Procession – Doom Decimation

Doom Decimation costituisce un piccolo passo indietro a livello di ispirazione, ma non va dimenticato che ciò dipende più dalla bellezza degli album precedenti che non dall’effettivo valore di quello attuale, che resta ugualmente, comunque la si voglia mettere, una tra le migliori espressioni del classic doom uscite quest’anno.

Partiamo dal presupposto che c’è doom e doom; troviamo quello classico, che prende le mosse dai Black Sabbath per poi sublimarsi in band come Candlemass e St.Vitus, oppure la sua successiva derivazione più estrema e funebre che tre linfa da Thergothon e subito dopo Skepticism, per poi diramarsi in rivoli catacombali oppure dolorosamente melodici.

Personalmente, quando mi autodefinisco appassionato di doom faccio riferimento a questa seconda frangia, ma non posso ovviamente negare la mia devozione verso quelle storiche band che hanno ammantato di epica oscurità l’heavy metal ottantiano.
Tra i degni eredi dei maestri svedesi e americani sicuramente tra i più credibili apparsi nel nuovo secolo troviamo i cileni Procession, autori di due magnifici album come Destroyers Of The Faith e To Reap Heavens Apart: guidati da Felipe Plaza, chitarrista dotato di un timbro vocale evocativo e personale, i nostri, pur essendosi trasferiti da tempo in Svezia ci tengono a ribadire con forza quanto risiedano in Sudamerica le radici del loro doom, tanto che hanno deciso di registrare questo nuovo album, intitolato Doom Decimation, proprio a Santiago Del Cile.
Come sono solito ripetere, non è certo in questo genere che si devono ricercare spinte innovative, visto che il focus per l’ascoltatore è rappresentato dalla capacita dei musicisti di toccare le giuste corde emotive: la consolidata coppia Plaza/Botarro (assieme anche negli ottimi è più epici Capilla Ardiente) ha ampiamente dimostrato in passato d’essere in grado di raggiungere tale obiettivo, centrandolo anche in quest’occasione benché vada detto, in tutta onestà, che Doom Decimation appare leggermente più opaco rispetto ai due predecessori non fosse altro per la mancanza del brano capolavoro che segnava, invece, Destroyers Of The Faith (Chant Of The Nameless) e To Reap Heavens Apart (Far From Heart).
Grazie anche al fatto che l’interpretazione di Plaza è in grado di esaltare qualsiasi brano, il lavoro scorre ottimamente non scendendo mai sotto il livello medio al quale la band cilena ci ha piacevolmente abituato, con i suoi picchi  rinvenibili in All Descending Suns, tipica traccia che cresce di pari passo con l’enfasi delle parti vocali, nel singolo Lonely Are The Ways Of Stranger e nella conclusiva One By One They Died, dalla struggente melodia chitarristica, non a caso i brani più doom nel senso classico del termine all’interno di una scaletta che vede diversi episodi maggiormente orientati ad un robusto heavy metal (When Doomsday Has Come, As They Reached The Womb).
Come detto, Doom Decimation costituisce un piccolo passo indietro a livello di ispirazione, ma non va dimenticato che ciò dipende più dalla bellezza degli album precedenti che non dall’effettivo valore di quello attuale, che resta ugualmente, comunque la si voglia mettere, una tra le migliori espressioni del classic doom uscite quest’anno.

Tracklist:
1. The Warning
2. When Doomsday Has Come
3. Lonely Are The Ways Of Stranger
4. Amidst The Bowels Of Earth
5. Democide
6. All Descending Suns
7. As They Reached The Womb
8. One By One They Died

Line-up:
Felipe Plaza – guitars, vocals
Jonas Pedersen – guitars
Claudio Botarro – bass
Uno Bruniusson – drums

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Fireforce – Annihilate The Evil

Annihilate The Evil non è un brutto lavoro, ma soffre di una staticità di fondo che alla lunga disperde energie e concentrazione in chi ascolta e per questo non va oltre una semplice sufficienza.

Power metal battagliero ed epico il giusto per tornare a sfoderare le spade e buttarsi a capofitto sul campo di battaglia, cercando di tagliuzzare più nemici possibili sotto la bandiera dei Fireforce, giovane combo belga attivo dal 2008 e con altri due full length alle spalle (March On e Deathbringer, rispettivamente usciti nel 2011 e tre anni fa).

Nazionalità belga ma cittadinanza tedesca, almeno per quanto riguarda la propria proposta incentrata su un heavy power che, senza infamia e senza lode, segue le caratteristiche peculiari della tradizione teutonica.
Annihilate The Evil è composto da una dozzina di brani che affrontano la materia senza orpelli e fronzoli, una ventata di power metal nella sua forma più pura, veloce e semplice, con un songwriting che spinge sulla potenza delle ritmiche, cercando di trovare le giuste melodie e concentrandosi su un approccio per cui vale la frase “palla lunga e pedalare”.
Parte bene l’album, l’opener The Boys From Down Under è il classico brano su cui mille altre bands del genere hanno costruito le loro fortune, diretto, pesante e melodico, e i Fireforce ci hanno tratto giustamente un video, seguito da Revenge In Flames, altro muro metallico su cui i belgi combattono la loro battaglia.
I problemi arrivano dalla terza traccia, che non cambia di una virgola il mood dei primi due brani, seguendo perfettamente la struttura già evidenziata, partenza più o meno potente, strofa, ritornello, solo e via verso la conclusione.
Il power metal è un genere meno facile di quello che si possa credere, il già sentito è dietro l’angolo e finire nell’indifferenza è un attimo se non si hanno le idee necessarie per valorizzare un sound che, altrimenti, è destinato ristagnare nei soliti cliché.
Annihilate The Evil non è un brutto lavoro, ma soffre di una staticità di fondo che alla lunga disperde energie e concentrazione in chi ascolta e per questo non va oltre una semplice sufficienza.

Tracklist
01. The Boys From Down Under
02. Revenge In Flames
03. Fake Hero
04. Dog Soldiers
05. Oxi Day
06. Thyra’s Wall
07. Defector
08. The Iron Brigade
09. White Lily (Okhotnik)
10. Iron, Steel, Concrete, Granite
11. Herkus Mantas
12. Gimme Shelter (CD only Bonustrack)

Line-up
Filip “Flype” Lemmens – vocals
Serge Bastaens – bass
Thierry Van der Zanden – guitar
Erwin Suetens – guitar
Jonas Sanders – drums

FIREFORCE –
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Krepuskul – Hybrid

As Long As You See the Sky è puro godimento sonoro, grazie ad una band che martella con una precisione chirurgica toccando i nervi più sensibili con un base ritmica impressionante, per poi addolcire la pillola con magnifiche linee chitarristiche.

Davvero notevole questo ritorno dopo una pausa piuttosto lunga dei rumeni Krepuskul, band i cui esordi risalgono allo scorso decennio nel corso del quale hanno pubblicato due full length, Umbre De Vise e Game Over, riconducibili come genere, a quanto è dato sapere, dalle parti del black death melodico.

Niente a che vedere con tali coordinate , se non per il mantenimento solido di una componente estrema, è il contenuto di Hybrid, nuovo parto della band di Cluj Napoca, trattandosi di un’interpretazione di grande efficacia di quello che viene definito modern metal ma che, in questo caso, è fondamentalmente un feroce metalcore, nel quale si rifuggono lodevolmente i lassativi piagnistei melodici di buona parte delle band dedite al genere.
I Krepuskul non tradiscono le loro radici musicali, facendo proprie le ritmiche forsennate del black, l’articolazione più tecnica del death e la virulenza del thrash, e risputano fuori il tutto con sembianze del tutto al passo con i tempi, non disdegnando rallentamenti con i quali dimostrano d’essere una band di qualità anche dal punto di vista tecnico.
Chiaramente la melodia in quest’album non è affatto bandita, ma viene ricondotta nei giusti alvei di una proposta metal, senza mai rinunciare, per esempio, ad un’efferata interpretazione vocale, con la sola eccezione della conclusiva Awake 17, che in compenso è una traccia bomba davvero in grado di risvegliare anche gli spiriti più intorpiditi.
Hybrid non lascia scampo né respiro, è brutale ma nel contempo carico di groove, l’headbanging è garantito come lo è la soddisfazione dell’ascoltatore che ha bisogno di sfogare un po’ di rabbia repressa: As Long As You See the Sky è puro godimento sonoro, grazie ad una band che martella con una precisione chirurgica toccando i nervi più sensibili con un base ritmica impressionante, per poi addolcire la pillola con magnifiche linee chitarristiche, mentre con la folle Psychotherapy i nostri si permettono di scherzare col fuoco senza neppure scottarsi.
Notevole scoperta questi Krepuskul, autori di un album da sentire a volume illegale; peraltro i nostri sono molto attivi dal vivo in patria e non stento ad immaginare che ad un loro concerto sia ben difficile annoiarsi.

Tracklist:
1. OCD (Let’s Start a War)
2. Hybrid High Breed
3. As Long As You See the Sky
4. The Disciples
5. The Limits of Hate
6. Under the Black Flag
7. Psychotherapy
8. They Will Fall
9. Awake 17

Line up:
Andu Anches – Bass, Vocals
Alex Tarocco – Drums
Marcel Rusu – Guitar, Vocals
Mario Ioanici – Guitar

KREPUSKUL – Facebook

File Not Found – Firewall

Firewall è un album bello e vario, composto da una serie di brani maturi ed in gran parte emozionanti, virtù non così scontata nel genere.

Thrash ed alternative rock, potenti iniezioni di hard rock moderno su una struttura che rimane fortemente legata al metal tradizionale.

Potremmo anche archiviare Firewall, secondo lavoro dei romani File Not Found, con queste righe, ma la band ed la sua nuova opera meritano sicuramente di essere conosciute più a fondo; l’album è uscito da qualche mese e il gruppo ha già cambiato diverse volte il chitarrista e mentre dietro alla sei corde oggi troviamo Andrei Tanasa, sul disco il gran lavoro eseguito alla chitarra è di Christian Di Bartolomeo.
Firewall è un disco moderno, il metal di cui è composto si accompagna con i suoni rock del nuovo millennio e ne esce valorizzato, e l’alternanza tra thrash, alternative e rock contribuisce a rendere l’ascolto vario ed interessantissimo, seguendo le evoluzioni stilistiche del quartetto che non si accontenta di strofa-ritornello-strofa; con la personalità da band navigata i File Not Found sanno come trovare quel tocco originale per cui i brani sarebbero tutti da menzionare, dalla bomba thrash Legacy a Foreign Edge, alternative rock che avvicina il gruppo romano agli Alter Bridge.
Firewall continua a sciorinare ottimi brani, il groove lascia tracce di Black Label Society in qualche passaggio (Leave The Hit Behind) e i quaranta minuti abbondanti del disco passano veloci tra rock duro, solos metallici e brani dal forte appeal.
I sorprendenti File Not Found (monicker dedicato al mondo del web) picchiano sugli strumenti da par loro; The Song Of Concrete Leaves Tree si rivela una bordata di moderno thrash metal da capocciate contro il muro, Crisis è una drammatica ballad in crescendo, atmosfericamente perfetta e sempre in bilico tra modernità e tradizione, mentre la conclusiva Born ritorna su territori più consoni all’alternative rock.
Firewall è un album bello e vario, composto da una serie di brani maturi ed in gran parte emozionanti, virtù non così scontata nel genere.

Tracklist
1- Switch On
2- Legacy
3- My Agony
4- Words Bite
5- Foreign Edge
6- Leave The Shit Behind
7- The Song Of Concrete Leaves Tree
8- Crisis
9- Insomnia
10- Born

Line-up
Leonardo Meko – vocals/rhythm guitar
Andrei Tanasa – lead guitar
Claudio Buricchi – bass
Marco Cinti – drums/vocals

FILE NOT FOUND – Facebook

SERENADE

Il video di Hold me Back, dall’album Onirica in uscita a novembre (Revalve Records).

Il video di Hold me Back, dall’album Onirica in uscita a novembre (Revalve Records).