Barrow Wight – Kings in Saurons Service

Un buon lavoro che, se lascia molto sul campo a livello di suoni e produzione, non manca di incendiare i fans del genere grazie a brani diretti, con tanto heavy speed oscuro e malefico.

I canadesi Barrow Wight festeggiano i dieci anni di attività con l’uscita del loro primo lavoro sulla lunga distanza.

Attivi infatti dal 2006, iniziarono a calcare i palchi come cover band dei seminali Venom, per poi cominciare a scrivere brani inediti dal 2010, anno in cui uscì il primo demo.
Nel corso di questo ultimo periodo il trio di Ottawa ha licenziato una manciata di lavori minori, per arrivare in piena forma a Kings in Saurons Service, licenziato dalla Heavy Chains Records in cd e musicassette a ribadire la forte attitudine old school.
Sorvoliamo sulla produzione, in linea con l’attitudine di cui sopra e concentriamoci sul sound di questo primo album, una buona via di mezzo tra l’heavy metal ed il black di scuola Venom/Bathory.
Le liriche riprendono gli scritti epico/fantasy di Tolkien, ma invece del solito power metal i tra canadesi ci investono con sonorità black speed, dal taglio old school, amalgamandole con atmosfere che richiamano l’ epico incedere dei Bathory.
Ne esce un buon lavoro che, se lascia molto sul campo a livello di suoni e produzione, non manca di incendiare i fans del genere grazie a brani diretti, con tanto heavy speed oscuro e malefico.
Mezz’ora abbondante al cospetto della parte più cruda e diretta delle atmosfere che hanno fatto diventare le opere di Tolkien un fenomeno di massa (grazie anche alle trilogie cinematografiche), dunque con No Sleep till Gondor, la progressiva In League with Sauron e la conclusiva ed atmosferica The Palantir vi troverete immersi nel mondo della terra di mezzo, schivando asce di nani, trucchi di maghi e frecce di agguerriti elfi.
Non male, un lavoro old school (sia a livello di suoni che di produzione) che non manca di momenti ispirati, dategli un ascolto, specialmente se siete true defenders vecchia scuola.

TRACKLIST
1. Intro
2. No Sleep Till Gondor
3. Osgiliath
4. The Cult
5. Grond
6. Knights in Saurons Service
7. In League With Sauron
8. Dwimmerlaik
9. Harrower Of The Dark
10. The Palantir

LINE-UP
Antero: Vocals, Bass
Akiva: Guitars
Ace: Drums

BARROW WIGHT – Facebook

Ancestral – Master Of Fate

Master Of Fate sprizza furia metallica genuina, magari per molti già sentita e risentita, ma ottimamente suonata e prodotta, epica nel suo glorificare il metal classico in tutti i suoi aspetti più conosciuti che non smetteremo comunque di amare, in barba ai detrattori e ai fautori dell’originalità a tutti i costi.

Una mazzata tremenda di power speed metal è in arrivo via Iron Shields, nuova label degli Ancestral, band proveniente da Trapani di ritorno sul mercato dopo un silenzio lungo dieci anni.

Il gruppo infatti, attivo dall’alba del nuovo millennio, dopo due demo aveva esordito con il full length The Ancient Curse nel 2007, per poi sparire e tornare più forte di prima con il nuovo Master Of Fate.
Dieci anni di silenzio e grosse novità nelle line up, con i fratelli Mendolia a formare la devastante sezione ritmica, Alessandro Olivo alla sei corde e poi i due nuovi innesti, l’axeman Carmelo Scozzari (al posto di Giovan Battista Ferrantello) e Jo Lombardo che prende il posto di Mirko Olivo dietro al microfono.
Master Of Fate sarà sicuramente una grossa sorpresa per gli amanti del power metal classicamente tedesco, senza ghirigori orchestrali tanto di moda negli ultimi tempi, con l’ acceleratore sempre premuto a tavoletta, una prova di sezione ritmica e chitarre convincente e con un Lombardo sontuoso al microfono; l’album a tratti risulta travolgente, una botta di vita power/speed come non se ne sentono poi così tante in giro, neanche dalla germanica terra natia.
La band non fa sconti e parte alal meglio, Back To Life è subito grande metal classico, ritmiche serrate, grandi chorus, sei corde che si rincorrono tra ritmiche veloci come il vento e mid tempo rocciosi, un’apoteosi di suoni metallici impreziositi dalla prova incandescente del singer e di un songwriting che fino alla conclusiva cover degli Helloween (Savage) non lascia respiro.
Master Of Fate sprizza furia metallica genuina, magari per molti già sentita e risentita, ma ottimamente suonata e prodotta, epica nel suo glorificare il metal classico in tutti i suoi aspetti più conosciuti che non smetteremo comunque di amare, in barba ai detrattori e ai fautori dell’originalità a tutti i costi.
Il power metal tedesco è la base del lavoro, poi si rinviene qualche accenno all’heavy classico, tanta epica melodia e sfuriate ritmiche che sfiorano il thrash, con chitarre  le sei corde che sputano lingue di fuoco come i molti vulcani della Sicilia: Master Of Fate è questo, con due o tre brani entusiasmanti (la title track, lo strumentale Refuge Of Souls ed il massacro intitolato On The Route Of Death) che trainano una tracklist priva di cedimenti di sorta.
Un pezzo di granito power speed consigliato a tutti i true defenders, del resto gli Ancestral non potevano rientrare sulle scene in modo migliore.

TRACKLIST
1. Back To Life
2. Wind Of Egadi
3. Seven Months Of Siege
4. Master Of Fate
5. Refuge Of Souls (instr.)
6. Lust For Supremacy
7. No More Regrets
8. On The Route Of Death
9. From Beyond
10. Savage (Helloween cover)

LINE-UP
Jo Lombardo – Vocals
Carmelo Scozzari – Guitars
Alessandro Olivo – Guitars
Massimiliano Mendolia – Drums
Domiziano Mendolia – Bass

ANCESTRAL – Facebook

Skullwinx – The Relic

Un buon album di genere, derivativo ma ottimamente suonato e prodotto per esaltare le atmosfere di brani dall’alto tasso epico.

Tornano con un nuovo lavoro i giovani Skullwinx, band tedesca attiva da tre soli anni, ma già sul mercato con due full length e i primi due mini cd usciti tra il 2013 ed il 2014.

Il quintetto bavarese, con questo nuovo album, The Relic, non mancherà di far breccia nei cuori dei defenders, con il suo speed metal che al power metal di scuola Blind Guardian aggiunge elementi provenienti dalla NWOBHM e di epico metallo ottantiano.
Senza orchestrazioni, siamo lontani dai lavori di genere a cui ci hanno abituato i gruppi odierni, The Relic parte all’attacco con ritmiche che alternano fughe power speed e mid tempo epici, con chorus ben piantati nella tradizione del metal classico di scuola tedesca e solos che sanno tanto di Iron Maiden e taglienti rasoiate alla maniera dei più devastanti Judas Priest.
Ne esce un buon album di genere, derivativo ma ottimamente suonato e prodotto per esaltare le atmosfere guerriere di brani dall’alto tasso epico/storico come Sigfried e Attila The Hun, partenza al fulmicotone dell’album come nella migliore tradizione power/speed.
Col passare dei minuti le atmosfere si fanno sempre più epiche fino alla conclusiva e monumentale Relic Of The Angel, dieci minuti di -incedere tra Warlord, Iron Maiden, Manilla Road e Blind Guardian, l’ascolto ideale per un defender incallito.

TRACKLIST
1.Siegfried
2.Attila the Hun
3.A Tale of Unity (Arminius)
4.Carolus Magnus (Pater Europae)
5.For Heorot (Beowulf)
6.Carved in Stone (Princes in the Tower)
7.Tryst of Destiny
8.The Relic of an Angel

LINE-UP
Kilian Osenstätter- -Drums
Lennart Hammerer – Guitars (lead)
Severin Steger – Guitars (rhythm)
Konstantin Kárpáty – Bass
Johannes Haller – Vocals

SKULLWINX – Facebook

Baphomet’s Blood – In Satan We Trust

Grande band ed album che ci riconcilia con il genere, per i metallari dai gusti old school da non perdere assolutamente.

Una vera bomba l’ultimo lavoro degli speed thrashers nostrani Baphomet’s Blood, da più di dieci anni in attività con la loro proposta old school e fortemente anticristiana, una delle migliori band per attitudine ed impatto nel genere, alfieri di quel modo di suonare metal ben saldo nei cuori dei metallari di origine controllata.

Il gruppo arriva quest’anno al quarto album sulla lunga distanza, sette anni dopo Metal Damnation, anche questa volta licenziato esclusivamente in vinile, confermando il totale rigetto per il supporto ottico e la devozione per qualsiasi forma old school.
In Satan We Trust risulta un girone infernale di speed/thrash, suonato alla velocità della luce, con iniezioni di furibondo hard’n’roll, irriverente, sfrontato e dannatamente coinvolgente, un pesante ed enorme dito medio innalzato contro la società ed il cristianesimo.
Partono con un ghigno i Baphomet’s Blood e ci fanno aspettare qualche minuto prima che l’inferno sulla terra esploda, l’opener Commando of the Inverted Cross è composta da una prima parte che funge da intro a tutto il lavoro, voce femminea posseduta da qualche demone dall’alta gradazione alcoolica che sfocia in un mood epico orchestrale prima che gli strumenti entrino in gioco per iniziare il vero e proprio massacro sonoro.
Testi che definire blasfemi è un eufemismo sono decantati su un armageddon metallico dove Venom e Motorhead sono i principali istigatori delle nefandezze perpetrate dal gruppo marchigiano, che gioca sporco musicalmente parlando.
Infatti quello che ad un primo impatto risulta un sound estremo di forte impronta speed, viene levigato dall’impronta rock’n’roll motorheadiana, con Necrovomiterror che ricorda il compianto Lemmy e una struttura del sound che tiene la forma canzone per le briglie, senza sconfinare mai nel caos senza capo ne coda.
Mica roba da poco per un disco che mantenendo forte la sua anima old school si avvale di una produzione cristallina il giusto per non perdere neanche una malefica nota di tracce dall’alto tasso evil come Hellbreaker, Triple Six e Whiskey Rocker.
L’album si chiude con la cover di Eleg, brano degli ungheresi Farao, gruppo sconosciuto ai più, che conferma l’attitudine fortemente underground e per nulla scontata del gruppo marchigiano.
Grande band ed album che ci riconcilia con il genere, per i metallari dai gusti old school da non perdere assolutamente.

TRACKLIST
1 – Commando of the Inverted Cross
2 – In Satan We Trust
3 – Hellbreaker
4 – Underground Demons
5 – Triple Six
6 – Infernal Overdrive
7 – Whiskey Rocker
8 – Eleg (Farao cover)

LINE-UP
Necrovomiterror – voce/chitarra
Angel Trosomaranus – chitarra
S.V. Goat Necromancer – basso
S.R. Bestial Hammer – batteria

BAPHOMET’S BLOOD – Facebook

Total Violence – Violence Is The Way

In definitiva, tutto già ascoltato infinite volte, ma la passione della band è tanta.

Affrontare l’analisi di un lavoro come Violence Is The Way può fortemente ridursi ad una considerazione ai minimi termini.

Vi esaltate ancora con i primi lavori di Metallica, Slayer, Megadeth, Sepultura, Kreator e compagnia riffeggiante? Se la risposta è affermativa, amerete i Total Violence. E la mia recensione potrebbe chiudersi qui. Ma ho la netta sensazione che il thrash old school di questi ragazzi tedeschi sia animato da reale coinvolgimento in quelle sonorità che tanto (in)sano headbaging ci ha donato. Tutto l’album si fa ascoltare bene, e riesce a riportarmi a quegli anni magici e musicalmente devastanti. Apre senza indugi l’irruenta Disease Disorder Death che impazza con riff taglienti e solos schizofrenici, senz’altro il miglior brano dell’album. La successiva Toxic Death è un lampante omaggio ai The Four Horsemen. Altra particolarità dei nostri è che si cimentano anche in brani di lunghezza superiore alla media, come la terremotante Trapped In The Moment Of Death, o la più articolata False Friends, o ancora Violence Is The Way Of Life e soprattutto Eat You Alive, dove esprimono tutta la gamma di atmosfere che i maestri del genere hanno inciso nell’acciaio. E così troviamo pure i brani più classici e diretti come Guess Who’s Next e Storm The Front o la galoppante Acid Rain. In definitiva, tutto già ascoltato infinite volte, ma la passione della band è tanta e ci sa fare sugli strumenti, questo è fuor di dubbio. Quando un riff spacca… l’heavy metal è la via!

TRACKLIST
1. Disease Disorder Death
2. Toxic Death
3. Trapped in the Moment of Death
4. Guess Who’s Next
5. False Friends
6. Storm the Front
7. Eat You Alive
8. Acid Rain
9. Violence Is the Way of Life

LINE-UP
Biff – Guitars, Vocals
Johnson – Bass
Mínì Mee – Guitars
Phil – Drums

http://www.facebook.com/pages/Total-Violence/125394207494120

Conqueror – War. Cult. Supremacy

La musica dei Conqueror è qualcosa che raramente si sente nella vita, ed è una vera a propria esperienza sonora, che non può lasciare indifferenti specialmente chi ama il metal underground.

Campo di battaglia. I corpi dei caduti sono accatastati in alte montagne, mentre si sene un solo rumore, quello di spade che continuano a scavare incessanti nella carne, uccidendo i vivi, mutilando i morti e gli avvoltoi.

Follia, sangue, massacro frenetico. Tutto ciò di cui sopra può dare una parziale idea di cosa sia la musica dei Conqueror, un gruppo metal senza compromessi di alcun tipo. La Nuclear War ! Now ristampa in cd e in doppio lp con dvd il disco del 1996 War. Cult. Supremacy, che penso sia la migliore sonorizzazione del concetto di guerra antica, quelle combattute prima dell’avvento della polvere da sparo. I Conqueror nacquero nel 1992 dall’unione blasfema della batteria di J.Read, già nei Cremation, Revenge, e Blasphemy, con la chitarra di R.Forster, Domini Inferi e Blasphemy anch’egli.
Da questo duo sono nati alcune delle pagine più puramente metal underground della storia. Questo disco è un massacro, ma non è confuso o inciso in lo fi, ma è forgiato con una furia senza tregua, suonando sempre a mille, con un’intensità sonora al di fuori del comune, e con soluzioni sonore notevoli.
Attaccare e fare male, questo potrebbe essere il motto dei Conqueror e ci riescono benissimo. La vita è un conflitto, e questa potrebbe essere la colonna sonora di quel conflitto. Nonostante siano un duo i Conqueror non difettano affatto in potenza ed intensità. Il duo riesce anche a trovare soluzioni ed invenzioni sonore assai notevoli, tenendo sempre l’ascoltatore inchiodato al suo pogo. La musica dei Conqueror è qualcosa che raramente si sente nella vita, ed è una vera a propria esperienza sonora, che non può lasciare indifferenti specialmente chi ama il metal più sotterraneo. Un disco fondamentale che ci porta forse al momento migliore del metal underground, poiché vi era un clima particolare che si respira e si sente in questo disco. Il dvd incluso nella ristampa è una ripresa effettuata da più angoli di un loro concerto, ed aumenta di molto il valore di questa ristampa.
War. Cult. Supremacy

TRACKLIST
01 Infinite Majesty
02 Chaos Domination
03 Age of Decimation
04 Kingdom against Kingdom
05 Bloodhammer
06 Hammer of Antichrist
07 The Curse
08 War Cult Supremacy
09 Domitor Invictus
10 Ross Bay Damnation – Chaos Domina
11 Hammer of Antichrist
12 The Curse
13 Domitor Invictus
14 Christ’s Death
15 Command for Triumph
16 Hammer of Supremacy

LINE-UP
J.Read – Drums, Voice
R.Forster – Guitar

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Excuse – Goddess Injustice

Goddess injustice è un ep rivolto a chi ama lo speed metal classico, ma sarà apprezzato dai thrashers.

Puro e furioso speed metal finlandese come avrebbero voluto farlo tanti gruppi negli anni ottanta, senza esito positivo perché non avevano la classe e la carogna di questi ragazzi.

Secondo episodio su supporto fonografico per questo gruppo che ha esordito nel 2013, e si è subito fatto breccia nel cuore di tanti metallari. Gli Excuse in realtà scuse non ne fanno e vanno velocissimi, con un impianto sonoro che ricorda sì come detto sopra lo speed metal anni ottanta, ma varia per alcuni elementi originali che ci sono, diciamo simili, ma molto meglio, rispetto a gruppi thrash recenti come i Municipal Waste. Dischi come questo fanno la gioia dei veri metallari e di tutti coloro che vogliono sentire un disco che diverte, anche grazie ad una grande potenza, perizia e velocità. Questi finlandesi sanno come far pogare la gente e con questo ep dovrebbero conquistare una più ampia fetta di pubblico, anche perché il loro genere di riferimento non è così inflazionato, ma soprattutto manca di gruppi validi come loro. Infatti per pubblicarli si sono unite due etichette come la Shadow King e la Hellsheadbangers che di metal vero ne sanno molto. Goddess Injustice è un ep rivolto a chi ama lo speed metal classico, ma sarà apprezzato dai thrashers.

TRACKLIST
1.Obsessed… With The Collapse Of Civilization
2.Breaking News (We Told You So!)
3.Invitation From Beyond
4.Baphomet

MINDWARS – Sworn To Secrecy

Se amate i pionieri dello Speed-Thrash anni ’80 e quindi gli stilemi del genere non vi disturbano, il disco fa per voi.

Il nome della band evoca subito i grandissimi Holy Terror e, guarda caso, nella band italo-americana milita Mike Alvord, proprio un ex della band californiana fautrice dei capolavori “Terror and Submission” e, appunto, “Mind Wars”.

Mike e Roby Vitari (batterista già con i Jester Beast) nel 2013 decisero di ritornare a proporre questo tipo di sonorità (si erano conosciuti nel 1989 quando gli HOLY TERROR erano in tour in Europa) insieme al bassista Danny “Z” Pizzi. Dopo il trascurabile debutto “The Enemy Within” del 2014, ci propongono quello che un mio caro amico ha definito giocosamente “Vetust-Metal”. Putroppo in Sworn To Secrecy non c’è neanche l’ombra del “Sacro Terrore” che fu (sic!). L’album si apre con la title track e immediatamente ci troviamo catapultati in pieno Speed-Thrash ottantiano senza infamia né lode, riff diretti, ma che abbiamo ascoltato migliaia di volte. Cradle To Grave non cambia di molto, però il rallentamento e il sofferto assolo nel finale, prendono allo stomaco. Il concetto stilistico è ribadito in Lies e tutte le composizioni non escono quasi mai dai solchi di parti alternate tra tempi più veloci e altri maggiormente cadenzati. Il “tiro” non manca e, altro fattore che non aiuta a far decollare Sworn To Secrecy è la voce di Alvord, che si esprime senz’altro meglio sugli episodi meno concitati come in Prophecy. Unico a dare davvero una spinta decisiva per proseguire l’ascolto dell’album è il drumming preciso, energico e ben inserito nelle composizioni. L’album gode di suoni nitidi, l’energia non manca, anche se mi sfugge un po’ il senso di tale proposta nel nuovo millennio. Comprendo la voglia di suonare un genere al quale si è particolarmente affezionati, ma se si mette sul mercato un prodotto si deve possedere la capacità di coinvolgere l’ascoltatore dando il meglio di sé e provando a inserire qualcosa di “nuovo” (qui le virgolette sono d’obbligo). Se amate i pionieri del genere e quindi “il già sentito” non vi disturba, il disco fa per voi, anche perché, senza particolari guizzi, il disco si fa ascoltare. Inoltre il ricorso ad un vocalist più dotato potrebbe portare molti benefici alla band . Li attendiamo comunque fiduciosi alla prossima release.

TRACKLIST
1. Sworn to Secrecy
2. Cradle to Grave
3. Lies
4. Twisted
5. Helpless
6. Scalp Bounty
7. Rest Now (for Tomorrow Comes)
8. No Voice
9. Prophecy
10. Release Me
11. Transporting

LINE-UP
Danny “Z” Pizzi – Bass
Roby Vitari – Drums
Mike Alvord – Guitars, Vocals

MINDWARS – Facebook

Solar Mass – Pseudomorphosis

Gran bel debutto, con un metal ottantiano ossessivo e potente.

Death speed metal primitivo e molto vicino allo spirito hardcore.

Questi neozelandesi pubblicano il loro debutto prima in cassetta, in seguito uscirà il mini lp e per ultimo il cd. Tutto per la Iron Bonehead Productions, che ha molto fiuto nello scovare gruppi metal brutali, lineari e fedeli alla linea. Il loro suono è un concentrato di metal, dallo speed al death, passando per cose più vicine allo spirito thrash hardcore, senza disdegnare passaggi più lenti, il tutto in pieno spirito anni ottanta, che sta tornando prepotentemente. Gli anni ottanta stanno tornando in molti ambiti, dalla musica ai costumi, ed il metal in quegli anni ha fatto cose straordinarie, che sono di fondamentale importanza ancora oggi. E proprio da un disco come questo si possono capire le ramificazioni, i sedimenti sonori che passano da un’epoca ad un’altra, proprio perché non sono legati al momento, ma fanno parte di un genere codificato. Il metal di quella decade, e anche questo Pseudomorphosis, risentiva fortemente della paura del nucleare, dell’apocalisse che avrebbe potuto cancellare il mondo come lo conosciamo, e quindi le ambientazioni musicali erano distopiche ma non troppo. I Solar Mass sarebbero uno dei gruppi preferiti dei discepoli di Mad Max, ascoltati nelle poche cuffie rimaste, per la loro capacità di descrivere molto bene con la loro musica un più che probabile inverno nucleare.
Gran bel debutto, con un metal ottantiano ossessivo e potente.

TRACKLIST
1. Arc Furnace
2. Emergence
3. (Sgr A*)Exegesis
4. Weaponised
5. Heat Death

SOLAR MASS – Facebook

Rotör – Musta Käsi

Heavy metal melodico e piacevolissimo, che scorre benissimo, fatto con molto entusiasmo, cantato in finlandese.

Quanto di voi hanno suonato il metal nella propria cameretta ? I più fortunati e bravi lo avranno fatto con uno strumento, ma tutti di voi avranno suonato migliaia di concerti immaginari nella vostra camera, davanti ad una folla che nemmeno a Wacken o Clisson.

I Rotör sono quelli che dalla cameretta sono usciti, ora suonano ma lo fanno ancora come se fossero nell’età della pubertà. Metal NWOBHM a velocità smodata e davvero tantissimo divertimento. Negli ultimi tempi escono tantissimi dischi metal, molto sono assai validi, ben suonati e ben composti, ma a volte davvero poco divertenti. Qui invece, come in un Stranger Things del metal, siamo riportati indietro negli anni ottanta, e i Rotör in quegli anni avrebbero spiccato su molti gruppi di quell’epoca. Questo disco è un piccolo miracolo, una di quelle cose che ancora a volte succedono in un mondo dove si aspetta l’uscita dell’ultima cavolata techno. Heavy metal melodico e piacevolissimo, che scorre benissimo, fatto con molto entusiasmo, cantato in finlandese, che calza a pennello, poiché ha una metrica talmente impossibile che col metal si accompagna benissimo. Prendete la NWOBHM e velocizzatela un po’, con un tocco quasi punk hardcore nella voce, e vi avvicinerete abbastanza anche se non molto a quello che ascolterete. Questo disco è entusiasmante, coinvolgente, proprio come quei dischi che sentivate in cameretta ondeggiando la testa, e dando spallate sui muri, e qui tornerete a fare quello, perché vi è mancato, ma non tutto è ancora perduto. Su questo gruppo finlandese non si conosce molto, ma non serve granché, visto la musica che fanno.

TRACKLIST
1. Avattu Hauta
2. Porttokirkko
3. Silmä
4. Uuden Maailman Asukas
5. Roottoripää
6. Valittu
7. Portti Helvettiin
8. Käärme
9. Loputon

SVART RECOTDS – Facebook

Armory – World Peace… Cosmic War

Heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici

In Svezia non si parla solo la lingua metallica estrema, ma sono di tradizione le sonorità classiche così come nel resto della penisola scandinava.

Ora non ricordo sinceramente un altro gruppo di origine svedese che suoni lo speed metal, ma mi vengono incontro gli Armory, giovane band di Goteborg con un amore incondizionato per il metal old school.
Attivo da cinque anni il gruppo arriva all’esordio con questo ottimo full length, accompagnato da una splendida copertina fuori dai soliti cliché del genere, ma che riprende il concept del disco incentrato sullo spazio ed i suoi misteri.
World Peace … Cosmic War, ovvero heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici, con qualche raro momento dove la corsa si trasforma in cavalcata ed il cantato regala acuti in pieno ottanta style.
Il genere può anche essere considerato da alcuni obsoleto, magari conservatore nel ripetere i soliti stilemi, ma per suonarlo bisogna essere capaci ed i musicisti che compongono la line up sanno il fatto loro ed il risultato non può che essere un heavy metal album tripallico, devastante ed assolutamente in grado di offrire ai fans quaranta minuti su e giù per le montagne russe dello speed.
Qualche miglioramento nella produzione avrebbero reso i brani ancora più esplosivi e travolgenti, ma risulta un dettaglio, il disco funziona alla grande con una serie di canzoni che richiamano una serie di nomi storici da brividi come Agent Steel, Helstar, Exciter e qualche accenno alla vergine di ferro nelle perfette trame chitarristiche che i due axeman G.G. Sundin e Ingelman scaraventano senza pietà nel lavoro non dando tregua alcuna.
Chiaro che il lavoro della sezione ritmica risulta importantissimo e Space Ace alle pelli con la collaborazione di Anglegrinder al basso eseguono il loro compito alla grande così come il vocalist Konstapel P, dal tono grintoso e dagli acuti spacca specchi.
High Speed Death, la maideniana Hell’s Fast Blades, Artificial Slavery e Space Marauders, speed metal song da nove minuti di delirio metallico, sono i brani più convincenti di un esordio consigliato senza dubbio ai molti defenders ancora in giro per il mondo.

TRACKLIST
1. World Peace (Intro)
2. Cosmic War
3. High Speed Death
4. Hell’s Fast Blades
5. Spinning Towards Doom
6. Without Days, Without Years
7. Artificial Slavery
8. Phantom Warrior
9. Final Breath
10. Space Marauders

LINE-UP
Konstapel P – Vocals
G.Sundin – Guitars
Ingelman – Guitars
Anglegrinder – Bass
Ace – Drums

ARMORY – Facebook

Whipstriker – Seven Inches Of Hell

Poca classe , tanta attitudine ed impatto sconquassante, voce sguaiata e solos veloci come il lampo, al limite del più famigerato speed anni ottanta.

La Folter Records stampa, rigorosamente in vinile, la compilation Seven Inches Of Hell degli Whipstriker, gruppo brasiliano attivo dal 2008 ma con una discografia che abbonda di split ed ep e si completa con un tris di full length che vanno dall’esordio Crude Rock ‘n’ Roll del 2010, passa dal secondo Troopers of Mayhem uscito nel 2013 fino ad arrivare all’ultimo Only Filth Will Prevail licenziato quest’anno.

La raccolta di ben ventisei brani pesca da una serie di ep e split usciti tra il 2010 ed il 2014, un lasso temporale che ha visto il gruppo di Rio de Janeiro in piena overdose di uscite discografiche.
Il sound del gruppo è più di quanto old school potete immaginare, ma anche molto vario, si passa infatti dal rock’n’roll in pieno stile motorheadiano ad accenni thrash/speed tra Venom, Hellhammer e primissimi Slayer.
Palla lunga e pedalare, si direbbe nel gergo calcistico tanto caro al popolo carioca, poca classe, tanta attitudine ed impatto sconquassante, one two three e via di ritmiche thrash & roll, voce sguaiata e solos veloci come il lampo, al limite del più famigerato speed anni ottanta.
Qualche brano raggiunge i quattro minuti, per il resto ci si destreggia tra canzoni sparate e dirette, così come nella tradizione del genere, mitragliate di dirty rock’n’roll o thrash’n’ roll come più vi piace chiamarlo.
Resta il fatto che questa raccolta ci presenta una band in tutto e per tutto votata all’old school, sia nella musica prodotta, con una manciata di brani in grado di farvi saltare come grilli (Cops Victim, Sweet Torment, Viver e Morrer no Subterraneo e Worshippers Of Death), sia nella produzione.
E qui sta il difetto della compilation: ora, non me ne vogliano i puristi, ma una riedizione che mantiene un suono obsoleto, anche se per volere del gruppo, lascia con un pizzico di amaro in bocca; infatti, molti dei brani proposti, con una ripulita in consolle avrebbero mantenuto la promessa di un’esplosività che rimane solo a livello di inenti.
Gli amanti dell’old school a tutti i costi lo apprezzeranno, ma Seven Inches Of Hell con queste premesse rimane appunto un lavoro rivolto solo ai fans più incalliti.

TRACKLIST
Side A
1. Her Fire of Hell
2. Cruel Savage
3. Black Rose
4. Viver e Morrer no Subterraneo
5. Queen Of The Iron Whip
Side B
6. Denied Messiah
7. Seeds of Torment
8. Born Spread The Mayhemic Loudness
9. Start The Warcollapse
10. Stand Up And Be Counted
Side C
11. Burned Alive
12. Worshippers Of Death
13. Bombstorm
14. Outlaw Rules
15. The Excess
16. Loudman
17. Dead On Arriva
Side D
18. Cop´s Victim
19. No Surrender, No Surrender
20. Dead Future
21. Fast Rape Before The War
22. Skill To Destroy
23. Never leave This War
24. Ripping Corpses In The Way
25. Sweet Torment
26. Anguish Of War

LINE-UP
Whipstriker – Bass, Vocals
Skullkrusher – Drums
Witchcaptor – Guitar
Rodrigo Giolito – Guitars

WHIPSTRIKER – Facebook

J.T.Ripper – Depraved Echoes and Terrifying Horrors

Depraved Echoes and Terrifying Horrors si può certamente considerare un esordio positivo, appetibile in particolare per i fans più accaniti dello speed/thrash vecchia scuola.

Nell’underground metallico è forte una tendenza old school che negli ultimi anni si è amplificata in tutti i generi e prevalentemente in quelli estremi.

Death metal, thrash e raw black metal vivono grazie a questo sottobosco musicale, ancora ancorato alle sonorità storiche, molte volte con buoni risultate, altre sinceramente un po meno.
I tedeschi J.T. Ripper si piazzano esattamente nel mezzo con questo primo lavoro sulla lunga distanza, composto da nove brani di speed/thrash metal old school arricchiti da un’attitudine evil di chiara matrice black.
Ne esce Deapraved Echoes and Terrifying Horrors, lavoro che che si colloca tra Slayer, Venom e la sacra triade tedesca Sodom/Kreator/Destruction, influenze nobili per il trio di Chemnitz, anche se la strada da percorrere per raggiungere le loro ispirazioni è ancora molto lunga.
L’album si guadagna la piena sufficienza e qualcosa di più per l’alto impatto e l’attitudine, ma perde qualcosa in songwriting e produzione; il primo leggermente monocorde, la seconda molto old school, forse troppo.
Poco più di mezz’ora a mille allora, un forte sentore di putrida blasfemia ma anche di già sentito, portano il trio di thrashers composto da S (basso e voce), D (chitarra) e C (battteria), nei meandri infernali creati dai gruppi che misero a ferro e fuoco il decennio ottantiano, la passione nel riportare tali sonorità è commovente ed il gruppo ce la mette tutta per risultare più aggressivi possibile, ed in effetti ci riesce alla grande, specialmente nei brani più elaborati come Darkest Minds e la punkizzata Repulse Desire.
Se siete amanti di tutto quello che è vintage nel metal estremo, Depraved Echoes and Terrifying Horrors si può certamente considerare un esordio positivo, appetibile in particolare per i fans più accaniti dello speed/thrash vecchia scuola.

TRACKLIST
1. Black Death
2. Seven Comandments
3. Human Coffin
4. Darkest Minds
5. Bloody Salvation
6. Route 666
7. Fallout (Over France)
8. Repulsive Desire
9. Buried Alive

LINE-UP
Chris – Drums
Daniel – Guitars
Steffen – Vocals, Bass

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