Jagged Vision – Death Is This World

I watt arrivano al limite in più di un’occasione, violentando l’ispirazione melodica dei Jagged Vision con dosi letali di hardcore e sludge , mentre le urla si intensificano e l’atmosfera si scalda non poco.

Partita sette anni fa come band dal sound ispirato all’hardcore, la band metallica dei Jagged Vision si è trasformata in una potentissima macchina da guerra metal/stoner, dalle dai devastanti rallentamenti sludge ed una forte attitudine death ‘n’ roll.

Un ep, l’esordio sulla lunga distanza targato 2014 ed ora questo devastante lavoro, intitolato Death Is This World, potente e melodico il giusto per non farsi dimenticare troppo in fretta nel panorama del metal dalle reminiscenze stoner, genere che riesce ancora a fare breccia nei cuori dei metal rocker modiali.
L’attitudine hardcore non è stata abbandonata del tutto dal gruppo norvegese, così come non si fanno mancare ottimi inserti melodici di stampo death scandinavo, sempre in un contesto metallico furioso, dove il gruppo spinge a tavoletta e ricorda in più di una occasione gli In Flames non ancora ammaliati dalle soleggiate coste americane (Feeble Souls).
I watt arrivano al limite in più di un’occasione, violentando l’ispirazione melodica dei Jagged Vision con dosi letali di hardcore e sludge , mentre le urla si intensificano e l’atmosfera si scalda non poco (Euthanasia, Forlorn).
Il quintetto spara dieci cannonate metalliche che fanno seri danni, con una Serpents che sbaraglia la concorrenza, un’esplosione metal/stoner/hardcore di notevole pericolosità.
Buon lavoro di genere, cattivo, melodico e devastante quanto basta per piacere non poco agli amanti di queste sonorità.

TRACKLIST
1.Betrayer
2.Euthanasia
3.Death Is This World
4.I Am Death
5.Feeble Souls
6.Emperor Of
7.Seven Seals
8.Serpents
9.Forlorn
10.Palehorse

LINE-UP
Kato Austrått -Bass
Joakim Svela – Drums
Daniel Vier – Guitars
Harald Lid – Guitars
Ole Wik – Vocals

JAGGED VISION – Facebook

Babylon Pression – Heurex D’ Etre Content

Ascoltando Heureux D’ Etre Content troverete l’incrocio del metal con i più svariati generi, come l’hardcore, a volte il rap, ma potrebbe essere anche il blues.

Torna il ciclone francese chiamato Babylon Pression, gruppo che porta alta la bandiera del metal bastardo francese.

Ascoltando Heureux D’ Etre Content troverete l’incrocio del metal con i più svariati generi, come l’hardcore, a volte il rap o potrebbe essere anche blues.Tutto ciò non porta al crossover ma ad uno stile meticcio che ha un nome ben preciso: Babylon Pression. Il disco è un ulteriore passo in avanti di una carriera da sempre guidata dalla voglia di scuotere e di far muovere i giovani e meno giovani. I Babylon Pression sono nati nell’ormai lontano 1989 e da quel momento hanno prodotto diversi dischi e fatto molti live non solo in patria, ma anche all’estero. La loro parabola è stata fino ad un certo punto in comune con alcuni gruppi come i Lofofora, anche loro tra i principali artefici della nuova onda metal francese. Dal 2010 in poi prenderanno la via del do it yourself, ed infatti questo disco esce in crowdfunding, e i fans lo sapevano già che sarebbe stato ottimo. L’ascoltatore viene calato in un musica frenetica e coinvolgente, con un substrato punk hardcore ma con uno sviluppo melodico assai inconsueto, anche grazie alle loro particolari tecniche di canto. Si viaggia veloci tra le onde insidiose di questa nostra maledetta società e si gusta il particolare gusto della libertà creativa, poiché i ragazzi sono padroni in toto della loro musica. L’intensità non viene mai meno per tutta la durata del disco, e ci si diverte moltissimo perché ad ogni accordo può spuntare un momento diverso da quello precedente. In Italia, forse per la barriera linguistica, ma è un scusa davvero labile, snobbiamo questa magnifica scena francese che dà davvero ottimi frutti come questo disco, che dall’inizio alla fine è un concentrato di metal altro, ottime idee e soprattutto di furia sensata.

Tracklist
1 J’arrive quand j’arrive
2 Verse ta javel
3 La pinte
4 La loi de la rue
5 Je m’en sortira
6 La boite à Partouze
7 Toutes des mères sauf ma pute
8 Couche confiance
9 Pépé violeur
10 La raclure

Line-up
Mat – Voic
Julien – Guitar
Roswell – Bass
JB – Drum

BABYLON PRESSION – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=9AC45Jsj-3I

Backflip – The Brainstorm Vol.2

Difficile immaginare cosa ci avrebbe riservato questo album, visto l’hardcore completamente innovativo della band portoghese. Questa volta i Backflip si sono superati, offrendoci un prodotto davvero valido e originale

Il primo volume di The Brainstorm, rilasciato nel 2015, ha sicuramente dimostrato tutto il potenziale dei Backflip.

Dopo due anni, la band portoghese pubblica il secondo volume del suddetto lavoro, The Brainstorm Vol.2, offrendo però un sound quasi del tutto nuovo rispetto al suo predecessore e presentando un hardcore molto moderno e sofisticato: tuttavia la band non abbandona il suo stile aggressivo e travolgente.
Se nel primo volume di The Brainstorm il sound dei Backflip era riconducibile a dei grandi esponenti del genere quali gli H2O, nel secondo è quasi inevitabile pensare a band come gli Stick To Your Guns.
Nell’album in questione troviamo tutta la grinta tipica dell’hardcore, riscontrabile soprattutto nell’ultima traccia To The Bone. Questa grinta, però, va addolcendosi nel ritornello, dove troviamo un sound più melodico e la voce della cantante (Ines Oliveira) che cambia dal tipico timbro “crudo” dell’hardcore ad uno più caldo e pulito. Il loro sound è caratterizzato, dunque, dai cori presenti in ogni traccia, dalla rapidità del genere “spezzata” dai melodici ritornelli e da elaborati riff di chitarra derivanti dalle varie influenze presenti.
Insomma, un album che farà rimanere senza parole chi si aspetta un HC old school, ma che si farà comunque apprezzare dal pubblico. Ascoltando in successione The Brainstorm Vol.1 e The Brainstorm Vol.2 si nota chiaramente il cambiamento del sound da parte della band portoghese.
I Backflip vogliono dimostrare tutta la loro crescita e la loro maturità acquisita in questi due anni, proponendo al pubblico un nuovo tipo di hardcore: sicuramente questi ragazzi non ci deluderanno in futuro con il loro nuovi lavori.

TRACKLIST
1) Born Headfirst
2) Burning High
3) Loyal Opposition
4) Redemption
5) Symptoms
6) To The Bone

LINE-UP
Inês Oliveira – Vocals
João Vidigal – Bass + Vocals
Pedro Vida Conceição – Drums
João Saraiva – Guitar

BACKFLIP – Facebook

Opalized – Rising From The Ash

Questi ragazzi di Bordeaux hanno una marcia in più e lo si può sentire benissimo nel disco, perché la potenza ed il controllo che hanno molti gruppi se lo sognano.

Gli Opalized sono di Bordeaux e propongono un metalcore molto potente e vicino al thrash, con un forte background hardcore.

Gli Opalized si distinguono nel grande mare del metalcore per una notevole potenza di suono, anche grazie ad una puntuale produzione. Questi ragazzi di Bordeaux hanno una marcia in più e lo si può sentire benissimo nel disco, perché la potenza ed il controllo che hanno molti gruppi se lo sognano. Oggigiorno per fare un metalcore che possa risultare notevole bisogna essere ancora più bravi di anni fa, sia perché quando un genere comincia a mostrare segni di usura bisogna ricercare altre vie, sia perché non è per nulla facile distinguersi. Gli Opalized invece riescono molto bene a farsi sentire, con il loro timbro veloce e potente, e le loro parti melodiche mai ovvie e scontate, inserite sempre molto bene e con proprietà. Diventa davvero piacevole ascoltate dischi come questo di metal moderno, che lasciano anche grande speranza per il futuro del fare musica pesante in maniere intelligente: dalla Francia arrivano molti di questi esempi e gli Opalized sono fra i migliori.

TRACKLIST
01. The Fall
02. Gives It Back
03. End of Humain Reign
04. Unity
05. Black Flag
06. Near Death Experience
07. Rising from the Ashes

LINE-UP
Boris Kasnov – Vocals
Joachim Touron – Guitar, Clean Vocals
Seeklone – Guitar, Studio Drums
Rémy Pasques – Bass

OPALIZED – Facebook

Next Bullet – Zero

Tre musicisti provenienti da altre esperienze musicali (Overblood e Awake The Secrets) e dieci bombe thrash/punk/hardcore da sparare come una mitragliatrice impazzita in appena ventitré minuti di battaglia, sanguinaria, violentissima e senza compromessi.

Ecco un album che scaraventa al muro a suon di pugni e calci una gran parte del metal estremo con parola finale core.

Se vi siete abituati un po’ troppo ai suoni puliti, la rabbia troppe volte finta e gli atteggiamenti cool delle band metalcore, sostituite metal con thrash ed avrete trovato la miscela esplosiva che fa deflagrare i dieci brani racchiusi in Zero, primo album di questo trio proveniente dal nord est e che di nome fa Next Bullet.
Tre musicisti provenienti da altre esperienze musicali (Overblood e Awake The Secrets) e dieci bombe thrash/punk/hardcore da sparare come una mitragliatrice impazzita in appena ventitré minuti di battaglia, sanguinaria, violentissima e senza compromessi.
Non riesco ad immaginare la distruzione sonora che brani di una potenza gigantesca, pregni di un groove che non lascia scampo, accompagnato ad un sound dirompente, possano innescare dal vivo dove questo tipo di musica vive e trova la sua dimensione, lasciando ad altri produzioni patinate, coretti strappalacrime ed una disperazione più finta che il seno prosperoso e sodo di una sessantenne con più silicone che sangue in corpo.
Marc1 (voce), Paske (chitarra e basso) e Tom KT (batteria) sono una macchina da guerra, una crudele mietitrice che falcia tutto e tutti sotto cannonate metalliche come l’opener Next Bullet, le granitiche e devastanti All I Have Earned e Not Allow Them, il muro sonoro alzato da Born On The Wrong Side e l’urgenza punk rock della conclusiva Remember!.
Davvero notevoli, convincenti e dall’attitudine che sprizza dalle casse dello stereo come sangue da una ferita aperta da un pugno in pieno volto, i Next Bullet sono da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
01. Next Bullet
02. All I Have Earned
03. Not Allow Them
04. Antiparasitic
05. Unrelenting Will
06. 2015: Mission Accomplished
07. Born On The Wrong Side
08. The New Hashtag
09. Kill The Maniac Pedophile
10.Remember!

LINE-UP
Marc1 – Vocals
Paske – Guitar, bass
Tom KT – Drums

NEXT BULLET – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Primal Age – A Silent Wound ep

I Primal Age hanno una struttura musicale sullo stile hardcore anni novanta, ma la cosa più notevole che fanno è quella di attualizzare molto bene il loro suono, e sono una cosa che noi ascoltatori di hardcore anni novanta ci siamo sognati per anni.

Provenienti dalla cittadina francese di Evreux, i Primal Age sono attivi dal 1993, sono uno dei primi gruppi europei ad aver fuso insieme hardcore e metal, dando vita a qualcosa di molto simile al metalcore, ma con maggiore groove.

Nello svilupparsi di questa lunga carriera i Primal Age non hanno perso un briciolo della loro potenza, anzi sono diventati più cattivi e sono alla guida del corteo del meglio metalcore che potete trovare in giro.
Questo ep arriva dopo due album ed uno split, e soprattutto dopo tantissima attività dal vivo che li ha portati in tutto il mondo, dal Messico al Brasile passando per il Giappone. A Silent Wound è un ottimo disco di hardcore e metalcore, spingendosi fino al groove metal, e coinvolge molto l’ascoltatore. I Primal Age hanno una struttura musicale sullo stile hardcore anni novanta, ma la cosa più notevole che fanno è quella di attualizzare molto bene il loro suono, e sono una cosa che noi ascoltatori di hardcore anni novanta ci siamo sognati per anni. Il suono dei Primal Age è davvero avviluppante e potente, porta pericolosamente all’headbanging e ci fa ricordare che fare musica così non è facile, oltre ad un certa tecnica ci vuole vera attitudine e qui ce n’è tantissima. Non sono rimasti in molti a fare questo suono che vive superando spesso i confini, e la quarta traccia dell’ep ne rende nota la paternità, essendo un medley di canzoni degli Slayer in omaggio a uno dei più grandi, Jeff Hannemann, tanto per far capire da dove vengono i Primal Age, e anche da dove veniamo tutti noi amanti di questo suono, perché gli Slayer sono una cosa megalitica. Un ottimo ep per un gruppo sempre molto interessante.

TRACKLIST
1.The Whistleblowers VS World Health Organization
2.A Silent Wound (ft Felipe Chehuan – CONFRONTO)
3.Counterfeiters of the Science
4.To Jeff (SLAYER medley – ft Julien Truchan/ BENIGHTED & Koba/ LOYAL TO THE GRAVE)

LINE-UP
Benoit: Guitar
Florian: Guitar
Mehdi: Drums
Dimitri: Bass & Vocals
Didier: Vocals

PRIMAL AGE – Facebook

Body Count – Bloodlust

La maggior parte dei gruppi rapcore o nu metal si sono dissolti, mentre i Body Count sono sempre qui a spargere terrore.

Torna una delle crew più pericolose delle strade americane, i Body Count capitanati da Ice-T.

I ragazzi sono arrivati al sesto album e quello che doveva essere un progetto estemporaneo o quantomeno temporaneo è diventato un pilastro del rapcore, uno dei più riusciti esempi di incontro tra rap e metal. Tra l’ altro, prima di una riuscita rielaborazione di Raining Blood, Ice-T spiega brevemente la genesi del gruppo, ovvero il tentativo di fondare un gruppo metal a South Central Los Angeles, una cosa non esattamente facile, ma l’esperimento è pienamente riuscito essendo giunti al sesto disco. La maggior parte dei gruppi rapcore o nu metal si sono dissolti, mentre i Body Count sono sempre qui a spargere terrore. Tornati dopo tre anni dall’ottimo Manslaughter, i Body Count sformano il loro disco più oscuro, più metal e più sanguinoso di tutti. Bloodlust è la cartina tornasole della bruttissima aria che tira in America. Nella terra del libero e del coraggioso tira una bruttissima aria, e si è quasi alla resa dei conti, si è forse sull’orlo di una guerra civile tra bianchi e neri, oppure tra poveri e ricchi e c’è voglia di sangue, come ben testimonia l’ ennesimo atto militare unilaterale americano. L’America dei Body Count è violenta, cupa e senza speranza, dovete solo trovare un riparo adeguato. Questo disco contiene molto metal, che si va a fondere a volte con il flow del rap, ma più che rapcore qui c’ è un metal deformato da una cattiveria diversa. Ice-T è il padrone di casa, una magione dove il sangue scorre dentro e fuori da gole assetate. Bloodlust è forse la prova migliore di questo gruppo che centra quasi sempre il bersaglio, ma mai bene come in questo caso. Parte del merito va anche agli ospiti presenti come Deve Mustaine in Civil Eat, un ottimo Randy Blithe dei Lamb of God su Walk With Me e il Cavalera maggiore sottotono in All Love Is Lost. Un album che colpisce duro e che non lascerà dormire sonni tranquilli, ma che è una fotografia precisa della merda che abbiamo fuori dalla porta. Momento migliore del disco è No Lives Matter, perché Ice-T ha ragione, a loro non gli importa dei neri, e nemmeno dei bianchi, a chi comanda non importa nessuna vita.

TRACKLIST
1. Civil War (featuring Dave Mustaine)
2. The Ski Mask Way
3. This Is Why We Ride
4. All Love Is Lost (featuring Max Cavalera)
5. Raining In Blood / Postmortem 2017 (Slayer cover)
6. God, Please Believe Me
7. Walk With Me… (featuring Randy Blythe)
8. Here I Go Again
9. No Lives Matter
10. Bloodlust
11. Black Hoodie

LINE-UP
Ice-T – Vocals
Ernie C – Guitar, backing vocals
Juan Garcia – Guitar, backing vocals
Vincent Price – Bass, backing vocals
Ill Will – Drums
SeanE Sean – Samples, backing vocals

BODY COUNT – Facebook

Deez Nuts – Binge & Purgatory

Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro disco notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti.

Altra puntata della saga hardcore metal australiana, sempre con un flow rap.

I Deez Nuts rappresentano uno sviluppo di un certo hardcore, quello maggiormente legato al lato festaiolo e tamarro della scena. Ma se credete che non ci sia introspezione vi sbagliate, ci sono più descrizioni accurate di cosa sia la vita che in tanti altri posti in apparenza più adeguati. La formula musicale è quasi sempre la stessa, hardcore sporco e veloce, continuando la tendenza che si era già manifestata nei dischi precedenti, e qui crescono i mid tempo, dando al disco meno impeto ma più struttura. Chi ama i Deez Nuts sa che in qualche modo non rimarrà mai deluso e Binge & Purgatory ne è la conferma. Andando avanti con gli anni l’ oscurità sta crescendo nelle canzoni dei Deez Nuts e l’ attitudine casinara rimane ma divide il palcoscenico con un’ inquietudine sempre maggiore, con ragione. Il divertimento è grande parte di questo tipo di musica ma fortunatamente i Deez Nuts non sono rassicuranti e non prospettano un luminoso futuro, ma anzi offrono un nel viaggio tra asfalto, pugni ed alcool, senza avere però il machismo di certi gruppi hardcore. Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro lavoro notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti. I tempi fanno schifo ma la lotta continua.

TRACKLIST
01. Binge
02. Purgatory
03. Antidote
04. Commas & Zeros
05. Break Out
06. Discord
07. Lessons Learned
08. Carried By Six
09. Cakewalk
10. For What It’s Worth
11. Hedonistic Wasteland
12. Remedy
13. Do Not As I Do

DEEZ NUTS – Facebook

Fall Of Carthage – The Longed-For Reckoning

I musicisti hanno esperienza da vendere e si sente, ma molti dei brani proposti non vanno oltre la sufficienza, tra spunti hardcore, nu metal e violenza da scontri sui marciapiedi di metropoli allo sbando.

Tra la miriade di proposte riguardanti l’ala più moderna del metal spunta il secondo album dei Fall Of Chartage, progetto messo in piedi da Arkadius Antonik, leader dei Suidakra, Martin Buchwalter, batterista dei Perzonal War, e Sascha Aßbach.

Un assaggio di quello che i tre musicisti ci scaraventano addosso è stato Behold, primo album uscito un paio di anni fa, ora seguito da The Longed-For Reckoning, un’opera di metal moderno mastodontica, se pensiamo alla durata di quasi un’ora che per il genere è come leggere il Signore degli Anelli in un giorno.
Lungo, troppo lungo anche perché la proposta non si discosta dal solito menù: ritmiche pregne di groove, qualche accenno metallico in stile Pantera e stop and go di scuola core sviluppati su sedici brani, alcuni valorizzati dall’elettronica ed alquanto interessanti (Sick Intentions), altri che sanno di già sentito in un genere ormai con la corda tirata all’inverosimile.
Gli spunti nu metal non mancano e alzano la tensione (Swept To The Edge), i musicisti hanno esperienza da vendere e si sente, ma molti dei brani proposti non vanno oltre la sufficienza, tra spunti hardcore, nu metal e violenza da scontri sui marciapiedi di metropoli allo sbando.
Si diceva dei musicisti, di un’altra categoria (Sascha Aßbach, per il genere, è un cantante dalla personalità unica, Martin Buchwalter svolge un lavoro enorme alle pelli e la sei corde di Antonik esplode in riff sincopati e core oriented) ma è il songwriting che non decolla, forse per l’eccessiva lunghezza il cui consistente alleggerimento avrebbe reso l’album sicuramente più digeribile.
Se il metal moderno è il vostro pane, The Longed-For Reckoning potrebbe regalarvi buoni spunti, ma se il genere lo ascoltate con parsimonia passate oltre.

TRACKLIST
1.Fast Forward
2.Dust And Dirt
3.Sick Intentions
4.They Are Alive
5.Swept To The Edge
6.Complete
7.For The Soul To Save
8.Whodini Peckawood
9.Suffer The Pain
10.Down Like Honey
11.Tapeworms
12.Paint It White
13.Bury The Crisis
14.Puerile Scumbag
15.Turning Point
16.Black December

LINE-UP
Sascha Aßbach – Vocals,
Arkadius Antonik – Guitars
Martin Buchwalter – Drums

FALL OF CARTHAGE – Facebook

Naga – Inanimate

I Naga si stabilizzano tra gli esponenti di punta di un genere che. nel nostro paese. sta producendo frutti sempre più prelibati.

Inanimate è un ep dei Naga risalente alla scorsa estate, quando è stato pubblicato solo in vinile in edizione limitata in 100 copie per Lay Bare Recordings; da poco è stata immessa sul mercato da parte della Everlasting Spew Records la versione in cd, contenente anche un brano esclusivo per tale edizione.

Pur avendo affrontato ai tempi di IYE l’ottimo Hēn, unico full length finora rilasciato dalla band napoletana, non abbiamo intercettato Inanimate all’atto della sua prima uscita per cui cerchiamo di rimediare ora, tenendo conto del fatto che i suoi contenuti sono già stati ampiamente sviscerati da più parti lo scorso anno.
Quello che si può aggiungere a quanto già si sa è che i Naga, pur con una produzione ancora di dimensioni ridotte, hanno già acquisito una caratura importante che ha consentito loro, per esempio, di aprire ai Candlemass nella recente data bresciana.
L’ascolto di Inanimate conferma che tale status si rivela tutt’altro che usurpato: l’interpretazione del doom da parte del trio partenopeo non è ovviamente tradizionale come quella dei “padri” svedesi, ma si avvale di una pesante componente sludge senza tralasciare qualche puntata di matrice black/hardcore.
Thrives, traccia d’apertura del lavoro, si rivela sufficientemente emblematica dello stile musicale dei Naga, con il suo sound denso, colmo una tensione che pare sempre sul punto di esplodere nel suo fragore ma resta, invece, pericolosamente compressa all’interno del suo caliginoso involucro.
Hyele segue uno schema non dissimile ma è intrisa di una più canonica componente doom, con riff pesanti come incudini nella sua parte discendente, mentre le accelerazioni blak hardcore di Loner sono propedeutiche all’allucinata cover dei Fang, The Money Will Roll Right In.
Il brano inedito, Worm, riporta invece alle radici dello sludge e conferma la bontà del percorso stilistico intrapreso dai Naga, stabilizzandoli tra gli esponenti di punta di un genere che. nel nostro paese. sta producendo frutti sempre più prelibati.

Tracklist:
1. Thrives
2. Hyele
3. Loner
4. The Money Will Roll Right In (Fang cover)
5. Worm

Line-up:
Lorenzo: Vocals and Guitar
Emanuele: Bass
Dario: Drums

NAGA – Facebook

Lomax – Oggi Odio Tutti

Un buon inizio per il gruppo modenese ed un ascolto consigliato agli amanti del rock alternativo cantato in lingua italiana, accompagnato dall’irruenza giovanile e ribelle dell’hardcore.

Un salto nel rock cantato in italiano con i Lomax, trio proveniente dalla provincia di Modena che con Oggi Odio Tutti, arriva ad un traguardo importante come l’esordio.

Un ep di sei brani per presentare la propria proposta, un indie rock attraversato da un’urgenza hardcore, che ne indurisce il sound quel tanto che basta per accontentare gli amanti dei generi sopracitati: questo è ciò che troverete tra le trame dell’opener Rigore, della title track e della bellissima Manhattan, trittico iniziale del lavoro.
La band è composta da due ragazze Greta Lodi e Valentina Gallini, che ricoprono i ruoli di batterista e chitarrista/cantante, con il basso lasciato a Matteo Capirossi: un giovane trio con tanto entusiasmo e rabbia, con Fuoco che abbandona lo spirito hardcore per un rock alternativo che si trasforma poi in puro punk rock in Non Vedo L’Ora che Muori.
Dio rappresenta il congedo della band: un brano lunghissimo, ricco di saturazione noise ed uno sguardo ai Sonic Youth del capolavoro Dirty, un arrivederci da parte dei Lomax mentre le ultime note della canzone ci lasciano respirare l’aria elettrica di jam alternative dai rimandi statunitensi.
Un buon inizio per il gruppo modenese ed un ascolto consigliato agli amanti del rock alternativo cantato in lingua italiana, accompagnato dall’irruenza giovanile e ribelle dell’hardcore.

TRACKLIST
1. Rigore
2. Oggi odio tutti
3. Manhattan
4. Fuoco
5. Non vedo l’ora che muori
6. Dio

LINE-UP
Valentina Gallini – Guitars, Vocals
Matteo Capirossi – Bass, Vocals
Greta Lodi – Drums

LOMAX – Facebook

Inire – Cauchemar

Un album che piace e che ha in un songwriting frizzante la sua maggiore virtù, mettendo da parte le ovvie similitudini con band già note, concentrato solo sull’impatto e l’ottima carica sprigionata dagli Inire.

Gli Inire sono una band proveniente dal Quebec e licenziano il secondo album, dopo aver dato alle stampe il debutto Born the Wicked, the Fallen, the Damned ormai sette anni.

Cauchemar risulta un buon lavoro, senza picchi elevatissimi ci viene proposto un hard rock moderno con le più svariate influenze che passano dal groove metal, al nu metal per passare ad atmosfere southern.
L’album così lascia che le varie tracce ci prendano per mano e ci accompagnino negli ultimi decenni in cui l’hard rock americano ha flirtato con il metal, dando alla luce suoni ibridi colmi sia di tradizione che sfumature alla moda, tenuti assieme da tonnellate di groove.
Quindi se apprezzate ritmiche pesanti e sincopate, chorus che flirtano con il nu metal, ripartenze in stile Pantera e pesantezza southern (dove i Black Label Society sono i maestri), gli Inire sono il gruppo che fa per voi, tra brani ispiratissimi come la devastante hard rock Crash, la nu metal Wide Awake, la panteriana Hell Is Us e la fiammeggiante (in tutti i sensi) Burn.
I primi Soil (quelli dell’irripetibile Scars) sono forse il termine di paragone più calzante e definitivo per il sound del gruppo di Dre Versailles, cantante che non si risparmia e fa correre la sua abrasiva ugola tra le strade impervie che l’album prende a sorpresa ad ogni incrocio, ora con lunghi rettilinei verso l’hard rock, ora con salite e discese ritmiche che portano al metal moderno di matrice, ovviamente, americana.
Un album che piace e che ha in un songwriting frizzante la sua maggiore virtù, mettendo da parte le ovvie similitudini con band già note, concentrato solo sull’impatto e l’ottima carica sprigionata dagli Inire.

TRACKLIST
1.Avidya
2.Wide Awake
3.Next of Kin
4.Endless
5.Crash
6.Hell Is Us
7.Far from Anything
8.Let It Die
9.Lord of the Flies
10.Burn
11.Into the Labyrinth
12.Cauchemar
13.Just a Halo Away

LINE-UP
Wrench – Bass
Memphis – Drums
Action – Guitars
Brody – Guitars, Vocals
Dre – Vocals

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Don’t Try This At Home – #01

Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

Da Udine il debutto in free download per questo giovane gruppo di metalcore e hardcore.

Il loro suono non è inedito, ma i ragazzi friulani rielaborano molto bene una materia molto sfruttata ultimamente, come quella del metalcore. I Don’t Try This At Home sono molto potenti e diretti, riuscendo ad inserirsi molto bene su di una onda estremamente frequentata. Il suono di questo ep di esordio, in download libero dal loro bandcamp, è un metalcore veloce, ben prodotto e con finalmente i bassi al posto giusto, poiché troppe volte si ascoltano gruppi del genere con i treble troppo alti, senza profondità. I Don’t Try This At Home invece hanno un gran tiro, sanno sempre cosa fare e lo fanno bene, e per certi versi potrebbero essere considerati eredi di una certa scena hardcore anni novanta, forse inconsapevole progenitrice del metalcore. Certamente il metalcore fa storcere il naso a molti, e per certi versi a ragione, ma questi dovrebbero ascoltare #01 per ricredersi, almeno per quanto riguarda questi friulani. Disco veloce, pesante, con molti ottimi risvolti, suonato con tecnica ma soprattutto mettendo a frutto la molteplicità di ascolti fatti. All’interno della stessa canzone possiamo ascoltare molti cambi di registro, con variazioni sul tema e molto altro. Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

TRACKLIST
1.Mushroom
2.Paranoid Alienation
3.The Beast Within
4.Jeff Buckley
5.Vicious Circle

LINE-UP
Giuliano Bergantin – Vocals
Giovanni Stella – Guitar
Federico Sbaiz – Guitar
Alessandro Cartelli – Bass
Thomas Macorig – Drum

DON’T TRY THIS AT HOME – Facebook

Fankaz – Seities

Tanta melodia ed un’equilibrata durezza per un disco che fa star bene e che davvero ci voleva. Lasciatevi andare, al resto ci pensano i Fankaz.

I Fankaz pubblicano un disco che riallinea le stelle e il globo terracqueo con l’hardcore melodico, genere troppo spesso stuprato da ignoranti senza arte né parte.

I Fankaz hanno qualcosa in più rispetto alle altre band del genere e lo si sente subito, grazie anche alla loro grande padronanza tecnica, che li porta ad eccellere. Il disco sarà uno dei più grandi successi che la vostra cameretta abbia mai visto, con dita alzate e cori che volano, e tanto tanto amore. Finalmente con un disco come Seities ci si può abbandonare alla musica, lasciando da parte generi, sottogeneri, pose o dichiarazioni rilasciate all’asilo dal cantante o in piscina a nove anni dal bassista. Questo è un disco da godere, abbandonarsi e lasciarsi andare, nella migliore tradizione dell’hardcore melodico tecnico. Una delle loro maggiori ispirazioni, e lo dichiarano anche loro, sono i magnifici Belvedere, un gruppo canadese di hardcore melodico fatto con gran tecnica che è un piacere solo pronunciarne il nome. E i Fankaz sono anche meglio in alcuni frangenti. Questi ragazzi, che sono già in giro da un po’, hanno un sacco di registri e di idee, ma soprattutto emozionano e hanno quel suono che è davvero bello risentire riproposto in questa maniera, così appassionata e competente. Musica da adolescenti ? No di certo, perché le emozioni non devono avere età, e risentire che da qualche parte battono ancora i cuori al ritmo di Belvedere, Lagwagon e Strung Out, non può che riempire di gioia. Seities è un disco davvero ben fatto e suonato benissimo, e dal vivo deve essere una bomba. Tanta melodia ed un’equilibrata durezza per un disco che fa star bene e che davvero ci voleva. Lasciatevi andare, al resto ci pensano i Fankaz.

TRACKLIST
01-Intro
02-Screams of Lies
03-Overwhelmed
04-I Feel Sorry
05-Broken City
06-Behind the Curtains
07-Petrified
08-My Stories
09-Something Personal
10-Day by Day
11-Fale Witness
12-Symptoms

LINE-UP
RICKY – Guitar – Voice
ELIO – Guitar – Voice
MORA – Bass – Voice
POLE – Drums

FANKAZ – Facebook

Thrownness – The Passage And The Presence

I Thrownness hanno piazzato un primo colpo da ko, e spero ne seguano tanti altri che ci lasceranno sanguinanti e barcollanti come questo.

Totale massacro hardcore per questo giovane gruppo milanese: Thrownness è un concetto filosofico introdotto dal filosofo tedesco Heidegger, che viene dai più additato come pessimista e catastrofico, ma che invece aveva ragionato molto profondamente sulle gesta umane e ne aveva ricavato una giusta consapevolezza.

Riassumendo in breve il concetto di Thrownness, lo si può descrivere come un disagio derivante dal fatto di essere stati buttati nel mondo senza averlo potuto scegliere, e che abbiamo un disagio atavico nato per la differenza tra la vita che viviamo e quella che vorremmo vivere, quindi frustrazioni, deliri, etc. Insomma Thrownness è disagio, e il gruppo milanese col supporto del disagio fa un disco di hardcore metal clamoroso, velocissimo, molto potente e suonato con un piglio da consumati veterani, a conferma del fatto che non conta tanto la sapienza nell’hardcore ma l’importante è avere la futta, la rabbia e se la razionalizzi musicalmente ne viene fuori un disco come The Passage And The Distance. Il disco, in download libero sul bandcamp della Drown Within Records (date un’occhiata anche alle loro altre produzioni che sono tutte ottime), è un continuo fluire di lava metallicamente hardcore, con molti riferimenti a gruppi e situazioni anni novanta e anche al meglio dei duemila. No, non è metalcore, che non è un genere totalmente disprezzabile, ma qui è hardcore metal, che è un’altra roba, anche se i generi come sempre sono etichette pressoché inutili. In alcuni momenti si arriva addirittura a congiungere l’hardcore con cose come i Dillinger Escape Plan, o avvicinarsi alle dinamiche del crossover. Ciò che davvero conta è che questi ragazzi hanno fatto un grandissimo disco, trascinante e coinvolgente dal primo all’ultimo secondo, con una potenza davvero unica e un grande produzione a supportarli. I Thrownness hanno piazzato un primo colpo da ko, e spero ne seguano tanti altri che ci lasceranno sanguinanti e barcollanti come questo.

TRACKLIST
1.Verfall
2.Unclean Lips
3.The Fertile Abyss
4.Olympus of Appearance
5.Error Sewer
6.Servant and Supplicant
7.Thalassic Regression
8.Fragment of a Crucifixion, 1950

THROWNNESS – Facebook

Broken Key – Face In The Dust

Un buon lavoro senza grossi picchi ma potente e soprattutto suonato con gli attributi.

Si continua a suonare metal moderno in giro per il mondo, magari meno influenzato dall’ormai abusato metalcore, e più genuinamente groove.

Niente di originale, e abusato anche questo, ma forse più puro ed underground rispetto alla finta rabbia delle boy band ispirate all’ormai obsoleto ed ennesimo sogno americano.
I Broken Key, per esempio, sono una giovane band tedesca, proveniente da Halle Saale, hanno un solo ep alle spalle e per la STF licenziano il loro primo album, questo calcio nei denti che di nome intitolato Face In The Dust e che piacerà agli amanti dei suoni moderni, sempre in bilico tra hardcore e groove metal.
Una quarantina di minuti alle corde, messi all’angolo dal nostro avversario che non ne vuol sapere di rallentare la sua letale scarica di pugni che spezzano ossa in ogni parte del corpo, più o meno è questo che risulta l’album, non male per il combo tedesco.
Mid tempo pesantissimi, dove il groove metal prende il sopravvento, si alternano con ripartenze hardcore secche come un diretto in pieno volto inaspettato e devastante.
Il vocione rabbioso, il muro sonoro dalla buona potenza non fanno che rincarare la dose massiccia di violenza, mentre scorrono le note di brani, alla lunga un po troppo simili (questo è il genere, prendere o lasciare), ma per i metal fans dal berrettino con visiera, Black Hole, Runaway e Members Of Old School saranno graditi muri sonori.
In conclusione, un buon lavoro senza grossi picchi ma potente e soprattutto suonato con gli attributi.

TRACKLIST
1.Brick
2.Black Hole
3.All The Fucking Sluts
4.Runaway
5.Face In The Dust
6.Sick Soldiers
7.Skull Behind Your Face
8.Enemy
9.Members Of Old School
10.Never Say No

LINE-UP
Rene Richter – Vocals
Marcus Griebel – Guitar
Tommy Kogut – Guitar
Robin Schuchardt – Bass
Carlo Hagedorn – Drums

BROKEN KEY – Facebook

Zeit – The World Is Nothing

Questo hardcore è suonato molto bene, è estremo e molto interessante, con interessanti linee melodiche e giusti sconfinamenti in molti generi, dal technical death metal, al math, al noise ed altro ancora.

Ristampa in cd a cura di diverse etichette del primo disco di questo gruppo hardcore veneziano.

La loro proposta è un concentrato di velocità e potenza, molto vicino al chaotic hardcore e al percorso tracciato dai Converge e gruppi affini. La potenza degli Zeit non è inferiore alla loro tecnica, che è notevole, e tutto ciò si va a sposare con un’ottima capacità compositiva, che fa di questa prima prova sulla lunga distanza un gran disco. Questo hardcore è suonato molto bene, è estremo e con interessanti linee melodiche e giusti sconfinamenti in diversi generi, dal technical death metal, al math, al noise ed altro ancora. In The World Is Nothing troviamo la giusta tensione ed il giusto pathos che devono essere presenti in un buon disco hardcore, ma qui dentro c’è di più. Molti gruppi sono potenti, calibrati e fanno sensazione, ma l’hardcore deve scavarti qualcosa dentro, ed in questo gli Zeit sono molto bravi. Come detto il disco ha visto la luce in cd grazie alla collaborazione fra diverse belle realtà musicali, e gli Zeit collaborano anche musicalmente e non con alcune realtà veneziane, come Trivel Collective e Venezia Hardcore, facendo parte di una florida scena assieme a gruppi come gli Slander, ma gli Zeit sono maggiormente metallici e contundenti.
Un debutto di grande hardcore, let’s mosh.

TRACKLIST
01. World And Distances
02. Weaving
03. Distance And Difference
04. Disguised
05. Chasing The Void
06 Tautologies
07. Lack Of Parts
08. No Conception
09. The Walls Of The World
10. Past Meanings

LINE-UP
Alessandro Maculan – Guitar
Sebastiano Busato – Voices
Gabriele Tesolin – Bass
Francesco Begotti – Drums

ZEIT – Facebook

Cowards – Still

Un ep fuori dal comune, potentissimo e bellissimo, di un gruppo tra i migliori nel panorama pesante mondiale.

I Cowards sono, in breve sintesi, un fenomenale gruppo di noise hardcore, con elementi sludge, ma soprattutto puntano alla vostra giugulare.

Raramente ascolterete un ep dell’intensità di Still, perché questi ragazzi francesi nelle loro canzoni mettono un quantità di rumore e pesantezza davvero notevoli, e si è notevolmente attratti da questo suono. Disperazione, urgenza e forse noia, quale sia la molla ben venga se la musica che ne esce fuori è questa. Dopo il secondo disco del 2015, Rise Of The Infamy, che è un’altra eccelsa opera, eccoli tornare a beve giro di posta su Throatruiner Records, garanzia di musica pesante e pensante. Still è un’ ep, tra l’altro in free download, che non vi lascerà un attimo di tregua, vi seguirà ovunque gridare con le cuffie, insieme ai Cowards, perché questo è veleno che ci si inietta per tentare di sopravvivere. Prendete i Converge, buttateli nella mischia noise anni novanta newyorchese, e capirete vagamene cosa siano i Cowards. Dato che questi ragazzi non sono un gruppo normale, i primi due pezzi sono loro inediti, mentre You Belong To Me è una canzone dei Police (che testimonia pure quanto fossero avanti Sting e soci) fatta alla Cowards, e scorre il sangue. One Night in Any City è la libera rielaborazione di One Night In New York degli Horrorist. Un ep fuori dal comune, potentissimo e bellissimo, di un gruppo tra i migliori nel panorama pesante mondiale.

TRACKLIST
1.Still (Paris Most Nothing)
2.Empty Eyes Smiles
3.Like Us (feat. Matthias Jungbluth)
4.You Belong To Me (*** ****** cover)
5.One Night In Any City (The Horrorist cover)

LINE-UP
Membri
J. H. – Chant
C. L. – Batterie
G. T. – Basse
T. A. – Guitare
A. L. – Guitare

COWARDS – Facebook

Cerebral Fix – Disaster Of Reality

Si torna indietro di molti anni con i Cerebral Fix, tornati sul mercato tramite la Xtreem con questo nuovo lavoro fatto di death scarno e dallo spirito hardcore.

Si torna indietro di molti anni con i Cerebral Fix, tornati sul mercato tramite la Xtreem con questo nuovo lavoro fatto di death scarno e dallo spirito hardcore.

Il gruppo britannico fece parte di quella scena che, a cavallo tra il decennio ottantiano e quello successivo, imperversò nel mondo metallico estremo capitanato da nomi storici come Bolt Thrower e Napalm Death.
Pur essendo meno famosi dei loro compagni di merende a base di musica violenta e senza compromessi, il loro approccio si differenziava non poco, con un’anima crossover che aleggiava sulla musica tra potenza death metal ed impatto hardcore.
Una discografia composta da lavori minori ed una manciata di full length, tutti licenziati tra il 1988 ed il 1992, poi un lungo silenzio fino ad un paio di anni fa e l’uscita di uno split in compagnia dei Selfless, era l’eredità lasciata dallo storico gruppo, fino ad oggi e a questo Disaster of Reality.
Della formazione storica sono rimasti in tre: Gregg Fellows e Tony Warburton alle chitarre e Andy Baker alle pelli, raggiunti da altri tre energumeni che corrispondono a Neil Hadden (voce), Chris Hatton (chitarra) e Nigel Joiner al basso, così da formare un combo di sei musicisti estremi con tanta voglia di spaccare a modo loro, cioè senza compromessi, assolutamente fuori da trend e modus operandi prestabiliti e con un’attitudine old school quasi commovente.
Disaster Of Reality è un lavoro basato tutto sull’impatto, con una serie di brani che risultano pugni nello stomaco, essenziali, violenti e in presa diretta.
Quello che esce dagli strumenti dei Cerebral Fix è ciò che sentite debordare dalle vostre casse, non c’è trucco né inganno, solo metal estremo che alterna momenti death oriented a sfuriate hardcore (Skate Fear) e vanno a comporre un album da cantina fumosa, sperduta in qualche sobborgo della città britannica, tenendo fede alla sua natura di lavoro registrato in presa diretta.
Disaster Of Reality ha dalla sua l’esperienza dei musicisti coinvolti ed un’anima vera e per questo va rispettato: a molti forse apparirà come il solito album di una vecchia band dimenticata dal tempo, ma sono sicuro là fuori ci sia più d’uno che un lavoro del genere lo aspettava da tempo.

TRACKLIST
01. Justify
02. Mosh Injury
03. Crucified World
04. Realities of War
05. Skate Fear
06. Reality Pill
07. Dear Mother Earth
08. Dead Cities
09. Never Say Never Again
10. Felted Cross
11. Inside My Guts
12. (Untitled Mystery Track)

LINE-UP
Neil Hadden – Vocals
Chris Hatton – Guitars
Gregg Fellows – Guitars
Tony Warburton – Guitars
Nigel Joiner – Bass
Andy Baker – Drums

CEREBRAL FIX – Facebook

Ill Neglect / Lambs – Trisma

Due maniere diverse, ma ugualmente efficaci, di maneggiare una materia incandescente come quella del metal che, sposandosi all’hardcore, ne porta alle estreme conseguenze l’impatto virulento.

Edito da un pool di etichette transazionale, questo split mette in mostra un connubio potenzialmente esplosivo tra i tedeschi Ill Neglect e gli italiani Lambs.

Trisma, in poco meno di dieci minuti, scarica la rabbia repressa covata in una vita intera, e ciò avviene con gli Ill Neglect tramite un grind dalle sfumature sludge che a tratti può ricordare, per attitudine e per riferimenti non casuali i seminali Brutal Truth (il monicker ne riprende il titolo di uno dei brani più noti), e con i Lambs attraverso un metal estremo che sovente disorienta con repentini cambi di scenario, sempre all’insegna di sonorità comunque disturbanti e facenti capo sempre allo sludge, almeno a livello di orientamento generale.
Troviamo, quindi, due maniere diverse, ma ugualmente efficaci, di maneggiare una materia incandescente come quella del metal che, sposandosi all’hardcore, ne porta alle estreme conseguenze l’impatto virulento.
Per entrambe le band un significativo biglietto da visita da esibire in occasione dei rispettivi, ed auspicabilmente prossimi, esordi su lunga distanza.

Tracklist:
1.Cold Turkey (Ill Neglect)
2.Permanent Euphoria (Ill Neglect)
3.You, the Drawback (Lambs)
4.Unfeeling (Lambs)

Line-up:
ILL NEGLECT
Daniel Powell – vocals
Jan T-Beat – drums
Thomas Conrad – guitar
André Beyer – bass

LAMBS
Cristian Franchini – vocals
Mattia Bagnolini – drums
Gianmaria Mustillo – guitar
Steven Teverini – bass

ILL NEGLECT – Facebook

LAMBS – Facebook