The Damned Things – High Crimes

Non fatevi ingannare dalla presenza del leader degli Anthrax, perché il sound dei The Damned Things non ha nulla a che spartire con la storica band americana, quindi lasciate che punk, alternative, qualche riff stonato qua e là e tanta melodia vi travolgano per una quarantina di minuti scarsi di rock moderno a stelle e strisce.

Quando ormai ci eravamo dimenticati di questa sorta di super gruppo (o progetto parallelo, a seconda dei punti di vista) chiamato The Damned Things, arriva dopo nove anni tramite Nuclear Blast il successore di Ironiclast.

High Crimes torna a far parlare di questa band composta oggi da Scott Ian (Anthrax), Joe Trohman e Andy Hurley (Fall Out Boy) , Keith Buckley (Everytime I Die) e Dan Adriano (Alkaline Trio).
L’album propone dieci brani, melodici, accattivanti e a tratti irresistibili che miscelano in un unico sound, punk rock melodico ed alternative metal con la giusta spinta ed una cura per melodie radiofoniche che non passerà sicuramente inosservata.
Non si tratta solo di nomi importanti della scena rock metal messi insieme a casaccio, ma di una band che sa divertire, bilanciando perfettamente energia punk/metal e melodie dal grande appeal.
D’altronde l’esperienza dei musicisti, il cosiddetto mestiere, non manca di certo e i brani più rappresentativi della tracklist (Something Good’, Invincible, Young Hearts e Keep Crawling) ne sono l’esempio.
Non fatevi ingannare dalla presenza del leader degli Anthrax, perché il sound dei The Damned Things non ha nulla a che spartire con la storica band americana, quindi lasciate che punk, alternative, qualche riff stonato qua e là (Keep Crawling) e tanta melodia vi travolgano per una quarantina di minuti scarsi di rock moderno a stelle e strisce.

Tracklist
1. Cells
2. Something Good
3. Invincible
4. Omen
5. Carry A Brick
6. Storm Charmer
7. Young Hearts
8. Keep Crawling
9. Let Me Be (Your Girl)
10. The Fire Is Cold

Line-up
Scott Ian – Guitar
Joe Trohman – Guitar
Keith Buckley – Vocals
Dan Adriano – Bass
Andy Hurley – Drums

THE DAMNED THINGS – Facebook

Tenebra – Gen Nero

Si prendono le mosse dalla tradizione dei sessanta e dei settanta, ma in mano ai Tenebra diventa qualcosa di nuovo che si rinnova dentro le nostre orecchie.

I Tenebra da Bologna sono composti da Claudio al basso, Emilio alla chitarra e Mesca alla batteria, elementi dalla scena hardcore e post-hardcore cittadina (Settlefish, Ed, Gravesite, Assumption) che gravitava intorno allo spazio Atlantide Occupata, un vero posto per la cultura e tanto altro, chiuso dalla mano bieca del capitalismo.

La cantante Silvia è la più giovane del gruppo e con la sua voce ci porta per mano in una nuova stagione dell’amore occulto. Il loro disco d’esordio è composto da una buona miscela di hard blues, psych e fuzz con momenti molto stoner. La forza della loro proposta sta nel grande vigore musicale e nella bellezza di jam che sono diventate canzoni. Il disco è in download ad offerta libera sul loro sito, e come affermato molto correttamente da loro fotografa la forma che il gruppo aveva nel febbraio 2018, poiché ora è sicuramente altro. In teoria i dischi dovrebbero essere proprio questo, foto di un preciso momento di un gruppo, ma non dovrebbero essere nulla di pienamente caratterizzante, perché già dalla seduta successiva in sala prove potrebbe essere già tutto diverso e mutato radicalmente. Gen Nero è un bella dichiarazione musicale di amore per la musica pesante con l’animo blues, di cui vi sono molti esempi ma pochi possiedono la profondità dei Tenebra, che possono anche vantare una voce davvero adeguata al tutto. Ciò che colpisce è il grande senso del ritmo e della sinuosità che ha questa band, che riesce a rendere interessante ognuna della sei tracce di questo esordio. Si prendono le mosse dalla tradizione dei sessanta e dei settanta, ma in mano ai Tenebra diventa qualcosa di nuovo che si rinnova dentro le nostre orecchie. Molto forte è il lato occulto ed oscuro di un lavoro che si rifà apertamente all’alchimia, in una maniera molto intelligente ed adeguata. Un esordio molto positivo, aspettando la prossima mutazione.

Tracklist
1.In Tenebra
2.Cornered
3.Nostalgia
4.Scarlet Woman
5.Solve Et Coagula
6.Ex Tenebra

Line-up
Silvia: vocals
Emilio: guitar
Claudio: bass
Mesca: drums

TENEBRA – Facebook

METEORE: ALTAR

Un buon combo che offrì scampoli di buon Death nordico; produzioni di medio/basso livello, e capacità strumentali un poco sotto alla norma, non gli permise mai di emergere ed elevarsi sino a garantirsi un posto a fianco di Dismember, Entombed o Unleashed, nell’Olimpo del Death Metal Svedese.

Formatisi nel 1990 da un idea di due ex membri dei Wortox (band Death Metal in cui militò anche Perra Karlsson, noto batterista di diverse band svedesi tra cui In Aeternum, Nominon, Deströyer 666, ma soprattutto famoso come live session member di Benediction, Interment e Nasum), gli Altar, dopo un demo tape del 1991 (No Flesh Shall Be Spared) uscito un po’ in sordina, forse schiacciato dall’imponente concorrenza dell’ondata Death Svedese di quell’epoca (quello stesso anno uscirono Where No Life Dwells degli Unleashed, Clandestine degli Entombed, Nothing But Death Remains degli Edge Of Sanity e Like An Everflowing Stream dei Dismember, solo per citarne alcuni…) riuscirono ad imporsi sulla scena locale solo l’anno successivo, con lo split album, oramai culto, con i finlandesi Cartilage (altra band poco fortunata, ma che seppe donare alle scene di allora, musicisti che finirono per suonare con band del calibro di Vomiturition, Rotten Sound, Swallow The Sun, Enochian Crescent e, nel caso del batterista Kai Hahto, addirittura, seppur in veste di live session member, Nightwish).

In realtà lo stesso split deficitava un po’ sia come produzione, che da un punto di vista di maturità compositiva. Ovviamente i fan dell’epoca, pur non troppo schifiltosi, si stavano già abituando bene e snobbarono un po’ i Nostri; basti pensare solo agli album succitati, che dirompevano sulle scene grazie alle mostruose capacità tecniche dei loro componenti e a produzioni di altissimo livello (per quell’epoca almeno). Competere con Nuclear Blast, Earache o Century Media, apparve si da subito impresa improba per la piccola spagnola Drowned Production del volenteroso Dave Rotten (frontman degli Avulsed), che comunque portò alla ribalta nomi che oggi ridondano ancora (Demigod, Severance, e appunto Avulsed). Poche finanze, pochi strumenti, tanta buona volontà, spesso possono non bastare…Oggi di strada ne ha fatta il buon Dave (prima Repulse Records, poi Xtreem, mica poco…), ma nei primi anni novanta, le sue produzioni rimanevano un po’ relegate nell’anonimato, e i Nostri – purtroppo per loro – non fecero eccezione. Dopo questo split, gli Altar ci provarono ancora con un paio di promo tape, ma senza successo, sino al 1995, anno del definitivo scioglimento. Nel 2012 la Konqueror Records di Singapore fa uscire una loro compilation contenente tutto lo scibile della band di Kumla, abbastanza facilmente reperibile ancora oggi. Ad ogni modo, per i veri cultori dell’Underground è ancora possibile trovare in giro una ristampa dello storico split (cd doppio), uscito nel 2015, grazie a Dave Rotten, ora come Xtreem, (sorpresi?) Buona ricerca!

Discography:
No Flesh Shall Be Spared – Demo – 1991
Rehearsal Tape – Demo – 1992
Ex Oblivione / The Fragile Concept of Affection – Split – 1992
Promo 1993 – Demo – 1993
Promo 1994 – Demo – 1994
Dark Domains – Compilation – 2012

Line-up
Magnus Carlsson – Bass, Vocals
Fredrik Johansson – Drums
Jimmy Lundmark – Guitars
Johan Bülow – Guitars

Stellar Master Elite – Hologram Temple

Hologram Temple è una prova matura e al contempo ricca degli slanci compositivi necessari per portare le sonorità estreme su un piano differente e più elevato, senza snaturarne l’abrasiva essenza

Gli Stellar Master Elite sono un band tedesca che, in questo decennio, si è messa in luce grazie ad una davvero interessante trilogia basata su un black doom di elevata qualità.

Hologram Temple è quindi il quarto full length che alza ulteriormente l’asticella qualitativa per questo gruppo che ha ben tre elementi in comune con un’altra intrigante realtà del black metal germanico come i Der Rote Milan.
Fin dalle prime note si intuisce che qui il tutto viene trattato in maniera tutt’altro che manieristica o derivativa, perché gli Stellar Master Elite riescono a creare un black doom/death nell’accezione più autentica del termine, nel senso che i generi vengono perfettamente amalgamati per un risultato finale che soddisfa il palato sia in senso melodico che per intensità.
Il gruppo di Trier (città che in Italia conosciamo meglio come Treviri) vi aggiunge poi anche un pizzico di avanguardia ed un ricorso sapiente a sampler o spunti ambient atmosferici senza far scemare mai la tensione.
L’aspetto che maggiormente colpisce è che, nonostante le premesse ed una profondità compositiva rilevante, gran parte dei brani godono di un andamento tutt’altro che ostico all’ascolto, testimonia ampiamente una traccia formidabile quale l’opener Null, senza dimenticare che i nostri sanno anche toccare corde più profonde come in Ad Infinitum oppure spingersi verso territori più avanguardistici senza perdere in incisività come in Black Hole Dementia.
Hologram Temple è una prova matura e al contempo ricca degli slanci compositivi necessari per portare le sonorità estreme su un piano differente e più elevato, senza snaturarne l’abrasiva essenza; nonostante questi musicisti, per forza di cose, attingano ad un background ben definito non ci sono mai momenti in cui si palesa in maniera fragorosa ed evidente l’influenza di una specifica band. Tutto ciò depone a favore di un sound personale, ricco e in costante evoluzione senza sconfinare in un arido sperimentalismo, come neppure avviene nel quarto d’ora ambient di Tetragon, minaccioso episodio opportunamente collocato in conclusione del lavoro e sorta di appendice volta a rinsaldare ancor più il forte legame tra il concept fantascientifico ed il contenuto musicale.

Tracklist:
1. Null
2. Freewheel Decrypted
3. Apocalypsis
4. Ad Infinitum
5. The Beast We Have Created
6. Agitation – Consent – War
7. Black Hole Dementia
8. The Secret of Neverending Chaos
9. Tetragon

Line-up:
M.S. – Drums, Vocals
D.F. – Guitars, Bass, Programming
T.N. – Bass
E.K. – Vocals
S.K. – Vocals

STELLAR MASTER ELITE – Facebook

Death Angel – Humanicide

I Death Angel hanno composto e suonato un’opera di metallo esaltante, potente, veloce, diretto ma a tratti progressivo, prodotto impeccabilmente e moderno senza smarrire l’attitudine old school.

Lasciando da parte Metallica e Megadeth, ormai lontani dallo spirito thrash metal dei bei tempi, l’alter ego della sacra triade teutonica (Sodom- Kreator- Destruction) negli Stati Uniti è ormai formato da Testament, Overkill e Death Angel.

La band di San Francisco che originariamente era formata da giovanissimi musicisti originari delle Filippine e che, negli anni ottanta, mise a ferro e fuoco la Bay Area con album eccezionali come The Ultra-Violence e Frolic Through the Park, torna con un nuovo lavoro, l’ennesima spettacolare prova di forza della seconda parte di carriera, quella iniziata dopo il lungo stop degli anni novanta con The Art Of Dying e proseguita con una serie di prove che l’hanno riportata sul podio dei gruppi dediti al caro vecchio thrash metal.
Humanicide, nuovo album uscito per Nuclear Blast, conferma tutto ciò, aumenta anzi le quotazioni di un combo che ad oggi non trova limiti, sia a livello tecnico che di songwriting, pubblicando il degno successore dei due capolavori che lo hanno preceduto (The Dream Calls for Blood e The Evil Divide).
A noi non piace il noioso track by track, ma la scaletta di Humanicide andrebbe nominata tutta, una traccia per volta per non lasciare indietro nulla di quello che il quintetto californiano ha composto e suonato, creando un’opera di metallo esaltante, potente, veloce, diretto ma a tratti (come da tradizione), progressivo, prodotto impeccabilmente e moderno senza smarrire l’attitudine old school.
Registrato e mixato da Jason Suecof (Deicide, Trivium) e masterizzato da Ted Jensen (Slipknot, Pantera), accompagnato dalla spettacolare copertina creata da Brent Elliott White (Lamb Of God, Megadeth), Humanicide non fa prigionieri e, lanciato come un missile verso Marte, spara undici cannonate ad altezza d’uomo, valorizzate da una prestazione fuori categoria del quintetto guidato da quei monumenti al thrash metal che sono Rob Cavestany e Mark Osegueda.
Dovendo citare qualche brano, quindi, si può partire dalla title track e farsi piacevolmente torturare i padiglioni auricolari dalle devastanti Divine Defector e Aggressor, dallo spettacolo assicurato dalla lunga Immortal Behated e dall’heavy metal della splendida Revelation Song.
I Death Angel sono tornati e per quest’ anno con il thrash metal direi che siamo giunti al massimo del livello raggiungibile, perché fare di meglio è davvero difficile, se non impossibile.

Tracklist
1. Humanicide
2. Divine Defector
3. Aggressor
4. I Came for Blood
5. Immortal Behated
6. Alive and Screaming
7. The Pack
8. Ghost of Me
9. Revelation Song
10. On Rats and Men
11. The Day I Walked Away

Line-up
Rob Cavestany – Guitars
Mark Osegueda – Vocals
Ted Aguilar – Guitars
Damien Sisson – Bass
Will Carrol – Drums

DEATH ANGEL – Facebook

Goodbye Kings – A Moon Daguerreotype

Goodbye Kings ci lasciano un disco che parla di sogni e di verità, di lune e di sfumature in bianco e nero, ed un suono elegante che rilascia endorfine.

I Goodbye Kings sono un gruppo milanese che costruisce la propria musica attraverso le immagini, come se dovessero musicare un film od un romanzo.

Tutto ciò lo fanno attraverso un ottimo post rock che si congiunge con l’ambient e dalla narrazione di ampio respiro. Il progetto dietro il loro terzo disco è di svelare come la fotografia abbia permesso all’uomo di indagare sé stesso e la natura in maniera differente. Il loro post rock di ampie vedute è qualcosa che lascia un bellissimo gusto retrò, uno struggimento languido e caldo, un essere preso a braccetto da qualcosa di antico e che ti vuole bene. Ascoltando i Goodbye Kings si ha l’impressione di entrare in una bolla dove si è protetti dai mali del mondo esterno. In prima battuta perché i battiti al minuto si abbassano di molto, e si dà attenzione ai piccoli momenti musicali, ai particolari che si riescono a cogliere anche grazie alla sapiente masterizzazione di James Plotkin, che mise mano a lavori di Isis e Sunn O))). Non c’è solo dolcezza, ci sono anche le asperità che si esprimono con ripartenze rabbiose e diversi momenti di maggiore pathos. Il sound dei precedenti due dischi aveva indicato la rotta, e con A Moon Daguerreotype si perfeziona la traiettoria, che è una delle più interessanti in Italia, dato che un post rock dai risvolti jazz è molto difficile da proporre e ancora di più da trovare. Un’altra particolarità del gruppo è anche l’immaginario in bianco e nero, un’indagine sulle origini della nostra modernità e sulle cose che possiamo ancora essere. Un ottimo bilanciamento fra quiete e tempesta, con momenti che lasciano lo stampo sul cuore di un’era che vede troppo ma sente molto poco. I Goodbye Kings ci lasciano un disco che parla di sogni e di verità, di lune e di sfumature in bianco e nero, ed un suono elegante che rilascia endorfine.

Tracklist
1.Camera Obscura
2.Méliés, The Magician
3.Drawing With Light
4.Phantasma
5.Giphantie
6.Space Frame Natives
7.The Ancient Camera Of Mo Zi
8.A Moon Daguerreotype

Line-up
Davide Romagnoli – electric & acoustic guitars
Matteo Ravelli – drums, fx, percussions
Luca S. Allocca – guitars, synths
Luca Sguera – keyboards, synths, percussions
Riccardo Balzarin – guitars
Francesco Panconesi – sax
Alessandro Mazzieri – bass

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