Tra Mozart e Lovecraft: le molte vite artistiche dei Mekong Delta

Questo straordinario gruppo, soprattutto ad inizio carriera, ha sempre saputo creare, attorno a sé, un alone di mistero, specie circa le sue origini e la sua prima formazione.

Il nome, Mekong Delta, è da riferirsi alla foce di un fiume del Vietnam, mentre l’intero progetto venne organizzato dalla mente, a dir poco geniale, di Ralph Hubert, ingegnere del suono di Living Death, Warlock e Steeler, nonché proprietario e factotum dell’etichetta discografica Aaarrg dal 1985.
I primi demo tapes dei Mekong Delta furono incisi da una line-up composta dal cantante Wolfgang Borgmann, dalle due asce dei Living Death (Reiner Kelch e Frank Fricke), da Hubert al basso (sotto lo pseudonimo di Bjorn Eklund) e da Jorg Michael, in quel momento già batterista di Avenger, Rage e Paganini (e in seguito con Tom Angelripper, Axel Rudi Pell, Headhunter, Schwarzarbeit, Running Wild, Grave Digger, Stratovarius e Saxon, tra i molti altri). Con questa formazione, i Mekong Delta realizzarono nel 1987 il loro primo album omonimo, contenente un thrash metal durissimo e vicino alla scuola newyorkese degli Anthrax.

Nel 1988 apparve il capolavoro del gruppo, il concept album The Music of Erich Zann, prodotto dal medesimo Hubert, bissato dal mini Toccata, sul finire dell’anno. Con questi due lavori, in pratica, i Mekong Delta si posero come gli ELP del thrash. I testi e la copertina si ispirano alla fantascienza horror dell’omonimo racconto lovecraftiano ed offrono qualcosa di diverso ai tanti thrashers europei di fine anni Ottanta. In ambito techno-thrash, del resto, i precedenti erano pochissimi, solo Release From Agony dei connazionali Destruction e Killing Technology dei Voivod, oltre ai Watchtower. In anticipo pertanto su Coroner, Megadeth, Annihilator, Deathrow e Despair, i Mekong Delta mettono in mostra un approccio di tipo orchestrale, che necessita di ascolti ripetuti, per essere capito. Tempi dispari, riff imprevedibili, controtempi e cambi improvvisi di tempo abbondano. L’energia dei MD è inesauribile: si ascoltino Age of Agony, Confession of Madness, Prophecy e Memories of Tomorrow, oppure il thrash sinfonico dello strumentale Interludium (una versione riarrangiata della musica che Bernard Hermann scrisse per Psycho di Hitchcock, tratto dal noto romanzo di Robert Bloch, amico e discepolo di Lovecraft). Per dirla altrimenti, The Music of Erich Zann dimostra quanto la band di Ralph Hubert fosse “avanti” nella concezione musicale, sperimentale come negli Eighties sono stati in fondo pochi (vengono giusto in mente, per stare in territori metal, Celtic Frost e Prong).
La band tedesca si conferma con il terzo disco, The Principle of Doubt (1989), apparso per la Major Records, label sorta dalla fusione tra la Aaarrg e la Atom H degli Accuser. Intanto, Mark Kaye, alla chitarra, ha preso il posto di Kelch. Per il lavoro di scrittura, registrazione e produzione del quarto lavoro, Dances of Death (1990, di nuovo per la sola Aaarg) i Mekong Delta si chiudono in studio e per un anno intero: il segno del modo di lavorare di Ralph Hubert, certosino e maniacale, attento ai dettagli ed alle sfumature anche più minute. Il Robert Fripp del metal, verrebbe da dire, anche se il techno-thrash mutante e progressivo dei Mekong Delta è maggiormente debitore verso il fantasioso gusto emersoniano del virtuosismo, mai fine a se stesso e spesso giostrato sulle scale minori.

Nel 1991, mentre il thrash canonico si avvia ad entrare in crisi, i Mekong Delta celebrano, alla loro maniera, i vent’anni di Pictures at an Exhibition di ELP – lo storico e personale omaggio, in chiave pomp rock, reso dal celeberrimo trio inglese a Mussorgsky, nel 1971 – con il concerto di Live at an Exhibition. E’ la spia del fatto che ormai la creatura partorita dalla mente di Ralph Hubert intende da par suo guardare oltre, non solo i confini del thrash tradizionale, ma altresì quelli dello stesso metal, per abbeverarsi, sorretta del resto da doti tecniche e di scrittura impressionanti, alla scuola del prog anglo-britannico e della stessa musica classica, che lo aveva ispirato, in moltissimi casi. Escono così dischi coraggiosi e sperimentali, innovativi ed avventurosi, originali e creativi, come Kaleidoscope (1992) e soprattutto Vision Fugitives (1994), forse l’apice del gruppo: un post-thrash ipertecnico con archi, di ispirazione settecentesca e segnatamente mozartiana. Un lavoro realmente incredibile, a cui peraltro manca, oramai, un pubblico in grado di apprezzare e davvero le complesse quanto intricate stratificazioni armonico-melodiche dei Mekong Delta e le loro ricerche ritmiche sulle strutture degli accordi. Forse, il gruppo si è paradossalmente spinto troppo oltre e inevitabile arriva un temporaneo scioglimento.
Nella seconda metà degli anni Duemila, Hubert ha infine rimesso in piedi i MD ed ancora una volta ne sono venuti quattro dischi strepitosi: Lurking Fear (2007), Wanderer on the Edge of Time (2010), Intersections (2012) e In a Mirror Darkly (2014), forse meno orientati al techno-thrash degli esordi e più in linea con un comunque strabiliante ed eclettico metal prog neo-classico. Musica che rimane aristocratica e d’élite, esoterica (nel senso etimologico del termine), e quindi per pochi iniziati e non per tutti: di certo superbi esperimenti di metal sinfonico, da riscoprire.