Hierophant – Mass Grave

Mass Grave è la realizzazione delle promesse seminate nelle precedenti uscite, ed è un disco davvero notevole.

A chi ha occhi e soprattutto voglia di vedere la situazione appare in tutta la sua chiara gravità: siamo fottuti, e bisogna che qualcuno come gli Hierophant ce lo ricordi.

Il gruppo ravennate è in giro dal 2010 e fa musica violenta, pesante e maledettamente affascinante, musica catartica. Nel loro terzo disco gli Hierophant raggiungono forse la loro maturazione definitiva, anche se si spera che le loro sepolture di massa continuino per molto tempo ancora. Il loro stile è un misto di death metal, hardcore furioso e un’aggressività simile a quella dei compianti The Secret ma più intelligibile e maggiormente metal. Il loro intento è quello di scuotere l’ascoltatore, e di farlo muovere per tutta la durata del disco o del concerto. La bravura degli Hierophant ha già da tempo travalicato i confini patri, ed infatti sono molto apprezzati sia in Europa che nel mondo. Maggiore effetto ed efficacia al massacro è data dalla produzione di Taylor Young, uno che con Nails ed altri gruppi ha già provocato diversi denti rotti in giro per il mondo. Rispetto ai precedenti e già ottimi album degli Hierophant questo forse è il più strutturato, il più violento ed il più death metal, e non c’è davvero un attimo di tregua. Mass Grave è la realizzazione delle promesse seminate nelle precedenti uscite, ed è un disco davvero notevole.
Tenebre, cenere e rumore, è quello che siamo.

TRACKLIST
01. Hymn of Perdition
02. Execution of Mankind
03. Forever Crucified
04. Mass Grave
05. Crematorium
06. In Decay
07. Sentenced to Death
08. The Great Hoax
09. Trauma
10. Eternal Void

LINE-UP
Giacomo – Bass, Vocals
Ben – Drums
Lollo – Guitars, Vocals
Steve – Guitars

HIEROPHANT – Facebook

Vulvodynia – Psychosadistic Design

Nel loro tremendo estremismo sonoro i brani si fanno apprezzare grazie e soprattutto ai vari vocalist che si danno il cambio, raccontando le macabre esecuzioni e torture perpetrate.

Vai a spiegare la bellezza di un album brutal death metal a chi pensa che gli Iron Maiden facciano solo casino.

Come qualsiasi forma d’arte, anche la più estrema ha i suoi picchi qualitativi, magari poco capiti dalla massa ed esclusiva per gli amanti del genere, come per esempio questo bellissimo secondo lavoro dei Vulvodynia, slam brutal death metal sudafricana, al secondo full length e creatrice di un’opera che, nel suo genere, risulta un piccolo capolavoro.
Hanno bruciato le tappe i death metallers sudafricani, fondati nel 2014 e nel giro di due anni con una discografia alle spalle di tutto rispetto che annovera il primo full length (Cognizant Castigation), due ep ed un paio di split.
Aiutati da un nugolo di psicopatici musicisti della scena slam (Martin Funderud degli Kraanium, Don Campan dei Waking the Cadaver e Luke Griffin degli Acrania, ma anche altri cantanti facenti parte di gruppi meno famosi come Chrissy Jones dei Clawhammer) e tanti altri appartenenti al mondo deathcore, la band crea questo devastante esempio di opera brutal, con tanto di cantanti che si danno il cambio dietro al microfono, in un susseguirsi di atmosfere horror/splatter da applausi.
Colmo di atmosfere al limite della pazzia, death metal e brutal si alleano con ritmiche hardcore che a tratti rendono il sound ancora più estremo, in un’aurea di terrore profondo, una discesa nell’abominio raccontata tramite terribili ripartenze, attimi di ragionata sadismo in un’orgia di corpi sventrati e torture varie.
Il bello sta nel songwriting sopra la media, una buona tecnica esecutiva e nell’appeal che, nel loro tremendo estremismo sonoro i brani rilasciano, grazie e soprattutto ai vari vocalist che si danno il cambio raccontando le macabre esecuzioni e torture perpetrate.
Un monolito estremo che ha almeno tre/quattro tracce notevoli, spetta a voi scoprirle nel mezzo della carneficina metallica creata dai Vulvodynia.
Psychosadistic Design sale di diritto sul gradino più alto del podio nel genere il questo brutale 2016, sicuramente un album per pochi affezionati … ma che album.

TRACKLIST
1.Psychosadistic Design
2.Drowned in Vomit
3.King Emesis
4.Catration Mutilation
5.Flesh Tailor
6.Unparalleled Insubordination
7.Grotesque Schizophrenia
8.Lord of Plagues
9.Depraved Paraphilia
10.Forced Fecal Ingestion
11.Umthakathi
12.Bestial Insemination
13.Wall of Corpses
14.Triple O.G. Slamdown

LINE-UP
Duncan Bentley-Vocals
Luke Haarhoof-Guitars
Byron Dunwoody-Drums. bass, gutars

Vocals :
Alex Terribile
Som Pluijmers
Don Campan
Martin Funderud
Adam Warren
Chrissy Jones
Chris Butterworth
Luke Griffin
Jason Evans

VULVODYNIA – Facebook

Segregacion Primordial – I

Il loro è un death metal furioso e senza compromessi, fortemente e volontariamente underground.

Death metal brutale dal Cile, in cassetta e piena di morte analogica.

Quattro canzoni di lunga durata e di invocazioni all’apertura di neri portali nel vostro cervello. Attivi nell’underground del Cile dal 2011, i Segregacion Primordial hanno pubblicato prima di questo un album, due demo ed un ep. Questa cassetta fa parte di un attacco ai nostri padiglioni auricolari lanciato questa estate dalla Signal Rex, un’etichetta portoghese che sta pubblicando cose molto rimarchevoli, e questa cassetta è death metal di alto livello. Canzoni lunghe ed ossessive, che grattano con le loro distorsioni primordiali, il cantato cavernoso, che aiutano a comporre un quadro macabro e potente. I cileni si lanciano in cavalcate di sette e più minuti, con ristagni paludosi, o furiose accettate su teste ignavi. Il loro è un death metal furioso e senza compromessi, fortemente e volontariamente underground, sena fronzoli ed invenzioni ulteriori, ma solo tanta sostanza e fantasia, componente fondamentale del death metal. Gran bella cassetta di furia distorta per la band di Temuco.

TRACKLIST
01. Intro
02. Autocontemplacion
03. Inmersion
04. Bonus

SIGNAL REX – Facebook

Human Vivisection – The Perpetual Gap

Oscuro e pesantissimo, The Perpetual Gap vive su un impatto che non manca di fare danni, accontentando in quanto ad efferatezza sonora gli amanti dei genere

The Perpetual Gap è l’esordio discografico della band belga Human Vivisection, arrivata al primo full length a quattro anni dalla sua fondazione.

Brutal death metal in puro delirio di blast beat, un monolito di metallo estremo che ha nei classici cliché del genere la propria forza e non rinuncia a soluzioni che si avvicinano al grindcore, The Perpetual Gap vive di queste sensazioni estreme, senza compromessi e dall’impatto violentissimo.
Un’altra opera targata Rising Nemesis, label specializzata nel metal estremo di cui ci siamo occupati nella recensione riguardanti gli olandesi Korpse, band che si avvicina al sound del gruppo belga, anche se The Perpetual Gap come detto richiama specialmente nelle ritmiche il classico sound grind.
Il quintetto di Bree, opera un massacro a tutto tondo, sfoderando una prestazione al limite dell’umano nella potentissima sezione ritmica e lasciando al vocalist il compito di vomitare puro odio per il genere umano, violenze ed altre atrocità.
Trentacinque minuti di massacro sonoro che, anche in questo caso, non mancano di stancare un po’, complici soluzioni usate in tutti i brani così che, ad un approccio distratto, sembra di ascoltare lo stesso brano ripetuto all’infinito, questo è il difetto maggiore che si riscontra in questo ennesimo devastante lavoro in arrivo dal nord Europa.
Oscuro e pesantissimo, The Perpetual Gap vive su un impatto che non manca di fare danni, accontentando in quanto ad efferatezza sonora gli amanti dei genere, ma canzoni come Age of Disgust, la mastodontica Birth of a Defective Race e la super grindcore song che risulta Consumed by the 4th Dimension, faranno la gioia dei fans accaniti del death metal estremo, per tutti gli altri è consigliato di stare alla larga dagli Human Vivisection.

TRACKLIST
1. The Enigma of Subsistence
2. Age of Disgust
3. The Perpetual Gap
4. The Transmutation Program
5. Feed the Warmachine
6. From Blaspheme to Viscera
7. Birth of a Defective Race
8. Consumed by the 4th Dimension
9. Indulging in the Downfall
10. Creation of the Spiritual Machines
11. The Inevitable Confine of Existence

LINE-UP
Roy Feyen – Guitar
Sonny Hanoulle – Guitar
Yenthe Meeus – Vocals
Robbie Cuypers – Bass
Olivier Smeets – Drums

HUMAN VIVISECTION – Facebook

Korpse – Unethical

Unethical scarica dosi letali di violenza, i brani si succedono uno dopo l’altro in un’atmosfera di delirio, dove torture, abominevoli amputazioni e blasfemie varie sono il pane quotidiano.

Rientriamo dopo un po’ di tempo nei meandri insani del death metal estremo con il brutale combo olandese dei Korpse, quartetto di Bussum foriero di un devastante slam brutal death metal.

Il gruppo attivo dal 2013 licenzia il suo secondo lavoro, successore del debutto omonimo uscito un paio di anni fa, e conferma tutto il suo impatto anche su questo nuovo lavoro, un assalto brutale senza soluzione di continuità per oltre mezzora di carneficina in musica.
I musicisti che formano la band sono tutti di buona esperienza avendo militato in molte realtà della scena e si sente, l’aggressione è più di quanto violento e brutale si possa immaginare, sempre perennemente ancorato ai cliché del genere, ma valorizzato da una carica a dir poco esplosiva.
Come un vento atomico che travolge senza pietà il sound del gruppo alterna passaggi in blast beat a rallentamenti e slamming potentissimi, il growl animalesco fa il resto valorizzando l’approccio senza compromessi dei Korpse.
Unethical scarica dosi letali di violenza, i brani si succedono uno dopo l’altro in un’atmosfera di delirio, dove torture, abominevoli amputazioni e blasfemie varie sono il pane quotidiano.
Ottima la prova di una sezione ritmica che avanza come un carro armato (Mart Wijnholds al basso e Marten van Kruijssen alle pelli) e dove la sei corde di Floor van Kuijk lancia grida lancinanti torturate dall’axeman olandese.
Sven van Dijk vomita rabbia e crudeltà nel microfono con il suo growl da orco indemoniato, mentre siamo già arrivati all’ultimo brano in uno tsunami di sangue e arti.
Un difetto, che è molto facile riscontrare nei gruppi dediti a queste sonorità, è la somiglianza tra le canzoni che fa di Unethical un unico blocco di brutale metal estremo ed un lavoro che, comunque, gli amanti del genere sicuramente apprezzeranno.

TRACKLIST
1. Conquer
2. Collateral Casualties
3. Incinerate
4. Deformed to the Extreme
5. Stoneage
6. Cleaning the Aftermath
7. Cannibal Warlords
8. Unethical
9. Retaliation
10. Monastery Waste
11. Eternal Misery

LINE-UP
Mart Wijnholds – Bass
Marten van Kruijssen – Drums
Sven van Dijk – Vocals
Floor van Kuijk – Guitars

KORPSE – Facebook

Dr. Gore – Viscera

L’ottima produzione e la cura di ogni dettaglio fanno di Viscera un gran bel lavoro, i brani si susseguono uno più violento dell’altro, strapazzati dal vocione del bassista che, trasformatosi nel sadico dottore, sventra, taglia e svuota corpi.

Disturbante per molti, venerato da altri, il brutal death si può senz’altro considerare come il genere più estremo di cui si nutre il metal: mai uscito dallo spirito underground se non in pochissimi casi, continua ad essere alimentato da band in ogni parte del mondo.

Guardando nel nostro paese, le realtà dedite al genere sono molte e in molti casi di assoluto valore, specialmente se ci si rivolge alla scena della capitale, alimentata da un nugolo di gruppi dalle potenzialità enormi, usciti negli ultimi due anni con opere di un certo spessore (Degenerhate, Corpsefucking Art, Devangelic, tre le altre).
Viscera è il nuovo lavoro dei Dr. Gore, uscito a distanza di tre anni dal primo full length, “Rotting Remnants”, nonché il secondo in dodici anni di attività, un lasso di tempo che ha donato al gruppo esperienza da vendere, dimostrata in questa mezz’ora di devastante massacro brutal/grind.
Il dottore ci sa fare eccome, torturando pazienti inermi, con una furia ed un impatto straordinari: i tredici brani raccolti in Viscera travolgono letteralmente, compatti e ferali, facendo risultare il tutto una valanga di musica violenta che non fa prigionieri.
Ottima la sezione ritmica, precisa e potente, inumana quando schiaccia il piede a tavoletta e parte come un razzo (Alessio Pacifici basso e Massimo Romano alle pelli) e letali le due asce (Marco Acorte e Luigi Longo).
L’ottima produzione e la cura di ogni dettaglio fanno di Viscera un gran bel lavoro, i brani si susseguono uno più violento dell’altro, strapazzati dal vocione del bassista che, trasformatosi nel sadico dottore, sventra, taglia e svuota corpi.
Il sound, che passa agevolmente dal brutal al grind, ed in alcuni casi si lascia apprezzare per sfumature e riff che ricordano il death classico, mostra l’ormai consolidata maturità del combo capitolino, maestro nel tenere in scacco la bestia che si aggira tra lo spartito dei brani, senza scendere a compromessi e mantenendo sempre altissima la tensione.
Le influenze, o meglio le affinità, con le band storiche sono tante e diverse, ma interpretate con grande personalità dalla band: se siete fans del genere, Viscera è assolutamente consigliato.

Tracklist:
1. Viscera
2. Grotesque Corpse Sculpture
3. Hordes of Dead Flesh
4. Diseased Altered Corpse
5. Embalmer
6. Fast Death
7. Freezer Full of Flesh
8. In Your Rotten Cavity
9. Time to Kill
10. Born in Corpse
11. Postmortem Blood Ejaculation
12. Zombie Brutalized Mankind
13. Back from the Grave to Kill Again

Line-up:
Alessio Pacifici – Bass,Vocals
Luigi Longo – Guitars
Marco Acorte – Guitars/Vocals
Massimo Romano – Drums

DR. GORE – Facebook

Soman – World On Fire

“World On Fire” è il racconto di un mondo che sta bruciando, la morte di una civiltà che è solo supposta tale e di un pianeta condannato alla fine dal nostro disgraziato vivere.

Brutalità death in arrivo da Genova, con questo grande album di debutto: i Soman sono dei giovani ragazzi attivi come gruppo dal 2011, con tanta voglia di fare death metal.

I vecchi saggi della Buil2Kill li hanno prontamente messi sotto contratto ed ecco uscire World On Fire; diciamo che il disco è la colonna sonora di una devastazione su scala planetaria neanche troppo futura.
I riferimenti sono certamente ai grandi nomi della scena, Carcass, Misery Index e una spruzzata di Black Dahlia Murder, ma i Soman sono un gruppo che fin dalle prime battute riesce ad imprimersi molto bene nella testa dell’ascoltatore.
Infatti, da tempo non mi capitava di sentire una band death così potente ed originale; intendiamoci, nel death metal difficilmente si inventa qualcosa, ma questi ragazzi genovesi lo fanno in una maniera in stile “Miasma” dei Black Dahlia Murder, ovvero giovinezza, freschezza ed un talento innato che li porta direttamente al livello di gruppi ben più blasonati. World On Fire è il racconto di un mondo che sta bruciando, la morte di una civiltà che è solo supposta tale e di un pianeta condannato alla fine dal nostro disgraziato vivere.
Se tale è l’inizio, i Soman sono un gruppo dal futuro molto luminoso, ma basta il questo presente con  World On Fire.
Risparmiatevi l’ultimo degli Obituary e spendete qualche euro per il futuro del metal, comprando questo disco, album dell’anno death metal, senza se e senza ma.

Tracklist:
1 Genesis
2 Symphony Of War
3 World On Fire
4 Doomsday
5 Fatman
6 Fallout
7 Matrioska
8 Meatgrinder
9 Skullcup
10 Demon’s Coffin
11 The Last Exhalation

Line-up:
Stefano Rodano – Voce
Pietro Giovani – Chitarra
Luca Ansevini – Chitarra
Maurizio Caviglia – Batteria
Mattia Merlo – Basso

SOMAN – Facebook

Sickness – Plague

Compilation a cura della Delusions of Grandeur contenente l’intera produzione dei deathsters americani Sickness.

Plague rappresenta un piccolo framento di storia del death metal statunitense: i floridiani Sickness, infatti, pubblicarono tre lavori tra il 1994 ed il 1997, ovvero il demo “Torture Of Existence”, il full-length “Ornaments Of Mutilation” e l’ultimo vagito prima del scioglimento, un altro demo intitolato semplicemente “Promo 97”.

La Delusions Of Grandeur immette sul mercato, a distanza di diciassette anni, questa compilation che raccoglie praticamente tutto ciò che la band ha prodotto nei tre anni di attività, un buon modo per conoscere una realtà “minore” a livello di popolarità, ma certo non come qualità del prodotto.
Infatti il gruppo, armato di tutto punto, spaccava alla grande, il suo death metal ai confini con il brutal, prendeva spunto sia dalle band madri del genere (Obituary) sia da quelle più brutal-grind (Brutal Truth), offrendo un crescendo di devastante metal estremo senza soluzione di continuità.
Eric Dillon e Gus Rios, rispettivamente basso e batteria, formavano una sezione ritmica dedita al massacro totale, la coppia d’asce formata da Hector Rios e Sergio Cesario, costruiva un wall of sound di riff e solos sempre al limite, mentre Kyle Symons, con un passato nei seminali Malevolent Creation, così come il batterista, cantava di torture e necrofilia in pieno stile Cannibal Corpse.
Una ventina di tracce ci fanno capire di cosa erano capaci, in termini di violenza sonora, le band di quei gloriosi anni, che comunque tenevano sempre d’occhio la musicalità dei brani, molti dei quali davvero notevoli.
I brani provenienti da “Ornaments Of Mutilation” erano eccezionali ed andavano a comporre un album di grande levatura, a suo modo un piccolo gioiello di metal estremo che, grazie a questa operazione, non è finito perso nell’oblio dei meandri dell’underground.
Ottima scelta, dunque, questa compilation della Delusions Of Grandeur, e una buona occasione per conoscere una band vissuta all’ombra dei grandi gruppi della famigerata Bay Area, ma assolutamente in grado di competere con le band più famose.
Un disco consigliato anche agli appassionati più giovani per riscoprire una band di quell’epoca storica, con la speranza che questa compilation possa costituire anche lo spunto per una reunion.

Tracklist:
1. Murder King
2. Plague
3. Yes I Killed Her
4. Controlled With a Knife
5. No Means Yes
6. Domestic Entrallment
7. Food for Worm
8. Union of the Sick
9. Your Time Has Come
10. Anatomy of Murder (Rerecorded Version)
11. I Am Christ (Rerecorded Version)
12. Anatomy of Murder
13. Cold Bitch
14. Necrosick
15. Burn the Soul
16. Putrid Incest
17. Postmortal Ceremony
18. Deceased
19. I Am Christ

Line-up:
Eric Dillon – Bass
Gus Rios – Drums
Hector Rios – Guitars
Sergio Cesario – Guitars
Kyle Symons – Vocals

Devangelic – Resurrection Denied

L’esordio dei romani Devangelic è un altro album di brutal death da promuvere in toto.

Ancora brutal death dalla capitale, vero fulcro di una scena estrema vigorosa e mai doma, con l’esordio dei Devangelic grazie a questo riuscito primo lavoro intitolato Resurrection Denied.

La band accoglie tra le sue malefiche braccia musicisti attivi da un po’ di anni nel sempre più prolifico ambiente estremo romano, come il drummer Alessandro Santilli (già Embrace Of Disharmony, Lahmia, Necrotorture), il chitarrista Mario Di Giambattista (Corpsefucking Art, Disfigured, Stench of Dismemberment), il vocalsit Paolo Chiti (Corpsefucking Art, Putridity) e il bassista Damiano Bracci. Brutal death di scuola americana, fatto con palle e cervello, questo è il primo massacro della band romana, che non lesina le mitragliate tipiche del genere per quanto riguarda il lavoro ritmico, valorizzato dal notevole muro sonoro innalzato con buona tecnica e da brani che nella mezz’ora di durata non hanno un minimo di cedimento, creati come sono per devastare senza soluzione di continuità. E’ scorrevole il songwriting dei nostri, che lasciano ad altri passaggi troppo cervellotici per centrare subito il bersaglio e, alla fine, questa scelta si rivela azzeccata, perché Resurrection Denied piace proprio per la sua fluidità e per l’impatto diretto. Forti di un drummer talentuoso come Alessandro “Vender” Santilli, protagonista di una straordinaria prova nel torturare le pelli (coadiuvato puntualmente dal basso di Bracci), della chitarra di Di Giambattista al servizio del wall of sound della band e dal growl brutale e avvolgente di Chiti, i Devangelic riescono nell’intento di confezionare un bell’assalto di metal estremo, di chiara matrice statunitense (Suffocation su tutti) aggiungendo un altro tassello alle buone uscite di genere in quest’ultimo anno. Brani come la velocissima Entombment of Mutilated Angels, Eucharistic Savagery, Desecrate the Crucifix, che risulta la traccia più varia tra accelerazioni e parti più cadenzate, e la terremotante Unfathomed Evisceration, forniscono un’idea esaustiva delle potenzialità altissime di questo combo nostrano, che aggiunge al tutto una copertina gore blasfema d’antologia, confermando tutte le loro malefiche intenzioni. Resurrection Denied è un album consigliato a tutti i fan del brutal death, un prodotto all’altezza della situazione frutto del lavoro d una nuova Band che in futuro potrebbe regalarci ulteriori soddisfazioni.

Tracklist:
1. Eucharistic Savagery
2. Crown of Entrails
3. Disfigured Embodiment
4. Unfathomed Evisceration
5. Entombment of Mutilated Angels
6. Perished Through Atonement
7. Desecrate the Crucifix
8. Apostolic Dismembering
9. Devouring the Consecrated

Line-up:
Alessandro “Venders” Santilli – Drums
Mario Di Giambattista – Guitars
Paolo Chiti – Vocals
Damiano Bracci – Bass

DEVANGELIC – Facebook

Infecting The Swarm – Pathogenesis

“Pathogenesis“ è un buon disco che mette in mostra un gruppo in grado di fare sicuramente molto bene,

Death metal brutale cantato in growl per questo duo tedesco attivo dal 2012: Pathogenesis è la loro prima uscita sulla lunga distanza, dopo un demo pubblicato nel 2013.

Il disco è un concentrato di furia e devastazione, e gli Infecting Swarm hanno molto da dire, ma lo fanno con troppa foga a volte, rendendo tutto un po’ confuso.
Il gruppo ha un talento certo e il loro brutal death metal è davvero buono, ma se andassero leggermente più lenti sarebbero un gruppo fantastico.
I loro testi si basano sulla fantascienza, le vite aliene e la biologia, argomenti piuttosto atipici per un gruppo brutal, rivelandosi un punto di interesse notevole.
Il cantato in growl a volte aggiunge qualcosa, a volte toglie fascino alla canzone, nonostante la produzione sia buona.
Pathogenesis è un buon disco, che mostra un gruppo che può fare sicuramente molto bene, poiché i mezzi sono notevoli.
Il massacro sarà presto completato.

Tracklist :
1. Ionic Anomaly
2. Unknown
3. Exogenous Corruption
4. Aberated Antibiosis
5. Contamination
6. Cellular Shifting
7. Parasitic Mutation
8. Reshaping Life
9. Exponential Growth

Line-up:
Hannes S. – Vocals, Guitars, Bass Drums

Karnak – The Cult Of Death

Ventidue minuti di death metal privo di compromessi e suonato in maniera impeccabile.

Per chi non li conoscesse, i Karnak non sono affatto dei novellini della scena death tricolore, essendo attivi già dalla metà degli anni novanta, la band di Gorizia ha nel suo curriculum tre full-length: “Perverted” del 1997, “Melodies Of Sperm Composed” del 1999 e “Dismemberment” datato 2010, più un paio di Ep, licenziati all’inizio del millennio.

Alla già consistente discografia si va ad aggiungere l’ultimo The Cult Of Death, ancora un Ep contraddistinto da un death metal ai limiti del brutal in certi passaggi, molto vicino quindi allo spirito di Gorguts, Morbid Angel e Nile.
Il lavoro dei nostri è composto da un’intro, tre brani e la cover riuscitissima di Jewel Throne dei seminali Celtic Frost, in tutto ventidue minuti di privi di compromessi, sempre suonati in maniera impeccabile, con diversi rimandi old school, tra un growl demoniaco, sfuriate violentissime e frenate, sull’orlo di un abisso sonoro pronto ad inghiottirci.
Stupendo esempio di ciò è The Construction Of The Pyramid Beta (Invocation), brano veramente terrificante nel suo lento discendere nei meandri di un sound, nel quale non esiste più speranza di luce ma solo dannazione eterna.
Le altre due parti di The construction, The Demon’s Breath e Gamma, sono un massacro brutal death dove le due asce sciorinano assoli e ritmiche inumane e la batteria di Stefano Rumich è un tir senza freni che tutto travolge.
Se questo è l’antipasto del prossimo lavoro sulla lunga distanza ne vedremo, ma soprattutto sentiremo, delle belle.

Tracklist:
1. Intro
2. The Construction of the Pyramid -α- (The Demon’s Breath)
3. The Construction of the Pyramid -β- (Invocation)
4. The Construction of the Pyramid -γ-
5. Jewel Throne (Celtic Frost cover)

Line-up:
Stefano Rumich – Drums, Egyptian percussions
Francesco Ponga – Vocals, Guitars
Lorenzo Orsini – Bass, Vocals
Marco Polo – Guitars

KARNAK – Facebook