Una rapida scorsa alle origini dei greci Lucifer’s Child e ci si rende immediatamente conto che si è difronte ad un super combo.
Formatisi nel 2013 dall’idea di George Emmanuel (chitarra) dei Rotting Christ e Stathis Ridis (basso) dei Nightfall, i nostri sono fautori di un Black Metal, molto articolato, complesso, a tratti prog, spesso industrial.
The Order – uscito per la più che prolifica polacca Agonia Records – è un album davvero interessante. Ci troviamo di fronte ad un prodotto multiforme, dalle molteplici sfaccettature e non facilmente etichettabile. Di sicuro il Black ne costituisce la scenografia, il fondale di un opera frastagliata, eclettica nella struttura, composita sì, ma dall’elevatissima qualità nella sua amalgamazione.
Solide basi industrial, costituiscono il leitmotiv Wagneriano, che tessono trame complesse sulle quali si dipana un Black Metal dall’impronta molto gotica ed a tratti, di una maestosità che annichilisce l’ascoltatore. Brani come Viva Morte e la Title-Track non nascondono volutamente l’imprinting di Emmanuel e di Ridis, proiettandoci all’interno di un Maelstrom ellenico di suoni imponenti, di smisurata imperiosità, a tratti sublimemente pomposi, quasi si volesse ostentare burbanzosa autorità. Anche nella successiva Fall of the Rebel Angels si ha l’impressione che i nostri avessero proprio l’intenzione di ridurre a totale prostrazione l’ascoltatore, tale è la magnificenza del corredo musicale, ordito attorno al momento Black. Nel brano, come anche in El Dragón, il sound, marcatamente industrializzato, però non ci rimanda al più classico degli Industrial Black Metal come si potrebbe ragionevolmente pensare (tipo Mysticum, per intenderci), bensì ai macchinosi, pesantissimi soffocanti martellamenti di band quali Ministry, Fear Factory e Rammstein, strizzando l’occhio anche a gruppi come i Pain, denotando forti ammiccamenti alle commistioni elettroniche della band di Tägtgren.
Intendiamoci, non siamo di fronte ad un minimalista copia ed incolla, o ad un’accozzaglia di stili ed influenze messe lì a caso. Tutto è fluido, nella sua complessità, e le digressioni musicali accompagnano sempre un Black Metal suonato perfettamente, infarcito, come nella goticissima Through Fire We Burn, o in Black Heart (che pare brutalmente prelevata da Khronos o da Macabre Sunsets) da cupe eteree atmosfere, avvolgenti la ritmata ossessività tipica del Black, ma altresì musicanti la pomposità della marcia, quando non sfocia nel Blast più violento.
Haraya , la penultima traccia, va a braccetto con le canzoni precedenti, costruita su un’attenta intelaiatura Gothic Black (è la song che maggiormente rispecchia le radici dei Lucifer’s Child, ossia le due cult band ateniesi che ne hanno prestato chitarra e basso) che, abilmente ritmata da Ridis e Vell (batteria), non si addormenta mai, avviluppandosi su se stessa su troppo rigide diatoniche atmosfere da Canto Gallicano o Gregoriano, ma sostiene egregiamente i suoi quasi cinque minuti, senza mai far assopire l’ascoltatore con passaggi ben programmati, tra mid e up tempo.
Al contrario, ed in direzione diametralmente opposta, Siste Farvel. Qui il Funeral Black la fa da padrone. Non più industrial ed elettronica, ma una magnificente malinconica marcia funebre, che ci congeda con l’ultimo addio (appunto Siste Farvel, dal danese) che tragicamente ci deprime, generando lo sconforto di chi sa che l’album è oramai terminato, e che l’ultima nota, ci proietterà ben presto nel vuoto assoluto del silenzio delle nostre cuffie.
Tracklist
1. Viva Morte
2. The Order
3. Fall of the Rebel Angels
4. Through Fire We Burn
5. El dragón
6. Black Heart
7. Haraya
8. Siste farvel
Line-up
Stathis Ridis – Bass
George Emmanuel – Guitars
Marios Dupont – Vocals
Nick Vell – Drums