Rain – Dad Is Dead

Accompagnato dal nuovissimo artwork creato per l’occasione da Umberto Stagni, Dad Is Dead si conferma ancora oggi un esempio fulgido del sound di una band che ha fatto la storia del metal tricolore.

I Rain sono una delle band storiche del panorama metal tricolore, essendo attivi dal 1980 con una serie di album di altissimo livello che hanno trovato il loro apice in questo lavoro, uscito originariamente nel 2008.

Dad Is Dead ancora oggi è l’album più venduto ed ascoltato del gruppo bolognese, per questo la band, di comune accordo con l’etichetta Aural Music, ha deciso di ristamparlo con una nuova veste composta da due cd: il primo vede la versione rimasterizzata dell’album, con la cover di Rain, famoso brano dei The Cult, registrata dalla band assieme a Steve Sylvester e Freddy Delirio dei Death SS e con la partecipazione di Simone Mularoni dei DGM, mentre il secondo comprende undici tracce dal vivo registrate nel 2010 che vedono la band in perfetta forma, dopo il tour americano di supporto agli W.A.S.P.
Accompagnato dal nuovissimo artwork creato per l’occasione da Umberto Stagni, Dad Is Dead si conferma ancora oggi un esempio fulgido del sound di una band che ha fatto la storia del metal tricolore.
Con l’intreccio ai massimi livelli di NWOBHM ed hard & heavy statunitense, Dad Is Dead non concede tregua: tredici brani che colpiscono al cuore dei defenders, pregni di solos scolpiti nell’acciaio e ritmiche che affondano come coltelli nell’anima metallica di chi ha cuore le sorti del metal classico.
Un album imperdibile ed un sound che alterna brani maideniani ad altri che affondano le loro radici nella Los Angeles metallica di Twisted Sister e Motley Crue, regalando grande musica metal incastonata in tracce divenute storiche come 8 Bar, Mr. 2 Words, The Party e la title track.
Il secondo cd è un’apoteosi del metal in versione live: la band, appena tornata dal tour con Lawless e soci e rodata a dovere, dà letteralmente spettacolo con una prestazione incendiaria ed esaltante facendo sì che il tutto non sia solo un bonus per accontentare il fans, ma un imperdibile esempio delle potenzialità dei Rain.
Per tutti questi motivi la ristampa di Dad Is Dead è un acquisto obbligato non solo per i fans del gruppo, ma per tutti gli amanti dell’heavy metal classico.

Tracklist
CD 1
1. 8 Bar
2. Blind Fury
3. Mr. 2 Words
4. Love In The Back
5. Rain Are Us
6. Red Kiss
7. The Party
8. Last Friday
9. Dad Is Dead
10. Swan Tears
11. The Reason
12. Bang Bus
13. Rain

CD 2
1.Love in the Back (live in Russi 2010)
2.Dad is Dead (Live in Russi 2010)
3.Mr. 2 Words (Live in Russi 2010)
4.Rain (Live in russi 2010 (the Cult cover))
5.Swan Tears (Live in Russi 2010)
6.Rain Are Us (Live in Russi 2010)
7.Red Kiss (Live in Russi 2010)
8.Bang Bus (Live in Russi 2010)
9.Introducing the Band (Live in Russi 2010)
10.Only for the Rain Crew (Live in Russi 2010)
11.Highway to Hell (Live in Russi 2010)

Line-up
Francesco “Il Biondo” Grandi – vocals
Marco “The Master” Rizzi – guitar
Alessio “Amos” Amorati – guitar
Gianni “Gino” Zenari – bass
Andrea “Mario” Baldi – drums

RAIN – Facebook

Overruled – Hybris

L’anello mancante, nell’Olanda odierna, fra il thrash e l’heavy classico: un gran bel disco di speed metal tradizionale.

Dopo un EP nel 2013 (ad un anno dalla nascita), gli olandesi Overruled esordiscono ora sulla lunga distanza per Punishment 18 Records, con le nove tracce di questo ottimo Hybris.

Il loro è un thrash, energico e brillante, che bada decisamente al sodo, molto vicino al più tradizionale heavy metal anni Ottanta, quindi diretto e con pochi fronzoli, duro e violento. Sistemata la formazione, il quartetto di Drenthe riesce ad essere diretto e melodico, stile Megadeth per capirci. Il vocalist è davvero bravo e gli assoli si segnalano positivamente per la loro tessitura, mentre la sezione ritmica pare più cupa. Il suono è comunque abbastanza moderno in termini di produzione, pulita ed incisiva. Dopo la bella e deflagrante Pawns of War, la seguente Burning Bridges è un determinato speed metal vecchia scuola nella vena degli Accept del sommo Restless and Wild. La title-track è emozionante e coinvolge non poco, con molta qualità nel lavoro di riffing. Una sfavillante doppia cassa illumina She-Devil. Assai costruita la successiva Purgatory, una vera narrazione musicale elettro-acustica, alla Running Wild, tra dark ed epic metal. Follow His Order è un omaggio alla NWOBHM, mentre i rimanenti pezzi di Hybris tornano con efficacia alla tradizione speed più classica. Veramente un bel cd.

Tracklist
1- Pawns of War
2- Burning Bridges
3- Hybris
4- She-Devil
5- Purgatory
6- Follow His Order
7- Lust For Power
8- Run For Your Life
9- Losing Sanity

Line-up
Remco Smit – Vocals / Guitars
Ronald Reinders – Guitars
Joeri Klaassens – Bass
Gerald Warta – Drums

OVERRULED – Facebook

Fantasy Opus – The Last Dream

Album lunghissimo, ma che sicuramente merita tutta l’attenzione ed il tempo necessario per farlo proprio, The Last Dream a tratti sa regalare emozioni, quindi è assolutamente consigliato ai fans dei suoni power e progressivi.

Un colosso power progressivo è questo ultimo lavoro dei portoghesi Fantasy Opus, band attiva dal 1999 con il monicker Black Thunder, poi cambiato in quello attuale, prima di iniziare una carriera che purtroppo li ha visti sul mercato solo con un demo uscito nel 2001 ed il full length Beyond Eternity, debutto targato 2009.

Nove anni sono passati prima che i Fantasy Opus tornassero con quest’opera studiata in ogni dettaglio, prodotta con cura certosina e concettualmente divisa in due parti: la prima che ha come tema principale il mare e la seconda composta dalle ultime sei tracce che formano una suite, un viaggio romantico e surreale attraverso l’universo generato all’interno dei sogni e della psiche di un vecchio morente.
Musicalmente l’album segue le coordinate del classico power metal con inserti progressivi, quindi aspettatevi lunghe cavalcate dove la band spara ritmiche in doppia cassa, cambi di tempo e crescendo epico progressivi, valorizzati da parti orchestrali e cori magniloquenti.
Settanta minuti di musica pesante non sono pochi, la band si avvale comunque di un buon songwriting che le permette di uscire vincitrice da questa estenuante sfida metallica.
Symphony X e Angra sono le band che più hanno ispirato i portoghesi: da una parte il progressive dal piglio drammatico ed oscuro classico della band di Russell Allen e Michael Romeo, dall’altra i ricami orchestrali del gruppo brasiliano valorizzano l’anima power metal dalle reminiscenze tedesche (Gamma Ray) innate nei Fantasy Opus, per un risultato convincente, specialmente in brani come Chosen Ones, l’epica Conquer The Seas e i tredici minuti della monumentale Perfect Storm.
Album lunghissimo, ma che sicuramente merita tutta l’attenzione ed il tempo necessario per farlo proprio, The Last Dream a tratti sa regalare emozioni, quindi è assolutamente consigliato ai fans dei suoni power e progressivi.

Tracklist
1. Ritual Of Blood
2. Heaven Denied
3. Chosen Ones
4. Lust
5. Conquer The Seas
6. Black Angels
7. Every Scar Tells A Story
8. Perfect Storm
9. Oceans
10. Realm Of The Mighty Gods
11. King Of The Dead

Line-up
Leonel Silva – Vocals
Nilson Santágueda – Bass
Marcos Carvalho – Lead guitars
Ruben Reis – Rhythm guitars
Ricardo Allonzo – Drums

FANTASY OPUS – Facebook

Massimo Canfora – Create Your Own Show

Non ci si stanca mai con la raccolta di brani che compongono Create Own Your Show, la chitarra “parla” così, oltre ad un solo brano cantato, tutte le tracce si distinguono per un loro andamento senza che Canfora soffochi il sound sotto una valanga di note.

Nell’underground metal/rock tricolore non sono pochi i chitarristi di talento che si cimentano nella non facile impresa di scrivere album strumentali, molti fin dall’inizio della loro carriera, altri invece a suggellare anni di esperienze e nel mondo musicale.

Massimo Canfora è un chitarrista romano e Create Your Own Show è la sua prima uscita solista, scelta dovuta all’esigenza di riassumere in un album una parte della sua vita artistica.
Aiutato da musicisti e amici della scena capitolina, Canfora dà vita d un album molto interessante, nel quale le doti tecniche sono messe al servizio di una raccolta di brani che fluiscono in note melodiche, mantenendo in alcuni casi una forte impronta heavy e spaziando con disinvoltura tra una manciata di generi che compongono il vasto universo del metal/rock.
Hard rock, rock ‘n’ roll, metal, progressive e poi un’infinità di piccoli camei compositivi spostano gli equilibri su altrettanti generi, usati dal musicista romano per creare un lavoro interessante e dall’ascolto piacevole.
Non ci si stanca mai con la raccolta di brani che compongono Create Your Own Show, la chitarra “parla” così, oltre ad un solo brano cantato (No Right), tutte le tracce si distinguono per un loro andamento senza che Canfora soffochi il sound sotto sotto una valanga di note.
Create Your Own Show e Crysis aprono l’album con un hard & heavy robusto, a seguire si susseguono piccole gemme come Fake Papyrus (psichedelica e settantiana), Sun In The Box (dall’iniziale atmosfera che ricorda il pop anni cinquanta) e le due parti di Screamers.
Un album molto interessante, consigliato agli amanti del metal/rock strumentale e dell’hard & heavy progressivo, vario e melodico quanto basta per tenere inchiodati alle cuffie godendo del talento di questo ottimo musicista e compositore nostrano.

Tracklist
01 – Create Your Own Show
02 – Crysis
03 – Transmission
04 – Fake Papyrus
05 – Sun In The Box
06 – Blue Snow On The Beach
07 – Valiant & Valiant
08 – CR7
09 – Screamers Part 1
10 – Screamers Part 2
11 – Zubrowska Republic
12 – No Right
13 – Pay The Ticket

Line-up
Massimo Canfora

MASSIMO CANFORA – Facebook

Warrel Dane – Shadow Work

Shadow Work è un testamento ed un tributo con il quale i fans del grande artista e cantante americano non possono mancare l’appuntamento; il voto in calce all’articolo non è solo dovuto alla comunque alta qualità della musica qui presente ma, mai come in questo caso, vale per un’intera carriera.

Warrel Dane è stato uno dei personaggi più importanti che il mondo metal abbia potuto annoverare negli ultimi trent’anni.

Prima con i seminali Sanctuary e poi con gli straordinari Nevermore ha regalato una manciata di capolavori, partendo dall’accoppiata Refuge Denied/Into The Mirror Black che ha segnato il metal classico delle fine degli anni ottanta, poi con gli immensi Dreaming Neon Black e Dead Heart In A Dead World che, dieci anni, dopo accompagnarono il metal nel nuovo millennio aprendo porte artistiche e stilistiche ancora oggi da attraversare completamente.
Il suo intuito come songwriter, unito ad un modo di cantare unico e teatrale che ha fatto scuola, hanno commosso ed esaltato migliaia di fans in tutto il mondo, dal 13 dicembre dello scorso anno orfani di questo straordinario protagonista della nostra musica.
Si dice di lui che fosse soprattutto un grande uomo, come tutte le anime sensibili sempre in lotta con i suoi demoni e che il fato abbia voluto portarselo via in modo improvviso, tanto che c’è voluta più di una conferma dal mondo del web prima di rendersi conto che la notizia della sua morte era da aggiungere alla lunga lista di scomparse illustri di questi ultimi anni.
Dane è morto in Brasile dove, insieme alla sua band composta da Johnny Moraes (chitarra), Thiago Oliveira (chitarra), Fabio Carito (basso) e Marcus Dotta (batteria), stava registrando il suo nuovo album solista, dieci anni dopo Praises to the War Machine e la reunion con i Sanctuary: un lavoro che, con il titolo Shadow Work, vuole essere il giusto tributo a questo straordinario artista scomparso proprio mentre lavorava a quest’opera che esce incompleta ma offrendo ugualmente l’idea della bontà del materiale composto per l’occasione.
Il sound di questa raccolta di brani, composta da sei inediti più intro e la cover di The Hanging Garden dei Cure (devastante esperimento già apprezzato con The Sound Of Silence nel capolavoro Dead Heart In A Dead World), risulta in tutto e per tutto il classico thrash metal progressivo di scuola Nevermore, con Dane che sfoggia una buona forma e i soliti saliscendi sulle scale di una emotività viscerale e profonda, tra toccanti trame melodiche e tragici salti in un baratro che l’uomo descrive con una disperazione da belva ferita da anni di eccessi.
Shadow Work è un testamento ed un tributo con il quale i fans del grande artista e cantante americano non possono mancare l’appuntamento; il voto in calce all’articolo non è solo dovuto alla comunque alta qualità della musica qui presente ma, mai come in questo caso, vale per un’intera carriera.

Tracklist
01. Ethereal Blessing
02. Madame Satan
03. Disconnection System
04. As Fast As The Others
05. Shadow Work
06. The Hanging Garden (The Cure cover)
07. Rain
08. Mother Is The Word For God

Line-up
Warrel Dane – Vocals
Fabio Carito – Bass
Marcus Dotta – Drums
Johnny Moraes – Guitars
Thiago Oliveira – Guitars

Rawfoil – Evolution in Action

Eccellente esordio per questa promettente band lombarda, titolare di un debutto sulla distanza che è un vero omaggio alla grande tradizione dello speed metal anni Ottanta.

Dopo aver firmato per la Punishment 18 Records, la formazione italiana di speed metal dei Rawfoil si presenta ora al debutto, con Evolution in Action, album la cui bellissima grafica si deve a Roberto Toderico (Pestilence, Tygers of Pan Tang, Athlantis, Sadistic Intent e Sinister, tra gli altri).

Il gruppo è nato a Monza, nel 2009 ed in quasi dieci anni ha potuto maturare e perfezionarsi sempre di più, la ragione per la quale questo compact di esordio si presenta già come un prodotto decisamente valido e all’altezza. Il quintetto brianzolo, fondato da ex membri di Ignorance Flows e Theory of Chaos, ci propone otto canzoni veloci ed entusiasmanti, che colmano l’attuale vuoto in Italia tra il più classico heavy anglo-europeo e il thrash metal americano meno radicale. Gli appassionati di Anvil, Raven e Liege Lord sono quindi avvisati.

Tracklist
1- Evolution in Action
2- Josey Wales
3- Broken Black Stone
4- Fail
5- Demons Inside
6- Reflect the Death
7- Circle of Hate
8- Wrath of War Mankind

Line-up
Lorenzo Riboldi – Bass
Francesco Ruvolo – Vocals
Giacomo Cappellin – Guitars
Ruben Crispino – Guitars
Sborradamatti – Drums

RAWFOIL – Facebook

Abrin – Hell on Earth

Ottimo disco della band moscovita, con sonorità germaniche che molto piaceranno, sia ai thrashers, sia ai defenders.

I russi Abrin arrivano con Hell on Earth al quarto disco, in otto anni.

Un’ottima media, per una band che con questo nuovo lavoro abbandona in via definitiva il cirillico in favore dell’inglese. La line-up sembra essere adesso finalmente stabile e risultano più che apprezzabili i contributi di ospiti esterni, membri di Udo e Arkona. Il gruppo di Mosca esplora quei territori thrash più vicini al metal classico e in particolare allo speed dei primi Helloween, con canzoni ricche di velocità e potenza, freschezza e belle melodie. Il prodotto finale è quindi decisamente tedesco per stile e suoni, con azzeccatissime armonizzazioni chitarristiche che scorrono più che bene e lasciano il segno. La produzione è ottima, il sound assai limpido. Molto intensa 1939 (dedicata all’anno che vide scoppiare la Seconda Guerra mondiale) e davvero emblematica la conclusiva Heavy Metal, un pezzo che sin dal titolo si propone come un autentico manifesto di pensiero true metal. Avanti così.

Tracklist
1- Hell on Earth
2- Prisoners of the Abyss
3- A Monster in Disguise
4- Slavery
5- Looking All Around
6- Deception
7- The Willpower
8- The Last Run
9- 1939
10- Heavy Metal

Line-up
Maxim Garanin – Bass
Vahktang Zadiev – Vocals
Vyacheslav Zavershnev – Guitars
Alexander Mavromatidis – Drums

ABRIN – Facebook

Sage – Anno Domini 1573

Anno Domini 1573 è un album che può farsi valere nel mondo del metal classico ed un ottimo debutto per un gruppo che non sciorina i soliti cliché sinfonici, ma esibisce sonorità epiche che evocano alzate di scudi e spade verso il cielo minaccioso.

La Croazia e la vicina Slovenia sono terre in cui la natura lascia senza fiato, sia sulla costa che nell’interno, dove splendide foreste secolari fanno parte del territorio di feudi medievali su cui si ergono castelli e roccaforti.

E’ da qui che probabilmente i Sage prendono spunto per la propria musica e le atmosfere che si respirano in Anno Domini 1573, ottimo primo lavoro del sestetto proveniente da Zagabria.
La band è attiva da cinque anni, ma solo ora arriva al debutto discografico, licenziato dalla Rockshots Records in questo autunno che si tinge di rosso, come il sangue dei cavalieri, trafitti dalle spade e le lance sul campo di battaglia testimone dello scontro feroce di cui l’album è colonna sonora.
Power metal, dunque ma non solo, nella musica dei Sage, dove si aggirano spiriti epic ed heavy metal di tradizione ottantiana che, con il power, formano un potente esempio di musica metal da dare in pasto ai tanti defenders sparsi per il mondo.
Anno Domini 1573 parte con la progressiva Rivers Will Be Full of Blood, che in parte dà l’idea di quello che andremo ad ascoltare nel corso dell’album ma che non è diretta come ci si attenderebbe in apertura di un lavoro del genere.
La band si rifà subito con Rebellion e da qui in poi è un susseguirsi di brani più immediati (Dragon Heart) ed altri più epici e lasciati scorrere su mid tempo heavy (Two Souls, Man Of Sorrow).
Con Join Us i Sage giocano con l’epico incedere alla Dio, influenza importante nell’economia del sound così come gli Stormwitch, il power metal tedesco e gli Astral Doors.
Anno Domini 1573 è un album che può farsi valere nel mondo del metal classico ed un ottimo debutto per un gruppo che non sciorina i soliti cliché sinfonici, ma esibisce sonorità epiche che evocano alzate di scudi e spade verso il cielo minaccioso.

Tracklist
01. Rivers Will Be Full Of Blood
02. Rebellion
03. Wolf Priest
04. Dragon Heart
05. Two Souls
06. Blacksmith’s Tale
07. Man Of Sorrow
08. Join Us
09. Treason
10. Battle
11. Heaven Open Your Gates

Line-up
Marko Karačić – Bass
Branimir Habek – Guitars, Vocals (backing)
Enio Vučeta – Guitars, Vocals (backing)
Andrej Božić – Keyboards, Vocals (backing)
Davor Bušljeta – Vocals
Goran Mikulek – Drums

SAGE – Facebook

Through The Clouds – Blinded Minds

Un album nato sotto la bandiera della varietà stilistica, passando agevolmente dal metal più classico, al power, all’ hard rock melodico, fino a sonorità riconducibili al Seattle sound.

La Roxx Records licenzia il debutto del duo brasiliano Through The Clouds, formato da Tiago De Souza (Hand Of Fire, Perpetual Paranoia) e Paulo Lima (Vintage Machine, Rockclass).

Divisi tra la California ed il Brasile, i due musicisti rilasciano questo ottimo lavoro dal titolo Blinded Minds, un album nato sotto la bandiera della varietà stilistica, passando agevolmente dal metal più classico, al power, all’ hard rock melodico, fino a sonorità riconducibili al Seattle sound.
Blinded Minds funziona molto bene, con i due musicisti a loro agio con ogni stile usato per comporre brani interessanti, assolutamente imprevedibili, specialmente ad un primo ascolto nel corso del quale veniamo sballottati dal power dell’opener Crossfire all’hard & heavy di scuola Jorn della title track.
Make You Choice è un massiccio brano hard rock valorizzato da tastiere che riportano all’aor di scuola ottantiana, così come la ballad Lost, mentre Unforgiven è un classico brano metallico di scuola Dio, attraversato da ritmiche thrash nel refrain e, infine, Wondering risulta una ballad di frontiera, tra Bon Jovi e Pearl Jam.
Gli Alice In Chains appaiono e scompaiono tra le armonie chitarristiche dei vari brani, valorizzando un lavoro libero di attraversare decenni di musica metal/rock senza barriere, uno sconfinato spartito musicale dagli anni ottanta ai giorni nostri.
I Through The Clouds hanno dato vita ad un lavoro molto coinvolgente, composto da belle canzoni e ovviamente consigliato a chi apprezza i generi citati senza pregiudizio alcuno.

Tracklist
1. Crossfire
2. Blinded Minds
3. Make Your Choice
4. Better Way
5. Lost
6. Unforgiven
7. Hard Times
8. Wondering
9. Blinded Minds (Reprise)

Line-up
Tiago De Souza
Paulo Lima

THROUGH THE CLOUDS – Facebook

Asylum – 3-3-88

Oltre ad essere un documento storico, questa raccolta inedita, che ha girato per anni in forma di mp3 fra i collezionisti più accaniti, è un ottimo disco e soprattutto una validissima introduzione a ciò che poi saranno gli Unorthodox.

Ritorna uno dei dischi fondamentali della storia del doom metal del Maryland, una delle scene più feconde ed influenti per questo lento e devastante sottogenere del metal.

Gli Asylum nacquero negli anni ottanta, e da questo gruppo nacquero poi gli Unorthodox, un altro grande gruppo di quello stato, ed infatti l’ultima traccia di questo lavoro ha proprio quel nome. Questo lavoro non vide mai la luce, ed è composto da canzoni e demo mai pubblicati. Lo stile è quello del doom del Maryland in fase di formazione, nel senso che è ancora forte l’influenza dell’heavy metal sul gruppo, e si potrebbe affermare che sia un metal non ancora doom, ma con al suo interno un nucleo di composizione differente dall’heavy canonico, che risente fortemente anche della tradizione americana. Colpisce anche la bravura tecnica della band, di molto superiore alla media di quel periodo, e ciò si riflette anche sulla composizione dei pezzi. Ascoltando il disco si può percepire molto bene il cambiamento stilistico degli Asylum, che avanza sempre di più verso una forma maggiormente dilatata del suono, acquistando anche maggiore pesantezza, e valicando spesso i confini della psichedelia, con un suono davvero in stile Maryland. Oltre ad essere un documento storico, questa raccolta inedita, che ha girato per anni in forma di mp3 fra i collezionisti più accaniti, è un ottimo disco e soprattutto una validissima introduzione a ciò che poi saranno gli Unorthodox, un gruppo fondamentale per una certa scena doom, che intitolerà il suo disco di esordio proprio Asylum. Il loro talento qui esce con prepotenza, senza lasciare nulla di intentato, e ci troviamo di fronte ad una notevole opera recuperata con grande merito dalla Shadow Kingdom Records.

Tracklist
1. World In Trouble
2. Mystified
3. Time Bomb
4. Road To Ruin
5. Psyche World
6. Forgotten Image
7. Nowhere
8. Funk 69
9. Indecision
10. Unorthodox

Switchblade Jesus/Fuzz Evil – Second Coming Of Evil: Chapter 7

Second Coming Of Evil: Chapter 7 risulta è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda lo stoner/sludge, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità

Uscito qualche tempo fa, questo split, come suggerisce il titolo, è il settimo capitolo dell’interessante iniziativa della Ripple Music, che consiste nel portare in superficie ottime band underground con questo tipo di uscite curate nei minimi dettagli.

Il settimo sigillo della label presenta due notevoli band statunitensi, i pesantissimi texani Switchblade Jesus e gli heavy/rocker dell’Arizona Fuzz Evil.
Il trio proveniente dal Texas risulta attivo dal 2010, con il debutto omonimo risalente al 2013: i tre brani presenti in questo split risultano altrettante mazzate heavy/stoner/sludge rock, attraversate da un’aura psichedelica ed un’attitudine vintage che ci riporta negli anni settanta.
Snake And Lion è un brano hard rock che si muove tra pesantezza sludge, blues acido e psych rock travolgente, mentre la seguente Wet Lungs, si apre con un cameo country per poi lasciare spazio ad un riff in crescendo, monolitico e cadenzato.
Heavy Is The Mountain è un perdersi nel deserto affrontando il caldo letale, un trip psichedelico, un incubo stoner/sludge rock che lascia spazio al rock’nroll dei Fuzz Evil.
Altro trio, la band proveniente dall’Arizona mostra un impatto più rock, con uno stoner desert urgente e diretto dal quale scaturiscono quattro scariche di adrenalina dalle quale fanno capolino gli Stooges.
Anche per i Fuzz Evil il mood è settantiano, grazie ad un rock vintage drogato da iniezioni letali di stoner rock che unisce in una jam psychedelica Stooges e Kyuss: una manciata di tracce per convincere l’ascoltatore travolto dalla forza dei loro colleghi texani ed ora ringalluzzito dall’onda desert rock’n’roll di Better Off Alon, Grave And Cupids, If You Know e la più marcia e strippata Flighty Woman.
Second Coming Of Evil: Chapter 7 è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda il genere, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se si è amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.(Switchblade Jesus) Snakes And Lions
2.(Switchblade Jesus) Wet Lungs
3.(Switchblade Jesus) Heavy Is The Mountain
4.(Fuzz Evil) Better Off Alone
5.(Fuzz Evil) Grave And Cupids
6.(Fuzz Evil) If You Know
7.(Fuzz Evil) Flighty Woman

Line-up
Switchblade Jesus :
Jon Elizondo – Drums
Eric Calvert – Guitars
Chris Black – Bass

Fuzz Evil :
Wayne Rudell – Vocals, Guitars
Joseph Rudell – Vocals, Bass
Orgo Martinez – Drums

SWITCHBLADE JESUS – Facebook

Arcane Tales – Legacy Of The Gods

Gli Arcane Tales sono la versione musicale dei racconti scritti di Luigi Soranno, scrittore e polistrumentista veronese giunto al quarto full length della sua one man band.

Gli Arcane Tales sono la versione musicale dei racconti scritti di Luigi Soranno, scrittore e polistrumentista veronese giunto al quarto full length della sua one man band.

Soranno costruisce la degna colonna sonora ai suoi racconti fantasy, suonando tutti gli strumenti e dedicandosi con ottimi risultati al microfono, creando una serie di brani di epico e sinfonico power metal.
Un altro bellissimo concept conferma il talento di questo artista nostrano, che tutto solo come un guerriero errante dà vita ad un’opera che poco ha da invidiare ai nomi che più riecheggiano nella nostra mente all’ascolto di Legacy Of The Gods.
Rhapsody e compagnia di cavalieri senza macchia e paura sono ovviamente le ispirazioni primarie per la musica degli Arcane Tales, anche se le atmosfere sono più oscure ed il symphonic power metal di brani come la title track o il piccolo devastante capolavoro The Angel Of Death è più estremo, specialmente nelle ritmiche che risultano veloci e potenti come un attacco a sorpresa di un gruppo guerriero ad un sperduto villaggio.
Soranno dimostra di possedere più di un talento oltre alla bravura come quale di opere di genere e scrittore, alzando la qualità di un songwriting che non trova ostacoli o cedimenti.
Se proprio si vuol trovare un difetto, la produzione non risulta all’altezza della musica composta, dettaglio perdonabile e superato dalla di gran lunga dalla bellezza di queste nove composizioni.
Chi non conosce gli Arcane Tales si avvicini senza timore a quest’opera di power metal sinfonico che, se risulta debitrice nei confronti dei Rhapsody, riesce a coinvolgere non poco.

Tracklist
1. Divine Fire Burns Within
2. Breaking The Hard Chains Of Destiny
3. Legacy Of The Gods
4. Pathway To A Forbidden Place
5. Inside The Arcane Reign
6. The Angel Of Death
7. Between These Silent Shores
8. Axes And Hammers
9. Magic Horizons At Nightfall

Line-up
Luigi Soranno – Voice, guitars, ritmic & orchestral section programming

ARCANE TALES – Facebook

Powerdrive – Rusty Metal

Rusty Metal si rivela un lavoro imperdibile grazie a dieci brani perfetti, dieci inni al rock’n’roll style, dai chorus che, dopo un solo ascolto, sono già lì a ronzarvi in testa, dieci candelotti di nitroglicerina dai riff scolpiti sulle tavole della legge del rock.

Girate la chiave, accendete i motori e lasciate che la vostra macchina metallica sfrecci nella notte tra le curve della riviera del ponente ligure fino al ponte immaginario che vi collegherà alle coste degli States, tra la città degli angeli e le strade della polverosa frontiera.

L’ascolto del debutto dei rockers savonesi Powerdrive sarebbe da vietare mentre si è alla alla guida; troppo pericoloso, troppi effetti collaterali, troppa voglia di schiacciare il piede sul pedale dell’acceleratore e portare la vostra auto e i vostri sensi al limite: d’altronde The Road Is My Best Friend come canta Machine Gun Miche, vocalist dei Machine Gun Kelly, uno che di hard rock se ne intende.
I Powerdrive nascono nel 2013, ma dopo poco tempo l’attività si ferma per ricominciare nel 2015, con una line up che vede, oltre al cantante, Dr. Rock (ex Sfregio, Denial, Hastur) e Jacopo Napalm (Eligor ex Sacradis, Hastur) alle chitarre, Roby Grinder (Winternius, ex Sacradis, Sfregio, Hastur) al basso e Ylme (ex Sfregio, Lethal Poison) alla batteria.
Dopo essere stata chiusa ai Blackwave Studios quel tanto che basta per uscirsene con questa esplosiva raccolta di brani, la band piazza uno straccio dentro il serbatoio del bolide che li ha portati in giro nella notte, avvicina la fiamma dell’accendino e mentre le prime note dell’opener riempiono lo spazio, il botto e le fiamme fanno da coreografia al loro hard & heavy, pregno di rock ‘n’roll di scuola Ac/Dc, Motorhead e della scuola losangelina.
Rusty Metal si rivela un lavoro imperdibile grazie a dieci brani perfetti, dieci inni al rock’n’roll style, dai chorus che, dopo un solo ascolto, sono già lì a ronzarvi in testa, dieci candelotti di nitroglicerina dai riff scolpiti sulle tavole della legge del rock.
Solo Lady Of The Moonlight, power ballad posta a metà album, raffredda i bollenti spiriti dell’ascoltatore, travolto dalla forza dei quattro brani che danno il via al bombardamento targato Powerdrive; rilassate le membra si riparte con Serpent Seib e non ci si ferma più.
Hard To Survive, Living, il punk rock di Singin’ In The Cemetery (che tanto sa di Ramones) e la canzone autointitolata vi strapperanno un sorriso maligno: è l’ora di togliersi la cravatta, sbottonare la camicia, salire in auto e sfrecciare nella notte con l’acceleratore a tavoletta e il rock’n’roll dei Powerdrive nelle orecchie.

Tracklist
1.The road is my best friend
2.Hard to survive
3.Living hell
4.On the run
5.Moonlight lady
6.Serpent seib
7.Fire in the small club
8.Midnight dancer
9.Powerdrive
10.End of the world

Line-up
Machine Gun Miche – Vocals
Dr. Rock – Guitars
Jacopo Napalm – Guitars
Roby Grinder – Bass
Ylme – Drums

POWERDRIVE – Facebook

Iron Void – Excalibur

Ascoltare gli Iron Void è come tornare in un luogo che è profondamente nostro ma che è stato seppellito e dimenticato dalla foga moderna, un ritorno al bello ed antico.

Dire Iron Void in campo doom metal è sinonimo di grande musica ed epici racconti, un medioevo altro, duro pesante e con riff di chitarra che spazzano via tutto.

Il gruppo inglese è qui alla terza prova:il disco uscirà a breve, dopo aver subito diverse posticipazioni. Il risultato degli sforzi del trio è notevole come i due dischi precedenti, anzi superiore. Chi ha ascoltato le opere prima di Excalibur sa già cosa aspettarsi, ovvero un doom metal molto canonico e fatto alla perfezione, con quel gusto che solo certi gruppi inglesi ci mettono dentro. Classicità gestita molto bene grazie ad un talento che è al di sopra della media, e che consente di trovare soluzioni adeguate sempre all’altezza e molto interessanti. Il respiro delle composizioni degli Iron Void è ampio e possente, con giri di chitarra sontuosi ai quali si va ad aggiungere una voce che è perfetta per il genere, ed una sezione ritmica pressoché inappuntabile. Il suono deve molto a mostri sacri quali St. Vitus, Pentagram e gruppi metal anni ottanta, ma la classe di questa band porta tutto ad un livello superiore. Le storie narrate sono epiche, cappa e spada che ci porta al medioevo del Graal e di Lancillotto, in quella che è poi una ricerca ed una lotta interiore, fra noi e i nostri demoni. La bellezza che sta in un disco come Excalibur è quella del doom classico, che è un genere che regala davvero grande soddisfazione a chi lo ama e lo segue fedelmente, perché è difficile che un disco come questo venga apprezzato da chi non ama certe sonorità lente, ma più impetuose, di molta musica assai più veloce. Ascoltare gli Iron Void è come tornare in un luogo che è profondamente nostro ma che è stato seppellito e dimenticato dalla foga moderna, un ritorno al bello ed antico. Grande prova che li imporrà all’attenzione mondiale.

Tracklist
1. Dragon’s Breath
2.The Coming of a King
3.Lancelot of the Lake
4.Forbidden Love
5.Enemy Within
6.The Grail Quest
7.A Dream to Some, A Nightmare to Others
8.The Death of Arthur
9.Avalon

Line-up
Jonathan ‘Sealey’ Seale – Bass/Vocals
Steve Wilson – Guitars/Vocals
Richard Maw – Drums

IRON VOID – Facebook

Malacoda – Restless Dreams

E’ un’opera di spessore questo Restless Dreams, dalla durata importante (un’ora circa) lungo la quale gli incubi di Silent Hill prendono vita grazie alla musica del gruppo canadese.

Recensiti lo scorso anno sulle nostre pagine in occasione dell’uscita dell’ep Ritualis Aeterna, tornano i canadesi Malacoda, interessante band che nel proprio sound coniuga gothic metal, heavy/power e metal melodico, oscuro e dalle tematiche horror, ma pur sempre pervaso splendide melodie.

I Got A Letter, traccia inserita nel precedente lavoro, anticipava il concept dietro a questo nuovo full length intitolato Restless Dreams, che vede il gruppo alle prese con il videogioco Silent Hill 2 e le sue terrificanti avventure tra le nebbie malvagie della famosa città fantasma (da cui è stata tratta in passato anche la versione cinematografica).
Un uomo riceve una lettera dalla defunta moglie che lo invita a Silent Hill: inizia così per lo sventurato protagonista un viaggio delirante tra le nebbie opprimenti e gli incubi del terrificante luogo maledetto, accompagnato dalla musica dei Malacoda i quali confermano tutte le buone impressioni suscitate all’ascolto del precedente lavoro.
E’ un’opera di spessore questo Restless Dreams, dalla durata importante (un’ora circa) lungo la quale gli incubi di Silent Hill prendono vita grazie alla musica del gruppo canadese guidato Lucas Di Mascio, protagonista di una prova al microfono molto coinvolgente, tra toni gotici e melodici e screams malefici, mentre la musica segue la formula collaudata di un heavy metal dai rimandi gothic e dalle sfumature estreme, dal piglio orrorifico e drammatico, che concede aperture melodiche suggestive.
Non rimane che essere testimoni del drammatico viaggio del protagonista tra il grigio soffocante del terrorizzante luogo, mentre la band si muove tra le parti della vicenda con maestria.
L’atmosfera che pervade le varie tracce è oscura e pronta a esplodere in terrificanti passaggi horror/metal; i momenti di altissima tensione si sprecano e l’album non perde un’oncia della suo teatrale e drammatico piglio, donando brani che coniugano con facilità disarmante l’anima gotica dei più melodici Type O Negative al dark black metal dei primi Katatonia e al U.S. metal di Iced Earth e Metal Church.
I brani seguono la storia, veri e propri capitoli che raccontano le terrificanti vicende nella città fantasma e che offrono, nella conclusiva Our Special Place, il sunto in una dozzina di minuti dell’intero nuovo lavoro targato Malacoda.

Tracklist
01. The Fog of Memory
02. I Got A Letter
03. Wrapped In Laments
04. In Static
05. Knives
06. Mannequin Heart
07. Youth Is Innocence
08. Doppleganger
09. Darkness Leads The Way
10. The Labyrinth Within
11. Dominance
12. Abstract Care
13. The Symbol Of Pain
14. Our Special Place

Line-up
Lucas Di Mascio – Vocals/Bass/Guitar/Keys
Tiny Basstank – Bass
Mick D Kiss – Guitar
Vlad “The Vampire” Prokhorov – Drums

MALACODA – Facebook

Toy Called God – Socialvangelism

Il gruppo riesce a mettere assieme l’heavy metal, momenti di hard rock molto piacevoli ed durezze più vicine al groove, il tutto senza fare confusione e perdere la propria identità.

Viviamo in un’epoca in cui si è smarrito il senso delle cose e in cui la vita si svolge più sui social che in strada o in famiglia.

Attraverso i social noi vendiamo una visione di noi stessi appetibile e spendibile con altre uguali a noi: tutto ciò si potrebbe chiamare Socialvangelism, come l’ultimo disco dei californiani Toy Called God. Questi americani fanno un groove metal tendente all’heavy metal con testi molto intelligenti e mai ovvi. Non cambieranno la storia della musica e non saranno mai delle stelle che faranno interminabili tour di addio alle scene, ma possono cambiarvi in meglio la giornata e far capir qualcosa in più di questo mondo, o semplicemente regalarvi qualche bel momento di metallico piacere. Il gruppo riesce a mettere assieme l’heavy metal, momenti di hard rock molto piacevoli ed durezze più vicine al groove, il tutto senza fare confusione e perdere la propria identità. Il suono è solido e ben prodotto, e loro incarnano il meglio che possa avere un gruppo underground, ovvero talento, dedizione e cose da dire. I testi sono taglienti e non fanno sconti a nessuno, soprattutto a noi stessi, nel senso che ci buttano addosso le nostri croci, specialmente quelle che seminiamo nelle nostre penosità sui social. La musica è varia e riesce a tenere vivo l’interesse e l’ascolto, con un timbro molto americano che ben si sposa con il loro suono. In definitiva Socialvangelism è un disco da ascoltare come quelli precedenti dei Toy Called God, che si confermano un gruppo valido che produce sempre dischi divertenti ed interessanti, con testi che spiccano e sono duri ed ironici al contempo. Se darete loro una possibilità non ne rimarrete certamente delusi.

Tracklist
1 United Corporations of America
2 Just You and Me
3 Punch Life in the Face
4 Nothing but a Lie
5 Stain of Mind
6 She
7 Pretend
8 Miss Me
9 Take a Bullet Not a Selfie
10 Eleanor Rigby
11 #Socialvangelism

Line-up
Marcus Lance – Vox
Jacob Baptista- drums
Damian Lewin – bass
Patrick Donovan – guitar

TOY CALLED GOD – Facebook

Holy Shire – The Legendary Shepherds Of The Forest

Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Il nuovo lavoro dei milanesi Holy Shire era atteso con trepidazione e non poca curiosità da chi segue l’underground metallico tricolore, dopo il bellissimo esordio di ormai quattro anni fa intitolato Midgard.

La band in questo lungo periodo non ha praticamente mai smesso di suonare live e ora l’ombra del drago si staglia nel cielo autunnale di quest’anno che si avvia alla fine, portando nuova musica che va a comporre The Legendary Shepherds Of The Forest.
E il drago campeggia nella copertina, creata dal batterista Maxx, per quello che risulta un altro viaggio fantastico nella musica senza tempo del gruppo, portando con sé qualche novità nella formazione ed una manciata di ospiti a valorizzare queste nuove undici composizioni.
The Legendary Shepherds Of The Forest è stato registrato e mixato al Noise Factory Studio di Milano, per poi essere affidato a Mika Jussila per la masterizzazione ai leggendari Finnvox Studios.
Kima Chiara Brusa al flauto e Frank Campese alla chitarra sono i nuovi entrati nella formazione ufficiale degli Holy Shire, ai quali si è aggiunta in seguito ed in sede live Claudia Beltrame, mentre sull’album come scritto in precedenza figurano una serie di ospiti tra cui Federico Maffei (Folkstone), che si è occupato della produzione artistica della seconda parte dell’opera, Masha Mysmane (Exilia), che ha curato gli arrangiamenti di tutto l’album, e poi Simona Aileen Pala, Francesca Chi, Lisy Stefanoni e Piero Chiefa.
Con queste premesse la curiosità e le aspettative nei confronti nuovo album sono logicamente aumentate, insieme alla consapevolezza che il gruppo non aveva lasciato nulla di intentato, ripresentandosi agli ascoltatori nella sua veste migliore.
Il sound continua sulla strada intrapresa nel lavoro precedente, ed anche in questo caso le soluzioni orchestrali e talvolta eccessive di molte realtà del genere sono sostituite da un approccio più raffinato ed elegante, con la parte metallica che, solo a tratti, sconfina nel power per solcare strade più classiche e a loro modo progressive.
Le tematiche fantasy sono accompagnate da passaggi più moderni rispetto al passato (la title track), mantenendo una forte connotazione classica, meno rock e più folk, ma sempre d’autore con il flauto che detta atmosfere dal retrogusto medievale, e l’uso eccelso delle voci, perfettamente sublimi in ogni contesto; un passo avanti auspicato e confermato da splendidi brani come Danse Macabre, Princess Aries, la progressiva ed epica At The Mountains Of Madness e l’oscura sinfonia di Inferno.
Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Tracklist
1. The Source
2. Tarots
3. Danse Macabre
4. The Legendary Shepherds Of The Forest
5. Princess Aries
6. Ludwig
7. At The Mountains Of Madness
8. The Gathering
9. Inferno
10. Ophelia
11. The Lake

Line-up
Massimo Pianta – TheMaxx – Drums
Erika Ferraris – Aeon – Dragon Vocals
Claudia Beltrame – DeepBlue – Unicorn Vocals
Andrea Faccini – Andrew Moon – Guitar
Frank Campese – Guitar
Piero Chiefa – Blackbass – Bass
Chiara Brusa – Kima – Flute

HOLY SHIRE – Facebook

Stratovarius – Enigma: Intermission II

Enigma: Intermission 2 è un’ottima compilation di inediti, B-side, canzoni rare e versioni orchestrali prese dalla seconda parte della discografia del gruppo finlandese.

Partiamo da questa inconfutabile verità: gli Stratovarius di Episode, Visions e dei sottovalutati Destiny e Infinite non esistono più, quindi diventa antipatico scrivere delle opere del gruppo continuando a fare paragoni scomodi che lasciano il tempo che trovano.

Se prendiamo per buona questa affermazione allora possiamo sicuramente giudicare un’opera come Enigma: Intermission 2 come un’ottima compilation di inediti, B-side, canzoni rare e versioni orchestrali, prese dalla seconda parte della discografia del gruppo finlandese, utile per chi ha seguito con meno interesse le sorti di Timo Kotipelto e soci negli ultimi anni e per chi invece è fan accanito di uno dei più grandi gruppo di power metal neoclassico che la storia del metal ricordi.
Si perché non dimentichiamoci che, se siamo ancora qui a scrivere di un certo tipo di sonorità, il merito è anche degli Stratovarius, nell’ultimo decennio del secolo scorso sovrani incontrastati del power metal melodico di matrice scandinava.
Tolkki non c’è più da un pezzo, fatevene una ragione e prendete la band per quello che è, ovvero una grande realtà capitanata da due artisti di livello assoluto come Kotipelto e il tastierista Jens Johansson, accompagnati da tre gregari di lusso per quello che rimane uno dei migliori gruppi del genere.
Power metal melodico, suonato e cantato divinamente , sagacemente orchestrato è quanto si trova ovviamente in quei brani rielaborati per l’occasione, negli ottimi inediti che purtroppo non sono più di tre (Enigma, Burn Me Down e Oblivion) e nelle golosamente imperdibili tracce mai pubblicate.
Tutto si può dire degli Stratovarius odierni meno che la loro classe rende arduo il confronto con molte realtà odierne: probabilmente i fasti degli anni d’oro non torneranno più, ma anche questo prodotto risulta professionalmente ineccepibile, con la band che sa emozionare quando lascia i territori prevalentemente power per viaggiare sulle ali di un metal melodico ed epico debordante, ma che sa anche colpire quando decide di premere il pedale dell’acceleratore.
Settantacinque minuti del nostro tempo agli Stratovarius si regalano volentieri, aspettando un nuovo album che sembra possa arrivare il prossimo anno.

Tracklist
1. Enigma
2. Hunter
3. Hallowed
4. Burn Me Down
5. Last Shore
6. Kill It with Fire
7. Oblivion
8. Second Sight
9. Fireborn
10. Giants
11. Castaway
12. Old Man and the Sea
13. Fantasy (new orchestral version)
14. Shine in the Dark (new orchestral version)
15. Unbreakable (new orchestral version)
16. Winter Skies (new orchestral version)

Line-up
Matias Kupiainen – Guitars
Timo Kotipelto – Vocals
Lauri Porra – Bass
Rolf Pilve – Dums
Jens Johansson – Keyboards

STRATOVARIUS – Facebooks

Temtris – Rapture

Torna a ruggire la pantera Genevieve Rodda, graffiante e selvaggia vocalist dei Temtris, band storica del metal classico australiano.

Torna a ruggire la pantera Genevieve Rodda, graffiante e selvaggia vocalist dei Temtris, band storica del metal classico australiano.

Attivo dall’ alba del nuovo millennio, il quintetto arriva con questo roccioso nuovo lavoro intitolato Rapture al quinto album su lunga distanza, succedendo all’ottimo Enter The Asylum, uscito un paio d’anni fa.
La formula è quella tradizionale e segue le coordinate di un heavy metal roccioso ed oscuro, debitore di quello americano conosciuto come U.S. power metal e per questo fortemente legato a gruppi come Metal Church ed Iced Earth.
Anche Rapture, quindi, non delude i fans del genere, mostrando una raccolta di brani tellurici nei quali la singer ben figura, con la sua voce potente e d’impatto.
L’album parte sgommando con una serie di bombardamenti sonori, iniziati con la title track e che non trovano tregua fino alla semiballad Serpent, brano in crescendo che risulta uno dei più riusciti dell’album.
Si prosegue tra telluriche ritmiche heavy/power, nelle quali la singer dà prova d’essere una belva al microfono e la band che si produce in una prestazione sul pezzo anche a livello tecnico.
Parasite ricorda gli americani Benedictum di Veronica Freeman, cantante che ha non poche somiglianze vocali con la pantera dei Temtris, mentre Breathe e Fight sono cannonate metalliche di una potenza impressionante.
Grande vocalist, ottima band ed album che non può che essere un nuova esplosione heavy/power targata Temtris: consigliato.

Tracklist
01. Rapture
02. Flames Of Defiance
03. Wings Of Death
04. Run
05. Serpent
06. Parasite
07. Breathe
08. Carry You
09. Fight
10. Rise Of Dawn

Line-up
Genevieve Rodda-Vocals
Anthony Fox-Guitar
Nik Wilks -Bass
Youhan AD.- Drums
Anthony Hoffman- Guitar

TEMTRIS – Facebook

Ehfar – Everything Happens For A Reason

Metal alternativo, hard rock progressivo, impulsi moderni e classe sopraffina al servizio delle canzoni che Titta Tani interpreta con la solita bravura e quel trasporto che sottolinea quanto di suo abbia messo in questo lavoro.

Dopo tanto scrivere e suonare per gli altri Titta Tani ha deciso di fare qualcosa di completamente proprio e sono nati gli Ehfar, quartetto che si completa con Emiliano Tessitore alla chitarra (Stage Of Reality), Matteo Dondi al basso (Theia) e Andrea Gianangeli alla batteria (Dragonhammer).

Ex di DGM ed Astra (tra gli altri), batterista dei Claudio Simonetti’s Goblin e cantante degli Architects of Chaoz, Titta Tani è sicuramente una delle figure più importanti e carismatiche nella scena metal/rock tricolore, un musicista dall’enorme talento confermato anche in questo suo nuovo progetto.
La band debutta con Everything Happens For A Reason, album composto da nove brani che spaziano tra i generi in cui il mastermind si è dedicato in questi anni: quindi nell’album troverete metal alternativo, hard rock progressivo, impulsi moderni e classe sopraffina al servizio delle canzoni che Titta Tani interpreta con la solita bravura e quel trasporto che sottolinea quanto di suo abbia messo in questo lavoro.
A Man Behind The Mask risulta la traccia più classica dell’opera, con Oliver Hartmann (Avantasia, At Vance, Iron Mask) che compare come ospite al microfono, mentre il resto dell’album mantiene un approccio moderno, progressivo e a tratti durissimo, schegge impazzite di metal tecnicamente ineccepibile, tra atmosfere drammatiche ed un approccio melodico sopra le righe.
Everything Happens For A Reason ci riserva una escalation di emozioni che dalle prime note dell’opener Shout My Name, passando per il groove della seguente Night After Night, esplodono nelle due spettacolari e bellissime tracce poste verso la fine dell’opera (Victims e Master Of Hypocrisy), le quali in pochi minuti uniscono Alice In Chains, Symphony X e Savatage nello stesso splendido e drammatico spartito, prima che il crescendo di emozioni della splendida Losing You concluda questo bellissimo lavoro.
Nel mezzo tanta ottima musica metal moderna, melodica e progressiva, dura e pulsante che vi avvicinerà al mondo di questo bravissimo musicista e songwriter nostrano.

Tracklist
01. Shout My Name
02. Night After Night
03. A Man Behind the Mask
04. Dead End Track
05. Once Upon a Time
06. Someone Save Me
07. Victims
08. Master of Hypocrisy
09. Losing You

Line-up
Titta Tani – Vocals
Emiliano Tessitore – Guitars
Matteo Dondi – Bass
Andrea Gianangeli – Drums

EHFAR – Facebook