Philadelphia – Search And Destroy Deluxe

Versione rimasterizzata e deluxe ad opera della Roxx records per Search And Destroy, secondo album dei Philadelphia, storica band cristiana attiva nella prima metà degli anni ottanta.

Torniamo a parlare di rock cristiano d’annata grazie ad una nuova uscita targata Roxx Records:
trattasi di Search And Destroy, secondo lavoro dei Philadelphia, attivi dall’alba degli anni ottanta in quel di Shreveport, Louisiana.

Il gruppo cristiano infatti nacque nel 1981 per arrivare all’esordio tre anni dopo con Tell the Truth… pubblicando in seguito questo lavoro, uscito originariamente nel 1985, creandosi così un buon seguito, specialmente nei tanti concerti che lo vide impegnato in quel periodo.
Poi un lungo silenzio fino al 2015 ed all’uscita del singolo No Compromise che anticipava il nuovo album, licenziato tre anni fa ed intitolato Warlord.
L’impegno nella scena cristiana ha caratterizzato la storia dei Philadelphia, ora un trio composto dallo storico chitarrista Phil Scholling, dal batterista Brian Martini e dal bassista cantante Brian Clark ex Survivor come il batterista.
Il sound di Search And Destroy si colloca perfettamente nell’hard & heavy dell’epoca, brani più hard rock oriented si alternano con rocciosi anthem metallici, i Philadelphia molto attenti alle melodie, raggiungevano un buon livello qualitativo grazie ad un egregio lavoro sui solos, molto ispirati e sempre graffianti, mentre brani di classic rock più radiofonico lasciavano spazio ad ispirate tracce heavy che strizzavano l’occhio al Regno Unito.
Una buona dose di grinta si evince nella title track posta come opener, in Judgement Day e nell’esplosiva Fastrack, ma è comunque tutto l’album che gira a pieno regime anche se l’età è avanzata e Search And Destroy come suoni e approccio al genere rimane confinato nella prima metà degli anni ottanta.
Una riedizione assolutamente gradita per gli amanti del decennio ottantiano e del classic metal statunitense.

Tracklist
1.Search and Destroy
2.Bobby’s Song
3.Oh My Boy
4.Judgement Day
5.Mirror Man
6.Fastrack
7.Showdown
8.Decision Time

Line-up
Brian Clark – Bass, Vocals
Brian Martini – Drums, Percussion
Phil Scholling – Guitars

PHILADELPHIA – Facebook

Daniel Gazzoli Project – Night Hunter

Un album riuscito ed interessante, proprio per l’enorme varietà di atmosfere ed influenze che, sotto le bandiere del classic metal e dell’hard rock, vivono in questi nove ottimi brani.

Classic metal d’alta scuola quello che ci presenta la nostrana Street Symphonies Records con il progetto del chitarrista e compositore Daniel Gazzoli il quale, aiutato da una manciata di musicisti della scena hard rock melodica dello stivale, ci consegna un piccolo gioiellino hard’n’heavy ottantiano, che alterna grinta metallica alla raffinata tradizione aor.

A collaborare con Gazzoli troviamo Leonardo F. Guillan, singer preparato e collaboratore in sede live con i Soul Seller, Luke Ferraresi batterista dei Perfect View ed il tastierista Luca Zannoni, con il chitarrista che si occupa anche del basso e dei synth.
Pronti via e con Night Hunter si sale sulla macchina del tempo, si torna al metal patinato delle grandi band hard rock del passato: il sound di ispirazione americana alterna classici anthem da arena rock ad effervescenti brani dove il blues sporca di attitudine il rock melodico del gruppo, con più di un passo nel metal tutta grinta e melodie che faceva capolino nelle classifiche rock nei lontani anni ’80.
Prodotto, cantato e suonato molto bene, Night Hunter è un prodotto molto professionale sotto ogni punto di vista, ma quello che più è importante è la musica e allora, cari miei rockers, tuffatevi tranquillamente in questo mare di note che risultano un tributo all’hard & heavy melodico, composto da una serie di tracce ispirate che vanno dal classic metal della title track e di Forged By The Pain, all’hard blues di Self Destruction Blues, dall’aor della splendida Liar, al rock da arena dell’altrettanto melodicissima Heartblame, fino alla ballatona Prayer For An Angel e al ritorno al metal tagliente della rabbiosa The Beast Of My Heart.
Un album riuscito ed interessante, proprio per l’enorme varietà di atmosfere ed influenze che, sotto le bandiere del classic metal e dell’hard rock, vivono in questi nove ottimi brani.

TRACKLIST
1. Night Hunter
2. Forged By The Pain
3. Liar
4. Self Destruction Blues
5. Heartblame
6. Run
7. Prayer For An Angel
8. Dont Leave Me Alone
9. The Beat Of My Heart

LINE-UP
Daniel Gazzoli – Guitar, Bass, Synth and Backing Vocals
Leonardo F. Guillan – Lead and Backing Vocals
Luke Ferraresi – Drums
Luca Zannoni – Keyboards

DANIELE GAZZOLI PROJECT – Facebook

Psychoprism – Creation

Un’opera di una bellezza disarmante da parte di un quintetto di musicisti preparatissimi, con un songwriting che avvicina la band ai nomi di rilievo del metal mondiale di stampo classico.

Il metal classico è vivo più che mai, magari si è rinnovato, o forse dagli anni ottanta si è evoluto con l’aggiunta di elementi sinfonici e prog, ma rimane comunque il genere di riferimento per i metallari sparsi per il mondo, anche e soprattutto nel nuovo millennio.

I detrattori o gli uccelli del malaugurio che si beano della morte del genere padre di tutto il movimento metallico, anche quello più moderno o estremo, possono mettersi l’anima in pace, specialmente se a mantenerlo in vita sono band eccezionali come questi musicisti statunitensi che, sotto il monicker Psychoprism, hanno creato un lavoro di power/prog metal straordinario.
Il gruppo del New Jersey due anni fa licenziò il primo ep autoprodotto, e la Pure Steel è piombata come un falco sul gruppo e dopo la firma, pubblicandone il primo full length, Creation, in questo assolato e tragico luglio.
Un’opera di una bellezza disarmante da parte di un quintetto di musicisti preparatissimi, con un songwriting che avvicina la band ai nomi di rilievo del metal mondiale di stampo classico, trovando nelle sfumature progressive un alleato per far risplendere la musica di cui si compone questo manifesto all’arte musicale.
Probabilmente Creation rimarrà nel genere l’esordio più riuscito fino alla fine dell’anno, anche se forse non riscuoterà neanche un quarto del successo che un’opera del genere meriterebbe, ma non importa, se siete amanti della musica, qui la si deve glorificare come si deve.
Prendete il metal classico raffinato dei Crimson Glory, aggiungete potenti dose ritmiche di estrazione power, una vena progressiva che si espande per tutta la durata dell’album, direttamente dai primi e fondamentali lavori di Queensryche e Fates Warning, e incorniciateli con note sinfoniche di commovente epicità: avrete forse un’idea di cosa vi aspetta appena la title track imploderà nei vostri padiglioni auricolari, donandovi musica regale e splendidamente metallica.
Chiaramente i musicisti non possono che essere dei maestri, ed allora rimarrete a bocca aperta quando Jess Rittgers vi sconvolgerà con la sua voce che, se a tratti richiama Geoff Tate, risulta ancora più teatrale, un’ugola nata per emozionare.
Bill Visser e la sua sei corde sono una macchina di solos altamente metallica, ma che ovviamente non manca di crogiolarsi in scale progressive dall’alto tasso tecnico, mentre la sezione ritmica (Kevin Myers alle pelli e Erick Hugo al basso) non si risparmia in cavalcate power e repentini ed intricati cambi di tempo.
Il tutto viene valorizzato dai tasti d’avorio di Adam Peterson, raffinati, a tratti neoclassici, squisitamente orchestrati da questo mostro di bravura, ed a mio avviso arma in più del gruppo americano.
Niente di nuovo direte voi, il classico album suonato con maestria e nulla più!
Nulla di più sbagliato, invece, perchè Creation vive di un’emozionalità unica e la pelle d’oca che procurano brani intensi e meravigliosamente metallici come The Acclaimed, la super ballad Friendly Fire, l’epico power metal neoclassico di Against The Grain, la potentissima e velocissima The Wrecker, difficilmente la riproverete di questi tempi, specialmente continuando ad ascoltare i soliti nomi.
Lavori come questo mi fanno ringraziare il cielo per essermi innamorato della musica fin da ragazzino facendomi sentire un uomo fortunato. Capolavoro.

TRACKLIST
1. Alpha
2. Creation
3. Shockwaves
4. The Acclaimed
5. Chronos
6. Friendly Fire
7. Against the Grain
8. Defiance
9. The Wrecker
10. Stained Glass

LINE-UP
Erick Hugo – Bass
Jess Rittgers – Vocals
Bill Visser – lead guitars
Kevin Myers – Drums
Adam Peterson – Keyboard

PSYCHOPRISM – Facebook

Krossfire – Shades of Darkness

Shades Of Darkness è un’opera che non può mancare sugli scaffali di ogni amante dei suoni power d’oltreoceano, rivelandosi uno delle sorprese dell’anno nel genere.

Grande acquisto in casa Pure Steel Records, la label tedesca si assicura infatti le prestazioni musicali e compositive dei Krossfire, power progsters bulgari e licenzia il loro secondo lavoro sulla lunga distanza, questo bellissimo ed intenso Shades Of Darkness.

Attivi dall’alba del nuovo millennio, il gruppo proveniente dalla città di Plovdiv, in un lasso di tempo abbastanza lungo, non era riuscito ad elaborare più che un full length, l’esordio Learning to Fly, uscito dopo dieci anni dalla fondazione e supportato da due singoli.
In aiuto al gruppo è arrivata la Pure Steel e Shades Of Darkness può così contare su una delle label più quotate nel mondo underground metallico europeo.
D’altronde l’album è davvero un’opera riuscita in tutte le sue componenti, con un sound incentrato su un prog metal dalle tinte oscure, molto vocino all’U.S. power metal, tecnicamente ineccepibile, e sinfonicamente orchestrale, in molte sue parti.
Aiutati infatti da alcuni cantanti lirici, i Krossfire aggiungono al loro sound roccioso bellissime parti classiche, così da rendere Shades Of Darkness un’opera completa, affascinante ed a suo modo originale.
Non è così facile infatti trovare band dall’impostazione assolutamente progressiva nell’approccio con la propria musica, mantenere un mood oscuro, tragico e drammaticamente sinfonico, un perfetto e geniale incrocio tra il power americano di Jag Panzer e Metal Church, il metal progressivo dei Dream Theater del sottovalutato Train Of Thoughts e l’eleganza bombastica dei cori operistici.
Shades Of Darkness si sviluppa così in un’ora di nobile metallo classico, drammatico nel suo incedere, teatrale ma senza far mancare la potenza del power metal (King Will Come, Fall From Grace e Rule The Dark) e pregno di notevoli passaggi progressivi ( le bellissime Annabelle e Glory To Heavens).
Suonato benissimo dal quintetto di musicisti che formano la band, l’album regala emozioni a non finire, il mood progressivo non inficia la resa delle canzoni, anche per un songwriting che valorizza più l’aspetto emozionale che non lo sfoggio di bravura strumentale fine a sé stesso, decollando fin dalle prime battute per non scendere più da un livello di eccellenza.
Shades Of Darkness è un’opera che non può mancare sugli scaffali di ogni amante dei suoni power d’oltreoceano, rivelandosi uno delle sorprese dell’anno nel genere.

TRACKLIST
1. The Ninth
2. The Last Ride
3. King Will Come
4. Destiny’s Calling
5. One More Time
6. Farewell
7. Fall From Grace
8. Annabelle
9. Glory To Heavens
10. Like A Shadow
11. Rule The Dark
12. Heaven Halls

LINE-UP
Dimo Petkov – vocals
Georgi Kushev – guitars
Peter Boshnakov – keyboards
Georgi Driev – bass
Spas Markov – drums

Guests:
Violeta Kusheva – female vocals on song 4, 5, 12
Vesela Sarvanska, Svetlana Vassileva, Krassimir Shopov, Georgi Sakadzhiyski – choir on song 2, 8, 12,
Daniela Djorova Waldhans – cello on song 6

KROSSFIRE – Facebook

Slammin’ Thru – Things to Come

Things To Come ha il pregio di dire tutto in una quarantina di minuti, senza raggiungere però clamorosi picchi e risultando lineare ed onesto ma anche un po’ troppo derivativo.

Torna a far parlare di se uno dei generi più amati/odiati nel mondo metallico, il prog metal e lo fa con l’esordio sulla lunga distanza dopo oltre un decennio di attività degli spagnoli gli Slammin’ Thru.

Il prog metal dei nostri è quanto di più classico si possa ascoltare, con i Dream Theater ed i Queensrÿche a fare da muse ispiratrici e l’esibizione di una discreta tecnica individuale che non disdegna qualche ritmica power e sfumature progressive di settantiana memoria.
Ricami, atmosfere e sfumature che giocano a nascondino dentro il sound di Things To Come, che ha il pregio di dire tutto in una quarantina di minuti, senza raggiungere però clamorosi picchi e risultando lineare ed onesto ma anche un po’ troppo derivativo.
Metallo tecnico su cui il songwriting poggia le sue fondamenta, una buona grinta che fa dell’album un ascolto sufficientemente piacevole anche per i true defenders che non hanno dimenticato i primi lavori della prog metal band di Seattle degli ormai ex Geoff Tate (al quale il vocalist David deve non poco) e Chris De Garmo, sono le virtù principali di questo primo lavoro dal quale, proprio perché arriva dopo molti anni, ci si poteva attendere qualcosa di più.
La produzione non aiuta certo le canzoni ad esplodere, con la voce relegata in secondo piano e la musica che esce leggermente ovattata, un peccato mortale per un disco del genere.
Tra i brani che compongono il cd si segnalano la title track e la bellissima Pariah, il resto fila via senza sorprendere più di tanto gli ascoltatori più esigenti.
Un lavoro sufficiente per dare un reale avvio ad una carriera che auspichiamo più ricca di uscite, magari correggendo i difetti riscontrati in questa occasione.

TRACKLIST
1. Metallic Leaves
2. Things To Come
3. Disguised Queen
4. Break
5. Undisclosed
6. Pariah
7. Seeing Eye

LINE-UP
David – Vocals
Alberto – Guitar
Óscar – Guitar
Guts – Bass
Adrián – Drums
Axel – Keyboards

SLAMMIN THRU

Overtures – Artifacts

Una proposta che accontenta i fans del prog metal, per tecnica esecutiva e passaggi mai banali, ma non manca di ammiccare agli amanti dei suoni power, grazie a cavalcatein cui predomina un’ottima vena melodica.

Power prog metal ad alto voltaggio quello proposto ancora una volta dai friulani Overtures, partiti come classica band power ed ora arrivati a toccare lidi progressivi con ottimi risultati.

Il nuovo lavoro, masterizzato in Germania ai Gate Studios, tra le cui mura ha lavorato gente del calibro di Avantasia, Edguy ed Epica è un buon esempio di prog metal vario, molto melodico, a tratti dal piglio drammatico, il che avvicina non poco la band nostrana ai maestri Symphony X, anche se gli Overtures usano molto bene l’arma della melodia e delle ritmiche hard rock, riuscendo a rendere il proprio lavoro personale ed oltremodo affascinate.
Una proposta che accontenta i fans del prog metal, per tecnica esecutiva e passaggi mai banali, ma non manca di ammiccare agli amanti dei suoni power, grazie a cavalcatein cui predomina un’ottima vena melodica.
Prova sopra le righe di tutti i musicisti, iniziando dall’ottimo singer Michele Guaitoli personale ed interpretativo a sufficienza per imprimere il suo marchio sulla raccolta di brani che compongono Artifacts, e sontuosa la parte ritmica con il basso di Luka Klanjscek e le pelli di Andrea Cum, potenti nelle cavalcate power e dalla buona tecnica esecutiva dove i brani richiedono fantasia ed eleganza, virtù peculiari nel metallo progressivo.
Marco Falanga incornicia con la sua sei corde questo quadro metallico, dai mille colori e sfumature, dove potenza e melodia vanno a braccetto per le strade del metallo classico.
Un lavoro che si mantiene su coordinate medio alte a livello qualitativo per tutta la sua durata, anche se non mancano i picchi che alzano la media di un disco imperdibile per gli amanti di queste sonorità, come la classic metal Gold, Il cuore dell’album composto dalle progressive Unshared Worlds e My Refuge, e la bellissima suite dal piglio drammatico Teardrop, dove le anime del gruppo si alleano per donare dieci minuti di prog metal davvero entusiasmante.
Artifacts risulta così un ottimo ascolto, la band in questi anni è cresciuta non poco e si appresta a conquistarvi, non opponete resistenza.

TRACKLIST
1. Repentance
2. Artifacts
3. Gold
4. As Candles We Burn
5. Profiled
6. Unshared Worlds
7. My Refuge
8. New Dawn, New Dusk
9. Teardrop
10. Angry Animals
11. Savior

LINE-UP
Luka Klanjscek – Bass
Marco Falanga – Guitars
Michele Guaitoli – Vocals
Andrea Cum – Drums

OVERTURES- Facebook

Eclipse – Clandestine Resurrection

Clandestine Resurrection degli indiani Eclipse non mancherà di sorprendere gli amanti dei suoni metallici melodici e raffinati.

Attivi dal 2004 e con un ep ed un singolo alle spalle, arrivano al traguardo del primo full length gli indiani Eclipse, band che del metal old school dai richiami hard rock melodici fa il suo credo.

In un paese dove il metal estremo ha messo radici e sforna continuamente nuove realtà non è poi così facile trovare band di metal classico, il gruppo originario di Guwahati infatti non deluderà chi ha nel suo dna il sound storico degli anni ottanta, a cui la band è legata e che rende elegante da molti inserti tastieristici e melodie ruffiane di scuola scandinava.
Clandestine Resurrection risulta così un buon lavoro, immerso nella tradizione metallica, ogni brano vive della luce melodica che i tasti d’avorio di scuola AOR imprimono sul sound, la chitarra alterna riff di scuola hard rock e verve maideniana, ed il tutto viene accompagnato dalle ottime linee melodiche del singer Kundal Goswami.
Classic metal del più raffinato, tra Rainbow e primi Europe, Iron Maiden e Journey in un susseguirsi di brani dal buon appeal, a tratti epico, mai troppo veloce e con i mid tempo a fare la voce grossa.
Tastiere evocative, fanno da intro al lavoro (Prelude to the Resurrection), che esplode in tutta la sua carica di raffinato metallo ottantiano nell’opener Rise Of The Dead, la sei corde insegue i tasti d’avorio in quella che risulta un’apertura davvero riuscita.
L’ascolto, pur rimanendo ancorato nei canoni del genere risulta vario nell’alternare melodia e grintose parti dove le chitarre si rivestono dell’armatura della vergine di ferro, From The Ashes è una semiballad di scuola Rainbow, mentre Dreams Of Midnight risulta il lato più oscuro della musica del combo.
Da segnalare Stale Memories, altra ballad sopra le righe, mentre sono le dolci note di Yesterday & Tomorrow che ci accompagnano alla conclusione di questo Clandestine Resurrection, album che non mancherà di sorprendere gli amanti dei suoni metallici melodici e raffinati.

TRACKLIST
1. Prelude to the Resurrection
2. Rise of the Dead
3. Enlightened by Darkness
4. From the Ashes
5. Virgins of Heaven and Hell 2
6. Dreams of Midnight
7. Fall of Kings
8. Stale Memories
9. Serenity
10. Yesterday & Tomorrow

LINE-UP
Kundal Goswami -Vocals
Rahul Kaushik -Bass
Sumit Baruah -Guitar
Rakesh Barov-Keyboard
Mrinmoy Edwin Singha-Drums

ECLIPSE – Facebbok

Brainstorm – Scary Creatures

Scary Creatures conferma quanto di buono fatto in vent’anni di carriera dalla band tedesca che, a distanza di un paio d’anni dall’ultimo Firesoul, regala un album irrinunciabile per gli amanti del power.

I Brainstorm sono uno dei gruppi più sottovalutati della scena power metal tedesca che incendiò il mercato nella seconda metà degli anni novanta, sempre collocati dagli addetti ai lavori un passo indietro a Gamma Ray, Grave Digger e compagnia, eppure negli anni sono riusciti a scaldare i cuori degli appassionati con una serie di opere di genere entusiasmanti, soprattutto con il trittico Ambiguity (2000), Soul Temptation (2003) e Downburst (2008).

La band, capitanata dal vocalist Andy B. Franck (ex Symphorce e Ivanhoe), torna con l’undicesimo album in studio di una carriera che l’ha vista muovere i primi passi nel 1989, ed arrivare nel nuovo millennio con una carica ed un’energia invidiabile, mostrate in questa nuovo lavoro che, se non porta grosse novità all’interno della proposta del gruppo, lo conferma come un punto fermo per chi ama il power metal ed i suoni metallici tradizionali.
Potenti, devastanti e, come tradizione nel genere, alquanto melodici, i Brainstorm con Scary Creatures dichiarano la loro appartenenza al gotha del power metal europeo alla luce dell’ esperienza e del talento al servizio del genere, e in controtendenza rispetto ai mezzi passi falsi dei gruppi più quotati, ormai non più sulle prime pagine delle riviste di settore, visto il momento di poco interesse da parte dei fans di uno dei generi storici del metal.
Il nuovo lavoro torna così a far risplendere il sound del gruppo con una raccolta di brani compatti, ruvidi ed oscuri, Andy B. Franck non ha perso un’oncia del suo talento interpretativo: singer sanguigno ed eclettico, anima il sound del gruppo, sempre perfetto nel portare avanti la tradizione tedesca nel power, lasciando che sfumature metalliche di derivazione statunitense entrino nel cuore delle composizioni, facendo dei Brainstorm il gruppo più americano della nidiata famelica nata in terra germanica.
Non sono così distanti, infatti, le drammatiche ed oscure atmosfere che troverete nel sound dei Circle II Circle di Zack Stevens, altra band da considerare in questi anni come una delle massime esponenti del power metal classico, anche se il gruppo tedesco ne violenta la struttura con le ritmiche devastanti tipiche del sound europeo.
Prova sopra le righe di tutta la band, composta da musicisti dall’esperienza e bravura indiscutibili, produzione perfetta, e via per questa discesa senza freni nelle travolgenti trame offerte dai Brainstorm, con una serie di brani che hanno nella cadenzata ed epica How Much Can You Take, nella devastante Where Angels Dream, nell’oscura e americana title track e nella maideniana Caressed By The Blackness, i picchi di un lavoro che riconcilia con un sound dato per morto troppe volte.
Niente da aggiungere se non che Scary Creatures conferma quanto di buono fatto in vent’anni di carriera dalla band tedesca che, a distanza di un paio d’anni dall’ultimo Firesoul, regala un album irrinunciabile per gli amanti del power.

TRACKLIST
1. The World to See
2. How Much Can You Take
3. We Are…
4. Where Angels Dream
5. Scary Creatures
6. Twisted Ways
7. Caressed by the Blackness
8. Scars in Your Eyes
9. Take Me to the Never
10. Sky Among the Clouds

LINE-UP
Andy B. Franck – Vocals (lead)
Dieter Bernert – Drums
Milan Loncaric – Guitars, Vocals (backing)
Torsten Ihlenfeld – Guitars, Vocals (backing)
Antonio Ieva – Bass

BRAINSTORM – Facebook

Shivers Addiction – Choose Your Prison

Basta poco per farsi piacere questa raccolta di brani, serve solo non avere paraocchi di sorta e riuscire ad apprezzare ogni sfumatura che la band ci riserva, senza un attimo di tregua, lungo l’intero lavoro.

E’ tempo di tornare sul mercato per i nostrani Shivers Addiction: il nuovo lavoro, licenziato dalla Revalve Records ed intitolato Choose Your Prison, scaraventa la band tra le realtà più significative dell’hard & heavy nostrano, regalandoci un’oretta di metal rock dalle grandi potenzialità.

Fondato da una decina d’anni, in cui la band ha dato alle stampe il primo demo nel 2007 e successivamente l’esordio sulla lunga distanza tre anni dopo (Nobody Land’s), il gruppo dopo vari cambi di line up, può contare sulle prestazioni del chitarrista Gino Pecoraro dei Nuclear Simphony e soprattutto sul talentuoso vocalist Marco Cantoni dei prog metallers Cyrax, messisi in mostra in questi ultimi due anni con due perle di metallo progressivo ed originalissimo come Reflections del 2013 e Pictures, uscito quest’anno.
Completano la line up i bravissimi Angelo De Polignol alle pelli, Marco D. Panizzo alla seconda ascia e Fabio Cova al basso, un combo compatto e di altissimo livello, così che Choose Your Prison possa risultare un ottimo album che, in modo sapiente ed originale, amalgama alla perfezione thrash metal, progressive, rock e metal classico.
Ed eccoci qua, come Zio Paperone nei dollari, a tuffarci nel variegato mondo musicale del gruppo nostrano che, al primo ascolto riesce nell’impresa di confezionare un album maturo ma godibilissimo, con sorprese che ci investono ad ogni passaggio.
Basta poco per farsi piacere questa raccolta di brani, serve solo non avere paraocchi di sorta e riuscire ad apprezzare ogni sfumatura che la band ci riserva, senza un attimo di tregua, lungo l’intero lavoro.
Come ci ha abituato sui dischi targati Cyrax, Cantoni ne esce alla grande, eclettico, interpretativo e passionale, davvero bravo nel modulare la sua voce tra le sfuriate thrash del gruppo, che, in un attimo si trasformano, in passaggi progressivi, molto vicini al genere classico, lasciando poco al prog metal, abituati a sentire negli ultimi anni.
Bellissime le parti dove armonie acustiche dal sapore folk prendono il sopravvento, accompagnate da un delicato flauto che sa tanto di prog settantiano, per poi essere investiti da tempeste elettriche, dove le chitarre ci assalgono con ritmiche thrash e solos dai rimandi metallici e con la sezione ritmica che al momento opportuno sa picchiare e cambiare tempo come se fossimo in alta montagna.
Preferisco parlare di generi che di band, anche perché la musica dei Shivers Addiction è talmente colma di idee ed atmosfere che risulta cangiante, cambiando pelle in modo repentino anche nello stesso brano.
Un lavoro notevole in fase di songwriting, crea questo arcobaleno musicale dove trovare un brano più significativo è impresa ardua, ma la cattiva We Live on a Lie, la progressiva The King and the Guillotine e l’epica Painted Arrow, sono i brani che più mi hanno entusiasmato.
Cresce a dismisura con gli ascolti Choose Your Prison, pregno di note che appaiono dal nulla ogni volta che vi riavvicinerete con l’udito e con la mente alla musica di questa grande band.

TRACKLIST
1. Eternal Damnation
2. We Live on a Lie
3. La mort qui danse
4. The King and the Guillotine
5. Money Makes the Difference
6. Freedom
7. Where Is My Future
8. Painted Arrow
9. Against We Stand
10. Death Has Nothing to Teach

LINE-UP
Gino Pecoraro – Guitars
Angelo De Polignol – Drums
Marco D. Panizzo – Guitar
Fabio Cova – Bass
Marco Cantoni – Vocals

SHIVERS ADDICTION – Facebook

Aornos – Orior

Aornos fa sicuramente parte dell’ambito tradizionale, suona un black metal d’atmosfera ma non atmosferico, con grande uso di tastiere, ed il risultato non è affatto male.

One man band di black metal in stile classico scandinavo con riferimenti al black metal sinfonico inglese.

Dopo anni di gestazione ecco qui l’esordio discografico di Algras in arte Aornos, musicista ungherese che produce un buon album di black metal. Quest’ultimo è un genere sempre in bilico tra forte innovazione e tradizione, tendenze che non affatto in contrasto. Aornos fa sicuramente parte dell’ambito tradizionale, suona un black metal d’atmosfera ma non atmosferico, con grande uso di tastiere, ed il risultato non è affatto male. Restano da limare alcuni aspetti della produzione, che rendono il suono con troppi alti in certi passaggi del disco poco comprensibile. A parte ciò rimane un buon debutto che termina con una bella cover degli Emperor.

TRACKLIST
01. Orior
02. Avernus
03. Castellum
04. Aeterna Veritas
05. Dominus Vexator
06. Gelum
07. Desertus
08. Erratus
09. Portentum
10. Aere Perennius
11. Ensorcelled By Khaos (Emperor cover)

LINE-UP
Algras – all music, instruments, vocals, lyrics.

AORNOS – Facebook