Pestilence – Dysentery

Un nastro che è una pietra miliare: l’alba del death metal nell’Europa continentale.

Un po’ di storia. I primi dischi death metal escono in Florida tra il 1987 e il 1988.

L’Europa risponde con la concomitante scuola svedese (i cui primi album, a partire dallo storico Left Hand Path degli Entombed, escono dal 1990 in poi) e – cronologicamente addirittura prima, sia pure di poco – con i Pestilence di Consuming Impulse (Roadrunner, 1989). In precedenza, la band olandese aveva dato alle stampe il suo esordio (Malleus Maleficarum nel 1988, un concept sulla caccia alle streghe e sul libro tardo-quattrocentesco che l’aveva avviata). All’origine di tutto vi era un demo davvero di culto, Dysentery, inciso naturalmente su cassetta nel 1987 dai Pestilence: qui, con testi che anticipano gli Autopsy e i Defecation, assistiamo a una primissima commistione – che rimane pressoché unica sul continente europeo – di speed-thrash (nello stile degli Slayer di Show No Mercy) e del nuovo genere inventato dai Death, in America. I quattro pezzi di Dysentery sono stati successivamente ristampati, insieme al secondo demo Penance, su CD dalla Vic Records nell’ottobre del 2015.

Track list
1- Against the Innocent
2- Delirical Life
3- Traitor’s Gate
4- Throne of Death

Line up
Patrick Mameli – Vocals / Guitars / Bass
Randy Meinhard – Guitars
Marco Foddis – Drums

https://www.youtube.com/watch?v=6hJYy7L9akU

1987 – Autoprodotto

Mentaur – No Mortal Man

Una interessante band britannica della seconda ondata new prog, abile nel sapere aggiungere ai suoi pezzi una componente più metallica rispetto ai tanti altri colleghi albionici di allora.

Formatisi a metà degli anni Ottanta nel Regno Unito come Mordred – innamorati, dunque, del ciclo arturiano e dei suoi aspetti più oscuri – i Mentaur ebbero la sfortuna di proporsi nel momento in cui il neo-progressive anglo-britannico iniziava ormai la sua parabola discendente.

Eppure il gruppo era dotato di una certa personalità e lo spessore compositivo di certo non gli mancava. Solo nastri per i Mentaur: il primo demo tape uscì nel 1989 con il titolo No Mortal Man. In questa cassetta, il tipico new prog inglese di Marillion e Abel Ganz, Pallas ed Aragon veniva riletto – attraverso brani anche piuttosto lunghi ed elaborati – in chiave oscura ed a tratti quasi medievaleggiante, con liriche intrise di misticismo. La musica, dominata dall’ottimo interplay di chitarre melodiche e tastiere pompose, dialogava inoltre proficuamente anche con un approccio sovente hard e metal, come se i Pendragon andassero a braccetto con Saga, Magellan, Shadow Gallery, World Trade ed i Rush tecnologici degli anni ’80. In seguito, i Mentaur rilasciarono altri quattro demo tapes: Try Your Brakes (1990), Verdict (1991), Time Being (1992) e Silencing the Alarm Bells (1993, dal vivo). Tutto il loro materiale è poi stato raccolto e ristampato su compact, dalla Cyclops, nel 1997, con il suggestivo titolo di Darkness Before Dawn. Una band da rispolverare.

Track list
1 Imperatrix
2 Cracks
3 The Last Battle

Line up
Carlton Evans – Vocals
Robin Barter – Guitars
Tim Ridley – Keyboards
Nick Ridley – Bass
Ed Lepper – Drums

Autoprodotto 1989

Tamarisk – The Ascension Tape

Nastro di culto, da parte di uno sfortunato ma pionieristico gruppo inglese, tra i primissimi a lanciare il new progressive britannico a inizio degli Eighties.

Il new prog inglese inaugurato ufficialmente nel 1983 dai debutti sulla lunga distanza di Marillion e IQ nasce in realtà alla fine degli anni Settanta, con il desiderio di riproporre in forma aggiornata le sonorità del rock sinfonico nato al principio del decennio precedente.

Tra il 1978 e il 1979 nascono i grandiosi Twelfth Night, per certi aspetti i Van Der Graaf degli anni Ottanta. Nel 1981, escono poi i primi dischi dei francesi Edhels, dei norvegesi Kerrs Pink (tra Camel e Pink Floyd) e degli olandesi Light, mentre i Lens (primo nucleo degli IQ) ripropongono e modernizzano certo space progressive, con il loro primo ed unico nastro, Seven Stories Into Eight. La scena londinese è anch’essa in pieno fermento: dal nord-est della capitale inglese, giungono i Tamarisk. Nel 1982, incidono il loro primo demo, The Ascension Tape: solo tre composizioni, ma di eccellente qualità e molto rappresentative del nascente movimento e della declinazione artistica che il Regno Unito inizia a fornirne. Riusciti intrecci di chitarra fluida e tastiere pompose, ottimo gusto, raffinatezza e melodia, azzeccati inserti più hard rock – in anticipo di tre anni sul gioiello medievaleggiante Different Breed dei Beltane Fire – contribuiscono a codificare l’approccio stilistico dei Tamarisk. L’anno seguente il quintetto inglese registra una seconda cassetta, Lost Properties, nuovamente di tre pezzi. A quel punto, il materiale per realizzare un LP c’è, ma il contratto non arriva e la band si scioglie. Dalle sue ceneri nasceranno i Dagaband – una sorta di ELP in versione più hard – e successivamente Quasar (attivi tra il 1984 ed il 1988, autori di due splendidi dischi: lo storico Fire in the Sky e Lorelei) e Landmarq, questi ultimi tutt’ora sulla breccia, dal vivo in particolare. Membri dei Tamarisk, inoltre, hanno poi lavorato con i Jadis e gli Enid del grande keyboards-player Robert Godfrey. Oggi, chi volesse risalire alle origini del new prog albionico riascoltando i Tamarisk non deve più fare molta fatica: tutte le incisioni del gruppo, finalmente, sono state riversate su compact disc prima con il titolo di Frozen in Time (2012) e quindi – risuonate per l’occasione, del tutto remixate e rimasterizzate – come Breaking the Chains, pubblicato proprio quest’anno dalla Cult Metal Classics assumendo come titolo quello del migliore brano di Ascension Tape.

Tracklist
– Ascension
– Christmas Carol
– Breaking the Chains

Line up
Andy Grant – Vocals
Richard Harris – Drums
Steve Leigh – Keyboards
Peter Munday – Guitars
Mark Orbell – Bass

1984 Autoprodotto

Voivod – To The Death

Cassetta di culto, per un gruppo chiave del thrash mutante, allora agli esordi. La nascita di un mito, a tutti gli effetti.

Nel 1982, nel Quebec settentrionale, nascono i Voivod. Il primo demo, del 1983, è Anachronism, ma è, tuttavia, To the Death a rivelare il devastante potenziale dei quattro ragazzi canadesi.

I giorni del post metal sperimentale e del prog spaziale pinkfloydiano sono ancora lontani, anche se si intravede già il talento di Away e compagni, che qui si esprime con una furia iconoclasta e rumoristica di raro impatto, specie per quell’epoca. Il nastro viene inciso all’inizio del 1984 (risuonati e riregistrati, molti suoi pezzi andranno a comporre War and Pain, che uscirà, a giugno, in quello stesso anno). Thrash-black primordiale e slayeriano (non a caso sono presenti cover di Venom e Mercyful Fate), hardcore e crust punk violentissimo, di matrice inglese (e non per nulla il demo è stato ristampato, pochi anni fa, dalla Alternative Tentacles di Jello Biafra dei Dead Kennedys): i primi Voivod devono, in effetti, moltissimo ai Discharge e ricordano anche i connazionali Razor; questi primi loro incubi futuristici, intrisi di dissonanze e paranoie distopiche, prefigurano comunque qualcosa del SCI-FI metal. Qui la sensibilità del quartetto la incanala semplicemente in una direzione aggressiva, velocissima nei suoi schemi ritmici strettissimi, brutale e violenta negli esiti sonori. A ricordarci – caso mai ce ne fosse ancora bisogno – quanto thrash e black metal debbano al punk britannico e all’hardcore primigenio: l’alba della storia, voivodiana e non solo.

Tracklist
– Voivod
– Condemned to the Gallows
– Helldriver
– Live For Violence
– War and Pain
– Negatation
– Buried Live (Venom cover)
– Suck Your Bone
– Blower
– Slaughter in a Grave
– Nuclear War
– Black City
– Iron Gang
– Evil (Mercyful Fate cover)
– Bursting Out (Venom cover)
– Warriors of Ice

Line up
Piggy – Guitars
Blacky – Bass
Snake – Vocals
Away – Drums

Militia – Regiments of Death

Nastro di una band forse minore, ma comunque molto interessante, del thrash americano della metà degli Eighties: tra l’altro, un caso rilevante di gruppo non proveniente dalla Bay Area.

Gli americani Militia sono tra quegli sfortunati ‘grandi fra i minori’ che non hanno mai raggiunto la possibilità di pubblicare un disco in vita.

Texani, si formarono ad Austin, nel 1984, e rimasero attivi solo sino al 1986 (per riformarsi poi molti anni dopo, come accadde a tanti dei loro colleghi). Il loro primo demo tape vide la luce nel 1985, con il titolo di Regiments of Death, ad opera di un manipolo di musicisti che avevano o avrebbero militato in gruppi più noti (Watchtower, SA Slayer, la band di Rhett Forrester dopo la sua uscita dai Riot). Il nastro conteneva solo tre pezzi, peraltro eccellenti ed altamente rappresentativi di quello che era l’heavy a stelle e a strisce, a metà degli anni Ottanta: per un verso ottimo thrash metal, in linea con le aree di San Francisco e Los Angeles; per un altro molte propensioni speed e segnatamente US metal, stile Metal Church-Vicious Rumors per intenderci. La cassetta, divenuta assai presto introvabile, è stata infine ristampata, su compact, dalla Rockadrome – nel 2008 soltanto, peraltro – con il titolo Released, insieme ad altro materiale di provenienza demo: cinque brani del 1986, due del 1984 e altrettanti dal vivo. La migliore occasione per una doverosa e utile operazione di recupero storiografico. Perché anche questa è archeologia musicale.

Track list
1. Metal Axe
2. Search For Steel
3. Regiments of Death

Line up
Mike Soliz – Vocals
Tony Smith – Guitars
Robert Willingham – Bass
Phil Acham – Drums

1985 – Autoprodotto

Destruction – Bestial Invasion From Hell

La cassetta che, nel 1984, creò il thrash in Germania: un crogiolo primordiale di cattiveria e belluina velocità di ascendenza venomiana, non senza già una certa personalità.

In principio vi erano i Knight of Demon, sorti nel 1983. Pochi mesi e mutarono monicker. Nacquero così, agli inizi del 1984, i Destruction.

Il trio tedesco affilò immediatamente le armi e lo fece con un demo tape che, di fatto, fondò il thrash in Germania. Bestial Invasion From Hell, pubblicato il 10 di agosto del 1984, proponeva sei tracce che avrebbero trovato in seguito posto (sino al 1986) sugli LP dei Destruction, ponendo le basi del thrash teutonico, e le fondamenta del mito di Schmier e sodali: rispetto ai modelli americani della Bay Area, le sonorità erano più tetre e oscure, nere e tenebrose. Il thrash si abbeverava in Baviera alla fonte maligna del dark-black inglese di Venom ed Angel Witch, per uscirne se possibile ancora più veloce e claustrofobico, tracciando una strada percorsa in quegli stessi mesi pure dagli amici Sodom, a nord del paese. I venti minuti scarsi di Bestial Invasion From Hell, nel 2000, sono stati interamente risuonati dai Destruction: la band ha aggiunto la registrazione, come bonus-cd, alla prima edizione di All Hell Breaks Loose, il disco che ha segnato il loro grande e definitivo ritorno fra i maestri indiscussi del genere. Un ponte fra passato e presente, fra giovinezza e maturità, fra innocenza e meritato successo.

Tracklist
1- Mad Butcher
2- Total Desaster
3- Antichrist
4- Front Beast
5- Satan’s Vengeance
6- Tormentor

Line up
Mike Sifringer – Guitars
Schmier – Bass / Vocals
Tommy Sandmann – Drums

Descrizione breve

1984 – Autoproduzione

Exumer – A Mortal in Black

Mitico gruppo del thrash teutonico, tra i top 20 del genere negli Eighties tedeschi, e primo passo in direzione di una carriera che, se è vero che non l’ha mai visti protagonisti assoluti, li ha in ogni caso indiscutibilmente immortalati come gli Slayer di Germania.

Provenienti da Nordenhamm, vicino a Francoforte, gli Exumer sorsero dalle ceneri dei Tartaros.

Nel 1985, la creatura del bassista-cantante Mem Von Stein e del chitarrista Ray Mensch – coadiuvati dal secondo chitarrista Bernie, e dal batterista Syke Bornetto – debuttò, con uno storico demo tape, dal titolo A Mortal in Black: otto brani velocissimi e oscuri, soffocanti e cupi, figli degli Slayer di Show No Mercy ed Hell Awaits, uscito in America proprio in quell’anno, per la Metal Blade. Gli Exumer, con questo nastro, misero subito in bella mostra il loro thrash-black primordiale e chiarirono quale – e di quale valore – fosse allora l’underground nella Germania occidentale, specie nell’ambito speed e thrash metal. La cassetta è stata riedita su CD, nel 2014, insieme a tutta la prima parte del catalogo degli Exumer, dalla benemerita HR Records e non occorre pertanto impazzire per reperirla. I brani, tra l’altro, sono quelli che – ma reincisi – sono andati poi in parte a costituire l’album Possessed by Fire, ancora oggi ritenuto, da tutti, il capolavoro dell’act di Mem Von Stein, da alcuni anni di nuovo in pista, con gli Exumer, come se il tempo non fosse passato. E questo, insieme all’orgoglio, solo la musica può darlo. Riascoltate per l’occasione la title-track, la malinconica Reign of Sadness, i vagiti spaziali (nel senso letterario e lovecraftiano) delle nichiliste Journey to Oblivion e Xiron Darkstar, o le più venomiane (oltre che slayeriane) Silent Death, Fallen Saint e Destructive Solution. Questa è, davvero, Storia. Specialmente per chi ama il thrash tedesco alla Assassin-Tankard-Deathrow-Holy Moses, nonché la scuola nordamericana (Nuclear Assault, Hirax, Exodus, Sacred Reich, Razor), gli Artillery e gli Onslaught.

Tracklist
1- Possessed by Fire
2- Journey to Oblivion
3- Reign of Sadness
4- Xiron Darkstar
5- Fallen Saint
6- Destructive Solution
7- A Mortal in Black
8- Silent Death

Line up
Mem Von Stein – Bass / Vocals
Bernie – Guitars
Syke Bornetto – Drums
Ray Mensch – Guitars

1985 – Autoprodotto

Ghost Rider – Rehearsal ’84

Le origini dei Necrodeath: un black contaminato con il thrash e le melodie del metal classico. Un demo da leggenda.

Prima di ridenominarsi Necrodeath e di scrivere pagine storiche del metal italiano, non solamente in ambito estremo, c’erano i Ghost Rider, attivi tra Rapallo e Recco.

Nel 1984 incisero un nastro, che è davvero riduttivo definire storico: quel demo tape è in assoluto la prima registrazione di black metal in Italia e fa veramente data nelle cronache dell’heavy, non soltanto nostrano. Il gruppo di Peso era agli inizi, ma le idee erano già molto chiare: attingere alla velocità oscura dei Venom, incarnando un black (soprattutto a livello lirico e iconografico) che flirtava con certe strutture del neonato thrash – la stessa cosa accadde tre anni dopo ai Mayhem di Deathcrush – e del metal più classico. Insomma, una cassetta per ogni adoratore di Bulldozer, Hellhammer, Bathory, primi Slayer e Samhain. Cinque canzoni in tutto, dark quanto basta per scolpire il nome dei Ghost Rider nell’empireo degli iniziatori e dei precursori. La FOAD di Genova, nel 2011, ha pubblicato una nuova versione su compact, del tutto risuonata, remixata e rimasterizzata per l’occasione, nonché (appositamente) reintitolata The Return of the Ghost.

Track list
– The Exorcist
– Curse of Valle Christi
– The Return of the Ghost
– Perkele666
– Victim of Necromancy
– Ride For Your Life
– Doomed to Serve the Devil
– Black Archangel
– Hell Is the Place
– Power From Hell (Onslaught cover)
– Deep in Blood

Line up
Zarathos – Guitars
Helvete – Bass / Vocals
Mark Peso – Drums

1984 – Autoprodotto

Cryptopsy – Ungentle Exumation

La mitica cassetta che ha contribuito a fondare, nei primi anni Novanta, la scena canuck del techno-deathcore, da allora una seminale fonte di ispirazione per molti epigoni.

I canadesi Cryptopsy – da Montreal, Québec – sono oggi giustamente celebri tra gli addetti ai lavori ma sulle loro origini ci si sofferma sempre poco.

Il gruppo nacque nel 1988 e solo un lustro più tardi incise il demo tape Ungentle Exumation. Quel nastro fondò a conti fatti la scuola del death metal nel Canada francese: un techno-death brutale e orrorifico, opportunamente sporcato di hardcore (anzi: il death-core venne in pratica creato da loro, prima di diventare una moda). I brani del nastro sono una vera e propria manna, per tutti coloro che amano Suffocation, Origin, Malignancy ed i connazionali Gorguts, nonché le sfuriate grind di Cephalic Carnage e Dying Fetus e le progressioni iper-tecniche degli spagnoli Wormed. Detto altrimenti, in Ungentle Exumation troviamo una fusione incredibile e davvero pionieristica di brutal death e inflessioni prog mutuate dai Pestilence di Spheres (da poco e finalmente ristampati, insieme a tutto il catalogo degli olandesi). Postilla conclusiva per completisti: la violenza ossimorica e futuristico-ancestrale dei Cryptopsy riecheggia oggi anche nei mai troppo lodati Rage Nucléaire: due eccezionali dischi di black-war, che attinge anche a Marduk, 1349, Dark Funeral, Anaal Nathrakh e Immortal, con appunto Lord Worm dei Cryptopsy tra i ranghi. La stirpe continua.

Track list
1. Gravaged
2. Abigor
3. Back to the Worms
4. Mutant Christ

Line up
Lord Worm – Vocals
Flo Mounier – Drums
Kevin Weagle – Bass
Dave Galea – Guitars
Steve Thibault – Guitars

1993 – Autoprodotto

Aftermath – Words That Echo Fear

Se oggi abbiamo gli immensi Vektor, è anche perché in passato vi è stato chi, come gli Aftermath, ha seminato in fertile maniera i campi elisi del techno-thrash progressivo. Da riscoprire.

Nel 1985, a Chicago, nell’Illinois, si costituirono gli Aftermath. Dopo due nastri amatoriali (1986-87) ed un acerbo split (1988), i cinque americani si fecero notare con il loro terzo demo, dal titolo – bellissimo e poetico, davvero – Words That Echo Fear, messo in circolazione nel 1989: solamente quattro tracce, ma di spessore assoluto, intricate e melodiche, tecniche e progressive.

I modelli del thrash filosofico ed intellettuale degli Aftermath erano, senz’altro, i Coroner di fine anni Ottanta, gli Anacrusis, i Blind Illusion, Voivod di Dimension Hatross, i maestri Watchtower e i grandi alfieri del techno-death più colto ed evoluto, raffinato e sperimentale (Atheist naturalmente, ma anche i troppo poco celebrati Believer). I pezzi, splendidi ed articolati, brillano ancora oggi, di luce purissima. Chi li volesse ascoltare ed apprezzare – ne vale la pena, seriamente – può recuperare la ristampa che la Shadow Kingdom (di solito specializzata in doom) ha fatto nel 2015 dell’unico full-length realizzato dagli Aftermath, il fantastico e futuristico Eyes of Tomorrow, uscito in origine nel 1994: infatti, nella riedizione laser, oltre all’album è presente Words That Echo Fear e un altro demo (omonimo) uscito con quattro composizioni, nel 1996, poco prima che il gruppo cambiasse il proprio nome in Mother God Moviestar. Una perla nascosta.

Track list
– Words That Echo Fear
– A Temptation to Overthrow
– Being
– Experience

Line up
Charlie Tsiolis – Vocals
Ray Schmidt – Drums
Dan Vega – Bass
John Lovette – Guitars
Steve Sacco – Guitars

1989 – Autoprodotto

Abomination – Demo 1988

Autentica storia underground. Per chi ama Deceased, Incubus, Slaughter, Massacre, Krabathor, One Machine, Iced Earth e Cripple Bastrads.

Statunitensi di Chicago, Illinois, nati nel 1987, gli Abomination debuttarono su cassetta con il demo tape eponimo del 1988: sei pezzi veloci ed oscuri, non senza tenui echi doom, tra i primi che, verso la fine degli anni Ottanta, cominciarono a traghettare la tradizione del thrash americano verso i lidi del death metal, insieme ai Devastation e agli amici Master (con i quali gli Abomination, sovente, si scambiavano i musicisti).

Il demo del 1988, insieme a quello del 1989, è stato ristampato su cd dalla Doomentia (che ha rieditato anche i due classici degli stessi Master) ed oggi è dunque di facilissima reperibilità. In queste due cassette è racchiuso un verbo che gli Abomination hanno poi messo su LP con l’esordio omonimo del 1990, un capolavoro che tutti conosciamo. Si tratta di un gruppo grande e storicamente assai importante, non dissimile poi dai Dream Death e dagli Impulse Manslaughter, anche se questi ultimi erano, rispettivamente, più orientati verso il thrash-doom i primi e l’hardcore-crossover i secondi. Tutti, comunque, grandi lavori. Da avere.

Track list
– Victim of the Future
– Social Outcast
– Rape of the Grave
– Possession
– Doomed By the Living
– The Truth

Line up
Paul Speckmann – Bass, Vocals
Aaron Nickeas – Drums
Mike Schaffer – Guitars

1988 – Autoproduzione

Morbid Saint – Destruction System

Un ottimo gruppo statunitense, poco conosciuto dai più, che seppe traghettare il thrash verso i lidi del death metal floridiano.

I Morbid Saint – originari di Sheboygan, Wisconsin, e poi trasferitisi a Chicago – si formarono nel 1982 sotto le insegne del nascente US Metal.

L’avvento del thrash californiano cambiò loro la vita e il debutto del 1990, intitolato Spectrum of Death, fu folgorante. L’anno successivo, si sa, Nevermind dei Nirvana e l’omonimo dei ‘Tallica mandarono in crisi il thrash più tradizionale e i Morbid Saint si trovarono costretti a registrare solo su cassetta, in versione demo, il loro secondo disco, Destruction System, pubblicato su compact, insieme all’esordio, soltanto nel 2015 dalla Keltic, con distribuzione Century Media: otto tracce durissime e cattivissime, tra Slayer, primi Kreator, Sepultura, Possessed, Dark Angel e Sadus. Non mancavano contaminazioni con il black metal (primissimi Sodom, nonché Infernal Majesty) e nello specifico con il death di Malevolent Creation, Vader e Merciless (ormai la nuova frontiera dell’estremo in musica all’alba dei Novanta). Destruction System è dunque, oltre che una attestazione di indelebile coerenza ed integrità artistica, anche una significativa e preziosissima testimonianza storica circa l’evoluzione parallela ed intrecciata di thrash e death al principio dei ’90: un prodotto quindi assolutamente da avere.

Tracklist
– Darkness Unseen
– Death of Sanity
– Final Exit
– Destruction System
– Disciples of Discipline
– Halls of Terror
– Living Misery
– Sign of the Times

Line up
Pat Lind – Vocals
Jay Visser – Guitars
Jim Fergades – Guitars
Lee Raynolds – Drums
Gary Beimel – Bass

1991 – Autoprodotto

Iron Angel – Legions of Evil

Nastro di culto, per un gruppo chiave del thrash tedesco anni Ottanta, appena dietro la sacra triade rappresentata da Kreator-Sodom-Destruction.

Nel 1980 nacquero ad Amburgo i Metal Gods, sin dal nome devoti al verbo della NWOBHM e dei Judas Priest in particolare.

Tre anni dopo, al momento del loro scioglimento, alcuni membri diedero vita ad una nuova formazione, gli Iron Angel. Questi ultimi – amici dei Kreator di Mille Petrozza, a fianco dei quali suonarono diverse volte in concerto – prima di rilasciare il capolavoro d’esordio, dal titolo Hellish Crossfire, nel 1985, incisero tre demo tape, tutti registrati nel 1984: il migliore rimane senza dubbio Legions of Evil. Il gruppo, capitanato dal cantante Dirk Schroeder, suonava uno speed-thrash cupo ed occulto, non troppo dissimile da quello di molti connazionali di allora (Risk, Living Death, Vendetta, Paradox, Angel Dust, primissimi Blind Guardian), ma aperto anche ad influenze di ascendenza americana (principalmente Laaz Rockit, Flotsam and Jetsam e Nasty Savage, peraltro a quell’epoca anche loro appena agli inizi). L’intro Return From Hell, con i suoi rintocchi funerei, ben rappresentava il potenziale dark del quintetto germanico – messo poi da parte dalla svolta molto più melodic-power del secondo disco (Winds of War, 1987) – e lasciava presto il posto ad autentici inni, quali Metallian, la title-track, Heavy Metal Soldiers, la più priestiana Sinner e l’oscura e sabbathiana Church of the Lost Souls. Chiudeva infine la cassetta Rush of Power, incisa dal vivo durante uno dei molti gig che la band teneva in quel periodo in patria. Legions of Evil – abbinato all’altro demo tape, Power Metal Attack, sempre del 1984 e in realtà di puro thrash – è stato ristampato su CD dalla HR Records nel 2017, con la stessa grafica meravigliosamente spartana del nastro originario. Una vera e propria chicca per intenditori.

Track list
– Opener: Return From Hell
– Metallian
– Legion of Evil
– Church of the Lost Souls
– Sinner
– Heavy Metal Soldiers
– Rush of Power (live)

Line up
Dirk – Vocals
Sven – Guitars
Peter – Guitars
Thorsten – Bass
Mike – Drums

1984 – Autoproduzione

False Witness – False Witness

Un ottimo gruppo canadese, ignoto ai più, rimasto sempre ingiustamente ai margini e precocemente scioltosi nell’indifferenza generale, responsabile di un heavy-speed metal per veri defenders, sulla scia dei connazionali Exciter ed Anvil.

Originari di North Delta, nella Columbia britannica, i False Witness si formarono nel 1989 e, dopo sette anni di inutili tentativi, gettarono la spugna.

Il gruppo canadese ebbe infatti la grande sfortuna di costituirsi solo alla fine di quello che è stato il decennio aureo del metal mondiale, per vivere la sua difficile esistenza negli anni infelici segnati dalle mode alternative. Il primo ed unico demo tape del quartetto nordamericano apparve, omonimo, nel 1990: un favoloso concentrato di speed metal e di heavy classico, assolutamente figlio degli anni Ottanta in termini di composizioni e di suono, non senza reminiscenze prog (di marca inglese) e, soprattutto, US power (in particolare i grandi e storici Exxplorer). La cassetta del 1990, registrata sul finire dell’anno prima, comprendeva soltanto quattro pezzi (Laughing to the Skies, Confessions, Wall of Shame e la stupenda ed epica Crestfallen King); nel 2008 la piccola ma volitiva Arkeyn Steel Records ha ristampato il nastro, su CD, in mille copie, aggiungendo anche tre brani, incisi a Vancouver nel novembre 1989, ed altrettante tracce da provini risalenti al periodo compreso tra il 1993 e il 1995, rendendo quindi ancora più succulento il piatto e intitolando la compilation Crestfallen King. E’ l’occasione per rifarsi, sia pure a distanza di tempo, per rendere il giusto onore ai False Witness. Magnifica, dark e suggestiva, tra l’altro la grafica del cd.

Track list
1.Laughing to the Skies
2.Confessions
3.Wall of Shame
4.Crestfallen King

Line up
Michael Rieger – Vocals
George Mahee – Guitars
Scott Aquino – Drums
Rob Bretty – Bass

1990 – Autoproduzione

Infamous Sinphony – Manipulation

Indimenticabile esordio, nel panorama underground americano di fine anni Ottanta, imperdibile per gli amanti del thrash più estremo e brutale, nero e tirato.

Una leggenda. Truci e feroci. Grezzi e violentissimi, soprattutto per gli standard degli Eighties.

Da Los Angeles, gli Infamous Sinphony (è questa la grafia originaria del nome), esordirono nel 1989 su demo tape, con un prodotto volutamente sgraziato e lancinante, peraltro ottimamente registrato. La band si era fatta le ossa con anni di gavetta e concerti di spalla a Exploited, Beowulf, DRI, Blast ed Adolescents. Questa vicinanza a band hardcore punk andò molto ad influenzare il suono sporco ed estremamente rude, oscuro e orrorifico, del quintetto californiano. Manipulation presentava in tutto sedici velocissime tracce, che spingevano il thrash americano di allora in una direzione quasi proto-grind, con appena un paio di rallentamenti, più prossimi al doom. Sotto il profilo vocale, facevano sembrare Wattie degli Exploited un edulcorato maestro di sensibilità canora, il che già la dice lunga a proposito della loro furia cieca: pezzi che paiono un vero assalto all’arma bianca, senza tregua ed all’insegna di una insistita corrosività musicale. Puro underground, insomma. Dopo quella granitica e fulminante cassetta ed una fase di oblio, il gruppo si è riformato, incidendo altri dischi. Tuttavia – nella memoria di chi scrive, come in quella di molti thrashers – è vivo, quasi soltanto, il ricordo del formidabile Manipulation, ristampato poi su CD prima dalla Wild Rags e poi dalla Xtreem Music, nel 2014, con tre bonus-track.

Track list
– Manipulation
– Let’s Move to Another Planet
– Process of Denial
– Siamese Twins
– Outa the Black
– Cadavers-n-stiffs
– Dead Bumble Bees
– Get Out
– Sniveller
– Retribution
– Executioner
– Meth Lab
– Anti-buse
– Persian Gulf
– Blood Orgy
– Incapacitated

Line up
Greg Raymond – Vocals
Paul Leoncini – Guitars
J-sin Platt – Guitars
Anthony Chuck Burnhand – Drums
Scott Nelson – Bass

1989 – Autoprodotto

Armoured Angel – Baptism in Blood

Storico nastro di un gruppo tanto grande quanto poco conosciuto, anche per via della discografia su compact quasi inesistente. Eppure un piccolo grande must per i cultori del più classico speed-thrash ottantiano.

Australiani – come Hobbs Angels of Death e Nothing Sacred – e nati nel 1982 sotto le insegne di un heavy classico, di matrice anglosassone, gli Armoured Angel di Camberra, prima di sciogliersi (nel 2001) sono stati uno dei gruppi in assoluto più talentuosi e sfortunati di tutto il metal anni Ottanta.

Il loro primo demo tape uscì nel 1985: Baptism in Blood, con sei bravi e meno di mezz’ora di durata, aveva tutte le carte in regola per strappare un contratto con una major. Purtroppo, a penalizzare non poco la band, fu soprattutto la provenienza geografica, che tenne il quartetto sempre ai margini della scena. Eppure, quella prima audiocassetta possedeva qualità da vendere: uno speed-thrash articolato e già maturo, non esente da contaminazioni con il metal classico di quegli anni (siamo, quindi, dalle parti degli Agent Steel) ed in particolare capace di unire melodia ed oscurità, quest’ultima mutuata in prevalenza dagli Angel Witch più duri e tenebrosi.
Quattro anni dopo, la band rilasciò un secondo demo (Wings of Death), sulla stessa falsariga. Poi, nel 1990, apparve un altro splendido nastro, dal titolo Communion: un thrash cristallino e potente, che fece sensazione, sulle riviste specializzate. Il 1991 fu però come noto l’anno in cui il genere entrò in crisi ed il tanto atteso esordio, con i due mini Stigmartyr (1992) e Mysterium (1994), si rivelò per gli Armoured Angel un autentico boomerang.
Il demo omonimo del 1995 non ottenne più alcun tipo di riscontro e il primo unico cd pubblicato dalla band, Angel of the Sixth Order, vide la luce solo nel 1999 (a ben diciassette anni dalla formazione e, ormai, con una line-up più volte rimaneggiata, ed un solo componente originario rimasto: il bassista Glen Luck).
Il suono si era fatto più death, stile Asphyx-Bolt Thrower, forse in cerca d’una notorietà che, comunque, non giunse e gli Armoured Angel si sciolsero, appena due anni più tardi.
Esiste una rara antologia circa tutta la loro carriera, Hymns of Hate (2012). Ma è meglio, forse, ripiegare sulla ristampa su cd di Baptism in Blood, uscita per la Abysmal Sounds nel 2009: la migliore e più giusta maniera per rendere il dovuto omaggio ad un gruppo tanto grande quanto misconosciuto.

Track list
– Iron Legions
– (I Am) the Beast
– Deathwitch
– Demon Kings
– Thunder Down Under
– Rip

Line up
Rick Owers – Vocals
Rowan Powell – Guitars
David Devis – Drums
Glen Luck – Bass

1985 – Autoproduzione