A Taste Of Fear – God’s Design

La potenza degli A Taste Of Fear cammina di pari passo con la loro tecnica musicale, che non è affatto mera ostentazione di un saper fare, ma è sicura esposizione di un saper creare musica, esprimendo se stessi e ciò che si portano dentro.

Gli A Taste Of Fear vengono da Roma e confezionano un buon assalto sonoro, in bilico fra thrash metal e death metal.

Innanzitutto sono molto immediati e hanno una tecnica notevole, cose assai difficili da coniugare e riescono a creare un impasto sonoro incandescente. I riferimenti sono i grandi nomi dei generi suddetti, ma il risultato è assolutamente personale. Le canzoni sono tutte sviluppate in maniera strutturata, con impalcature sonore molto forti che hanno alla base una notevole dose di melodia, alla lunga destinata ad uscire fuori dando un notevole valore aggiunto al disco. Il gruppo è al suo debutto discografico, ma è nato nel 2014 da un’idea del bassista Michele Attolino, che voleva suonare in maniera potente i suoi due generi preferiti, ovvero il thrash metal ed il death metal, riuscendo ad attingere il meglio dai due sottogeneri. La prima prova di questo gruppo ne mostre le buone doti e la capacità di trovare sempre la soluzione musicale adatta al passaggio ed al momento. La potenza degli A Taste Of Fear cammina di pari passo con la loro tecnica musicale, che non è affatto mera ostentazione di un saper fare, ma è sicura esposizione di un saper creare musica, esprimendo se stessi e ciò che si portano dentro. God’s Design è un disco mai scontato e che galoppa forte verso un’orizzonte che ci riserverà molte gioie, visto il buon inizio.

1.God’s Design
2.Into Hell
3.Out Of Place
4.A Feared Secret
5.Make Suffer
6.Ripped Soul’s Gift
7.The Passage
8.A Taste Of Fear

Line-up
Stefano Sciamanna: vocals
Emiliano Pacioni: guitars
Michele Attolino: bass
Flavio Castagnoli: drums

A TASTE OF FEAR – Facebook

DEINONYCHUS

Il video di “For This I Silence You”, dall’album “Ode To Acts Of Murder, Dystopia And Suicide” (My Kingdom Music).

Il video di “For This I Silence You”, dall’album “Ode To Acts Of Murder, Dystopia And Suicide” (My Kingdom Music).

Howling Giant – Black Hole Space Wizard: Part 2

L’unione delle due parti dell’album (la prima è uscita lo scorso anno) farebbe di Black Hole Space Wizard un lavoro di culto almeno per gli amanti dei viaggi musicali.

Nashville, Tenneessee, in un anno imprecisato tra il 2010 ed il 2014, tre ragazzi furono invitati sul disco volante apparso vicino alla loro tenda.

Quando tornarono a terra, ancora sbalorditi e sopresi da quell’avventura fondarono una band chiamata Howling Giant, era il 2014 appunto.
Dopo tre anni i tre musicisti americani arrivano al traguardo del terzo ep, la seconda parte del concept Black Hole Space Wizard, un viaggio doom psichedelico tra lo spazio e la mente, ancora probabilmente in trip dopo l’esperienza sull’oggetto volante non indentificato.
Mezz’ora di musica rock traviata da allucinate atmosfere space stoner, l’album si dipana così in una lunga jam divisa in sei capitoli, sei trip, sei acidi trovati sulla nave interstellare che ha portato Tom Polzine, Roger Marks e Zach Wheeler in giro per l’universo.
Ora non si sa bene se i tre abbiano raggiunto una tale pace interiore, magari dovuta al contatto con menti superiori o perché si siano trovati al cospetto di diavolerie chimiche provenienti da un altro pianeta con effetti devastanti sulla mente, fatto sta che brani come l’opener Henry Tate o i sette minuti da viaggio mentale di Visions sono un micidiale cocktail space/psych/stoner rock da urlo di Munch.
L’unione delle due parti dell’album (la prima è uscita lo scorso anno) farebbe di Black Hole Space Wizard un lavoro di culto almeno per gli amanti dei viaggi musicali.

Tracklist
1.Henry Tate
2.The Pioneer
3.Visions
4.The Forest Speaks
5.Circle of Druids
6.Earth Wizard

Line-up
Tom Polzine – Guitar and Vocals
Roger Marks – Bass and Vocals
Zach Wheeler – Drums and Vocals

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Almanac – Kingslayer

Suonato e cantato benissimo, valorizzato da un suono potente e cristallino e reso appetibile da ritmiche che non nascondono un tocco groove nella loro folle corsa verso la gloria metallica, Kingslayer è un altro bersaglio centrato dal chitarrista bielorusso e dai suoi Almanac

Gli Almanac, la band fondata dal chitarrista bielorusso Victor Smolski dopo il commiato dai Rage, interpreta alla perfezione quello che dovrebbe essere la band metal di stampo classico nel 2017 e questo secondo album, licenziato a distanza di un anno dall’esordio Tsar, lo conferma in pieno.

Lasciate le molte sfumature barocche che valorizzavano l’album precedente per un approccio più diretto, heavy e groove, pur rimanendo ben saldo nel genere classico, Kingslayer affronta la materia con un’aggressività ed un impatto che non mancherà di piacere anche a chi il metal tradizionale lo consuma a piccole dosi.
Ovviamente rimane forte la componente orchestrale, anche se non più così ispirata dall’anima sinfonica dei Rage (Lingua Mortis Orchestra) ma molto più vicina al power metal tutto impatto ed epicità.
Grande è il lavoro (come ovvio che sia) di Smolski alla sei corde, questa volta impegnato anche con i tasti d’avorio, presente e compatta la sezione ritmica nuova di zecca con Athanasios “Zacky” Tsoukas alle pelli e Tim Rashid al basso e spettacolari le evoluzioni dei tre vocalist che come nel primo album sono Jeannette Marchewka (Lingua Mortis Orchestra), Andy B. Franck (Brainstorm) e David Readman (Pink Cream 69).
Registrato agli HeyDay Studios a Wuppertal in Germania e licenziato dalla Nuclear Blast, l’album parte in quarta con l’opener Regicide, power metal song potente e veloce che da subito mette in chiaro il nuovo trademark targato Almanac, seguita da Children Of The Sacred Path, altro brano da autovelox impazzito con Smolski che con gusto rifila solos neoclassici su bordate power, sostenute da ritmiche mozzafiato e potenti sinfonie.
Kingslayer corre dritto fino alla fine, ci consegna ancora almeno quattro devastanti brani di power metal epico ed orchestrale (il singolo Losing My Mind, Hail To King, Headstrong e la conclusiva, epicissima Red Flag) accomiatandosi tra fuochi d’artificio metallici.
Suonato e cantato benissimo, valorizzato da un suono potente e cristallino e reso appetibile da ritmiche che non nascondono un tocco groove nella loro folle corsa verso la gloria metallica, Kingslayer è un altro bersaglio centrato dal chitarrista bielorusso e dai suoi Almanac, esempio di ottimo metal tradizionale ed orchestrale per i defenders del nuovo millennio.

Tracklist
1. Regicide
2. Children Of The Sacred Path
3. Guilty As Charged
4. Hail To The King
5. Losing My Mind
6. Kingslayer
7. Kingdom Of The Blind
8. Headstrong
9. Last Farewell
10. Red Flag

Line-up
Victor Smolski – guitars, keyboards
Andy B. Franck – vocals
David Readman – vocals
Jeannette Marchewka – vocals
Athanasios “Zacky” Tsoukas – drums
Tim Rashid – bass

ALMANAC – Facebook

Camerata Mediolanense – Le Vergini Folli

Le Vergini Folli è rivolto ad un pubblico selezionato, il quale deve porsi come obiettivo primario quello di godere della purezza stilistica e poetica di un lavoro che ferma lo scorrere del tempo, obbligando ad ascoltare musica spogliata delle convenzioni strumentali e compositive della nostra epoca.

Da oltre vent’anni la Camerata Mediolanense costituisce una delle più piacevoli anomalie musicali del nostro paese.

Anomalia in quanto, nonostante uno stile che rifugge ogni accenno di rumorosità o modernità, l’ensemble è sempre gravitato anche nella sfera di gradimento della fascia di ascoltatori di rock e metal dotati di una naturale propensione verso sonorità impattanti dal punto di vita emotivo.
A tutto questo, poi, contribuisce poi l’ingresso nel nuovo decennio della Camerata Mediolanense nel roster della Prophecy Productions, etichetta tedesca che propone ogni volta dischi di straordinaria qualità afferenti a generi che vanno dal black metal sino al neofolk o appunto, alla derivazione neoclassica che troviamo elevata alla sua massima espressione in questo Le Vergini Folli.
Come sostiene Elena Previdi, fondatrice del collettivo, l’album può apparire datato per sonorità ed approccio perché lo è a tutti gli effetti, collocandosi ben al di fuori di ogni tentazione modaiola: proprio per questo Le Vergini Folli è rivolto ad un pubblico selezionato, il quale deve porsi come obiettivo primario quello di godere della purezza stilistica e poetica di un lavoro che ferma lo scorrere del tempo, obbligando ad ascoltare musica spogliata delle convenzioni strumentali e compositive della nostra epoca, ancor più in questa occasione che non prevede alcun intervento delle percussioni, molto importanti invece nell’economia degli album precedenti.
A dominare la scena sono quindi il pianoforte della Previdi e l’intreccio delle voci femminili di Desirée Corapi, Carmen D’Onofrio e Chiara Rolando che, assieme a quella maschile di 3vor, interpretano i sei componimenti poetici scritti da altrettante ed anonime autrici femminili d’altri tempi, oltre a due sonetti del Petrarca che si rivelano, peraltro, una gradita appendice a Vertute, Honor, Bellezza, uscito nel 2013 e del tutto basato a livello lirico sull’opera del poeta aretino.
A colpire, nell’operato della Camerata Mediolanense, è l’esibizione di una limpidezza compositiva che non può lasciare indifferenti, con le cristalline voci delle splendide interpreti che declamano versi scritti in un italiano pregno di una ricchezza espressiva destinata, irrimediabilmente, a scemare di pari passo con l’abbrutimento etico e sociale.
Gli otto brani riconciliano con l’arte, in virtù di una proposta che non ha nulla dello snobismo intellettuale di certe proposte elitarie, ma riporta direttamente all’essenza della musica, quella che riluce in particolare nella conclusiva Quando ‘l sol, dove la poetica petrarchesca viene sublimata in una trasposizione di abbagliante bellezza, grazie all’interpretazione vocale di Desirée Corapi ed al talento pianistico di Elena Previdi.
E’ magnifica anche Mi Vuoi, dal beffardo e trascinante finale, mentre l’altra traccia ispirata dal poeta toscano è Pace Non Trovo, perfetta nel suo duetto tra voce femminile e maschile: anche per questi due brani, oltre al già citato Quando ‘l sol, sono stai girati altrettanti video, meritevoli di visione anche per la cura dei particolari che li contraddistingue.
Le Vergini Folli è un album da non perdere, è un lampo di struggente poesia che si fa musica (nel senso più letterale) ed essendo in qualche modo collocabile artisticamente nel passato, per un ascolto ideale necessita dell’astrazione da un presente che non contempla soverchie pause di riflessione.

Tracklist:
1.Lacrime di gioia
2.Scrissi con stile amaro
3.Notte di novelli sogni
4.Mi vuoi
5.Notte ancora
6.Pace non trovo
7.Dolce salire
8.Quando ‘l sol

Line up:
Elena Previdi – composizione, tastiere, clavicembalo, organo, fisarmonica e percussioni
Giancarlo Vighi – tastiere, percussioni, voce (coro)
3vor – voce (baritono), percussioni, tastiere e campionamenti
Manuel Aroldi – percussioni
Marco Colombo – percussioni
Desirée Corapi – voce
Carmen D’Onofrio – voce (soprano lirico)
Chiara Rolando – voce

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