Il lyric video di Aegean Sorrow, dall’album omonimo in sucita a marzo (Alone Records).
ON THORNS I LAY
Il lyric video di Aegean Sorrow, dall’album omonimo in sucita a marzo (Alone Records).
Il lyric video di Aegean Sorrow, dall’album omonimo in sucita a marzo (Alone Records).
Il lyric video di Aegean Sorrow, dall’album omonimo in sucita a marzo (Alone Records).
Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione.
Blinded By Yellow Sunbeams è l’ambizioso progetto musicale del triestino Christian Thomas Castorina, precedentemente fautore dei At The Funeral My Violet Rabbit.
Conclusa questa esperienza, comincia il percorso dei Blinded By Yellow Sunbeams, giunto ora al quarto album con Heart Denied. Le coordinate musicali sono quelle dell’industrial metal, con molte escursioni nei territori dell’ebm e dell’elettronica altra. La passione che Castorina mette dentro a questo progetto è tangibile, e la sua capacità compositiva gli permette di raggiungere buoni risultati. La musica di Heart Denied, come quella dei tre album che lo precedono, nasce per dare qualcosa all’ascoltatore, provando ad elevare la sua coscienza, o almeno la sua percezione. Nel disco troviamo luce e ombra, dolcezza e violenza, lo ying e lo yang che tutti ci portiamo dentro, ed è un esplorare, una ricerca approfondita dentro e fuori da noi. Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione. Christian fa quasi tutto da solo e lo fa bene, imparando molto bene la lezione dei maestri per cercare una sua via originale, riuscendovi. Maneggiare molti registri diversi non è indice di confusione se lo si fa con cognizione di causa e con una progettualità, come succede qui. Vi sono molte atmosfere diverse e tante suggestioni, le idee vanno in molte direzioni e sono tutte valide.
Tracklist
1.2Sec4You
2.Negative
3.The Heart Denied
4.Unusual System Breakdown
5.I Have No ID
6.M.I.T.M.A.
7.Ctrl+Alt+Del
Line-up:
Christian Thomas Castorina
La formula prescelta dai Milkilo è coraggiosamente lontana da ogni ammiccamento commerciale e, se la cosa non può che risultare apprezzabile, riduce di molto il potenziale numero di fruitori di un’opera interessante ma di difficile decrittazione.
Al termine di un percorso iniziato all’inizio del decennio, il duo francese formato da Anthony Ferreira (basso) e Gabriel Notin (batteria e voce), giunge alla prima prova su lunga distanza con il monicker Milkilo.
Atlas è un’opera difficilmente collocabile stilisticamente: bene da un lato, perché di sicuro al suo interno vengono bandite le banalità, un po’ meno dall’altro, perché il sound talvolta dà l’impressione di muoversi impazzito in più direzioni.
Partiamo intanto dall’assunto che qui ci si trova al cospetto di una sorta di sludge post metal (il tutto con molta approssimazione) quasi del tutto di matrice sperimentale e suonato solo con basso e batteria: abbastanza per respingere chi ama sonorità corpose e lineari e per attrarre i pervicaci ricercatori della pietra filosofale dell originalità.
I due ragazzi di Sant’Etienne sono indubbiamente bravi nel proporre la loro formula tutt’altro che semplice e accattivante, riuscendo a fare centro a fasi alterne, ovvero nei momenti corrispondenti alla sovrapposizione delle pulsioni sperimentali con una parvenza di melodia (Voda), oppure con il ricorso ad un crescendo sempre in grado di lasciare buone sensazioni (Srtyx, Coma Cluster), nonostante il loro intento di destrutturazione della materia musicale non venga mai meno, portandolo alle estreme conseguenze con le inquiete Kamet e Memoires, oltre che con alcuni frammenti ambient rumoristici (Atleast, Athome, Atoms).
La proposta nel suo complesso mostra più luci che ombre, e in diversi frangenti, come detto, l’operato dei Milkilo avvince e convince, anche perché i nostri non si pongono limiti né scrupoli nello sfogare le loro pulsioni sperimentali; d’altro canto questo rende il tutto dannatamente difficile da digerire e, in tal senso, aiuta non poco una durata complessiva contenuta, visto che, in caso contrario, sarebbe stato inevitabile il rischio di rendere troppo dispersivo il sound.
Indubbiamente la formula prescelta da Ferreira e Notin è coraggiosamente lontana da ogni ammiccamento commerciale e, se la cosa non può che risultare apprezzabile, riduce di molto il potenziale numero di fruitori di un’opera interessante ma di difficile decrittazione.
Tracklist:
1. Atleast
2. Caravelles
3. Voda
4. Athome
5. Kamet
6. Styx
7. Atoms
8. Coma Cluster
9. Memoires
10. Atlast
Line-up:
Anthony Ferreira – Bass
Gabriel Notin – Drums, Vocals
Highway Demon è un album ricco di suoni metallici di stampo classico, dall’hard rock all’heavy metal, vario nelle atmosfere, suonato e cantato bene, in buona sostanza un ascolto soddisfacente per chi ama il genere.
Secondo lavoro per il chitarrista tedesco Marc Vanderberg che, aiutato dal solo Raphael Gazal, cantante dei Bulletback e dei Tailgunners, ci invita all’ascolto di questa raccolta di brani dal taglio hard & heavy, ovviamente di ispirazione classica, dove il buon Vanderberg oltre alla sei corde suona tutti gli strumenti.
Highway Demon, pur senza picchi clamorosi, risulta un buon album: i brani mostrano un piglio aggressivo, sono cantanti bene e il nostro musicista mantiene un approccio funzionale alle tracce senza stancare con evoluzioni da guitar hero.
Si passa così da brani hard rock ad altri heavy metal con facilità, mentre a tratti sfumature epiche ci portano in pieni anni ottanta confermando la natura classica dell’album.
Bad Paradise graffia a dovere e mette subito in risalto la bravura tecnica del polistrumentista tedesco, che fino alla ballad How Do You Feel mette la quarta a brani dal piglio aggressivo con un Gazal che si dimostra un singer capace.
Ci si destreggia nei quaranta minuti scarsi di metallo classico con buona alternanza di atmosfere e la power metal song When I Turn The Key si rivela una cavalcata metallica dirompente, mentre You’re Like Poison risulta un brano dai forti impulsi hard rock.
Il mid tempo epico di The Last Battle si avvicina a quanto fatto dal compianto Ronnie James Dio con il suo gruppo, mentre Vanderberg ci delizia con un brano strumentale e dal piglio neoclassico vicino a sua maestà Malmsteen come la conclusiva Total Eclipse.
Highway Demon è un album ricco di suoni metallici di stampo classico, dall’hard rock all’heavy metal, vario nelle atmosfere, suonato e cantato bene, in buona sostanza un ascolto soddisfacente per chi ama il genere.
Tracklist
01. Highway Demon
02. Blue Eyes
03. Bad Paradise
04. The Last Battle
05. How Do You Feel
06. Indispensible
07. You´re Like Poison
08. When I Turn the Key
09. The Final Chapter
10. Total Eclipse (Instrumental)
Line-up
Mak Vanderberg – All Instruments
Raphael Gazal – Vocals
Con le Mymisses approdiamo all’hard rock sviluppatosi a cavallo del nuovo del nuovo millennio, contraddistinto da chitarre ruggenti, ritmiche grasse e cantato di grande forza espressiva.
Mymisses è un quartetto tutto al femminile nato a Cagliari due anni fa composto da Giorgia Pillai (voce), Laura Sau (chitarra), Stefania Cugia (basso) e Marta Camba (batteria).
Le quattro musiciste sarde si mettono in luce sul versante live, in giro per oltre un anno tra festival e piccoli club, prima di dare alle stampe l’agognato debutto, questo roccioso esempio di hard rock intitolato Straight On My Way; e la strada intrapresa dal gruppo non può che portarlo nelle terre assolate degli States, dove questo tipo di musica è nato, mentre quelle tortuose che si trovano nelle zone più aspre della loro isola si trasformano nelle desertiche pianure americane.
La band ci offre un hard rock moderno, leggermente stonerizzato, roccioso ma dal buon tasso melodico, grintoso e pesante, diretto e potente come fa capire subito l’opener War Cry: la title track possiede la forza di un carro armato, mentre il ritornello melodico sposta di continuo le coordinate stilistiche (un mix tra Black Label Society ed Alter Bridge).
Con le Mymisses si approda all’hard rock sviluppatosi a cavallo del nuovo del nuovo millennio, contraddistinto da chitarre ruggenti, ritmiche grasse e cantato di grande forza espressiva, come nella trascinante Face The Fear.
Diretto e ricco di chorus facilmente memorizzabili, Straight On My Way arriva al dunque senza tanti fronzoli, mentre Back To Fly smorza la tensione per poi ripartire con Slipping Away.
Be Bad è un brano alternative rock, mentre il cuore pulsa e pompa sangue metallico nella conclusiva Hard To Live, irresistibile brano on the road che mette la parola fine su un debutto assolutamente da non perdere per gli amanti dell’hard rock.
Le quattro rockers vanno dritte per la loro strada partendo alla conquista del mondo, collocandosi fin da subito tra le realtà da seguire con grande attenzione.
Tracklist
1.War Cry
2.Straight On My Way
3.Face The Fear
4.Back To Fly
5.Slipping Away
6.Be Bad
7.Hard To Leave
Line-up
Giorgia Pillai – Vocals
Laura Sau – Guitars
Stefania Cugia – Bass
Marta Camba – Drums