GABRIELS

I progetti musicali che sondano territori ancora inesplorati, se coadiuvati da una spiegazione risultano ancora migliori, come l’opera del siciliano Gabriels, Concerto For Syntherziers And Orchestra in D minor Op.1, uscito per Diamonds Prod.
Prog, musica classica e tanto altro, come ci spiega bene lo stesso Gabriels nelle righe qui sotto.
Grazie a Gabriels e a Nadir Music.

ME Come nasce l’idea di questa prima opera al mondo per synth ed orchestra?

In conservatorio, durante le lezioni di Storia degli Strumenti Elettronici, si parlava del famoso Minimoog e di come aveva reso possibile avere grande portabilità nei live. Al contrario, il Moog Modulare era molto difficile da trasportare essendo veramente enorme. Poi non nego che pensai molto al Concerto Suite per chitarra elettrica e Orchestra di Malmsteen, e allora l’idea si concretizzò.

ME L’opera contiene molti suoni che rimandano al prog italiano, è corretto?

Si è vero, possiamo affermare che in sostanza non si tratti solo di musica classica come potrebbe far sembrare il titolo. Già dal primo ascolto si percepisce un sound molto vario che richiama parecchi stili ed era quello che volevo ottenere … una Rock Opera dei giorni nostri ma come la avrebbero suonata nell’antichità, un connubio tra tecnologia e non.

ME Porterai la tua opera dal vivo in giro per l’Italia?

Eh … domanda molto complicata e credo che al momento attuale non sia fattibile. E’ stata già un’impresa molto ardua la registrazione e una situazione del genere dal vivo lo sarebbe ancora di più, senza contare che organizzarlo mi porterebbe via parecchio tempo che. invece. per adesso sto dedicando alla composizione e registrazione della collana su Hokuto No Ken. Ne approfitto per dare la notizia che il Secondo Atto uscirà a breve nel 2018.

ME Il gusto è barocco ma le tematiche trattate sono classiche, tutto ciò è conciliabile?

Credo che al giorno d’oggi qualsiasi cosa sia conciliabile se saputa fare, basta darle una forma … con la forma tutto può funzionare bene anche se, apparentemente, i pezzi che compongono il tuo puzzle appartengono a mondi diversi.

ME Ci puoi descrivere la registrazione del disco?

E’ stato molto complicato e il mio lavoro era già iniziato mentre pubblicavo altri miei dischi. Dapprima registrai tutto suonato da me, anche le parti orchestrali, per sentire come tutto funzionava e suonava (parliamo del 2009 circa), ma avendo a che fare con un’ orchestra dovevo necessariamente scrivere tutte le parti. Durante la scrittura della partitura cambiai molte cose, alcune le eliminai e altre le aggiunsi; alcune tracce sono state addirittura cancellate di sana pianta e di altre ne ho preso solo alcuni pezzi per poi aggiungerne altri. Poi è stata la volta di cercare tutti gli elementi dell’orchestra e non nascondo che, a volte, mi sono scoraggiato; nel frattempo gli anni passavano e iniziai a pubblicare altri dischi come “Prophecy” e l’idea del Concerto non sapevo se abbandonarla o meno. Dopo tanto attendere, e in questo momento di pausa dal lavoro su Hokuto, decisi di mettere un punto a questa storia, contattai il mio collega e amico Mistheria, che si dimostrò subito entusiasta dell’opera, e in seguito anche il mio amico Styx Synthmmonster, entrambi ospiti speciali nel disco. Inviai le partiture ad un direttore d’orchestra nipponico che riuscì a mettere insieme una, anche se modesta, orchestra di giovani allievi molto volenterosi e in poco tempo mi inviarono le registrazioni.

ME Progetti futuri?

Per adesso voglio continuare la saga su Hokuto no Ken: nel 2018 uscirà il secondo atto ma non vi nascondo che già sono al lavoro al terzo e sulla stesura del quarto. All’inizio avevo pensato di farne una trilogia ma, in corso d’opera, mi accorsi che non era possibile, credo che almeno arriverò ad una Pentalogia.

ME Ciao e grazie.

Grazie mille a voi dello spazio dedicatomi. Vorrei lasciare solo un ultimo messaggio ai lettori; vi prego di supportare tutta la musica acquistando il prodotto fatto con tanto sudore e passione, solo così noi possiamo veramente continuare a produrre nuova musica …GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!!!!

Hoofmark – Stoic Winds

Per le sue caratteristiche è comprensibile che l’album proceda un po’ a strappi, ma nel complesso questo approccio non dispiace affatto per coraggio e creatività.

Il primo full length degli Hoofmark è di fatto la riedizione a cura della Ultraje, etichetta fondata dall’omonima rivista portoghese, del demo uscito nel 2016.

Se ci si chiede se tale operazione, invero molto frequente, abbia una sua valenza la risposta è affermativa, perché l’interpretazione del black metal offerta dal musicista lusitano Nuno Ramos, detentore delle chiavi del progetto, è quanto mai ricca di spunti interessanti.
Di sicuro Stoic Winds non è un album monotematico: infatti possiamo rinvenire il genere rivisto nelle sue diverse forme, tutte in maniera piuttosto convincente sia quando i ritmi si fanno più incalzanti finendo su territori crust punk hardcore, sia quando i rallentamenti spostano la barra verso il doom.
Il colpo di scena arriva però con Dust Trails, quando Nuno assume improvvisamente le sembianze di un Johnny Cash sui generis, piazzando un brano country che magari potrà apparire fuori contesto ma possiede un suo malsano fascino.
In effetti il nostro mostra un’irrequietezza compositiva della quale gli va dato atto e, se il tutto rende il lavoro chiaramente disomogeneo, ha sicuramente il grande pregio di una certa imprevedibilità.
Del resto subito dopo arriva la versione denominata Dust Trails Blazing, che riconduce il tutto su un mid tempo classico mantenendo però un’interpretazione vocale sempre piuttosto anomala per il black metal.
Con tali caratteristiche è comprensibile che l’album proceda un po’ a strappi, ma nel complesso questo approccio non dispiace affatto per coraggio e creatività, anche se l’inedito connubio tra metal estremo e country lascerà perplesso più d’uno.
Così, dopo il black’n’roll notevole di Horror Maximus, Nuno chiude le ostilità con Hoofmarks, una sorta di di manifesto del suo procedere con passo sghembo lungo un sentiero tortuoso ma foriero di scenari cangianti; senza voler spingermi a trovare significati che magari non corrispondono al vero, questo lavoro targato Hoofmark è quanto mai strano, lo-fi per indole ancor più che per resa sonora, e nonostante questo (o forse proprio per questo …) mi sono sorpreso ad apprezzarlo non poco.

Tracklist:
1. Yours Should be a Heavy Casket
2. Amongst a Sea of Darkness
3. Stoic Winds
4. Dust Trails
5. Dust Trails Blazing
6. An Arrow Long Due
7. From the Foot of God’s Throne
8. Horror Maximus
9. Hoofmarks

Line-up:
Nuno Ramos

HOOFMARK – Facebook

RUXT

Il video del brano “Heaven or Hell”, traccia di chiusura del nuovo album “Running out of Time” uscito di recente per Diamonds Prod.

Il video del brano “Heaven or Hell”, traccia di chiusura del nuovo album “Running out of Time” uscito di recente per Diamonds Prod.

Esce il video del brano “Heaven or Hell”, traccia di chiusura del nuovo album “Running out of Time” uscito di recente per Diamonds Prod. Video nato da un’idea del vocalist della band Matt Bernardi, sotto la regia di Federico Di Pane, e soprattutto grazie alla partecipazione della campionessa mondiale di pattinaggio Silvia Lambruschi. Un brano un po’ diverso dal solito stile RUXT ma spero possiate apprezzarne il significato.

Godwatt – Necropolis

Misterioso e onirico, Necropolis non lascia speranze e si presenta come un ‘oscura valanga di note che toccano vette di perdizione senza pari.

Questa volta Moris Fosco (voce e chitarra), Mauro Passeri (basso) e Andrea Vozza (batteria) ci invitano ad un sabba nella città dei morti, avvolti dal buio millenario e dall’odore della morte, unica signora di questi luoghi dimenticati dal tempo.

Appena entrati nelle buie e labirintiche caverne, i tra sacerdoti nostrani ci lasciano al nostro destino, la musica accompagna l’alienante e drammatica ricerca di una via d’uscita che non troveremo mai più, inghiottiti nel buio eterno di questa civiltà parallela dove riposano i morti.
I Godwatt sono tornati dopo L’Ultimo Sole, sorta di compilation che la Jolly Roger aveva licenziato lo scorso anno e che era formata da sette brani ri-registrati da MMXVXMM (uscito nel 2015) più un paio dall’album Senza Redenzione (2013), e Necropolis conferma il gruppo come uno dei migliori interpreti di doom metal tricolore.
Avvolti da una nebbia stoner, anche i nuovi brani (cantati rigorosamente in italiano) formano un monolite metallico pesantissimo: misterioso e onirico, Necropolis non lascia speranze e si presenta come un’oscura valanga di note che toccano vette di perdizione senza pari, una continua alternanza tra heavy doom ispirato agli anni settanta, momenti di nere trame metalliche provenienti dal decennio successivo ed ispirate alla tradizione italiana, e più moderne pulsioni stoner che contribuiscono a rendere il sound pesantissimo e psichedelico.
La title track è l’intro che ci accompagna nelle oscure trame di questo Moloch musicale, che ha momenti di intenso incedere lavico già da Morendo, mentre Siamo Noi Il Male rappresenta tutto il credo musicale del gruppo, nove minuti di metallo che equivalgono ad un asteroide in caduta libera sulle nostre teste, con testi che raccontano di morte ed eterna dannazione.
Necropolis non lascia tempo nè speranza, e La Tua Ora prosegue l’opera, lasciando a Tra Le Tue Carni la palma di brano più heavy rock dell’album, prima che il capolavoro La Morte E’ Solo Tua si prenda la scena.
Tenebre è il primo singolo licenziato dal gruppo per questo lavoro che ci lascia con l’atmosfera stoner di Necrosadico (bonus track della versione in cd), dove i Godwatt si avvicinano allo sludge e noi ormai agonizzanti ci ritroviamo sepolti dalla polvere sollevata dal passaggio in questi abissi di morte e disperazione.
Necropolis è un’altro bellissimo lavoro da parte di questa grande band che tiene alto il vessillo del metal italiano nella sua veste più oscura.

Tracklist
1.Necropolis
2.Morendo
3.Siamo noi il male
4.E’ la tua ora
5.Tra le tue carni
6.La morte è solo tua
7.Tenebre
8.R.I.P.
9.Necrosadico

Line-up
Moris Fosco – Guitars, Vocals
Mauro Passeri – Bass
Andrea Vozza – Drums

GODWATT – Facebook

Myth Of A Life – Chimera

La caratteristica principale del sound del gruppo di Sheffield è la capacità di mantenere un approccio di ispirazione scandinava (primi In Flames, At The Gates), lasciando che ritmiche e sfumature guardino al più moderno metal estremo statunitense senza snaturare l’approccio nordico, come appunto negli In Flames post Clayman.

I Myth Of A Life sono una band di stanza nel Regno Unito, ma di fatto da considerare una band internazionale.

I musicisti coinvolti si rincorrono in una line up volubile, tanto che lo scorso album (She Who Invites) era stato registrato da una formazione che al momento dell’uscita era cambiata di ben quattro elementi con il solo Phil Dellas unico superstite, dietro al microfono.
Il gruppo torna sul finire dell’anno e ancora una volta troviamo non pochi cambiamenti, con il numero di musicisti ridotto a due (Dellas, viene affiancato da William Price al basso e alla chitarra).
Un anno è passato dal precedente full length e i Myth Of Life confermano con questi tre brani più intro la bravura con cui si approcciano al death metal melodico.
Dura poco più di dieci minuti ma Chimera risulta di un’intensità pazzesca: il sound della band mantiene inalterato il mood che aveva caratterizzato i brani di She Who Invictes, quindi grande impatto, ottima tecnica, cavalcate furiose e tanta melodia, con un Dellas sugli scudi tra un rabbioso screaming e un profondo growl.
La chitarra impazza prendendoci per i capelli e trascinandoci senza pietà, i solos melodici suonati a velocità sostenute esaltano, così che la title track si dimostra subito un gran pezzo di granito melodic death.
La caratteristica principale del sound del gruppo di Sheffield è la capacità di mantenere un approccio di ispirazione scandinava (primi In Flames, At The Gates), lasciando che ritmiche e sfumature guardino al più moderno metal estremo statunitense senza snaturare l’approccio nordico, come appunto negli In Flames post Clayman.
Le due tracce che completano l’EP (God Within e The True Face Of Death) confermano l’ottimo trend del gruppo britannico e Chimera non fa che alzare le aspettative sul prossimo full length.

Tracklist
1. Omen
2. Chimera
3. God Within
4. The True Face Of Death

Line-up
Phil ‘’Core’’ Dellas – vocals
William Price – guitars, bass

MYTH OF A LIFE – Facebook