Stigmata – The Ascetic Paradox

Gli Stigmata viaggiano tra tutti i sottogeneri del metal, la loro musica risplende di digressioni jazzate, folkloristiche, in uno tsunami di ritmiche devastanti

Che bello viaggiare virtualmente per il mondo alla ricerca di realtà musicali che, se non fosse per la collaborazione con IYE, avrei sicuramente perso, per quanto nella mia lunga vita da appassionato di musica non abbia mai smesso di cercare e scovare band interessanti e, magari agli inizi della loro carriera, poco conosciute.

Ed ecco che, come ormai d’abitudine, mi immergo nel mondo metallico asiatico, questa volta è lo Sri Lanka ad accogliermi, paese che ha dato i natali nell’ormai lontano 1999 a questa clamorosa band che prende il nome da un album degli Arch Enemy, gli Stigmata.
Il quintetto, proveniente dalla città di Colombo, è in possesso di una nutrita discografia, iniziata nei primi anni del nuovo millennio con un ep (Morbid Indiscretion) e proseguita con tre lavori sulla lunga distanza, Hollow Dreams del 2013, Silent Chaos Serpentine del 2006, Psalms of Conscious Martyrdom del 2010 e quest’ultimo, eccellente The Ascetic Paradox.
Come avrete notato in alto a destra, il genere descritto è semplicemente metal: troppo lunga sarebbe stata la lista se fossi andato nello specifico, perché questi cinque ottimi musicisti inglobano nel loro sound praticamente tutti i generi di cui il mondo metallico è composto.
Il bello è che lo fanno con una semplicità disarmante e quello che ne esce non è un minestrone di suoni, ma un’ apoteosi di metalliche atmosfere devastanti, ipertecniche, progressive, potenti, drammatiche ed assolutamente originali nel loro saltare da un genere all’altro.
Partendo da una base sonora che si avvicina terribilmente ai Nevermore più progressivi (anche per la voce spettacolare del singer che ricorda non poco quella di Warrel Dane), gli Stigmata viaggiano tra tutti i sottogeneri del metal, la loro musica risplende di digressioni jazzate, folkloristiche, in uno tsunami di ritmiche devastanti: le sei corde valorizzano il tutto con riff e solos dalla tecnica formidabile, molte volte a velocità inaudita.
I testi di denuncia politico, sociale e religiosa sono interpretati con toni tragici e drammatici da Suresh de Silva, vocalist sontuoso, dotato di una personalità debordante così come l’album, che risulta un’opera fuori dal comune.
Tra i solchi di questi otto brani, lunghi ed articolati, tutti d’ascoltare, ma guidati dalla progressiva Rush Through The Twilight Silver Slithering Stream e dalla conclusiva suite estrema, di ben oltre tredici minuti, And Now We Shall Bring Them War!, troverete ad aspettarvi Nevermore, Death, Cynic, Tool, Arch Enemy, Pestilence, Dream Theather, Rush e molti altri, uniti in questo stupendo affresco metallico al secolo The Ascetic Paradox.

TRACKLIST
1. Our Beautiful Decay
2. An Idle Mind is The Devil’s Workshop
3. Stillborn Again
4. Rush Through The Twilight Silver Slithering Stream
5. Calm
6. Axioma
7. Let The Wolves Come & Lick Thy Wounds
8. And Now We Shall Bring Them War!

LINE-UP
Suresh de Silva – Vocals, Lyrics
Tennyson Napoleon – Rhythm Guitar
Andrew Obeyesekere – Lead Guitar
Lakmal Chanaka Wijayagunarathna – Bass Guitar
Roshan Taraka Senewirathne – Drums

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