Dun Ringill – Welcome

Un disco frutto di passione e di amicizia, e di un livello musicale molto alto per un progetto davvero interessante.

Gran bel disco di stoner doom da parte di veterani della scena underground svedese di Gothenburg.

La sezione ritmica degli Order Of Israfel, ottimo gruppo con suoni simili, il bassista Patrik Andersson Winberg e il batterista Hans Lilja, decide di radunare un po’ di amici per suonare, durante l’anno sabbatico che si è preso il gruppo. Nasce così questa avventura, nella quale il primo ad essere chiamato è il cantante dalla possente voce Tomas Eriksson, militante negli Intoxicate ed ex membro dei Grotesque. A seguire arrivano i tre chitarristi, perché i Dun Ringill hanno tre chitarre che gli danno un suono unico, Tommy Stegemann dei Silverhorse, Jens Florén dei Lommi e un passato da chitarrista dal vivo per i Dark Tranquillity, e Patric Grammann, SFT, Neon Leon. Il risultato è un disco con un groove bellissimo ed avvolgente, una dimostrazione molto valida di come si possa fare musica pesante con gusto ed eleganza, creando qualcosa di nuovo in generi e sottogeneri molto inflazionati, ma Welcome è un piccolo gioiello. Molto forte nella musica, ma soprattutto nell’immaginario della tradizione folkloristica svedese, ma dimenticate i vichinghi perché qui siamo dal 1600 in giù, tra fate, folletti e foreste. Anche l’horror ha la sua importanza ed il tutto concorre a creare un disco che si fa ascoltare molto volentieri, con un importante peso specifico, in bilico fra doom, stoner e metal. La musica dei Dun Ringill è insieme affascinante, eterea e fisica, composta e suonata da musicisti appassionati e di alta levatura tecnica. Le tre chitarre fanno la loro parte, creando un suono davvero incredibile, e tutto il gruppo è più che all’altezza. Le canzoni hanno un ritmo che fondendosi con la metrica delle parole ottiene un ritmo che non ti fa scappare. Anche la produzione è notevole (Julien Fabré ha fatto un ottimo lavoro) e a curare l’artwork troviamo il loro amico Niklas Sundin, autore davvero di un ottimo lavoro. Un disco frutto di passione e di amicizia, e di un livello musicale molto alto per un progetto davvero interessante.

Tracklist
1. Welcome To The Fun Fair Horror Time Machine
(feat. Emil Rolof on Piano + Björn Johansson on Flute)
2. Black Eyed Kids (feat. Emil Rolof on Mellotron)
3. Open Your Eyes (And See The Happiness And Truth)
4. The Door
5. Snow Of Ashes
6. The Demon Within (feat. Per Wiberg on Hammond + Matilda Winberg on Intro Vocals)

Line-up
Thomas Eriksson – Vocals
Hans Lilja – Drums
Patrik Andersson Winberg – Bass
Jens Florén – Guitar
Tommy Stegemann – Guitar
Patric Grammann – Guitar

DUN RINGILL – Facebook

Freddy Delirio And The Phantoms – The Cross

Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, Freddy Delirio ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.

Uno dei musicisti più importanti della scena rock/progressive e metal tricolore, storico tastierista dei leggendari Death SS e protagonista di molti altri progetti che lo hanno visto coinvolto, torna con un nuovo album di inediti.

Federico Pedichini, conosciuto come Freddy Delirio, tramite la label genovese Black Widow licenzia The Cross, cinquanta minuti di ottima musica rock divisa in undici capitoli sotto il monicker Freddy Delirio And The Phantoms.
Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, il musicista toscano ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.
Dall’opener Frozen Planets in poi questo scrigno di musica senza tempo si apre davanti a noi: le ritmiche sono da subito grintose, e l’aura metallica del brano potrebbe ingannare l’ascoltatore, caricato di energia hard & heavy anche dal secondo brano, la splendida Guardian Angel.
Ma le porte del castello posseduto si aprono con Inside The Castle, primo capolavoro di questo lavoro, un brano orchestrato su atmosfere space/horror e valorizzato da un assolo di chitarra da brividi.
Con The Circles si entra nel cuore dell’opera, un brano horror che con il successivo In The Fog disegna paesaggi grigi di bruma, illuminati dagli occhi glaciali delle fiere nascoste tra i cespugli.
L’atmosfera di The Cross, anche grazie al superbo lavoro di Delirio alle tastiere e ad assoli chitarristici che sprizzano melodie heavy come sangue da un’arteria tagliata, alterna momenti di tensione altissima con passaggi più liquidi che si avvicinano alla new wave, per poi esplodere in cavalcate prog metal (Afterlife) o dark rock (In The Forest).
La conclusiva The Ancient Monastery è anche il brano più lungo dell’album, con il quale la band si congeda con un doom/dark/rock di scuola italiana, tradizione musicale di cui è pregno The Cross, album da avere a prescindere dai generi a cui si ispira.

Tracklist
01. Frozen Planets
02. Guardian Angel
03. Inside The Castle
04. The Circles
05. In The Fog
06. The New Order
07. Afterlife
08. In The Forest
09. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

Line-up
Freddy Delirio: Vocals, keyboards, guitars, bass and drums

Special guests:
Vincent Phibes: Guitar solos and clean guitars on “In the fog”, “Cold areas” and “The ancient monastery”
Francis Thorn: Guitar solos and additional guitars on “Frozen planets”, “Guardian angel”, “Liquid neon” and “In the forest”
Lucky Balsamo: Guitar solos on “Inside the castle”, “The new order” and “The circles”
Jennifer Tavares Silveira: Female vocals
Elenaq: Female vocals
Steve Sylvester: Vocal chorus on “The new order”
Francesco Noli: Drums
Chris Delirio: Percussion

FREDDY DELIRIO – Facebook

Dead Witches – The Final Exorcism

Lo scopo è sempre quello di soffocare l’ascoltatore, di chiudere i chiodi della bara quando esso respira ancora e ci riescono in pieno.

Torna alla grande Mark Greening, con il suo gruppo Dead Witches, per un disco di perdizione metallica e psichedelica.

Con The Final Exorcism i nostri arrivano al secondo album, tappa traditrice per più di un gruppo che loro superano brillantemente.
Intendiamoci, come formula non è nuova, ma questo suono che nasce con i Black Sabbath e viene trasformato dagli Electric Wizard, dei quali Greening è stato fondatore e batterista per poi andarsene con tantissime polemiche, qui viene portato al suo zenit, perfezionandolo ulteriormente. Le vibrazioni sono pesantissime, ed il disco è da ascoltare ad un volume furioso, allo scopo di far tornare i morti sulla terra e di farci sanguinare i nervi. La voce di Soozi Chameleone, che ha sostituito l’italiana Virginia Monti aka Psychedelic Withcraft, cantante del disco precedente Ouija, è tagliente, calda, alta e completa, e si sposa benissimo con il resto del loro suono. La chitarra è super distorta e macina riff giganteschi su riff giganteschi, il basso spinge avanti tutto e la batteria è la solita cavalcata infernale firmata Mark Greening. Lo scopo è sempre quello di soffocare l’ascoltatore, di chiudere i chiodi della bara quando esso respira ancora e ci riescono in pieno. Troviamo molta psichedelia in questo disco, infatti il suono è molto debitore degli anni sessanta e settanta, e come gli Electric Wizard i Dead Witches ne fanno una versione molto pesante e distorta, non necessariamente più moderna. Il disco pesca anche molto dall’immaginario horror, specialmente quello della defunta casa di produzioni Hammer, vero e proprio pilastro di film di dubbia qualità ma di grande impatto. Inoltre la differenza, nel caso dei Dead Witches, la fanno i particolari, perché ogni cosa è curata e ci sono riff e giri di batteria che si pongono per impatto al di sopra della media degli atri gruppi simili. Prova molto buona, sperando che non sia l’esorcismo finale.

Tracklist
1. There’s Someone There
2. The Final Exorcism
3. Goddess Of The Night
4. When Do The Dead See The Sun
5. The Church By The Sea
6. Lay, Demon
7. Fear The Priest

Line-up
Mark Greening – Assault and Battery
Oliver Hill – Guitar
Carl Geary – Fuzz Bass
Soozi Chameleone – Vox
Oliver Irongiant – Guitar

DEAD WITCHES – Facebook

Dead & Breakfast – Rebirth

Una versione più hard rock oriented dei classici Misfits con qualche spunto più moderno alla Murderdolls, per gli amanti del genere una vera ed insana goduria.

I Dead & Breakfast sono un trio di Lodi e suonano hard rock/ horror punk, sono arrivati al quarto album e quest’anno festeggiano il decimo anniversario della nascita (o della morte, fate voi).

Il loro sound si sviluppa lungo un hard rock dall’urgenza punk, di fatto ispirato dalle band horror punk americane, dunque maltrattato da uno spirito rock’n’roll che non manca certo al gruppo nostrano.
Pachu (basso e voce), Gigio (chitarra e voce) e Piffy (batteria) formano questo gruppo di cacciatori di zombie e anime della notte, in un continuo e potente Helloween party che accompagna le atmosfere di questo ultimo lavoro intitolato Rebirth.
Non si arriva alla mezz’ora, ma il tutto viene sintetizzato con una grinta ed una carica notevoli, e già dall’iniziale The Devil Inside la tensione comincia a salire, mentre brani più orientati all’hard rock come Nightmare si danno il cambio con sferzate punk rock, come Dead & Breakfast.
Timmy è il brano più ispirato di Rebirth, un mid tempo solcato dal groove, atmosfericamente dark rock e con un solo che spezza in due tombe e lapidi con forza metallica.
Il finale è lasciato alla coppia di brani ispirati al rock più moderno, il groove diventa protagonista nelle ritmiche di Inch By Inch e della title track, concludendo l’album con una passeggiata nell’hard rock più sanguigno.
Una botta di adrenalina niente male questo Dead & Breakfast, con il gruppo che risulta una versione più hard rock oriented dei classici Misfits con qualche spunto più moderno alla Murderdolls: per gli amanti del genere una vera ed insana goduria.

TRACKLIST
1. The Devil Inside
2. Nightmare
3. Tarantula
4. Timmy
5. Dead & Breakfast
6. Inch By Inch
7. Rebirth

LINE-UP
Pachu – Vocals / Bass
Gigio – Guitar / Vocals
Piffy – Drums

DEAD AND BREAKFAST – Facebook

The Great Old Ones – EOD: A Tale of Dark Legacy

La band transalpina prosegue la sua elaborazione del verbo lovecraftiano con un terzo album pregno di atmosfere black malsane e orrorifiche.

I’m finally here…i’m finally here in Innsmouth“… questi sono i primi versi dell’ intro del terzo full della band francese di Bordeaux The Great Old Ones, realtà della scena black e post-black; fino dagli esordi “Al Azif ” del 2012 il loro suono e i loro testi sono stati totalmente devoti al culto di H.P.Lovecraft, maestro dell’ orrore cosmico e cantore dei Grandi Antichi e del mito di Cthulu.

L’Ordine Esoterico di Dagon è un culto importato da Obed Marsh (da conoscere l’omonima doom band australiana) in Innsmouth poco dopo il 1800, dove gli adepti si sottoponevano, per ottenere imperitura prosperità, a insane unioni con esseri mostruosi derivanti dagli abissi; la band si immerge completamente nelle atmosfere oscure e malsane evocate dal racconto del maestro di Providence creando un opera a forti tinte black metal, limando al meglio i dettagli post-black presenti sui precedenti lavori; per raggiungere questo obiettivo il suono prodotto da ben tre chitarre parte da un veemente assalto black metal (The Shadow over Innsmouth) colmo di repentini cambi di tempo con uno screaming cupo, passa attraverso momenti più sperimentali come The Ritual che, con percussioni e tastiere, crea veramente un mood di angosciante attesa prima di evolvere in una malvagia cavalcata black; tutti i brani, in totale sette compreso il breve intro, sono tesi a “mostrare” l’atmosfera presente nel racconto di Lovecraft e una menzione speciale per Mare Infinitum, l’ ultimo brano che nei suoi abbondanti dieci minuti dipana un oscuro aroma di antica magnificenza. In definitiva un buon album che ha bisogno di attenti ascolti per poter essere assimilato in toto, magari rileggendo, per poter cogliere tutte le sfumature, lo splendido racconto di Lovecraft; nel panorama internazionale dell’estremo ormai ci sono diverse band death (dal sudamerica, ma non solo) e black che, partendo dagli scritti del maestro, creano un suono che cerca di ricordare le atmosfere malsane, orrorifiche generate dalla mente dello scrittore americano.

TRACKLIST
1. Searching for R. Olmstead
2. The Shadow over Innsmouth
3. When the Stars Align
4. The Ritual
5. Wanderings
6. In Screams and Flames
7. Mare Infinitum

LINE-UP
Sébastien Lalanne – Bass
Xavier Godart – Guitars
Benjamin Guerry – Guitars, Vocals, Lyrics, Songwriting
Léo Isnard – Drums
Jeff Grimal – Guitars, Vocals

THE GRAET OLD ONES – Facebook

Malokarpatan – Stridzie Dni

Nel complesso un gran bel disco di black metal, che indica ancora una volta che la provincia dell’impero è in grado di essere avanguardia per tracciare il percorso nell’oscurità.

Originariamente pubblicato in digitale l’anno scorso, questo disco ha attirato fortemente l’attenzione della Invictus, che lo ristampato in formato fisico.

I Malokarpatan sono un gruppo slovacco di black metal grezzo e psichedelico, e vanno ben oltre i clichè del genere. Dentro la loro musica è veicolato il folklore e le tradizioni slovacche e più estesamente dell’est Europa. Molto influenzati dai maestri del genere degli anni ottanta e novanta, questi slovacchi portano una notevole ventata di esotismo e malvagità all’interno del calderone black metal. Bisogna ammettere che il folklore slovacco si presta molto bene, con le storie di demoni grotteschi e malvagi ubriachi. Tutti i testi sono in dialetto slovacco dell’ovest che rende molto bene. Nel complesso un gran bel disco di black metal, che indica ancora una volta che la provincia dell’impero è in grado di essere avanguardia per tracciare il percorso nell’oscurità.

TRACKLIST
1.Metelica a kúrnava sa žene nad krajem
2.Kýho besa mi to tá stará ohyzdná striga do pohára nalála
3.Na kríllach cemnoty do horských úbočí zostupuje posol moru a hniloby
4.O víne, kterak učený Hugolín Gavlovič z Horovec vyprával
5.Stridžie dni, kedy neradno po slnka západe vychádzat, ni perí drápat
6.Starý z hory, čo zver svoju budzogánem pobil
7.O jedném, čo pijatikou rozum si pomúcil a nakonec v chléve prenocovat musel
8.Z jazera ozruta, s volíma rohama a telom chlapiny
9.Popolvár najväčší na svete, šarkanobijca a bohatier

LINE-UP
Temnohor – throat.
As – 6 strings & backing throat.
HV – 4 strings & rhythmic beating.

MALOKARPATAN – Facebook

Xibalba (Xibalaba Itzaes) – Ah Tza ! 7″ Ep

Il loro black metal è immanente e cattivo, malvagità maya che non conosce pietà ne fa prigionieri.

Tornano i black metallers messicani Xibalba, con la loro notevole mistura di dei maya e black metal.

Gli Xibalba o meglio Xibalba Itzaes, non hanno avuto una carriera lineare, dato che pubblicano poche cose, ad esempio Demo 2010 vede la luce o meglio le tenebre quattrodici anni dopo i loro demo del 1992 e del 1994, seguiti dal debut album Ah Dazam Poop Ek del 1994. Il loro black metal è immanente e cattivo, malvagità maya che non conosce pietà ne fa prigionieri. Loro sono stati fondamentali nella nascita e nello sviluppo del black metal messicano, che ora rappresenta uno dei migliori movimenti dell’America di lingua latina. Gli Xibalba Itzaes sono stati il primo gruppo messicano a riportare la cultura maya al centro del discorso, facendo riguadagnare l’interesse dei giovani per il proprio patrimonio culturale, in chiave pagana ed anticristiana. In questi nove minuti di diluvio black metal su vinile i messicani toccano vette davvero alte di intensità, rifuggendo giustamente da una miope ottica lo fi, rendendo con una decente produzione un buon suono. Il loro black metal si discosta dalla media sia per l’esecuzione che la composizione, ma soprattutto per essere originale perché potente ma non cieco.
Furia pagana e classe balck metal per un ritorno molto gradito, che fa rimpiangere la loro scarsa prolificità.

TRACKLIST
01. Ah Tza !
02. Katun 1
03. Dawn of Endless Horrors.

LINE-UP
Marco Ek-Balam – Guitar & Vocals.
Vic EkXibChac – Bass Guitar.
Jorge Ah-Ektenel – Drums.

XIBALBA – Facebook

Decrepit Soul – The Coming Of War

I Decrepit Soul fanno un death metal che travolge ciò che incontra, devastando tutto nello stile dei migliori Bolt Thrower.

Questo disco potrebbe essere la colonna sonora di un assalto di truppe di qualsiasi epoca, da quelle con lance od archibugi, alle future pistole laser come raffigurato in copertina.

I Decrepit Soul fanno un death metal che travolge ciò che incontra, devastando tutto nello stile dei migliori Bolt Thrower. Questi australiani hanno avuto un’evoluzione costante, passando dal black metal tendente al tradizionale degli esordi fino ad arrivare a questo potentissimo death metal che non lascia mai tregua. Persino nelle parti più lente l’intensità è molto alta. La produzione precisa e pulita senza però essere sterile, rende ancora meglio il senso di violenza e massacro che il gruppo vuole rendere. L’ingresso del nuovo batterista Marcus Hellcunt (Vomitor, Bestial Warlust e Gospel Of The Horns) giova molto ad un impianto già ben rodato. Si è tirati da ogni parte da questo disco, proprio come se si fosse su di un campo di battaglia. Raramente si sente un disco death così quadrato ed appagante, con potenza, ritmo e mid tempos omicidi. Uno dei dischi death migliori di questo anno cominciato da poco.

TRACKLIST
1. Awaken
2. Feral Howling Winds
3. The Coming of War
4. Perished in Flames
5. Piscatorial Death
6. Black Goats Breath
7. Storm of Steel

LINE-UP
Astron – Bass
Kakorot – Vocals, Guitar
Marcus Hellcunt – Drums

DECREPIT SOUL – Facebook

Aleph – Thanatos

Il suono è subito riconoscibile, e già questo è un segno di bravura, e il disco sale fino a raggiungere vette davvero alte, usando registri diversi fra loro, tenuti insieme dalla bravura del gruppo.

Ambizioso terzo disco per questo gruppo bergamasco, con un death metal con forti inserti di sympho di ottima fattura e sicura resa. Disco diviso in due movimenti, per entrambi l’argomento principale è la morte, che è la nostra unica vera divinità.

Se ci pensiamo bene tutto la nostra vita ruota intorno alla sua nemesi ,ovvero la morte, e le visioni che essa genera sono descritte molto bene in questo lavoro. Gli Aleph sono un gruppo molto capace tecnicamente e con grande capacità di composizione, il disco è notevole e non registra mai un momento ovvio o un qualcosa di lontanamente avvicinabile ad un cliché, è sempre in cerca di novità e di stupire con improvvise epifanie l’ascoltatore. Ascoltando Thanatos si possono trovare tantissimi spunti, dal death metal più ortodosso a una forte dose di prog, il tutto condito da tastiere davvero incisive. Il respiro globale del disco è molto forte ed ampio, e Thanatos è uno dei migliori prodotti metal uscito ultimamente in Italia. Il suono è subito riconoscibile, e già questo è un segno di bravura, e il disco sale fino a raggiungere vette davvero alte, usando registri diversi fra loro, tenuti insieme dalla bravura del gruppo.

TRACKLIST
1. The Snakesong
2. The Old Master
3. A Game Of Chess
4. The Severed Skull
5. Fire Demon
6. Nightmare Crescendo
7. Sea Of Darkness
8. …The Silence…
9. Thanatos
10. Winterlude
11. Smoke and Steel / Multitudes
12. Still Inside
13. A Renegade’s Path
14. Remains/Remained

LINE-UP
Dave Battaglia: Vocals, Guitar
Giuseppe Ciurlia: Guitar
Manuel “Ades” Togni: Drums
Giulio Gasperini: Keyboards
Antonio Ceresoli: Bass

ALEPH – Facebook