Nicumo – Storms Arise

Storms Arise non sfigura nei confronti di End Of Silence, ma neppure fa compiere alla band quel passo in avanti a livello di personalità che sarebbe stato auspicabile dopo un lasso di tempo così dilatato.

I finlandesi Nicumo tonano con il loro secondo full length a quattro anni di distanza da quell’End Of Silence che mi aveva abbastanza ben impressionato: con Storms Arise le coordinate non mutano, nel senso che al suo interno continuiamo a trovare un rock piuttosto malinconico, ricco di melodia e con qualche accelerazione che sconfina talvolta nel metalcore.

Il fatto che, come detto, il nuovo lavoro non si discosti granché dal precedente può avere una doppia valenza, nel bene e nel male: per quanto mi riguarda credo che la verità stia nel mezzo, nel senso che Storms Arise non sfigura nei confronti di End Of Silence, ma neppure fa compiere alla band quel passo in avanti a livello di personalità che sarebbe stato auspicabile dopo un lasso di tempo così dilatato.
Nell’album, in apparenza, non c’è nulla che non vada: buone canzoni, melodie e chorus che fanno centro senza troppa fatica, ma in più di un frangente aleggia un che di posticcio che fa storcere il naso, in particolare ciò avviene quando la band finnica prova ad aumentare i giri del motore, finendo per battere in testa nel proporre alcuni brani anonimi e poco coesi con il resto della tracklist.
Esprimo un parere del tutto personale, ma credo che i fan di Sentenced ed Amorphis, due band che costituiscono gli inevitabili punti di riferimento per i Nicumo, non accoglieranno con grande favore le sventagliate di modern metal che affliggono tracce come Guilt, Unholy War (quest’ultima con tanto di ritornello melodico d’ordinanza) e If This Is Your God, I Don’t Need One.
Sono canzoni come Old World Burning, Death, Let Go, Aiolos e la lunga e conclusiva Dream Too Real, nella quale le sporcature estreme sono utilizzate con maggior raziocinio e misura, ad offrire quella che dovrebbe essere, idealmente, l’effettiva cifra stilistica della band, ma ciò avviene senza la dovuta continuità
Hannu Karppinen si conferma cantante di vaglia, non solo quanto regala la sua timbrica calda e pulita ma anche quando inasprisce i toni, e i suoi compari di certo non sfigurano; il problema vero dei Nicumo odierni è che non dispiacciono affatto ma neppure fanno sobbalzare sulla sedia, complice forse una minore ispirazione rispetto al debutto ed una maggiore consapevolezza dei propri mezzi che, per assurdo, può averli spinti ad assolvere il compito cercando di accontentare sia gli ascoltatori dal mood malinconico sia quelli più propensi alle sonorità moderne, finendo per smarrire una direzione stilistica maggiormente definita, nell’uno o nell’altro senso.
Un peccato, perché il rock melanconico alla finlandese è sempre un bel sentire, ma i Nicumo in quest’occasione lo propongono in maniera troppo intermittente.

Tracklist:
1. The Dawn
2. Old World Burning
3. Beyond Horizon
4. Unholy War
5. Death, Let Go
6. Guilt
7. Poltergeist
8. If This Is Your God, I Don’t Need One
9. Sirens
10. Aiolos
11. Dream Too Real

Line up:
Sami Kotila – Bass
Aki Pusa – Drums, Percussion
Tapio Anttiroiko – Guitars
Atte Jääskelä – Guitars
Hannu Karppinen- ocals

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