La storia della Distruzione: il thrash tedesco e i Destruction

Retrospettiva su una delle band appartenenti alla sacra triade del thrash tedesco.

In Germania, la sacra triade del thrash è come noto rappresentata da Kreator, Sodom e Destruction (volendo si possono aggiungere i Tankard, di Francoforte).

I Destruction presero vita non nel bacino della Ruhr, ma nel sud del paese, in Baviera, verso la fine del 1983. Nacquero come un trio (lo sono tuttora) con Michael Sifringer alla chitarra, Marcel Schmier al basso e alla voce e Thomas Senmann alla batteria. I tre incisero, immediatamente, uno storico demo-tape, di sei tracce, intitolato Bestial Invasion From Hell, che permise loro di accasarsi subito presso la Steamhammer.
Nel dicembre del 1984 uscì così il mini-LP di debutto Sentence of Death, a cui fece seguito nel maggio 1985 l’esordio sulla lunga distanza, Infernal Overkill. I primi due dischi vennero pubblicati, negli Stati Uniti, dalla Metal Blade, mentre il gruppo effettuava un tour tedesco di supporto agli Slayer.
Nell’autunno 1985, i Destruction sbarcarono, per la prima volta, nel Nuovo mondo e suonarono, a Montreal, al Festival World War III, assieme a Voivod e Possessed, Nasty Savage e Celtic Frost: di fatto, la crema dello speed-thrash più tecnico e oscuro di allora.
Ritornati in patria, nei primi mesi del 1986 rilasciarono Eternal Devastation, il primo autentico classico della band, come gli amici Sodom ancora a metà strada fra thrash (per la musica) e black (per le liriche e per l’aspetto iconografico). Rispetto ai primi periodi, quando ancora si chiamavano Knight of Demon, i Destruction erano molto cresciuti: Curse the Gods, da quel momento un brano immancabile sul palco, avrebbe influenzato non poco il black metal norvegese dei primissimi anni Novanta. Confound Games, Eternal Ban, United by Hatred e Confused Mind, al pari della strumentale Upcoming Devastation e della stessa title-track, si ergono a modelli ineguagliati di monoliti, compatti e dinamici nel medesimo tempo, che traducono, in una chiave quasi bellica e proto-cibernetica, il messaggio belluino e provocatorio dei Venom.

Nella primavera del 1986, il trio diventò un quartetto, con un secondo chitarrista, Harold Wilkens. A metà del’anno, tuttavia, Senmann lasciò il gruppo, sostituito a dicembre dal nuovo batterista, Oliver Kaiser. Con lui i Destruction realizzarono un altro mini-LP, Mad Butcher, la cui title-track divenne il loro maggiore successo, sino a quel momento.
Alla vigilia di un tour europeo con i Motorhead, nel novembre 1987, vide la luce lo stupendo Realise From Agony, il primo capolavoro della carriera e il capostipite del techno-thrash europeo, apparso nello stesso anno di Killing Technology dei Voivod: una vera e propria cascata di ardesia, cupo e regale. Violenza e furia si rivelano ben presenti, seppur (e qui risiede il genio di Schmier e Sifringer) canalizzate e razionalizzate, nei flussi, marziali e neri, del thrash più tecnologico.
L’articolazione e strutturazione dei pezzi resta nella memoria. Strumenti usati come fossero una sorta di armi da guerra fantascientifiche, complessità della scrittura musicale e un alone insieme ancestrale e futuristico immortalano Release From Agony tra i capisaldi metal di ogni tempo, in un tripudio di stacchi e variazioni ritmiche continue.
Nel luglio del 1988, i Destruction furono fra le principali attrazioni del New Music Seminar, di New York, insieme a Testament, Agent Steel e Hallow’s Eve. Esibizione a cui seguirono diverse date con i Flotsam and Jetsam, di Phoenix. A settembre di quello stesso anno, i quattro tennero tre concerti, a Vienna, le cui registrazioni finirono sul loro primo disco dal vivo, Live Without Sense, pubblicato ad inizio 1989.
Un anno dopo, però, Schmier se ne andò per fondare gli Headhunter – quattro splendidi dischi di speed-thrash, semi-melodico, fra Destruction e Accept, dal 1990 al 2008 – e a rimpiazzarlo vennero chiamati André Grieder dagli svizzeri Poltergeist alla voce e Christian Engler al basso. Con loro il quintetto fece uscire per la Noise, nell’estate del 1990, l’ancora valido e velocissimo Cracked Brain, sempre assai preciso e ben prodotto.
I problemi veri sorsero l’anno dopo. Il 1991 fu infatti l’inizio di una crisi, rivelatasi decennale per il thrash più classico e tradizionale. I Metallica, di fatto, lo tradirono con il pur buono black album e i Nirvana inaugurarono la moda del grunge e dell’alternative.
La scena tedesca subì il colpo. Se da un lato i Kreator cominciarono a sperimentare con intelligenza e coraggio nuovi approcci sonori di area industrial, gothic metal e dark-wave elettronica, e i Sodom riuscirono a star sulla breccia sporcando ulteriormente il loro stile con ruvidi innesti, prima death e poi hardcore punk, moltissimi gruppi – invero, quasi tutti – che avevano gravitato attorno a loro nel panorama thrash germanico scomparvero, oppure cambiarono genere, virando verso il power (gli Angel Dust, ad esempio).
I Destruction, da parte loro, rimasero in silenzio per quasi quattro anni, il che già la diceva lunga circa la loro crisi, e tra il 1994 e il 1995 pubblicarono due sconcertanti EP, lontanissimi dal genere che li aveva visti tra i grandi protagonisti, convertiti ora ad un groove metal modaiolo e di scarsa qualità. Pessimo fu pure il disco edito nel 1996 dalla Brain Butcher, The Least Successful Human Cannonball: un tradimento bello e buono dell’antica causa, giustamente e coerentemente rinnegato in seguito dall’act tedesco.
Finalmente, nel 1999, Sifringer richiamò Schmier riformando i Destruction, di nuovo in formazione a tre. Fu inciso il nastro The Butcher Strikes Back, che sin dal titolo si voleva ricollegare ai giorni di gloria dei secondi Eighties. Dopo un’entusiasmante concerto al Wacken, con una rinnovata carica ed energia, al principio del 2000 apparve nei negozi, per la Nuclear Blast – che, da allora, alternandosi alla connazionale AFM, avrebbe stampato tutti i lavori del gruppo – All Hell Breaks Loose.
Davvero un come-back strepitoso e l’inizio di una lunga e regolare serie di CD maturi ed inappuntabili, seri e professionali al massimo grado, indizio di un trio che, oltre ad avere ritrovato e consolidato il ruolo-guida del genere in Germania e non solo, ha ormai raggiunto una maturità compositiva ed esecutiva ineguagliabile e di tutto riguardo: un thrash che rilegge in chiave moderna, con personalità originale e riconoscibilissimo marchio di fabbrica, la lezione degli anni d’oro.
Dischi durissimi e di caratura – come The Antichrist (2001), Metal Discharge (2003), Inventor of Evil (2006), Devolution (2008), Day of Reckoning (2011), Spiritual Genocide (2012) e Under Attack (2016), per tacere della cover di Whiplash dei Metallica uscita su singolo e nel Tribute to Four Horsemen, di quattro fantastici live e di due album con nuovi eccellenti rifacimenti dei vecchi classici – si stagliano come nuovi classici nell’orizzonte musicale del terzo millennio ed ancora illuminano una scena tedesca, rinata, anche e soprattutto guardando all’eredità dei Destruction, con nuove leve, quali Amok, Ravager, Reflection, Grantig, Repent, Morbid Jester, Running Death, Stormhammer, Dew-Scented, Septagon, Vulture e Zombie Lake.
Oggi, con due dischi in carniere, l’intramontabile Schmier suona, inoltre, nel progetto parallelo Panzer, fra thrash teutonico e metal classico anni ottanta: una gioia per ogni defender che si rispetti.

Expain – Pinching Nerves

Lungo appena ventidue minuti ma parecchio intenso, Pinching Nerves è un buon lavoro che dà la misura delle potenzialità del gruppo, anche se mancano almeno una decina di minuti in più per un giudizio approfondito.

Gli Expain sono un’altra realtà metallica proveniente dal Canada (Vancouver) giunta al secondo lavoro autoprodotto.

Fondati cinque anni fa e con un primo album alle spalle dal titolo Just The Tip, gli Expain propongono la loro versione del thrash metal e lo nobilitano con parti progressive creando un sound molto interessante.
Lungo appena ventidue minuti ma parecchio intenso, Pinching Nerves è un buon lavoro che dà la misura delle potenzialità del gruppo, anche se mancano almeno una decina di minuti in più per un giudizio approfondito.
Il quintetto canadese ci svela le carte in suo possesso ma non le lascia cadere tutte sul tavolo, quindi possiamo affermare che Pinching Nerves è un ottimo esempio di progressive thrash metal dove la tecnica è al servizio di un metal old school di ispirazione Bay Area, senza diventare a tutti i costi troppo cervellotico, mantenendo ben salde le briglie sia del sound tradizionale sia delle divagazioni progressive.
Le influenze sono riconducibili alla scena statunitense e al metal estremo di scuola Cynic, quindi le varie They Live, Corridors Of The Mind (con la partecipazione di Dan Mongrain dei Voivod), la title track e Pathways risultano brani che vedono la band ben bilanciata nella propria proposta di metal estremo.
Un lavoro più lungo avrebbe potuto regalare al gruppo ancora più elogi, per ora ci accontentiamo ed aspettiamo ulteriori sviluppi.

Tracklist
1.They Live
2.The Witch Is Dead
3.Corridors of the Mind
4.Pathways
5.Pinching Nerves
6.Torch Formula

Line-up
Pat Peeve – Guitar
Eli Slamang – Guitar
Nikko Whitworth – Bass
Ryan Idris – Drums
Sean Ip – Vocals

EXPAIN – Facebook

Under Siege – Under Siege

Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche a sfuriate estreme dove le melodie hanno la loro importanza.

Gli Under Siege sono una nuova realtà formatasi un paio di anni fa e che, con questo primo assalto sonoro, si presenta in tutta la sua natura guerresca.

Il quintetto di Palestrina aggiunge al genere un epico incedere ed ottime atmosfere folk con un’opera fornita della personalità necessaria per non farsi dimenticare dopo pochi ascolti.
Partiamo dunque per incontrare la morte o la gloria nei vari scontri che ci guideranno fino alla fine di questi quaranta minuti, dove il death metal melodico scandinavo incontra il power ed il folk: il gruppo si presenta con due brani che rispecchiano in toto il suo credo, Blàr Allt Nam Bànag, dall’intro lasciato alle note folk della cornamusa per poi trasformarsi in un veloce brano melodic death, mentre l’epico accordo iniziale di Warrior I Am si trasforma in una cavalcata death/power che centra il bersaglio e si rivela uno dei brani cardine dell’album.
Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche (Beyond The Mountains) a sfuriate estreme (Invaders) dove le melodie hanno la loro importanza, così come gli interventi della cornamusa che regala un tocco folk/fantasy a tracce come la superba One To Us.
L’album si chiude con le note della ballad d’altri tempi Bright Star Of Midnight, e a noi non rimane che consigliare l’ascolto agli amanti del genere e di gruppi come Amon Amarth ed Ensiferum, dei qiali gli Under Siege sono fieri eredi.

Tracklist
1.Blàr Allt nam Bànag
2.Warrior I Am
3.Time for Revenge
4.Beyond the Mountains
5.Invaders
6.Sotto assedio
7.One to Us
8.Bright Star of Midnight

Line-up
Paolo Giuliani – Vocals, Bagpipes
Daniele Mosca – Guitars, Backing Vocals
GianLuca Fiorentini – Guitars, Backing Vocals
Livio Calabresi – Bass, Backing Vocals
Marzio Monticelli – Drums

UNDER SIEGE – Facebook