Timo Tolkki’s Avalon – Return To Eden

Nel nuovo lavoro firmato Timo Tolkki’s Avalon si ritrovano gli spunti e le caratteristiche peculiari che fecero risplendere la musica del musicista finnico nella scena classica della seconda parte degli anni novanta, grazie ad una serie di tracce convincenti, suonate e cantate benissimo, dal grande appeal e dotate di raffinata eleganza metallica.

La rinascita dei suoni classici nella seconda metà degli anni novanta passa anche dalla chitarra di Timo Tolkki, per anni leader degli Stratovarius, band di punta del power metal di matrice scandinava.

Basterebbero i due capolavori Episode e Visions per mettere tutti d’accordo riguardo al talento del funambolico chitarrista finlandese, poi perso tra i molteplici problemi di salute e tornato con alterne fortune con il mondo di Avalon.
Il suo progetto chiamato Timo Tolkki’s Avalon, infatti, ha dato alla luce due lavori, ma mentre il primo (The Land of New Hope), uscito nel 2013, si segnalava come un buon ritorno dopo anni di assenza dalle scene, il secondo album (Angels of the Apocalypse) non aveva mantenuto le promesse risultando un’opera scialba e senza nerbo.
Quindi è ovvio che un nuovo album di Tolkki susciti non poco interesse nella scena classica odierna e questa volta, grazie alle truppe tricolori corse in aiuto del chitarrista e ad una gruppo di ospiti titolati si può sicuramente affermare che Return To Eden è un album all’altezza della reputazione del musicista scandinavo.
Licenziato dalla nostrana Frontiers, Return To Eden vede la band formata da un manipolo di musicisti italiani, da Aldo Lonobile, chitarrista e co-produttore dell’album insieme a Tolkki, ad Andrea Buratto al basso e Antonio Agate alle tastiere e Giulio Capone alla batteria.
Come ospiti questa volta siamo davvero nel gotha del metal classico mondiale, con diversi talenti che si danno il cambio dietro al microfono come Zachary Stevens, Todd Michael Hall, Eduard Hovinga, Anneke Van Giersbergen e Mariangela Demurtas.
Savatage, Riot V, Elegy, The Gathering, Tristania: Timo come si dice oggigiorno “l’ha toccata piano” e, grazie ad una ritrovata ispirazione e all’aiuto di cantanti di livello superiore, dà vita ad un album convincente nel quale il power diretto, melodico e neoclassico ritrova la sua originaria forza.
Nel nuovo lavoro firmato Timo Tolkki’s Avalon si ritrovano gli spunti e le caratteristiche peculiari che fecero risplendere la musica del musicista finnico nella scena classica della seconda parte degli anni novanta, grazie ad una serie di tracce convincenti, suonate e cantate benissimo, dal grande appeal e dotate di raffinata eleganza metallica.
Dopo le tante reunion che hanno coinvolto gruppi storici della scena metal mondiale, le voci che vorrebbero un ritorno di Timo Tolkki negli Stratovarius si fanno sempre più insistenti: vedremo, nel frattempo godiamoci questo ottimo Return To Eden.

Tracklist
01. Enlighten
02. Promises
03. Return To Eden
04. Hear My Call
05. Now And Forever
06. Miles Away
07. Limits
08. We Are The Ones
09. Godsend
10. Give Me Hope
11. Wasted Dreams
12. Guiding Star

Line-up
Todd Michael Hall – Vocals
Anneke Van Giersbergen –Vocals
Mariangela Demurtas – Vocals
Zachary Stevens – Vocals
Eduard Hovinga – Vocals
Timo Tolkki – Guitars
Aldo Lonobile – Guitars
Antonio Agate – Keyboards
Andrea Buratto – Bass
Giulio Capone – Drums

https://www.facebook.com/avalonopera

Saint Vitus – Saint Vitus

Il Saint Vitus bis è un album che non offusca affatto il mito ma semmai lo rafforza senza far rimpiangere più di tanto i fasti del secolo scorso.

Tra le tante band storiche decise a marcare nuovamente il territorio con un disco di inediti in questo periodo troviamo anche i Saint Vitus, nome che sta di diritto sul podio all time in ambito classic doom.

Autointitolare il disco, soprattutto se lo si è già fatto all’esordio trentacinque anni fa, può voler dire molte cose, come la chiusura del cerchio e quindi di un lungo percorso artistico oppure il simboleggiare un nuovo inizio, considerando che oltre a Dave Chandler qui alla voce possiamo nuovamente ascoltare l’altro membro fondatore Scott Reagers.
Personalmente questa è la configurazione che ho sempre preferito nei Saint Vitus, più ancora di quella comunque inattaccabile con Wino al microfono, e non è un caso che il mio album preferito sia alla fine Die Healing.
Questo ovviamente predispone ad un ascolto con occhi meno critici e molto più benevolo, ma del resto a questi arzilli sessantenni c’è ben poco da rimproverare visto che la loro interpretazione del genere è impeccabile, nonostante in più di un caso si provi ad uscire da schemi predefiniti, e il blues che sgorga da Hour Glass e il furioso punk hardcore della conclusiva Useless ne sono la più concreta testimonianza.
Chandler continua a proporre riff micidiali anche quando i brani prendono una strada più lisergica (A prelude…) e in generale l’album non delude in virtù anche di cavalcate che possono apparire scontate solo a chi conosce il doom in maniera superficiale.
Il Saint Vitus bis è quindi un album che non offusca affatto il mito ma semmai lo rafforza senza far rimpiangere più di tanto i fasti del secolo scorso.

Tracklist:
1. Remains
2. A Prelude to…
3. Bloodshed
4. 12 Years in the Tomb
6. Hour Glass
7. City Park
8. Last Breath
9. Useless

Line-up:
Dave Chandler Guitars
Scott Reagers Vocals
Henry Vasquez Drums
Pat Bruders Bass

https://www.facebook.com/saintvitusofficial

Minor Poet – The Good News

Questo gruppo ha un tiro maledettamente affascinante molto anni ottanta, come se di quegli splendidi anni si fosse preso solo il buono per fondare un movimento tropical statunitense molto debitore ai Beatles, a cavallo fra le diapositive rock e quelle psichedeliche.

Visione musicale superiore di in qualcosa che si situa tra il pop di alta qualità, il rock e uno strano senso per la bossanova.

I Minor Poet sono una creazione della fervida mente musicale di Andrew Carter da Richmond, Virginia, il quale, con il disco del 2017 And How! ha dato vita a questo progetto diventato con il tempo un vero e proprio gruppo che si esibisce con successo in giro. In definitiva questa band ha un tiro maledettamente affascinante molto anni ottanta, come se di quegli splendidi anni si fosse preso solo il buono per fondare un movimento tropical statunitense molto debitore ai Beatles, a cavallo fra le diapositive rock e quelle psichedeliche. Il loro suono è ora dolce e malinconico ma sempre con un fondo di speranza, ora più scanzonato ma consapevole di cosa siamo e di cosa possiamo fare, ovvero poco, ma in questo poco perché non gustarci canzoni bellissime come queste? Ecco, queste sono canzoni molto belle, eleganti e di ottimo aspetto, ben composte e ben suonate. Questa eleganza in musica è qualcosa che si sta perdendo sempre di più, e i Minor Poet sono qui per ricordarcelo. In questi sovraffollati tempi manca qualcosa che un tempo veniva regalato, ad esempio, da un David Bowie o un Marc Bolan, quel cambiare atmosfera con una canzone. Ecco i Minor Poet lo fanno, sebbene in una scala minore, con il sax che entra alla fine di Nude Descending Staircase con un assolo che non dura molto ma cambia un disco. E questo album è pieno di particolari come questo, piccole chicche disseminate in un disegno già valido e molto bello.
Un disco che respira e fa respirare bene, non fa guardare davanti od indietro, ma verso lo specchio, per una nostra immagine finalmente sostenibile.

Tracklist
1.Tabula Rasa
2.Tropic of Cancer
3.Museum District
4.Reverse Medusa
5.Bit Your Tongue / All Alone Now
6.Nude Descending Staircase
Line-up
Andrew Carter, Jeremy Morris, Micah Head, Erica Lashley.

https://www.facebook.com/minorpoetmusic/