha raggiunto tutti i paesi del mondo e regala sorprese ogni giorno, almeno per chi ne segue con interesse lo sviluppo nell’unico ambiente possibile, l’underground.
Varia la proposta, che passa dall’heavy metal classico dei nostri paladini Wild Child, alle sinfonie rock/metal degli olandesi Armed Cloud, dal thrash metal dei giapponesi Alice In Hell, all’hard rock dei brasiliani Basttardos e al death metal dei Nihilo, per tornare in Europa con il gothic robusto dei portoghesi Godvlad e volare in Canada per farci violentare dal death metal tecnico e colmo di groove dei devastanti Statue Of Demur.
Insomma, un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

TRACKLIST
01 – Alice In Hell – Time To Die (Japan)
02 – Infact – Change My Name (Luxembourg)
03 – Cavera – Controlled By The Hands (Brazil)
04 – As Do They Fall – Burn (Brazil)
05 – Nihilo – On the Brink (Switzerland)
06 – Statue of Demur – Hot to Rot (Canada)
07 – Darcry – Cry of Despair (Japan)
08 – Death Chaos – Atrocity On Peaceful Fields (Brazil)
09 – The Holy Pariah – No Forever (USA)
10 – Tribal – Broken (Brazil)
11 – Hide Bound – Eden Kew (Japan)
12 – Phantasmal – Specter of Death (USA)
13 – Basttardos – Exilados (Brazil)
14 – Metanium – Resistiendo (USA)
15 – The Wild Child – You and The Snow (Italy)
16 – Armed Cloud – Jealousy With A Halo (The Netherlands)
17 – Eduardo Lira – The Edge (Brazil)
18 – Godvlad – Game of Shades (Portugal)

IMPERATIVE MUSIC – Facebook

In Aeternum – The Blasphemy Returns

Un buon ep che lascia la speranza su un sospirato ritorno sulla lunga distanza

In bilico (a livello di popolarità) tra l’underground e uno status più consono al livello della propria proposta, gli svedesi In Aeternum hanno da sempre tenuto alta la bandiera del black metal svedese, con quella componente di thrash e melodia che hanno fatto di questo sound uno dei migliori e più conosciuti modi di suonare metal estremo.

Attivo dalla prima metà degli anni novanta, il gruppo di Sandviken ha licenziato solo quattro album, colmando la sua discografia di ep e split, ma la qualità delle uscite è sempre rimasta a mio parere molto alta, come confermato da questo nuovo ep che riprende nel titolo il primo bellissimo album targato 1999, Forever Blasphemy.
The Blasphemy Returns, licenziato per la Pulverised Records infatti riprende nel titolo il primo e famoso album del gruppo, è composto da quattro brani: due tracce inedite, più la nuova versione di Majesty of Fire, brano che apriva quel lavoro e la cover di I Am Elite dei conterranei War.
Siamo scaraventati ancora una volta nel suono che fece fuoco e fiamme nel nord Europa dai primi anni del decennio novantiano, e non poteva essere altrimenti, le quattro songs sono sparate a velocità della luce, premendo il pedale a tavoletta tra attitudine black e partiture thrash come da copione, ed il tutto funziona ancora molto bene.
Le due tracce inedite (Wolfpack e Stench of Victory) non mancano di far danni, devastanti, potenti e dal forte sentore di anticristianità, con la puzza di zolfo che esce copiosa dagli altoparlanti.
Il suono è quello storico, portato alla luce dai Dissection e personalizzato dal gruppo con iniezioni letali di thrash metal slayerano e robuste scudisciate alla Angelcorpse; d’altronde stiamo parlando di un gruppo che il genere lo sa suonare al meglio, confermando che dalle loro parti la fiamma nera è più accesa che mai.
Un buon ep che lascia la speranza su un sospirato ritorno sulla lunga distanza (l’ultimo Dawn of a New Aeon è ormai di undici anni fa).

TRACKLIST
1. Wolfpack
2. Stench of Victory
3. Majesty of Fire (2016 Version)
4. I Am Elite (War cover)

LINE-UP
David “Impious” Larsson – Guitars, Vocals
Perra Karlsson – Drums
Claes “Clabbe”- Ramberg Bass
Joel Lindholm – Guitars (lead)

IN AETERNUM – Facebook

Total Violence – Violence Is The Way

In definitiva, tutto già ascoltato infinite volte, ma la passione della band è tanta.

Affrontare l’analisi di un lavoro come Violence Is The Way può fortemente ridursi ad una considerazione ai minimi termini.

Vi esaltate ancora con i primi lavori di Metallica, Slayer, Megadeth, Sepultura, Kreator e compagnia riffeggiante? Se la risposta è affermativa, amerete i Total Violence. E la mia recensione potrebbe chiudersi qui. Ma ho la netta sensazione che il thrash old school di questi ragazzi tedeschi sia animato da reale coinvolgimento in quelle sonorità che tanto (in)sano headbaging ci ha donato. Tutto l’album si fa ascoltare bene, e riesce a riportarmi a quegli anni magici e musicalmente devastanti. Apre senza indugi l’irruenta Disease Disorder Death che impazza con riff taglienti e solos schizofrenici, senz’altro il miglior brano dell’album. La successiva Toxic Death è un lampante omaggio ai The Four Horsemen. Altra particolarità dei nostri è che si cimentano anche in brani di lunghezza superiore alla media, come la terremotante Trapped In The Moment Of Death, o la più articolata False Friends, o ancora Violence Is The Way Of Life e soprattutto Eat You Alive, dove esprimono tutta la gamma di atmosfere che i maestri del genere hanno inciso nell’acciaio. E così troviamo pure i brani più classici e diretti come Guess Who’s Next e Storm The Front o la galoppante Acid Rain. In definitiva, tutto già ascoltato infinite volte, ma la passione della band è tanta e ci sa fare sugli strumenti, questo è fuor di dubbio. Quando un riff spacca… l’heavy metal è la via!

TRACKLIST
1. Disease Disorder Death
2. Toxic Death
3. Trapped in the Moment of Death
4. Guess Who’s Next
5. False Friends
6. Storm the Front
7. Eat You Alive
8. Acid Rain
9. Violence Is the Way of Life

LINE-UP
Biff – Guitars, Vocals
Johnson – Bass
Mínì Mee – Guitars
Phil – Drums

http://www.facebook.com/pages/Total-Violence/125394207494120

Brujeria – Pocho Aztlan

Certamente, per mantenere un discreto livello qualitativo come in questo disco, il progetto non potrà durare all’infinito, ma finché le prove sono queste, que viva Brujeria.

E’ quantomeno curioso come a volte la musica superi la realtà.

I Brujeria sono nati scherzando, ma in breve, anche grazie ai fintamente sconosciuti componenti, sono diventati qualcosa che è andata ben la di là delle loro aspettative. Da ormai più di vent’anni rappresentano un unicum nel panorama mondiale del metal, portando alla ribalta il Messico e le sue sanguinose dinamiche. Se ne parla poco in Europa,a noi piacciono le spiagge di sabbia fine e lo sfruttamento buonista, ma il Messico è probabilmente il paese più violento del mondo. Nel paese chicano si può sparire o venire ammazzati per ogni motivo, e i cartelli che controllano il paese sono tra i più sanguinari al mondo. Ma Messico è anche zapatisti ed Ezln, che offre qualche speranza ai campesinos, insomma è un grande stato con grandissime contraddizioni. Tutto ciò si riflette in quello che sarebbe dovuto essere uno scherzo di breve durata per musicisti già impegnati con altri gruppi, ma che invece poi si è tramutato in qualcosa di vero e di potentissimo durante i concerti. Pocho Aztlan è il loro ultimo disco, e viaggia sull’onda dell’ottimo successo riscosso dal gruppo nel loro ultimo tour. Questo disco non aggiunge né toglie nulla a ciò che già sapevamo dei Brujeria, ma è come al solito una mazzata molto salutare, perché a volte prendere degli schiaffi fa bene, specialmente se a darli sono i Brujeria. Certamente, per mantenere un discreto livello qualitativo come in questo disco, il progetto non potrà durare all’infinito, ma finché le prove sono queste, que viva Brujeria. In Pocho Aztlan la violenza riservata ai cabrones è sempre molta, ma forse questo disco è quello maggiormente hardcore del gruppo, con una fortissima influenza dei Napalm Death, con cui i Brujeria sono solidamente gemellati. La loro musica non lascia mai tregua, con quei mid tempo e doppia cassa volante a cui non si può proprio resistere. Un disco di buon livello per un’entità che continuerà a tagliare teste, specialmente quella di Trump, che è poi la stessa faccia della medaglia di Hillary Clinton.

TRACKLIST
1. Pocho Aztlan
2. No Aceptan Imitaciones
3. Profecia del Anticristo
4. Angel de la Frontera
5. Plata o Plomo
6. Satongo
7. Isla de la Fantasia
8. Bruja
9. Mexico Campeon
10. Culpan la Mujer
11. Codigos
12. Debilador

LINE-UP
Fantasma – Bass, Vocals (backing)
Hongo – Guitars
Pinche Peach – Samples, Vocals (backing)
Juan Brujo – Vocals, Lyrics
Pititis – Vocals (female), Guitars, Vocals (backing)
El Cynico – Bass, Vocal

BRUJERIA – Facebook

Desert Near The End – Theater Of War

Un ottimo lavoro che fa convivere in assoluta e devastante armonia il power metal epico dei Blind Guardian, la furia thrash dei Kreator ed il metal teatrale ed oscuro degli Iced Earth

Gran bella sorpresa questo Theater Of War dei power/thrash metallers greci Desert Near The End, un bombardamento sonoro notevole, drammaticamente oscuro e dall’elevato songwriting.

La band arriva al terzo lavoro, successore del debutto A Crimson Dawn del 2011 e di Hunt for the Sun licenziato un paio di anni fa, e il sound rilegge il power/thrash inserendo molti elementi europei e quell’oscurità tipica del metal statunitense con risultati molto positivi.
Theater Of War infatti risulta un album in cui le atmosfere tra il moderno e il classico si fondono alla perfezione con la musica estrema, una soffocante e palpabile oscurità avvolge i brani in una coltre di nero fumo, gli scontri all’ultimo sangue tra le due anime del sound si risolvono in una carneficina metallica di proporzioni bibliche e noi non possiamo che goderne, anche per l’ottima produzione, una forma canzone di alto livello e la buona tecnica dei musicisti.
Mixato e masterizzato da Tue Madsen (The Haunted, Heaven Shall Burn, Kataklysm) l’album è un apocalittico esempio di metal distruttivo, la guerra impera, l’umanità è alla fine e Ashes Descent, Point of No Return, la spaventosa title track e la devastante e melodica A Martyr’s Birth raccontano degli ultimi giorni della terra, ormai in preda ad un disfacimento totale, immersa nel buio della coltre di fumi che si alzano dagli incendi che avvolgono le città.
Un ottimo lavoro che fa convivere in assoluta e devastante armonia il power metal epico dei Blind Guardian, la furia thrash dei Kreator ed il metal teatrale ed oscuro degli Iced Earth, non perdetevelo per nessun motivo.

TRACKLIST
1. Ashes Descent
2. Faces in the Dark
3. Point of No Return
4. Under Blackened Skies
5. A Martyr’s Birth
6. Season of the Sun
7. Theater of War
8. At the Shores

LINE-UP
Alexandros Papandreou – Vocals
Akis Prasinikas – Bass
Thanos K – Guitars
Lithras – Drums (session)

DESERT NEAR THE END – Facebook

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Reanimator / Soul Collector – In Union We Thrash

Per i thrashers che vanno oltre ai soliti nomi uno split album da non sottovalutare e che, al netto dei dettagli negativi riscontrati nei pur bravi Soul Collector, è ampiamente consigliato.

Un buono split album arriva dalla Defense Records che ci presenta due gruppi dediti al thrash metal old school, i polacchi Soul Collector ed i canadesi Reanimator.

Tre brani più intro per la band dell’est europeo, attiva da quasi una decina d’anni e con un full length alle spalle nel2014 (Thrashmageddon) e con la voglia di rinverdire i fasti del thrash Bay Area, rivisto alla Soul Collector.
E allora vi troverete al cospetto di tre brani medio lunghi, molto vari nelle ritmiche e con non disdegnano un’attitudine punk ottantiana travolta da una valanga di riff e solos di scuola Exodus.
Molto bravi sotto l’aspetto tecnico, lasciano qualcosa in una prestazione vocale che, a mio parere, non valorizza il grande lavoro degli strumenti: appena sufficiente nel complesso ma davvero fuori luogo nell’uso di un falsetto che sta nel sound come i cavoli a merenda.
Questione di gusti, ma i brani qui presentati avrebbero potuto avere un giudizio migliore, rimanendo nella piena sufficienza ma nulla più.
Discorso che cambia con i canadesi Reanimator una band di cui vi avevamo parlato sulle pagine di Iyezine lo scorso anno in occasione dell’uscita del loro secondo full length, quel Horns Up che risultava un lavoro devastante, ben fatto e potentissimo.
Il gruppo non rallenta e continua la sua folle corsa in sella ad un thrash metal che non disdegna accelerate speed e sfuriate thrash’n’roll che stringono i nostri bassifondi in una morsa letale.
A tratti travolgenti nelle ritmiche (Beyond That Burning Mask e Tempted by Deviance) capitanati da un singer che è una forza della natura (Patrick Martin), il gruppo del Quebec sa scrivere canzoni che puntano al sodo e ti si piantano nella testa come chiodi sparati dall’attrezzo apposito, travolgenti come nel lavoro sulla lunga distanza dello scorso anno si confermano come una delle migliori realtà del genere in ambito underground.
Per i thrashers che vanno oltre ai soliti nomi uno split album da non sottovalutare e che, al netto dei dettagli negativi riscontrati nei pur bravi Soul Collector, è ampiamente consigliato.

TRACKLIST
1. Soul Collector – It Is Time (Intro)
2. Soul Collector – The Pledge
3. Soul Collector – Never Enough
4. Soul Collector – 1968
5. Reanimator – Peaceful Eradication
6. Reanimator – Beyond That Burning Mask
7. Reanimator – The Abominautor
8. Reanimator – The Mosh Master
9. Reanimator – Rush for the Mosh
10. Reanimator – Tempted by Deviance

LINE-UP
Reanimator :
Fred Bizier – Bass
Francis Labelle – Drums, Vocals
Joel Racine – Guitars
Patrick Martin – Vocals
Ludovic Bastien – Guitars

Soul Collector:
Zmarly – Guitars
Don Vito – Vocals
Iron – Guitars
Dave Kuznik – Drums

REANIMATOR – Facebook

Darkness – The Gasoline Solution

Mezzora abbondante di agguerrito thrash metal tedesco, niente di più e niente di meno, per i fans puro piacere, ma solo per loro.

Un’altra band storica torna a mietere vittime tra le fila dei metallari dai gusti old school, questa volta si parla di thrash metal, ed il gruppo in questione sono i tedeschi Darkness, band attiva addirittura dal 1984, con un buon numero di demo fino all’esordio sulla lunga distanza datato 1987 (Death Squad), ed altri due lavori che portano il gruppo ad un passo dagli anni novanta.

Un lungo stop di quindici anni ed arriviamo al 2005, quando un live album dà speranza di un ritorno che arriva però dieci anni dopo con l’ep XXIX, predecessore di questo The Gasoline Solution in uscita per High Roller Records.
Palla lunga e pedalare, thrash metal di scuola tedesca, ignorante, aggressivo e dallo spirito metal punk, una copertina in linea con l’atmosfera old school che si respira a pieni polmoni e tanta voglia di headbanging.
Queste sono le caratteristiche principali dell’album, senza compromessi dalla prima all’ultima nota, solo thrash d’assalto molto live nella forma, cattivo il giusto per strapparci un sorriso maligno quando la vicina di casa apre la porta e viene assalita dalla valanga di note che velocissime e violente la travolgono, mentre l’amplificatore del vostro stereo comincia a cedere come una diga in pieno collasso.
Uno, due, tre e via a correre come forsennati dietro a questa raccolta di speed songs, che non ne vogliono sapere di rallentare in preda a deliri adrenalinici, schizzate e dall’attitudine che sprizza come sangue da una giugulare tagliata.
Mezz’ora abbondante di agguerrito thrash metal tedesco, niente di più e niente di meno, per i fans puro piacere, ma solo per loro.

TRACKLIST
1. Tinkerbell Must Die
2. Another Reich
3. Freedom On Parole
4. Welcome To Pain
5. L.A.W.
6. Pay A Man
7. The Gasoline Solution
8. Dressed In Red
9. This Bullet’s For You

LINE-UP
Lee – Vocals
Arnd – Guitars
Meik – Guitars
Dirk – Bass
Lacky – Drums

DARKNESS – Facebook

Conqueror – War. Cult. Supremacy

La musica dei Conqueror è qualcosa che raramente si sente nella vita, ed è una vera a propria esperienza sonora, che non può lasciare indifferenti specialmente chi ama il metal underground.

Campo di battaglia. I corpi dei caduti sono accatastati in alte montagne, mentre si sene un solo rumore, quello di spade che continuano a scavare incessanti nella carne, uccidendo i vivi, mutilando i morti e gli avvoltoi.

Follia, sangue, massacro frenetico. Tutto ciò di cui sopra può dare una parziale idea di cosa sia la musica dei Conqueror, un gruppo metal senza compromessi di alcun tipo. La Nuclear War ! Now ristampa in cd e in doppio lp con dvd il disco del 1996 War. Cult. Supremacy, che penso sia la migliore sonorizzazione del concetto di guerra antica, quelle combattute prima dell’avvento della polvere da sparo. I Conqueror nacquero nel 1992 dall’unione blasfema della batteria di J.Read, già nei Cremation, Revenge, e Blasphemy, con la chitarra di R.Forster, Domini Inferi e Blasphemy anch’egli.
Da questo duo sono nati alcune delle pagine più puramente metal underground della storia. Questo disco è un massacro, ma non è confuso o inciso in lo fi, ma è forgiato con una furia senza tregua, suonando sempre a mille, con un’intensità sonora al di fuori del comune, e con soluzioni sonore notevoli.
Attaccare e fare male, questo potrebbe essere il motto dei Conqueror e ci riescono benissimo. La vita è un conflitto, e questa potrebbe essere la colonna sonora di quel conflitto. Nonostante siano un duo i Conqueror non difettano affatto in potenza ed intensità. Il duo riesce anche a trovare soluzioni ed invenzioni sonore assai notevoli, tenendo sempre l’ascoltatore inchiodato al suo pogo. La musica dei Conqueror è qualcosa che raramente si sente nella vita, ed è una vera a propria esperienza sonora, che non può lasciare indifferenti specialmente chi ama il metal più sotterraneo. Un disco fondamentale che ci porta forse al momento migliore del metal underground, poiché vi era un clima particolare che si respira e si sente in questo disco. Il dvd incluso nella ristampa è una ripresa effettuata da più angoli di un loro concerto, ed aumenta di molto il valore di questa ristampa.
War. Cult. Supremacy

TRACKLIST
01 Infinite Majesty
02 Chaos Domination
03 Age of Decimation
04 Kingdom against Kingdom
05 Bloodhammer
06 Hammer of Antichrist
07 The Curse
08 War Cult Supremacy
09 Domitor Invictus
10 Ross Bay Damnation – Chaos Domina
11 Hammer of Antichrist
12 The Curse
13 Domitor Invictus
14 Christ’s Death
15 Command for Triumph
16 Hammer of Supremacy

LINE-UP
J.Read – Drums, Voice
R.Forster – Guitar

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Abomination – Tragedy Strikes

Tragedy Strikes è la fotografia di un gruppo fondamentale del thrash mondiale nel suo momento migliore, con una prova maiuscola ristampata per la prima volta in 25 anni in vinile dalla Doomentia Records.

Secondo disco per gli Abomination di Chicago, precisazione quanto mai utile, poiché il nome è assai usato nel metal.

Dopo l’omonima opera del 1990, nel 1991 i nostri pubblicano questo disco,un manifesto del thrash metal con fortissime influenze hardcore. Questo disco è la produzione più arrabbiata e politica degli Abomination, cosa che poi il leader Paul Speckmann ripeterà con il suo gruppo successivo, i Master. Il thrash di suo è già un genere abbastanza politicizzato, anche a causa delle sue origini tra hardcore e metal venne usato per protestare. Questo disco in particolare è contro la politica estera del governo Usa. Erano i tempi della guerra nel golfo, ovvero una delle tante bugie raccontate dagli Usa al mondo per fare i propri interessi. Dopo quella guerra il nemico numero uno Saddam Hussein rimarrà tranquillamente al suo posto, ed il resto è storia nota e continua anche ai giorni nostri. Il secondo disco degli Abomination è un thrash hardcore più maturo e meglio prodotto rispetto al precedente, certamente più cupo e potente. Si sente che il gruppo è migliorato e più compatto, maggiormente convinto dei propri mezzi. Tragedy Strikes è la fotografia di un gruppo fondamentale del thrash mondiale nel suo momento migliore, con una prova maiuscola ristampata per la prima volta in 25 anni in vinile dalla Doomentia Records. Spicca anche l’acume politico dei testi di Speckmann, che non sapeva ancora però che il futuro sarebbe stato persino peggiore.

TRACKLIST
1. Blood for Oil
2. They’re Dead
3. Pull the Plug
4. Will They Bleed
5. Industrial Sickness
6. Soldier
7. Kill or Be Killed
8. Oppression

ABOMINATION

Morbo / Bunker 66 – Into The Morbo Bunker

Uno split che dura poco, ma che in dodici minuti esprime più cose che alcuni dischi doppi, con un fantastico thrash cupo.

Split programmatico di cosa potete aspettarvi dalla Doomentia Records: thrash metal fuori moda e come se piovesse.

In questo split uniscono le forze gli italiani Morbo e Bunker 66, per dodici minuti di thrash a centomila all’ora, fuori moda e potentissimo. Queste band sono due grandissimi gruppi underground che fanno musica per chi vuole sentirla senza voler piacere a nessuno. I Morbo propongono un thrash più orientato verso il death,di notevole effetto con una produzione che lascia il giusto spazio al suono vintage. Ascoltandoli sembra di tornare a quei dischi di gruppi americani anni novanta a cavallo tra thrash e death, ma i Morbo da Roma sono anche meglio. Le scelte all’interno delle loro canzoni sono tutte azzeccate, e vanno come dei treni.
La seconda parte dei questa associazione a delinquere sono i siciliani Bunker 66, che saranno già sicuramente noti a chi ama un metal grezzo totalmente anni ottanta. I Bunker 66 hanno visto il ritorno del loro cantante originale Schizo, e questa è la loro prima registrazione assieme dopo il ritorno. Il loro suono in questi due pezzi si avvicina ancora di più all’hardcore e al thrashcore anni ottanta e novanta. Il loro suono è sempre assai notevole, e a mio modesto avviso sono uno dei gruppi migliori nel settore. Uno split che dura poco, ma che in dodici minuti esprime più cose che alcuni dischi doppi, con un fantastico thrash cupo. Musica grezza, metallica e incredibilmente bella, per metalliche teste malate.

TRACKLIST
1. Morbo – Per Legem Mortuorum
2. Morbo – Cross Tormentor
3. Bunker 66 – The Merciless March
4. Bunker 66 – The Force

LINE-UP
Bunker 66
Damien Thorne – Bass, Vocals
Desekrator of the Altar – Drums
Bone Incinerator – Guitar

Morbo
Mirko – Vocals
Andrea – Guitars

DOOMENTIA – Facebook

Abomination – Abomination

Ascoltare un disco come questo è andare alle radici del thrash, e coglierlo nel suo momento forse migliore, anche se fortunatamente il thrash è un’erba maligna e non morirà mai.

Ristampa in lp di un album fondamentale per la scena thrash death metal degli anni ottanta e novanta. Uscito originariamente nel 1990, venne dopo un demo omonimo, e vide la luce grazie agli sforzi soprattutto di Paul Speckmann, figura leggendaria della scena metal statunitense, già nei Master, Deathstrike e al tempo di questo disco anche nei Funeral Bitch.

Come raccontato dallo stesso Speckmann lui praticamente provò in segreto con altri musicisti, e si può affermare che rubò il nome Abomination dal gruppo dove suonava come batterista Aaron Nickeas. Il gruppo firmò un contratto con la Nuclear Blast, pubblicando il primo omonimo disco, ora ristampato per la prima volta in vinile dalla Doomentia Records. Questo disco è il figlio perfetto della sua epoca, e non erano tempi facili, ma forse migliori di questi che stiamo vivendo. L’eroina stava vivendo i suoi ultimi tempi d’oro, come raccontato nella iniziale The Choice, otto minuti di durata per aprire la carriera di un gruppo thrash death non è certo quella che si può definire una scelta facile. Lo stile del gruppo è un thrash metal molto potente e vicino all’hardcore, come usava all’epoca. La band di Chicago, Illinois fa particolarmente bene questo genere, e vi aggiunge in qualche passaggio un timido avvicinamento al death. Abomination è un disco ancora grezzo nel suo nucleo, ma molto potente e sicuramente sopra la media, sia dell’epoca che di quella attuale. I temi sono personali e politici, dato che questa musica era di protesta, cosa che poi gli Abomination sublimeranno con il disco successivo Tragedy Strikes. Ascoltare un disco come questo è andare alle radici del thrash, e coglierlo nel suo momento forse migliore, anche se fortunatamente il thrash è un’erba maligna e non morirà mai.
Grande opera di riscoperta per un ottimo disco, che è anche l’occasione per chi non lo conoscesse ancora di addentrarsi nella notevole opera metallica di Paul Speckmann.

TRACKLIST
1 The Choice
2 Murder, Rape, Pilage and Burn
3 Reformation
4 Redeem Deny
5 Possession
6 Suicidal Dreams
7 Life and Death
8 Victim of the Future
9 Tunnel of Damnation

LINE-UP
Paul Speckmann – Vocals, Bass
Aaron Nickeas – Drums
Dean Chioles – Guitars

ABOMINATION – Facebook

Torrefy – The Infinity Complex

Continua così il viaggio del gruppo tra thrash, death, black e metal classico, una conferma ed un gradito ritorno

A distanza di due anni dal primo lavoro (Thrash And Burn), recensito dal sottoscritto sulle pagine di iyezine, tornano più spietati che mai i canadesi Torrefy, thrash band di Victoria.

Anche The Infinity Complex, come già il primo album, risulta una cascata di note estreme che se dal thrash di scuola europea prende molte caratteristiche ha in sé un’anima evil che, estremizza il sound quel tanto che basta per avvicinarlo a tratti al death melodico.
Un ibrido non male, ancora più accentuato in questo lavoro, una lunga discesa (più di un’ora) nei meandri del thrash metal old school, accompagnata dalla voce estrema del buon John Ferguson, cattivissima ed indemoniata.
Rispetto alla prima produzione il sound si è ancora più estremizzato, raggiungendo picchi estremi notevoli, il gruppo sembra aver trovato definitivamente la sua strada, per arrivare alle porte dell’inferno.
Quelle che una volta erano parti ritmiche potenti, ma col freno a mono leggermente tirato, ora si sono trasformate in furiose e velocissime cavalcate thrash, arrembanti e senza compromessi.
Molto migliorati sotto l’aspetto puramente tecnico, i Torrefy non si limitano a distruggere, ma inanellano una serie di brani dal massacro assicurato e chirurgici, specialmente nel lavoro delle due asce con riff e solos che non lasciano tregua.
Unico difetto, se mi si concede, è una prolissità di fondo che nel genere rischia di far faticare troppo gli ascoltatori distratti, le pause non mancano, ma il minutaggio dai brani che mantiene una media sui sei/sette minuti, per il genere si può considerare una scelta coraggiosa ma pericolosa.
Un peccato, perché a ben sentire sono le tracce più lunghe quelle che esprimono tutta la qualità del gruppo canadese: Hypochongea, Blinding the Beholder e Celestial Warfare dal mood che rasenta il black metal, sono il cuore e l’anima malvagia di The Infinity Complex.
Continua così il viaggio del gruppo tra thrash, death, black e metal classico, una conferma ed un gradito ritorno, se non avrete fretta e vi farete coinvolgere dal sound della band canadese, The Infinity Complex sarà senza dubbio un ottimo ascolto.

TRACKLIST
1. Planck Epoch
2. The Singularity
3. Hypochongea
4. Blinding the Beholder
5. Thrashist Dictator
6. Killed to Death
7. Infinity Complex
8. Celestial Warfare
9. Trial by Stone

LINE-UP
Simon Smith – Bass
Daniel Laughy – Drums
Adam Henry – Guitars (lead)
Ben Gerencser – Guitars (rhythm)
John Ferguson – Vocals

TORREFY – Facebook

Slikk Wikked – Savage

Una bella mazzata heavy thrash classicamente old school, ma con tutte le carte in regola per piacere agli amanti del genere.

Suonare thrash metal e provenire da Tampa (Florida) è un po’ come giocare a calcio e sul passaporto avere il timbro brasiliano, una garanzia molte volte supportata dai fatti.

Gli Slikk Wikked confermano questa regola e danno alle stampe il loro primo lavoro autoprodotto, una bella mazzata heavy thrash classicamente old school, ma con tutte le carte in regola per piacere agli amanti del genere.
Un gruppo relativamente giovane, i quattro leoni statunitensi, a costituire un branco di felini famelici da solo cinque anni e con un ep alle spalle dello scorso anno, quanto basta per tornare in pista con Savage e cominciare la caccia grossa ai thrashers sparsi per il mondo, con questa dimostrazione di forza che, dalla title track in poi non trova ostacoli.
Le canzoni infatti non lasciano spazio all’immaginazione, sono pugni in pieno volto fatti di accelerazioni, mid tempo, un’attitudine thrash made in Bay Area che colpisce al bersaglio grosso e regala ottima musica metal come si faceva a cavallo tra il decennio ottantiano e quello successivo.
Piazzo lì tre nomi : Metallica, Exodus e Testament: alla band piace vincere facile, così che le sonorità espresse in brani devastanti come Death Never Rests, In My Blood, Like In Addiction (con quel basso che pompa sangue metallico) e On The Rocks non potranno che fare proseliti tra i fans dei gruppi in questione.
Prodotto adeguatamente per valorizzare il lavoro dei musicisti, Savage risulta un gran bel debutto, forte di una raccolta di brani che non cede di un passo, d’altronde la scuola frequentata dagli Slikk Wikked è la migliore in circolazione e, come un centravanti arrivato nella vostra squadra del cuore, saprà esaltarvi a dovere.

TRACKLIST
1. Equinox
2. Savage
3. Death Never Rests
4. In My Blood
5. Smokin’ with El Diablo
6. Ascent to Madness
7. Dead in My Eyes
8. Use Your Head
9. On the Rocks
10. Until the End
11. Don’t Push Your Luck
12. Like an Addiction
13. When Angels Cry
14. Solstice

LINE-UP
Zakk Thrash – Vocals, Guitars
Nasty Pat – Bass, Vocals
Handsome Kris – Drums
Kyle Fuckin Smith – Guitars

SLIKK WIKKED – Facebook

Crimson Slaughter – Cycle of Decay

Se il thrash metal è ancora il vostro genere più amato, cercate Cycle Of Decay, non vi deluderà.

La nostra webzine, sempre attenta alle proposte che giungono da ogni angolo del globo in materia estrema, in questi anni non si è certo dimenticata del vecchio thrash e ha continuato a presentarvi nuove band o vecchie glorie tornate per ridurre in cenere i padiglioni auricolari degli appassionati.

Un altro giovane gruppo dedito al thrash old school si affaccia nel mondo dell’underground metallico; i Crimson Slaughter sono spagnoli, sono composti da ex membri di varie band gravitanti nella scena di Madrid e Cycle Of Decay è il loro debutto rigorosamente autoprodotto.
Il quartetto risulta una macchina thrash/speed devastante, il loro sound si arricchisce di elementi presi dalla scuola americana e li elabora all’europea: perciò buona tecnica e velocità supersonica estremizzate da una voce rude e ripartenze travolgenti.
Cycle Of Decay non lascia il tempo di prendere il respiro, l’attacco frontale conserva un’impatto devastante dall’opener Endless War fino alla conclusiva Punisher, le chitarre si scambiano la leadership nei solos taglienti e velocissimi, le ritmiche non lasciano tregua ed il sound porta con se quel tocco punk classico dei gruppi thrash più oltranzisti.
Quaranta minuti d’assalto frontale da spararsi senza preoccuparsi delle conseguenze sulle vostre povere ossa, martoriate dal furioso headbanging a cui verrete costretti dal sound dei Crimson Slaughter.
Detto che i ragazzi ci sanno davvero fare con gli strumenti, l’album mantiene per tutta la sua durata un approccio senza compromessi e, se il thrash è ancora il vostro genere più amato, cercate Cycle Of Decay, non vi deluderà.

TRACKLIST
1. Combat Formations
2. Endless War
3. Buried Beneath the State
4. Dead Walk Again
5. Bred to Obey
6. Wretch God
7. Battlefields
8. Kill of Be Killed
9. My Fist, Your Face
10. Punisher

LINE-UP
Víctor Sánchez – Bass, Vocals
Jorge “Joe” Homobono – Drums
Fran J. Rodríguez – Guitars
Daniel Zolyniak – Guitars

CRIMSON SLAUGHTER – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=NJlsSOjn4Gs