Evilgroove – Cosmosis

Cosmosis erutta dieci brani di hard groove rock, la voce alla Zakk Wilde accompagna ritmiche ipnotiche, chitarre piene tra scariche metalliche, atmosfere southern e grunge rock.

C’è né voluto di tempo, ma alla fine anche gli Evilgroove arrivano al traguardo del primo lavoro sulla lunga distanza grazie alla nostrana Atomic Stuff.

Attivi sotto il monicker di Sunburn dal 1997 in quel di Bologna, Daniele “Doc” Medici alla chitarra, Matteo “Matte” Frazzoni al basso e Luca “Fraz” Frazzoni alla voce, dopo un paio di demo nel 2005 cambiano il nome in Evilgroove, prendendo parte a varie compilation e tributi.
Il 2014 è l’anno dell’entrata in formazione del batterista Christian “Sepo” Rovatti , e un paio di anni dopo iniziano a lavorare a Cosmosis, album che ci fa tornare indietro fino ai primi anni novanta, tra metal e grunge, hard rock e groove metal tra Pantera e Black Label Society, insomma una goduria per gli amanti del rock americano con il quale abbiamo attraversato l’ultimo decennio del secolo scorso.
I primi anni novanta per molti sono stati un periodo di vacche magre per l’heavy metal, mentre il grunge, l’alternative ed il metal estremo seminavano per raccogliere i frutti artistici tra crossover, nuove tendenze e voglia di mettersi in gioco.
Con il successo della musica di Seattle il rock americano ha vissuto un periodo d’oro, non solo per merito delle truppe del grunge: Corrosion Of Conformity, Tool, Black Label Society sono realtà che poco hanno a che fare con le note create nella piovosa città dello stato di Washington, ma è indubbia l’importanza dei loro album per il metal/rock di quel periodo.
Oggi, chi segue le vicende intorno al rock raccoglie i frutti di quella semina, anche e soprattutto per merito della scena underground colma di band che, ispirate dal suono di quello splendido periodo, creano lavori intensi e sopra la media.
E gli Evilgroove, con Cosmosis, fungono da perfetto esempio, proponendo un lavoro che trae ispirazione dai gruppi di cui si accennava in precedenza, dunque non un lavoro che brilla per originalità (ma chi di questi tempi, suonando hard rock chi può vantarsene?), bensì un ottimo album hard rock/metal con tutti i crismi per soddisfare gli amanti dei suoni americani.
Cosmosis erutta dieci brani di hard groove rock, la voce alla Zakk Wilde accompagna ritmiche ipnotiche, chitarre piene tra scariche metalliche panteriane, atmosfere southern tra Corrosion Of Conformity e Black Label Society e grunge più vicino ai Soundgarden che ai Nirvana, tanto per ribadire che qui si fa hard rock, alternativo quanto si vuole ma con i piedi ben piantati nel genere.
I brani meriterebbero tutti una menzione ma, oltre a ricordarvi le portentose Locusta, I The Wicked e Soul River, vi invito semplicemente a far vostro Cosmosis senza indugi.

TRACKLIST
01. Turn Your Head
02. Lucusta
03. Space Totem
04. I, The Wicked
05. Kick The Can
06. Physalia
07. Voodoo Dawn
08. Soul River
09. What I Mean
10. Cosmosis

LINE-UP
Daniele “DOC ” Medici – Guitar
Matteo “MATTE” Frazzoni – Bass
Luca “FRAZ” Frazzoni – Vocals
Christian Rovatti – Drums

EVILGROOVE – Facebook

Crossbones – WWIII

WWIII è un disco che convince e che fa venire voglia di sentirlo più volte, perché qui dentro c’è il vero metal, quello fatto con passione e olio di gomito, senza nascondersi dentro una tastiera o con effetti particolari.

I Crossbones sono semplicemente il primo e tuttora il migliore gruppo metal albanese, ed ascoltando WWIII il motivo lo capirete facilmente.

Il loro thrash con inserti di groove metal crea un suono molto interessante, con canzoni ben composte e passaggi sonori vari ed azzeccati. Questo disco, mixato e masterizzato da Tommy Talamanca ai Nadir Studios, è il primo prodotto in un certa maniera nella più che ventennale carriera dei Crossbones, dato che sono nati nel 1996 e nel 1997 hanno prodotto il primo disco metal albanese, Days Of Rage, ancora oggi insuperato pilone della storia del metal e del rock in Albania. Ai Crossbones non basta però fare la storia perché vogliono continuare a produrre ottimo metal, come avviene in questo caso. Le architetture sonore sono abbastanza complesse e rendono le canzoni stratificate, con un percorso che porta le melodie in primo piano, mentre la pesantezza del suono è molto ben bilanciata, grazie anche al notevole lavoro di Tommy Talamanca, ma le basi ci sono tutte. Suonano più freschi ed interessanti i Crossbones che tanti altri gruppi molto più giovani, ma anche maggiormente stereotipati e noiosi. WWIII è un disco che convince e che fa venire voglia di sentirlo più volte, perché qui dentro c’è il vero metal, quello fatto con passione e olio di gomito, senza nascondersi dentro una tastiera o con effetti particolari: un lavoro ben fatto, complesso senza essere difficile, e ha quel sentire che i metallari capiscono al volo e che fa del metal una delle cose più belle sul globo terracqueo. I ragazzi dall’Albania saranno in questi giorni insieme ai Septem in tour, due gruppi da seguire senz’altro, anche dal vivo.

TRACKLIST
1. I’m God
2. Gates of Hell
3. Gjallë
4. WTF
5. Messing with the Masses
6. Schizo
7. Rise
8. You Fool
9. That Kind of Feeling
10. I’m God, Pt. 2

LINE-UP
Ols Ballta – vocals
Theo Napoloni – drums
Ben Turku – guitars
Klejd Guza – bass

CROSSBONES

tps://www.youtube.com/watch?v=ye69hCwHxRE

Stillborn Slave – 7 Ways To Die

Ennesimo gran disco di metal dalla Francia, gran bel suono potente e pieno, e si aspetta già la prossima puntata.

Disco d’esordio per questo gruppo francese di Brive La Gallarde che ha molte influenze ed un bel suono granitico, con un gran groove.

Gli Stillborn Slave hanno rielaborato secondo il loro gusto le nuove tendenze del metal, includendo anche un tocco hardcore. La produzione molto accurata riesce a far risaltare un suono che è moderno e dinamico, ma non perde le caratteristiche di cattiveria e potenza, ha risvolti metalcore, ma è maggiormente hardcore, perché la fiamma che brucia all’interno del gruppo è questa, con una importante attenzione al death metal, come le due voci in clear ed in growl, che giovano molto al loro suono. Sette pezzi che faranno la felicità degli amanti delle nuove sonorità metalliche, ma che piacerà molto anche a chi è più grande. Gli Stillborn Slave sono un gruppo completo e potente, molto tecnico e versatile, nato con l’intenzione di fare musica potente e ci riescono benissimo. Ennesimo gran disco di metal dalla Francia, gran bel suono potente e pieno, e si aspetta già la prossima puntata.

TRACKLIST
1.Two Worlds
2.Fiends
3.Fallen Empire
4.The End Of Everything
5.I Spit On Your Grave 00:30
6.When Sheep Become Lion
7.You Stand Alone

LINE-UP
Kronar : Vocals
Jeff : Bass Guitar
James : Drums
Nicolas : Rythm And Lead Guitar
Romain: Rythm And Lead Guitar & Back Vocal

STILLBORN – Facebook

Sinatras – Drowned

Il gruppo fondato da Emanuele Zilio, composto da musicisti dalla provata esperienza, non solo conferma quanto di buono era stato fatto con il precedente lavoro ma, passando al livello successivo, offre agli amanti del genere un gioiello di death metal contaminato da rock ‘n’ roll.

Il 2017 si annuncia come anno di ritorni e conferme nella scena underground nazionale, le prime avvisaglie arrivate sul finire dello scorso anno e un inizio scoppiettante in questi primi giorni del nuovo, fanno pensare ad un’altra ottima annata per il metal tricolore.

Puntuale, la famiglia Logic Il Logic/Atomic Stuff immette sul mercato il primo lavoro sulla lunga distanza dei Sinatras, gruppo vicentino apparso sulle pagine di Iyezine nel 2015, quando il primo ep di sei brani (Six Sexy Songs) diede il buongiorno agli amanti del death ‘n’ roll.
Il gruppo fondato da Emanuele Zilio, composto da musicisti dalla provata esperienza, non solo conferma quanto di buono era stato fatto con il precedente lavoro ma, passando al livello successivo, offre agli amanti del genere un gioiello di death metal contaminato da rock ‘n’ roll, scariche adrenaliniche di groove e leggermente stonerizzato, quel tanto che basta per sfondare crani e non solo a chi con queste sonorità si sazia abitualmente.
Drowned, infatti ha nel songwriting l’arma in più per lasciare a terra decine di cadaveri travolti dall’impatto irresistibile dei brani in scaletta, che non scendono mai neppure per sbaglio sotto l’eccellenza.
Come scritto in sede di recensione dell’ep, il sound dei nostri risulta un mix tra gli Entombed dello storico Wolverine Blues ed i Pantera, il tutto centrifugato a pazza velocità con dosi letali di groove ed una predisposizione per il rock’n’roll che, per impatto ed attitudine, non possono che far pensare al compianto Lemmy ed i suoi Motorhead.
La title track parte come un razzo Acme alla ricerca di Beep Beep e l’esplosione di note continua per tutta la durata del disco, con 24/7 studiata per fare male in sede live, Something to Hate che sfodera ritmiche da infarto, e la pazzesca cover di You Spin Me Round dei Dead Or Alive, qui chiamata You Spin Me Round (Like A Record), la velocissima ed irriverente Miss Anthropy e la conclusiva Spiral Hell, ma è tutto l’album, come detto, che si rivela nel genere un lavoro perfetto.
Nella scena attuale l’unica band che mi sento di paragonare a questi fenomenali Sinatras sono i genovesi Killers Lodge, a formare una coppia d’assi di un modo di fare musica estrema che viene sicuramente enfatizzata dal talento dei musicisti coinvolti.

TRACKLIST
1. Drowned
2. 24/7
3. Cockroach
4. Something To Hate
5. Flow
6. You Spin Me Round) (Like A Record
7. Los 43
8. Miss Anthropy
9. Back In Frank
10. Blind Fury
11. Spiral Hell

LINE-UP
Fla Sinatra – Vocals
Lele Sinatra – Guitars
Minkio Sinatra – Guitars
Lispio Sinatra – Bass
Pisto Sinatra – Drums

SINATRAS – Facebook

Southern Drinkstruction – Vultures Of The Black River

I Southern Drinkstruction sono uno dei migliori gruppi nel loro genere e danno alle stampe un disco clamoroso, tanto semplice quanto difficile, ma questi ragazzi di classe ne hanno da vendere.

Dal 2007 questi ragazzi romani allietano le nostre orecchie con diversi massacri sonori, e questo disco è il modo migliore per festeggiare, un po’ in anticipo, dieci anni di sbronza attività.

Bisogna dire subito che questo è il loro disco migliore, in mezzo a prove già ottime, come tutti i loro lavori precedenti. Rispetto a questi ultimi i Southern Drinkstruction si sono ulteriormente induriti, e sono diventati più veloci, senza perdere un grammo della loro potenza, anzi accrescendola. Si è anche ampliato e di molto il loro spettro sonoro, rendendo ancora più efficace la capacità di far del male all’ascoltatore. Cosa ancora più importante, questo disco non vi farà stare fermi, con un’intensità degna delle sparatorie di Tex Willer e dei suoi pards. Non si scende mai da questo cavallo lanciato in corsa contro il mondo. Il gruppo è cresciuto molto e Vultures Of The Black River è un disco molto bello e pesante, con forti influenze southern, davvero un metal ben registrato e all’altezza o anche sopra a tanti nomi ben più blasonati. Questi romani hanno una potenza impressionante e soprattutto una capacità di dare sempre il massimo, dote in possesso di pochi. In questi ultimi tempi pochi dischi si fanno ascoltare più e più volte come questo, e ad ogni curva si vede un paesaggio nuovo, una nuova porzione di sangue e sabbia. I Southern Drinkstruction sono uno dei migliori gruppi nel loro genere e danno alle stampe un disco clamoroso, tanto semplice quanto difficile, ma questi ragazzi di classe ne hanno da vendere. Attenti alle vostre birre quando sono nei paraggi. Southern metal style.

TRACKLIST
1.Appetite For Drinkstruction
2.Elvis In Chains
3.Vultures Of The Black River
4.Ass Parking Bitch
5.Goatboy
6.Back To Kill You
7.Say My Name
8.Out For Blood
9.Bloody Stone
10.THUV

LINE-UP
Francesco Basthard – Vocals
Pinuccio Ordnal – Guitars
Carlo Zorro – Bass
Andrea Vagenius – Drums

SOUTHERN DRINSTRUCTION – Facebook

Unison Theory – Arctos

Ci sono molti gruppi che sono simili agli Unison Theroy ma molto pochi hanno la loro capacità compositiva e quell’impronta sonora che hanno solamente i grandi gruppi

Potenza e tecnica per questo debutto sulla lunga distanza degli Unison Theory, un gruppo davvero molto interessante.

La loro proposta sonora è un groove metal potente ed al di sopra delle maggioranza delle produzioni attuali. Il suono di Arctos è un possente monolite che al suo interno nasconde una miriade di stanze e cunicoli, dove gli Unison Thoery ci conducono per farci sentire il gelido soffio della potenza del loro suono. Il progetto Unison Theory ha subito diversi stop, dovuti ai purtroppo frequenti problemi di line up, ma Arctos è la migliore risposta a tutto ciò. Ci sono molti gruppi che sono simili ma pochi possiedono la loro capacità compositiva e quell’impronta sonora che hanno solamente i migliori. Ascoltando Arctos si comprende subito che siamo di fronte ad una band molto particolare e peculiare, che ha dalla sua davvero tanti pregi: nella loro musica si sente la vera passione per il metal e una continua ricerca sonora in questo ambito, che sta dando molti frutti. Un debutto davvero azzeccato e molto ma molto potente. Gli Unison Theory sono un gruppo che sta andando in una direzione ben precisa e che farà la gioia di molti.

TRACKLIST
1. DeepEye
2. Omega feat. Rafael Trujillo (Obscura)
3. Arrigetch: The Devil’s Passage
4. Project Shockwave feat. Tommaso Riccardi (Fleshgod Apocalypse)
5. Grendel
6. Level IV
7. Polar Sentinel
8. The Price Of Eternity

LINE-UP
Alexander Startsev – screams
Omar Mohamed – guitars
Simone Tempesta – drums

Marco Mastrobuono – bass guest

UNISON THEORY – Facebook

Peter Grusel und die Unheimlichen – Peter Grusel und die Unheimlichen

Un album che esalta, violento e rabbioso, puro metallo estremo moderno che, come una diga che cede, rovescia una devastante ondata di groove distruttivo e senza soluzione di continuità.

Certo che mi viene da ridere quando leggo di certi scienziati della carta stampata che non perdono l’occasione di attaccare l’underground, come se fosse un fastidioso effetto collaterale, sapendo benissimo che senza il sottobosco metallico i primi a fare le valigie e tornare dai propri cari (come si dice dalle mie parti) sarebbero proprio loro.

A darmi la carica in questo calda e drammatica fine estate 2016, tanto da partire al contrattacco, è questa fenomenale band tedesca, dal nome che riprende un famoso programma per bambini della tv tedesca, con tutti i componenti del gruppo che assumono il nome di Peter Grusel, così da evidenziare il mood sarcastico della band, ma che quando parte con l’opener Piss Christ è un attimo rendersi conto che non scherzano affatto.
Modern death metal irrobustito da bordate di groove, una produzione esplosiva e un’attitudine hardcore che si schianta a trecento orari contro un muro di brutal death, questo risulta il primo danno ai padiglioni auricolari che i Peter Grusel und die Unheimlichen arrecano con il primo ed omonimo album, un massacro di violenza estrema convogliata in un sound che udite, udite ha nell’appeal il suo strepitoso punto forte.
Infatti i brani che compongono l’album oltre ad essere una lezione di groove, hanno nell’assimilazione istantanea la loro maggiore dote: i cinque Peter Grusel con in testa una sezione ritmica da manicomio ed un vocalist stratosferico nel suo rabbioso growl, tengono sotto tiro l’ascoltatore con i cannoni, pronti a far fuoco dal primo all’ultimo secondo dell’album.
Immaginatevi i Soil di Scars in versione brutal, o i Pantera con la fissa per il death metal e più o meno avrete un’idea di che cosa vi aspetta all’ascolto delle varie e tonanti Crawling The Shitpipe, Abbatoir, Cast Away e Scumfuck.
Un album che esalta, violento e rabbioso, puro metallo estremo moderno che, come una diga che cede rovescia una devastante ondata di groove distruttivo e senza soluzione di continuità, bellissimo.

TRACKLIST
1. Piss Christ
2. Broke
3. Crawling The Shitpipe
4. Jeffrey
5. Cast Away
6. Abattoir
7. Waste Of Skin
8. Junkie
9. The Vulture
10. Scumfuck
11. Slaughtering Sheep
12. Abattoir (live)

LINE-UP
Peter Grusel – Vocals
Peter Grusel – Guitars
Peter Grusel – Guitars
Peter Grusel – Bass
Peter Grusel – Drums

PETER GRUSEL UND DIE UNHEIMLICHEN – Facebook

Underdamped System – Phantom Pain

Un gigante elettrico che travolge a colpi di groove metal e che farà fumare i vostri impianti stereo dal primo all’ultimo brano.

La Polonia nel mondo del metal non è solo terra foriera di sonorità death/black, come in tutti i paesi del mondo le varie scene pullulano di realtà dalle più svariate influenze.

A confermare ciò la Metal Scrap licenzia il debutto di questi Underdamped System, al debutto con questo devastante e monolitico Phantom Pain.
Groove metal, industrial, melodie psichedeliche e disturrbanti compongono il sound del gruppo di Częstochowa, nato nel 2008 ed arrivato solo ora al traguardo del primo full length.
Il quintetto si nutre di queste sonorità con un approccio senza compromessi li colloca perfettamente tra i Pantera ed il sound di Meshuggah e gruppi affini.
Una bella mazzata direte voi, ed infatti Phantom Pain urla la sua rabbia contro il decadimento del genere umano a colpi di metallo cadenzato, pura lava dal groove pesantissimo, un bombardamento di note rese ancora più estreme da destabilizzanti esplosioni di riff secchi, una vena industriale che nelle ritmiche si trasforma in rotolanti pezzi di granito psichedelici, continuando il suo incedere verso la distruzione totale di menti travolte e spogliate da ogni certezza.
Le urla belluine di stampo hardcore convincono, in questo lavoro ci si aggira tra le periferie grigie di una Polonia rabbiosa, povera e lasciata allo sbando, la rabbia viene convogliata ed amplificata da tremende esplosioni di metallo che scintilla sbattuto in faccia ad un sistema nemico dell’uomo comune, sempre più belva assetata di sangue, bestia che fagocita vite lasciate a marcire tra i casermoni e strade lacerate dal disfacimento.
Un pesantissimo monolite che si abbatterà sulle vostre teste, una raccolta di brani dove tutto viene amplificato da un sound dall’enorme mole, un gigante elettrico che travolge a colpi di groove metal e che farà fumare i vostri impianti stereo dal primo all’ultimo brano.
Potenzialmente siamo al cospetto di un gruppo che nel genere saprà farsi valere; le band storiche sono ancora lontane, ma gli Underdamped System accorceranno sicuramente il gap, va solo dato loro il tempo.

TRACKLIST
1. Phantom
2. Prophecy
3. Abyssus
4. Legacy
5. Coffin (Lid Encryption)
6. Device
7. Wrath
8. Exile
9. Pain

LINE-UP
David – drums
Jaca – guitar
Marcin – guitar
Radek – bass
Kamil – vocals

UNDERDAMPED SYSTEM – Facebook

Grizzlyman – Grizzlyman

Le peculiarità dei Grizzlyman sono potenza, precisione e la fusione di un ottimo groove sonoro, con la capacità di bilanciare momenti più pesanti ad altri più melodici

Debutto per un gruppo svedese che gioca già ad un livello superiore, anche per la varietà del passato musicale dei componenti.

Questi ultimi provengono da gruppi underground svedesi come 12 Gauge Dead, Prowess e il gruppo hardcore Damage. Uniti questi gusti diversi il risultato è un ottimo ep di esordio di stoner, un tocco di sludge e tanta carica, con molte idee diverse dentro, da momenti che possono ricordare gli Earthtone9 a cose più simili a sfoghi stoner. Questi tre pezzi sono un’ottima introduzione ad una carriera che sembra molto promettente. Le peculiarità dei Grizzlyman sono potenza, precisione e la fusione di un ottimo groove sonoro, con la capacità di bilanciare momenti più pesanti ad altri più melodici, con belle melodie e fughe notevoli. Il gruppo inglese si cimenta in sinfonie di musica pesante, con grande gusto e capacità, avendo il passo dei fuoriclasse. La produzione è ottima, e mette in risalto al meglio le capacità di un grande gruppo. L’ep è una delle prime tre uscite della Third I Rex, nuova etichetta di Watford, da seguire assolutamente anche nelle prossime occasioni, che saranno assai interessanti. Un grande inizio, per scoprire il nostro lato animale.

TRACKLIST
1.Adrift
2.Last King
3.Beneath/Rebirth

LINE-UP
Joel Ekman – Bass/Vocals
Christopher Davis – Guitar/Vocals
Emanuel Enbäre – Drums

GRIZZLYMAN – Facebook

Harvest – Omnivorous

Il gruppo riesce a coinvolgere per mezzo di una carica esplosiva dal buon impatto, anche se si può certamente migliorare, visto le buone potenzialità ed i piccoli difetti riscontrabili di norma in un’opera prima.

Nel nostro girovagare tra le scene metalliche mondiali giungiamo a Panama e, nella capitale, incontriamo i deathsters Harvest.

Omnivorous è un ep di sei brani più intro, che segue la tradizione estrema aggiungendo tonnellate di groove ed un’urgenza hardcore, specialmente nel growl ed in qualche riff.
La principale influenza del gruppo centroamericano sono i primi Sepultura, ma la band si muove con sufficente disinvoltura tra varie correnti senza perdere un grammo nell’impatto pesantissimo che le chitarre sature di groove imprimono al sound.
Un sound che implode, mai troppo veloce ma sofferto e cadenzato , una rabbia che si muove tra le sonorità estreme del death metal classico e la travolgente monolicità dei suoni estremi moderni, colpendo al volto con forza micidiale.
Non varia di molto l’atmosfera delle tracce, tutte pesantissime mentre scorrono nel vostro lettore una più roboante dell’altra con Hellraiser e la title track (la prima dal mood apocalittico, la seconda più varia e sostenuta dagli interventi di una clean vocal) che risultano quelle più interessanti dell’intera raccolta.
Non male come inizio, il gruppo sa tenere alta la tensione e la rabbia sprigionata avvolge Omnivorous in un’aura di drammaticità congeniata a dovere per descrivere il caos che ci circonda in questo nuovo millennio.
Il gruppo riesce a coinvolgere per mezzo di una carica esplosiva dal buon impatto, anche se si può certamente migliorare, visto le buone potenzialità ed i piccoli difetti riscontrabili di norma in un’opera prima.
La band per il futuro potrebbe riservare qualche sorpresa, magari con una sterzata decisa verso sonorità moderne che potrebbe essere opportuna, vista la buona riuscita dei brani che più si avvicinano al sound proposto dalle groove metal band odierne.

TRACKLIST
1. Intro (Wicked Beauty)
2. Lavinia
3. Medusoide
4. King of Nothing
5. Hellraiser
6. Omnivorous
7. Letchworth Hell

LINE-UP
Jocelyn Amado – Drums
Jaime “Ricky” Moreno – Guitars
Ernesto Gómez – Vocals

HARVEST – Facebook

Bioscrape – Psychologram

Se amate i suoni metallici moderni e le sonorità core non perdetevi questo lavoro, i Bioscrape hanno armi affilate per farvi male.

Un disco che trasuda groove ed una insana carica hardcore, una pesante incudine che ingloba nella propria musica sfumature industriali, metal moderno ed un impatto core oscuro e devastante.

Questo in sintesi è Psychologram, secondo lavoro sulla lunga distanza dei Bioscrape, band italiana che costruisce un muro sonoro assolutamente indistruttibile.
Il successore di Exp.01, debutto licenziato nel 2012, conferma l’assoluta caparbietà del gruppo nel confezionare un prodotto estremo che si mantiene su coordinate metalcore, ma non risparmia all’ascoltatore bordate metalliche colme di groove, sfuriate al limite del thrash moderno ed una chiara ispirazione hardcore, racchiuso in un concept che richiama un futuro di distruzione in clima sci-fi.
E’ un’aggressione senza soluzione di continuità, con il growl rabbioso che passa da tonalità profonde care al death, ad urla in hardcore style, le ritmiche sanguinano groove, le chitarre taglienti sono cavi elettrici che balzano tra pozzanghere sporche di acqua putrida, mentre il grigio è il colore del mondo in cui si muove Psychologram.
Tecnicamente ineccepibili e con l’aiuto di Wahoomi Corvi che ha prodotto e mixato l’album ai Realsound Studio di Parma, i Bioscrape creano un album maturo e bilanciato tra i vari generi di cui si nutre, i brani che si mantengono monolitici, hanno in loro varie sfumature che li rende unici e che va dal thrash (Primordial Judge), alle variazioni ritmiche di Aliena, al metallo moderno di Cyber Hope, per non mancare di farci ascoltare elementi riconducibili al progressive death con Echo Silent, piccolo gioiello che risulta il miglior brano del lotto.
L’elemento core è chiaramente quello più distinguibile, ma viene manipolato dal gruppo con ottima conoscenza della materia ed un impatto e compattezza che sono i punti forti dei Bioscrape ed in generale di tutte le band alle prese con il genere.
Psychologram non mancherà di soddisfare i fans del gruppo, ma se amate i suoni metallici moderni e le sonorità core non perdetevi questo lavoro, i Bioscrape hanno armi affilate per farvi male.

TRACKLIST
01 – Primordial Judge
02 – Mechanical Providence
03 – Aliena
04 – Bioscrape
05 – Killer Collision
06 – Cyber Hope
07 – Astro Noise
08 – Echo Silent
09 – Vega Cospiration
10 – Psychologram

LINE-UP
V. – drums
J. – vocals
S. – guitar
P. – bass

BIOSCRAPE – Facebook

Delirant Chaotic Sound – The Ride Of Thanatos Ep

Interessante debutto su ep per questo gruppo milanese, dopo il demo Madness Under Skin.

Ad un primo distratto ascolto la loro proposta potrebbe sembrare metalcore, mentre invece andando avanti nell’ascolto ed eventualmente ripetendolo, si sentono molte cose dentro questo ep che stimola non poco la curiosità. La struttura delle canzoni dei Delirant Chaotic Sound è complessa e presenta vari livelli e diverse interpretazioni. Giova molto a questi ragazzi il fatto di aver trovato una valida voce femminile che risponde al nome di Margherita Andreolli, che ha spiccate doti, e forse in questo disco si contiene ancora un po’, mentre dovrebbe straripare. In gran forma è anche Marco Boccotti, voce maschile, che non fa da contrasto a Margherita, poiché ogni voce vive di vita propria e contribuisce a creare linee sinuose. Il gruppo crea ampie melodie e pezzi più serrati, lasciando un’ottima impressione, facendo capire quanta cura e preparazione vi sia dietro questi pezzi molto curati. Un debutto notevole, che lascia a questi ragazzi molte vie aperte, dato che nulla a livello compositivo è loro precluso, anche se sono un band metal e lo rimarranno sempre. Grande curiosità e voglia di mettersi in gioco per un gruppo che ha ottime potenzialità, ma soprattutto ha voglia di sperimentare e di spiazzare.

LINE-UP
Marco Boccotti – Voice
Margherita Andreolli – Voice
Daniel Tanzer – Guitar
Stefano D’Ambra – Guitar
Federico Medana – Bass
Davide Silva – Drums

DELIRANT CHAOTIC SOUND – Facebook

Revolution Within – Annihilation

Annihilation punta tutto sulla forza d’urto e non potrebbe essere altrimenti, le canzoni si succedono in un clima di efferata violenza e la band risulta compatta, una forza della natura tremendamente efficace.

Licenziano il terzo full length i Revolution Within, thrash metal band portoghese che si unisce alle truppe europee devote alla parte più moderna e groove del genere.

Nato più di dieci anni fa, il gruppo debuttò nel 2009 con Collision a cui seguì tre anni dopo Straight from Within a consolidare una formula confermata anche sul nuovo lavoro e che vede il quartetto alle prese con un thrash metal violentissimo, moderno e che non manca di far male con letali iniezioni di groove ed una predisposizione deathcore.
Quasi quaranta minuti senza prendere fiato, sopraffatti da una valanga di metal estremo che pur guardando alla parte moderna del genere rimane assolutamente senza compromessi.
Come in molte opere del genere si passeggia sulle macerie di una città distrutta, l’atmosfera che regna è di assoluta desolazione. come dopo la deflagrazione di un ordigno nucleare in un paesaggio devastato dalla furia dell’implosione.
Niente di nuovo ma dall’ottimo impatto alternando velocità e mid tempo dai rimandi core, pesantissimi e monolitici, con la voce che urla rabbiosa tutto il disagio possibile.
Annihilation punta tutto sulla forza d’urto e non potrebbe essere altrimenti, le canzoni si succedono in un clima di efferata violenza e la band risulta compatta, una forza della natura tremendamente efficace.
Grande prova delle asce che rifilano solos al limite, mentre la sezione ritmica si destreggia tra moderno groove e veloci sfuriate in un clima di torrido calore atomico.
Siamo come detto nell’area moderna del thrash metal e le influenze del gruppo portoghese si rifanno ai gruppi cardine del movimento come Machine Head, ultimi Sepultura, Killswitch Engage e Lamb Of God: dunque, se siete fans di questi gruppi e del genere descritto, Annihilation potrebbe essere l’ascolto di questa calda estate 2016.

TRACKLIST
1. Annihilation
2. A Fortress Around My Fate
3. Growing Inside
4. Countdown to…
5. Suicide Inheritance
6. From Madness to Sanity
7. Until I See the Devil Dies
8. Manhunt
9. Without a Reason for Denial
10. This Dying World

LINE-UP
Matador – Guitars
Raça – Vocals
Shaq – Drums
Adriano – Guitars
Jay – Bass

REVOLUTION WITHIN – Facebook

Forklift Elevator – Killerself

I Forklift Elevator si sono trasformati definitivamente in una macchina da guerra e questi sei pugni nello stomaco dimostrano che la strada è quella giusta.

Tornano i Forklift Elevator con questo nuovo ep, successore di quel Borderline, debutto sulla lunga distanza, molto apprezzato dal sottoscritto per un songwriting vario che amalgamava in una mistura esplosiva, attitudine hard rock e violenza thrash metal, il tutto supportato da una dose letale di groove che avvicinava il sound al moderno metal statunitense.

Killerself porta con sé importanti novità in seno alla band: intanto il buon Stefano Segato ha lasciato la sei corde in mano al nuovo arrivato, Uros Obradovic e ha preso posto dietro al microfono sostituendo il precedente vocalist (Enrico M. Martin), mentre il sound del gruppo ha abbandonato le atmosfere hard rock per tuffarsi nel groove metal irrobustito da abbondanti dosi di thrash metal moderno.
Prodotto ottimamente da Oscar Burato agli Atomic Stuff Recording Studios con l’aiuto di Mirco “SD” Maniero, Killersef letteralmente esplode in una valanga di sonorità moderne, violentissime e trascinanti, sei brani più intro che non lasciano spazio a facili melodie, ma aggrediscono con scariche metalliche, vere esplosioni di nitroglicerina, con una carica devastante.
Enorme il lavoro del vocalist, un animale ferito che urla, sbraita ma che dalla sua ha un carisma notevole e viene supportato dall’assalto sonoro che il gruppo confeziona come un pacco sospetto, pronto ad esplodere.
Nessuna ballad, oggi i Forklift Elevator si sono trasformati definitivamente in una macchina da guerra e questi sei pugni nello stomaco dimostrano che la strada è quella giusta.
Ritmiche irresistibili che passano da mid tempo potentissimi, a veloci ripartenze per poi sincoparsi, ricordando i Disturbed, mentre le sei corde tengono il sound ben incollato alle strade violente del thrash metal, che a tratti si insaporisce dell’aria salina della Bay Area e compongono questo massacro sonoro che non ha punti deboli.
Ed è per questo che Killerself è da sparasi tutto di un fiato, esaltandosi non poco alla tempesta di note che fuoriesce da Life Denied, The 8th Sin e dalla mostruosa I Executor.
Pantera, Disturbed, Soil, Exodus e Lamb Of God, la musica del gruppo padovano è un perfetto cocktail di questi ingredienti che vanno a formare un metal moderno dall’impatto devastante, aspettiamoci grandi cose, siamo solo all’inizio.

TRACKLIST
1. Life Denied
2. Bagger 288
3. The 8th Sin
4. Deception
5. Black Hole
6. I Executor
7. Hidden Side

LINE-UP
Stefano Segato – Lead Vocals
Uros Obradovic – Lead Guitar
Mirco Maniero – Rhythm Guitar
Marco Daga – Bass
Andrea Segato – Drums

FORKLIFT ELEVATOR – Facebook

Terrorway – The Second

The Second non mancherà di trovare nuovi estimatori al sound dei Terrorway, confermando il gruppo nostrano come una realtà consolidata dei suoni estremi dal taglio moderno

Nella scena italiana l’alto livello raggiunto dai gruppi dediti ai suoni metal/rock non fa più notizia, ogni genere può fare affidamento su un nugolo di artisti di tutto rispetto autori negli ultimi tempi di album che possono tranquillamente competere con i lavori dei gruppi stranieri.

Il confine tra le scene che pullulano nel nostro paese e quelle europee, a mio avviso non esiste più, cancellato appunto da questa invasione di opere dal taglio sempre più internazionale.
Un altro ottimo esempio risulta The Second, secondo lavoro sulla lunga distanza dei thrashers Terrorway, gruppo sardo in attività dal 2009 e con un ep (Absolute del 2010) ed un full length (il precedente Blackwaters uscito tre anni fa) alle spalle.
Thrash metal moderno potenziato da una cascata di groove, ritmiche violente, tanto metallo moderno ma anche atmosfericamente ben confezionato da una tragicità rabbiosa che coinvolge non poco.
Registrato presso i V-Studio di Cagliari e mixato e masterizzato da Jacob Olsen (Hatesphere, Moonspell, Born From Pain), The Second è un pesantissimo monolite di metal moderno, la band partita come realtà ispirata alle gesta di Meshuggah e Strapping Young Load, ha cercato in questo lavoro di prendere la propria strada e direi che senz’altro non ha fallito l’intento, mantenendo nei brani più violenti le caratteristiche peculiari del thrash/groove metal moderno, ma inserendo ottimi brani dove ricercate atmosfere intimiste ed oscure e drammatiche sfumature cyber variano e personalizzano il sound di The Second.
Metal estremo che chiamare adulto non è poi così lontano da quello che il gruppo ha cercato di esprimere, e brani come il capolavoro On The Edge, la death oriented Columns o la devastante accoppiata di modern thrash metal composta da Trails Of Ashes e The Wanderer, dimostrano su quante armi possono contare i Terrorway.
Grande il lavoro tecnico dietro ai ferri del mestiere con la sezione ritmica sugli scudi (Giovanni Serra al Basso e Cosma Secchi alle pelli) una sei corde che grida (bellissimi i lancinanti interventi solisti di Ivan Fois su T.F.B.T.M. altro brano top del disco) e Andrea Orrù che dietro al microfono sfodera una prestazione perfetta.
Da brividi i quasi tre minuti di Lights Turn Black che sfumano nella conclusiva Threshold Of Pain, un oscuro paesaggio di morte e distruzione, prima descritto da un’atmosferica base cyber/dark, poi violentata da frustate di thrash metal industrialoide ed altamente schizzato.
The Second non mancherà di trovare nuovi estimatori al sound dei Terrorway, confermando il gruppo nostrano come una realtà consolidata dei suoni estremi dal taglio moderno, come detto in apertura non solo sul suolo italico.

TRACKLIST
1. Under the Light of a Broken Down
2. Eye of the Sun
3. Torment
4. On the Edge
5. T.F.B.T.M. (The Face Behind the Mask)
6. Enter the Columns
7. Columns
8. Trails of Ashes
9. The Wanderer
10. Lights Turn Black
11. Threshold of Pain

LINE-UP
Cosma Secchi – Drums
Giovanni Serra – Bass
Ivan Fois – Guitars
Andrea Orrù – Vocals

TERRORWAY – Facebook

DevilDriver – Trust No One

I DevilDriver si confermano come una sicurezza nel genere e Trust No One non mancherà di fare proseliti tra gli amanti di queste sonorità

Tornano i DevilDriver dell’arcigno Dez Fafara, uno dei personaggi più veri dell’ultimo ventennio metallico statunitense, con i Coal Chamber prima e dal 2003 anche sul ponte di comando di questa temibile macchina estrema.

La band californiana è un rullo compressore, magari non potrà vantare il classico disco capolavoro, ma la sua discografia ha mantenuto nel corso degli anni e per ben sette full length una buona qualità sommata ad un impatto che si conferma di tutto rispetto anche su questo ultimo album, il secondo per Napalm Records.
In seno al gruppo non mancano novità importanti, infatti la line up è stata rivoluzionata di ben tre quinti, risparmiando solo il fido chitarrista Mike Spreitzer, ma il sound del gruppo non mancherà di far felici gli amanti dei classici suoni del nuovo millennio.
Trust No One, come i suoi predecessori, continua imperterrito a solcare la strada ormai battuta dal leader, i DevilDriver sono una perfetta macchina metallica che scarica, su pesantissime ritmiche core fumanti di groove, solos melodici che a tratti ricordano i gruppi melodic death metal scandinavi, con Fafara che sbraita rabbioso con la sua personale timbrica catarrosa e ruvida, forte di refrain che si avvicinano al new metal più pesante ed estremo.
E la macchina corre forte e veloce, fa spallucce ai problemi di line up, trova nuova benzina e nuove energie e, a fronte degli anni che passano, ci regala un ennesimo monolite di metallo estremo e moderno, cattivo e dannatamente coinvolgente, una bestia feroce che morde, azzanna, vi lacera le carni con le sue fameliche zanne, si nutre di possenti ritmiche e melodie chitarristiche oliate a dovere, per una tempesta di suoni e note metalliche.
Trust No One non porta nessuna novità sonora in seno al sound del gruppo statunitense, la formula ben collaudata ed il mestiere fanno di Testimony Of Truth, My Night Sky, l’esplosiva Daybreak e la conclusiva e devastante For What It’s Worth un’apoteosi di fughe in doppia cassa, laceranti solos, bombardamenti ritmici e sguaiati, violenti inni di rabbioso metallo.
I DevilDriver si confermano una sicurezza nel genere e Trust No One non mancherà di fare proseliti tra gli amanti di queste sonorità; gli anni passano ma l’energia e la rabbiosa attitudine rimangono le stesse e tanto basta, bravo Dez.

TRACKLIST
01. Testimony Of Truth
02. Bad Deeds
03. My Night Sky
04. This Deception
05. Above It All
06. Daybreak
07. Trust No One
08. Feeling Ungodly
09. Retribution
10. For What It’s Worth

LINE-UP
Dez Fafara – Vocals
Mike Spreitzer – Guitars
Austin D’Amond – Drums
Neal Tiemann – Guitars
Diego “Ashes” Ibarra – Bass

DEVILDRIVER – Facebook

Devolted – Broken Kings

Segnatevi il nome di questa band irlandese, al prossimo giro che si spera sulla ruota di un full length potrebbero regalare uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio metallici.

Secondo lavoro in formato ep dei Devolted, gruppo irlandese attivo in quel di Dublino dal 2010 e con il primo mini cd uscito un paio di anni fa (The Curious Case).

Quattro brani per sedici minuti di metal ruvido, pesante e molto groovy, questo in sintesi è quello che affiora all’ascolto di Broken Kings e delle canzoni di cui è composto, ispirato tanto dal thrash metal, quanto dalle ultime sonorità che riempiono i lavori delle giovani modern metal band.
Ritmiche pesanti come macigni, rese potentissime da un groove in pieno Pantera style, un tocco di death metal melodico alla Soilwork e per questa giovane band il gioco è fatto, non facendo mancare chorus melodicissimi (My Monster) un’indiavolata carica thrash (Dogs Of War) e buone intuizioni di quel metal moderno tanto caro ai gruppi statunitensi (la title track).
Qualche riff richiama il metal tradizionale, ma sono attimi, schegge che partono impazzite a causa dell’esplosione dei tre brani, che travolgono, grazie anche ad una produzione esemplare che valorizza tutta la carica metallica in possesso alla band.
Il resto è un susseguirsi di metallo roccioso e debordante con una prova maiuscola di un singer rabbioso, ma perfetto nelle cleans, valorizzate da chorus dall’ottimo appeal (Rafal Smyczynski), una sezione ritmica spaccaossa ( lo stesso singer al basso in compagnia delle pelli di Dominik Tokarski) e due asce che non risparmiano riff debordanti e solos ultra heavy (Mark O’Reilly e Killian Chellar).
Segnatevi il nome di questa band irlandese, al prossimo giro che si spera sulla ruota di un full length potrebbero regalare uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio metallici.

TRACKLIST
1. My Monster
2. Dogs of War
3. God of Light
4. Broken Kings

LINE-UP
Dominik Tokarski – Drums
Mark O’Reilly – Guitars, Vocals (backing)
Killian Chellar – Guitars, Vocals (backing)
Rafal Smyczynski – Vocals, Bass

DEVOLTED – Facebook

Tombstalker – Black Crusades

Incandescente miscela di death, thrash e groove metal, un po’ di Bolt Thrower e tanta violenza.

Incandescente miscela di death, thrash e groove metal, un po’ di Bolt Thrower e tanta violenza.

Dal Kentucky arriva l’esordio discografico di questa bestia che prende le mosse dai grandi del metal e soprattutto da quella grande epopea metal che fu la scena svedese degli anni novanta. L’incedere è da grande gruppo, si sente che di musica ne masticano molta e riescono e rielaborare ottimamente il tutto. Ci sono moltissime cose qui dentro, l’album è un attacco frontale che piacerà a moltissimi metallari di diversa estrazione. I Tombstalker fanno un album estremamente divertente che mette un certo metal al centro del discorso senza pose o atteggiamenti, ma solo tanta sostanza e violenza. Guerra Metal.

TRACKLIST
1.Forlorn Recollections
2.Chaos Undivided
3.Blood Thirster
4.Fate Weaver
5.Black Crusades
6.Soul Eater
7.Plague Father
8.Chaos Enthroned

LINE-UP
Conqueror Horus – howls and bellows of torment, soul shred.
Defiler – low frequency warfare, subliminal propaganda.
Basilisk – relentless blitzkrieg.

TOMBSTALKER – Facebook

Law 18 – Law 18

Al confine tra hardcore e metal questo gruppo milanese fa molto casino e regala belle soddisfazioni.

Possente ed ignorante hardcore metallico con forti rimandi ad eroi metropolitani come Biohazard e Sick Of It All. Al confine tra hardcore e metal questo gruppo milanese fa molto casino e regala belle soddisfazioni.

Le coordinate sono quelle di cui sopra ma c’è molto di più, perché i Law 18 ci mettono molto di loro, e con doppia voce e tanta cultura metal ci portano in posti dove i calci volano come polline a primavera e dove ci sono elementi di vari generi, tutti messi insieme validamente. La produzione è buona, ma potrebbe essere migliore, perché lascia giusto intravedere l’enorme potenziale del gruppo, ma è comunque sufficiente per rendere questo lavoro assai divertente. I Law 18 fanno canzoni ben al di sopra della melodia, con aperture vocali e tanto lavoro sotto, con fatica e passione.
I nostri sono persone che amano ed ascoltano molta musica e ciò lo si sente chiaramente, ma sono anche un gruppo che ambisce a qualcosa in più per quanto riguarda il discorso musicale. Un disco che è un ottimo inizio, e le pedate continueranno, rimanete in zona.

TRACKLIST
1.Dwarfs & Cowboys
2.You Blind
3.Hollow Earth Society
4.Dominus Caeli
5.Dirty of Blood
6.Leather’s Wreck
7.Mirror Reflections
8.Rage Against Me
9.2010

LINE-UP
Davide C – Lead Guitar, Voice
Lorenzo Colucci – Bass
Luca Ferrario – Drums, Voice
Alessandro Mura – Voice, Harmonica
Lorenzo Perin – Voice, Rhythm Guitar

LAW 18 – Facebook

Proliferhate – In No Man’s Memory

I Proliferhate sono una band di death metal per nulla convenzionale, basato su un grande e sapiente uso della melodia.

I Proliferhate sono una band di death metal per nulla convenzionale, basato su un grande e sapiente uso della melodia.

Formatisi nel 2012 questi ragazzi torinesi hanno subito imboccato un’ottima strada, che qui confermano con questo ottimo album. Nella loro musica i Proliferhate fanno confluire molti elementi stilistici, dalla brutalità alla melodia, pezzi claustrofobici ed ariose aperture. Il loro death metal è molto originale e variegato ed è difficile circoscrivere in un solo genere il risultato. La loro intensa attività live fornisce un grande apporto al loro suono, e li porta ad essere un grande gruppo nel panorama italiano e non solo, poiché la vocazione internazionale è molto presente. Prodotti da Adriano “Vecchio ” Sette, i Proliferhate si candidano ad essere uno dei migliori gruppi metal italiani del presente ma soprattutto del futuro.

TRACKLIST
1Apologia di un Povero Diavolo Pt.1
2 Ashland
3 Resonance Frequency
4 Der Grossmann
5 In No Man’s Memory
6 Apologia di un Povero Diavolo Pt.2
7 The Court of Owls
8 In My Deep feat. AV7 Sounds

LINE-UP
Durante Omar: Vocals, Guitar
Moffa Lorenzo: Guitars
Simioni Andrea: Bass Guitar
Varlonga Daniele: Drums

PROLIFERHATE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=x8PyHyZs3kM