Sergeant Thunderhoof – Terra Solus

Un viaggio a ritroso nel tempo, un’esplorazione musicale del cosmo, che attinge al cospirazionismo alieno con sonorità calde e valvolari, analogiche e vintage.

Gli inglesi Sergeant Thunderhoof già avevano impressionato in termini altamente positivi con Ride of the Hoof (2015).

Con questa quarta fatica, come sempre autoprodotta, la band britannica non fa altro che confermare – sin dalle bellissima copertina, stile Andromeda-Saturnalia – tutte le proprie indubbie qualità. Siamo in presenza di un heavy psych che guarda esplicitamente al passato (non di uno stoner moderno, come numerose volte in questi casi accade). In particolare, nelle otto tracce di questo Terra Solus, tutte di durata compresa tra i quattro e i nove minuti complessivi, si respira aria di fine anni Sessanta-primissimi Settanta. Arcadium, Pink Floyd, Astral Navigations e Dark paiono essere gli amori musicali del gruppo inglese, che ci dona un platter di suoni pesanti e ipnotici, scuri e fantascientifici. La scrittura è sempre abbastanza complessa, le ambientazioni sonore a tratti quasi siderali (vengono in mente pure i primi tre degli UFO oppure gli ultimi Move di Roy Wood, nonché gli Hawkwind degli esordi). Anche i titoli e testi dei vari brani confermano un’attitudine molto rock e spaziale. A livello lirico e ispirativo, i Sergeant Thunderhoof mettono inoltre in mostra testi molto colti ed intelligenti, complessi e sofisticati, consacrati per lo più a temi quali il cospirazionismo, gli Illuminati, la mitologia aliena e la tradizione esoterica ed astrologico-occulta. Vale davvero la pena di ascoltarli, nonostante non siano di facilissima reperibilità dalle nostre parti (ci si può rivolgere a Black Widow di Genova). Le edizioni in vinile, oltre ad essere magnifiche, rendono giustizia a tutto l’immaginario musicale e iconografico dei Sergeant Thunderhoof, un combo realmente senza tempo, capace di riportare in vita (nell’episodio conclusivo) pure certe ritmiche raga della Notting Hill di fine ’60.

Tracklist
1- Another Plane
2- Stellar Gate Drive
3- The Tree and the Serpent
4- B Oscillation
5- Diesel Breath
6- Priestess of Misery
7- Half a Man
8- Om Shaantih

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Dream Theater – Distance Over Time

Probabilmente ci si dovrebbe avvicinare a Distance Over Time senza farsi condizionare dal nome della band, lasciando che sia la musica a parlare per i protagonisti: in tal caso le soprese non mancheranno di certo svelando finalmente un nuovo grande album marchiato Dream Theater.

Il quattordicesimo album in studio dei Dream Theater, primo per InsideOut, segna un ritorno al passato e a quelle sonorità metalliche che segnarono le opere del gruppo di John Petrucci almeno fino al bellissimo e sottovalutato Train Of Thoughts.

Questa è la considerazione più logica per valutare un lavoro bello, intenso e finalmente “metal” come Distance Over Time, lontano anni luce dagli ultimi lavori e soprattutto dal prolisso e scialbo The Astonishing.
I cinque sovrani del metal progressivo, che oggi oltre a LaBrie, Petrucci e Myung, vedono ben saldi al loro posto l’ormai veterano Jordan Rudess e Mike Mangini (che a discapito dei suoi detrattori in questo lavoro si dimostra batterista all’altezza della situazione), si sono rinchiusi negli studi Yonderbarn di Monticello per creare questa monumentale opera che, appunto, torna a quel genere che se proprio non hanno inventato (i Rush sono i veri padri del prog metal) hanno portato al successo con i capolavori licenziati nei primi anni novanta.
La verità inconfutabile è che i Dream Theater si sono scrollati di dosso molte scorie progressive superflue, hanno imbracciato gli strumenti decisi a suonare ancora heavy metal inarrivabile sotto l’aspetto tecnico e questa volta supportato da una manciata di belle e robuste tracce.
Petrucci, che appare in stato di grazia come ai bei tempi, Rudess, a tratti ispirato dallo spirito di Jon Lord, e una sezione ritmica garanzia di evoluzioni mai fine a se stesse, accompagnano un LaBrie che non sarà al massimo delle sue prestazioni risultando però convincente dal punto vista emozionale (magari aiutato da qualche filtro di troppo, ma siamo davvero ai dettagli).
Distance Over Time è un album heavy metal, elegante come solo le band con uno spirito progressivo sanno creare e, soprattutto, godibile anche per chi non è un fan accanito del gruppo.
A tratti diretto e potente, l’album regala spettacolari brani come l’opener Untethered Angel, il capolavoro Fall Into The Light, il crescendo melodico di S2N e la progressione metallica del secondo passaggio chiave del lavoro intitolato Pale Blue Dot.
Probabilmente ci si dovrebbe avvicinare a Distance Over Time senza farsi condizionare dal nome della band, lasciando che sia la musica a parlare per i protagonisti: in tal caso le sorprese non mancheranno di certo svelando finalmente un nuovo grande album marchiato Dream Theater.

Tracklist
01. Untethered Angel
02. Paralyzed
03. Fall into the Light
04. Barstool Warrior
05. Room 137
06. S2N
07. At Wit’s End
08. Out of Reach
09. Pale Blue Dot
10. Viper King

Line-up
John Petrucci – Guitars
John Myung – Bass
James LaBrie – Vocals
Jordan Rudess – Keyboards
Mike Mangini – Drums

DREAM THEATER – Facebook

Abyssic – High The Memory

Quasi un’ora e venti di musica può sembrare un’enormità, ma non lo è affatto quando viene esibita in maniera così fluida e l’audience possiede il giusto approccio al genere: ciò che meraviglia è appunto il fatto che in un lavoro di tali dimensioni non vi siano cali di tensione, specialmente nei due brani più lunghi che superano entrambi i venti minuti di durata.

Gli Abyssic sono a loro modo una novità in ambito doom, in quanto fondono in maniera mirabile l’incedere rallentato del funeral con gli spunti sinfonici del black metal norvegese.

Non è un caso, del resto, se la band vede quale fondatore Memnoch, già membro oltre che dei notevoli Susperia anche degli Old Man’s Child di Galder, dei quali ha fatto parte anche il ben noto drummer Tjodalv (Dimmu Borgir) che assieme al tastierista Andre Aaslie (Funeral), alla bassista Makhashanah (ex Sirenia) e all’altro chitarrsta Elvorn, anch’egli nei Susperia, va a completare la line-up di quello che potrebbe sembrare a prima vista una sorta di supergruppo black metal e che, invece, è autore di uno degli album più solenni e luttuosi usciti quest’anno.
Quale possibile termine paragone per l’operato degli Abyssic si potrebbe prendere l’ultima opera dei redivivi Comatose Vigil (con il suffisso A.K.) con la differenza sostanziale di un approccio molto meno soffocante, favorito da un lavoro delle tastiere che sposta il sound su un piano atmosferico piuttosto che orrorifico o funereo.
High The Memory va ad aggiungersi allo splendido esordio del 2016 A Winter’s Tale, esaltando come in quell’occasione il tocco di Aaslie e, in generale, di tutta una band composta da musicisti di spessore asserviti alla creazione di brani lunghi, avvolgenti e melodicamente ineccepibili.
Quasi un’ora e venti di musica può sembrare un’enormità, ma non lo è affatto quando viene esibita in maniera così fluida e l’audience possiede il giusto approccio al genere: ciò che meraviglia è appunto il fatto che in un lavoro di tali dimensioni non vi siano cali di tensione, specialmente nei due brani più lunghi come la title track o Where My Pain Lies, che superano entrambi i venti minuti di durata.
Gli Abyssic portano alle estreme conseguenze livello melodico il pathos che sono stati capaci di creare in passato band come gli Ea o i Monolithe; peraltro, proprio con questi ultimi, i norvegesi intraprenderanno in primavera un tour europeo che farà tappa in Italia il prossimo 18 aprile allo Slaughter di Paderno Dugnano: una serata che si preannuncia imperdibile per gli amanti di queste magnifiche sonorità.

Tracklist:
1. Adornation
2. High the Memory
3. Transition Consent
4. Where My Pain Lies
5. Dreams Become Flesh

Line-up:
Memnock – vocals, contrabass
Elvorn – guitars
Andre Aaslie – keys, orchestration
Tjodalv – drums
Makhashanah – bass, additional vocals

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Porn – The Darkest Of Human Desires Act II

Goth, electro, ebm, un pizzico di doom e tanto industrial sono la formula vincente di un discorso musicale che sta evolvendo disco dopo disco, in maniera coerente e prepotente.

Ritornano i Porn con il secondo disco sulla trilogia imperniata sulla misteriosa storia del cantante Mr. Strangler, dopo The Ogre Inside – Act I del 2017.

I Porn sono uno dei gruppi più interessanti e validi dell’industrial metal mondiale, scena che non sempre brilla per originalità. I francesi compongono le loro canzoni con un ampio ventaglio di scelte. Molto presente è anche l’elemento gotico, anzi in certi passaggi, specialmente in questo ultimo lavoro, sono quasi doom. Non hanno fretta i Porn, lo squartamento della nostra anima e del nostro corpo avviene pezzo per pezzo, attraverso una lenta e certosina agonia. Il loro suono è molto peculiare, parte dai capisaldi del genere, ma non diventa mai derivativo o imitativo, proponendo invece una via personale che è molto convincente. Molto forte e potente è la presenza dell’elettronica, elemento che porta ancora più in profondità il loro suono. L’eccellente produzione fa rendere al meglio queste note, che essendo così nitide fanno ancora più male. Il disco verte sul male che ci fa la società nella quale viviamo, la continua frattura fra ciò che siamo e ciò che dobbiamo essere per sopravvivere. Non è facile essere frammentati in tante piccole parti, senza mai riuscire a cogliere il nostro insieme. Le fratture provocano danni e violenza, contro noi stessi o contro altri e i Porn descrivono molto bene tutto ciò. Goth, electro, ebm, un pizzico di doom e tanto industrial sono la formula vincente di un discorso musicale che sta evolvendo disco dopo disco, in maniera coerente e prepotente. The Darkest Of Human Desires Act II è inoltre dedicato ai nostri impulsi bestiali, ed infatti possiamo sentire dentro il disco le voci e le gesta di assassini seriali come Richard Ramirez , Ed Kemper, Charles Manson, Richard Schaeffer e Jeffrey Dahmer, che hanno ispirato molta musica.

Tracklist
1. Choose Your Last Words
2. Evil 6 Evil
3. Here For Love
4. Tonight, Forever Bound
5. Remorse For What
6. My Rotten Realm
7. Eternally In Me
8. The Radiance Of All That Shines
9. Abstinent Killer
10. The Last Of A Million

Line-up
Mr Strangler – Vocals, drums programming, synth
The One – Synth, guitar
The Priest – Bass
Zinzin Stiopa -Guitar

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Altarage – The Approaching Roar

The Approaching Roar è composto da nove movimenti che formano un inno all’apparenza disarticolato, ma perfettamente logico nel suo andamento, in cui le note non sono mai fini a sé stesse: un’opera che racchiude più di altre il concetto di estremo e quindi in grado di svelare la sua animalesca bellezza solo agli amanti del genere.

La proposta dei deathsters spagnoli Altarage segue una linea compositiva che ne fa un tornado di note provenienti dall’abisso in un vorticoso salire verso la superficie.

Questa tempesta elettrica si porta dietro demoni e diavoli che attraversano corpi e si impossessano delle anime seguendo il corso di un caos primordiale scaturito da questa insana musica estrema creata dal gruppo basco.
Sono giunti al terzo lavoro gli Altarage, quindi la loro proposta non è più una sorpresa ed il muro sonoro formato da una apparente alleanza tra black, death e sludge metal continua la sua totale devastazione, senza remore e compromessi.
Il terzo album in soli quattro anni, un record di questi tempi, segno di una vocazione per il male in musica in pieno fermento e creatività, porta il quartetto a questo immane lavoro in cui non c’è spazio per melodie, facili riff o chorus, ma solo musica portata all’estremo.
Black, death e sludge si diceva, grazie ad un sound che si nutre di questi generi e viene sferzato da venti imputriditi provenienti dall’inferno, dove il growl è un latrato demoniaco e gli strumenti sono le armi per portare caos e male sulla terra.
The Approaching Roar è composto da nove movimenti che formano un inno all’apparenza disarticolato, ma perfettamente logico nel suo andamento, in cui le note non sono mai fini a sé stesse: un’opera che racchiude più di altre il concetto di estremo e quindi in grado di svelare la sua animalesca bellezza solo agli amanti del genere.

Tracklist
1. Sighting
2. Knowledge
3. Urn
4. Hieroglyphic Certainty
5. Cyclopean Clash
6. Inhabitant
7. Chaworos Sephelln
8. Werbuild
9. Engineer

ALTARAGE – Facebook

MORTIIS

Il video di “Visions of an Ancient Future”, dall’album “Spirit Of Rebellion” di prossima uscita.

Il video di “Visions of an Ancient Future”, dall’album “Spirit Of Rebellion” di prossima uscita.

Mortiis presenta il video di ‘Visions of an Ancient Future’ e offre 24 album in download gratuito per festeggiare l’imminente tour nordamericano

Il visionario artista norvegese MORTIIS si sta preparando per un altro emozionante ciclo della sua Era I e ha appena presentato il video per la canzone “Visions of an Ancient Future”, tratto dal suo prossimo album “Spirit Of Rebellion”. Il video è stato diretto e prodotto dal produttore cinematografico finlandese Ari Savonen, noto per lavori come “Takapihan Pojat: Joulutarina” (2011), “Törkypukki vol. 2 “ (2016) e “Backwood Madness” (2019).

Il padrino del dungeon synth.commenta: “Ho dovuto affrontare un sacco di demoni per arrivare a questo punto. Torneranno, torneranno sempre, ma almeno la mia visione non è più annebbiata… Quando stavo lavorando nella reinterpretazione della mia vecchia musica per il festival Cold Meat Industry festival di Stoccolma poco più di un anno fa, non avevo idea che alla fine avrei creato un (quasi) nuovo disco, né che una parte sarebbe stata usata per il mio primo video di Dungeon Synth dal 1996. Ma eccoci qui. Un nuovo video e della (quasi) nuova musica, più il mio primo tour negli Stati Uniti di Era 1 dal 1999”.

Per festeggiare il tour, MORTIIS offre per un periodo di tempo limitato il download gratuito di ben 24 dischi tramite Bandcamp!
https://downloadmusic.mortiis.com

MORTIIS North American tour
MAR 28 Metro Gallery Baltimore MD
MAR 29 Brooklyn Bazaar, New York NY
MAR 30 The Raven, Worcester, MA (Northeast Dungeon Siege)
MAR 31 Petit Campus, Montreal QC
APR 01 Velvet Underground, Toronto ON
APR 02 The Forge, Joilet, IL
APR 04 El Corazon, Seattle, WA
APR 05 Hawthorne Theatre, Portland, OR
APR 06 Oakland Metro, Oakland CA
APR 07 Lodge Room, Los Angeles CA

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