Dirty Shirt – FolkCore DeTour

Una grande festa dal vivo di metal e di folk romeno, una gioia per le orecchie e per le gambe.

Un progetto musicale davvero interessante, già bello sulla carta, che poi diventa un qualcosa di bellissimo nella pratica, e soprattutto nella musica.

I Dirty Shirt sono un gruppo romeno di metal moderno molto fresco e conosciuto in patria, ma hanno anche girato fuori dalla loro nazione. Questo disco dal vivo è il risultato di una trionfale tournée in patria con l’Ansamblul Transilvania, un’orchestra di folclore della Transilvania, la splendida regione romena che è diventata famosa come patria del Conte Dracula, ma che è molto più di quello. L’unione dei due gruppi riesce benissimo, come si può ascoltare nel disco, che è un perfetto esempio di come due flussi di energia in apparente contraddizione abbiano invece tante cose in comune ed insieme ne escono entrambi potenziati. La forza dei Dirty Shirt sta nella loro capacità di creare groove metallici freschi e potenti, di grande forza dal vivo. L’orchestra transilvana porta nel loro suono una ventata di folclore romeno che è già molto metal di par suo. Il concerto vive di momenti anche molto differenti fra loro, con un pubblico trascinato dai gruppi e trascinante di per sé, che diventa esso stesso un’entità ben precisa che partecipa al concerto. Stupisce la nuova veste dei brani dei Dirty Shirt e gli arrangiamenti dell’Ansamblul Transilvania che sono molto azzeccati e calzano a pennello. Metal e folk verace vanno perfettamente a braccetto, e come in una osmosi si scambiano reciprocamente vita e fluidi, creando una nuova entità totalmente inedita e molto potente, che ha nella dimensione live la sua ragion d’essere. Da tempo non si ascoltava un disco così potente dal vivo, caldo ed interessante in ogni suo frangente. Questo lavoro è stato pianificato e preparato nei minimi dettagli, e ciò si evince nella cura riposta e nell’andare oltre i propri limiti. FolkCore DeTour è un disco che mostra un percorso mai battuto in precedenza dal metal romeno, e che lascia davvero una grande gioia dentro e dietro di sé. L’album è molto divertente e non si riesce a stare fermi mentre lo si ascolta: il progetto è perfettamente riuscito, anzi è andato oltre le più rosee aspettative.

Tracklist
1. Rapsodia Romana
2. Ciocarlia
3. Moneyocracy
4. Dulce-i Vinu’
5. Cobzar
6. Ride
7. Freak Show
8. UB
9. Balada
10. Manifest
11. Rocks Off
12. My Art
13. Dirtylicious
14. Hungarian Dance No.5
15. Mental Csardas
16. Hotii
17. Maramu’
18. Calusarii
19. Saraca Inima Me
20. Bad Apples

Line-up
Dan «Rini» Craciun : vocals
Robert Rusz : vocals
Mihai Tivadar : keys, guitars
Cristian Balanean : guitars
Dan Petean : guitars
Pal Novelli : bass
Vlad «X» Toca : drums
Cosmin Nechita : violin

DIRTY SHIRT – Facebook

Bark – Like Humans Do

Like Humans Do si salva per un’attitudine rock’n’roll che tiene viva (almeno per un po’) l’attenzione dell’ascoltatore, grazie alle devastanti prime sette tracce che formano una prima parte abbastanza esplosiva.

Attivi da appena due anni, tornano con il secondo lavoro sulla lunga distanza i furiosi Bark, entità metallica in quel Antwerp, Belgio.

Il quintetto quindi regala un successore all’ep omonimo uscito nell’anno di inizio attività e del primo full length, Voice Of Dog, licenziato lo scorso anno.
Il loro sound è un groove thrash metal, potenziato dal iniezioni di hard rock ‘n’ roll come San Lemmy ha insegnato con i suoi Motorhead, reso ancora più potente e mastodontico da ritmiche grasse e furia che si avvicina in alcuni casi all’hardcore.
Con il cantante che urla nel microfono come se non ci fosse un domani e nessun accenno al minimo rallentamento se non per fare ancora più male, la musica del combo belga si potrebbe descrivere come un incrocio tra Pantera, Motorhead e Down in versione hardcore e dalle molte ripartenze che sfiorano il thrash moderno: un muro sonoro che alla lunga stanca un po’, per una monotonia di fondo che fa di quest’opera un lavoro ad uso e consumo degli amanti del groove metal portato all’estremo.
Like Humans Do si salva per un’attitudine rock’n’roll che tiene viva (almeno per un po’) l’attenzione dell’ascoltatore, grazie alle devastanti prime sette tracce che formano una prima parte abbastanza esplosiva.
Col passare del tempo cala la tensione e l’album si trascina fino alla fine lasciando qualche perplessità ed un giudizio che non va oltre una abbondante piena sufficienza.

Tracklist
1. It’s All In Your Head
2. Aftermath
3. Last Man Standing
4. Hollow Words
5. Cannibal Law
6. My Heart Is A Bone
7. Like Humans Do
8. A Tribute To San La Muerte
9. Freedom To Hate
10. Wild Thing
11. Dog Life
12. No Shelter
13. Speak To The Dead

Line-up
Ron Bruynseels – vocals
Martin Furia – guitars
Rui da Silva – guitars
Jorn Van der Straeten – bass
Ward Van der Straeten – drums

BARK – Facebook

Obese – Anamnesis

Una delle tante sensazioni suscitate da questo disco è il piacere di ascoltate qualcosa di veramente originale che troppo spesso ci viene negato da un’eccessiva standardizzazione.

Gli Obese sono un gruppo di blues, solo che il loro blues è pesantissimo e tocca tanti altri generi.

Il secondo disco degli olandesi Obese riesce a migliorare il primo e già ottimo Kali Yuga, uscito su Argonauta Records nel 2015. Gli Obese sono un gruppo di una potenza incredibile, riescono a rendere fisica la loro musica, dandole un peso specifico che va in tutte le direzioni, le canzoni si sviluppano in maniere inconsuete, si accomodano dentro di noi come un liquido che occupa un solido. Anamnesis è un disco che non si ascoltava da tempo nell’ambito della musica pesante, proprio perché è un assalto totale e improntato al groove, scavallando il discorso dei generi. Un grande contributo è stato sicuramente portato dal nuovo cantante Vladimir Stevic, che ha una voce da misurare in megatoni, tanta è la sua potenza ed ampiezza. Le canzoni sono battaglie di note e distorsioni, e si viene sballottati come dentro ad un bidone che cade giù da un dirupo. Ci sono momenti in cui, come in una strada immersa nella nebbia, non si sa cosa venga dopo, ma ciò che segue è sempre qualcosa di bellissimo. Una delle tante sensazioni suscitate da questo disco è il piacere di ascoltate qualcosa di veramente originale che troppo spesso ci viene negato da un’eccessiva standardizzazione. Anche la produzione fa una parte importante perché riesce a cogliere al meglio questo suono fortemente originale ed abrasivo. Psichedelia, blues, stoner, psot metal, rock, e tanto tantissimo altro, ma soprattutto un qualcosa di fortemente strutturato e nuovo. Un disco che è un’esperienza sonora vera e propria.

Tracklist
1. Agony
2. Dunderhead
3. Mother Nurture
4. Anthropoid
5. Human Abstract
6. Ymir
7. Behexed
8. Psychic Secretion

OBESE – Facebook

Wormwitch – Strike Mortal Soil

Strike Mortal Soil è un album che convince nel corso dei suoi quaranta minuti intensi, feroci e che non lasciano tregua al rachide cervicale.

Un paio di anni fa abbiamo fatto la conoscenza di Colby Hink, musicista canadese alle prese con una notevole interpretazione del black metal atmosferico con il suo progetto solista Old Graves.

Lo ritroviamo oggi alla guida di un ben più incalzante trio denominato Wormwitch e dedito ad una versione del genere ben più movimentata e definibile, a grandi linee, come black/death n’roll, risultando un potenziale crocevia dove gli Entombed “wolveriniani” incontrano gli ultimi Satyricon e Darkthrone e, tutti assieme, omaggiano doverosamente i Motorhead.
Al di là delle sensazioni più o meno soggettive che Strike Mortal Soil possa lasciare nell’ascoltatore, è fuor di dubbio che questo primo full length dei Wormwitch sia una buonissima esecuzione di uno stile che rifugge i fronzoli e va dritto all’obiettivo, grazie al suo carico di groove e ad una notevole prova d’assieme, con il ringhio del bassista Robin Harris ad imperversare lungo tutta la durata del lavoro ed un Hink che lascia da parte i delicati arpeggi della sua veste solista per sfornare riff ficcanti a getto continuo, sorretto anche dal lavoro percussivo di un bravo Cam Sauders.
Quaranta minuti intensi, feroci e che non lasciano tregua al rachide cervicale, salvo qualche mortifero rallentamento piazzato qua e là: Strike Mortal Soil è un album che convince, trovando la sua probabile punta in Everlasting Lie, non a caso la traccia scelta per essere abbinata ad un video, ma con tutti gli altri nove brani collocabili tranquillamente su uno stesso apprezzabile livello.

Tracklist:
1. As Above
2. Howling From the Grave
3. Weregild
4. Even the Sun Will Die
5. Relentless Death
6. Cerulean Abyss
7. Everlasting Lie
8. …And Smote His Ruin Upon the Mountainside
9. Mantle of Ignorance
10. So Below

Line up:
Colby Hink – Guitar
Robin Harris – Bass/Vocals
Cam Saunders – Drums

WORMWITCH – Facebook