Crying Steel – Stay Steel

Stay Steel è un album dal taglio internazionale che ritroveremo sicuramente nelle classifiche di fine anno, almeno per quanto riguarda il metallo classico.

Si torna a parlare di una delle più importanti band heavy metal della nostra penisola, i Crying Steel, leggendario combo attivo dal lontano 1982, anno di uscita del primo demo.

Ovvio che qui si parli della storia del metal classico tricolore, trattandosi di uno dei dei gruppi proposti dal mitico Beppe Riva nella compilation HM Eruprion, che in quegli anni fu una sorta di Vangelo metallico.
Un primo full length licenziato nel 1987 (On The Prowl) e poi venti lunghi anni di silenzio fino al 2007, quando la band bolognese rientra in gioco con il primo di tre lavori arrivando così al 2018, con un Tony Mills in più dietro al microfono (Shy ,TNT, China Blue, tra gli altri) e dando fuoco alle polveri con questo manifesto all’hard & heavy classico intitolato Stay Steel, un pezzo di acciaio indistruttibile, tagliente e melodico, un ritorno imperdibile per tutti gli appassionati del metal duro e puro.
Le chitarre si incendiano sotto le dita dei due chitarristi Franco Nipoti e JJ Frati, la sezione ritmica supporta potente e massiccia con un Luca Ferri kraken dai devastanti tentacoli e Angelo Franchini preciso al basso, il tutto valorizzato da un Mills debordante: questo risulta in sintesi questo nuovo entusiasmante lavoro che si apre con una Hammerfall che lancia le carte e sbanca il tavolo da gioco, asso di una scala reale metallica.
Con The Killer Inside, Blackout e uno dopo l’altro tutti i brani, Stay Steel rappresenta l’heavy metal che ogni fan di Judas Priest e Accept vorrebbe sentire, suonato da un gruppo che non emula ma che, vista la lunga militanza, è custode della tradizione di un modo di fare metal che continua, malgrado gli anni che passano, ad essere nei cuori dei defenders.
Licenziato dalla Pride & Joy Music, Stay Steel è un album dal taglio internazionale che ritroveremo sicuramente nelle classifiche di fine anno, almeno per quanto riguarda il metallo classico.

Tracklist
1. Hammerfall
2. The Killer Inside
3. Speed Of Light
4. Born In The Fire
5. Blackout
6. Barricades
7. Raise Your Hell
8. Crank It Up
9. Sail The Brave
9. Name Of The Father
10. Name Of The Father
11. Warriors
12. Road To Glory

Line-up
Tony Mills – Vocals
Luca Ferri – Drums
Angelo Franchini – Bass
JJ Frati – Guitar
Franco Nipoti – Guitar

CRYING STEEL – Facebook

Goblin 4 – Four Of A Kind

Four Of A Kind risulta ritorno molto convincente, ancora di più se pensiamo alla qualità altissima di queste nuove composizioni che non risentono minimamente dell’anagrafe dei loro creatori, musicisti eccezionali con ancora molto da dire nel panorama progressivo nazionale ed internazionale.

I Goblin sono, insieme ad una manciata di altri nomi illustri, la storia del progressive rock tricolore, famosi in tutto il mondo per aver legato il proprio nome alle fortunate pellicole dalle tematiche horror di Dario Argento.

Nel corso degli anni il loro monicker è stato modificato più volte per non inciampare in diatribe legali con il membro fondatore e tastierista Claudio Simonetti, riavvicinatosi alla band nel 2011, ma subito tornato ai suoi Claudio Simonetti’s Goblin.
New Goblin, Goblin Rebirth, Claudio Simonetti’s Goblin e Goblin 4: la quarta anima del folletto più importante della storia del progressive rock è formata dai quattro quinti della band originale, quindi Fabio Pignatelli al basso, Massimo Morante alla chitarra, Maurizio Guarini alle tastiere e Agostino Marangolo alla batteria.
Four Of a Kind segue il precedente Back To The Goblin e risulta un viaggio strumentale nel mondo progressivo, misterioso e oscuro di chi del genere è diventato l’icona, realtà intoccabile da quarant’anni di un certo modo di fare musica, sempre con quelle sfumature da colonna sonora che ne sono il marchio di fabbrica.
Fin da Uneven Times, splendida apertura, questo nuovo lavoro ci presenta un sound immortale, personalissimo, prodotto e suonato come il monicker in calce alla copertina richiede, pregno di atmosfere pressanti ma valorizzate da un’eleganza compositiva rimasta intatta dopo tutti gli anni trascorsi.
Si passa così da ovvie celebrazioni di sé stessi, a brani capolavoro come Kingdom o Dark Blue(s), sofferto blues dove la sei corde lacrima solos sanguigni, in un contesto che rimane progressivo ed altamente emozionale.
Un ritorno molto convincente, ancora di più se pensiamo alla qualità altissima di queste nuove composizioni che non risentono minimamente dell’anagrafe dei loro creatori, musicisti eccezionali con ancora molto da dire nel panorama progressivo nazionale ed internazionale.

Tracklist
1. Uneven Times
2. In the Name of Goblin
3. Mousse Roll
4. Bon Ton
5. Kingdom
6. Dark Blue(s)
7. Love & Hate
8. 008
9. Goblin [Recorded live in Austin]

Line-up
Maurizio Guarini – keyboards, Hammond orgena, clavicembalo
Fabio Pignatelli – bass, keyboards
Massimo Morante – electric & acoustic guitars, bouzouki
Agostino Marangolo – drums, keyboards

Guest:
Antonio Marangolo – sax (1)

GOBLIN – Facebook

Postmortal – Soil

Soil è un ep altamente consigliato a chi ama il funeral death doom, che avrà così la possibilità di scorgere gli eventuali prodromi di una futura band di primo livello.

Primo ep per i polacchi Postmortal, che si erano già messi in mostra la scorsa estate con il singolo Heart of Depair che è valsa loro l’attenzione di una label importante in ambito doom come la Solitude.

Ogni uscita sotto l’egida dell’etichetta russa crea sempre un certa aspettativa, per cui da Soil ci sia attendeva quanto meno di scoprire se i Postmortal fossero un nome sul quale puntare qualche euro.
Da questi circa venticinque minuti, distribuiti su tre tracce, otteniamo risposte senz’altro positive ma non ancora definitive, nel senso che la band di Cracovia dimostra di maneggiare con tutta la padronanza del caso una materia ostica come quella del funeral death doom, offrendo nel complesso una buona prova alla quale manca ancora la scintilla, il momento memorabile che è poi l’unico modo per rendere peculiare un’offerta musicale collocata all’interno di un genere dal ridotto spazio di manovra.
Elusion, Nighttime Serenity e Seven sono tre buoni brani, dall’andamento dolente e sufficientemente melodico, ben punteggiato da un riffing preciso e da un growl al’altezza della situazione: il tutto rende Soil un ep altamente consigliato a chi ama queste sonorità, che avrà così la possibilità di scorgere gli eventuali prodromi di una futura band di primo livello.

Tracklist:
1. Elusion
2. Nighttime Serenity
3. Seven

Line-up:
Paweł – Bass
Kamila – Drums
Kamil – Guitars
Michał – Guitars
Dawid – Vocals

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Sanguine Glacialis – Hadopelagic

Non ci si annoia tra i tentacoli del Kraken raffigurato sulla copertina, e a tratti ci si esalta, mentre la band ci scarica addosso un’enormità di musica senza confini, stupendo manifesto di cosa può dare il metal estremo al mondo delle sette note se maneggiato da autentici geni come dimostrano di essere i Sanguine Glacialis.

Un album estremo che è uno spettacolo di generi e sfumature, come serpenti in amore che si aggrovigliano lascivi per poi separarsi e tornare all’unisono a formare un muro di suono in movimento perpetuo ipnotico e letale

Furia death metal, tecnica sopraffina, gothic e symphonic e poi divagazioni progressive, jazz, pop e quant’altro passa per la mente di questi geniali musicisti canadesi uniti sotto il monicker Sanguine Glacialis: è musica che riempie lo spazio quella che compone questo bellissimo lavoro intitolato Hadopelagic, composto da un’ora di note che lasciano senza fiato, in un perfetto incontro tra generi diversi spostando il confine del gothic metal verso l’infinito, se ancora il sound del gruppo si può definire tale.
I Sanguine Glacialis strappano un contratto di distribuzione con la Wormholedeath e partono alla conquista degli ascoltatori meno legati ai generi e più aperti alle sperimentazioni, ai quali regalano questo stupendo affresco di musica a 360°, dove la parola d’ordine è stupire con una serie di brani in cui lo spartito viene travolto da una valanga di note senza una loro definitiva collocazione, se non nella musica dei Sanguine Glacialis.
Attiva dal 2012, dopo un primo album (Dancing with a Hanged Man) ed ancora un ep giunono alla definitiva consacrazione, almeno per quanto riguarda la qualità della propria proposta che si avvale, nella sua assoluta originalità, di un songwriting che ha del miracoloso per la fluidità e presa sull’ascoltatore.
Non ci si annoia tra i tentacoli del Kraken raffigurato sulla copertina, a tratti ci si esalta, mentre la band ci scarica addosso un’enormità di musica senza confini, stupendo manifesto di cosa può dare il metal estremo al mondo delle sette note se maneggiato da autentici geni come dimostrano di essere i Sanguine Glacialis.
Prodotto da Chris Donaldson dei Cryptopsy, per Hadopelagic non c’è a mio avviso un altro lavoro al momento che si avvicini per poter solo lontanamente fare un paragone, bisogna solamente sedersi comodi, premere il tasto play e farsi accompagnare dalla musica nel mondo dei Sanguine Glacialis.

Tracklist
1.Aenigma
2.Kraken
3.Libera Me
4.Le cri tragique d’une enfant viciée
5.Funeral for Inner Ashes
6.Oblivion Whispers
7.Deus Ex Machina
8.Missa di Angelis
9.Un ineffable mal-être
10.Monsters

Line-up
Maude Théberge – Vocals & Keyboards
Jonathan Fontaine – Guitar & Backvocals
Remi LeGresley – Guitar & Backvocals
Marc Gervais – Bass & Backvocals
David Gagné – Pavy – Drums

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Kanseil – Fulìsche

Fulìsche è un affresco di quello che è stato nel suo profondo il Veneto, terra ricchissima e poverissima, di estrema povertà come di grande orgoglio, e che ora come tante altre terre ha perso la propria identità che però si può trovare in dischi come questi, che raccontano con dolcezza e durezza, usando il folk metal come dovrebbe essere impiegato, dato che è un ottimo mezzo per raccontare e per far assaporare storie.

I Kanseil sono un gruppo folk metal nato in Veneto, e più precisamente a Fregona in provincia di Treviso.

In poche parole questi ragazzi sanno rendere molto bene con la bella musica e testi molto interessanti l’affetto per un terra, la descrizione di vite difficili, e soprattutto il fortissimo amore per la vita in mezzo alle avversità. C’è una grande forza in mezzo a queste note, ora metalliche, ora fortemente folk, e sopratutto ci sono storie da raccontare, infatti Fulìsche è quasi come un libro da leggere, un resoconto fedele di storie, cuori e carni in tumulto, in un ambiente non certo facile. Ascoltando questo secondo loro disco sulla lunga distanza, uscito per Rockshots Records, ci si innamora facilmente della bellezza e della profondità di questo gruppo. Oltre all’ottimo folk metal, con intarsi death o black, ci sono canzoni totalmente folk nello spirito e nella musica, come Serravalle, che riportano indietro nel tempo, regalandoci il profumo di tempi lontani e ormai andati, e non so se fosse meglio o peggio, ma valgono la pena di essere cantati dai Kanseil. Per tutto il disco si ascolta un gruppo che va ad inserirsi tranquillamente nel novero dei migliori del folk metal italiano e non solo. Fulìsche è un affresco di quello che è stato nel suo profondo il Veneto, terra ricchissima e poverissima, di estrema povertà come di grande orgoglio, e che ora come tante altre terre ha perso la propria identità che però si può trovare in dischi come questi, che raccontano con dolcezza e durezza, usando il folk metal come dovrebbe essere impiegato, dato che è un ottimo mezzo per raccontare e per far assaporare storie.
La differenza la fa la classe musicale dei Kanseil, che sono tutto meno che la media folk metal band, in quanto hanno una profondità ed un livello di composizione davvero superiore, e rendono davvero molto all’ascoltatore. In alcuni momenti si può tranquillamente parlare di grande poesia, e si chiudono volentieri gli occhi per ritrovarsi in piccoli borghi al tramonto, o in mezzo a boschi che bruciano per le battaglie.
Un disco da sentire tutto più e più volte, che afferma ancora una volta il grande valore del folk metal italiano, e che porta alla ribalta ancora una volta il Veneto metallico, che sta davvero vivendo una grande stagione soprattutto in campo black e folk metal.

Tracklist
1. Ah, Canseja!
2. La Battaglia del Solstizio
3. Ander de le Mate
4. Pojat
5. Orcolat
6. Serravalle
7. Vallòrch
8. Il Lungo Viaggio
9. Densilòc

Line-up
Andrea Facchin – Lead Vocals
Federico Grillo – Guitars
Davide Mazzucco : Guitars, Bouzouki
Dimitri De Poli – Bass
Luca Rover – Drums
Luca Zanchettin – Bagpipes, Kantele
Stefano -Herian
Da Re – Whistles,Rauschpfeife

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