Final Coil – Persistence of Memory

I Final Coil hanno creato un mondo di note rock che vivono di tramonti musicali, un sound che risulta come una giornata che volge al termine e all’imbrunire si tirano le somme delle ultime dodici ore alle prese con il mondo circostante.

E’ più difficile di quanto possa sembrare riuscire a combinare ed amalgamare, in un unico sound, rock alternativo, post grunge e progressive, senza diventare delle copie dei soliti e alquanto depressivi Tool, anche se l’atmosfera rimane intimista in tutta la durata dell’album.

I Final Coil, con il primo lavoro sulla lunga distanza ci sono riusciti, creando un mondo di note rock che vivono di tramonti musicali, un sound che risulta come una giornata che volge al termine e all’imbrunire si tirano le somme delle ultime dodici ore alle prese con il mondo circostante.
Provenienti da Leicester (Regno Unito), con due ep alle spalle ed una fresca firma con la nostrana Wormholedeath, il quartetto britannico, si è nutrito di musica rock sparsa per il vecchio millennio e la rigetta nel nuovo, rielaborata sotto forma di un post rock progressivo ed emozionale, raffinato e mai sopra le righe: progressivo nella più moderna concezione del termine, anche se lasciano ad altri mere partiture tecniche per una proposta senz’altro più emozionale e sentita.
Un rock che non sconfina mai nel metal, mantenendo un approccio a tratti indie, mescolandosi così tra le proposte più cool di questo inizio millennio: Persistence Of Memory è pregno di post rock che varia nei suoi sessanta minuti abbondanti di musica e che prova, riuscendoci, a non erigere barriere, passando con disinvoltura tra i generi e le atmosfere citate.
Ci si deve fermare e dedicarvi tutto il tempo necessario perché brani come l’opener Corruption, la lunga e cangiante Failed Light, l’eleganza del post rock adulto di Lost Hope, facciano braccia in noi prolungando un tramonto ormai passato al buio nostalgico di una notte profonda illuminata dalla luna e dalle raffinate note progressive dei Final Coil.

TRACKLIST
1. Corruption
2. Dying
3. Alone
4. You Waste My Time
5. Myopic 6. Failed Light
7. Spider Feet
8. Lost Hope
9. Moths To The Flame
10. In Silent Reproach
11. Alienation

LINE-UP
Phil Stiles – Lead Vocals; Rhythm Guitar; Lead Guitar; Synths & Programming
Richard Awdry – Lead Guitar; Rhythm Guitar; Vocals; Programming
Jola Stiles – Bass Guitar; Flute
Tony ‘Ches’ Hughes – Drums & Programming

FINAL COIL – Facebook

Lambstone – Hunters & Queens

Se volete ascoltare un album intenso, duro ma allo stesso tempo melodico e dall’appeal enorme, allora Hunters & Queens fa al caso vostro.

Per parlare del debutto dei milanesi Lambstone bisogna partire da lontano, da una ventina d’anni fa, quando l’esplosione del grunge si esaurì in una nuvola di fumo che, diradandosi, lasciò il music biz (specialmente negli States) orfano della Seattle da ascoltare e iniettarsi nelle vene, morta nell’aprile del 1994 insieme alla disperazione ed alla depressione di Kurt Cobain.

Nu metal e post grunge furono la cura per tornare alla grande, specialmente con il secondo, più melodico rispetto al suono grezzo e selvaggio dei primi anni novanta, ma ancora più amato dai giovani rockers, con una manciata di gruppi che divennero icone del lato melodico del moderno hard rock, tra suoni grunge, ispirazioni southern e più pericolose e lisergiche divagazioni stoner.
Staind, Nickelback, Creed e poi Alter Bridge sono forse le band più accreditate per essere considerate le eredi della scena di Seattle, guarda caso tutte e quattro prepotentemente nelle corde del quintetto lombardo e del suo primo lavoro sulla lunga distanza, intitolato Hunters & Queens, licenziato dalla Vrec Audioglobe, dopo una manciata di ep e singoli autoprodotti, e rilasciato sotto la supervisione del produttore Pietro Foresti, al lavoro in passato con membri di Guns ‘n’ Roses, Korn, Asian Dub Foundation.
La band è composta da Alex “Astro” Di Bello, singer di genere tra Scott Stapp (Creed) e Chad Kroeger (Nickelback), i due fratelli Giorgio “Dexter” Ancona e Ale “Jackson” Ancona alle chitarre, Andrea “Illo” Figari al basso e Andrea “Castello” Castellazzi alle pelli.
Se volete ascoltare un album intenso, duro ma allo stesso tempo melodico e dall’appeal enorme, allora Hunters & Queens fa al caso vostro: un bellissimo esempio di rock americano, colmo di hit, maturo e assolutamente ispirato nel saper manipolare un genere che ha detto molto di sé in passato e rivive in quei gruppi che sanno scrivere canzoni, niente di più semplice ma difficilissimo da attuare.
Ed i Lambstone ci sono riusciti, con il loro rock che non manca di grezza attitudine grunge, ma che nel suo figlio legittimo si specchia, riuscendo a comunicare emozioni e alternando irruenza e malinconia con una serie di brani che hanno nel singolo Hunting, nella Staind oriented Queen e nella splendida accoppiata Jesus e Hopeless il sunto artistico di questa notevole band italiana.

TRACKLIST
1.Sun
2.Hunting
3.Queen
4.Kingdom
5.Stronger
6.Jesus
7.Hopeless
8.Violet
9.Grace
10.Dust in the Wind

LINE-UP
Alex “Astro” Di Bello – vocals
Giorgio “Dexter” Ancona – guitars
Ale “Jackson” Ancona – guitars
Andrea “Illo” Figari – bass
Andrea “Castello” Castellazzi – drums

LAMBSTONE – Facebook

Anewrage – Life Related Symptoms

Il disco è molto melodico senza perdere in potenza, con una produzione che fa risaltare al massimo i suoni precisi e ben composti degli Anewrage.

Nuovo disco per i milanesi Anewrage, fautori di un metal moderno e melodico.

Nati nel 2014, con il loro ottimo debutto Anr sono arrivati ad essere conosciuti oltre i confini patri e hanno suonato con grandi gruppi, facendo sempre una bella figura. La band milanese torna con questo nuovo disco che punta ancora più in alto, per far decollarne definitivamente la carriera. La melodia è ovunque ed imperante in Life Related Symptoms, e guida l’ascoltatore in un disco di metal davvero moderno e più che mai attuale: ascoltandolo ci si trova come sospesi in una piacevole bolla, composta di suoni ruvidi ma dolci, con repentini cambi di tempo, come girarsi nel liquido amniotico. Il disco è molto melodico senza perdere in potenza, con una produzione che fa risaltare al massimo i suoni precisi e ben composti degli Anewrage. Il genere non è ben definito e questo è già un notevole pregio, si scorrazza fra vari stili, ma l’impronta principale è quella degli Anewrage.
Il disco funziona ottimamente e andrà benissimo, specialmente fuori dall’Italia, dove gli ascoltatori sono di mentalità ben più aperta di noi. Nel frattempo, se vi capita, dal vivo meritano molto e date loro una possibilità, perché a breve diventeranno un grosso nome della scena.

TRACKLIST
1. Upside Down
2. My Worst Friend
3. Dancefloor
4. Tomorrow
5. Evolution Circle
6. Floating Man
7. The 21st Century
8. Life Is You
9. Outside
10. All The Way
11. Insight
12. Clockwork Therapy
13. Wolves And Sirens

LINE-UP
Axel Capurro: Vocals/Guitars
Manuel Sanfilippo: Guitars/Backing Vocals
Simone Martin: Bass
Alessandro Ferrarese: Drums/Backing Vocals

ANEWRAGE – Facebook

The Big South Market – Muzak

Sfuggendo ai facili stereotipi ai quali la lineup ridotta potrebbe portare, i TBSM propongono una miscela moderna di hard rock e post grunge con un buon tiro.

Il termine “Muzak” definisce quella musica piuttosto informe che viene diffusa in ambienti quali aeroporti, centri commerciali, sale d’attesa e simili.

Non è dispregiativo, ma sottolinea che è un tipo di musica a cui si può anche non prestare attenzione, perché è di puro sottofondo, riempitivo.
Questo non si può certo dire dell’EP che porta questo titolo, prima prova autoprodotta del nuovo combo a nome The Big South Market. I due, già musicisti con esperienze invidiabili, si lanciano qua in bordate chitarra e batteria di buon gusto e bel tiro. Sfuggendo ai facili stereotipi ai quali la line -up ridotta potrebbe portare, i due propongono una miscela moderna di hard rock e post grunge ben amalgamata, con ritmiche serrate e suoni moderni e accattivanti.
L’esordio fa ben sperare, e le prove dei live e soprattutto della maturità su disco lungo ci potranno confermare se saranno speranze ben riposte.

TRACKLIST
1 – Big Deal
2 – Before (You Make It Deeper)
3 – Moodrink
4 – Red Carpet
5 – Desert Motel

LINE-UP
Giuseppe Chiumeo – Chitarra, Voce
Ruggiero Ricco – Batteria

THE BIG SOUTH MARKET – Facebook

www.youtube.com/channel/UCuiu4-pLEzhY5TJvjY5p02w

RHumornero – Eredi

Eredi è un disco potente e completo, che è ricco e ottimo in tutti i suoi aspetti, e mostra finalmente un gruppo italiano di rock libero e piacevole, fautore di un gran disco, prodotto e suonato molto bene. Sicuramente uno dei migliori dischi di rock italiano degli ultimi tempi.

I Rhumornero sono un interessantissimo gruppo italiano che fa una sintesi alquanto singolare del rock in italiano ed italiano tout court.

Attivi dal 2005, questi ragazzi hanno all’attivo tre album ed hanno partecipato a tre raccolte di Virgin Radio. I Rhumornero sono un gruppo che opera una sintesi molto valida del meglio del rock cantato in italiano, riuscendo a coniugare melodie, orecchiabilità e grande appeal radiofonico. Eredi è la loro ultima fatica, e direi che è il loro disco migliore. Pochi, anzi nessuno gruppo meno che mai italiano, hanno saputo coniugare, rock melodico e hard, liriche intelligenti e orecchiabilità, senza mai stonare. Il disco è davvero notevole, forte di una capacità di portare l’ascoltatore dove vogliono loro, rendendo il tutto avvincente e variegato, con dei testi finalmente interessanti e che si mettono davvero a nudo, pregando il vuoto di non invaderci troppo. Forte è l’impronta del grunge, ma chi ascolta rock da qualche tempo il grunge ce l’ha dentro, è un’impronta indelebile perché non si trattava solo di musica. Si potrebbero citare riferimenti, ma non sarebbe corretto, poiché i Rhumornero sono venuti dopo alcuni e ne hanno preso qualcosa, ma il novanta per cento è tutta opera loro, ed è una bella opera. Ci sono molti generi musicali qui dentro, e su tutti la personalità del gruppo vince nettamente. Eredi è un disco potente e completo, che è ricco e ottimo in tutti i suoi aspetti, e mostra finalmente un gruppo italiano di rock libero e piacevole, fautore di un lavoro prodotto e suonato molto bene. Sicuramente uno dei migliori dischi di rock italiano degli ultimi tempi.

TRACKLIST
o1.UN MILIARDO DI ANNI
02. METALLI PESANTI
03. L’EQUILIBRIO (versione 2015)
04. SPIRITI
05. NEL TUO SILENZIO
06. SCHIAVI MODERNI
07. MASCHERE
08. EREDI
09. QUANDO AVEVO PARANOIA
10. LIMPERATRICE
11. 1492
12. LAST CHRISTMAS (non si sentirà) (Bonus Track)
13. SOTTO LE STELLE (Bonus Track)

LINE-UP
Carlo De Toni – Voce – Chitarra
Ettore Carloni – Chitarra
Luca Guidi – Batteria
Lorenzo Carpita – Basso

RHUMORNERO – Facebook

TheBuckle – Labbrador

Labbrador piacerà a chi possiede una mente aperta e vuole ampliare i propri orizzonti musicali, senza lasciare nulla d’intentato, per lasciarsi possedere da ritmo che si fa logos molto potente.

Chitarra, voce e batteria, e tutti molto incazzati. Due sole persone ai comandi, che sono Andrea e Maxim insieme nei Unwelcome e nei Kessler.

La formula del super power duo calza alla perfezione, e il tappeto sonoro steso dai due è un hard stoner con tempistiche alla Queens Of The Stone Age, con un taglio molto noise nella costruzione dei banchi di melodie. Questa seconda prova del gruppo piacerà molto a chi ama la musica pesante fatta con cognizione e conoscenza musicale. Quest’ultima permette al duo di usare molti stili diversi per un unico risultato, arrivando ad un risultato notevole ed originale. Forte è anche l’impronta grunge, che si sente nella pesantezza e nella potenza di certi passaggi, perché gli anni novanta hanno lasciato un’eredità molto forte, e qui si sente tutta. Il dinamico duo sforna un disco che ha un ritmo incredibile dentro, come un ouroboros che si morde la coda in eterno, e fortunatamente è anche difficile scegliere un genere per questo gruppo. Si sale e si scende, si percorrono stretti corridoi e poi si cade in mare, per riprendere a correre senza fiato, insomma non ci si annoia mai. Tra le righe si possono sentire molte tradizioni di musica rumorosa, da quella americana a qualche reminiscenza di hard rock britannico, soprattutto in certi ritmi. Labbrador piacerà a chi possiede una mente aperta e vuole ampliare i propri orizzonti musicali, senza lasciare nulla d’intentato, per lasciarsi possedere da ritmo che si fa logos molto potente. Un disco labirintico.

TRACKLIST
1. Evil Sky
2. Goin’ Home
3. Hey You
4. Labbrador
5. Blind
6. Sixty-Two (Featuring Xabier Iriondo)
7. Think (Featuring Xabier Iriondo)
8. Perfect Black
9. Shemale (Featuring Xabier Iriondo)
10. On My Own
11. 12 Seconds

LINE UP
ANdREA
MaXIM

THEBUCKLE – Facebook

Widow Queen – A Matter Of Time

Tutto viene esposto con una maturità sorprendente, conquistando al primo ascolto, mentre echi post grunge continuano a giocare con il metal alternativo

Mi sono trovato recentemente davanti ad una delle tante deliranti affermazioni (fatta da un musicista) secondo cui il grunge avrebbe distrutto il rock ‘n’ roll ed il metal, assurdità che negli anni novanta era prassi leggere sulla carta stampata dell’epoca.

Questa immane stupidata riesce sempre, anche a distanza di anni, a farmi arrabbiare non poco, anche perché chi ha vissuto l’ultimo decennio del millennio scorso sa che forse solo negli anni ottanta si è potuto godere di così tanto rock sui canali musicali e non solo.
Sono i primi anni novanta, da Seattle una bomba rock viene lanciata sul mondo, ed il grunge diventa in poco tempo il genere di punta del rock americano e del mercato mondiale.
Dopo la fiammata durata qualche anno, un’altra ondata di gruppi segue la strada tracciata dal Seattle sound, con l’alternative che ora regna incontrastato, ma questo scontro finisce in una alleanza che porta ad un rock ancora più malinconico, destabilizzato da umori alternativi e crossover, anche se i gruppi che fanno la voce grossa mantengono un legame forte con i loro predecessori: nasce così il post grunge genere che continua ancora oggi a deliziare il palato degli amanti del rock moderno made in U.S.A.
E di post grunge si parla per la musica creata dai napoletani Widow Queen, trio formato dai fratelli Pellegrino, Amedeo (voce e basso) e Rosario (chitarra), con il fondamentale contributo di Riccardo Bottone alle pelli.
La band, tramite la Volcano Records debutta sulla lunga distanza con A Matter Of Time, album maturo e ben congegnato che si muove tra i meandri del rock che ha fatto storia aldilà dell’Atlantico, tra grunge e alternative, potente ma con un’anima intimista che si avvicina alle produzioni a cavallo dei due millenni: più solari degli Staind ma molto più oscuri dei Nickelback, per esempio, con il metal a guidare la sei corde ed il groove a potenziare le parti più energiche.
Partono alla grande i Widow Queen, con una label in ascesa nel panorama rock/metal nazionale e la presenza di Mark Basile dei DGM sulla bellissima Watch Over Me, brano che (sarà un caso) si assume l’onere di presentare tutte le sfaccettature del sound del gruppo campano.
Momenti acustici dai tratti intimisti lasciano spazio ad esplosioni di metallo moderno e potente, ariosi arpeggi che non mancano di emozionalità fanno preludio all’entrata in campo della voce, perfetta e e dagli umori a tratti rabbiosi e drammatici, con il trio che infiamma l’ascolto creando atmosfere di rock alternativo che, nel piccolo capolavoro Moments, si avvicinano ai System Of A Down.
Tutto viene esposto con una maturità sorprendente, conquistando al primo ascolto, mentre echi post grunge continuano a giocare con il metal alternativo, con l’opener Faith e Before the Day Falls che non mancheranno di fare breccia nei cuori dei rockers con ancora almeno una camicia di flanella nell’armadio.
Ottimo lavoro in barba a chi ancora nel 2016 vuole costruire assurdi muri ed imprigionare le sette note, noi saremo sempre dalla parte della buona musica da qualunque genere essa provenga.

TRACKLIST
1.Faith
2.Truth
3.By Your Side
4.Alive
5.Watch Over Me (feat. Mark Basile)
6.Moments
7.Liar King
8.Oxygen
9.Before the Day Falls
10.What Else Remains

LINE-UP
Amedeo Pellegrino – Bass, guitars, voice
Rosario Pellegrino – Guitars, voice
Riccardo Bottone – Drums

WIDOW QUEEN – Facebook

Alter Bridge – The Last Hero

Gli Alter Bridge sono candidati ad essere LA grande band Hard Rock / Heavy Metal del futuro che molti stavano aspettando.

Giunti al loro quinto lavoro gli Alter Bridge hanno dato vita a uno dei migliori album degli ultimi tempi, innalzando ulteriormente la già grande qualità dimostrata nei lavori precedenti.

Un monumentale e intenso assolo di Mark Tremonti introduce questo The Last Hero, e si comincia a viaggiare alla grande con Show Me a Leader, primo azzeccatissimo singolo. Introdotta da un ritmo militaresco The Writing on the Wall si abbatte sul mio apparato uditivo con tutta la sua pesantezza, e il muro di suono prodotto è deliziosamente devastante. La schiacciasassi The Other Side non dà tregua, la sezione ritmica tritura con gusto e grande perizia, il piacere e l’adrenalina si mantengono altissimi. Ascoltate il passaggio prima del finale, impressionante, cupo e… a questo punto sono già estaticamente frantumato. My Champion emoziona con l’interpretazione molto sentita, ed è semplicemente fantastica la modernissima Poison In Your Veins, che potrebbe far storcere il naso ai puristi, ma groove e melodia sono irresistibili. Un Tremonti killer e inesorabile sulle parti soliste, eseguite con estrema naturalezza, elettrizza questo rullo compressore accompagnato da una prestazione corale spaziale. Cradle to the Grave è una song un po’ tenebrosa, trasmette (sempre energicamente!) una sconsolata malinconia come a sottolineare la sensazione che il tempo a nostra disposizione stia trascorrendo invano. Losing Patience strizza l’occhio al Djent e come un mare possente scuote anima e corpo. This Side of Fate, 6 minuti e 47 secondi nei quali il mix oculatissimo di efficaci e melodici arpeggi intervallati alla parte centrale heavy-post-math. Una grande qualità degli AB è che sanno essere straripanti grazie a composizioni d’insieme, mai esasperando le comunque forti individualità. You Will Be Remembered mostra il lato più melodico e riflessivo del magico quartetto, poi ci travolge la valanga d’acciaio di Crows on a Wire con un Myles stellare che raggiunge vette incredibili, da vero acrobata delle corde vocali. I fraseggi chitarristici in Twilight hanno un taglio meno compatto, ma ancora un altro pezzo di ottima fattura. Il riff di apertura Island Of Fools è heavy-carneficina. The Last Hero si alterna tra la bellissima melodia portante e riff/solo cazzuti, e Myles che urla “Tell me, where are the heroes?”. Un altro gioiello incastonato nella storia della band statunitense.
Quest’album è un ulteriore passo in avanti, e personalmente ritengo che siano proprio gli AB gli ultimi (nostri) eroi giunti felicemente sulla scena. Disco orecchiabile, ma sempre heavy, moderno, dinamico, dove tecnica e feeling raggiungono vette altissime.
Sono stati definiti hard rock, prog metal, post-grunge, ecc… chi se ne fotte. Abbiamo a che fare con una delle più importanti band degli anni 2000 e credo fermamente che gli AB siano candidati ad essere LA grande band hardr ock / heavy metal del futuro che molti stavano aspettando. Goduria.

TRACKLIST
1. Show Me A Leader
2. The Writing on the Wall
3. The Other Side
4. My Champion
5. Poison In Your Veins
6. Cradle To The Grave
7. Losing Patience
8. This Side of Fate
9. You Will Be Remembered
10. Crows On A Wire
11. Twilight
12. Island of Fools
13. The Last Hero
14. Last of Our Kind (Bonus Track)

LINE-UP
Myles Kennedy – Lead Vocals / Guitar
Mark Tremonti – Lead Guitar / Back-up Vocals
Mark Kelly – Keyboards
Brian Marshall – Bass Guitar
Scott Phillips – Drums

ALTER BRIDGE – Facebook

Circle – Meronia

Meronia è un disco davvero grande e bellissimo, dove ci si può perdere nelle mille soluzioni sonore dei Circle, che producono un gran caleidoscopio sonoro.

La missione principale della gloriosa Svart Records è di portare alla luce i tesori nascosti dell’underground finlandese, e Meronia dei Circle è uno dei più lucenti.

Questa ristampa del disco del 1994 vede la luce in un doppio vinile con bonus track e in un cd. Originariamente editi da Bad Vugum, un’etichetta finlandese con un interessante catalogo, i Circle sono un gruppo di una piccola città della Finlandia, Pori, origine condivisa con i Deep Turtle, che li proposero all’etichetta. I Circle fanno tutto quello che facevano le vostre band preferite degli anni novanta ed anche di più. Noise, shoegaze, improvvisazione, in una mirabile commistione sonora di America e Gran Bretagna. Meronia è un disco davvero grande e bellissimo, dove ci si può perdere nelle mille soluzioni sonore dei Circle, che producono un gran caleidoscopio sonoro. Il disco all’epoca fu apprezzato moltissimo sia dal sottobosco che dal mainstream e segnò un’importante evoluzione dell’underground finlandese. Fuori dalla patria ebbe meno eco, e questa è una sfortuna perché è un disco eccezionale, che non è consigliato solo agli amanti del suono anni novanta, ma anche a tutti quelli che cercano cose solide e nuove, perché ancora adesso Meronia è molto avanti rispetto alla media attuale. I Circle ci accompagnano per mano in una lunga escursione sul pianeta Meronia, e ciò provoca dipendenza e voglia di ascoltarlo cambiando l’ordine delle tracce, sentendo in ripetizione una traccia, un rumore, una nota che pare essere l’architrave del tutto. Tutte le canzoni potrebbero essere un singolo e due o tre canzoni prese a caso sarebbero degli ottimi 7”. Ogni pezzo ha dentro almeno uno o due generi diversi. Meronia è certamente figlio di un clima musicale difficilmente ripetibile, dove le commistioni diventavano naturali e si faceva il tutto con molta naturalezza e voglia di divertirsi. Il disco è davvero bello, intenso e fortunatamente lungo. I Circle son ancora in attività e fanno sempre grande musica, ma Meronia è oltre la grande musica, è Meronia.

TRACKLIST
1.Ed-Visio
2.Curwen
3.Wherever Particular People Congregate
4.Meronia
5.DNA
6.Hypto
6.Nude
7. Colere
8.Staalo
9.Kyberia
10.Gravion
11.Ferrous
12.Scoop
13.Merid
14.Espirites

LINE-UP
J. Jääskeläinen – guitar
P. Jääskeläinen – guitar
J. Lehtisalo – bass, vocals
M. Rättö – keyboards, vocals
T. Leppänen – drums
J. Westerlund – guitar, vocals

CIRCLE – Facebook

Earthset – In a State of Altered Unconsciousness

Un meraviglioso e inaspettato trattato della musica contemporanea, bolognese innanzi tutto e italiana infine.

Master Of Reality, dal primo istante non ci si confonde, soprattutto dal vero grigio che non solo dalla copertina trapela.

E’ una risolvibile equazione algebrica che spiega per lo più come affrontare un periodo dimesso, in cui nessuno più ha apparente interesse. Ottimo mixaggio, suoni curati e melodie coinvolgenti e non banali, che tra un onda e l’altra ricordano agli appassionati del genere post(-post) grunge i My Vitriol e i Biffy Cliro: The Absence Theory ne è un esempio, uno su 11, numero perfetto per concentrarsi sul singolo ascolto di ogni traccia. Le ballate Epiphany e Ouverture si traducono in veri e propri viaggi sonori che Valeria Ferro di Onda Rock riesce perfettamente a definire : (…)un disco lineare e flessibile, capace di scorrere fino al suo epilogo come un vertiginoso continuum.. Siamo infatti alla sincope iniziale di So What che dà quindi una spinta a rimbalzarci tra le pareti dei nostri stessi pensieri. E funziona!: chitarre sguainate si aprono e l’aria si rende anche più densa ed esotica con la seguente Skizofonia, ovvero 6 minuti circa di strumentali, con giusti tempi tra crescendo e spamnung . Gone ne è l’eco che si trasmuta in un ‘altra forma (e colore ) ancora; siamo tutti presi e contenti di vedere come anche questo grigiore sappia creare i suoi spazi di euforia pura!!
Astray è ancora un gioiellino che non perde il suo carattere (modalità vagamente Pearl Jam) visto che per un primo ascolto, ad un certo punto, le ultime tracce potrebbero diventare di difficile assimilazione. La tenerezza della dissonanza allo stato puro crea le necessarie vertigini e le chitarre ancora una volta ci suggeriscono la fatica . E’ una discesa/ascesa che fa felici tutti, fanatici o meno del genere, e il taglio o accento buckleyano forse rende tutto più dolce, almeno dall’aspetto con cui Circle Sea chiude un meraviglioso e inaspettato trattato della musica contemporanea, bolognese innanzi tutto e italiana infine. In attesa del prossimo Ep, già in lavorazione, intanto gustiamoci questo, impreziosito dall’artwork di Mauro Belfiore.

TRACKLIST
1.Ouverture
2.Drop
3.The Absence Theory
4.rEvolution of the Species
5.Epiphany
6.So What?!
7.Skizofonìa
8.Gone
9.A.S.T.R.A.Y.
10.Lovecraft
11.Circle Sea

LINE-UP
Luigi Varanese: basso, coro
Costantino Mazzoccoli : chitarra, coro
Emanuele Orsini: batteria
Ezio Romano: chitarra, voce

EARTHSET – Facebook

Fall Has Come – Time To Reborn

Il sound che riempe di melodie rock Time To Reborn è quanto di più american style troverete in giro, specialmente se guardate al sound alternativo

Dovete sapere che il sottoscritto ha un amico ai piedi del Vesuvio che non manca di farlo partecipe delle nuove realtà del panorama rock alternativo nazionale, tutte dall’alta qualità e pronte per il salto verso un mondo dove finalmente la loro musica possa avere i meritati consensi.

Attenzione, non parlo di successo ma di consensi, perché il nostro paese purtroppo è avaro, specialmente quando si parla di rock, della minima attenzione verso band e album come questo notevole Time To Reborn, debutto dei casertani Fall Has Come, appena tornati, in questa prima metà dell’anno da un’esaltante turnè in compagnia dei rockers Hangarvain, freschi di stampa di quel monumento all’hard rock che risulta il loro secondo lavoro Freaks, in territorio spagnolo.
Il trio campano è formato dal bravissimo singer Enrico Bellotta e qui mi fermo un’attimo: il bassista casertano è dotato di una voce dall’appeal stratosferico, la sua performance è quanto di meglio mi sia capitato di sentire nel genere, colma di feeling, radiofonica, e dotata di una personalità che si fatica a trovare anche nelle migliori band statunitensi.
Sì,  perché il sound che riempe di melodie rock Time To Reborn è quanto di più american style troverete in giro, specialmente se guardate al sound alternativo, ed alle riminiscenze del primo decennio del nuovo millennio, quello passato alla storia come alternative rock e post grunge.
Accompagnato dai due chitarristi Raffaele Giacobbone e Enrico Pascarella che compongono la line up dei Fall has Come, il singer con la sua performance regala emozioni a non finire, ciliegina sulla torta di un lavoro intenso e maturo, melodico ma dall’animo rock, alternativo forse, sicuramente conturbante e colmo di hit pregevoli.
Non credo di essere smentito se dichiaro che l’opener Cover The Sun, la semiballad I Will, l’hard rock oriented Burn Up To River, l’intimista Remember, la graffiante Urban Chaos ( con quegli accordi southern ad inizio brano che ci spingono a forza nell’America sudista dei fratellini Hangarvain) e la favolosa title track, sono bombe rock dall’alto tasso esplosivo e, in un mondo migliore, non solo musicalmente, vere mine vaganti di classifiche radiofoniche lasciate a bombardare le orecchie di migliaia di ragazzi sulle spiaggie assolate, dall’Italia alla California.
Qualcuno vi parlerà di gruppi famosi ed ora persi nel dimenticatoio del music biz, per cercare in qualche maniera di spiegarvi di che pasta è fatto questo bellissimo lavoro, io mi astengo da inutili paragoni e vi lascio alle note di Time To Reborn, debutto di questa fenomenale band tutta italiana.
P.S : fate molta attenzione perché Time To Reborn è come una droga, non potrete più farne a meno.

TRACKLIST
1. Cover the Sun
2. I Will
3. Swallow my Tears
4. Hidden Life of Dreams
5. Burn Up to River
6. Forsaken World
7. Remember
8. Start To Be Free
9. Urban Chaos
10. Time To Reborn
11. Wherever (Bonus Track)

LINE-UP
Enrico Bellotta – ocals, bass
Raffaele Giacobbone – guitars
Enrico Pascarella – guitars

FALL HAS COME – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=O8R1FNgr3WY

Krobos – Path

Le sette canzoni sono un assaggio di quella che potrebbe essere una grande carriera.

In breve il disco di debutto dei veneti Krobos si potrebbe definire metal per menti ed orecchie aperte, dato che questi ragazzi hanno fondato un gruppo per fare musica senza restrizioni.
Nel loro suono si possono trovare svariati generi, ma ogni canzone fa storia a sé. Le sette canzoni sono un assaggio di quella che potrebbe essere una grande carriera.
Tutto qui è frutto di talento, ascolti disparati e tanta voglia di divertire e divertirsi facendo quello che pare loro. E lo fanno molto bene, tanto che ogni canzone si presta a diverse interpretazioni, come detto sopra.
Ognuno dovrebbe sentire i Krobos e farsi la propria idea, ma sappia che nel farlo gli verrà molto spontaneo muoversi e togliersi le incrostazioni di tanti ascolti quasi parassitari, mentre questa è materia che si muove molto e molto veloce.

TRACKLIST
1. Falling up
2. Around You
3. Like Pricks on a Mission
4. A Gun is way easier to have than a right
5. Path
6. Opportunities
7. Bruised

LINE-UP
Ste: Drums
Niloo: Bass
Lodo: Guitar
Teo : Voice

KROBOS – Facebook