Sepvlcrvm – Vox In Rama

Il rito dei Sepvlcrvm è un convolgere piani diversi della nostra esistenza.

Cosmogonie di una musica che si fa contemporaneamente religione e logos.

Il duo che risponde al nome Sepvlcrvm arriva al secondo disco, dopo Hermeticvm del 2010. Con quest’ultimo avevano fatto un deciso ingresso nella musica rituale, o nel rito musicale qual dir si voglia. I droni si allacciano ad una intelaiatura di improvvisazioni con un gusto kosmische. Il rito dei Sepvlcrvm è un coinvolgere piani diversi della nostra esistenza. Il duo opera una seria ricerca esoterica sia musicale che religiosa, perché l’aspetto ritualistico della musica è quello più antico, e qui viene recuperato in toto. Le cinque canzoni in realtà sono due, poiché I e III sono più intermezzi funzionali alle due tracce più lunghe II e IV che vanno oltre i venti minuti. Il percorso dei Sepvlcrvm è un continuum di passaggi debitori ad un sapere antico che abbiamo rifiutato, svendendolo per una falsa sapienza. In questo disco ognuno può ricercare ciò che vuole, ma l’unica condizione è lasciarsi andare a questo flusso, questa forza che nasce e che sembra inerte, ma in realtà è fortissima. Vox In Rama è un’esperienza che si fonda sull’immutabilità e la forza di credenze e coscienze pagane forti come querce. Non ci sono molti paragoni per i Sepvlcrvm, se non loro stessi. Ad impreziosire il tutto l’artwork è a cura di Marco Castagnetto.

TRACKLIST
I
II
III
IV

LINE-UP
Marcvs F
Marcvs Ioannes

SEPVLCRVM – Facebook

Sepvlcrvm

Continuano le nostre interviste ai gruppi appartenenti al roster dell’Argonauta e che suoneranno all’ Argonauta Fest il 7 maggio, dalle 18.00 in poi, alle Officine Musicali a Vercelli.
I Sepvlcrvm sono un duo ancora inedito e misterioso, ed il loro disco uscirà prossimamente.
Nell’attesa di scoprirli dal vivo ecco le loro parole.

iye Come è nato il gruppo ?

Da ricerca e contemplazione.
Antiche scritture costituiscono la fonte di meditazioni rituali che si concretizzano in Musica ed Immagine.
La condivisa Passione e Dedizione all’Arte nonché la profonda stima tra i due componenti del progetto hanno agevolato chiarezza d’intenti ed individuazione di sentieri d’indagine.

iye Quali sono le vostre influenze sonore ?

Tutte le sperimentazioni sonore utili a canalizzare il messaggio ed estrinsecare la visione.
E’ inopportuna e complessa la definizione di un genere musicale che non intende porsi limiti e confini ma solo piena libertà espressiva.

iye Come siete approdati su Argonauta ?

Il signor Lucisano, persona conosciuta da tempo come dedicata ed appassionata, ha dimostrato interesse ed apprezzamento per il progetto.
Siamo onorati di questa collaborazione e siamo convinti che possa condurre a reciproche soddisfazioni.

iye Cosa vi aspettate dall’Argonauta Fest ?

L’Argonauta Fest vedrà l’uscita del nostro secondo lavoro Vox In Rama.
L’esibizione costituisce un momento cruciale di condivisione e scambio nel quale mostreremo uno dei molteplici volti del progetto.

iye Progetti futuri ?

Mantenersi vigili, attenti, scrupolosi nella ricerca e nella comprensione.
Meditare e contemplare l’intrinseca saggezza degli antichi Insegnamenti.
Procedere, umili ma fermi, lungo la via intrapresa con crescente lucidità di rappresentazione.

SEPVLCRVM_2015

Messa – Belfry

Belfry dà uno stato di calma quasi eterna, un punto distaccato dal quale osservare i nostri disperati affanni, una comoda nicchia nel fresco di un ghiacciaio morto da eoni.

Incredibile debutto per questo gruppo italiano, doom con fortissime influenze anni settanta, droni possenti e volanti, il tutto fatto benissimo.

Disco per fortuna inconsueto e fuori dall’ordinario per questo gruppo nato, composto da musicisti dai più disparati bagagli musicali, dal black metal al grind, dal prog al dark ambient, al doom. Tutto ciò porta ad un risultato strabiliante per un gruppo nuovo, dato che si è formato nel 2014. Il suono dei Messa sembra un rituale pagano molto oscuro e godibile, che cattura vari immaginari, nobilitato dalla voce di Sara, sacerdotessa che ci accompagna in questo viaggio agrodolce.
Tutte le canzoni sono diverse e raccontano una storia che si intreccia con suoni e visioni diverse. Belfry dà uno stato di calma quasi eterna, un punto distaccato dal quale osservare i nostri disperati affanni, una comoda nicchia nel fresco di un ghiacciaio morto da eoni. I Messa hanno il passo dei grandi gruppi, e grande scenicità musicale, come se fossero stati portati nel mondo reale da Dario Argento in persona, perché per tutto il disco aleggia questo sentimento di horror anni settanta all’italiana. Differenti visioni musicali si amalgamano per un risultato straordinario.

TRACKLIST
1- Alba
2- Babalon
3- Fårö
4- Hour Of The Wolf
5- Blood
6- Tomba
7- New Horns
8- Bell Tower
9- Outermost
10- Confess

LINE-UP
Mark Sade: guitar/bass/ambient
Sara: Voice.
Mistyr : drums.
Albert: lead guitar

MESSA – Facebook

Blackwood – As the world rots away

Elettronica e noise, rumori e silenzi in negativo, riverberi maledetti e tanto altro, quello dei Blackwood è un disco importante, intimo e allo stesso tempo catartico e malevolo dannatore.

Odio, fastidio, dolore, paura, non adatto, inabile, coltelli sulla gola, fitte dietro il cuore.

Suoni e rumori instabili, graffianti e pesantemente e diversamente vivi, ecco a voi anime belle il debutto dei Blackwood su Subsound Records . Tutto ciò è opera del cervello e del corpo di un uomo solo, Eraldo Bernocchi, sperimentatore ed agitatore sonoro da tanto tempo in corsa verso le nostre orecchie. Dal drone, all’industrial, da cose in quota Sunn O))) ad altre prettamente ansiogene, questo disco ha un raggio d’azione ampissimo ma è claustrofobico come una panic room economica. Si rimane rasenti al suolo, per evitare i demoni interiori che Bernocchi ci e si scatena contro. Il suono è pesante, intermittente e curatissimo, una presa di posizione geometrica contro il nulla che ci avviluppa, la colonna sonora dei nostri fallimenti e dei nostri ancora più miseri tentativi. Elettronica e noise, rumori e silenzi in negativo, riverberi maledetti e tanto altro, As the world rots away è un disco importante, intimo e allo stesso tempo catartico e malevole dannatore. Davvero un debutto incredibile per una nuova avventura di un musicista che ha tanto da dire.

TRACKLIST
1.Breaking God’ Spine
2.Santissima Muerte
3.Sodom
4.Purtridarium
5.Vulture
6.Unrecoverable Mistakes

LINE-UP
Eraldo Bernocchi: electronics, guitars.
Jacopo Pierazzuoli: live drummer.

BLACKWOOD – Facebook

Morgengruss – Morgengruss

Marco Paddeu centra perfettamente il bersaglio dando vita ad un disco clamoroso, denso ed etereo allo stesso momento, forte nella sua cristallina leggerezza, acido nella semplicità di slegare la chimica delle cose e dei suoni, e bello come un raggio del sole che bacia senza scottare.

In un giardino vicino al mare, un petalo ricade sul selciato dopo essere stato trasportato dal vento, il mare sussurra una litania mentre il resto è immoto, fuori dalla calca.

Questa è solo una delle immagini che evoca questo disco, un gioiello di lentezza e ricercatezza, di labor limae e di perfetto equilibrio fra tutti gli elementi. Morgengruss ricorda molto Warren Ellis, ma è ancora più ispirato e potente in alcune sue immagini, concependo un disco abbagliante nel suo sole soffuso, nel suo vivere di immagini riflesse e di tocchi leggeri di una madre preoccupata, mani sulle spalle di amanti già lontani. Raramente si ascolta musica che tocca così dentro. Morgengruss bisogna ascoltarlo non al massimo del volume, ma secondo quello che vuole il nostro orecchio.
Morgengruss è musica che scorre respirando insieme ai nostri polmoni, e nel mondo fisico risponde al nome di Marco Paddeu, anche in Demetra Sine Die e Sepulcrum, di cui presto uscirà il disco di debutto. Marco centra perfettamente il bersaglio dando vita ad un disco clamoroso, denso ed etereo allo stesso momento, forte nella sua cristallina leggerezza, acido nella semplicità di slegare la chimica delle cose e dei suoni, e bello come un raggio del sole che bacia senza scottare.
Registrato e mixato da Emi Cioncoloni al El Fish Studio di Genova, la fotografia e gli interni sono curati da Alison Scarpulla, fotografa americana già con Wolves In The Throne Room ed altri. Di questo capolavoro verranno pubblicate 100 copie in vinile trasparente e 200 copie in vinile nero.

TRACKLIST
1.Father Sun
2.To an isle in the water
3.River’s call
4.Apparent motion
5.Like waves under the skin
6.Vena
7.Hope

LINE-UP
Marco Paddeu

MORGENGRUSS – Facebook

Flegethon – Cry of the Ice Wolves III

Chi predilige l’ambient nelle sue sembianze più oscure potrebbe gradire non poco.

Flegethon è un nome che agita la scena russe del doom più estremo fin dall’inizio del secolo e Cry of the Ice Wolves III è addirittura il nono full length uscito sotto questo marchio.

Nata come duo, dopo l’uscita di De’Meon dal 2003 la band è di fatto un progetto solista guidato da Oden. L’album preso in esame costituisce la terza ed ultima parte del concept formato dal brano omonimo presente nell’album d’esordio The Last Stage of Depression e dall’altro lavoro su lunga distanza, Cry of the Ice Wolves II del 2007.
Rispetto all’ambient drone piuttosto tetragono di quell’opera passato, Oden in quest’occasione lascia spazio a spiragli di melodia che accompagnano piacevolmente la monotraccia fino al suo epilogo: i suoni appaiono molto più curati ed il soffocante senso di minaccia dell’episodio II viene rimpiazzato da un’irrequietezza che monta lentamente ed inesorabile come una marea.
Grazie a ciò questa mezz’ora di musica mostra più i pregi che non i difetti dello specifico sottogenere, riuscendo nell’impresa di non annoiare, avvolgendo invece l’ascoltatore con un flusso sonoro continuo ma dai tratti lineari e riconoscibili.
Se viene parzialmente meno la vis sperimentale che animava i passati lavori, Cry of the Ice Wolves III si rivela comunque un’opera matura e competitiva, sia pure nel suo ristretto ambito stilistico; in particolare, chi predilige l’ambient nelle sue sembianze più oscure potrebbe gradire non poco.

Tracklist:
1. Cry of the Ice Wolves III

Line-up:
Oden

OvO – Averno / Oblio

Ritornano gli abissi sonori di uno dei migliori gruppi italiani che ripesca due eccellenti pezzi dalle sessioni di registrazione del suo ultimo album.

Ritornano gli abissi sonori di uno dei migliori gruppi italiani che qui ripesca due eccellenti pezzi dalle sessioni di registrazione di “Abisso”.

Continua la discesa del magnifico duo Dorella – Pedretti verso gli inferi, con due brani davvero oscuri e preoccupanti.
Il primo, Averno, è proprio quello che sembra già dal titolo e proprio il lago dell’Inferno è il luogo dove ci porta il ritmo marziale e sincopato della canzone, con una voce satanica che ci guida in mezzo ai fumi.
Il secondo, Oblio, è un pezzo che spiega benissimo ciò che gli  OvO sono ora: un grande gruppo che fa molto bene musica che nessun altro suona.
Nelle loro composizioni ci sono droni, loops, atmosfere molto piene e vuoti lancinanti, si sente anche l’indiscutibile attitudine metal di Dorella.
Addirittura Oblio potrebbe essere un pezzo dei Sunn O))), e uno dei migliori anche.
Corpoc rilascia questi due pezzi in un vinile serigrafato e a tiratura limitata, oppure in download.
Scendere a sud del paradiso è piacevolissimo.

Tracklist:
1. Averno
2. Oblio

Line-up:
Bruno Dorella – tamburi, E-pad, synth
Stefania Pedretti – voce e chitarra

Riccardo Gamondi – estratti sonori

OvO – Facebook

Abbotoir – Reclaim

Una proposta migliorabile ma che già oggi risulta sicuramente intrigante oltre che coraggiosa.

I nord irlandesi Abbotoir propongono una forma di funeral lontano da qualsiasi ammiccante forma di melodia e ciò, ovviamente, non ne aumenta l’appeal nei confronti di chi segue il genere in maniera marginale.

Reclaim è il titolo di questo Ep, costituito da un unico brani di circa 26 minuti (Descension), che arriva dopo il full-length d’esordio uscito lo scorso anno; stilisticamente il trio di Belfast si colloca dalle parti di un act come i Bosque, ponendosi quindi alla ricerca costante di sonorità disturbanti grazie al massiccio contributo di elementi ambient-drone.
La reiterazione pressoché ininterrotta di un riff di volta in volta accompagnato da effetti elettronici, inclusa una drum-machine e una voce filtrata, potrebbe far pensare a un qualcosa di terribilmente noioso e, oggettivamente, il rischio esiste, stante la mancanza di uno sviluppo armonico capace di restare memorizzato in qualche modo nella mente dell’ascoltatore.
Ma, se vogliamo, proprio l’apparente freddezza del sound, che pone gli Abbotoir nella posizione privilegiata di distaccati osservatori delle miserevoli vicende umane, si rivela un elemento caratterizzante capace di provocare quello straniamento che è sicuramente uno degli obiettivi della band britannica.
Un produzione volutamente intrisa di riverberi ed un sound che definire ossessivo è un eufemismo, rendono oggettivamente complessa la fruizione di Reclaim, fornendo la sensazione che talvolta gli Abbotoir travalichino quel labile confine posto tra la sperimentazione e l’autocompiacimento.
E, in effetti, a partire dal minuto 19, Descension offre quei minimi appigli, che fino a quel momento aveva pervicacemente negato, mostrando parvenze infinitesimamente umane ed è proprio su questo lato della proprio sound che gli Abbotoir potrebbero maggiormente insistere in futuro, per migliorare ulteriormente una proposta che già oggi risulta sicuramente intrigante, oltre che coraggiosa.

Tracklist:
1. Descension

Line-up :
_ – Bass
J – Guitars
D – Vocals

ABBOTOIR – Facebook

Malasangre – Lux Deerit Soli

“Lux Deerit Soli” è un’esperienza sonora che chiunque ami immergersi in atmosfere oscure e pervase da autentica sofferenza deve affrontare senza indugi.

Un bel viaggio agli inferi senza biglietto di ritorno è forse ciò che davvero ci serve per esorcizzare una realtà paradossalmente ancora più cupa di quella dipinta dai Malasangre, ma che continuiamo bellamente a ignorare “facendo finta di essere sani”

Lux Deerit Soli non cerca di indorarci la pillola nemmeno per un attimo, con la sua miscela soffocante di funeral e drone alla quale un cantato di chiara matrice black fornisce un ulteriore elemento letale.
L’incedere lento, quasi esasperante delle due pachidermiche tracce Sa Ta e Na Ma, entrambe dalla durata superiore alla mezz’ora, sono un autentica prova di resistenza per chiunque tenti di approcciarle ma, quando si giunge al termine dell’ascolto, la soddisfazione che si prova è direttamente proporzionale all’impegno profuso.
Descrivere in maniera organica un monolite sonoro di tale portata è un esercizio complesso: come termine di paragone può rivelarsi utile una comparazione con il recente “Munus Solitudinis” dei Krief de Soli, che al confronto, in certi frangenti, potrebbe apparire quasi “orecchiabile”…
I Malasangre, infatti, scarnificano fino all’osso la materia funeral e, scientemente, evitano di ricorrere ai lugubri intermezzi tastieristici, che spesso altre band utilizzano per dare un minimo di respiro alle proprie composizioni, ottenendo così un effetto magmatico e annichilente allo stesso tempo.
La band italiana ritorna con questo terzo full-length a ben sette anni di distanza dal precedente, offrendoci un lavoro dall’enorme valore oltre che un raro esempio d’integrità artistica e, perché no, di coraggio nel proporre una musica che, inevitabilmente, sarà sempre e comunque appannaggio di un limitato numero di persone dotate di particolare sensibilità.
Lux Deerit Soli è un’esperienza sonora che chiunque ami immergersi in atmosfere oscure e pervase da autentica sofferenza deve affrontare senza indugi.

Track-list :
1. Sa Ta
2. Na Ma

Line-up :
NC-9.5 – Bass
FH-37 – Drums, Samples
TK-7.8 – Guitars
VP-33 – Guitars, Samples
EM-00 – Vocals