Babylon Pression – Heurex D’ Etre Content

Ascoltando Heureux D’ Etre Content troverete l’incrocio del metal con i più svariati generi, come l’hardcore, a volte il rap, ma potrebbe essere anche il blues.

Torna il ciclone francese chiamato Babylon Pression, gruppo che porta alta la bandiera del metal bastardo francese.

Ascoltando Heureux D’ Etre Content troverete l’incrocio del metal con i più svariati generi, come l’hardcore, a volte il rap o potrebbe essere anche blues.Tutto ciò non porta al crossover ma ad uno stile meticcio che ha un nome ben preciso: Babylon Pression. Il disco è un ulteriore passo in avanti di una carriera da sempre guidata dalla voglia di scuotere e di far muovere i giovani e meno giovani. I Babylon Pression sono nati nell’ormai lontano 1989 e da quel momento hanno prodotto diversi dischi e fatto molti live non solo in patria, ma anche all’estero. La loro parabola è stata fino ad un certo punto in comune con alcuni gruppi come i Lofofora, anche loro tra i principali artefici della nuova onda metal francese. Dal 2010 in poi prenderanno la via del do it yourself, ed infatti questo disco esce in crowdfunding, e i fans lo sapevano già che sarebbe stato ottimo. L’ascoltatore viene calato in un musica frenetica e coinvolgente, con un substrato punk hardcore ma con uno sviluppo melodico assai inconsueto, anche grazie alle loro particolari tecniche di canto. Si viaggia veloci tra le onde insidiose di questa nostra maledetta società e si gusta il particolare gusto della libertà creativa, poiché i ragazzi sono padroni in toto della loro musica. L’intensità non viene mai meno per tutta la durata del disco, e ci si diverte moltissimo perché ad ogni accordo può spuntare un momento diverso da quello precedente. In Italia, forse per la barriera linguistica, ma è un scusa davvero labile, snobbiamo questa magnifica scena francese che dà davvero ottimi frutti come questo disco, che dall’inizio alla fine è un concentrato di metal altro, ottime idee e soprattutto di furia sensata.

Tracklist
1 J’arrive quand j’arrive
2 Verse ta javel
3 La pinte
4 La loi de la rue
5 Je m’en sortira
6 La boite à Partouze
7 Toutes des mères sauf ma pute
8 Couche confiance
9 Pépé violeur
10 La raclure

Line-up
Mat – Voic
Julien – Guitar
Roswell – Bass
JB – Drum

BABYLON PRESSION – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=9AC45Jsj-3I

Dirty Machine – Discord

Questi ragazzi americani hanno trovato la propria via per fare un genere fin troppo bistrattato e che invece riesce ancora a regalare buoni dischi come questo.

Fare nu metal è una missione difficile al giorno d’oggi, e farlo bene è sempre stato difficoltoso, ma i californiani Dirty Machine riescono a centrare il bersaglio al primo tentativo.

Questi ragazzi americani hanno trovato la propria via per fare un genere fin troppo bistrattato e che invece riesce ancora a regalare buoni dischi come questo. Il nu metal è un linguaggio che dovrebbe portare far buttare fuori il disagio, usando codici solo all’apparenza diversi fra loro, come il metal e qualcosa vicino al rap. Nel caso specifico dei Dirty Machine ci troviamo di fronte ad un disco molto ben prodotto, dove le chitarre graffiano belle ribassate, con molti riferimenti ai grandi classici attraverso rielaborazioni personali e ben riuscite. Discord non ha un incedere velocissimo, ma scava molto bene i suoi solchi sul terreno, alternando melodia e pezzi più pesanti. Le parti vocali sono incastonate tutte molto bene, con molte aperture melodiche che funzioneranno egregiamente nelle radio americane che magari le avessimo qui, avremmo una migliore cultura rock. Discord è la rumorosa testimonianza che un certo modo di fare nu metal non è ancora (o mai) morto, e se si prende la band giusta con dj annesso si riescono ancora a sentire cose egregie; certo ora che, ormai da anni e anni, è passata la grande marea bisogna avere idee chiare e capacità di produrre dischi più che buoni. Discord è tutto ciò, ed è soprattutto un disco molto divertente, che fa saltare e che garantisce molti ascolti senza morire dentro allo stereo, e alla fine questa è la cosa più importante, qualunque sia il genere.

TRACKLIST
1. Seeds
2. Discord
3. Self Made Hero
4. Social Recoil
5. Ecusa’s Nightmare
6. Built
7. C4
8. Wonka

LINE-UP
Dave Leach – Vocals
Darren Davis – Vocals/Guitar
Arnold Quezada – Guitar
NIGHTMARE – Drums
DJ Ecusa – Turntable
Youngblood – Bass

DIRTY MACHINE – Facebook

03 mag 2017 – Caricato da Zombie Shark Records

Body Count – Bloodlust

La maggior parte dei gruppi rapcore o nu metal si sono dissolti, mentre i Body Count sono sempre qui a spargere terrore.

Torna una delle crew più pericolose delle strade americane, i Body Count capitanati da Ice-T.

I ragazzi sono arrivati al sesto album e quello che doveva essere un progetto estemporaneo o quantomeno temporaneo è diventato un pilastro del rapcore, uno dei più riusciti esempi di incontro tra rap e metal. Tra l’ altro, prima di una riuscita rielaborazione di Raining Blood, Ice-T spiega brevemente la genesi del gruppo, ovvero il tentativo di fondare un gruppo metal a South Central Los Angeles, una cosa non esattamente facile, ma l’esperimento è pienamente riuscito essendo giunti al sesto disco. La maggior parte dei gruppi rapcore o nu metal si sono dissolti, mentre i Body Count sono sempre qui a spargere terrore. Tornati dopo tre anni dall’ottimo Manslaughter, i Body Count sformano il loro disco più oscuro, più metal e più sanguinoso di tutti. Bloodlust è la cartina tornasole della bruttissima aria che tira in America. Nella terra del libero e del coraggioso tira una bruttissima aria, e si è quasi alla resa dei conti, si è forse sull’orlo di una guerra civile tra bianchi e neri, oppure tra poveri e ricchi e c’è voglia di sangue, come ben testimonia l’ ennesimo atto militare unilaterale americano. L’America dei Body Count è violenta, cupa e senza speranza, dovete solo trovare un riparo adeguato. Questo disco contiene molto metal, che si va a fondere a volte con il flow del rap, ma più che rapcore qui c’ è un metal deformato da una cattiveria diversa. Ice-T è il padrone di casa, una magione dove il sangue scorre dentro e fuori da gole assetate. Bloodlust è forse la prova migliore di questo gruppo che centra quasi sempre il bersaglio, ma mai bene come in questo caso. Parte del merito va anche agli ospiti presenti come Deve Mustaine in Civil Eat, un ottimo Randy Blithe dei Lamb of God su Walk With Me e il Cavalera maggiore sottotono in All Love Is Lost. Un album che colpisce duro e che non lascerà dormire sonni tranquilli, ma che è una fotografia precisa della merda che abbiamo fuori dalla porta. Momento migliore del disco è No Lives Matter, perché Ice-T ha ragione, a loro non gli importa dei neri, e nemmeno dei bianchi, a chi comanda non importa nessuna vita.

TRACKLIST
1. Civil War (featuring Dave Mustaine)
2. The Ski Mask Way
3. This Is Why We Ride
4. All Love Is Lost (featuring Max Cavalera)
5. Raining In Blood / Postmortem 2017 (Slayer cover)
6. God, Please Believe Me
7. Walk With Me… (featuring Randy Blythe)
8. Here I Go Again
9. No Lives Matter
10. Bloodlust
11. Black Hoodie

LINE-UP
Ice-T – Vocals
Ernie C – Guitar, backing vocals
Juan Garcia – Guitar, backing vocals
Vincent Price – Bass, backing vocals
Ill Will – Drums
SeanE Sean – Samples, backing vocals

BODY COUNT – Facebook

Almassacro – Ostilità

Uno dei migliori dischi underground italiani dell’anno, ed uno dei migliori lavori in ambito rapcore.

La musica ha molti usi, ognuno dentro di sé ne conosce il più intimo, quello più adatto a lui, ma sicuramente è il veicolo migliore della propria rabbia, e qui in Ostilità dei sardi Almassacro di rabbia ce n’è tanta.

Questo disco è una cosa rara, nel senso che musicalmente siamo nei sobborghi della New York anni novanta, dove il rap si abbracciava mortalmente al metal, o nella Los Angeles dei Downset, stessi codici facce diverse, come nella Sardinia del 2016. Gli Almassacro fanno un disco fantastico di metal e di rap, di cuore e di stomaco, testi bellissimi e una musica che viaggia benissimo. Il loro è un rapcore esplosivo, nemmeno politico, è rabbia che viene dal basso, contro i capi e i loro sgherri. Ostilità è proprio ciò che dice il titolo, ed è un lavoro esplosivo fatto benissimo, che fa il paio con un’altra meraviglia, ovvero il disco dei La Furia, altro capolavoro. Qui rispetto ai La Furia c’è più metal, più rapcore, anche perché i ragazzi del gruppo provengono da altre esperienze con gruppi prevalentemente hardcore, per cui le coordinate sono quelle ma si va oltre. Fa tantissimo anche l’essere sardi, perché sull’isola la rabbia gioca sempre in champions league. Colpisce durissimo questo disco, a partire da A.c.a.b.che non è la solita canzone contro le guardie, ma è molto di più, perché certi schemi in Italia si ripetono sempre e sono immutabili: leggete qui , e vedete se non vi ricorda Stefano Cucchi e molti altri, ma è un omicidio poliziesco del 1897…
Una delle cose migliori di questo disco sono i testi, davvero notevoli e intrisi di poesia urbana (che è un termine di merda ma è per intenderci), ed è uno dei migliori dischi underground italiani dell’anno nonchè in ambito rapcore. Qui non troverete salvezza, democrazia come la intendete voi, ma rabbia e voglia di vendetta di chi sulla strada c’è si è fatto le nocche dure; inoltre va a continuare una linea rossa che va dai Tear Me Down fino agli Almassacro, per continuare con gruppi come i Coru e Figau, e passa per spazi liberati, morti e carceri e non si interrompe mai, ma grida ancora.

TRACKLIST
1. Per Chi Sputa Sangue
2. Maschere di Cera
3. Atena Suicida
4. Colpo di Grazia
5. A.c.a.b.
6. Attitude
7. Nervi Tesi

LINE-UP
Ese – voice-
Yari – voice-
Sgrakkio – guitar-
Deddu – drum-
Safety – bass-

ALMASSACRO – Facebook

Insil3nzio – Insil3nzio

La marcia in più che si rinviene in questo lavoro, rispetto a molti altri tentativi analoghi, la fa proprio lo spessore stilistico derivante da una maturità che impedisce di scivolare nei luoghi comuni, sia a livello lirico che compositivo.

Si dirà: ma non è il tuo genere, uno impelagato di norma nel doom più oscuro e funereo come può occuparsi di una band che propone un crossover di stili che, spesso, si spingono fin nei territori del famigerato rap ?

Faccio mio il motto di un bel disturbatore musicale dei nostri tempi, il mascherato Red Sky: “la musica è una” e, aggiungo io, la suddivisione per generi è più una necessità di incasellare ed ordinare le cose che è comprensibile nella logica di un un supermercato, un po’ meno se si parla di arte musicale
Così è molto bello scapocciare su brani che non disdegnano riff metallici perfettamente intersecati con pulsioni elettroniche sulle quali, poi, si stagliano le due voci, una rappata dalla timbrica non dissimile a Caparezza ed una più tradizionale. Una formula, questa, che non è in assoluto una novità, ma che di rado viene proposta così ben focalizzata e, sostanzialmente, priva di forzature nella (non facile) convivenza tra le sue varie anime.
Gli autori di tutto ciò sono i fermani Insil3nzio, una band composta da musicisti esperti che stanno cercando di imporsi in maniera graduale, senza fare passi più lunghi della gamba e cercando di ottenere la giusta visibilità tramite la partecipazione a vari contest, il che ha già consentito loro non solo di fregiarsi di diversi premi (sempre e comunque ambiti) ma soprattutto di condividere il palco con band di grande nome come Lacuna Coil e Deep Purple, sfruttando così al meglio l’occasione di mettersi in mostra di fronte a platee vaste.
Una bella differenza, anche a livello strategico, rispetto a gruppi di giovincelli che, presi dall’entusiasmo, sfornano musica magari in maniera compulsiva disperdendo le proprie idee ed ottenendo un’attenzione inversamente proporzionale rispetto alla quantità di materiale immesso sul mercato.
Questo ep autoprodotto comprende cinque brani emblematici del potenziale del gruppo marchigiano, con un picco rappresentato dal singolo Minotauro, brano per il quale è stato girato anche un video al quale partecipa l’attore Giorgio Montanini: qui troviamo ben rappresentate tutte le anime degli Insil3nzio che, partendo da una forma di rap anomala, inseriscono nervosi passaggi che vanno dal nu metal, al noise fino all’elettronica, il tutto senza mai perdere di vista l’idea di forma canzone.
Una formula che viene mantenuta sempre con una certa brillantezza anche nelle restanti tracce, con menzione d’obbligo per la composita e dirompente Ruggine, brano che possiede il miglior testo, peraltro in un contesto complessivo corrosivo e mai banale.
La marcia in più che si rinviene in questo lavoro, rispetto a molti altri tentativi analoghi, la fa proprio lo spessore stilistico derivante da una maturità che impedisce di scivolare nei luoghi comuni, sia a livello lirico che compositivo.
Per gli Insil3nzio, quindi, potrebbe essere molto vicino il momento di compiere il passo dell’album su lunga distanza, per provare a fare il colpo grosso a livello commerciale, visto che il loro sound sembrerebbe capace di accontentare ed attrarre fasce di ascoltatori trasversali ai diversi generi; insomma, non è poca la curiosità nei confronti delle mosse future di questo interessante combo marchigiano.

Tracklist:
1.Ruggine
2.Lou Reed
3.Minotauro
4.Fiore Violanet
5.Imbanditi

Line-up:
Marco Bagalini – batteria
Samuele Spalletti – basso / synth
Luca Detto – chitarra
Mirko Montecchia – voce
Andrea Braconi – voce

INSIL3NZIO – Facebook

Kuadra – Non Avrai Altro Dio All’infuori Di Te

I Kuadra sono uno dei gruppi di musica pesante meno banali del nostro paese.

I Kuadra sono uno dei gruppi di musica pesante meno banali del nostro paese.

E non essere banali in questo paese è impresa titanica, quasi impossibil. Ma questi ragazzi al terzo album in dieci anni ci riescono benissimo. Questo disco lacera l’anima, e parla al sangue che ci scorre nelle vene. I testi sono di una sincerità disarmante, figli di un dolore vero, senza filtri o pose. La musica è un hard rock tendente al nu metal, con tastiere ed un timbro molto personale. Non Avrai Altro Dio All’Infuori Di Te è una testimonianza con musica pesante di ciò che siamo noi, e più per esteso la nostra società. Non è un grido di dolore, ma un’amarissima constatazione di come ci siamo ridotti anche a causa nostra. Ma come in tutte le opere frutto di un intenso ragionamento uno spiraglio, seppur piccolo lo si può vedere. Questo spiraglio è l’umana pietà, certamente un concetto inglobato dalla cristianità e fatto suo, ma è un qualcosa di molto forte ed antico e il suo sinonimo è solidarietà, quel sentimento che ci insegnano a non usare. Invece i Kuadra lo usano e ci fanno anche vedere come, poiché questi ragazzi hanno fatto un tour di tre date in centri per richiedenti asilo, e ci torneranno. La solidarietà è quello che ci può tirare fuori da questo oceano di merda che chiamiamo società civile. Ascoltate e fate.

TRACKLIST
01. La Grande Crocifissione
02. La Larva
03. Per Un Mondo Minore
04. Abdul
05. Il Male
06. Con Una pistola
07. Questo E’ Un Morto
08. Godzilla A Milano
09. In Memoria Del Nostro Futuro
10. Mettersi In Salvo

LINE-UP
Yuri La Cava – voce, synth
Emanuele Savino – guitar, synth
Van Minh Nguyen – drums, drum machine
Simone Matteo Tiraboschi – bass

KUADRA – Facebook

Delirant Chaotic Sound – The Ride Of Thanatos Ep

Interessante debutto su ep per questo gruppo milanese, dopo il demo Madness Under Skin.

Ad un primo distratto ascolto la loro proposta potrebbe sembrare metalcore, mentre invece andando avanti nell’ascolto ed eventualmente ripetendolo, si sentono molte cose dentro questo ep che stimola non poco la curiosità. La struttura delle canzoni dei Delirant Chaotic Sound è complessa e presenta vari livelli e diverse interpretazioni. Giova molto a questi ragazzi il fatto di aver trovato una valida voce femminile che risponde al nome di Margherita Andreolli, che ha spiccate doti, e forse in questo disco si contiene ancora un po’, mentre dovrebbe straripare. In gran forma è anche Marco Boccotti, voce maschile, che non fa da contrasto a Margherita, poiché ogni voce vive di vita propria e contribuisce a creare linee sinuose. Il gruppo crea ampie melodie e pezzi più serrati, lasciando un’ottima impressione, facendo capire quanta cura e preparazione vi sia dietro questi pezzi molto curati. Un debutto notevole, che lascia a questi ragazzi molte vie aperte, dato che nulla a livello compositivo è loro precluso, anche se sono un band metal e lo rimarranno sempre. Grande curiosità e voglia di mettersi in gioco per un gruppo che ha ottime potenzialità, ma soprattutto ha voglia di sperimentare e di spiazzare.

LINE-UP
Marco Boccotti – Voice
Margherita Andreolli – Voice
Daniel Tanzer – Guitar
Stefano D’Ambra – Guitar
Federico Medana – Bass
Davide Silva – Drums

DELIRANT CHAOTIC SOUND – Facebook

Drowning Pool – Hellelujah

L’era del nu metal è finita da un po’ e le band sopravvissute a quello tsunami musicale arrivato a cavallo del nuovo millennio faticano a trovare consensi, surclassate nelle preferenze dei fans e soprattutto degli addetti ai lavori dal sound metalcore, oggi il genere più cool aldilà dell’oceano.

Il ritorno dei Disturbed alla fine dello scorso anno ha confermato però che la musica di qualità molte volte non va a braccetto con la fama, con un buon album che, rispetto ad una quindicina d’anni fa quando qualunque disco uscisse con l’etichetta nu metal era oro che colava, è passato senza lasciare traccia o quasi.
I Drowning Pool rischieranno la stessa fine con questo buon lavoro, non un capolavoro ma un esempio concreto di come si suona il genere.
Certo, magari non saremo sui livelli di Sinner del 2001 e l’asso Dave Williams ha lasciato, con la sua scomparsa, non pochi problemi, ma Jasen Moreno spacca al microfono e la band sembra in forma per far divertire gli appassionati del genere.
Le prime quattro tracce sono un ottimo biglietto da visita: l’irruenza metallica, le ritmiche neanche troppo sincopate, un’attitudine quasi rock’n’roll (By The Blood) che lasciano posto all’aggressione senza tregua di Drop, composta da un chorus da spellarsi le mani, conquistano subito e ci danno il benvenuto all’interno di Hellelujah.
Verso la metà dell’album qualche brano perde colpi ( la ballad Another Name, troppo scontata e colpevole di spezzare la tensione), mentre i nu metal fans si leccano le ferite con bordate di quello che è uno dei generi più amati/odiati degli ultimi vent’anni (Symphathy Depleted, Meet The Bullet) ed al quale il gruppo di Dallas, pur non essendone una dei maggiori esponenti, ha sicuramente dato il suo importante contribuito.
Sono passati i tempi dei grandi festival e le copertine patinate di riviste musicale cool, non solo per i Drowning Pool, ma per tutto il movimento, rimane la musica e, verrebbe da dire, finalmente.
Hellelujah si può tranquillamente definire un ottimo ritorno, anche sennza che vengano apportate grosse novità nel sound del gruppo, concedendo anche qualche citazione (Godsmack e Stone Sour): i Drowning Pool conoscono alla perfezione il genere e, cosa non da poco, lo sanno suonare; vedremo quanto la Napalm ci metterà del suo nel supportare un’opera che a livello commerciale è fuori tempo massimo, ma io un ascolto ve lo consiglio, fidatevi.

TRACKLIST
01. Push
02. By The Blood
03. Drop
04. Hell To Pay
05. We Are The Devil
06. Snake Charmer
07. My Own Way
08. Goddamn Vultures
09. Another Name
10. Sympathy Depleted
11. Stomping Ground
12. Meet The Bullet
13. All Saints Day

LINE-UP
Jasen Moreno – Vocals
CJ Pierce – Guitar
Stevie Benton – Bass
Mike Luce – Drums

DROWNING POOL – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=K_X_ZboXQDo

Faida – Faida

Si è rimandati in un’epoca nella quale i dischi nu metal facevano male davvero, quando non erano fatti per commiserare la perdita di una donna o del cane, bensì per liberare positivamente la nostra rabbia.

Negli ascolti distratti che facciamo ogni giorno nello sfruttamento in streaming della musica, detto senza condanne, spesso può sfuggire qualcosa ed io mi ero perso questo gran disco, questo gran calcio in faccia da Venezia.

Qui trovate groove metal, o crossover, comunque cattiveria come nei bei dischi nu metal di qualche anno fa, quando l’incazzatura si congiungeva carnalmente con il groove e ne scaturivano grandi cose.
I Faida nascono a Venezia da reduci dalle più diverse esperienze passate, dai Sir Oliver Skardy & Fahrenheit 451, ai Cappellaio Matto o Sanakioplatz, accomunati dal voler fare musica potente ed incazzata. Obiettivo pienamente raggiunto con questo disco inciso nel giro di due anni ed uscito a ridosso del 2016. Ascoltandolo si è rimandati in un’epoca nella quale i dischi nu metal facevano male davvero, quando non erano fatti per commiserare la perdita di una donna o del cane, bensì per liberare positivamente la nostra rabbia. E i Faida danno solo grandi sensazioni, per tutta la lunghezza del disco. Personalmente lo sto risentendo ancora ed ancora, gasato come quando usciva il nuovo dei Soulfly, per dire.

TRACKLIST
1.Pimpin’
2.Herbalize
3.Outer Space
4.Aparentar (ft. Cuentas Claras from Cuba)
5.Nirvana
6.Soul cleaned
7.Destroy
8.No job
9.Not enough
10.The lumberjack

LINE-UP
Alessandro Numa
Fabio Giaggio
Giuliano Da Re
Igor Di Cataldo

FAIDA – Facebook

P.O.D. – The Awakening

Un ritorno più che positivo per una band che ha molto da dire.

Decimo disco per i sud californiani P.O.D., che producono un concept album di matrice cristiana e ribelle.

Mi spiego meglio: questa è la storia di Tim un ragazzo che si risveglia prende delle decisione e lotta per non essere risucchiato nella perversa spirale del nuovo ordine mondiale. Il messaggio dei P.O.D. è chiaro, il Male domina il mondo e bisogna lottare prima di tutto dentro noi stessi per poi potere combattere insieme alle altre persone per uscire dalla matrice.
Musicalmente il gruppo americano è uno dei pochi sopravvissuti positivamente all’ondata nu metal, e riesce ancora a fare album dignitosi come questo, ed ha ancora molto da dire.
Come composizione ed esecuzione dei pezzi non ci discostiamo molto dal canovaccio classico dei P.O.D. , il loro è un nu metal molto poppeggiante, con inserti reggae e melodie comunque piacevoli.
The Awakening è un album ambizioso soprattutto nello scopo, ovvero togliere il velo di Maya
dai nostri occhi e far vedere alla maggioranza cosa è davvero questo mondo, e perderemo se non ci sbrighiamo a cambiarlo.
Tra un pezzo e l’altro ci sono dei recitati che ci fanno capire meglio la storia, ed anche la portata del messaggio del gruppo. L’America ed il mondo in generale sono malati, e la malattia è il potere, l’avarizia, l’odio, e l’unica maniera per sopravvivere è svegliarsi e usare la nostra umanità in maniera diversa.
I P.O.D. sono cristiani e non fanno nulla per nasconderlo, ma il loro intento è quello di risvegliare la gente ed allontanarla dal Nuovo Ordine Mondiale. Se tutto ciò vi sembra una pazzia basta che vi guardiate intorno. Dentro e fuori casa vostra.
Un ritorno più che positivo per una band che ha molto da dire.

Tracklist:
1. Am I Awake
2. This Goes Out to You
3. Rise of NWO
4. Criminal Conversations (feat. Maria Brink)
5. Somebody’s Trying to Kill Me”
6. Get Down
7. Speed Demon
8. Want It All
9. Revolución (feat. Lou Koller)
10. The Awakening

Line-up:
Sonny – Voce
Wuv – Batteria
Traa – Basso
Marcos – Chitarra

P.O.D. – Facebook

FAKE HEROES – Intervista

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei pescaresi Fake Heroes.

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei pescaresi Fake Heroes.

fakeheroes

iye Intanto congratulazioni per l’avvenuto accesso alla compilation: ci raccontate in breve la storia della band?

La band nasce nel 2012 come naturale evoluzione di una “vecchia” band postgrunge: alla stessa formazione strumentale si è aggiunta una nuova voce e da lì, sulla base delle forti influenze hard rock/alternative di stampo americano, abbiamo prodotto il nostro primo EP Beyond This Glass (aprile 2012) e meno di un anno dopo il nostro primo album Divide And Rule (marzo 2013 per la tedesca Antstreet Records).
All’inizio dell’anno scorso c’è stato un cambio di line up alla batteria e i due lavori successivi (l’EP Bridge Of Leaves e l’album di prossima uscita Clouds) si sono spostati su territori piuttosto progressive/alternative con influenze djent, senza mai perdere d’occhio la base melodica che ci portiamo dietro dall’inizio.

iye Cosa vi ha spinto a partecipare al contest indetto dalla Underground Metal Alliance?

La necessità, in qualche modo, di far sentire la propria voce senza necessariamente dover investire ogni volta molti soldi. L’UMA rappresenta per noi una realtà da sostenere in un sistema in cui il normale concetto di investimento si è trasformato in un marasma in cui tutti, dal più professionale al più incapace, chiedono soldi per realizzare qualsiasi cosa/servizio.

iye Oltre a quelli più immediati, legati alla partecipazione a questa iniziativa, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati nell’immediato futuro?

Per quella che è la situazione odierna, soprattutto in Italia, vorremmo semplicemente avere la possibilità di farci ascoltare, davvero. Crediamo molto nel nostro album di prossima uscita e nel nostro piccolo crediamo anche di aver creato qualcosa di “diverso”, almeno per la proposta rock/metal italiana.

iye Quali sono per voi le band ed i musicisti di riferimento e per quali nomi, attualmente, varrebbe la pena oggi di fare un sacrificio per assistere ad un concerto?

All’interno della band abbiamo gusti e background parecchio diversi (come spesso accade). Diciamo che il collante che ci spinge oggi a fare musica affonda le sue giovani radici nella scena progressive metal moderna, nel djent e nel metalcore: Periphery, Tesseract, Skyharbor, Circles, Intervals. Tutti questi spunti sono stati mescolati ad altro: Dead Letter Circus, Twelve Foot Ninija … Difficile dare pochi nomi ed è forse quello che in realtà ci ha permesso di fare un primo vero lavoro personale. Per quanto riguarda i concerti ognuno ha i suoi punti di vista, ma di certo in Italia è difficilissimo poter assistere ad un concerto di molte delle band citate.

iye Suonare metal in Italia è un’impresa che porta con sé il suo bel coefficiente di difficoltà; tracciando un consuntivo di quanto fatto finora, siete soddisfatti dei riscontri ottenuti dalla band?

Possiamo dire di avere una discreta esperienza maturata live e in studio e da diverso tempo abbiamo capito che in realtà in ambito underground c’è una certa meritocrazia. Partendo da questo concetto sicuramente non ci riteniamo soddisfatti dei riscontri ottenuti ma ci rendiamo conto che gran parte della colpa è nostra. Nella vita di tutti i giorni si è presi da molte cose e se perdi di vista l’obiettivo che ti sei prefissato, qualsiasi esso sia, non arriverà mai. In Italia ci sono band che a nostro parere propongono prodotti di profilo a volte anche molto basso ma riescono a farsi sentire, a suonare live e a far girare il proprio nome perché spingono e credono molto nel progetto, facendone una priorità.

iye Per quanto riguarda invece l’attività dal vivo, anche voi avete incontrato le stesse difficoltà nel trovare date e location disponibili che molti evidenziano? Ci sarà, comunque, la possibilità di vedervi all’opera su qualche palco nel corso dell’estate?

Nel corso dell’estate sarà molto complicato. Abbiamo preso contatti con diversi festival in giro per l’Italia, ma molti quest’anno non si organizzeranno per mancanza di fondi. Con l’uscita del disco speriamo di riuscire a trovare locali disposti a condividere con noi la propria location.

iye Per finire, vi lasciamo lo spazio per fornire ai nostri lettori almeno un buon motivo per avvicinarsi alla vostra musica.

Nel nostro prossimo lavoro non c’è nulla di scontato, nulla di buttato lì al caso. Sarà come leggere dentro uno di noi, anche se in realtà siamo in 5.

FAKE HEROES – Facebook

Tristana – Virtual Crime

L’album è una gradita sorpresa, trattandosi di un metal melodico ricco di atmosfere dark ed ottime soluzioni elettroniche.

I Tristana di crimini virtuali ne hanno già commessi diversi: nati nella prima metà degli anni novanta, hanno dato vita inizialmente ad una serie di demo, arrivando all’esordio sulla lunga distanza nel 2003 con “Back To The Future”, primo di un trio di album completato con “Zircon Street” del 2010 e quest’ultimo lavoro uscito per Bakerteam.

Il nuovo album è una gradita sorpresa, trattandosi di un metal melodico, pregno di atmosfere dark ed ottime soluzioni elettroniche, prodotto benissimo e molto ben congegnato.
Si passa infatti da brani dalla marcata impronta dark wave, dove le soluzioni elettro/industrial e nu metal fanno da struttura portante alla musica della band, ad altri dove il death melodico prende il sopravvento, aggiungendo verve ed energia alle ottime soluzioni che la band inserisce a più riprese nel proprio songwriting.
Di buon impatto l’uso delle due voci (clean e growl) che crea un’alternanza di atmosfere tra violenza e melodia altamente riuscito, e sopra le righe appaiono le ritmiche, vero punto di forza dell’album, ora sincopate e potenti su binari nu metal, ora lasciate scorrere cavalcando fiere metalliche mai dome.
L’elettronica è inserita con ottimo gusto nella struttura dei brani, dando modo a Virtual Crime di piacere sia a chi che predilige sonorità metalliche, sia a chi è affascinato da soluzioni moderniste.
L’album parte alla grande con l’accoppiata Resurrection / Fallen, grintose canzoni dove l’estremismo del growl si scontra con linee melodiche dall’appeal elevato, la prima spettacolarizzata da un ottimo solo, la seconda orchestrata a meraviglia con tasti d’avorio che svariano tra sonorità classiche e moderne.
Bloody Snow è un ottimo esempio della musica della band, le ritmiche moderniste, il ritornello melodico ed il tappeto di tastiere in sottofondo creano un ibrido affascinante tra i suoni alternative e la tradizione dark wave, mantenendo intatta l’impronta metallica, motore del brano.
Stupenda Jannies’ Dying, impreziosita dalla voce e dal talento di Chiara Tricarico dei Temperance, top song dell’intero lavoro che, da qui alla fine, si mantiene comunque su ottimi livelli, offrendo un lotto di brani che, senza essere troppo originali, risultano estremamente piacevoli.
La band slovacca si avvicina al bersaglio grosso, offrendo un prodotto ottimo sotto tutti gli aspetti.

Tracklist:
1.Resurrection
2.Fallen
3.Wasted time
4.Bloody snow
5.Beg for death
6.Jannies’s dying
7.Bella donna deadly nightshade
8.Killer
9.Lost the whole life
10.Hunting fever
11.Ending (outro)

Line-up:
Peter Wilsen- vocals
Laco Krabac- bassguitar
Dusan Homer- guitar
Andrea Almasi- keyboard
Roman Elevo Lasso- drums

TRISTANA – Facebook

No One Cares – Dirty

Ottimo lavoro, consigliato agli estimatori dei suoni crossover/metal, i quali troveranno di che essere soddisfatti da questa raccolta di canzoni.

Un altro ottimo lavoro targato Qua’Rock: questa volta il genere vira verso il nu metal/crossover, con il debutto della band toscana No One Cares con questo riuscito e divertente Dirty.

La qualità maggiore del gruppo di Pistoia è l’approccio vario e in your face alla materia, ovvero non il monolitico muro sonoro tanto caro alle ultime generazioni dedite al metal moderno, ma tanto groove ed una predisposizione per il crossover che lo rendono a suo modo originale.
Metal, punk, alternative e buone sfumature rappate fanno di questo lavoro un buon ascolto per i fan del genere: la band punta sull’impatto live dei brani in scaletta, tutti anthem da pogo sotto il palco, ed una attitudine rock’n’roll molto marcata e difficile da trovare in altre realtà dedite al genere.
Ottima la sezione ritmica (Andrea Moroni al basso ed Elena Giraldi alla batteria), che segue la chitarra saturata di metallico groove (Andrea Gorini), e davvero bravo Matteo Turi dietro al microfono, personale e sguaiato il giusto per tenere alta la tensione dei brani, passando dallo scream al rap fino ad un cantato pulito molto punk rock che accentua tutta la voglia di esplodere dei brani in sede live.
Due degli otto brani in scaletta sono cantati in lingua madre (Niente Da Perdere ed Intolleranza), qualcuno potrebbe arricciare il naso nei confronti di tale scelta della band che, invece piazza due songs avvincenti, tenendo botta alla tempesta di ritmi e groove che rilasciano sull’ascoltatore le ottime Bored, First Last, No One Cares (sorta di inno della band) e Rock’n’Roll.
Rage Against The Machine, Lamb Of God ed un pizzico di Offspring, ma ne potrei citare altre mille, tanta è la carne al fuoco e la varietà con cui i No One Cares affrontano la materia, basti ascoltare l’inizio di Lymphoma, la più metallica del lotto, dove il cantato ricorda non poco Anders Friden degli In Flames.
Ottimo lavoro dunque, consigliato agli estimatori dei suoni crossover/metal i quali troveranno di che essere soddisfatti da questa raccolta di canzoni.

Tracklist:
1.Bored
2.First Last
3.Born For This
4.No One Cares
5.Niente Da Perdere
6.Rock’n’Roll
7.Lymphoma
8.Intolleranza

Line-up:
Matteo “MarioMariaMario” Turi – Voce
Andrea “John Pier J.” Gorini – Chitarra
Andrea “Franchio” Moroni – Basso
Elena “Maria Sfiocina” Giraldi – Batteria

De Puglia Madre – 100 % Trazzcore

Band pugliese con un suono demolitore, un strano tipo di metal di grande effetto: il trazzcore.

Band pugliese con un suono demolitore, un strano tipo di metal di grande effetto: il trazzcore.

Provenienti da Ascoli Satriano, i De Puglia Madre, o meglio ditta demolizione De Puglia Madre, si sono formati appunto per demolire con il loro suono , che è potente e devastante, con una struttura nu metal ma con uno stile molto particolare, a partire da una pesantezza davvero voluminosa ed al cantato in italiano che si rivela una scelta azzeccata.
Il trazzcore è un animale ferito sull’asfalto che, nel finire i suoi giorni, uccide ancora e lo fa con ancor più rabbia contro tutto e tutti.
Difficilmente in Italia si sentono dischi di questo tipo e di questo livello, con una produzione più che buona nonostante sia artigianale, ma forse la sua forza è proprio in questo.
I De Puglia Madre sono un gruppo che impressiona fin dal primo ascolto e sicuramente i metallari più contaminati apprezzeranno questo disco: a me ha fatto davvero piacere sentirlo e sta in continuo nelle mie orecchie.
Il cantato in italiano è un qualcosa che li rende molto particolari e soprattutto dona moltissimo alla loro musica, la nostra metrica si rivela perfetta per i De Puglia Madre.
Un’ altra loro particolarità è l’uso del basso a sei corde suonato con attitudine chitarristica e che rende il tutto più cupo.
I testi perfettamente intelligibili sono notevoli e parlano delle malattie mortali delle nostre società, del nostro essere isole, della merda che ci sta in giro, e lo fanno molto bene.
Una conferma che in certi ambiti di provincia il metal arriva davvero a toccare vette alte, tutto ciò partendo dal basso.

Tracklist:
1. Rimorso
2. Amico Nemico
3. Collasso
4. Sotto Controllo
5. Millennio
6. Indiani
7. Metamorfosi
8. Demoni Dentro
9. Mamba Negro

Line-up:
Francesco Petrillo – Batteria
Antonio Perruggino – Chitarra
Danilo Moscano – Voce
Stefano Cautillo – Basso Sei Corde

DE PUGLIA MADRE – Facebook

Selfmachine – Broadcast Your Identity

Una quindicina di anni fa i Selfmachine con un album del genere avrebbero fatto il botto, di questi tempi si dovranno accontentare di piacere e non è comunque poco …

Debuttano per la sempre attenta WormHoleDeath gli olandesi Selfmachine con questo Broadcast Your Identity, buon album di quello che una decina di anni fa veniva definito nu metal, per essere poi aggiornato in metalcore, con un’occhiata all’alternative, chiamato in causa parzialmente per via dell’uso della voce pulita e di ritmiche che si fanno più ragionate in molte parti del disco.

Il lavoro risulta vario e non stanca, anche per questo avvicendarsi di atmosfere, tra tensione a mille, con sfuriate che rasentano in certi momenti la violenza del death, e parti melodiche dove la fanno da padrone certi richiami al post grunge di band come i Creed: Becoming the Lie ne è l’esempio più lampante, dove solo un accenno di growl posto nel finale del pezzo ci ricorda che siamo al cospetto di una band che fa del metalcore il suo credo. Il resto dell’album è un sali e scendi sulle montagne russe di un songwriting molto vario, aiutato da vocals che passano dal classico screaming di genere al growl cavernoso di chiara matrice death, fino ad una voce pulita che tra l’altro è anche molto bella. Partendo da Breathe To Aspire, brano nu metal con tanto di cantato dall’accenno rappato, alla più cadenzata Miles Away con tanto di assolo riuscito a metà del pezzo, si passa ad Incorporated dove per la prima volta si intrecciano svariate voci a rendere la song molto varia. L’uso delle voci è appunto il trademark del disco, non ci si annoia con i Selfmachine e si arriva alla fine dell’album senza fatica, anche per l’ottima produzione; c’è ancora tempo per le ottime Void, Out of Depth e la lunghissima (11 minuti, per il genere un record) Closing Statement, bellissimo pezzo dove la band sorprende con un brano dallo spirito progressivo. Una quindicina di anni fa i Selfmachine con un album del genere avrebbero fatto il botto, di questi tempi si dovranno accontentare di piacere e non è comunque poco …

Track list:
1.Breathe to Aspire
2.Miles Away
3.Incorporated
4.Massive Luxury Overdose
5.Void
6.Out of Depth
7.Caught in a Loop
8.Smother the Sun
9.Becoming the Lie
10.Isybian
11.Closing Statement

Line-up:
Steven Leijen – L.vocals
Mark Brekelmans – Bass,vocals
Michael Hansen – Guitars,vocals
John Brok – L.guitars,vocals
Ben Schepers – Drums

SELFMACHINE – Facebook

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Avelion – Liquid Breathing

Tutto sommato i brani scorrono lo stesso piuttosto bene, grazie a una serie di brillanti intuizioni disseminate qua e là ma, in previsione di un prossimo full-length, la missione per la band emiliana sarà quella di riuscire a mantenere intatta la propria carica innovativa rendendo più omogenea la struttura delle canzoni.

Procedendo alla disamina del contenuto di Liquid Breathing non si può prescindere dal tenere nella dovuta considerazione il passato degli Avelion.

Difficile immaginare, infatti, che la band alle prese in questo Ep con un metal dai tratti moderni, tra alternative, prog, djent ed elettronica, sia la stessa che cinque anni or sono aveva pubblicato un disco come “Cold Embrace”, all’insegna di un ben più canonico power metal. In effetti, benché il marchio sia lo stesso, lo stravolgimento della line-up ha sicuramente contribuito alla scelta di intraprendere questo nuovo corso stilistico; è fuor di dubbio che uno spostamento così repentino, da un metal ancorato alla tradizione verso una sua veste decisamente futuristica, potrà risultare spiazzante per chi aveva apprezzato i primi passi dei ragazzi parmensi. Personalmente ritengo che optare per l’abbandono di un genere come il power sia una mossa azzeccata, non tanto perché io non sia un estimatore del genere quanto per l’affollamento e la concorrenza esistente in quel contesto, che rende davvero arduo emergere per chi non abbia a disposizione numeri fuori dal comune (e non è detto che ciò basti ugualmente) . I tre brani contenuti nell’Ep, registrati in maniera impeccabile negli studi di un “top producer” come Jens Bogren, hanno in comune un’eterogeneità stilistica che, inevitabilmente, ne rende frammentaria la fruizione, benché non manchino spunti melodici interessanti; le cose funzionano bene quando il sound assume le sembianze di un prog metal evoluto e dai tratti futuristici, sulla scia degli Empyrios di “Zion”, un po’ meno allorché emergono sentori del nu metal più commerciale, il tutto all’interno di pulsioni elettroniche che talvolta intervengono a spezzare senza alcun preavviso trame ancora in divenire. Metaforicamente parlando, Liquid Breathing è assimilabile a una piccola valigia nella quale gli Avelion hanno cercato di stipare una quantità sovrabbondante di indumenti dalle fogge diverse, riservandosi di eliminare il superfluo solo in un secondo tempo. Tutto sommato i brani scorrono lo stesso piuttosto bene, grazie a una serie di brillanti intuizioni disseminate qua e là ma, in previsione di un prossimo full-length, la missione per la band emiliana sarà quella di riuscire a mantenere intatta la propria carica innovativa rendendo più omogenea la struttura delle canzoni.

Tracklist:
1. Liquid Breath
2. Ain’t No Down
3. Mechanical Faces

Line-up :
William Verderi – Lead Vocals
Gianmarco Soldi – Guitars and Backing Vocals
Oreste Giacomini – Keyboards
Mark “Satir” Reggiani – Bass
Damiano Gualtieri – Drums

AVELION – Facebook