Riccardo Storti / Fabio Zuffanti – Prog Rock: 101 dischi dal 1967 al 1980

Prog Rock è un libro che nasce dalla voglia di trasmettere senza alcuna reticenza un sapere che è frutto, anzitutto, di una grande passione per la musica.

Entrando in qualsiasi libreria, ci si trova spesso di fronte a volumi, talvolta ponderosi, intitolati i “100 migliori dischi del ….” dove, al posto dei puntini, si può inserire un genere musicale a piacere.

Parliamo, quindi, di un tipo di operazione che sovente si rivela piuttosto arida, trasformandosi in una sequela di recensioni postume raggruppate in un volume, per di più con la pretesa nemmeno troppo velata, da parte dell’autore, di attribuire un valore assoluto alle proprie scelte.
Ci si potrebbe legittimamente chiedere, allora, perché possa valere la pena di acquistare questo Prog Rock – 101 dischi dal 1967 al 1980: ebbene, a parte la scelta bizzarra di non voler fare cifra tonda, la differenza sostanzialmente sta soprattutto in chi lo ha scritto e nelle modalità di selezione dei dischi prescelti.
Gli autori di quest’opera sono infatti i genovesi Fabio Zuffanti, uno dei musicisti contemporanei dediti al progressive tra i più noti ed attivi nella scena italiana, e Riccardo Storti, grande esperto della materia e suo compagno d’avventura nella trasmissione televisiva Astrolabio, in onda su Teleliguria, in collaborazione con il Centro Studi per il Progressive Italiano.
In questo caso i due autori riescono a completarsi alla perfezione, per cui alla competenza tecnica del musicista si aggiunge la conoscenza enciclopedica del saggista/appassionato, dando vita ad un lavoro che, pur non avendo l’ambizione d’essere esaustivo, rappresenta uno spaccato fondamentale di un movimento musicale che, volenti o nolenti, in quegli anni non ha solo cambiato il corso della musica, ma ha costituito una vera e propria espressione culturale a sé stante, trovando un terreno particolarmente fertile nel nostro paese.
Il libro è stato inizialmente ideato dal solo Zuffanti (che, per chi lo ignorasse, è il fondatore di band come Finisterre, Höstsonaten, La Maschera di Cera e, oggi, è attivo con il progetto che porta il suo nome), il quale, scelti i 101 dischi, è ricorso al fondamentale aiuto dell’amico per completare un lavoro mastodontico che ha richiesto diversi anni di lavoro, non essendo stato lasciato nulla al caso nella descrizione di ogni album, fin nei suoi più reconditi dettagli.
Come sottolineato argutamente da qualcuno, in occasione della presentazione del libro avvenuta presso la Libreria Feltrinelli nel capoluogo ligure, di fatto le scelte effettuate da Zuffanti sono inattaccabili in quanto dichiaratamente soggettive, prive quindi dell’ambizione di trasformare un elenco di preferenze in una vera e propria classifica da imporre al lettore.
Nonostante tutto, nel fare questo, i nostri sono ricorsi ad un stratagemma, ovvero quello di non citare più di un album accreditato ad ogni singola band (o musicista): in tal modo si è evitato di saturare il libro con le intere discografie dei gruppi maggiori (King Crimson su tutti, come affermato esplicitamente parlando di In The Wake Of Poseidon), optando piuttosto per una disamina della singola opera, integrata da una panoramica su tutti i restanti lavori.
Un altro criterio utilizzato, che potrebbe far storcere il naso a qualcuno tra gli appassionati più integralisti, è stato quello ampliare lo spettro delle scelte a tutta la musica definibile progressiva in senso lato, intendendo come tale quella che all’epoca sfuggiva alle regole del pop ed alla codificata alternanza strofa-ritornello: questo ha fatto sì che il primo disco ad essere preso in esame sia stato niente meno che Sgt.Pepper dei Beatles, mentre in chiusura è stato collocato Symphonye Celtique del bardo Alan Stivell.
E’ evidente quanto questi due nomi siano d’istinto difficilmente collocabili all’interno del genere così come lo abbiamo sempre inteso, con la logica del negozio di dischi che ha la necessità di incasellare cd o vinili in un settore piuttosto che in un altro, ma è anche grazie a questo che molti, magari, scopriranno che quell’Alan Sorrenti dai più ricordato come la pop star bianco vestita che cantava Figli delle Stelle, è lo stesso autore di Aria, uno dei dischi fondamentali per l’intero movimento.
E ancora, se tra gli artisti italiani troveremo figure “insospettabili” come Battisti, Branduardi, Fortis, Lolli o, un po’ meno a sorpresa, Battiato, non mancano tutti i nomi storici più ordinariamente associabili al genere (inutile citarli), italiani e non, oltre che aperture verso il cosiddetto kraut rock, rappresentato dai dischi di Tangerine Dream, Popol Vuh e Klaus Schulze.
Il libro si occupa, quindi, per lo più di nomi noti ma senza ignorare realtà misconosciute, come diversi gruppi operanti al di là di quella che, a quel tempo, veniva definita “cortina di ferro”; anche per questo il lavoro di ricerca effettuato da Storti e Zuffanti acquisisce ulteriore valore, alla luce delle innumerevoli notizie che accompagnano anche la descrizione di album che non riscossero successo neppure all’epoca.
Per assurdo, proprio la dovizia di particolari talvolta appesantisce la lettura, specie quando si vivisezionano singoli brani spaccando il minuto ed i secondi, oppure quando l’analisi della tecnica musicale si trasforma in terreno per iniziati, risultando non sempre di facile comprensione per chi non sa tenere in mano uno strumento.
Un eccesso di zelo del tutto perdonabile, derivante da una voglia di trasmettere senza alcuna reticenza un sapere che è frutto, anzitutto, di una grande passione per la musica: Prog Rock è un libro che andrebbe letto e riletto dai più giovani, i quali avrebbero così la possibilità di scoprire che le sonorità amate dai loro genitori sono ancora più che mai attuali, nonostante i parametri odierni di misurazione del tempo sembrino farli risalire ad epoche ancor più remote.
Nel contempo, dai più attempati miei coetanei auspicherei una maggiore apertura verso quanto viene prodotto ai giorni nostri, perché il “pericolo” derivante dalla lettura un libro come questo, per gli appassionati di prog che hanno superato gli ‘anta, è proprio quello di farli ripiegare ancor più su un momento della storia musicale a suo modo irripetibile, spingendoli a trascurare per partito preso chi cerca di promulgarne la tradizione rielaborandola con un sentire più moderno.
In sintesi, la mia esortazione è: andiamo pure a goderci i concerti delle band storiche ancora attive o delle stesse tribute band, che ripropongono con rigore quasi filologico le gesta dei grandi del passato, ma non dimentichiamo mai di supportare anche chi propone musica originale, per favore …

P.S.: Non riuscendo a resistere alla tentazione di individuare un album mancante in Prog Rock (sempre in ossequio a quella soggettività nelle scelte che sta alla base dell’opera, sia chiaro), un giochino che coinvolgerà fatalmente chiunque lo avrà tra le mani, indico Before And After Science di Brian Eno, datato 1977: neppure questo si può definire un lavoro ortodossamente progressive ma, con i criteri di inserimento adottati, non avrebbe affatto sfigurato.

pagine 409
€25.00

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RICCARDO STORTI – Facebook

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Dario Cattaneo – Dietro il Sipario: l’Epopea dei Savatage

Dietro Il Siparo è, di fatto, una sorta di bibbia per ogni fan dei Savatage degno di questo appellativo.

Ma dietro le tende, il palco, anche se vuoto, c’è ancora. E qualcuno ha lasciato lì un vecchio pianoforte nero e una chitarra bianca avvolta di rose, entrambi apparentemente pronti per essere riutilizzati.

Si conclude così, di fatto, questo bellissimo racconto, un’avventura nel mondo delle sette note, un omaggio ad una delle più grandi e fondamentali band di cui il nostro genere preferito può vantarsi.
Me lo chiedevo da un bel po’: possibile che nessuno fosse interessato a scrivere un libro sui Savatage? Eppure la band fondata dai fratelli Oliva, ha scritto quanto di meglio il metal abbia potuto offrire, in termini di qualità, al mondo della musica, partendo dal classico power metal made in U.S.A. per trasformarsi strada facendo in una spettacolare orchestra capace di convogliando i suoni ruvidi del metal, la musica classica e il prog senza lasciare, nella sua storia, niente in quanto ad eccessi e tragedie.
Ci ha pensato fortunatamente Dario Cattaneo, una vita nel mondo metal, redattore per Metalitalia e collaboratore di Metal Maniac, nonché grande fan del gruppo floridiano.
Aiutato da Andrea Mariani, batterista della tribute band ufficiale, gli Strange Wings, nonchè roadcrew dei Jon Oliva’s Pain, lo scrittore ha finalmente reso giustizia ad un gruppo unico ed inimitabile, ponendo l’accento su quello che sono sempre stati i Savatage: una famiglia, un unico nucleo di musicisti, gravitanti intorno ai fratelli Oliva prima, e poi, dopo la tragica scomparsa dell’inimitabile axeman Criss, al duo di compositori formato da Paul O’Neill ed il Mountain King, Jon Oliva.
Una scrittura fluida e scorrevole fa in modo che la storia prenda forma come in una pellicola cinematografica, dalle prime esibizioni dei due fratelli, alla parentesi Avatar, un attimo prima che la leggenda prenda il volo, il giorno prima della messa in stampa dello storico Sirens e del cambio di monicker in Savatage.
Di qui in poi si entra dalla porta principale nell’universo dei fratelli Oliva: i vari album sono descritti perfettamente ma senza annoiare, come talvolta accade invece nelle biografie musicali.
I primi successi e gli eccessi del Mountain King, il flop del famigerato Fight For The Rock, le incomprensioni con la Atlantic, fino ad Hall Of The Mountain King ed all’incontro con Paul O’Neill.
Chris Caffery, Al Pitrelli, Jeff Plate, Jack Frost, Zachary Stevens, Alex Skolnick sono solo alcuni dei musicisti della Savalandia che si unirono al gruppo nel corso degli anni, sostituendo o collaborando con la formazione originale: l’autore racconta dei  vari avvicendamenti in formazione con un tocco romanzato che affascina e tiene il lettore incollato alle pagine; la morte di Criss Oliva in un incidente stradale, la decisione di Paul e Jon di continuare, lasciando ad una formazione inusuale lo stupendo Handful Of Rain, e l’inizio della fase orchestrale, affidata a capolavori come Dead Winter Dead, The Wake Of Magellan e Poets And Madmen, ma di fatto già in embrione con l’altrettanto, bellissimo, Streets, sono descritti in modo molto professionale e corredati da schede in cui vengono raccontate le varie storie che formano questi concept, ormai passati alla storia.
Ma il mondo dei Savatage non finisce con il lungo silenzio della band: Cattaneo, nel finale, ci regala un’ulteriore panoramica su tutti i figli musicali della band madre, dai Doctor Butcher ai Jon Oliva’s Pain, dai Circle II Circle alla carriera solista di Chris Caffery, fino all’immensa Trans Siberian Orchestra, quella che, a detta dallo stesso Mountain King, è la nuova incarnazione dei Savatage.
Una band che ti entra dentro l’anima e non ti lascia più, l’unica che può vantare un innumerevole via vai di musicisti senza perdere un grammo della sua identità, troppo presto privata del grande talento di Criss Oliva, ma valorizzata dall’altrettanto mostruoso musicista e compositore che è il fratello Jon.
Il libro si conclude con la descrizione dell’evento al Wacken Open Air dello scorso anno, che vedeva la reunion dei Savatage con la formazione di The Wake Of Magellan suonare a fianco della Trans Siberian Orchestra, e la dettagliata discografia del gruppo compresi i vari progetti di cui abbiamo parlato.
Licenziato dalla Tsunami Edizioni, ormai punto di riferimento per la musica scritta, Dietro Il Siparo è, di fatto, una sorta di bibbia per ogni fan dei Savatage degno di questo appellativo, ed essendo io stesso un adoratore della musica del maestro Oliva, non mi rimane che ringraziare l’autore per questa suo esauriente omaggio … Still The Orchestra Plays!

Fabrizio Giosuè – Tolkien Rocks, Viaggio Musicale Nella Terra Di Mezzo

Magnifico libro, da parte di un vero appassionato, sul mondo musicale che gravita intorno al magnifico universo inventato da Tolkien.

Magnifico libro, da parte di un vero appassionato, sul mondo musicale che gravita intorno al magnifico universo inventato da Tolkien.

Fabrizio Giosuè è un competente ed appassionato giornalista musicale, che ha il suo blog (Misterfolk), un portale sul folk e viking metal tra i migliori al mondo. Fabrizio ha anche scritto il fondamentale Folk Metal, una vera e propria bibbia per gli appassionati del genere. In questo libro tratta dell’ispirazione che le scritture tolkeniane hanno sulla musica moderna. Tolkien è una montagna che si staglia sopra molte arti, ma una di quelle più influenzate è proprio la musica, e più nello specifico quella pesante, il metal. Troviamo molte band ispirate da Tolkien, a partire dai Led Zeppelin, passando per i Camel, fino ad arrivare ai lavori solisti di Leonard Nimroy, sì proprio lo Spock di Star Trek.
Ma più di tutti è stato il metal il genere ad amare maggiormente Tolkien. I Blind Guardian hanno praticamente fondato una carriera sugli scritti del Professore, arrivando ad essere quasi un complemento sonoro alla lettura. Anche il black metal è un genere che, forse, senza Tolkien non esisterebbe, poiché moltissimi gruppi si sono ispirati a Mordor ed alle sue forze oscure. Tutto ciò viene spiegato in maniera precisa, agevole ed appassionata da Fabrizio, che ci mette cuore e grande competenza, tirando fuori delle vere e proprie chicche, come Lingalad aka Giovanni Festa, musicista arrivato ad essere amato anche dalla figlia di Tolkien, con tour americani ed altro. Giosùè racconta tutto bene, ma è eccezionale soprattutto nel trattare il sommerso, quell’underground che senza le sue narrazioni rimarrebbe solo una piega nascosta dello strano origami della musica indipendente. Completa il libro un’appendice sui gruppi metal e black metal che si sono ispirati al più grande di tutti i tempi. Un libro fondamentale, scritto avendo ben compreso ciò che era la musica per Tolkien, ovvero tutto.

FABRIZIO GIOSUE’ – Facebook

VAPORTEPPA – Intervista (Parte Seconda)

Seconda ed ultima parte dell’interessantissima intervista ad una persona che dice le cose in maniera molto chiara : il Duca di Vaporteppa !!!

Seconda ed ultima parte dell’interessantissima intervista ad una persona che dice le cose in maniera molto chiara : il Duca di Vaporteppa !!!

iye Ci puoi spiegare la genesi e l’importanza di una copertina?

Le copertine sono molto importanti e hanno due obiettivi principali.
Il primo è di attirare l’attenzione del lettore evocando qualcosa, possibilmente che riguardi in qualche modo l’opera. Il secondo è di identificare in modo chiaro una collana, in modo che un lettore che ha già apprezzato altri libri, e quindi è più predisposto a comprarne ancora, a colpo d’occhio riconosca l’appartenenza.

Come cerchiamo di ottenere questi due obiettivi?
Per cominciare con uno stile fumettoso, decisamente non convenzionale per la narrativa in Italia. Poi c’è la palette di colori studiata dal nostro illustratore di fiducia, Manuel Preitano, da cui si capisce che siamo noi. A contraddistinguere la collana da subito, per chi la conosce, c’è anche la scelta grafica, un po’ scomoda ma funzionante, del “bigliettone” retrò con il nostro logo e il titolo.

Vogliamo che l’illustrazione di copertina dia un affresco complessivo di ciò che nell’opera si può trovare, che sia più evocativo e più ricco possibile di suggestioni. Nelle opere brevi usiamo di norma una singola immagine che raffigura uno dei protagonisti, possibilmente nel contesto di una scena presente nel testo: pensiamo alla copertina de “La Gatta degli Haiku”.

Però più una storia è complessa e ricca di elementi, più è difficile che un singolo “fotogramma” basti a rappresentarla nella sua complessità.
Nelle opere lunghe nessuna singola scena rappresenterebbe o evocherebbe sufficienti elementi. Ognuna sarebbe troppo poco, non sarebbe una sintesi visiva dell’opera. Ecco come mai abbiamo scelto di unire al protagonista, rappresentato dalle ginocchia o dall’inguine in su, uno sfondo di “vignette” (come se venissero da un fumetto) con altri elementi della storia. Quindi abbiamo in primo piano un elemento protagonista, graficamente staccato, e sullo sfondo un contesto di elementi tratti dal testo che dà un’idea “fumettosa”.

Le illustrazioni le realizziamo a stretto contatto, in scambio mail, tra l’illustratore, l’autore e me, più magari un parere extra da un altro nostro autore, Alessandro Scalzo (“Caligo”) che ha un buon occhio per queste cose. Passo dopo passo analizziamo e commentiamo bozzetto, matite, colori flat e infine colorazione completa.

iye A tuo avviso come è la condizione dello scrittore in Italia?

Pessima.
Manca l’autentico supporto delle case editrici, possibile solo se queste si occupano di formare gli autori. Sfortunatamente non hanno né le competenze né la cultura aziendale per farlo. Gli autori non sono incentivati a studiare e a impegnarsi, spesso rinnegano il concetto stesso di studio, e questo è colpa anche della mancanza di cultura aziendale degli editori riguardo la formazione degli autori.

Gli scrittori, anche quando hanno un successo adeguato e pubblicano il loro libro puntuale ogni anno, devono necessariamente avere un “lavoro vero” per sopravvivere. Avere un lavoro, oltre a scrivere, non è in sé una cattiva cosa: il lavoro, di solito, fornisce spunti, suggestioni, idee… può aiutare un autore. Però all’estero, negli USA, gli autori di fascia media riescono a vivere delle loro opere. Magari vivacchiano, ma comunque ce la fanno.
Da noi metti che sei fortunato e ricevi un anticipo di 6mila euro su una tua opera da un grosso editore. Uno all’anno. E le tue royalties molto difficilmente lo supereranno. E come ci vivi? Ora poi, con la crisi editoriale, gli anticipi sono sempre più magri. Anche negli USA sono più magri, ma penso che nessuno mi contesterà che la metà di 30-40mila dollari sia comunque di più della metà di 6mila euro. E chi ancora prende 3mila euro, pur essendo uno dei tanti autori di fascia media di una grossa casa editrice, e non un nome di punta, può considerarsi fortunato!

Sul piano soddisfazioni personali… senza una cultura aziendale che promuova una cultura dello studio, dell’analisi oggettiva ecc. agli scrittori non restano che due scenari:
1. se sanno scrivere e sanno come si scrive, sanno che la massa degli altri interlocutori (autori e aspiranti tali: l’Italia ha più aspiranti scrittori che lettori, si dice) rifiuta a priori la discussione tecnica e che è inutile anche solo affrontare l’argomento, per non venire dileggiati dalla “grida dei beoti” (citando Gauss, che così definì l’opposizione che si aspettava al superamento della geometria euclidea);
2. se invece non sanno scrivere la situazione non è poi molto migliore, visto che non potendo affidarsi alla qualità delle loro opere per farsi strada dovranno basarsi su amicizie, lecchinaggio, vivendo una vita pubblica spesso completamente scissa da ciò che in privato credono, costretti per tenere in piedi il proprio sogno di autori a coprire di lodi opere di cui vedono perfino loro la pochezza, per ricevere così pari lodi da quegli autori.

Il secondo scenario è molto meno stressante rispetto a una variante del primo di chi, sapendo scrivere, fa l’errore di pensare agli altri come autori professionali e ragionevoli e, nell’instaurare normali discorsi tecnici come si fa d’abitudine negli USA, si trova contro un muro di gomma di ignoranza, dileggio e rifiuto… ma non poi così migliore, secondo me.
Meglio sapere di essere in mezzo a un gruppo di gente che non sa niente di narrativa e tacere delle atrocità sentite, camuffandosi tra loro, o meglio farseli nemici osando dire che due più due fa quattro? Sta alla dignità di ciascuno decidere se sia meglio la compagnia degli sciocchi o la solitudine dei giusti. Solitudine per modo di dire: tra gli autori che tacciono e non vengono pubblicati non mancano quelli che studiano e vorrebbero discutere su solide basi teoriche… solo che non sanno di esserci, e di non essere pochi, e quindi tacciono perché sono gli stolti a far gruppo e a vociare di più (la cura delle relazioni e della presenza è tutto, per loro, non potendo appoggiarsi sulla qualità delle opere) fino a sembrare gli unici presenti.

Abbiamo dedicato due articoli su Vaporteppa all’arte “senza regole” e al presunto “talento”:
http://www.vaporteppa.it/approfondimenti/la-qualita-e-lunica-realta-che-abbiamo/
http://www.vaporteppa.it/approfondimenti/nascita-o-addestramento/

Lo scenario non è bello? No.
È quindi? Quindi niente, la vita non deve essere giusta né facile se si vuole percorrere la via della rettitudine. Per chi vuole facili scorciatoie e vita semplice, conviene evitare di studiare, per non cominciare a pensare ancora peggio delle altrui opere, e unirsi ai cori di autori vecchio stile: ci si faranno tanti amici e si vivrà senza rodersi il fegato. Ma non sarà la via della vera professionalità seria e della rettitudine verso sé stessi e la propria arte.

iye Quale è lo stato della letteratura underground in Italia?

Ho già risposto in parte nella domanda precedente.
Se quelle sono le premesse, fate due più due ed ecco la risposta. Parlando di Fantasy e Fantascienza, basta vedere com’è andata: autopubblicati che spesso sono peggio del peggio portato in libreria dai grossi editori, rarissime opere decenti che si perdono nel mare di immondizia (perché magari l’autore non è di quelli del primo scenario visti prima, capaci di fare gruppo tra amichetti e spingersi a vicenda ingoiando il conato quando deve lodare opere che trova orribili), immondizia che ha invaso le librerie.
E lettori in forte calo, anche nel fantasy (e sempre stati pochi nella fantascienza), perché dopo gli anni del boom ciò che è rimasto, a furia di leggere schifezze, è stato questo: “Aveva ragione la mia prof del liceo che questo fantasy alla fine sono scemenze che non val la pena leggere! Basta, da oggi solo un libro all’anno e solo Fabio Volo.”
Eh, proprio roba che fa bene al settore…

iye Che consigli puoi dare ad uno giovane scrittore?

Se vuoi diventare un autore pubblicato “costi quel che costi” in ambito fantasy o fantascienza, ti consiglio di seguire questa guida nelle parti rivolte a chi ha questo specifico obiettivo:
http://fantasy.gamberi.org/2010/10/28/editoria-fantasy-in-italia/

Se vuoi diventare prima di tutto un autore competente, che sa quello che fa e che lo fa dando il massimo, allora hai un mantra solo: studia-studia-studia. Studia la tecnica narrativa per rendere concreta, sensoriale e avvolgente l’esperienza narrativa. Studia come si ragionano le sceneggiature, per dare strutture solide alle opere. Studia qualsiasi argomento connesso a ciò di cui parlerai nella tua storia, e quasi sempre questo significa aver letto anche un paio di manuali facili e spendibili a tema psicologico (Eric Berne e/o un saggio introduttivo alla psicologia sociale), possibilmente anche qualcosa di specifico scritto per gli sceneggiatori (c’è un bel manuale sulla psicologia dei personaggi del grande maestro Lajos Egri, semplice e profondo assieme) e se vuoi impegnarti al meglio valuta pure un testo introduttivo che parli del cervello umano (io sto leggendo al momento “Neuroscienze” di Mark Bear, un affascinante mattone universitario di oltre 800 pagine), visto che se vorrai parlare di “persone” e renderle credibili avrai bisogno di qualcosa in più dell’esperienza diretta, spesso piena di errori e pregiudizi. Se vuoi scrivere degli altri, impara a dubitare di te stesso e di ciò che pensavi di sapere. Male non fa, anche senza pensare alla scrittura.

Studia il genere che vuoi scrivere. In teoria se vuoi scriverlo è perché lo ami e lo frequenti, per cui non servirebbe dirtelo, ma magari è un interesse nuovo per cui meglio essere chiari: leggi decine e centinaia di opere fantasy e di fantascienza, se vuoi scrivere uno dei due (i confini sono spesso così labili che un po’ di entrambi fa sempre comodo), e leggi thriller, leggi autobiografie di veterani di guerra, leggi storie di operai cinesi maltrattati, leggi saggistica, leggi qualsiasi cosa che possa arricchirti di informazioni e stimoli. Questo include film, serie tv, fumetti, anime giapponesi, videogiochi. Ogni cosa può contenere stimoli. Snobbare qualcosa a priori è il primo passo verso il fallimento: impara a imparare, senza pregiudizi legati al mezzo.

Impara a fare di ogni esperienza di vita un elemento per le tue storie, a rendere “scrivi ciò che sai” un modo di vivere alla ricerca del dettaglio che ti permetterà di scrivere qualcosa. Sei un operaio edile, sei uno spazzino, sei uno psicologo che lavora nelle scuole, sei un sommelier, sei un imprenditore con tre operai e una piccola fabbrica di bulloneria? Hai l’hobby della storia egizia, della scherma di bastone, della produzione artigianale di salami o di geopolitica mediorientale? Usali, impara a rendere importante nelle tue storie ciò che hai da dire, ciò che sai.
C’è chi ha fatto fantascienza perfino usando la matematica! Non c’è qualcosa che sia del tutto inutile, se sai rifletterci e se davvero conosci quell’argomento a fondo.

iye Progetti futuri dell’ardita Vaporteppa?

Continueremo con le traduzioni in italiano della Bizarro Fiction di Carlton Mellick III e con le nuove opere di autori italiani. Saltuariamente un po’ di vekkiume d’epoca. Sul piano social e blog ho in mente alcuni cambiamenti, dando più importanza al blog e al coinvolgimento dei lettori. Negli ultimi mesi ho ragionato su cosa fare del blog di Vaporteppa, troppo poco curato fino ad adesso, e ora penso di aver capito. Se ho capito per davvero e se funzionerà, lo vedrete nel corso dell’anno: già dai prossimi mesi inizierà il nuovo approccio basato su più contenuti e più dietro le quinte su come ragioniamo, sulla scrittura e sulle opere.

 

Duca-di-Baionette-e-Vaporteppa-un-cretino-senza-fosforescenza

Fabrizio Giosuè – Folk Metal: Dalle Origini Al Ragnarok

Il libro è uno dei migliori mai scritti in campo musicale, sia per la competenza davvero incredibile, sia per la voglia che fa venire di andare a tuffarsi nelle fredde onde scandinave.

Libro completissimo e scritto con grandissima passione e competenza su un genere musicale non allineato.
L’autore Fabrizio Giosuè, da grande appassionato della scena, propone un libro magistrale, puntuale e piacevole da leggere.

Molti libri musicali hanno il difetto di essere scritti in maniera approssimativa in quanto a prosa, ma non è certamente questo il caso.
Partendo da un’enunciazione programmatica sulla genesi del genere folk metal e viking metal Giosuè ci conduce per mano in un tour attraverso le nazioni, europee e non.
Quasi ogni paese, infatti, e ovviamente quelli scandinavi la fanno da padrone, ha i suoi bravi rappresentanti folk/viking e l’autore ne narra le gesta, andando anche a scovare gruppi misconosciuti ma capaci di produrre dischi di ottima fattura.
Eccezionale è il lavoro svolto sulle band più note: leggendo questo libro scoprirete cose che non sapevate anche sugli Amon Amarth o gli Enslaved; il tutto viene trattato con estrema passione e competenza spingendo anche chi non la conosce a voler sapere di più su questa musica: non è un caso che in Folk Metal abbia trovato la migliore narrazione sui Bathory che abbia mai letto.
Giosuè ha un grande gusto e una prosa davvero spigliata e convincente nel raccontarci di questa musica nordica congiunta al metal che parla di boschi, lotte fra divinità e tradizioni antichissime che vivono ancora in certi cuori.
Il folk/viking metal è un genere certamente controverso ma che porta dentro di sé un motore anti commerciale e di rivendicazione culturale che non si può non vedere.
Ancora più interessate è il legame con il linguaggio del metal che funziona da sostrato alla ricerca folkloristica.
Tutto ciò è spiegato benissimo in questo magnifico tomo che ripercorre tutto lo spettro del folk metal, anche tramite schede divulgative delle varie mitologie o approfondimenti su personaggi come Tolkien.
Particolarmente degna di nota è la sezione dedicata al folk/viking italiano, trattato con la consueta competenza e con sincero affetto, dato che Giosuè è anche il fondatore e curatore di misterfolk.wordpress.com, il migliore sito sul genere in Italia.
Leggendo dei gruppi italiani avrete più di una sorpresa e, se avrete la mente ma soprattutto gli orecchi aperti, ci sono gioie per voi in arrivo.
Prosegue poi il viaggio per le lande dell’est europeo fra le quali spicca l’interessantissima Romania, dove grazie e attraverso il folk metal si sono riscoperte parti del folkore andate quasi perse, in un paese molto legato al suo immaginario. In Russia il folk metal è tra i generi più conosciuti e seguiti, anche grazie ad una forte riscoperta della tradizione e dell’orgoglio nazionale.
Si sbarca poi in Vinland, ovvero la terra americana, scoperta ben prima dai vichinghi che dal quel tanghero di Cristoforo Colombo; a Vinland il folk scorre copioso, per poi arrivare persino all’America Latina.
E’ presente nel il libro anche un interessante excursus sul pirate metal, genere molto particolare e molto ben trattato da Giosuè.
L’opera si chiude con una bellissima serie di interviste e schede dedicate ai grandi nomi della scena, siano essi musicisti od illustratori.
Entusiasma la felicità di Giosuè, poiché essendo la sua una gioia la trasmette agli altri, ma questo è un concetto troppo cristiano, meglio dire che ci invita a gustare idromele in una taverna fumosa insieme a dei stanchi guerrieri.
Il libro è uno dei migliori mai scritti in campo musicale, sia per la competenza davvero incredibile, sia per la voglia che fa venire di andare a tuffarsi nelle fredde onde scandinave.
Da leggere assolutamente per gli appassionati e anche da parte di chi vuole scoprire una nuova frontiera, e non c’è miglior scout di Giosuè per esplorare territori inesplorati.

Crac Edizioni
http://edizionicrac.blogspot.it/
pag. 446
€ 24.00