Demons & Wizards – Demons & Wizards

In versione rimasterizzata, il debutto omonimo dei Demons & Wizards, pur non raggiungendo l’altissimo livello degli album delle band di Schaffer e Kursch si conferma un buon lavoro di power metal che guarda più al nuovo continente che alla vecchia Europa

Nella seconda metà degli anni novanta il clamoroso ritorno in auge del metal di stampo classico avvenne grazie anche due gruppi lontani geograficamente e musicalmente tra loro, ma uniti dai due carismatici leader e da una manciata di lavori che ne decretarono l’immortalità.

Iced Earth e Blind Guardian, Stati Uniti e Germania, power/thrash americano e power metal tedesco, più semplicemente Jon Schaffer ed Hansi Kursch, due dei musicisti e compositori più importanti di tutto il mondo del metal classico, autori con le loro band di autentici classici come The Dark Saga e Something Wicked This Way Comes o Imaginations from the Other Side e Nightfall in Middle-Earth.
I due, amici da tempo, decisero verso il finire del decennio che li vide protagonisti del mercato metallico internazionale di unire le forze in un progetto chiamato Demons & Wizards e che portò in dote due lavori: questo esordio omonimo licenziato nel 1999 e Touched By The Crimson King stampato nel 2005.
Questa nuova ristampa targata Century Media arriva in occasione di un tour estivo che il duo affronterà prima di rilasciare il nuovo album previsto nel 2020 e prevede artwork rinnovato, Limited Edition Digipak e limited Deluxe 2LP.
Rimasterizzato da Zeuss (Iced Earth, Queensrÿche, Sanctuary), il debutto omonimo dei Demons & Wizards, pur non raggiungendo l’altissimo livello degli album delle band madri, risulta un buon lavoro di power metal che guarda più al nuovo continente che alla vecchia Europa: i brani scritti da Schaffer in passato mantengono un taglio Iced Earth nei quali la voce di Kursch non sfigura di certo, anche se è l’oscurità ed il classico taglio drammatico del musicista statunitense a prevalere.
Chiunque si consideri un fan del genere e delle band in questione conoscerà perfettamente questo storico lavoro, in questa versione ricco di alcune bonus track (tra cui la famosa White Room dei Cream), quindi il consiglio è di non perdersi le date live del duo, raggiunto per l’occasione da Jake Dreyer (Iced Earth, Witherfall) alla chitarra, Frederik Ehmke (Blind Guardian) alla batteria, Marcus Siepen (Blind Guardian) al basso e Joost Van Den Broek (Ayreon) alle tastiere a formare un vero e proprio super gruppo power/thrash/heavy metal.

Tracklist
1. Rites of Passage
2. Heaven Denies
3. Poor Man’s Crusade
4. Fiddler on the Green
5. Blood On My Hands
6. Path of Glory
7. Winter of Souls
8. The Whistler
9. Tear Down the Wall
10. Gallows Pole
11. My Last Sunrise
12. Chant
13. White Room
14. The Whistler
15. Heaven Denies

Line-up
Hansi Kürsch – vocals
Jon Schaffer – guitars

https://www.facebook.com/demonsandwizardsofficial/

Dawn – Dawn

Di non facile presa, questi tre brani sono sicuramente rivolti agli amanti del genere, formando un prodotto decisamente di nicchia ma tremendamente affascinante.

La BloodRock Records ristampa in cd il primo ep delle Dawn, band australiana composta da quattro streghe in attesa del passaggio dei viandanti al limitare del bosco, luogo di antichi riti ed oscuri rituali.

Originariamente uscito tre anni fa , l’omonimo ep del gruppo proveniente da Sydney è composto da tre tracce, una ventina di minuti scarsi di doom, dai rimandi ambient/stoner, in cui l’atmosfera rimane tesa nel suo lento incedere e la chitarra si riempie di energia solo a tratti, per poi seguire il lento e fluido scorrere delle note.
L’opener The Sun ci accoglie con un riff che si spegne per lasciare spazio ad atmosfere cantilenanti, a tratti sembra riprendere forza, ma la lunga discesa nei meandri della musica delle quattro sacerdotesse porta a Wanting, il brano più vario nel suo andamento, pur se inserito nell’ambito di un ambient/doom dalle sfumature stoner e dai rimandi occult rock.
Zombies, brano conclusivo di questo primo ep, lascia che sia lo stoner a prendere in mano il comando del sound, sempre in un’atmosfera messianica ed un andamento ipnotico che non lascia scampo all’ascoltatore in balia dell’incantesimo musicale procurato dalle Dawn.
Di non facile presa, questi tre brani sono sicuramente rivolti agli amanti del genere, formando un prodotto decisamente di nicchia ma tremendamente affascinante.

Tracklist
1.The Sun
2.Wanting
3.Zombies

Line-up
Emily – Vocals, Guitars
Dharma – Guitars, Vocals
Camilla – Bass, Vocals
Kat – Drums, Vocals

DAWN – Facebook

No Point in Living – The Cold Night

The Cold Night mostra un notevole equilibrio tra le diverse componenti del sound e, pur non brillando per la sua originalità, merita di ritagliarsi ben più di un ascolto distratto da parte di chi ama il black metal nelle sue sembianze melodico-depressive.

Yusuke Hasebe (in arte solo Yu) è uno di quei musicisti che si possono definire eufemisticamente prolifici: con il suo progetto solista No Point in Living, infatti, dal 2017 ad oggi ha pubblicato la bellezza di 18 full length senza farsi mancare anche qualche altra uscita di minore minutaggio.

A questo punto viene lecito chiedersi per quale motivo la Heathen Tribes si sia presa la briga di ripubblicare il quinto album The Cold Night, uscito originariamente nel novembre del 2017, visto che di materiale inciso dal musicista nipponico in giro ce n’è già a sufficienza.
La risposta è che, francamente, il nostro possiede un talento rimarchevole, benché costantemente a rischio d’essere annacquato dalla sua bulimia compositiva, e The Cold Night è lì a dimostrarlo con i suoi tre quarti d’ora di depressive atmospheric black oltremodo convincente.
Ammetto di non conoscere il resto della discografia di Yu, ma se la qualità di ogni uscita fosse pari a quella di questo lavoro sarebbe un evento quasi miracoloso: dubito, infatti, che si posa pensare di mantenere alta con tale frequenza una tensione emotiva come quella esibita nella lunghissima I Hate Everything o nella poco più breve Path to the End, tanto per fare degli esempi concreti.
The Cold Night mostra, peraltro, un notevole equilibrio tra le diverse componenti del sound e, pur non brillando per la sua originalità, merita di ritagliarsi ben più di un ascolto distratto da parte di chi ama il black metal nelle sue sembianze melodico-depressive.
Nel frattempo lo Stakanov di Sapporo, quando non siamo arrivati neppure a metà giugno, nel corso del 2019 ha già pubblicato tre full length ed un ep per un fatturato complessivo di circa due ore e mezza di musica: insomma, riuscire a seguirne le gesta può essere complicato anche per il fan più incallito, per cui non resta che provare ad intercettarne l’opera di tanto in tanto per verificare quale sia lo stato dell’arte.

Tracklist:
1. Intro
2. Impatience
3. I Hate Everything
4. The Cold Night
5. The Path to the End
6. Ocean of Sorrow

Line-up:
Yu – Everything

NO POINT IN LIVING – Facebook

Fear Not – For The Wounded Heart

I Fear Not si ripresentano dopo ventisei anni con For The Wounded Heart, ep composto da una manciata di brani che tornano al rock di Seattle e all’hard rock pregno di groove del dopo Kurt Cobain.

Era il 2017 quando dalla Roxx Records, label statunitense specializzata in metal e rock cristiano, ci arrivava la ristampa del bellissimo ed unico lavoro dei Fear Not, combo che in piena era grunge licenziava un album dalla spiccata vena hard rock tradizionale ma spogliato dagli estremismi estetici degli anni ottanta.

La band era composta da 3/4 dei Love Life, altro gruppo sconosciuto se non ai più attenti consumatori del genere: i quattro musicisti diedero alle stampe un album bellissimo, incentrato su tematiche cristiane ma dal forte impatto rock’n’roll, una serie di brani adrenalinici, dai riff taglienti, i chorus dall’appeal melodico spiccato che non mollavano la presa dall’inizio alla fine.
Tale ristampa di spessore trova oggi un seguito in questo nuovo ep di cinque brani per quello che si spera possa essere un nuovo inizio per i Fear Not.
Larry Worley, alla chitarra e ai cori, Chris Howell alla chitarra solista, Rod Romero al basso e Gary Hansen alla batteria son i quattro membri originali che, con l’aggiunta del cantante Eddie Green, formano la nuova line up dei Fear Not che si ripresentano dopo ventisei anni con For The Wounded Heart, ep composto da una manciata di brani che tornano al rock di Seattle e all’hard rock pregno di groove del dopo Kurt Cobain.
Don’t Want None (Come Get Some), Shadows Fade e gli altri tre brani che formano questo nuovo ep sanno di post grunge come di hard rock, un sound che porta tatuato sulla pelle la targa dello stato di Washington, non andando molto lontano da quello fatto a suo tempo dai Creed e dai Nickelback, ma con un appeal straordinario, tanto che possiamo sicuramente affermare che la nuova strada intrapresa dal gruppo risulta sicuramente quella giusta.
Cinque bellissime radio songs che avrebbero fatto il botto a cavallo del nuovo millennio, mentre non resta che aspettare un probabile full length che sicuramente non sfuggirà ad ogni fan del rock americano degli ultimi venticinque anni.

Tracklist
1. Don’t Want None (Come Get Some)
2. Shadows Fade
3. Carry Me
4. Love Is Alright
5. Shipwrecked Hypocrite

Line-up
Eddie Green – Vocals
Larry Worley – Guitars
Chris Howell – Guitars
Gary Hansen – Drums
Rod Romero – Bass

FEAR NOT – Facebook

Odious – Mirror Of Vibrations

La riedizione di questo primo full length degli Odious ci mostra un notevole spaccato di ciò che può diventare il black/death metal quando si va ad intersecare, in maniera competente e non forzata, con le sonorità etniche di matrice mediorientale, eseguite per di più utilizzando strumenti tradizionali come l’oud e la tabla.

Anche se Mirror Of Vibrations è un album vecchio di dodici anni, essendo stato pubblicato per la prima volta dagli egiziani Odious nel 2007, vale davvero la pena di parlarne sfruttando l’occasione fornita dalla sua riedizione in vinile curata dall’etichetta canadese Shaytan Productions, che peraltro fa capo ad altri coraggiosi musicisti metal dell’area islamica come i sauditi Al-Namrood.

Infatti questo primo full length degli Odious ci mostra un notevole spaccato di ciò che può diventare il black/death metal quando si va ad intersecare, in maniera competente e non forzata, con le sonorità etniche di matrice mediorientale, eseguite per di più utilizzando strumenti tradizionali come l’oud e la tabla.
Sono innumerevoli i tentativi di far convivere sonorità che, per lo più, finiscono per entrare in collisione con il risultato di offrire in pratica momenti ben distinti, in cui prevalgono l’una o l’altra componente senza mai intrecciarsi sinuosamente come, invece, avviene magistralmente in quest’album.
L’ascolto di brani come For the Unknown Is Horrid o Smile In Vacuum Warnings fornisce più di una buona ragione per innamorarsi di questa band ed approfittare di una versione in vinile nella quale, forse, diviene un po’ meno penalizzante la produzione che è francamente l’unico aspetto rivedibile di un’opera, al contrario, inattaccabile su ogni fronte, inclusa una nuova copertina davvero dal grande fascino.
Chi ama il black sinfonico e non disdegna ascolti di matrice ethnic folk, da un album come Mirror Of Vibrations potrà trarre enormi soddisfazioni in attesa che gli Odious, oggi ridotti a duo con il solo membro fondatore Bassem Fakhri affiancato dal batterista greco George Boulos, diano seguito al secondo album Skin Age, ultima testimonianza discografica risalente al 2015.

Tracklist:
1. Poems Hidden On Black Walls
2. Deaf and Blind Witness
3. For The Unknown Is Horrid
4. Split Punishment
5. Invitation To Chaotic Revelation
6. Smile In Vacuum Warnings
7. Upon The Broken Wings

Line-up:
Rami Magdi – Drums, Percussion
Bassem Fakhri – Vocals, Keyboards, Programming
Alfi Hayati – Bass
Mohamed Hassen – Guitars (lead), Oud
Mohamed Lameen – Guitars (rhythm)

ODIOUS – Facebook

Paice Ashton Lord – Malice in Wonderland (Reissue)

La presenza delle otto tracce inedite non può che arricchire di grande musica blues/soul questa preziosa riedizione, valorizzando ulteriormente un’opera imperdibile per i fans dei musicisti coinvolti e di tutti gli amanti del rock a 360°.

Questo bellissimo e rarissimo lavoro intitolato Malice In Wonderland a firma Paice Ashton Lord uscì originariamente nel 1977, quando il decennio d’oro dell’hard rock e del progressive si stava avviando verso un tramonto che avrebbe portato ad un’alba di rivoluzione musicale, con il successo del punk e la nascita dell’heavy metal, mentre i suoi protagonisti, ancora affamati di note davano vita ad progetti più o meno famosi ma dal comune denominatore della qualità.

Ian Paice e Jon Lord, dopo aver lasciato i Deep Purple nel 1976, chiamarono il cantante e tastierista Tony Ashton (Ashton, Gardner and Dyke e Family) e formarono i Paice Ashton Lord, raggiunti per le registrazioni da Bernie Marsden, in seguito chitarrista e compagno dei due nei primi Whitesnake, e Paul Martinez, negli anni ottanta fido bassista di Robert Plant.
La riedizione di Malice In Wonderland, curata dalla earMUSIC prevede, oltre all’intero album del 1977 comprende gli otto brani che avrebbero dovuto comporre la track list del secondo lavoro mai uscito, trasformando questa riedizione in una vera chicca per gli appassionati, anche grazie all’introvabilità della versione originale.
Chiariamo subito che qui di suoni purpleiani non ce ne sono, perché i musicisti invece optarono per un’alchimia di generi che lasciavano fuori dai solchi delle varie Ghost Story, Arabella (Oh Tell Me), Sneaky Private Lee, o dal blues di I’m Gonna Stop Drinking Again, l’hard rock tipico di quegli anni per ammantarli di note southern, funky, soul e blues rock.
La perizia tecnica di questa manciata di maestri delle sette note contribuisce alla riuscita di un lavoro che riporta alle origini del rock, con brani eleganti e sanguigni, magari lontano dai cliché hard rock di quei tempi e più vicino al sound di fine anni 60′.
La presenza delle otto tracce inedite non può che arricchire di grande musica blues/soul questa preziosa riedizione già dalla prima splendida Steamroller Blues, mantenendo un legame inossidabile con i brani precedenti e regalando ancora grande musica con Nasty Clavinet, Dance Coming e la conclusiva Ballad Of Mr.Giver, a valorizzare ulteriormente un’opera imperdibile per i fans dei musicisti coinvolti e di tutti gli amanti del rock a 360°.

Tracklist
1. Ghost Story
2. Remember the Good Times
3. Arabella (Oh Tell Me)
4. Silas & Jerome
5. Dance with Me Baby
6. On the Road Again, Again
7. Sneaky Private Lee
8. I’m Gonna Stop Drinking Again
9. Malice in Wonderland

Bonus tracks
10. Steamroller Blues
11. Nasty Clavinet
12. Black and White
13. Moonburn
14. Dance Coming
15. Goodbye Hello LA
16. Untitled Two
17. Ballad of Mr. Giver

Line-up
Tony Ashton – Vocals, Keyboards
Bernie Marsden – Guitars
Jon Lord – Keyboards, Synth
Paul Martinez – Bass
Ian Paice – Drums

Order 1968 – Tears In The Snow

Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Ristampa della cassetta Tears In The Snow di Order 1968, rimasterizzata da Giovanni Indorato al Ctìyber Ghetto Studio.

Order 1968 è stato uno dei primi progetti di uno dei maggiori nomi della musica elettronica in chiave ambient ed industrial in Italia, da parte di quel Claudio Dondo che, dopo l’esperienza con Order 1968 andrà a fondare i fondamentali Runes Order, che invitiamo caldamente a scoprire o riscoprire. La cassetta uscì originariamente nel 1991, registrata nello studio casalingo di Claudio, che era anche l’unico membro del progetto, e pubblicato sull’etichetta da lui fondata, Hate Productions. La cassetta fu originariamente ristampata in 200 copie sotto il nome Runes Order dalla Oktagon Records, con lo stesso audio ed un artwork differente. Annapurna Productions ha ristampato il tutto rimasterizzandolo e con le copertine originali. Dondo è sempre un produttore geniale e notevole, in nuce qui c’è quello che poi farà con i Runes Order, ma soprattutto troviamo una concezione totale e rituale del mezzo musicale. Non è musica fatta per intrattenere, per consolare o per dare risposte, qui ci sono tenebre, domande e tormenti, ma il fatto è che sono fra le atmosfere migliori mai prodotte in Italia. Molto lontano dalle luci della musica di successo ed anche dalla musica delle pose finto alternative, c’è un universo dove ci sono persone che fanno musica per passione e per giocare con i loro demoni, e Claudio Dondo è un eminente esponente di codesta schiatta. Tears In The Snow non lo si ascolta, è il disco stesso che si insinua dentro di noi, percorre le nostre vene e torna nel cervello per celebrare il rituale della nostra estrema caducità, messa mirabilmente in sonoro qui. Tears In Snow è sia un lavoro seminale che una cosa a sé stante, un altro tenebroso episodio della carriera di Claudio, una parabola pressoché unica in Italia e che è apprezzata da chi sa e vuole farlo. Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Tracklist
1. Intro(duction)
2. Sturm
3. A Minute In The Snow
4. The Runes
5. The White Empire
6. The Key Of Pride
7. Watching The New Dawn
8. Nocturne
9. No Surrender!!!
10. A Minute In The Wind
11. Buried Blades
12. Le Bianche Valli Del Silenzio
13. Chi Ride Muore!

Númenor – Chronicles from the Realms Beyond

Nuova veste e due bonus track per Chronicles from the Realms Beyond, ultimo album degli epic power metallers serbi Númenor

I Númenor son un gruppo epic power metal originario di Belgrado ed attivo dal 2009.

La discografia della band serba, dopo una manciata di ep e split ha preso il volo nel 2013 con la pubblicazione del primo lavoro sulla lunga distanza intitolato Colossal Darkness, seguito da altri due lavori, Sword and Sorcery e Chronicles from the Realms Beyond del 2017.
Ciò di cui parliamo è appunto la riedizione di quest’ultimo bellissimo lavoro, che prevede due bonus track (The Hour of the King e Lords of Chaos), un nuovo libretto ed una nuova copertina creata dall’artista serbo Bob Zivkovic.
L’album vede la partecipazione della session vocalist dei Therion Sandra su due brani (Moria e Beyond the Doors of Night) e l’entrata in formazione del nuovo batterista Marko Milojevic.
Chronicles from the Realms Beyond è un ottimo esempio di metallo epico, dal taglio heavy/power in cui non manca quel tocco sinfonico e black.
Prendendo spunto dalle tematiche fantasy tanto care al genere, l’album parte con l’opener Heart Of Steel proseguendo per sentieri che portano inevitabilmente alla gloria o alla morte.
L’alternanza tra più voci, che passano tra toni evocativi ed altri tipicamente metal e scream black, rende l’ascolto ancora più vario ed interessante con i brani che passano dall’epic sinfonico di Beyond the Doors of Night, al mid tempo dal taglio black metal di Lords Of Chaos, i due punti estremi della musica dei Númenor.
Un lavoro che merita sicuramente l’attenzione degli amanti del genere, tra Blind Guardian, Brimstone e le più classiche band epic metal.

Tracklist
1. Heart of Steel
2. Carven Stone
3. Withing Hour
4. Beyond the Doors of the Night
5. Moria
6. The Hour of the King
7. Lord of Chaos
8. Over the Mountains Cold
9. The Last of the Dragonlords
10. Realms Beyond (Instrumental)

Line-up
Despot Marko Miranovic-Vocals
Srdjan Brankovic-Guitars, Bass
Mladen Gosic-Keyboards
Marko Milojevic-Drums
Zeljko Jovanovic-Second Vocals

NUMENOR – Facebook

Jag Panzer – Mechanized Warfare

Doverosa riedizione per un classico dello US power, ancora oggigiorno splendidamente carico di suggestioni musicali d’alta scuola.

Sul fatto che gli Jag Panzer siano parte integrante della storia del metal, non solo americano, credo nessuno avrà nulla da obiettare.

Del resto, sotto le insegne dell’hard & heavy più classico, i nostri sono nati nel lontano 1981. Il loro sesto album, Mechanized Warfare, vide la luce nel 2001, prodotto da Jim Morris, per la Century Media. Lo ristampa, ora, la sempre volitiva ed attenta Punishment 18 Records. Abbiamo così l’opportunità imperdibile di riassaporare un autentico classico, duro e puro, come da tradizione del miglior US power. Delle dieci tracce che vanno a comporre l’album, l’opener Take To the Sky, Unworthy e la penultima Power Surge superano i sei minuti, mentre la conclusiva All Things Renewed ben oltrepassa i sette: la cosa già la dice lunga sulla scrittura musicale degli Jag Panzer, articolata e progressiva, senza rinunciare minimamente ad una sola oncia di un approccio al metal sempre potentissimo e solenne, epico e stentoreo. Mechanized Warfare svolgeva e svolge un discorso musicale di classe assolutamente superiore, vincente in ogni magica sfaccettatura dei suoi solchi. Si ascolti ad esempio l’intensa The Scarlet Letter, ispirata al capolavoro di Hawthorne. Tristi e malinconiche le melodie delle canzoni, una gemma le complesse progressioni musicali alle quali la band si abbandona sempre senza alcuna autoindulgenza. Aggressività e fascino: il binomio di una grandissima band. Ieri come oggi. Stupenda e molto dark anche la grafica.

Tracklist
1- Take to the Sky
2- Frozen in Fear
3- Unworthy
4- The Silent
5- The Scarlet Letter
6- Choir of Tears
7- Cold Is the Battle
8- Hidden in My Eyes
9- Power Surge
10- All Things Renewed

Line up
Chris Broderick – Guitars
John Tatley – Bass
Henry Conklin – Vocals
Mark Briody – Guitars
Rikard Stjernquist – Drums

JAG PANZER – Facebook

Gorguts – From Wisdom to Hate

Riedizione, davvero benemerita, di un grande disco della basilare cult band del death metal made in
Canada.

Quando si parla dei Gorguts si parla di Storia, quella con la esse maiuscola.

La fondamentale band canadese è sempre stata apprezzatissima dalla critica ma non ha finora trovato, presso il pubblico, il riconoscimento che certamente merita. Il suo approccio anticonvenzionale al death metal, in questo
senso, può essere stato un’involontaria arma a doppio taglio. Come che sia, la Punishment 18 fa ora uscire l’attesa ristampa del classico From Wisdom to Hate (grande titolo), che il quartetto originario del Quebec, attivo dal 1989, pubblicò, nel 2001, per la Season of Mist, tre anni dopo il capolavoro Obscura, di cui veniva portato avanti il taglio sperimentale e progressivo, tecnicissimo e feroce nel medesimo tempo. Con gli otto brani dell’album, tra i quali spiccano le sinistre orchestrazioni della quarta traccia (Unearthing the Past), i Gorguts confermavano la loro personalissima proposta, fatta di accelerazioni brutali e molto hardcore, alternate a rallentamenti doom: quasi un’opera mirante a realizzare una deframmentazione sonora dei canoni death, con un alone oscuro, se non tetro, che va a contraddistinguere la totalità delle composizioni. Verrebbe da dire che se i King Crimson avessero mai inciso un lavoro di death metal, forse questo sarebbe stato From Wisdom to Hate. L’anno dopo la stampa del disco, nel 2002, il batterista Steve MacDonald si suicidò e la band temporaneamente si sciolse, per poi riformarsi in occasione del bellissimo Colored Sands (2013), l’atto della rinascita artistica di un gruppo storico e seminale.

Track list
1- Inverted
2- Behave Through Mythos
3- From Wisdom to Hate
4- The Quest For Equilibrium
5- Unearthing the Past
6- Elusive Treasures
7- Das Martyrium Des…
8- Testimonial Ruins

Line up
Steve Cloutier – Bass
Steve MacDonald – Drums
Luc Lemay – Guitars / Vocals
Daniel Mongrain – Guitars

GORGUTS – Facebook

Philadelphia – Search And Destroy Deluxe

Versione rimasterizzata e deluxe ad opera della Roxx records per Search And Destroy, secondo album dei Philadelphia, storica band cristiana attiva nella prima metà degli anni ottanta.

Torniamo a parlare di rock cristiano d’annata grazie ad una nuova uscita targata Roxx Records:
trattasi di Search And Destroy, secondo lavoro dei Philadelphia, attivi dall’alba degli anni ottanta in quel di Shreveport, Louisiana.

Il gruppo cristiano infatti nacque nel 1981 per arrivare all’esordio tre anni dopo con Tell the Truth… pubblicando in seguito questo lavoro, uscito originariamente nel 1985, creandosi così un buon seguito, specialmente nei tanti concerti che lo vide impegnato in quel periodo.
Poi un lungo silenzio fino al 2015 ed all’uscita del singolo No Compromise che anticipava il nuovo album, licenziato tre anni fa ed intitolato Warlord.
L’impegno nella scena cristiana ha caratterizzato la storia dei Philadelphia, ora un trio composto dallo storico chitarrista Phil Scholling, dal batterista Brian Martini e dal bassista cantante Brian Clark ex Survivor come il batterista.
Il sound di Search And Destroy si colloca perfettamente nell’hard & heavy dell’epoca, brani più hard rock oriented si alternano con rocciosi anthem metallici, i Philadelphia molto attenti alle melodie, raggiungevano un buon livello qualitativo grazie ad un egregio lavoro sui solos, molto ispirati e sempre graffianti, mentre brani di classic rock più radiofonico lasciavano spazio ad ispirate tracce heavy che strizzavano l’occhio al Regno Unito.
Una buona dose di grinta si evince nella title track posta come opener, in Judgement Day e nell’esplosiva Fastrack, ma è comunque tutto l’album che gira a pieno regime anche se l’età è avanzata e Search And Destroy come suoni e approccio al genere rimane confinato nella prima metà degli anni ottanta.
Una riedizione assolutamente gradita per gli amanti del decennio ottantiano e del classic metal statunitense.

Tracklist
1.Search and Destroy
2.Bobby’s Song
3.Oh My Boy
4.Judgement Day
5.Mirror Man
6.Fastrack
7.Showdown
8.Decision Time

Line-up
Brian Clark – Bass, Vocals
Brian Martini – Drums, Percussion
Phil Scholling – Guitars

PHILADELPHIA – Facebook

Iced Earth – Enter The Realm EP

La Century Media ristampa Enter The Realm, il primo demo degli Iced Earth, inizio di una delle carriere più longeve ed importanti del metal classico americano.

Tutto iniziò da qui: la storia di una delle metal band americane più amate dagli estimatori dei suoni classici partì esattamente trent’anni fa da questi cinque brani più intro che formavano un demo intitolato Enter The Realm.

La carriera degli Iced Earth di Jon Schaffer ebbe il suo apice nella seconda metà degli anni novanta, tra Burnt Offerings licenziato nel 1995, The Dark Saga e Something Wicked This Way Comes, usciti rispettivamente nel 1996 e nel 1998, senza ombra di dubbio i tre album capolavoro del gruppo di Tampa.
Una discografia che non è mai scesa sotto un buon livello qualitativo, anche se i problemi per il chitarrista ritmico più sottovalutato della storia del metal classico a stelle e strisce, ma lodato per il suo enorme talento come songwriter e della sua creatura, non sono certo mancati.
Prima del successo, con il passaggio dietro al microfono di Matthew Barlow e poi del chiacchierato Ripper Owens e infine del bravissimo Stu Block, c’erano cinque musicisti con la passione per la new wave of british heavy metal, il thrash della Bay Area e l’U.S. power metal.
Nel 1989 il chitarrista ritmico Jon Schaffer, insieme a Greg Seymour (batteria), Gene Adam (voce), Dave Abell (basso) e Randy Shawver (chitarra solista) diede alle stampe questo demo, appunto l’inizio di quella che diventerà una delle più longeve ed importanti realtà uscite dalla scena classica statunitense.
E’ anche per merito di Colors, dell’oscura Nightmare o della superba Iced Earth se la band divenne un punto di riferimento ed ispirazione per molti gruppi metal negli anni a venire, probabilmente la band statunitense più influente sulle nuove generazioni insieme ai Nevermore di Warrel Dane, parlando di metal di scuola classicamente americana.
Enter The Realm verrà ristampato dalla Century Media in formato CD, digitale e per la prima volta anche in vinile, per gli amanti del gruppo un acquisto obbligato.

Tracklist
1.Enter the Realm
2.Colors
3.Nightmares
4.To Curse the Sky
5.Solitude
6.Iced Earth

Line-up
ICED EARTH Line-Up 1989
Jon Schaffer – rhythm guitar, backing vocals
Greg Seymour – drums
Gene Adam – vocals
Dave Abell – bass guitar
Randy Shawver – lead guitar

ICED EARTH – Facebook

I Pazzi Del Riformatorio – About Life (In The Rubbish)

About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

I Pazzi Del Riformatorio sono un gruppo progressive/alternative metal siciliano nato nel 2011 e questo lavoro venne pubblicato la prima volta tre anni dopo.

La band, dopo qualche anno di pausa, ritorna con una line up rivoluzionata e di fatto a tre, con i due membri fondatori, Marco Blandini (voce e chitarra) e Lorenzo Giannì (chitarra e voci) raggiunti da Francesco Zanotti (batteria).
Il primo passo dei “nuovi” I Pazzi Del Riformatorio è la riedizione dell’album d’esordio con l’aggiunta di due brani inediti (Centro Nichilista, Inri) e da uno in versione live (Atracrar).
About Life (In The Rubbish) è un lavoro originale che amalgama in modo sorprendente, progressive rock, alternative metal, indie ed attitudine punk rock: la band si supera in quei momenti dove il tutto è perfettamente inglobato in brani che non lasciano letture precise sulla strada intrapresa ma giocano a sorprendere chi ascolta.
La cosa buona è che il tutto riesce in brani e attimi in cui il progressive metal di scuola Dream Theater viene violentato da scariche alternative/indie per poi tornare a trame progressive addirittura di stampo settantiano.
In tutto questo ben di dio musicale il metal è il collante che tiene i generi ben saldi tra loro nell’economia di brani come God Is A Woman, la suite Democracy’s Slave e la thrash/punk Escape The Grave.
About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

Tracklist
1.Frankenstein
2.God Is Woman
3.I Pazzi Del Riformatorio
4.Democracy’s Slave
5.Last Chance
6.Green
7.Unforgivable
8.Escape The Game
9.Centro Nichilista (Bonus Track 2019)
10.Inri (Bonus Track 2019)
11.Atracar (Bonus Track 2019 – Live)

Line-up
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Basso, Tastiere, Voci
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2014:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Salvo Ilacqua – Basso
Vincenzo Fiorilla – Tastiere
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2012:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Elena Giudice – Basso
Francesco Zanotti – Batteria
Roberto Ferrara – Tastiere

I PAZZI DEL RIFORMATORIO – Facebook

Arckanum – Första Trulen

Första Trulen non riveste solo una valore puramente storico per i cultori e collezionisti del black metal delle origini, perché da un punto di vista musicale possiede un notevole fascino ancestrale che va necessariamente colto, al netto di una registrazione che sembra davvero provenire da un vecchio mangianastri con le testine usurate dal tempo.

Första Trulen non è esattamente l’ennesima riedizione del demo Trulen degli Arckanum uscito nel 1994, bensì contiene la prima registrazione che poi Johan Lahger (Shamaatae per gli annali musicali) scartò non essendo soddisfatto della sua resa; si tratta comunque un documento decisamente interessante in quanto esemplificativo dell’evoluzione del black metal dai primi anni 90 fino ad oggi.

Ovviamente siamo al cospetto di un lavoro che, per sua natura, non solo conserva ma acuisce le stimmate del demo e per questo sarà possibile rinvenirvi il genere nella sua forma più pura ed incontaminata, nel bene (attitudine e spontaneità) e nel male (resa sonora a dir poco approssimativa).
Prendiamo quindi i lavori di punta offerti dal musicista svedese nel nuovo secolo (su tutti l’imprescindibile ÞÞÞÞÞÞÞÞÞÞÞ) e ammantiamoli di una robusta coltre di polvere e detriti a renderne meno limpidi i prodromi di quelle irresistibili progressioni che hanno reso importante il nome Arckanum: questo è quanto si rinviene in tale percorso a ritroso che ci porta agli antipodi dell’ultimo lavoro in ordine tempo (nonché probabile canto del cigno del progetto) Den Förstfödde, album in cui Shamaatae ha raggiunto probabilmente l’apice della sua maturità compositiva.
Första Trulen non riveste, quindi, solo una valore puramente storico per i cultori e collezionisti del black metal delle origini, perché da un punto di vista musicale possiede un notevole fascino ancestrale che va necessariamente colto, al netto di una registrazione che sembra davvero provenire da un vecchio mangianastri con le testine usurate dal tempo.

Tracklist:
1. Pan’s lughn (different version, without voices)
2. Hvila pa tronan min
3. Yvir min diupe marder
4. Et sorghe tog
5. Gava fran trulen
6. Bærghet
7. Ængin oforhærra
8. Svinna
9. Kolin Væruld
10. Ener stilla sior af droten min (different version)

Line-up:
Shamaatae

ARCKANUM – Facebook

Walls Of Babylon – The Dark Embrace

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo, poi confermate con il secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo poi confermate sul secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

Di prog metal si tratta, suonato ottimamente e dalle buone intuizioni compositive espresse già da The Dark Embrace, composto da nove brani inediti più la cover degli Stratovarius, Hunting High And Low.
La band mette sul piatto grande personalità ed una sagacia compositiva che rispecchia gran parte del metallo progressivo moderno: atmosfere tese, dal piglio drammatico, ritmiche possenti e valorizzate da perfetti cambi di tempo inseriti con gusto e senza strafare, melodie a cascata e refrain dal buon appeal.
Sin dall’opener Puppet Of Lie gli Walls Of Babylon ci vanno giù pesanti e la partenza risulta travolgente con l’aiuto delle seguenti The Defeat ed Alone.
Più power rispetto a quello che si ascolterà sul suo successore, The Dark Embrace ha nelle sue trame le ispirazioni che decretano il buon risultato qualitativo della musica suonata dai nostri, con la mente che vaga tra le opere di Evergrey e Dream Theater e quella furia power che lo fa più europeo.
Bene ha fatto la Revalve a riproporlo per chi ha apprezzato il gruppo marchigiano dall’ultimo album e che non potrà sicuramente fare a meno delle varie The Emperor e Revenge Of Morpheus, picchi di questa bellissima opera progressivamente metallica.

Tracklist
1.A Puppet of Lies
2.The Defeat
3.Alone
4.The Dark Embrace
5.Honor and Sorrow
6.The Emperor
7.A New Beginning
8.Revenge of Morpheus
9.A Warm Embrace
10.Hunting High And Low

Line-up
Valerio Gaoni- Vox
Fabiano Pietrini- Guitar
Francesco Pellegrini -Lead guitar
Matteo Carovana- Bass
Marco Barbarossa- Drums

WALLS OF BABYLON – Facebook

Temple Nightside – Recondemnation

I Temple Nightside sono una mostruosa creatura underground che si nutre di anime e vomita cattiveria, trasformata in musica estrema evocativa e rituale, colma di atmosfere nere come la pece in un fluido continuo di malvagità

Ristampa licenziata dalla Iron Bonehead Productions che riguarda i Temple Nightside, band australiana attiva dal 2010 e fautrice di un death/black metal oscuro ed ossessionante.

L’album, uscito originariamente nel 2013 per la Nuclear Winter e primo dei due lavori firmati Temple Nightside, è composto di otto tracce per quaranta minuti calati nell’abisso più profondo e putrido.
E come suggerisce il titolo dell’ultima traccia di Recondemnation, si tratta di un miasma sonoro putrescente che, se si avvale dei ritmi e delle ispirazioni del black/death, non manca di lasciarsi seppellire da tonnellate di lava doom, trasformando il sound in un monolitico rituale maligno ed oscuro.
I Temple Nightside sono una mostruosa creatura underground che si nutre di anime e vomita cattiveria, trasformata in musica estrema evocativa e rituale, colma di atmosfere nere come la pece in un fluido continuo di malvagità.
I brani che lasciano campo alla lenta marcia del doom sono i più oscuri e maligni: la band australiana è maestra nel saper coinvolgere con lenti rituali funerei come negli otto minuti di Ascension Of Decaying Form, picco di questo lavoro che la label ha fatto bene a riproporre agli amanti del metal estremo più underground.

Tracklist
1.Shrine Of Summon (The Great Opposer)
2.Exhumation:Miseries Upon Imprecation
3.Abhorrent They Fall
4.Pillar Of Ancient Death(Commune 2.1)
5.Dagger Of Necromantic Decay (Eater Of Hearts)
6.Ascension Of Decaying Form
7.Command Of The Bones (Commune 2.2)

8.Miasma
Line-up
V.Kusabs – Bass
Mordance – Drums
BR – Guitars
IV – Guitars, Bass, Vocals, Keyboards

TEMPLE NIGHTSIDE – Facebook

The Shiver – Adeline

L’ultimo lavoro dei The Shiver, uscito originariamente nel 2017, viene oggi ristampato dalla Wormholedeath con l’aggiunta di una bonus track, una collaborazione importante che si spera porterà ad un nuovo album di inediti.

Nel rock alternativo tricolore i gruppi dal taglio internazionale, cioè quelli che possono competere con i più sopravvalutati artisti provenienti da oltre confine, non mancano di certo e tra questi ci sono sicuramente i The Shiver.

La band che cala l’asso con la cantante Federica Faith Sciamanna, risulta attiva da ormai quattordici anni, ha stampato tre full length, un demo ed un ep acustico, prima di cominciare a girare l’Europa insieme a band ed artisti di un certo spessore.
L’ultimo lavoro della band, uscito originariamente nel 2017, viene oggi ristampato dalla Wormholedeath con l’aggiunta di una bonus track, una collaborazione importante che si spera porterà ad un nuovo album di inediti
Ma lasciamo che sia il tempo a parlare e presentiamo a chi non conosce ancora la musica dei The Shiver l’album che ha concesso loro tante opportunità.
Adeline mette in risalto un sound che viaggia distante dai soliti cliché dell’alternative rock, mostrandosi ricco di soluzioni anche lontane tra loro, come una certa predisposizione per spunti dark/new wave che richiamano i Cure, in un contesto che alterna grinta rock e melodia, con la cantante che viaggia una spanna sopra a molte sue colleghe, per personalità interpretativa, graffiante impatto e delicati spunti melodici.
Adeline ha nella sua varietà intrinseca di stili e sfumature il punto di forza, e i The Shiver sorprendono con un bagaglio di ispirazioni enorme che rende la musica varia e fruibile, con chitarre che graffiano e lasciano profondi solchi rock a tratti distorti, per poi tornare su armonie dark/wave, mentre la voce fa il bello e cattivo tempo in brani che non perdono mai la loro naturale orecchiabilità.
Il rock’n’roll del futuro passa anche da lavori come questo e da brani come Rejected, How Deep Is Your Heart, How Dirt Is Your Soul o Miron-Aku: se lo si era perso all’epoca, non va commesso lo stesso errore.

Tracklist
1.Awaiting
2.Adeline
3.Rejected
4.Wounds
5.How Deep Is Your Heart, How Dirt Is Your Soul
6.Light Minutes
7.High
8.Pray
9.Miron-Aku
10.Electronoose
11. Light Minutes live @ Manchester Academy***

Line-up
Federica “Faith” Sciamanna
Francesco “Finch” Russo
Mauro “Morris” Toti
Giacomo “Jack” Pasquali

THE SHIVER – Facebook

Baro Prog-jets – Lucillo & Giada e Topic Würlenio

Per coloro che amano il prog più classico, contaminato di atmosfere anni Ottanta. L’opportunità di riscoprire i primi passi di un eccellente artista.

Baro è il nome d’arte di Alberto Molesini, bassista, cantante, songwriter e polistrumentista che, alla fine degli anni Settanta, fondò i Sintesi: un interessante tentativo di unire la tradizione prog inglese (Yes e King Crimson in primis) e il pop sinfonico italiano di PFM e Orme.

Nel 1980 fu realizzato al fine di alimentare il repertorio dal vivo del gruppo il concept in più atti Lucillo e Giada, una sorta di ambiziosa opera rock. Tre anni dopo fu la volta di Topic Wurlenio, altra raccolta di materiale live da proporre in concerto. Per il prog non erano, lo si rammenti, anni facili, né da noi, né all’estero. Dopo l’apparizione su una compilation di Radio Studio 24, il progetto entrò in stand-by. Molesini, durante gli anni Novanta, collaborò con gli Hydra e col duo pop metal degli Elam. Nel nuovo millennio, con l’aiuto delle nuove tecnologie, uscì quindi Utopie. Dal 2004 Molesini suona con i Marygold, ottima band progressive di casa nostra, responsabile dell’ottimo One Light Year (2017). Tuttavia, la voglia di concretare i progetti giovanili non deve essersi nel nostro mai spenta: ecco quindi spiegato Baro Prog-jets, un lavoro di rispettoso ricupero del periodo 1980-83, con nuovi apporti ed arrangiamenti. Ci è così possibile ascoltare oggi quei due primi lavori di Baro: un prog rock tradizionale, pieno di idee e di spunti originali. Molti i temi musicali che si intrecciano in Lucillo e Giada. Topic Wurlenio venne scritto in piena epoca new wave e ne conserva giustamente le influenze, un po’ nello stile dei primi Twelfth Night. In definitiva, due bellissimi lavori, che vedono ora finalmente la luce su doppio CD, non senza rimandi anche a BMS e Osanna.

Track list
Lucillo & Giada
1- Scena I
2- Scena II
3- Scena III
4- Scena IV

Topic Würlenio
1- Intro
2- Tracce di un’avventura
3- Ach the Stomach Contraction
4- Dialogo
5- Chiare gocce di pioggia
6- Attesa
7- Topis Wurlenio
8- Variazioni
9- Mosaico d’uomo

Line up
Baro – Vocals / Bass / Guitars / Keyboards
Elena Cipriani – Vocals
Gigi Murari – Drums
Paolo Zanella – Piano
Massimo Basaglia / Titta Donato / Nicola Rotta – Guitars

BARO – Facebook

Green River – Rehab Doll

I Green River non erano solo dei precursori ma furono un gruppo che fece qualcosa di nuovo partendo da elementi già presenti nella scena musicale del tempo e di quella precedente.

Ristampa di lusso per l’unico disco su lunga distanza dei Green River.

Uscito originariamente nel 1988, Rehab Doll può essere considerato la summa e contemporaneamente il punto più alto della loro carriera: sintomo di un’epoca che stava cambiando musicalmente, a parte le note vicende future dei suoi membri, l’album è un piccolo capolavoro per quanto riguarda la musica e la sintesi fra post punk ed un hardcore altro. Registrato da Jack Endino, vero e proprio fautore di un certo suono, Rehab Doll è un compendio di un certo alternativo americano che in quegli anni da un lato annoverava gruppi come i Black Flag e dall’altro lato i Green River, che stavano facendo qualcosa di veramente differente. Rispetto a Dry As A Bone qui la musica è maggiormente strutturata, le canzoni mutano molto nel loro divenire, e la carica distorsiva è preponderante. Rehab Doll è un disco irripetibile di un gruppo che, oltre che anticipare alcune istanze musicali come il grunge, ha saputo proporre una sintesi molto riuscita fra post punk e il rock. La musica dei Green River non nasce con loro ma è originale la proposta musicale che fanno, di grande importanza ancora adesso. Ascoltando Rehab Doll si può facilmente comprendere come questo disco sia ancora avanti di anni ai giorni nostri e, cosa più importante, sia bellissimo dalla prima all’ultima canzone. Questa ristampa di lusso della Sub Pop comprende gli otto brani originali, più alcune versioni dei brani presi dalle cassette di prova di Jack Endino, e due inediti, un documento prezioso e occasione per poter riascoltare un capolavoro quanto mai attuale. I Green River non erano solo dei precursori ma furono un gruppo che fece qualcosa di nuovo partendo da elementi già presenti nella scena musicale del tempo e di quella precedente. Qualcosa a Seattle si stava muovendo e non sarebbe finito tanto presto.

Tracklist
01. Forever Means
02. Rehab Doll
03. Swallow My Pride
04. Together We’ll Never
05. Smilin’ and Dyin’
06. Porkfist
07. Take a Dive
08. One More Stitch
09. 10000 Things
10. Hangin’ Tree
11. Rehab Doll
12. Swallow My Pride
13. Together We’ll Never
14. Smilin’ and Dyin’
15. Porkfist
16. Take a Dive
17. Somebody
18. Queen Bitch

SUB POP – Facebook

Monarch – Sabbat Noir

La ristampa di questo lavoro nei formati vinile e cassetta da parte della Zanjeer Zani Productions si rivela quanto mai opportuno , in quanto Sabbat Noir è uno dei prodotti più significativi usciti in tale ambito all’inizio del decennio

Sabbat Noir è il quinto full length della discografia dei francesi Monarch, insidiosi interpeti di uno sludge drone impietoso come pochi altri.

L’album, composto da una sola traccia di quasi trenta minuti, suddivisa in due parti equivalenti nella versione in vinile, è una lunga e penosa discesa negli inferi, tra riff ultraribassati, ritmiche pachidermiche non prive di interessanti sussulti e, in sottofondo, i quasi impercettibili sussurri e le più udibili e strazianti urla di Emilie Bresson.
Come si può intuire, qui non si parla di schemi compositivi ben definiti bensì quasi di una sorta di flusso che sorge spontaneo e che si dipana lento e brutale con modalità ai limiti dell’esasperazione; il tutto all’insegna di un rumorismo che però non è puro caos ma, addirittura, nella seconda parte esibisce barlumi di linee melodiche nonostante il contesto di fatto resti sempre quanto mai apocalittico.
La ristampa di questo lavoro nei formati vinile e cassetta da parte della Zanjeer Zani Productions si rivela quanto mai opportuno , in quanto Sabbat Noir è uno dei prodotti più significativi usciti in tale ambito all’inizio del decennio e si trattava, al contempo, di una sorta di punto oltre il quale i Monarch non avrebbero porto spingersi senza scadere nel rumorismo fine a sé stesso: infatti, i tre full length successivi vedranno la band aprirsi a suoni “relativamente” più accessibili (fatte tutte le dovute contestualizzazioni) inserendo all’interno di strutture sempre e comunque abbondantemente disturbate sia parti di chitarra vagamente più lineari, sia passaggi vocali cantati nel senso vero del termine.
Tale percorso, che ha in Never Forever del 2017 la sua ultima tappa, ha visto la band transalpina protagonista di un consistente crescendo che l’ha portata ad essere oggi una delle più credibili risposte europee ai vari Khanate e Sunn O))), il che non è affatto trascurabile.

Tracklist:
1.Sabbat Noir

Line-up:
Emilie Bresson (Vocals)
MicHell Bidegain (Bass)
Rob MacManus (Drums)
Shiran Kaïdine (Guitars)

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