Krigere Wolf – Eternal Holocaust

I Krigere Wolf sono un gruppo di amanti del black metal che fa musica per chi apprezza il genere nella sua versione oltranzista, estrema ed ortodossa.

Sesto lavoro per dieci anni di attività per i siciliani Krigere Wolf, alfieri di un ottimo black metal, potente e molto ben suonato, perfettamente aderente al titolo.

I Krigere Wolf sono uno dei migliori gruppi black metal italiani e non solo, hanno un suono maestoso e magniloquente. Cinque pezzi più un tributo ad un gruppo storico per il black metal, i Dissection. I Krigere Wolf sono un gruppo di amanti del black metal che fa musica per chi apprezza il genere nella sua versione oltranzista, estrema ed ortodossa. Non ci sono novità particolari in questo disco, ma ci sono le cose più importanti per un lavoro black metal: compattezza, velocità e cattiveria. Anche la durata sotto la mezz’ora è una scelta azzeccata, non si disperde nulla e tutto è incontrollo. Molto presente nel sound anche la componente più debitrice verso il death metal, soprattutto nelle ritmiche della batteria, suonata dal fondatore e deux ex machina Rick Costantino, che si occupa anche del basso in studio. La formazione a due rende al meglio grazie ad un ottimo affiatamento: nel mare di uscite black metal i Krigere Wolf sono un gruppo che merita di essere ascoltato per la potenza e la cura con cui propone la propria musica. Eternal Holocaust è un massacro dalla prima all’ultima traccia ed evoca atmosfere antiche e molto diverse dalla modernità, dove la pietà è assente, ma questo lo sperimentiamo ogni giorno anche nel nostro tempo. Il black metal che ci propone il duo siciliano pesca tra vari riferimenti, è sempre molto vario e soddisferà in pieno chi ama questa saturazione del proprio spazio sonoro. Il disco verrà pubblicato da un’etichetta polacca, la Lower Silesian Stronghold, fatto che conferma la popolarità e la credibilità che possiedono i Krigere Wolf fuori dai confini nazionali, considerando che sono stati per per anni nel roster della coreana Fallen Angels Productions, arrivando a produrre uno split con i mitici giapponesi Sabbat.

Tracklist
1. Primordial (Intro)
2. Eternal Holocaust
3. Blasphemous Chaos Magnifience
4. Mystic Genocide
5. Vision of Death
6. Night’s Blood (Dissection tribute)

Line-up
Rick Costantino – Drums/Bass/Vocals
Salvo Leonardi – Guitars/Vocals
LIVE SESSION – Salvatore Martino Testa – Drums

KRIGERE WOLF – Facebook

The Alligator Wine – The Flying Carousel

Un esperimento in parte riuscito ma che va rivalutato ovviamente su un minutaggio più probante.

Sono tre i brani con in quali i The Alligator Wine provano a convincerci che la loro proposta, oltre ad essere originale, è anche valida.

Le tre canzoni dai tratti rock/pop vintage sono suonati con tastiere, batteria, amenità elettroniche e senza uso di basso e soprattutto chitarra, una scelta coraggiosa considerando che il genere viene riprodotto senza due strumenti primari.
La Century Media ci ha creduto e li ha messi sotto contratto, loro non hanno tradito le attese e regalano brani davvero interessanti, dove gli strumenti elettronici creano atmosfere dal taglio pop, per poi virare su di un rock a metà strada tra la tradizione settantiana e quella del decennio successivo, anche se a mio avviso il meglio è tutto racchiuso nella conclusiva Reptile, episodio psichedelico che prende le distanza dalle facili melodie da balera rock delle prime due tracce (la title track e Dream Eyed Little Girl) per sette minuti tra la liquida follia compositiva dei più psichedelici The Doors ed il freddo ed alternativo sound elettronico degli svizzeri The Young Gods.
Un esperimento in parte riuscito ma che va rivalutato ovviamente su un minutaggio più probante.

Tracklist
01. The Flying Carousel
02. Dream Eyed Little Girl
03. Reptile

Line-up
Thomas Teufel – Drums, Vocals & Percussion
Rob Vitacca – Vocals, Organ & Synthesizer

THE ALLIGATOR WINE – Facebook

Eris Pluvia – Tales From Another Time

Un album delicato, a tratti introspettivo, ma in grado di tenere alta l’attenzione di chi ascolta con soluzioni improvvise, cambi di umore e colori che sono la carta vincente di questi sei nuovi brani creati dagli Eris Pluvia.

Tornano con un nuovo lavoro i genovesi Eris Pluvia, band da considerarsi storica nel panorama del rock progressivo nazionale.

Rings of Earthly Light, album licenziato nel lontano 1991, è considerato un passo fondamentale nel ritorno in auge del genere, in anni in cui l’interesse degli ascoltatori era spostato verso differenti sonorità, ma per trovarne il successore, complice anche la prematura scomparsa del tastierista Paolo Raciti, si sono dovuti attendere quasi vent’anni (Third Eye Light, 2010), mentre del più recente Different Earths, uscito nel 2016, ne avevamo già parlato sulle pagine di Metaleyes.
Questa volta non abbiamo dovuto aspettare troppo tempo per un nuovo album targato Eris Pluvia e Tales From Another Time torna a far parlare del gruppo ligure e del suo progressive rock di gran classe.
Un’ora di musica divisa in sei capitoli, un album che si presenta come le classiche opere degli anni settanta, eppure tra le trame della musiva di Tales From Another Time ci si perde tra tradizione e soluzioni moderne, un mix di musica progressiva classica, new prog inglese ed ispirazioni che riflettono la voglia del gruppo di sperimentare nuove soluzioni, più vicine a quanto si ascolta in questi primi anni del nuovo millennio.
Ne esce un sunto elegante e raffinato di quello che in gran parte abbiamo ascoltato in tanti anni di progressive rock, con la band che non ha paura di sperimentare rimanendo legata alle sue influenze primarie, dai Pink Floyd a Genesis e Camel fino ai Porcupine Tree.
Bellissime le tre suite, La Chanson de Jeanne, The Call of Cthulhu e la conclusiva The Hum, ma è comunque tutto Tales From Another Time che funziona al meglio, regalando all’ascoltatore momenti di rock progressivo di qualità.
Un album delicato, a tratti introspettivo, ma in grado di tenere alta l’attenzione di chi ascolta con soluzioni improvvise, cambi di umore e colori che sono la carta vincente di questi sei nuovi brani creati dagli Eris Pluvia.

Tracklist
1. When Love Dies
2. Lost in the Sands of Time
3. La Chanson de Jeanne (Pt’s 1-3)
4. The Call of Cthulhu (Pt’s 1-3)
5. Last Train to Atlanta
6. The Hum (Pt’s 1-5)

Line-up
Alessandro Cavatorti – guitars & words
Marco Forella – bass, piano, programming keyboards & drums
Roberto Minniti – vocals
Roberta Pitas – flute

Ludovica Strizoli – vocals

ERIS PLUVIA – Facebook

LITHIO

Il video di Il Grande Inganno, dall’album Shibuya di prossima uscita (Bagana Records/Pirames International Distribution).

Il video di Il Grande Inganno, dall’album Shibuya di prossima uscita (Bagana Records/Pirames International Distribution).

Da oggi è disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming Il Grande Inganno (Bagana Records/Pirames International Distribution), il primo singolo della rock band Lithio, tratto dal nuovo album “Shibuya” in uscita nei prossimi mesi. https://Pirames.lnk.to/IlGrandeInganno

Il Grande Inganno è una riflessione introspettiva che il frontman, nonché autore dei testi Daniele Scardina, esterna in un toccante messaggio sulla vita, un viaggio mendace senza manuali d’istruzione, senza preavvisi, in cui tutto può improvvisamente diventare difficile e addirittura insopportabile, in un’altalena incontrollabile di connessioni con tutti gli altri.

Non sempre quello che succede ha una ragione. Succede e basta. Nessuno ti dice come devi vivere e nessuno può giudicare le tue scelte. Una persona molto importante della mia vita mi disse che vivere è una scelta. Aveva ragione. Il grande inganno…Vivere è una scelta.

Il testo del singolo Il Grande Inganno è stato scritto da Daniele Scardina, composto e arrangiato nelle musiche dallo stesso Scardina, assieme a Leonardo Mitidieri, Davide Sestaioni e Frank Altare. Con la produzione artistica di Frank Altare, il singolo è stato registrato e mixato dallo stesso producer presso 33 Mhz Studio di Trezzo Sull’Adda (MI), masterizzato presso Elephant Studio di Roma da Riccardo Parenti e Enrico Scutti. Il video è stato girato a Tokyo in Giappone, dove il cantante ha trascorso diverso tempo nonché scritto la maggior parte del nuovo album, da Simone Ferrini (che ne ha curato anche il montaggio), Simone Salvatore e Filippo Cerri.

La band sarà presto impegnata dal vivo per una data unica a Firenze, nella quale presenteranno il nuovo brano assieme a qualche novità, per poi andare in Russia per diverse date esclusive a fine maggio:

20.04 Circus Club, Firenze
17.05 Tambov, Molotov Bar – Russia
18.05 Balakovo, Lucky Pub – Russia
19.05 Ulyanovsk, Record Pub – Russia
21.05 Sterlitomak, Artel – Russia
22.05 Izhevsk, Bez B – Russia
23.05 Glazov, Hard Machine – Russia
24.05 Cheboksary, SK Bar – Russia
25.05 Nizhiny Novgorod, Rock and road – Russia

I Lithio sono: Daniele Scardina (Voce), Leonardo Mitidieri (Batteria), Michele Colantuoni (Basso) e Marco Melillo (Chitarra).

www.facebook.com/lithioland

www.instagram.com/lithio_official

BIOGRAFIA
Certe volte basta poco per iniziare un sogno, una chitarra e un registratore Philips degli anni 80. Così nasce una nuova vita fatta di parole e accordi, così nascono i Lithio.
Daniele Scardina forma nel 2002 la band, in pieno stile grunge. La band suona in numerossimi live, da citare la presenza nella bill degli I-Days Festival 2017 con artisti quali Linkin Park, Sum 41 e Blink 182, al Summer Festival di Lucca e in apertura di artisti tra cui i Linea 77, Giusy Ferreri, Emma Marrone e Anggun. Nel 2009 esce il primo disco dal titolo “Stato d’Anime”, che porta la band al primo tour ufficiale in tutta Italia. Nel 2012 esce “Le Verità Nascoste”, concept album che fa conoscere al grande pubblico la qualità compositiva della band. Il disco porta alla vittoria di numerosi concorsi tra cui la Battle of The Band 2012 promossa da Virgin Radio.
Il 6 febbraio 2016, anticipato dal singolo #IoNo, esce “Lithioland”, terza fatica della band, ne segue un tour di oltre 50 date, tra cui uno show in apertura a Eugenio Finardi e gli iDays a Milano già sopracitati.
Nel 2017 arriva la prima tournée estera per i Lithio che li porta in Russia con 10 date, e nello stesso anno decidono di effettuare una grossa evoluzione nella composizione. Gran parte del nuovo lavoro viene scritto in Giappone e verrà influenzato dall’elettronica. Nel 2019 uscirà il nuovo lavoro discografico, “Shibuya”.

MEPHORASH – SHEM HA MEPHORASH

Quarta chiamata per il gruppo svedese di Uppsala. Un album splendido, complesso ed antico, ordito su trame di profonde e remote atmosferiche note, almeno tanto quanto la Cabala Ebraica, qui tematica prevalente delle loro liriche.

Misteriosamente malvagi, malignamente arcani, anticamente occulti: queste tre definizioni rendono l’idea di quanto siano e di quanto ci propongano gli svedesi Mephorash.

La band di Uppsala non può che rendere felici tutti i fan del Black Metal più tetro ed oscuro. Atmosfere nere come l’antro di Satana e rosse come il fuoco avernale, sublimano i nostri padiglioni auricolari, immergendoci in un mare di cupo ed arcaico misticismo ebraico. Sì, perché le tematiche affrontate dai Nostri, ruotano pressoché tutte attorno agli aspetti più tetri ed antichi della religione ebraica. Shem ha-Mephorash, d’altro canto, non è altro che il Tetragramma (o Tetragrammaton), ossia la sequenza delle quattro lettere che compongono “il nome impronunciabile di Dio” (YHWH, dall’ebraico, lingua che non prevede in scrittura le vocali; ossia : yod, he, waw, he, anche se la vera pronuncia è nota solo ai rabbini iniziati) e presente nella Cabala, propria dell’esoterismo ebraico. Riferimenti alle forze del male, ossia gli aspetti più impuri di tutto il misticismo della religione rabbinica, pregnano i testi di tutta la loro produzione (questo è il loro quarto full-length che, insieme a due ep e ad uno split con gli statunitensi Ashencult, ne rappresentano tutta la carriera dal 2010 sino ad oggi), e ci vengono “raccontati” egregiamente, grazie ad uno stile molto personale di interpretare il Black Metal. Qui ci potremmo sicuramente accostare ai greci Rotting Christ ed Acherontas o ai polacchi Behemoth, almeno per quanto riguarda, sia l’attitudine alla teatralità e alla maestosità degli ingressi di ogni traccia, che alla conduzione dei momenti musicali, sempre imperiosa, maestosa ma anche tragicamente solenne. Forse però, a differenza delle (super) band citate, nei Mephorash si percepisce in ogni singola nota, una misteriosità antica, remota, che rimanda ad ere così lontane nel tempo, che le memorie non riescono a rimembrare, o che forse, non desiderano farlo, tale è la pregnanza di occulti misteri, arcani enigmi e malvagi ed innominabili segreti.
L’utilizzo pressoché perfetto dei synth, accompagnato da stigi arpeggi e, talvolta, da femminili soavi – ma al contempo dolorosi – vocalizzi, creano attorno ad un Black Metal più “mediterraneo” che “scandinavo”, splendide atmosfere che contribuiscono ad affrescare la tavola, ove i colori più vivaci risultano essere il grigio ed il nero. Ascoltare brani come King of Kings, Lord of Lords, Epitome II: The Amrita of Vile Shapes e la stessa title-track (15 minuti di assoluta delizia musicale), possibilmente con testi alla mano, appagano i nostri più reconditi desideri di sapere e di conoscere, quanto di più occulto e misterioso, l’antica religione, ci può raccontare.
Strutturalmente si parla sempre di Black Metal, intendiamoci, ma arricchito qui da favolosi influssi Death che adornano di scale musicali tutta la loro composizione (come per i citati polacchi), e si accompagnano ad un double scream (quello di Mashkelah M’Ralaa e di N. Tengner) che duetta magicamente, senza mai essere troppo legato ad un genere o all’altro; sempre in bilico, come talvolta accade tra Tolis ed Ace (Rotting Christ) o tra Nergal e Orion (Behemoth), ma qui impostato come vero e proprio matrimonio, ove vige parità di diritti, e non come un semplice fidanzamento tra main e backing vocals.
Ascoltare Shem Ha Mephorash infine, significa rimanere racchiusi nei gusci e negli involucri (dall’ebraico Qliphoth, nella tradizione cabalistica, le forze del male, che nel grimorio “Black Magic Evocation of the Shem ha Mephorash” rappresentano i quattro anti-mondi che si contrappongono ai quattro mondi elementari della Cabala Ebraica, ossia : Atziluth, Beri’ah, Yetzirah e Assiah), di sonorità profondamente antiche, che proiettano l’immaginario dell’ascoltatore più attento e più sensibile, in un reame (musicale) quasi metafisico, qui raccontatoci non dallo Sefer Yetzirah, bensì attraverso sublimi note musicali e dall’immensa complessità delle liriche di cinque ragazzi svedesi!

Tracklist
1. King of Kings, Lord of Lords
2. Chant of Golgotha
3. Epitome I: Bottomless Infinite
4. Sanguinem
5. Epitome II: The Amrita of Vile Shapes
6. Relics of Elohim
7. 777: Third Woe
8. Shem Ha Mephorash

Line-up
Mishbar Bovmeph – Guitars (lead), Vocals (backing), Bass
Ayram Etaumiel – Guitars (rhythm), Bass
Mashkelah M’Ralaa – Vocals
Tephra Brabeion -Drums, Percussion
N. Tengner – Vocals

MEPHORASH – Facebook