Graveborne – 1918

Dischi così non hanno data di scadenza, prestandosi a molti ascolti che daranno sempre soddisfazione, perché chi ama il black metal classico e con contenuti amerà 1918, se poi approfondirete anche la guerra civile finlandese scoprirete molte cose interessanti.

La guerra civile finlandese, sisällissota in lingua originale, fu un sanguinoso e poco conosciuto conflitto interno allo stato nordico che cominciò il 27 gennaio 1918 e che terminò il 27 maggio dello stesso anno.

Gli schieramenti in campo erano fondamentalmente tra i finlandesi rossi, punaiset, guidati dai socialdemocratici e dai comunisti con il supporto sovietico, e dall’altra parte i finlandesi bianchi, i valkoiset, che furono aiutati dalla Germania. Lo scontro, nonostante il limitato periodo di tempo, fu cruento e mise di fronte la Finlandia a quello che sarebbe stato il suo futuro, ovvero di baluardo atlantico alla minaccia sovietica che ha sempre visto la Finlandia come un suo possedimento di diritto. I Graveborne raccontano tutto ciò attraverso un black metal classico e molto influenzato da momenti punk, dove non mancano importanti melodie con le tastiere ed intarsi epici. Il gruppo finnico è attivo da circa una decina di anni e nel corso degli anni ha saputo ritagliarsi una fetta importante di pubblico molto fedele, anche perché i suoi lavori sono tutti di ottima fattura, e forse questo 1918 è il loro episodio migliore. Il disco è interamente in lingua finlandese e ciò fa parte del suo fascino anziché essere un ostacolo alla comprensione: questo lavoro conferma che il black metal è un mezzo molto consono al racconto storico, sia per la sua capacità di rottura che per la sua urgenza musicale e verbale, una poesia di guerra e sangue. 1918 ha al suo interno un vortice di emozioni e di situazioni musicali diverse e tutte molto valide, che lo rendono un’opera black metal di alto livello e variegata, dalle molte opzioni. Dischi così non hanno data di scadenza, prestandosi a ripetuti ascolti che daranno sempre soddisfazione, perché chi ama il black metal classico e con contenuti amerà 1918. Se poi approfondirete anche la guerra civile finlandese scoprirete molte cose interessanti.

Tracklist
1.1918
2.Myrskytuuli
3.Jääkärin tie
4.Valkokaarti
5.Susinarttu
6.Kuoleman kellot
7.Tuomittu
8.Punakaarti
9.Vaiti
10.Jumalan palvelija

Line-up
Raato – Vocals
Marchosias – Guitar
Horkka – Guitar
Kalmo – Bass
Pentele – Drums

GRAVEBORNE – Facebook

Sektarism – Fils de Dieu

L’unica maniera per ascoltare la musica dei Sektarism senza essere respinti con perdite è quella di cogliere, innanzitutto, il senso della loro proposta dal punto di vista concettuale: compreso questo, ovvero il fatto che la band transalpina mette in scena un sorta di autoflagellazione musicale, allora si può tentare di aprire questo terrificante libro e sfogliarne la pagine.

C’è chi considera già le forme, per così dire, canoniche del funeral doom un qualcosa di totalmente alieno alla propria concezione di musica.

Bene, si sappia allora che si può anche andare ben oltre una straziante evocazione del dolore e del senso della caducità umana, come avviene per esempio con l’opera dei Sektarism, combo francese giunto con Fils de Dieu al proprio terzo full length.
Questa sorta di confraternita del dolore formata da musicisti gravitanti nella ben conosciuta ed oblique scena black metal francese, in circolazione da circa un decennio e molto attiva in particolare negli ultimi tre anni, ha ripreso a martellare impietosamente l’audience per ribadire con forza l’ignominia dell’esistenza umana.
Quello dei Sektarism è un vero e proprio rituale, che si perpetra attraverso album registrati dal vivo ed esibizioni che, immagino, siano quanto di più lontano si possa immaginare da un canonico concerto; il sound solo a tratti assume le sembianze di un funeral doom deviato, ma per lo più è segnato delle invocazioni del vocalist Eklezjas’Tik Berzerk che si stagliano incessanti su un substrato dronico/rumoristico che rifugge ogni parvenza di forma canzone.
Detto questo, l’unica maniera per ascoltare la musica dei Sektarism senza essere respinti con perdite è quella di cogliere, innanzitutto, il senso della loro proposta dal punto di vista concettuale: compreso questo, ovvero il fatto che la band transalpina mette in scena un sorta di autoflagellazione musicale, allora si può tentare di aprire questo terrificante libro e sfogliarne la pagine provando a lasciarsi ferire le carni dai dieci minuti di urla strazianti di Oderint Dum Metuant, che altro non sono poi che una sorta di lunga introduzione al secondo brano Sacrifice, oltre mezz’ora di disperazione sonora che ci precipita nella più assoluta oscurità.
Fils de Dieu è un lavoro per stomaci forti ed orecchie ben allenate, ma pensare di sfuggire ai Sektarism è un vano tentativo; in fondo tutti noi dovremmo cominciare a ragionare sull’opportunità di espiare, prima o poi, la colpa di esistere, perché quando ne saremo chiamati a rispondere sarà inevitabilmente troppo tardi.

Tracklist:
1.Oderint dum metuant
2.Sacrifice

Line-up:
Shamaanik B. – Drums
Messiatanik Armrek – Guitars
Eklezjas’Tik Berzerk – Vocals
Kristik A.K. – Bass

KrashKarma – Morph

Morph è un album piacevole che qualche anno fa avrebbe fatto probabilmente più proseliti, mentre oggi rischia d’essere leggermente in ritardo sulle tabelle di marcia, non così tanto però per negargli un ascolto.

I KrashKarma sono un duo statunitense, formato dalla cantante/batterista Niki Skistimas e dal chitarrista/cantante Ralf Dietel, indicato come una sorta di The White Stripes del metal che, però, con la rock band di Jack e Meg White non hanno nulla a che fare.

Niente rock’n’roll,blues o garage per la coppia, che invece ci travolge con un hard rock moderno, ispirato dall’alternative metal a cavallo dei due millenni, e da qualche più poderosa ispirazione nu metal.
Il primo vagito della band risale al 2009 con il primo ep, seguito da due full length, Straight To The Blood del 2011 e Paint The Devil del 2015 che hanno portato buoni giudizi e quel pizzico di popolarità che sicuramente verrà rimpinguata dopo l’uscita di Morph, ultimo lavoro composto da una dozzina di brani da buon appeal, con il buon uso delle voci che si alternano in tracce dure e melodiche, pregne di chorus che catturano fin dal primo ascolto.
Ai KrashKarma non manca certo la carica metallica, su cui si strutturano brani dal buon impatto, e le ispirazioni si muovono tra le top band del periodo in cui il genere faceva sfracelli sui canali e radio satellitari, con accenni più o meno espliciti a Linkin Park, Avril Levigne e Disturbed.
A tratti ci vanno giù veloci e diretti i ragazzi: Morph Into A Monster alterna infatti ritmiche veloci e dirette a chorus di pesantissimo nu metal, risultando il brano più devastante di un lotto di brani che, imperterrito, continua ad alternare melodia e violente sciabolate di hard rock moderno, con la voce della Skistimas in grado di alzare la temperatura quando si fa carico dei chorus.
Morph è in definitiva un album piacevole che qualche anno fa avrebbe fatto probabilmente più proseliti, mentre oggi rischia d’essere leggermente in ritardo sulle tabelle di marcia, non così tanto però per negargli un ascolto.

Tracklist
1. Wake Them Up
2. Stranded
3. Footsteps Of A Lemming
4. The Forgotten Man
5. R.I.O.T.
6. Mechanical Heart
7. Children Of The Never
8. Morph Into A Monster
9. Bury Me Alive
10. Way In/Way Out
11. War
12. Picture Perfect

Line-up
Niki Skistimas – Vocals, Drums
Ralf Dietel – Vocals, Guitars

KRASHKARMA – Facebook

GERDA

Il video di “Lulea, TX”, dall’album “Black Queer”.

Il video di “Lulea, TX”, dall’album “Black Queer”.

“One of the best noisecore bands coming out of Italy these days”.
CVLT NATION

Italy’s GERDA have made a name for themselves as a premiere noise/shoegaze/post-everything band. Each album is an oppressive slab of frantic, emotive and dark music, somehow building on the framework of acts such as Neurosis and Drive Like Jehu, among others. They return this year with a brand new release titled “Black Queer”, which expands upon the foundation laid down with the earlier releases. Each of the songs are haunting and unique in their expressions and linger in the memory long after the album is over.

Says GERDA:

“‘Black Queer’ is our fifth album, recorded and produced by ourselves and delivered to you thanks to 4 italian diy labels.
It is another step in our search for chaos and confusion in sound and style. Our musical language is identified by the permanent overlapping of different rhythmic, harmonic, lyric and sound ideas, we don’t know what will be the synthesis of these elements in advance. Our sound is a life form not the product of a factory. Composing to us is releasing natural and heterogeneous images, then help them survive altogether within the same musical space, within the same pentagram, within the same metronome, within the same metaphor.
Ok, genres exist, and there’s a whole stylistic equipment that you inevitably meet and you inevitably use or chose not to but anyway you cannot escape from coping with it. We know there’s a tradition.
Now, one who listens to our music has probably already listened to a lot of punk, hc, post punk, noise, post rock, post hc, rock and roll, garage, kraut, psychedelia, metal, drone, isolationist electronic music, industrial, techno. Just like we did. What remains of all this in ‘Black Queer’?
Enough, we hope, to maintain a dialogue between us and the tradition to which we feel we belong, and at the same time we know it is a unique record. Openly dedicated to Francesco Vilotta, musician and unsettled seeker of the absolute. It is a homage and an invitation to slam one’s own diversity in the face instead of hiding it, one’s own being opposite”.

Tracklist:
1. Jeg kjorer inn i tunellen
2. Lulea, TX
3. Mare
4. Terzo regno
5. Notte
6. Hafenklang
7. Figlia
8. Theme

Line-up:
Alessandro Turcio
Alessio Compagnucci
Andrea Pasqualini
Roberto Vilotta

Contacts:

gerdatuasorella@gmail.com
shoverecords@gmail.com
wallacerecords.com
sonatineproduzioni.bandcamp.com
bloodysoundfucktory.com
openaudio.it

Credits:
“Figlia” originally written and performed by Vel, original version included in “VEL” (Bloody Sound Fucktory 2014)
“Theme” originally written and performed by PIL
Recorded by Alessio Compagnucci among the hills between Montecarotto (AN) and Poggio S. Marcello (AN) summer 2017
Mixed by Alessio Compagnucci and Gerda at SCA TNT Jesi (AN), fall 2017
Mastered by Maurizio Giannotti at New Mastering, Milano
Artwork by Alessio Compagnucci and Mirko Spino

Discography
Gerda (Wallace, Shove, Donnabavosa 2005)
Cosa Dico Quando Non Parlo (Wallace, Shove, Donnabavosa, Sons of Vesta, Concubine 2007)
Gerda (Bloody Sound Fucktory, Wallace, Shove, The Fucking Clinica 2009)
w/ Dead Like Me – Me And Gerda Are Both Dead Like You (Wallace, Shove, Prototype, The Left Hand, Swarm Of Nails, Not A Pub 2012)
Your Sister (Wallace, Shove, La Fine, Sonatine, Fallodischi 2014)
w/ Tutti i Colori del Buio, Storm O, Chambers – Nerorgasmo 1985-2015 (Escape From Today, Bare Teeth 2015)
w/ Lleroy – Vipera / Siluro (Bloody Sound Fucktory 2017)
w/ Moe – Karaoke (Wallace, Shove, Icore 2017)

Riverside – Wasteland

Wasteland conferma i Riverside come una delle band cardine dei nuovi suoni progressivi sviluppatisi nei primi anni del nuovo millennio.

Tornare sul mercato con un nuovo album dopo una tragedia come quella capitata ai Riverside non è sicuramente compito facile, così come la scelta di continuare come trio dopo la perdita del chitarrista Piotr Grudziński, deceduto nel 2016.

Il successore del bellissimo Love, Fear and The Time Machine suscita sicuramente la curiosità di chi segue da anni il percorso musicale del gruppo polacco, una band diventata di culto per i progsters da quando, nel lontano 2003, esordì con Out Of Myself.
Mariusz Duda, Michał Łapaj e Piotr Kozieradzki, aiutati da una manciata di ospiti, continuano il loro personale viaggio nel mondo della musica progressiva con Wasteland, poetica, tragica ed ombrosa opera che non lascia spazio a molte critiche ed ammalierà i fans del genere.
Introverso, concettualmente durissimo, sferzante di nobile metallo ed attraversato da un’atmosfera di malinconica poetica rock, Wasteland è aperto dall’intro The Day After, sorta di presentazione dei nuovi Riverside e del mood che aleggerà nell’album, che parte invece rabbioso con Acid Reign, spettacolare brano progressive metal.
Lament è un altro brano top del disco: la voce melanconica si erge su un tappeto sonoro che alterna bordate elettriche ad arpeggi delicati e dark, mentre The Struggle For Survival è uno splendido strumentale di oltre nove minuti che, di fatto, divide l’album e lascia al tenue incedere di River Down Below il compito di accompagnarci nella parte conclusiva dell’opera.
La title track è uno straordinario esempio di metal progressivo, in cui oscure atmosfere di matrice folk sono spazzate da venti metallici in un saliscendi emozionale intenso e coinvolgente.
L’album si chiude con le raffinate note dark del pianoforte in The Night Before, traccia che scrive la parola fine di un’ opera molto suggestiva, confermando i Riverside come una delle band cardine dei nuovi suoni progressivi sviluppatisi nei primi anni del nuovo millennio.

Tracklist
1. The Day After
2. Acid Rain Part I. Where Are We Now? Part II. Dancing Ghosts
3. Vale Of Tears
4. Guardian Angel
5. Lament
6. The Struggle For Survival Part I. Dystopia Part II. Battle Royale
7. River Down Below
8. Wasteland
9. The Night Before

Line-up
Mariusz Duda – vocals, electric and acoustic guitars, bass, piccolo bass, banjo, guitar solo on ‘Lament’ and ‘Wasteland’
Michał Łapaj – keyboards and synthesizers, rhodes piano and Hammond organ, theremin on ‘Wasteland’
Piotr Kozieradzki – drums

RIVERSIDE – Facebook